TORINO
TIP. DELL' ORATORIO
DI S. FRANC. DI SALES
1868. {1 [379]}
PROPRIETA' DELL'EDITORE
{2 [380]}
[è
premesso alle opere dubbie]
INDEX
Capo I. Rivelatione della nascita di san Giovanni Battista. 2
Capo II. Santificazione, di s. Giovanni Battista prima di sua nascita. 3
Capo III. Natività di s. Giovanni Battista. Cantico di Zaccaria. 4
Capo IV. Ritiro di s. Giovanni Battista nel deserto. 5
Capo V. Austerità del santo Precursore. Dà principio alla sua missione. 6
Capo VI. Alcune predicazioni di s. Giovanni Battista. - Egli proclama
il Messia. 6
Capo VII. S. Giovanni riconosce e battezza il Salvatore. 7
Capo VIII. Testimonianza formale del santo Precursore. - Mostra
l'Agnello di Dio. - Esalta la gloria del Salvatore. 8
Capo IX. Giovanni alla corte di Erode. Sua prigionia. 9
Capo X. Deputazione di s. Giovanni Battista. Due risposte del
Salvatore. 10
Capo XI. Martirio del santo Precursore. 11
Capo XII. Castigo toccato agli uccisori di s. Giovanni Battista. 12
Capo XIII. Culto del santo Precursore. 13
Indice 15
Era vicino il tempo in cui doveva nascere il Messia promesso da Dio ad Adamo, e prenunziato dai profeti. Già erano per compiersi le settanta settimane predette da Daniele in cui dovevasi togliere la prevaricazione, dar termine al peccato, espiare l'iniquità, condur la giustizia sempiterna, adempiere la visione e la profezia, e ricevere l'unzione il santo dei santi. Ma prima che queste cose avessero il loro compimento doveva venire il precursore {3 [381]} del divin Verbo che era stato predetto da Malachia profeta con queste parole: « Ecco che io mando il mio angelo, il quale preparerà la strada innanzi a me. E subito verrà al suo tempio il Dominatore cercato da voi e l'angelo del testamento da voi bramato: eccolo che viene, dice il Signore Iddio degli eserciti. » Questo precursore doveva essere l'alba, l'aurora che annunziasse il sole di giustizia, perchè se questo sole fosse ad un tratto apparso in tutto il suo splendore, ci avrebbe abbagliati, e però manda innanzi a sè un' aurora che lo annunzia, e che a poco a poco dileguando le tenebre dispone gli occhi nostri a contemplare il sole. S. Giovanni Battista era destinato da Dio ad essere questo precursore. La sua nascita vien esposta nel Vangelo nel seguente portentoso modo.
Nel tempo in cui lo scettro di Giuda era passato nelle mani di uno straniero, cioè ai tempi di Erode re di Giudea, eravi a Gerusalemme un Sacerdote per nome Zaccaria della stirpe {4 [382]} di Abia, e la moglie di lui che discendeva da Aronne si chiamava Elisabetta. Erano amendue giusti innanzi a Dio, e camminavano irreprensibili in tutti i comandamenti e nelle leggi del Signore. Essi non avevano figliuoli, ed erano tutti e due di un'età avvanzata, e però desideravano di avere un figliuolo e lo domandavano tutti i giorni al Signore. Iddio esaudì le loro preghiere, e mandò un angelo a Zaccaria sacerdote per annunziargli che le sue preci erano state esaudite. Ma a meglio sapere le circostanze della nascita del Battista, fa d'uopo conoscere ancora l'ordine stabilito dal santo re Davidde tra le famiglie sacerdotali. La moltitudine dei discendenti di Aronne non permettendo loro di compiere tutti insieme il santo ministero, venivano divisi in ventiquattro classi, di cui i capi erano chiamati i principi del Santuario, ed aveva ordinato che ciascuna classe fosse successivamente incaricata del servizio ebdomadario della casa di Dio. Per evitare ogni contesa la sorte decideva chi dovesse funzionare {5 [383]} la prima settimana, chi la seconda, chi la terza, chi in seguito. Fu chiamata altresì la sorte a determinare per ciascun sacerdote l'ordine, e la natura delle funzioni. Esse erano quattro, e consistevano: la prima ad immolare le vittime; la seconda ad accendere i lumi sul candelabro; la terza a cambiare tutti i sabbati i dodici pani di proposizione; la quarta a bruciar l'incenso sull' altare dei profumi. E quest'ultima toccò in sorte a Zaccaria. Adempiva appunto questa funzione quando ebbe la visione che cosi ci viene esposta dal Vangelo: « Or avvenne che mentre faceva le funzioni di sacerdote dinanzi a Dio nell'ordine del suo turno, secondo la consuetudine del sacerdozio, toccogli in sorte di entrare nel tempio del Signore a offerir l'incenso, e tutta la moltitudine del popolo orava di fuori nell'ora dell'incenso, quando gli apparve l'angelo del Signore stante alla destra dell'altare dell'incenso. E Zaccaria al vederlo turbossi, ed il timore lo soprapprese. Ma l'angelo gli disse: non temere, o {6 [384]} Zaccaria, perchè è stata esaudita la tua orazione, e la tua moglie Elisabetta darà alla luce un figliuolo, e gli porrai il nome di Giovanni, e sarà a te di allegrezza e di giubilo; e molti si rallegreranno per la nascita di lui; imperocchè egli sarà grande nel cospetto del Signore: non berrà nè vino nè sicera; e sarà ripieno di Spirito Santo fin dall'utero di sua madre: e convertirà molti dei figliuoli d'Israello al Signore Dio loro. Ed egli precederà davanti a lui con lo spirito e con la virtù di Elia, per rivolgere i cuori de' padri verso i loro figliuoli, e gli increduli alla sapienza dei giusti, per preparare al Signore un popolo perfetto. E Zaccaria disse all'angelo: come comprenderò io tale cosa? imperocchè io sono vecchio e la moglie mia è avanzata in età. L' angelo gli rispose e disse: Io son Gabriele che sto nel cospetto di Dio e sono stato mandato a parlarti e recarti questa buona nuova. Ed ecco che sarai muto, e non potrai far parola fino al giorno che questo succeda, perchè non hai {7 [385]} creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a suo tempo.
Il popolo stava aspettando Zaccaria, e si maravigliava del tardare che egli faceva nel tempio. Ma essendo egli uscito, non poteva parlare ad essi: e compresero che egli aveva avuto una visione nel tempio. Andava facendo loro dei cenni e si restò mutolo. »
Questa straordinaria apparizione dell' Arcangelo Gabriele a Zaccaria gli annunzia un figliuolo grande, un figlio straordinario. Il padre e la madre discendono amendue da un'illustre famiglia, da quella di Aronne. I nomi loro medesimi sembrano indicare qualche cosa di divino. Zaccaria, ricordo del Signore: Elisabetta, dio del giuramento. Egli è nel tempio che vien loro annunziato un figliuolo, nel santuario a piè dell'altare, ove l'incenso s'innalza al Santo de' Santi. È un arcangelo che lo annunzia, e porta il nome di Gabriele, o forza di Dio, perchè egli è inviato ad annunziare grandi cose. Questo figliuolo si chiamerà Giovanni, o pieno di grazia. Sarà grande {8 [386]} nel cospetto del Signore, sarà ripieno di Spirito Santo fin dal seno della madre, e convertirà molti figliuoli d'Israele al Signore Dio loro da essi abbandonato, e riconcilierà i padri co' figliuoli, e preparerà al Signore Dio, d'innanzi al quale ei cammina collo spirito e colla virtù di Elia, un popolo inclinato a riceverlo. Il padre che dubita un istante non della possanza divina del personaggio che gli favella, ma della missione divina di lui, è fatto muto e come vogliono alcuni anche sordo, finchè tutto si adempia: e questo sarà un contrassegno di più a stimolare l'attenzione del popolo fedele, ed a prepararlo alle maraviglie che stan per accadere. Zaccaria poi sebbene muto non tralasciò le funzioni del suo ministero, ma compì la settimana e poi si ritirò da Gerusalemme, e se ne andò in una sua casa situata in un villaggio della tribù di Giuda, chiamato Ebron, per meditare i favori del cielo, e così correggere la poca fede prestata alle parole dell'angelo. {9 [387]}
Elisabetta divenuta feconda stava ritirata meditando e lodando le misericordie del Signore, allorchè gioia novella, miracoli più grandi rivelarono la sua fortuna. L'arcangelo Gabriele discese una seconda volta dal cielo, non più in Gerusalemme, la città reale, nè nel tempio, che ne faceva la grandezza, nè nel santuario, che ne era la parte più sacra, nè fra gli esercizi più santi di una funzione tutta divina, nè ad un uomo famoso per la dignità di sua carica e per lo splendore di sua nascita sacerdotale, ma bensì in una città di Galilea, provincia delle meno considerate, e di più in una piccola città, il cui nome era appena noto. Egli entrò in una delle più meschine case di Nazaret per annunziare a Maria l'incarnazione del Figliuol di Dio, che lo Spirito Santo {10 [388]} doveva operare nel suo seno. Ed in pari tempo egli le annunziò che Dio aveva concesso un figlio alla sua cugina Elisabetta moglie del sacerdote Zaccaria. Questa notizia la sorprese senza dubbio, ma le fu cagione di grande gioia, di maniera che l'angelo ritiratosi, essa se ne partì da Nazaret e se ne andò con diligenza alla città ove dimoravano Zaccaria ed Elisabetta che discendeva da Aronne per mezzo del padre, e per mezzo della madre da Davidde, ed era prossima parente di Maria. Maria si portò frettolosa a visitar sua cugina senza che la trattenesse il rigore della stagione e la lunghezza del viaggio. Imperocchè da Nazaret che era in fondo alla Galilea sino a Ebron che era all'altra estremità delle montagne di Giuda vi erano per lo meno ottanta miglia. Entrata Maria in casa di sua cugina la salutò, ed Elisabetta appena udito quel saluto, sentì l'infante esultare per la gioia, ed essa medesima fu tosto riempita di Spirito Santo ed esclamò ad alta voce: « Benedetta tu tra le {11 [389]} donne, e benedetto il frutto del ventre tuo. E donde a me questo, che la madre del Signor mio venga da me? Imperocchè appena il suono del tuo saluto giunse alle mie orecchie, saltellò per giubilo nel mio seno il bambino, e beata te che hai creduto perchè si adempiranno le cose dette a te dal Signore. » Ecco come Elisabetta ripiena di Spirito Santo loda Maria, impariamo anche noi da essa a benedire e lodare questa grande regina che schiacciò il capo del serpe infernale, questa nostra pietosissima e potentissima madre.
Maria per rispondere ad Elisabetta e per celebrare le grandezze di Dio, pronunziò il cantico del Magnificat che ormai da diciannove secoli fa risuonare le volte de' templi cristiani, e che noi teniamo come il trionfo dell' umiltà sulla superbia del secolo. È un atto ben autentico della riconoscenza che essa aveva per tutti i favori di cui Iddio l'avea ricolmata, ed una gloriosa confessione della bassezza, dalla quale era stata tratta, per essere elevata alla {12 [390]} dignità di Madre di Dio, e dove la profonda sua umiltà la faceva rientrare, per manifestare in se medesima la verità di quanto essa espresse nel suo mirabil cantico riguardo alla gloria degli umili e dei piccoli, e all'abbondanza dei veri beni di cui Iddio arricchisce quelli che sono nell' indigenza. Ecco come l'umile Maria nulla vuole per se, ma tutto riferisce a Dio. Impariamo da questo a conoscere e ad imitare l'umiltà di Maria.
Maria, dopo essersi fermata con Elisabetta tre mesi, se ne ritornò in Nazaret per adempiere ai suoi doveri domestici, ed assistere il suo sposo.
Secondo le divine promesse Elisabetta diede alla luce quel figlio che doveva essere il Precursore del Salvatore e riempire il mondo di maraviglie. {13 [391]}
Se la nascita di un figlio ovunque e sempre è motivo di gioia per gli autori de' suoi giorni, più viva doveva essere la gioia per i parenti di Giovanni e per gli amici della famiglia di Zaccaria. Tutti concorsero festosi a congratularsi coi fortunati genitori molto conosciuti e per la nobile loro prosapia e per le maraviglie accadute all'annunzio della nascita di Giovanni. Era prescritto dalla legge che all'ottavo giorno della sua nascita il bambino fosse circonciso, è nella circoncisione gli si dava il nome, che d'ordinario era quello del padre. Ora tutti i parenti volevano chiamarlo Zaccaria dal nome di suo padre; ma Elisabetta disse che quello non doveva essere il suo nome, sibbene essere chiamato Giovanni. Tutti le rappresentarono che questo nome era straniero nella sua famiglia, e che non vi era alcuno di tutta la parentela che portasse tal nome. Allora si richiamarono al padre del fanciullo, e gli fecero cenno di significare quale dovesse essere il nome del fanciullo. Egli chiese l'occorrente per {14 [392]} iscrivere, che consisteva in una tavoletta coperta di cera, e sopra di essa con uno stile di ferro scrivevano gli antichi. Scrisse pertanto Zaccaria: Il suo nome è Giovanni, e tutti si maravigliarono della concordanza del padre e della madre in dare questo nome al loro figlio. Si maravigliarono per altro assai più, quando la lingua di Zaccaria stato per tanto tempo mutolo, fu sciolta ed esso si mise a lodare e benedire Dio. Tutti i vicini furono allora presi da grande timore, e le maraviglie operate per questo fanciullo si divulgarono in tutta la Giudea, ed ognuno diceva: Quale sarà mai questo bambino, pel quale si operano tanti prodigi ? Certamente egli sarà un qualche gran profeta. Da molto tempo non si era più veduto alcun profeta in Israele, e se ne aspettava qualcuno con molta ansietà, perciò al nascer di questo fanciullo, credevano e con ragione che sarebbe stato un profeta mandato da Dio. Vedremo in seguito che fu profeta e più che profeta.
Zaccaria padre di Giovanni ripigliando {15 [393]} la favella proruppe in un mirabile cantico che la Chiesa ogni giorno ripete nei divini uffizi, in cui esso dice che Iddio stava per adempiere alle promesse fatte ad Abramo riguardo al Messia, e che stava per mostrarsi, e nel medesimo tempo fa conoscere la parte che avria suo figlio in questa grand'opera, coll'essere il profeta ed il precursore. Ripieno di Spirito Santo così profetò: « Benedetto il Signore Dio d'Israele, perchè ha visitato, e redento il suo popolo. Ed ha innalzato per noi il principe della salute nella casa di Davidde suo servo. Conforme annunziò per bocca de' santi profeti suoi, che sono stati dal cominciamento dei secoli: la liberazione dai nostri nemici, e dalle mani di tutti coloro che ci odiano: per far misecordia co' padri nostri, e mostrarsi memore del testamento suo santo. Conforme al giuramento col quale ei giurò ad Abramo padre nostro di concedersi a noi, affinchè liberati dalle mani de' nostri nemici, serviamo a lui scevri di timore, con santità e giustizia {16 [394]} nel cospetto di lui per tutti i nostri giorni. E tu, o fanciullo, sarai detto il profeta dell'Altissimo, perchè lo precederai davanti alla faccia del Signore a preparare le sue vie: per dare al suo popolo la scienza della salute per la remissione dei loro peccati, mediante le viscere della misericordia del nostro Dio, per le quali ci ha visitato il Sol nascente dall'alto. Per illuminare coloro che giacciono nelle tenebre e nell'ombra della morte, per guidare i nostri passi nella via della pace. » Il vegliardo ricevendo il dono di profezia col ripigliar la favella fu colpito da due grandi oggetti, cioè Gesù Cristo, e s. Giovanni, il Messia ed il suo Precursore, ei ne vede la grandezza e ne dipinge gli eminenti caratteri. Oh ! come Zaccaria si serve nobilmente del ricevuto favore d'aver riacquistato la favella! Quando riceviamo qualche favore da Dio ringraziamolo di tutto cuore anche noi, e non facciamo come quei superbi, che si attribuiscono ogni cosa, e riconoscono nulla da Dio. {17 [395]}
Il nome di Giovanni per cui Zaccaria improvvisa questo magnifico canto significa Grazia e Misericordia. Essendo egli nato da vecchi e sterili genitori che pregavano Dio di dar loro un figlio, era perciò il figlio della grazia, cosicchè dopo i nomi SS. di Gesù e di Maria quello di Giovanni è il più degno d' ammirazione.
La mano del Signore, come dice s. Luca, era con quel bambino, per guidare i suoi passi. Mentre cresceva il suo corpo egli si fortificava in grazia, in ispirito, cioè la virtù di Dio, che risiedeva in lui fin dal momento della sua santificazione, si faceva vedere per mezzo di effetti più sensibili e più maravigliosi. Il Vangelo ci insegna che egli dimorò nei deserti fino al giorno in cui doveva mostrarsi in pubblico, {18 [396]} per adempiere alla sua missione di Precursore del Messia, e si pretende che fin dall' infanzia egli vi fu allevato. Una ritiratezza così straordinaria ha dato luogo a molte riflessioni edificanti, che i santi Padri hanno fatto riguardo ai disegni di Dio su quel fanciullo. Pare che egli volle nascondere i suoi disegni agli uomini facendo comparire questo ritiro involontario e forzato, imperocchè se ci teniamo ad una opinione quasi universalmente abbracciata nei primi secoli della Chiesa, si crederà che Erode cercando Gesù Cristo per togliergli la vita, volle pure far morire s. Giovanni, avendo udite le meraviglie operate alla sua nascita, e che per questo, Santa Elisabetta, sua madre, fu obbligata a fuggirsene con lui nel deserto. San Paolino di Nola e s. Girolamo non sono di questo parere, e vogliono che s. Giovanni sia stato allevato nella sua infanzia in mezzo ai suoi parenti, e che abbia imparato da suo padre e dalla lettura dei libri di Mosè la legge di Dio e la vita dei santi Patriarchi, {19 [397]} e che dopo essersi fortificato coll'età, egli lasciò la casa paterna per andare ad imparare nei deserti quello che non poteva insegnargli la società degli uomini. Che che ne sia di queste opinioni, sappiamo questo di certo, che egli di buon ora si ritirò nel deserto e che menò una vita austera nella solitudine, e che non s'allontanò mai da essa, finchè per un'ispirazione dello Spirito Santo fu chiamato a dar principio alla sua missione. Ecco quanto sono diverse le vie di Dio da quelle degli uomini ! È nato un bambino, predetto dai profeti, e che sarà il precursore del Messia. Il padre suo e la madre sono tutti e due innalzati all'ordine dei profeti. Nondimeno fanciullo ancora ei li abbandona per ritirarsi nel deserto e condurvi una vita più austera di quella di Elia e di Eliseo. Egli non esce punto dal deserto per conoscere quello che l'aveva rallegrato, quando ancora era nel seno materno, e di cui esso doveva essere il precursore, ed al quale doveva preparare le vie; ma egli se ne sta nel {20 [398]} deserto finchè lo Spirito Santo gli insegni quale sia il tempo di manifestare il Redentore del mondo. Questo fatto dimostra che Iddio non suole concedere certi doni straordinari, se non nella solitudine e nel silenzio, e a coloro ch' egli chiama per farli potenti in opere ed in parole. Egli aveva ritenuto nella solitudine e nel silenzio Mosè per quarant'anni per farlo duce del suo popolo, e vi tiene trent'anni il Battista per prepararlo ad adempiere l'ufficio di precursore del suo divin Figlio e lo tiene lontano dal consorzio degli uomini.
Giovanni nel deserto menò una vita molto austera. Non contento di non bere vino od altra sostanza inebriante, come l' angelo aveva prescritto prima {21 [399]} della sua nascita, si asteneva persino dal pane, alimento il più comune, ed il più essenziale alla vita. Esso non viveva che di locuste, che i poveri del paese mangiavano qualche volta nelle più grandi loro necessità, e di miele silvestre che era molto amaro ed insipido, o di quanto il deserto produceva senza arte e coltura. E mangiava tanto poco, che Gesù Cristo non ebbe difficoltà di dire di lui che non mangiava ne bevea. La durezza del suo abito corrispondeva a quella del suo nutrimento. Imperocchè il suo abito non era composto che di peli di camello; e si cingeva con una cintura di cuoio come Elia; e questo fece si che nei primi secoli della Chiesa fu tenuto come l'autore ed il modello degli anacoreti. Così Iddio preparava Giovanni pel ministero della predicazione, affinchè i Giudei colpiti da un modo di vivere tanto al di sopra della umana debolezza, rispettassero le verità che egli doveva annunziar loro e che il suo esteriore li facesse ricordare d'Elia che essi sapevano dover precedere la venuta del {22 [400]} Messia. Giovanni lasciava le mollezza delle vesti a quei che abitavano i pallazzi dei re, e per sè conservava la povertà e la penitenza. Egli fuggiva il consorzio umano, perchè il conversare cogli uomini è spesso cagione di peccato, ed anche i cuori più puri s'imbrattano in mezzo al mondo. Predicando la penitenza egli doveva preparare la strada al Messia, ma per dar forza alla sua parola era necessario mostrar coll'esempio il disprezzo dei piaceri e l'amor del rigore. Sempre digiunando, pregando, meditando passò il tempo che gli era necessario per prepararsi a compiere degnamente la sua missione.
Dio avendolo così tenuto molto tempo nascosto nel fondo del deserto, lo manifestò finalmente al mondo nell' anno quintodecimo dell' impero di Tiberio Cesare, quando la Giudea, che era senza re, dopo che Archelao era stato mandato in esiglio, era governata dal procuratore Ponzio Pilato, e essendo pontefici Anna e Caifa. Giovanni obbedì alla voce del Signore che {23 [401]} lo chiamava per preparare la strada al Messia. E fermatosi intorno al Giordano cominciò a predicare la penitenza a tutti; e a dichiarare che il regno de' cieli era vicino. Questa novità colpì i popoli che accorrevano in folla ad udirlo, tanto da Gerusalemme, quanto dai dintorni del Giordano, e da molti altri luoghi della Giudea. Il suo esteriore che non insegnava meno la penitenza che i suoi discorsi, non contribuiva poco ad attirargli molti seguaci. Quantunque egli non facesse miracoli, tutti erano persuasi che era un profeta, e tanto più avevano ardore di accorrere ad udirlo, in quanto che da molto tempo non si era più veduto profeta alcuno in Israele. Dava a tutti quelli che venivano a trovarlo istruzioni, che erano necessarie, e convenienti a ciascuno. Loro faceva riconoscere i peccati, li portava a confessarli, e battezzava quelli che dimostravano pentimento, bagnandoli nell'acque del Giordano. Così per tutto il paese d'intorno al Giordano andava predicando il battesimo di penitenza per la remissione {24 [402]} dei peccati; conforme sta scritto nel libro dei sermoni d'Isaia profeta: voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore.
Giovanni predicando, parlava con una autorità che sembrava renderlo padrone di tutti quelli che l'ascoltavano, e questo non era altro che l'effetto dell' opinione che tutti avevano della sua santità. Imperocchè la sola sua vista gli conciliava la stima e l'affezione di tutti. E per questo molti di tutte le classi accorrevano a lui. Ma i Farisei e Dottori della legge, gente che faceva professione di aver maggior scienza e pietà di tutti gli altri, dimostrarono verso di lui non altro che indifferenza e disprezzo. Questi superbi, gonfi di se medesimi, si tenevano {25 [403]} come giusti. E non solo non volevano accorrere a Giovanni per farsi battezzare, ma si scandalizzavano dell'austerità della sua vita, e cercavano di farlo passare come un indemoniato. Pur tuttavia molti Farisei e Sadducei vennero a presentarsi per essere battezzati. Ma quest'uomo pieno di spirito di Dio e leggendo nel fondo dei loro cuori, li ricevette molto severamente, e gettando loro uno sguardo con cui scopriva tutta la loro malizia, così loro dicea: « razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire l'ira che vi sovrasta? fate dunque, frutti degni di penitenza, e non vi mettete a dire: abbiamo Abramo per padre.... Imperocchè io vi dico, che può Dio da queste pietre suscitar figliuoli di Abramo. Imperocchè già anche la scure è alla radice degli alberi. Ogni albero adunque che non porta buon frutto, sarà tagliato, e gettato nel fuoco. » Queste parole non facevano impressione su quelle anime vili, superbe ed ipocrite, ma gli altri che s'indirizzavano a lui nella sincerità del loro cuore l'istruiva {26 [404]} di tutto quello che dovevano fare, esortandoli a disprezzare le cose della terra per non desiderare che quelle del cielo.
I soldati, i pubblicani medesimi glorificavano Iddio nella virtù di s. Giovanni, e non mostravano minor promura della plebe per ricevere il suo battesimo. Desiderosi di salvarsi, interrogavano Giovanni, quale cosa fosse loro necessaria, per conseguire la salute eterna. Esso rispondea alle turbe inculcando loro la carità; « chi ha due vesti ne dia a chi non ne ha, e il simile faccia dei commestibili. » Ai pubblicani poi che erano tenuti dagli Ebrei come gente infame, perchè prendevano in appalto le gabelle e le pubbliche entrate, e per questo erano molto odiati dagli Ebrei, non prescriveva di lasciar l'impiego, perchè era loro necessario per guadagnarsi il sostentamento, ma solo di non esigere più di quello che loro era stato fissato. Ai soldati dicea di non togliere il suo ad alcuno per forza, nè con frode, e di contentarsi della loro paga. {27 [405]} Così istruiti li rimandava alle proprie case, senza ritenere alcuno presso di sè nel deserto, eccetto quelli che più particolarmente avessero voluto unirsi con lui, e che si facevano suoi discepoli. La fama di s. Giovanni divenne così grande, che molti non contentandosi di tenerlo qual profeta, come tutti facevano, ebbero il pensiero che esso fosse il Cristo. Questo punto fu la più forte prova della virtù del nostro santo; e si vede in questa occasione, che se egli era il più grande degli uomini, ne era anche il più umile. Non solo egli dichiarò che non era il Messia, ma si pose tanto al dissotto di lui fino a dire che non era degno di gettarsegli ai piedi e di sciogliere le coreggie delle scarpe. Ecco quali sono le sue parole narrateci da s. Luca nel Vangelo. « Stando il popolo in aspettazione e pensando tutti in cuor loro, se mai Giovanni fosse il Cristo, Giovanni rispose a tutti: quanto a me io vi battezzo con acqua: ma viene uno più possente di me, di cui non son degno di sciogliere le coregge {28 [406]} delle scarpe; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco; egli avrà alla mano la sua pala, e pulirà la sua aia, e ragunerà il frumento nel suo granaio; e brucierà la paglia in un fuoco inestinguibile, e molte altre cose ancora predicava al popolo istruendolo. » Così egli predicava dapprima il Messia ed il Cristo senza conoscerlo di persona fin a tanto che Iddio glielo scoprì come vedremo nel capo seguente.
Da dieci mesi circa Giovanni Battista instancabile predicava al popolo ed attendeva alla sua missione di precursore del Messia, quando Gesù che era sui trent'anni, stava per dar principio alla sua predicazione. Egli abbandonò l'umile Nazaret, e se ne venne sulle sponde del Giordano dove Giovanni {29 [407]} battezzava, a fine di essere anch' egli battezzato come gli altri. E Giovanni, al quale era stato rivelato dallo Spirito Santo che quegli era il Messia Redentore del mondo fu molto sorpreso quando vide avvicinarsi colui che doveva togliere i peccati del mondo e chiedergli il battesimo in mezzo alle turbe dei peccatori, come se fosse stato di quel numero. Fino a quel tempo Giovanni non aveva mai veduto Gesù, e questo fu per una particolare disposizione di Dio, che s. Giovanni non lo conoscesse che in questo modo affinchè non si potesse dire che in considerazione della parentela e dell' amicizia avrebbe dato in suo favore, una testimonianza così vantaggiosa. Gesù essendo dunque venuto da Giovanni per essere battezzato, questi volle impedirneto, riconoscendo di avere esso medesimo bisogno di essere battezzato da lui. Ma non potendo trovare che ridire che quegli che era al dissopra di lui, lo vincesse anche in umiltà fu obbligato di cedergli. Era volere di Dio che Gesù, ostia del peccato, {30 [408]} e che doveva toglierlo col gravarsene, volontario si ponesse nella turba dei peccatori; questa è la giustizia che gli conveniva di adempiere. Ed a quel modo che Giovanni doveva in ciò prestare ubbidienza, così il Figliuolo di Dio doveva prestarla ai comandamenti del Padre suo. Giovanni avendogli condisceso, tutta la giustizia fu adempiuta in un'intera obbedienza al volere di Dio.
Gesù Cristo è tuffato nelle acque del Giordano sotto la mano di Giovanni; egli seco porta lo stato del peccatore, e comunica alle acque una nuova virtù, quella di lavare le anime. L'acqua del battesimo è un sepolcro in cui siam ivi gettati con Gesù Cristo per ivi poi risuscitare insieme con lui.
Appena Gesù è uscito dalle acque del Giordano nelle quali si era sepolto, si spalancò il cielo, e lo Spirito Santo, che insino allora solo il Battista avea veduto, discese palesemente a vista di tutti sopra il Salvatore in forma di colomba e posò sopra di lui. Nel medesimo tempo una voce muove come {31 [409]} folgore dall'alto, e si odono chiare e distinte queste parole: Tu sei il mio Figliuolo diletto, in te mi sono compiaciuto: con che egli disegnato era il Figliuol di Dio unigenito.
Qui si manifesta tutta intiera l'adorabile Trinità. Il Padre celeste apparve sul monte, dove Gesù Cristo transfigurossi, ma lo Spirito Santo non vi intervenne; bensì egli apparve quando discese in forma di lingua sugli apostoli, ma il Padre non vi fu veduto; in ogni altra parte appare il Figliuolo; ma solo al battesimo di Gesù Cristo, che dà origine al nostro dove aveva da invocarsi la SS. Trinità, il Padre vi comparisce nella voce, il Figliuolo nella sua carne, lo Spirito Santo in forma di colomba. La colomba significa i sette doni discesi sul Messia, ed è simbolo di riconciliazione, di dolcezza, di carità, di tenera unione, emblema che disegna ai popoli i profeti ed i santi; e dichiara all'universo che Gesù di Nazaret è il Messia, il dottore delle nazioni, il salvatore del mondo. {32 [410]}
Gesù Cristo dopo essere stato battezzato da Giovanni, se ne andò nel deserto per prepararsi col digiuno di quaranta giorni e quaranta notti, a compiere la sua grande missione di Salvatore del mondo. In quel tempo Giovanni continuava la sua predicazione, e andava sempre battezzando i popoli, di modo che la sua fama si estese tant' oltre, che Gerusalemme maravigliata gli mandò una deputazione composta di sacerdoti, di leviti e di farisei, per sapere da lui chi egli fosse, perchè credevano che egli fosse il Cristo.
Qui Giovanni dimostrò di nuovo quanto fosse umile, e quanto fosse lontano di lasciar intendere sè essere quello che non era, e perciò disse altamente a quelli che lo interrogavano {33 [411]} che egli non era il Cristo. Gli chiesero in seguito se egli fosse Elia, perehè sapevano che il profeta Elia doveva precedere la venuta di Gesù Cristo. Giovanni poteva dire con verità ch'egli lo era, come Gesù Cristo stesso lo disse, perchè ne adempiva la funzione, e ne aveva lo spirito e lo zelo. Ma di due sensi veri, prendendo quello che non era soggetto ad equivoco, e che era più favorevole alla sua umiltà, disse che non era Elia. Gli chiesero in seguito se era il profeta promesso da Mosè che i Giudei distinguevano dal Messia, quantunque Mosè intendesse il Messia medesimo. Egli rispose che non era quel profeta, anzi che egli non era nemmeno profeta, quantunque lo fosse in verità, e secondo la testimonianza di Gesù C. più che profeta. Il senso nel quale s. Giovanni aveva ragione di dire che non era profeta, è questo: che quantunque egli fosse al di sopra dei profeti, perchè mostrava col dito quello che i profeti non avevano annunziato che molto lungi; tuttavia non profetava {34 [412]} quello che doveva accadere dopo la sua morte sulla terra, come fatto avevano gli antichi profeti. I deputati finalmente gli domandarono non quello che non era, ma quello che egli era. Egli in questo umiliossi tanto quanto gli fu possibile senza alterare la verità. Loro disse dunque che non era altro che: la voce di colui che grida nel deserto, raddrizzate la via del Signore, come aveva detto il profeta Isaia. Di maniera che riferendo così a Dio la gloria di tutto ciò che faceva, dimostrava nello stesso tempo essere Iddio che agiva e parlava in lui, e che presto si sarebbero adempiute le promesse fatte da Dio per mezzo dei profeti. Quantunque illuminati questi deputati che erano stati scelti dalla setta dei farisei, non intesero, o finsero di non intendere i suoi detti, perchè non erano venuti da lui pel desiderio di conoscere la verità, ma per la invidia e gelosia che avevano della sua fama. Così essi trovarono grande male, in ciò che conoscendo Giovanni di non essere nè {35 [413]} il Cristo, nè Elia, nè profeta, egli battezzasse, e gliene fecero rimproveri. Giovanni rispose loro che il suo battesimo non era che per fare conoscere quegli che doveva venire dopo di lui, che era più di lui, e in mezzo di essi senza che fosse da loro conosciuto. Si spiegò ancora più chiaramente l' indomani quando vide Gesù che se ne veniva dal deserto incontro a lui; egli esclamò ad alta voce additando Gesù: « Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo. Questi è Colui del quale ho detto: dopo di me viene uno che è più di me perchè era prima di me: e io nol conosceva, ma affinchè egli fosse riconosciuto in Israele, per questo son io venuto a battezzare nell'acqua.....io ho attestato com'egli è il Figliuol di Dio. » Rinnovò l'indomani la medesima testimonianza quando vide Gesù che passeggiava, e disse additandolo a due discepoli che erano con lui: « Ecco l'Agnello di Dio. » Ed allora questi due discepoli udite le sue parole lo lasciarono e seguitarono Gesù. {36 [414]}
A ben comprendere queste parole: Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo, convien sapere che tutti i giorni sera e mattina immolavasi nel tempio un agnello, e questo era quel che chiamavasi sacrificio continuo e perpetuo; questo fu quel che diede occasione a Giovanni di pronunziare le anzi dette parole; e forse ancora Gesù accostossi a lui nell' ora in cui tutto il popolo sapea che si offeriva questo sacrificio. Checchè ne sia in questa testimonianza che rende del Salvatore quel Giovanni che l'aveva fatto conoscere come il Figliuolo Unigenito, e ne aveva testè manifestato le altezze, il fa conoscere oggi come l'ostia del mondo. Non crediate già che quell'agnello che si offeriva mattina e sera in sacrificio perpetuo fosse il vero agnello, la vera vittima di Dio; no: ecco colui che all'entrar nel mondo s'è messo in luogo di tutte le vittime; egli è eziandio la vittima pubblica di tutto il genere umano, e che solo può togliere ed espiare quel gran peccato, ch'è la sorgente di tutti {37 [415]} gli altri, e che perciò può chiamarsi il peccato del mondo, vale a dire il peccato di Adamo che è quello di tutto il mondo.
Erode Antipa in quel tempo era Tetrarca della Galilea, Esso era figlio di Erode il grande, l'uccisore degl' innocenti. Dopo la morte di suo padre esso ebbe per sua parte il regno di Giudea e la Galilea. Era un principe vile, dato ai piaceri, lascivo e libertino. Aveva un fratello chiamato Filippo, il quale teneva un' altra parte del regno di Giudea, ma poco considerevole. Filippo erasi ammogliato con Erodiade figlia del suo fratello Aristobolo, e per conseguenza sua nipote, essendo questi matrimonii assai frequenti alla corte di Erode. Il marito era uno spirito dolce e moderato che reggeva bene il {38 [416]} suo piccolo governo, e si compiaceva assai in rendere giustizia al suo popolo, e con tanto ardore che arrestava spesso il suo cocchio nelle vie ed ascoltava con pazienza i più poveri del suo regno che avessero qualche lite, per metterli d'accordo. La moglie invece era uno spirito superbo, ambizioso ed impudico.
E non ebbe difficoltà di farsi sposa di Antipa, vivendo tuttora Filippo fratello di lui. Questo fatto cagionò grave scandalo in tutto Israele. S. Giovanni in quel tempo predicava e battezzava, e alcuni sono d'opinione che udendo quello scandalo sia venuto alla corte di Erode, per farlo rientrare nella buona strada. Tuttavia non si sa precisamente quale occasione lo fece venire, se sia il suo zelo, o se vi fu costretto da Erode. Che che ne sia, sappiamo che Giovanni andò alla corte di Erode che cercava di scusare questo suo scandalo presso i popoli, e per meglio arrivarvi desiderava che san Giovanni l' avesse approvato, o che stando presso di lui senza dir parola, {39 [417]} il suo silenzio mostrasse che egli lo approvava. Ma Erode giudicava troppo vilmente un uomo di così specchiata virtù. Il sant'uomo non era una canna da piegar ad ogni più piccolo soffio di vento, ed alzò risolutamente la voce e gli disse: Non ti è lecito di tener la moglie del tuo fratello: quindi soggiunse che era un adulterio odioso al cuore di Dio e scandaloso per tutti i suoi sudditi. Gli fece conoscere gli obblighi della legge alla quale era soggetto come tutti gli altri, gli mostrò l'esempio dei buoni re che l'aveano preceduto, i castighi dei cattivi che aveano sperimentato il peso della giustizia di Dio. Gli fece vedere come gli stati che erano nella povertà, nella miseria, e di più nella barbarie, lo erano perchè quei che li governavano erano ingiusti, iniqui ed empi. Di più nella lezione che gli dava, dimostrò come il disprezzo di Dio era, sopratutto da temersi, e che doveva guardare all'interesse del suo fratello, al cattivo esempio che dava alla sua famiglia, al mormorare del popolo; insomma non {40 [418]} dimenticò nulla che potesse toccare il cuore di lui e farlo rientrare nella buona strada.
Lo spirito di Erode non era del tutto cattivo, nè ancora abbandonato da Dio, perciò ascoltava s. Giovanni, concepiva qualche volta un po' di rimorso di quel suo scandalo; ma appena veduto Erodiade dimenticava tutto, e non si ricordava più delle parole dell'uomo di Dio, o se sene ricordava non osava dimostrare scrupolo alcuno del suo matrimonio, tanto quella donna malvagia aveva d'impero sul suo cuore. Ella seppe che l' uomo di Dio aveva parlato, e si sentì trasportata da un furore così grande, che non gli permise di respirare altro che minaccie e vendetta. E per questo, vedendo che Erode non poteva rifiutarle cosa alcuna, gli insinuò che Giovanni era pericoloso al bene dello stato, e che era capace, tanto avea del potere sul popolo, di sollevarglielo contro, per farsi strada al trono; che era una grande arroganza il voler trovare a ridire al suo padrone, che perciò dovea essere {41 [419]} punito. Essa non cessava mai di insinuargli diffidenza contro s. Giovanni. Erode subito non volle fare quello che Erodiade gli consigliava, perchè temeva Giovanni; ma finalmente tanto fece quella iniqua donna, che Erode ordino d'incatenare s. Giovanni, e lo fece rinchiudere in una prigione sotto pretesto che volesse turbare lo stato. Questa ingiusta prigionia di un uomo così santo e così celebre fece grande rumore in tutta la Giudea, ma quella perfida donna avea questa massima: che bisognava contentare i suoi sensi e non curarsi di quanto avrebbero detto il popolo e le persone dabbene, che bisognava chiudere tutte le bocche col rigore dei supplizi, e che sarebbero innocenti quando non avrebbe più osato alcuno ridire qualche cosa alle sue azioni. Questa pessima massima costò la vita a s. Giovanni. {42 [420]}
S. Giovanni aveva discepoli fedeli che si fecero un dovere di non abbandonarlo per tutto il tempo della sua prigionia che durò più d'un anno. Esso avea libertà di intrattenersi con essi, perciò non dimenticò la funzione di precursore, e lavorò fino alla fine per preparare le vie al Signore. Esso si adoperò per quanto potè affinchè i suoi discepoli conoscessero colui che dovea essere il loro maestro ed insieme il loro Salvatore. E per questo avendo udito da essi i miracoli che facea Gesù Cristo, gli mandò dalla sua prigione due di essi per chiedergli se era colui che era aspettato da tanti secoli, cioè il Messia. E questo fece non per sapere quello che già sapea e che aveva già fatto conoscere agli altri quando battezzava, ma per confermare i suoi discepoli in quanto loro {43 [421]} avea detto, e loro farne trovare le prove in quanto avrebbero veduto ed udito da Gesù.
Essendo adunque venuti i due discepoli da Gesù gli dissero che Giovanni li avea mandati per sapere se egli era colui che doveva venire su questa terra, o se doveano aspettarne un altro. Gesù non rispose loro che con miracoli. Queste erano prove sufficienti che attestavano che era Dio, e che era stato mandato dal padre suo per salvar gli uomini. Quindi rimandandoli loro disse queste parole: « Andate e riferite a Giovanni quello che avete udito e veduto. I ciechi veggono, gli zoppi camminano, i lebrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, si annunzia a' poveri il vangelo, ed è beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. » Quando i discepoli di Giovanni furono partiti esso indirizzandosi ai popoli, così parlò loro a favore di Giovanni: « Che cosa siete andati a vedere nel deserto? una canna sbattuta dal vento? ma pure che siete andati a vedere? un uomo {44 [422]} vestito delicatamente ? Ecco coloro che vestono delicatamente, stanno nei palazzi dei re. Ma pure che cosa siete andati a vedere? un profeta? sì, vi dico io, anche più che un profeta. Imperocchè questi è colui del quale sta scritto: Ecco che io spedisco innanzi a te il mio angelo, il quale preparerà la tua strada davanti a te. In verità io vi dico, tra i nati di donna non venne al mondo chi sia maggiore di Giovanni Battista: ma quegli che è minore nel regno de' cieli è maggiore di lui... e se voi volete capirla egli è quell'Elia che doveva venire.» Ecco come il Salvatore fa l'elogio di Giovanni. Dice che fra i nati di donna non venne mai al mondo chi fosse maggiore di Giovanni, e che non era una canna che si lasciasse scuotere e volgere da ogni banda dal vento, nè uno che potesse tradire la sua coscienza e lasciarsi vincere dalle delizie della corte. No, egli ivi parlò come un profeta, ivi conversò come un angelo, e quivi mori come un martire, come vedremo in seguito. {45 [423]}
L'angelo terrestre aveva tutto sacrificato alla gloria di colui che egli annunziava. Aveva ancor la vita, e questa vita la offeriva, la immolava ogni giorno sull'altare della carità, e sotto la spada dei dolori. Allorquando la vittima fu purificata dalle minime imperfezioni, e ornata di tutte le virtù, Dio permise che il delitto portasse l' ultimo colpo, e l' olocausto fosse consumato. Erodiade non dormiva di un buon sonno col suo Erode, mentre s. Giovanni era ancora in vita, temendo sempre che il suo preteso marito, che essa stimava assai leggiero, non fosse preso di compassione e lo lasciasse libero, o che il popolo che lo teneva come un santo non forzasse le prigioni per metterlo in libertà, perciò risolvè di vederne la fine per dare ogni libertà alle sue sfrenate passioni. Giunse il tempo del giorno onomastico di Erode, {46 [424]} nel quale egli aveva il costume di dare grandi festini ai principali uffiziali del suo regno. Erodiade vedendo che la sua figlia Salome era un potente istrumento per effettuare i suoi disegni, e che Erode era estremamente contento quando la vedeva ballare, la scongiurò di adoperare ogni industria, ogni gentilezza per guadagnare il cuore del re. La figlia obbedisce, e si aggiusta il meglio che le torna possibile per piacere al principe, ed entra nella sala del pranzo e si mette a ballare nel miglior modo, e con tanta destrezza, che Erode ne gongolò di gioia. Tutti i convitati, forse guadagnati da Erodiade, unanimamente si mettono a lodarla ed applaudirla. Non mancava più altro che la ricompensa.
Erode nel trasporto della contentezza, gli dice che lascia alla sua scelta il dono, che è pronto a concederle qualunque cosa, fosse anche la metà del suo regno. Questa figlia d'iniquità corre da sua madre, e le dimanda quale cosa debba chiedere al re. La perfida madre le dice di chiedere non altro {47 [425]} che la testa di Giovanni Battista. La figlia così ammaestrata fa quella richiesta sanguinosa, e invece di chiedere la liberazione di Giovanni che difendeva il suo onore col riprendere Erode, chiede il capo di lui, e che subito le sia portato in un bacino.
Erode si rattristò a tale domanda, perchè aveva giurato in presenza dei grandi di concederle qualunque cosa ella avesse domandato, ma per paura di rattristarla dà il barbaro comando al carnefice di andare nella prigione del castello, poichè essi per quel festino erano andati al castello di Macheronte, dove era rinchiuso il santo Precursore, e di tagliare il capo di Giovanni.
Appena l'ordine fu dato, la madre non cessò finchè non ne vide l'esecuzione: si corre alla prigione, ognuno pensava che fosse per qualche grazia, essendo il giorno onomastico del principe: ma si vide bentosto un effetto contrario a questo pensiero, quando si chiamò s. Giovanni, e che gli annunziarono che bisognava risolversi a morire. {48 [426]}
Qual cosa crediamo noi abbia fatto s. Giovanni a questo annunzio? Egli s'inginocchiò, e rese grazie a Dio che lo faceva morir martire della verità, dopo aver contemplato coi propri occhi il Verbo incarnato, ciò che non gli lasciava più altro a desiderare in questo mondo. Egli esortò i suoi discepoli a seguire Gesù che è la via, la verità, la vita. Pregò pei suoi persecutori e per il suo povero popolo, indegnamente governato da un tiranno. Quindi pregustando la felicità che gli era riserbata, offerì il collo al carnefice e gli fu spiccata la testa. Il suo corpo fu seppellito onorevolmente dai suoi discepoli, e la sua testa venne portata in un bacino al ferale banchetto, messa nelle mani di quella infame ballerina che la presentò a sua madre. La madre, secondo s. Gerolamo, la pigliò, poi si prese l'orribile divertimento di trafiggergli la lingua coll'ago dei suoi capegli, per vendicarsi della libertà con cui s. Giovanni l' avea rimproverata della biasimevole sua vita. {49 [427]}
Che orribile spettacolo! la testa di s. Giovanni, del più grand'uomo del mondo, che pose termine alla legge antica e che ha aperto il Vangelo; la testa di un profeta, d'un angelo è indegnamente tagliata, e data per premio ad una ballerina; il più sobrio degli uomini è ucciso in un banchetto d'ubriachi, ed il più casto per gli artifizi di una prostituta. E condannato in un' occasione ed in un tempo in cui egli non avrebbe nemmeno voluto essere assolto, per l'orrore che egli aveva per tutto quello che proveniva dall' intemperanza.
Oh ! quanto è mai dunque malvagia quella donna che ha rinunziato all'onore ! Erode le ha dato un omicidio per un bacio; i carnefici lavano le loro mani prima di assidersi a mensa, e quelle donne infami bagnano in un banchetto le loro nel sangue di un santo profeta. Il giusto è ucciso dagli adulteri, l'innocente da' colpevoli. Quel banchetto che doveva essere fonte di vita, porta un editto di morte, la crudeltà si mescola colle delizie, la {50 [428]} voluttà con funerali. Quell' orribile bacino si fa passare in tutta la tavola per saziare gli occhi inumani di Erodiade, e quel sangue che gocciola ancora dal mozzo capo cade a terra per quindi essere spazzato colle lordure di quella infame cena.
Ecco Erode, ecco un fatto che non è degno che della tua crudeltà: stendi la mano, tocca colle dita la piaga che hai fatta, affinchè siano ancora bagnate di un sangue così sacro: bevilo, crudele, per ispegnere la tua sete: mira quegli occhi spenti che accusano la tua scelleratezza, e che tu ferisci ancora coll'aspetto dei tuoi infami piaceri. Ohimè ! essi sono chiusi, non tanto per la necessità della morte, quanto per l'orrore della tua lussuria. Saziati adesso di piaceri, che presto presto la vendetta di Dio piomberà sul tuo capo scellerato, e ti farà scontare la morte di colui che ti ammoniva per tuo bene. {51 [429]}
La vendetta di Dio che spesso anche nella vita presente cade sopra i colpevoli, non tardò a far sentire i terribili suoi effetti su quelle anime perverse.
Areta re degli Arabi, irritato dell'affronto fattogli da Erode che aveva ripudiato sua figlia per prendere Erodiade, radunò un possente esercito, e venne ad attaccare Erode. Questo uomo vile ed effeminato non si mette che assai debolmente in grado di resistergli. I piaceri lo teneano talmente incatenato, che egli non ebbe ardire di porsi alla testa del suo esercito ed accorrere a difendere la frontiera per opporsi allo sdegnato avversario. Si vantava sempre di essere prode e coraggioso, ma in questa occasione dimostrò quanto poco cuore avesse e quanto fosse vile. Imperocchè si contentò {52 [430]} di mandare un suo generale, a cui toccò una sanguinosissima sconfìtta. Molti giudei perirono in una sola giornata, e quel miserabile Tetrarca stava per essere spogliato di tutto quanto aveva, se i Romani, che allora erano padroni di tutto il mondo, non fossero accorsi colle loro legioni, e cacciato non avessero l'Arabo.
Poco tempo dopo avvenne la Passione di nostro Signore Gesù Cristo, il quale fu disprezzato da Erode, presentato che fu a lui per ordine di Pilato, Esso si contentò di motteggiarlo, non essendovi Erodiade che lo spingesse all'uccisione.
Egli pensava di poter godere liberamente i suoi piaceri, ma la giustizia di Dio che castiga esemplarmente le violenze che si commettono contro dei suoi servi, gli suscitò uno strano avvenimento nel quale egli sperava di potersi innalzare più alto, ma invece fu ridotto alla miseria estrema.
La sua moglie, che era assai ambiziosa, cercava incessantemente di inspirar al suo preteso marito i proprii {53 [431]} sentimenti di ambizione. Essa lo persuase di fare un viaggio a Roma per ingrandirsi col favore dei Romani, e portare quindi apertamente con proprio titolo il nome di Re. Ad Erode rincresceva di fare questo viaggio, ma la sua moglie fece tanto che egli prese la strada di Roma, sognando a nuovi piaceri appena sarebbe di ritorno. Ma giunto a Roma, invece di essere bene accolto e festeggiato, trovò gli animi indisposti verso di lui. Il suo parente Agrippa, fratello di Erodiade, approffittandosi del favore che aveva presso l'imperatore Claudio, soppiantò Erode Antipa, si fece eleggere Re di Giudea, e gli fu dato il regno di Erode con quello di Filippo già morto prima; cosicchè Erode rimase spogliato del regno invece di ingrandirlo.
Ma questo non bastava ancora a punire l'uccisore del profeta. Egli fu accusato di molte insolenze contro l'imperatore, di codardia da quel suo parente Agrippa, cosicchè nel trasporto del suo sdegno quell'imperatore lo {54 [432]} fece bandire e lo relegò a Lione. Erodiade essendo sorella di Agrippa fu risparmiata e non fu compresa nell'editto, avuto riguardo al fratello. Ma essa fu costante nella sua rea passione. Rispose all'imperatore che le avea lasciato la libertà di rimanere in Giudea, che essendo stata compagna del marito nella prosperità, non voleva abbandonarlo nella sventura, e che amava meglio essere bandita con lui, che di possedere un regno non compagna del marito. Le fu data facoltà di fare come meglio credeva, ed allora tutti e due si posero in via per andare al luogo del loro esiglio, accompagnati da quella ballerina che aveva chiesto il capo del santo precursore.
La vendetta di Dio dovea pesare anche su quest'ultima. Passando in tempo di inverno sul ghiaccio di un torrente, e credendo di poter traversare senza pericolo, il ghiaccio le si ruppe sotto i piedi ed ella cadde nell'acqua e ricongiungendosi i pezzi del ghiaccio essa fu presa di mezzo, e si {55 [433]} dimenò lungo tempo in questa trappola, muovendosi come se avesse voluto ballare, quindi il suo collo fu tagliato da due pezzi di ghiaccio che si congiunsero: così la sua vita fu spenta sotto le acque ed il suo capo fu tagliato in vendetta della decollazione del santo precursore fatta a sua richiesta. Erode Antipa e la sua Erodiade giunti al luogo del loro esiglio, dopo aver sofferto gli stenti di un lungo viaggio in tempo d'inverno, furono aggravati dalla povertà, dalla miseria, dalla ignominia su di una terra straniera, in mezzo a popoli ancor barbari, ed in fine perirono d'inedia. Cosè finivano i carnefici di s. Giovanni Battista: tali sono le conseguenze del ballo e della disonestà.
Non sappiamo precisamente quale sia il tempo della morte del santo Precursore, ma si crede che sia accaduta {56 [434]} verso il fine del secondo anno della predicazione del nostro Signor Gesù Cristo, o al più tardi del terzo, nel principio del mese di febbraio. Sappiamo che fu qualche tempo prima della Pasqua. La Chiesa ne celebra la Natività nel giorno 24 di giugno e la Decollazione addi 29 agosto in memoria della traslazione delle sue reliquie fetta in quel giorno, come è segnato in alcuni martirologi. È venerato come martire, perchè egli è stato testimonio di Gesù Cristo come gli altri martiri, essendo egli morto per la giustizia che è inseparabile dalla verità. La festa della sua Natività è antichissima, essendo essa già stabilita al tempo di s. Agostino che scrisse sette sermoni relativi alla medesima. Quella della sua Decollazione fu poi instituita molto tempo dopo. Esso fu sempre onorato assai nella festa della sua Natività, e fu un'epoca nella quale vi si celebravano tre messe, una la vigilia come a Precursore, la seconda nel di della festa come a santificato nel seno materno, la terza nel dì seguente in {57 [435]} onore del battesimo, come a ministro del battesimo. Di più nel concilio Salingestadense fu ordinato, che nei quattordici giorni prima della festa si astenessero i fedeli dalla carne e dal sangue. I Greci lo onorarono coll'alzare molte chiese sotto il suo nome, e nella sola città di Costantinopoli quindici furono le chiese il cui principale protettore era s. Giovanni Battista. Molte chiese e molti altari vennero consacrati a questo santo Precursore, e molte diocesi lo hanno per titolare e patrono principale, come appunto è la diocesi di Torino. Oltre le feste principali della Natività e della morte del nostro santo, molte altre nelle chiese particolari furono ancora istituite per onorare le sue reliquie, delle quali traccieremo brevemente la storia.
I suoi discepoli, come abbiamo detto di sopra, udita la morte del loro maestro, andarono e ne portarono via il corpo, e gli diedero onorevole sepoltura, come credesi, vicino al castello di Macheronte. Portato poscia a Sebaste o Samaria, fu ivi rinchiuso nella {58 [436]} tomba ove riposavano le ossa del profeta Eliseo. Quivi dimorarono fino all'anno 362, finchè sotto l'impero dell'empio Giuliano apostata, alcuni imitando il mal esempio del loro imperatore aprirono la tomba di s. Giovanni Battista ed abbruciarono una parte delle sue reliquie e quelle del profeta Eliseo; ma alcuni monaci mescolati a quei sacrileghi salvarono in parte quelle di s. Giovanni Battista e le mandarono a s. Atanasio il grande patriarca di Alessandria, il quale le nascose in una muraglia della sua chiesa. Ne vennero poi tratte nel 395 e furono poste nella chiesa che Teodosio imperatore fece edificare col nome del santo, nel luogo in cui era stato il tempio di Serapide, ed allora si fecero distribuzioni di quelle sacre reliquie ad alcune chiese. Nell'anno 453 si scoperse ad Emesa nella Siria il suo sacro capo, il quale rimase nella chiesa di quella città fino all'anno 954, in cui fu portato a Costantinopoli. Presa questa capitale dai Francesi nell'anno 1204 un gentiluomo, {59 [437]} Wallon di Sortons, che era presente alla presa della città trovò il capo di s. Giovanni in un vecchio palazzo e portò ad Amiens in Francia una parte di questa testa, cioè tutto il viso, trattane la mascella, inferiore, e la diede alla sua chiesa.
Si dice che a Roma si custodisse una parte di questa medesima testa, ma alcuni volevano che si fosse confuso s. Giovanni Battista con un altro s. Giovanni che fu martirizzato a Roma, il perchè papa Clemente VIII per torre ogni dubbio fece arricchire la chiesa di s. Silvestro di una porzione del capo del santo precursore che si venera in Amiens. Nel tesoro della basilica di s. Marco in Venezia conservasi in un antichissimo calice di agata, porzione del suo cranio; e Genova oltre le sue ceneri trasportate dalla Palestina, possiede il sacro disco e bacino che accolse il suo capo. Si venera pure nell'abazia di Tiron nella diocesi di Chartres il cervello del suo capo. Si vedono in altri luoghi denti e capegli che portano il {60 [438]} nome di s. Giovanni Battista. Trovasi pure in Torino una parte della mascella del nostro santo.
I popoli si fecero sempre premura di onorarlo e la Chiesa ne celebra la Natività e la morte, ciò che non fa a nessun altro, perchè tutti i santi si onorano il giorno della loro morte, ma si celebra, la Natività di s. Giovanni Battista perchè gli fu data la grazia santificante colla remissione del peccato originale fin dal seno di sua madre, nella visita che fece la B. Vergine a s. Elisabetta. Si narrano molti miracoli operati da s. Giovanni Battista dopo la sua morte, coi quali il Signore volle onorare il suo santo precursore.
Veneriamo pertanto anche noi questo gran santo, ed imitiamone le virtù, la penitenza, ed egli ci aiuterà ad essere costanti nella fede, perseveranti ne' nostri cristiani doveri; potremo fuggire le vanità del mondo, specialmente la intemperanza e la disonestà, e così giungere alla salvezza eterna dell'anima nostra. {61 [439]}
Con permissione
Ecclesiastica. {62 [440]}
Capo I. Rivelazione della nascita di s.
Giovanni Battista pag. 3
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Capo II. Santificazione di s. Giovanni
Battista prima di sua nascita
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10
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Capo III. Natività di s. Giovanni Battista.
Cantico di Zaccaria
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13
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Capo IV. Ritiro di s. Giovanni Battista nel
deserto
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18
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Capo V. Austerità del santo Precursore. - Dà
principio alla sua missione
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24
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Capo VI. Alcune predicazioni di s. Giovanni
Battista. - Egli proclama il Messia
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25 {63 [441]}
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Capo VII. S. Giovanni riconosce e battezza
il Salvatore pag. 29
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Capo VIII. Testimonianza formale del santo
Precursore. - Mostra l' Agnello di Dio - Esalta la gloria del Salvatore
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33
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Capo IX. Giovanni alla corte di Erode. - Sua
prigionia
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38
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Capo X. Deputazione di s. Giovanni Battista.
- Due risposte del Salvatore
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43
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Capo XI. Martirio del santo Precursore
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46
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Capo XII. Castigo, toccato agli uccisori di
s. Giovanni Battista
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52
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Capo XIII. Culto del santo Precursore
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56 {64 [442]} {65 [443]} {66 [444]}
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