| Home | Opere Edite - Don Bosco | Altri scritti di Don Bosco | Memorie biografiche | Letture Cattoliche| Bollettino Salesiano | Francesco di Sales | Scritti salesiani | Info sito |



1872-1875 Il Galantuomo pel 1873 Vita di S. Pancrazio [quarta edizione] Regulae Societatis S. Francisci Salesii Le maraviglie della Madonna di Lourdes Belasio Antonio Maria, Della vera scuola per ravviare la società Il Galantuomo pel 1874 Societas S. Francisci Salesii. De Societate S. Francisci Salesii brevis notitia Massimino Cenno istorico sulla Congregazione di S. Francesco di Sales Regulae Societatis S. Francisci Salesii [Typis de Propaganda Fide, I] Regulae Societatis S. Francisci Salesii [Typis de Propaganda Fide, II] Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari, Torinese sopra l’approvazione delle Costituzioni della Società Salesiana [marzo 1874] Sagra Congregazione de’ Vescovi e Regolari, Consultazione per una Congregazione particolare [marzo 1874] Unione cristiana Regulae seu Constitutiones Societatis S. Francisci Salesii juxta approbationis decretum die 3 aprilis 1874 [Augustae Taurinorum 1874] Società di S. Francesco di Sales. Anno 1874 Il Galantuomo pel 1875 Associazione di opere buone [Unione cristiana]
1881-1882 Breve notizia sullo scopo della Pia Società Salesiana Biografie. Confratelli chiamati da Dio alla vita eterna nell’anno 1880 Eccellentissimo Consigliere di Stato Esposizione del sacerdote Giovanni Bosco agli eminentissimi Cardinali della Sacra Congregazione del Concilio Favori e grazie spirituali concessi dalla Santa Sede alla Pia Società L’aritmetica ed il sistema metrico [settima edizione] Arpa cattolica o raccolta di laudi sacre sulla passione sulle feste principali e sui novissimi Arpa cattolica o raccolta di laudi sacre in onore dei santi e delle sante Arpa cattolica o raccolta di laudi sacre in onore di Gesù Cristo, di Maria Santissima e dei santi Arpa cattolica o raccolta di Laudi Sacre in onore del S. Cuor di Gesù e del SS. Sacramento Biografie 1881 Biographie du jeune Louis Fleury Antoine Colle
 


 

  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

LETTURE CATTOLICHE. CONVERSIONE DI UNA VALDESE

FATTO CONTEMPORANEO ESPOSTO DAL SAC. BOSCO GIOANNI

 

Anno II. - Fasc. 1 e 2.

 

 

TORINO, 1854

TIPOGRAFIA DIR. DA P. DE-AGOSTINI

Via della Zecca, N. 25. { [249]} { [250]}

 

 

 

 

INDEX

Ai nostri lettori 2

Notificanza di monsignor vescovo di Biella  2

Al lettore  3

I. La ricreazione. 4

II. Il buon Curato. 7

III. La notte inquieta. 10

IV. Una visita al Ministro. 11

V. Giuseppa dal Ministro. 13

VI. Il Magnetismo. 15

VII. La Prigione. 17

VII. Il segreto svelato. 20

VIII. La fuga. 22

IX. L’abiura. 25

X. Il Battesimo. 28

XII. Un fatto. 30

XIII. Conclusione. 31

Indice  32

 


URGENTE NOTIFICANZA DI MONSIGNOR VESCOVO DI BIELLA A'SUOI DIOCESANI.

 

 

Ai nostri lettori

 

            Crediamo far cosa gradita ai nostri Lettori, riproducendo la Notificanza testè pubblicata dal Zelantissimo Vescovo di Biella.

            Dal contesto della medesima vedranno la grandissima necessità di star all'erta per non lasciarsi ingannare da coloro che cercano nei villaggi di vendere a vile prezzo, ed anche regalare libri empi o eretici, sotto i titoli i più speciosi ed atti a sorprendere la buona fede dei semplici. {I [251]}

            I nemici del Cattolicismo, o fratelli, i protestanti in ispecie, si adoprano colla massima attività per corromperci la fede. Noi preghiamo e supplichiamo caldamente tutti coloro, cui sta a cuore la conservazione della religione dei loro padri, ad unirsi a noi per difendere la Fede, il più bel dono che ci abbia fatto la Divina Misericordia, ad aiutarci, colla loro opera, alla diffusione delle LETTURE CATTOLICHE, che appunto si pubblicano per far conoscere gli errori che propagansi, e perchè si conservi intatta nelle nostre popolazioni la Fede cattolica, la quale sola ha il carattere della verità, e fuori della quale è impossibile piacere a Dio e salvarsi.

 

LA DIREZIONE. {II [252]}

 

 

Notificanza di monsignor vescovo di Biella

 

            Non sono che pochi giorni, dacché colla mia Pastorale per la corrente Quaresima tutti io eccitava per organo dei signori Parroci li miei amati Diocesani a ben guardarsi dalle insidie che ai nostri giorni tendonsi per ogni dove ai Cattolici, onde farli fuorviare dalla loro religione, unica vera, la religione dei loro padri, e già si avverarono pur troppo le mie apprensioni, o Venerandi Confratelli e Figli dilettissimi: L'inimicus homo, di cui parla il Vangelo, è comparso anche su di questo bel campo mistico di Dio, e s'affatica e cerca di seminarvi la zizzania. Qual opera più riprovevole e più indegna di quella di spargere fra gente di buona fede e tranquilla nelle divine sue credenze il dubbio, l'indifferenza, l'errore, il nulla, la morte delle anime! Fin qui si distribuivano gratis a larga mano or la Bibbia adulterata, ed ora scritti  apertamente ostili ai dommi, al {III [253]} culto ed alla morale della Chiesa Cattolica: vedendo però rimanersi tali manovre senza successo, si tentò di comprar le coscienze coli'oro! Ma ora si va più in là: al sacrilegio e all'oro si aggiunse l'inganno; nuova perfidia, di cui solo è capace l'infernal nemico del bene. Girano fra noi, come in altre provincie dello Stato, uomini prezzolati e perversi che, coll'apparente scopo d'un commercio qualsiasi o d'un arte, s'introducono nei negozi e nelle case, e perfin vi assalgono per le contrade, onde vendervi a modico prezzo, o farvi anche accettare con niuna o con una minima spesa libricciattoli pieni di eresie e di bestemmie, e portanti i più bei titoli in fronte, al fine di sorprendere gli incauti, e far da loro stessi recare in seno alle famiglie il più rio, quanto men sospettato veleno.

            Premendomi di troppo, e per dovere del proprio ministero, e per l'amore che porto ai miei cari Diocesani, di tutelarli nella loro fede augusta in cui nacquero e vivono, mi trovo in obbligo di farne una pubblica denunzia, onde ognuno sappia premunirsi contro un sì scellerato {IV [254]} procedere, contro un sì perfido attentato. E perchè tale azione, siccome perturbatrice delle coscienze e feconda delle più tristi e più spaventose conseguenze per l'anima, venga prontamente rintuzzata, io raccomando vivamente allo zelo illuminato e savio dei sigg. Parroci, dei Cappellani-Maestri, e di tutti li miei Sacerdoti, di tener d'occhio attentamente a tali indegnissime soperchierie, onde nessuno ne abbia a soffrire nella fede e nelle pratiche di pietà dalla Chiesa Cattolica con tanto amore predicate e promosse, siccome indispensabili all'uomo per mantenersi saldo nella virtù sullo sdrucciolo sentiero della vita, e giungere sicuro alla beata immortalità.

            A tale oggetto, pubblico qui unito il catalogo di alcuni fra i libricciattoli suddetti che già si sparsero qua, e che ho presso di me, perchè stati consegnati da coloro cui furono distribuiti gratis da una specie di merciaiuoli sconosciuti. Ogni giorno un nuovo ve n'esce, loro cangiasi il titolo, ma tutti tendono allo stesso scopo, ad insinuar cioè gli errori del protestantismo a danno della verità cattolica. Li punti principali e maggiormente {V [255]} presi di mira sono la Confessione, l'Eucaristia, la necessità delle buone opere per salvarsi, e il culto di Maria Santissima nostra tenera, nostra carissima Madre; libri che nessuno, non munito di apposita facoltà, potrebbe leggere o ritenere; nessuno cui prema l'onore e la preziosa qualità di Cattolico, potrebbe anche solo accettare, per non esporsi al pericolo di trovarsi trascinato a discussioni alle solo a sconvolgergli quell'armonia interna tra lo spirito ed il cuore, che dall'autorevole e pietoso intervento di Dio per mezzo dei Sacramenti, si ha, e senza di cui non potrebbe vivere contento, né morire tranquillo. - Una sola risposta perciò io suggerisco di dare a chiunque si attentasse di offrire, o a prezzo o in dono simili operette, quella di Cristo Signore al demonio che lo tentava: Vade retro, Satana. Né conviene, né si deve entrare in discussione con tal gente da chi o non è ex professo, posto come li Sacerdoti alla custodia della scienza di Dio, o non ne fece uno studio apposito: Va indietro, Satanasso; ecco la sola risposta a tal seduzioni alla libertà assoluta di coscienza ed alla rilassatezza, che {VI [256]} altro infine non sono che inviti all'insubordinazione ed alla immoralità.

            Iddio Signore e il divin suo Figlio Redentor nostro preservino questa ridente terra Biellese, terra di avita fede, terra feconda di spiriti avveduti, di cuori pii e generosi pel culto di Dio, e sì distinti per cristiane e per civili virtù; la preservino da simil vitupero, da un sì fatale inganno, che a vergogna insieme ed a rovina di lei tornerebbe tale apostasia.

            Fermo intanto resta l'obbligo strettissimo a chiunque per qualsiasi mala ventura ritenesse o Bibbie, o Nuovi Testamenti, o libri simili alli enunciati nel seguente elenco, o di qualsiasi altra sospetta provenienza, di tosto consegnarli al proprio Parroco, o direttamente a me stesso per essere esaminati se legittimi parti dell'insegnamento cattolico, oppure grami prodotti dalle sette eretiche, e farne quindi quell'uso che è prescritto a salvaguardia del più prezioso dono del Cielo ai popoli, la cattolica Fede.

            Oh! vegliate adunque, siate costanti in questa cattolica Fede, onde non perdiate la palma, per cui già sudaste fin {VII [257]} qui: siate fermi e intrepidi soldati di Cristo per meritarvi compita la vostra corona: Vigilate, state in fide, viriliter agite (ad Corinth. 1, c. 13); Videte ne perdatis quae operati estis (2 Ioh., v. 8); reportantes finem fidei vestrae salutem animarum (1. a Petri, v. 9).

 

            Biella, ai 15 marzo 1834.

 

            GIO. PIETRO Vescovo. {VIII [258]}

 

 

{1 [259]} [immagine] {2 [260]}

 

 

 

Al lettore

 

            A chi domanda se quanto si legge in questo libretto sia un fatto od una novella, io rispondo che è un fatto veramente storico, raccontato da persone, la cui autorità, né a me che scrivo, né a te, o lettore, che leggi, lascia alcun dubbio sulla verità delle cose riferite; ho solamente dovuto travisare alcune circostanze, le quali, per ora, non è conveniente che siano manifestate.

            Quello però che ivi si dice intorno ai riti, alla dottrina e disciplina dei Valdesi, è tutto conforme ai loro catechismi e alle loro liturgie, a cui nello scrivere mi sono letteralmente attenuto.

            La grazia del Signore che illuminò questa fortunata giovane a venire alla cognizione della verità, illumini ed incoraggisca tutti quelli di sua setta a seguire sì generoso esempio; serva pure di conforto ai Cattolici a mantenersi fedeli e costanti nella Santa loro Religione. {3 [261]} {4 [262]}

 

 

I. La ricreazione.

 

            È verità comprovata dall'esperienza di tutti i tempi, che il buon esempio abbia tale forza sul cuore dell'uomo, che, appena veduta una buona azione, egli sentesi tosto uno spontaneo movimento a fare altrettanto. E noi cattolici a nostra confusione dobbiamo dire, che se ci fosse più rispetto, maggior osservanza verso a quanto prescrive la Santa nostra Cattolica Religione, certamente i nostri nemici non avrebbero motivo a biasimarci, talvolta con ragione, e vituperare la stessa Cattolica Religione quasi ch'essa autentichi i nostri disordini; anzi troverebbersi costretti a venerarla, e rispettare chi la professa. La conversione di una valdese alla cattolica fede ci ammaestra intorno a questa verità.

            Una giovanetta valdese di nome Giuseppa, cresceva nella delizia degli agiati suoi genitori nella valle di Luserna. Ella aveva una singolare attitudine ed amore alle scienze, sicchè di quattordici anni già aveva imparato la storia sacra, il catechismo, ed altri libri di sua setta; {5 [263]} che anzi andava leggendo e studiando i varii libri delle sette protestanti. Però nel leggere e studiare provava una grave inquietudine per la diversità, o meglio per le contraddizioni che incontrava. Mi è un mistero, andava talvolta dicendo, il governo di nostra chiesa. Nella confessione di nostra fede, il sig. Bert, nel Libro di famiglia, mi dice, che noi crediamo nella Chiesa di G. C, la quale non può venir meno, né essere annullata; e intanto egli stesso, nel principio del medesimo libro, mi dice, che per nove secoli nulla si sa dei Valdesi, e per mille e cinquecento anni nulla si sa de'Protestanti.

            Toccava ella i quindici anni, quando fu sorpresa da una grave malinconia prodotta dal dubbio di sua religione. «Che sarà mai di me e della mia religione, tra sè diceva, spesso veggo de'migliori valdesi a farsi cattolici, ma non mai un buon cattolico a farsi valdese. Inoltre i valdesi gridano contro al Romano Pontefice, che pur è un uomo, il quale ha studiato, e poi stanno soggetti ed ubbidienti alla Regina d'Inghilterra, che la fa da Papessa. Povera me, povera me!»

            Per buona ventura contrasse famigliarità con alcune ragazze cattoliche, e dalla {6 [264]} famigliarità di semplice civiltà, in breve si venne alla spirituale. Accadde più volte, che dopo essersi trattenuta con loro in trastulli, si recava eziandio con esse alle funzioni di chiesa, ascoltando Messa, predica e catechismo; la qual cosa le cagionava profonda sensazione, perché dai suoi ministri valdesi erano ben diversamente raccontate ed interpretate le sacre funzioni dei cattolici.

            Faceva pur grave impressione sopra l'animo di lei l'allegrezza che le sue compagne palesavano ne'loro trastulli e segnatamente ne'giorni in cui si accostavano al Sacramento della Confessione e della Comunione.

            Come va, diceva Giuseppa alle sue compagne, che nel giorno in cui andate a fare la vostra Comunione siete tanto allegre?

            Cattolica. Noi siamo tanto allegre in tal giorno, perchè abbiamo ricevuto il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo. Prima noi andiamo a confessarci, poi, colla coscienza pulita, andiamo a comunicarci, dopo siamo così contente, che ci pare di essere in Paradiso. Col cuore allegro, pieno di buona volontà di farci sante, pare che in questo mondo rimanga più nulla a desiderarsi da noi. {7 [265]}

            Giuseppa. Io non capisco: ci vado anch'io a fare la Comunione, ma io non provo alcuna consolazione; anzi quel giorno per me è un giorno di tristezza e di malinconia.

            C. Noi non sappiamo che dirti. Però abbiam sentito a dire, che voi altri valdesi non fate la confessione e la comunione come si fa da noi cattolici.

            G. Pur troppo è così. Voi altri cattolici andate a confessarvi segretamente dal vostro curato, ni un altro vi sente, né egli parla mai e poi mai di ciò che ascolta in confessione. Ma noi ... Ah! poveretta me; io non oso andarmi a confessare.

            C. Ma perchè? ... Se tu non vai a confessarti, non puoi fare la tua comunione a dovere. È per questo, che il giorno della tua comunione non è per le giorno di consolazione come è per noi.

            G. Ah! avete un bel dire voi, se tu non vai a confessarti; ma se voi altre doveste confessarvi in pubblico, dinanzi a tutta la gente ... Ohimè! mi viene ancora freddo adesso; mi sono trovata presente alcune volte ...

            C. Ah! Ah! pubblicamente, dinanzi alla gente ... E vero questo? ... L'abbiamo già {8 [266]} sentito dire ... Contaci un poco come si fa presso di voi cotesta confessione[1].

            G. Presso di noi la confessione si fa cosi. Qualora avvenga che uno dei nostri cada in qualche grave peccato, e che si sappia, (e notate bene che tutti mettono gran attenzione per farli segretamente); ma quando si sa che taluno abbia commesso qualche grave peccato, egli è obbligato di comparire colpevole in giorno festivo nel tempio pieno di gente. Allora il nostro pastore gli fa una lunga predica analoga alla natura ed alla circostanza del peccato. Immaginatevi che vergogna e che rossore per quel povero peccatore. Una mia compagna rimase tanto confusa, che le prese male, e restò quasi morta.

            C. La vostra confessione consiste tutta {9 [267]} in una predica fatta al peccatore in faccia alla moltitudine?

            G. Non finisce tutto qui. Terminata la predica, il pastore si rivolge al peccatore e conchiude così: Vi pentite adunque sinceramente del peccato per cui oggi comparite fra noi colpevole? e ne dimandate a Dio il perdono?

            Il penitente risponde: OUI. Sì, sono pentito, e ne dimando di cuore perdono.

            Allora il ministro gli dà l'assoluzione pronunziando queste parole: A nome e nella autorità del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, io vi annunzio il perdono de'vostri peccati, vi assolvo dalla scomunica che voi avete incorso, io vi ricevo e vi ristabilisco nella pace della Chiesa e nella comunione dei fedeli, da cui pei vostri peccati vi siete separato. {10 [268]}

            C. Il penitente dice niente e sta sempre là ginocchioni?

            G. Il penitente ascolta sempre ciò che gli dice il pastore, il quale finisce così: Poiché, mio fratello, il Signore Iddio vi ha ricevuto nella sua grazia, siate vigilante per l'avvenire, vigilate e pregate continuamente, per timore che il demonio, il mondo e la carne vi facciano ricadere nel peccato. Fate degni frutti di penitenza.

            Ciò detto si volta alla moltitudine e dice: e voi, miei fratelli, ricevete questo sgraziato penitente con gioia e con tenerezza; lodate Dio che questo peccatore sia ritornato a penitenza. Rendiamo grazie al Signore per la conversione del nostro fratello, ed imploriamo la divina misericordia sopra di lui e sopra di noi. Dopo fanno tutti insieme una preghiera a Dio per ringraziarlo del ravvedimento di quel peccatore. Ecco la nostra confessione.

            I penitenti partono di là piuttosto slorditi che pentiti. Ed io non ho mai osato fare tale confessione.

            C. Oh! come è mai stravagante la vostra confessione: Presso di noi la cosa è ben diversa; noi andiamo a confessarci in un cantone, ove Dio solo e il prete solo possono sentire ciò che diciamo: il {11 [269]} prete medesimo per lo più non ci può nè vedere, nè conoscere. Nè mai alcuno ha potuto sapere cosa confessata fuori di confessione. I nostri confessori si lascerebbero piuttosto ammazzare che rivelare la più piccola cosa.

            G. Se si facesse così tra di noi, io andrei molto spesso a confessarmi; ma la nostra confessione dà un peso insopportabile; talvolta cagiona risse e discordie; e sebbene i nostri pastori proibiscano di disprezzare i peccatori ravveduti, tuttavia avvi sempre qualche impertinente che getta in faccia i peccati sentiti nella pubblica confessione. Un mio fratello ha voluto andare una volta a confessarsi; dopo uno lo burlava e gli rimproverava i suoi peccati. Egli s'indispettì; vennero a parole, poi ai fatti, e l'altro finì con andarsene a casa colla testa rotta.

            C. Io vorrei suggerirli una cosa. Cessa di andarti a confessare da'tuoi pastori; va dal nostro curato, egli è tanto bravo: noi andiamo tutte da lui, e siamo sempre state molto contente.

            G. Sono già andata una volta: ma egli mi disse che non poteva confessarmi se non mi faceva cattolica, {12 [270]}

            C. Ebbene tu fatti cattolica: ci vuol tanta pena a far questo?

            G. Tu mi suggerisci una cosa che da qualche tempo vo meditando; ma guai a me se facessi tal cosa.

            C. Che mai ti farebbero?

            G. Mi direbbero tutti che io sono divenuta pazza.

            C. Dicano quel che vogliono: è meglio che ci chiamino pazze, e intanto stare allegre in questa vita, ed assicurarci di andare in cielo dopo morte, che condurre una vita, trista e malinconica, ed esporci a gravissimo pericolo di andarcene per sempre all'inferno.

            G. Questi vostri discorsi mi sono altrettante spine al cuore, ed accrescono quella malinconia che da qualche tempo mi opprime.

            C. Perchè mai?

            G. Perchè da qualche tempo io non sono più tranquilla nella mia religione, e voi soggiungete che io sono in gran pericolo di andare all'inferno se non mi fo cattolica; la qual cosa non posso effettuare senza espormi a mille pericoli; anzi temo che lo stesso mio padre mi manderebbe via di casa, oppure mi farebbe mettere in prigione. Basta, basta, {13 [271]} invidio la vostra sorte; ma io sono in gravi angustie, da cui non so come potrò cavarmi.

            C. Cara amica, ci rincresce assai, che ti trovi in questi fastidii; ma noi vogliamo pregare per te il Signore, affinchè ti aiuti, e ti suggerisca quanto devi fare per salvare l'anima tua.

            G. Mi fate molto piacere se pregate per me: ma intanto io non so a quale partito appigliarmi.

            C. Un buon consiglio potrebbe giovarti assai: ascolta, cara amica, va da qualche prete cattolico, digli le tue angustie, e sentirai quello che ti dirà; perchè egli è un fatto che chi segue un buon consiglio, fa la volontà di Dio; ed in cose di religione niuno può essere più capace di consigliarti che i preti.

            G. Ma se i miei parenti, o il nostro pastore venissero a sapere che io parlo di religione con preti cattolici ...

            C. Cerca qualche momento, che non sii veduta, va dal nostro curato: egli è un sant'uomo, è prudente, e saprà che suggerirti: oh! appunto, vedete là il nostro curato, che viene verso di noi recitando il breviario.

            G. Scappiamo, scappiamo, altrimenti ... {14 [272]}

            C. Che altrimenti: egli è tutto bontà: corriamogli piuttosto incontro, e se ti viene il destro, raccontagli le tue pene, e vedrai ...

 

 

II. Il buon Curato.

 

            Curato. Buon giorno, buone ragazze, vi trastullate un poco ...

            Luigia, una di quelle ragazze, prende a parlare così: Sig. curato, oggi è festa, non si lavora, siamo già andate al Catechismo, alla Benedizione, ora, intanto che si fa notte, ci divertiamo un poco.

            Cur. Mi fa piacere che vi divertiate, e ciò tanto più che mi dite essere già intervenute alle sacre funzioni di Chiesa. Ogni cosa ha suo tempo; tempo di pregare, tempo di saltellare. Badate solamente, che la vostra allegria sia onesta, e che niuno introduca tra di voi cattivi discorsi, perchè, come avrete sentito oggi al Catechismo, i cattivi discorsi sono la rovina de'buoni costumi. Divertitevi adunque, e non dimenticate che il Signore si trova a voi presente in ogni luogo. Ma, mie buone figlie, vi veggo tutte allegre, {15 [273]} ad eccezione di questa vostra compagna, che mi par tanto afflitta. Ti è avvenuta qualche disgrazia, o sei forse ammalata?

            L. No, sig. curato, non le è avvenuta alcuna disgrazia, nemméno è ammalata, ma si trova in un pasticcio, da cui non sa come cavarsi.

            Cur. Forse trovasi nella miseria, ed avrà appetito; veramente siamo in un'annata alquanto critica; prendi, qui c'è qualche cosa, va a comperarti una pagnottella, con un paio di soldi di castagne, e ciò ti metterà di buon umore.

            L. No, sig. curato, tutt'altra cosa affligge questa nostra compagna: ella è figlia di N. N., perciò i suoi parenti sono buoni proprietarii.

            Cur. Dunque tu sei valdese?

            L. Questo appunto l'affligge.

            Cur. Come, come! dimmi come sta questa cosa.

            L. Sig. curato, io vi dico la cosa come è: questa compagna è solita a venirsi a trastullare con noi, e nel vederci stare tanto allegre dopo le nostre sacre funzioni, ella diviene malinconica, ed il suo cuore non è mai contento.

            Cur. Ora comprendo il fatto: vedete mie buone figlie, solamente i Cattolici possono {16 [274]} avere la vera tranquillità del cuore; perchè nella sola Cattolica Religione ci sono i veri mezzi atti ad ottenere agli uomini grazie e benedizioni dal Signore; ci sono gli aiuti necessarii per non cadere in peccati, e i rimedi opportuni per cancellarti, qualora per disgrazia ci avvenga di commetterne.

            L. Ella ci ha raccontato come fanno a confessarsi i Valdesi, ma dice che non osa, perchè si confessano pubblicamente.

            Cur. E nemmeno quel che fanno si può chiamar confessione.

            G. Perdonateci, signor curato, ma è vera confessione, perciocché i nostri pastori ci assolvono dai peccati, e ci lasciano andare alla comunione, quando stimano bene.

            Cur. Tu capisci una cosa invece di un'altra. Tra di voi la confessione si fa solamente a Dio, e non ad alcun confessore; e quando anche vi confessaste da qualche altro pastore, a nulla vi gioverebbe.

            G. Oh! come parlate mai voi, sig. curato; e perchè tra di noi non sarà buona la nostra confessione al par della vostra? Sebbene a me piaccia più la vostra che è tutta segreta, parmi che sia anche buona {17 [275]}la nostra, benché si faccia in presenza di tutti, cosa che mi spiace assai.

            C. Giacché mi sembri istruita nel tuo catechismo, io ti farò vedere col medesimo tuo catechismo, che la vostra confessione non rimette i peccati, perché, secondo voi, non è un Sacramento. Dimmi adunque: Quanti sono i Sacramenti?

            G. I Sacramenti istituiti da nostro Signor Gesù Cristo sono due: il Battesimo e la Santa Cena. (V. Cat. di Vetervald.)

            Cur. La Penitenza è un Sacramento?

            G. Il nostro Catechismo dice nulla a questo riguardo.

            Cur. Nel vostro Catechismo le cose stanno propriamente così, perchè tra i protestanti non si considera la Penitenza come Sacramento, quindi nemmeno può essere a voi un mezzo per ottenere il perdono dei peccati.

            G. Se fosse vero quanto voi mi dite, a che dunque servirebbe quell'apparato straordinario, con cui i nostri pastori ricevono a penitenza quelli che commettono gravi peccati?

            Cur. È questo un po'di sabbia, che i vostri pastori cercano di gettar negli occhi di chi li va ad ascoltare. Vedono essi le {18 [276]} parole del Salvatore, con cui ha dato ai suoi ministri la facoltà di rimettere i peccati; vedono chiaro la pratica comandata ai cristiani e da questi osservata in tutti i tempi di confessare i proprii peccati; ma, persistendo a negare questo Sacramento, fìngono di conservarne l'apparenza, e così coi fatti contraddicono a quello che insegnano colle parole.

            G. Pure quando il nostro pastore assolve qualche peccatore dal peccato, dice precisamente ad alta voce: A nome e nell'autorità del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo io ti annunzio il perdono dei tuoi peccati, io ti assolvo dalle scomuniche che hai incorse. (V. Liturgia Valdese.)

            Cur. Altra stravaganza dei vostri pastori: dicono che Dio solo può perdonare i peccati, e intanto essi si arrogano l'autorità di assolvere; inoltre pretendono d'assolvere a nome di Dio, e negano il Sacramento dell'Ordine; quindi ne segue che, negando voi questo Sacramento, niuno dei vostri ministri può avere maggiore autorità di assolvervi di quel che abbiano i medesimi laici, uomini e donne, vecchi e fanciulli. {19 [277]}

            G. Ma voi, preti cattolici, dove prendete la facoltà di assolvere dai peccati?

            Cur. Noi la riceviamo dai nostri Vescovi.

            G. Questi vostri Vescovi da chi la ricevono?

            Cur. La ricevono dai Vescovi loro antecessori.

            G. Scusatemi, signor curato, se parlo con libertà; e questi Vescovi antecessori da chi hanno ricevuto questa facoltà? Perchè qui bisogna andare ad un principio.

            Cur. Questi antecessori dei Vescovi vanno dall'uno all'altro fino ai tempi degli Apostoli, i quali (sono parole della Bibbia) furono posti per ordine dello Spirito Santo a regere Ecclesiam Dei, a governare e reggere la Chiesa di Dio.

            G. Volete voi dunque dire che i Vescovi di Pinerolo abbiano i loro antecessori fino agli Apostoli?

            Cur. Gli antecessori dei Vescovi di Pinerolo vanno solo ad una certa antichità, poi vanno ad unirsi con un Vescovo mandato dal Sommo Pontefice, dal medesimo Gesù Cristo stabilito Capo della sua Chiesa, ed al quale Romano Pontefice tutti i Vescovi cattolici furono in {20 [278]} ogni tempo uniti, in ogni tempo da lui dipendenti.

            Questo è appunto il riflesso che cagionava grave inquietudine ad un pastore protestante, perchè vedeva i ministri e pastori non avere alcuna legittima autorità, essere senza missione che li unisse agli Apostoli. «Chi siamo noi, egli diceva, e quale autorità possiamo noi arrogarci da noi medesimi? Niuna. Che cosa è mai il nostro nome? Nulla ... Se noi ci presentiamo in nostro nome, ciascuno potrà, anzi dovrà interrogarci: Chi siete voi? La mia autorità è uguale alla vostra; io sono, come voi, dotato di ragionamento, di coscienza e di esperienza; voi vi siete formata una religione; io mi farò la mia: i nostri diritti sono perfettamente eguali. (Archives du Christianisme, 10 ag. 1839.)

            G. Mi fanno profonda impressione le vostre parole e quelle di questo pastore protestante, ma è poi cosa certa che i Vescovi cattolici siano sempre stati uniti al Papa, e che in ogni tempo ci siano stati Papi?

            Cur. La successione dei Romani Pontefici nel governo della Chiesa è un fatto così provato dalla storia, che gli scrittori {21 [279]} cattolici, protestanti, e gli stessi valdesi non fanno alcuna difficoltà di ammetterlo. In quanto alla successione dei Vescovi delle diocesi in particolare possiamo dire che, sebbene di molte diocesi siansi perduti i libri che riferiscono le azioni dei Vescovi, tuttavia non si può muovere alcun dubbio che tali diocesi non siano sempre state dipendenti da quella di Roma.

            G. Ma, di grazia, non si potrebbe dire lo stesso dei nostri pastori? Non si possono eziandio mostrare i loro antecessori da noi fino agli Apostoli?

            Cur. Questa successione di pastori non può avere luogo tra di voi. 1° I vostri pastori non possono essere ordinati preti, perchè non credono al Sacramento dell'Ordine, né essi sono consacrati da alcun Vescovo; perciò niuna distinzione passa tra un vostro pastore e qualsiasi laico.

            2° Niuno dei vostri pastori può mostrare i suoi antecessori fino agli Apostoli.

            3° È certo che la vostra setta non può unirsi con la Chiesa degli Apostoli.

            G. Che i nostri pastori non siano preti è cosa facile a capirsi, perchè negandosi tra di noi la sacra ordinazione, è chiaro {22 [280]} che niuno può essere consacrato prete. Ma i nostri pastori non potrebbero avere i loro antecessori sino agli Apostoli?

            Cur. Certamente no: aprite il Libro di famiglia, scritto dal vostro ministro e pastore Bert. Malgrado le più diligenti ricerche, egli è costretto a dire, che al più i Valdesi possono avere i loro antecessori fino al nono secolo[2], sebbene ci siano argomenti certissimi, che ci fanno sicuri che prima di Pietro Valdo, il quale visse sul finire del secolo XII, non siasi mai parlato di Valdesi.

            G. Ma, per bacco, e prima di lal tempo dov'era la nostra chiesa? Non se n'è mai parlato?

            Cur. No: prima di tal tempo non si è mai parlato della vostra setta. In ciò vanno d'accordo tutti gli storici cattolici e protestanti ed anche i vostri stessi ministri. Se voi interrogate il vostro ministro Bert, dove era la vostra setta prima del secolo nono, egli vi risponde nel suo Libro di famiglia (pag. 14-15) che ella non esisteva, e la sua fede era quella della chiesa universale. Se poi noi gli domandiamo che cosa egli intende per {23 [281]} Chiesa universale, ci risponde, che tale Chiesa era la cattolica, quella medesima che ebbe sempre ed ha tuttora per capo il Sommo Pontefice, successore di S. Pietro, stabilito da Gesù Cristo suo vicario in terra.

            G. Povera me: io sono sempre più infelice!

            Cur. Perchè mai, mia buona figlia, forse ti rendono infelice quelle verità, che io ti ho spiegato.

            G. Appunto.

            Cur. La cognizione delle verità ci deve rendere il cuore contento, non già affliggerlo.

            G. Prima era afflitta, perchè non poteva godere la pace di cuore che godono le mie compagne; adesso lo sono assai più, perchè i vostri discorsi mi fanno vie più dubitare della verità di mia religione. Ah! quali acute spine mi trafiggono il cuore. Non mi sarei mai pensato che col crescere degli anni fossi venuta a tali angustie.

            Cur. Non affliggerti, rendi piuttosto grazie al Signore delle verità, che ti ha già fatto conoscere; e poiché le tue compagne mi dicono, che tu sei una buona ragazza,  {24 [282]}io spero che il Signore ti chiamerà alla cognizione della santa cattolica religione.

            G. Ma come fare: se mai viene a sapersi che io voglio farmi cattolica, sarei da tutte disprezzata, e i miei parenti o mi caccerebbero di casa, o mi farebbero chiudere in prigione. Sig. curato, mi dia un consiglio: ma proprio in buona coscienza.

            Cur. Il consiglio, che io ti do, si è di riporre in Dio tutta la lua confidenza, e pregarlo che ti faccia conoscere le verità necessarie per la tua eterna salute.

            Ti serva di eccitamento a confidar in Dio il fatto, che nella Bibbia leggiamo di un ufficiale idolatra, comunemente appellato il Centurione. Costui era giusto, pregò il Signore, ed egli lo esaudì in una maniera straordinaria, mandandogli S. Pietro a battezzare lui e tutta la sua famiglia. Lo stesso avvenne, di un ministro della regina Candace: costui desiderava di conoscere la vera religione, e il Signore, con un gran prodigio, da un Angelo fece portar il diacono S. Filippo sulla strada, per cui passava, e così fu istruito nelle verità della fede, e ricevette il Battesimo.

            Tu intanto, siccome sai leggere, procura {25 [283]} di istruirti bene in qualche catechismo cattolico, e se incontri difficoltà, fa di venire da me, od almeno da qualcuna di queste tue compagne: confida in Dio e spera molto, e sii certa che mentre egli ti farà vie meglio conoscere le verità della cattolica religione, egli stesso t'inspirerà ciò che dovrai fare.

            L. Scusi, sig. Curato, noi abbiamo in terrotto la sua passeggiata ...

            Cur. Avete anche interrotta la recita del mio breviario. Ma questo nulla importa: sono contento di aver potuto così parlare di nostra santa cattolica religione; ma poiché si avvicina la notte, ritiratevi tutte alle vostre case: il Signore Iddio vi accompagni e vi benedica.

            L. Tante grazie, signor Curato, felice notte.

            G. Signor Curato, pregate il Signore per me.

 

 

III. La notte inquieta.

 

            Partito il buon Curato, tutte quelle ragazze si recarono chi qua, chi là pei fatti loro, e la giovane valdese corse {26 [284]} precipitosamente a casa per offerirsi pronta agli ordini de'suoi genitori. Al vederla i tutta travisata in faccia: che vuol dire questo, essi le dissero, che sembri tutta stratunata?

            Giuseppa rispose: mi sono trattenuta più del solito a divertirmi e chiacchierare con le mie compagne, e vedendo che si faceva tardi, mi son messa a correre quanto ho potuto, e per questo sono alquanto agitata.

            Parenti. Ora riposati un tantino: e poi andrai a cena.

            G. Questa sera non ho niente appetito, e se mel permettete, io andrei volentieri a dormire.

            P. Se così ti aggrada, va pure; bada solo di fare la tua preghiera.

            G. State certi: anzi questa sera voglio pregare più del solilo.

            Giuseppa si ritirò in camera, non già per riposare, ma per riflettere seriamente sulle cose di cui aveva parlato, giacché la gioventù, finché non è schiava dei vizi, si ferma solo di passaggio sopra le altre case; ma le massime di religione, e sopratutto le massime eterne, producono la più viva impressione. Appena Giuseppa fu sola, tosto i suoi pensieri si portarono sopra i tenuti {27 [285]} discorsi, sopra la tranquillità delle sue compagne, e più ancora sulle osservazioni fatte dal Curato. Più volte si pose a letto e più volte si levò, senza che le fosse possibile di pigliar sonno. Passata la mezzanotte, ella aprì la finestra di sua camera, quasi per respirare. Il cielo era sereno, le stelle brillavano d'una luce più pura, e la luna, che era nel suo plenilunio, rendeva uno splendor tale, che diradando le tenebre della notte, discopriva i colli e le valli vicine. Tutti erano in riposo, né udivasi voce umana. Solamente il mormorio d'un ruscello vicino e il canto del gufo e dell'usignuolo interrompevano il cupo della notturna solitudine.

            Volgendo ella qua e là gli sguardi, vide la casa ove dimoravano le sue compagne, e la chiesa ove quelle solevano recarsi alle sacre funzioni. Tutte queste cose cagionavano più profondi e più tristi pensieri nell'animo di lei. Compagne dilette, ella diceva con sommessa e mesta voce, compagne dilette, voi riposate: il Signore vi benedica. Voi siete più fortunate di me. Almeno se avete qualche afflizione interna, andate a confessarvi, e il vostro cuore è contento. Oh! {28 [286]} potessi aver io questo conforto! Pregate Iddio e la Beata V. M. per me, giacché io son proibita di pregarla. Voi, o compagne, se morite in questa notte, siete certe di salvarvi, poiché la vostra religione ha la vera confessione, i veri ministri, i veri pastori. Io ... se muoio, povera me, chi sa dove andrebbe l'anima mia ... Mio Dio, mio Dio, aiutatemi. Ciò detto, fu sorpresa da tal piena di dolorosi pensieri, che svenne, e cadendo si abbandonò sopra una sedia.

            L'ora già molto avanzata della notte, la stanchezza, le lunghe agitazioni, fecero si che Giuseppa passasse dal deliquio al sonno; ma un sonno tutto agitato da tetre immagini e orribili fantasmi. Una cosa sola, ella dice, mi parve, che abbiami recato qualche sollievo: fu il sembrarmi d'essere in ricreazione in un'aia vastissima colle solile mie compagne, e che mentre prendeva parte ai loro trastulli, vidi aprirsi la porta d'un amenissimo giardino.

            Corsero tutte le mie compagne, colà chiamate da una donna di bellezza e maestà straordinaria; sono corsa anch'io, ma che? entrate le altre, a me fu {29 [287]} chiusa in faccia la porta, dicendomi: Ci entrerai, ma non ancora adesso.

            Io dissi: Quando potrò entrare?

            Risposta: Quando abbi la veste da nozze.

            - Che cosa è questa veste da nozze?

            - E la grazia che Iddio ti donerà quando abbraccerai la Religione Cattolica.

            - Potrò riuscire a farmi cattolica?

            - Ci riuscirai mediante pazienza e coraggio.

            Mentre io voleva ancora fare altre domande, i miei parenti bussano la porta della camera, ed allora solamente mi accorsi che era passata la notte e fattosi giorno.

            Giuseppa, gli dissero i suoi parenti, tu non istai bene, sembri ammalata. Anzi, ella rispose, io sto benissimo: solamente ieri, essendo molto stanca, mi adagiai sopra una sedia, il sonno mi sorprese, e dormii così fino adesso.

            Ciò nonostante, i parenti vedendola dei continuo con sembiante malinconico, e per soprapiù divenire ogni giorno più magra e sfinita, vollero indagare quale ne potesse essere la cagione. Chiamarono il medico, e consultarono il chirurgo, la obbligarono a {30 [288]} fare uso di alcuni rimedi; ed ella si schermi sempre alla meglio che potè, ma niuno riuscì mai a farle uscire di bocca la vera causa delle sue afflizioni.

            Io non so che dirmi, andava esclamando la madre, questa mia Giuseppa era tutto brio e vivacità, ora non la veggo più a fare un sorriso, e non sa o non vuol dir nulla; i medici non sanno che dire, e intanto la sua sanità se ne va peggiorando ogni giorno più: io temo che qualcuno l'abbia maleficata. Se potessi farlo all'insaputa del nostro pastore, vorrei condurla da qualche prete cattolico e farla benedire. Quanto ai cattolici, sono in ciò più fortunati di noi! Non c'è malore, non c'è stato di vita, in cui non abbiano le proprie benedizioni: noi valdesi, sotto il pretesto di un culto puro, viviamo aridi come deserti senza alcuna cosa che ci conforti nelle nostre afflizioni.

            Questi discorsi, fatti più volte in presenza del marito e della famiglia, fecero prendere la determinazione di condurre Giuseppa dal pastore, per avere da lui qualche consiglio, o almeno sapere dove potessero trovare qualche rimedio al malore che supponevano della loro figlia. {31 [289]}

 

 

IV. Una visita al Ministro.

 

            Per lo spazio di tre mesi Giuseppa fu incessantemente occupata dal pensiero di abbandonare il protestantismo, e farsi cattolica. Si procurò un catechismo ad uso della diocesi di Pinerolo, e più studiavalo, più crescevano i suoi dubbi, perchè conosceva sempre più, che i pastori valdesi inventavano mille storielle in discredito del caltolicismo. Per esempio, essi accusano i Cattolici che adorano le Immagini, le Reliquie, quasi fossero altrettanti Dei, e, al contrario, ella lesse nel catechismo, che i Cattolici danno a tali oggetti un culto semplicemente relativo, ma niun cattolico presta ad essi il culto a Dio dovuto. Dicono che noi adoriamo il Papa come fosse Dio, e il catechismo dice semplicemente, che i Cattolici riconoscono il Papa siccome capo della Religione, e Vicario di Gesù Cristo, successore di S. Pietro, e stabilito da Gesù Cristo stesso capo del governo della Chiesa. Fra i Valdesi si dice, che i Cattolici sono nemici accaniti dei Valdesi: e nel loro catechismo s'insegna, che noi siamo obbligati {32 [290]} ad amare tutti gli uomini del mondo, ancorché siano turchi, ebrei, eretici o scomunicati. Tutti questi riflessi, sebbene fossero assai vantaggiosi nell'aspetto religioso, erano però altrettante spine, che si aggiungevano alla sua afflizione. La sua sagacità e prontezza di spirito facevano, che ella spianasse le difficoltà che incontrava; però, quando qualche dubbio la inquietava, recavasi dal solito Curato a farselo dilucidare, che se non poteva andare in persona, il faceva per iscritto. Ma lo stato di sua malinconia peggiorando ogni giorno più, i suoi parenti vollero recarsi dal ministro per informamelo.

            Prima però di condurre Giuseppa dal ministro, vollero andarlo a prevenire. Signor ministro, gli dissero, noi siamo qui a chiedervi conforto in un grave crucio di nostra famiglia; la nostra figlia Giuseppa, quella ragazza cosi gaia e vivace, fu da qualche tempo sorpresa da tale malinconia, che noi temiamo non vada a finire in qualche etisia.

            M. È già molto tempo, che trovasi in tale stato?

            Gen. Circa tre mesi, e va sempre di male in peggio. {33 [291]}

            M. Che cosa fa? manifesta forse qualche mania, o cerca di battere se stessa, o di battere gli altri?

            Gen. Niente affatto: solamente non si mostra mai allegra, mangia poco, e desidera sempre di rimaner sola.

            M. Non ne avete ancor fatta parola col medico?

            Gen. Ne abbiamo parlato più volte, e non riuscì ancor a scoprir cosa alcuna; ha però forte sospetto di qualche fissazione.

            M. La vedete spesso a pregare?

            Gen. Oh! questo sì: appena ha un momento, ella ritirasi in sua camera, e si mette in ginocchioni a pregare.

            M. Avete per avventura potuto trovare qualche oggetto religioso presso di lei? perchè io sospetto di una cosa.

            Gen. Niente, niente: solamente un giorno nel suo Libro di famiglia ci abbiamo veduto un'immagine della Vergine.

            M. Basta, basta. Il mistero è svelato. Vostra figlia perde la testa, e temo divenga pazza. Oh! io lo so, io lo so. Volete che ve lo dica?

            Gen. Parlate pure, signor ministro, parlate; il vostro tacere ci cagionerebbe troppo grave affanno. {34 [292]}

            M. Vostra figlia vuol farsi cattolica. È una disgrazia: ma è proprio così: io me ne sono già accorto anche d'altri: cominciano a frequentar cattolici; leggono i loro libri, e poco per volta divenendo imbecilli, si fanno cattolici.

            Padre. Signor ministro, io credo che ciò non avverrà di mia figlia, ma se mai ciò fosse, ci metterei rimedio: avrei di che farle passare la pazzia: la farei tutta livida di bastonate, e poi la farei stare per un mese in prigione a pane ed acqua: si immagini, se potrei tollerare una simil cosa; non ci fu mai in nostra famiglia alcuno che siasi disonoralo col farsi cattolico; e a qualunque costo non vorrei ciò permettere; un buon bastone le farà passare la malinconia.

            M. No, mio caro, se noi usiamo il rigore, ella potrebbe venire a qualche eccesso. È meglio camminare colle buone, e anzi tutto accertarci della realtà del fatto, perchè questa è una semplice mia congettura. Conducetemela qua, ed io farò di scoprire il segreto.

            P. Farò come mi dite, signor ministro, noi le diremo nulla; la manderemo da voi, e dopo saprete dirci tutto. Intanto se ci verrà fatto di scoprire qualche altra {35 [293]} cosa, ci daremo premura di venirvelo a manifestare.

            M. Sì, sì: affidate pure questo affare a me: sono pratico di cotali cose, e vi saprò poi dir tutto.

            Gen. Vi ringraziamo, signor ministro, delle premure che vi date per noi; questa sera alle cinque vi manderemo la nostra Giuseppa.

            M. Non alle cinque: perchè in tale ora vado a fare una passeggiata con mia moglie e coi miei ragazzi; piuttosto domani alle dieci del mattino.

            Gen. Faremo come ci dite, signor ministro; scusate tanto disturbo, vi salutiamo.

            Io stimo bene di far notare un fatto universalmente ammesso, che quando qualche protestante si dà a menare una vita più virtuosa, subito gli gridano addosso che diviene pazzo, e che vuol farsi cattolico: e non c'è altro rimedio di guarire dalla sua pazzia, che darsi ad una vita libertina, e schiamazzare contro al Cattolicismo: allora soltanto si reputa guarita la sua malattia. (V. Considerazioni sul Protest. di Mons. Charvaz.)

            I parenti di Giuseppa, a fine di coprire il motivo per cui la mandavano al loro {36 [294]} ministro, le dissero di accompagnare da lui un fratello minore di anni dodici, affinchè venisse esaminato, se fosse già abbastanza istruito per essere ammesso alla santa cena.

            Lammissione alla santa cena è una delle funzioni più solenni della vila tra'protestanti, ed è un'imitazione di ciò che fanno i cattolici, quando sono ammessi alla prima comunione. Quest'atto religioso, cui i protestanti danno la massima importanza, racchiude innumerevoli contraddizioni. Primieramente essi negano la presenza reale di Gesù Cristo nella santa Eucaristia, e fanno uno straordinario apparato, quando la vogliono amministrare. Perchè tra di loro tanti riti e tante cerimonie? non sarebbe questo tra di voi, o protestanti, un vero atto di idolatria? Se non credete all'Eucaristia, perchè le prestate tanta venerazione?

            Certamente la Chiesa Cattolica è più conseguente di voi; essa crede che vi è Dio nella santa Eucaristia, e come tale lo adora.

            E poi che ridicola comunione è quella dei protestanti? non dicono messa, perchè tra di loro non ci son preti; non consacrano nè il pane, né il vino: non gli danno {37 [295]} alcuna benedizione. Portano in chiesa un cavagno di pagnottelle, che mettono sopra una tavola; poscia ne danno una a mangiare a chi vuole comunicarsi. In ogni casa, in ogni osteria, e meglio in ogni bottega da panattiere, si potrebbe assai meglio celebrare la santa cena de'protestanti.

            Inoltre, i Valdesi non credono alla presenza reale di Gesù Cristo nella santissima Eucaristia; e intanto chiamano la partecipazione della cena, mezzo per partecipare a tutti i benefizi, che Gesù Cristo accorda ai cristiani. La chiamano Comunione del Signore. Che cosa intendano per questa comunione del Signore; io noi saprei, senza ricorrere a quei protestanti che sono più di buona fede, e credono con Lutero, essere la Comunione del Signore, lo stesso che la partecipazione fatta da'cattolici del corpo, sangue, anima, e divinità di Gesù Cristo. (V. Liturgie Vaudoise.)

            I protestanti gridano sempre contro ai voli dei cattolici: ed essi fanno fare i voti dal patrino nell'atto che al bambino è amministrato il battesimo; voto che obbligano a rinnovare nel modo più solenne. quando si accostano la prima volta alla così della santa cena. {38 [296]}

 

 

V. Giuseppa dal Ministro.

 

            Giuseppa, sempre ubbidiente in tutte quelle cose che le erano comandate dai suoi genitori, prese di buon grado per mano suo fratello per condurlo dal Pastore all'ora assegnata, senza che avesse il minimo sentore dell'intelligenza avuta tra il ministro ed i suoi genitori.

            G. Sig. ministro, ecco mio fratello. Abbiate la bontà di esaminarlo, se vi pare già abbastanza istruito per ammetterlo alla santa cena.

            M. Hai fatto bene a condurlo. Lascialo quà a trastullarsi un poco insieme co'miei ragazzi; tu intanto passa in quest'altra camera, e mi darai notizie di questo tuo fratello. Ma tu, cara Giuseppa, non mi sembri molto bene in salute: fosti forse ammalala?

            G. E ... così, così; un po'raffreddata, ma questo è nulla.

            M. Buona figlia, abbiti cura, altrimenti se ti rovini la sanità in gioventù, riesce poi molto difficile ricuperarla.

            G. Oh! questo è niente ...

            M. A te sembra niente; ma la malattia {39 [297]} presa sul principio è facile a guarirsi, trascurata, può avere triste conseguenze. Inoltre, i tuoi parenti mi hanno deltto, che tu sei sempre malinconica, e non possono saperne la cagione; tu faresti bene a dirmi, in tutta confidenza, il motivo che sembra, possa esser causa delle tue afflizioni.

            G. Oh! Chi vuol mai sapere! Ora fa bello, ora fa cattivo tempo, e questo credo influisca sulla mia allegria: d'altronde, da qualche giorno sto meglio. Ma se volete esaminare mio fratello, potete farlo: perciocché a mezzogiorno dobbiamo trovarci ambidue a casa.

            M. Ma io temo, che tu abbi qualche pena segreta, la quale non osi manifestare ad altri. Se io la indovino, me la dirai?

            C. Oh! per me vi direi qualunque cosa.

            M. Questa tua afflizione non sarà forse prodotta dalla determinazione ch'io so che hai preso di farti cattolica?

            A tali parole Giuseppa rimase sbalordita; e sebbene il ministro per tentare il segreto avesse detto una bugia, asserendo di sapere la sua determinazione, ella cadde in sospetto che qualcheduno {40 [298]} fosse già stato fatto consapevole de'suoi segreti. Quindi, presa da timore riverenziale verso il suo ministro, e temendo gravi conseguenze qualora ciò fosse stato maggiormente reso palese, essa rispose con un'altra bugia, dicendo che non avea mai pensato di farsi cattolica, e che qualora ciò le fosse passato pel capo, il suo ministro sarebbe stato il primo ad esserne consapevole.

            M. Se veramente non hai volontà di farti cattolica, perchè tieni immagini della Santa Vergine nei tuoi libri?

            G. Questo l'ho fatto per due motivi, per non mettere fettucce od altro pezzo di carta per segnare il libro; e poi, perchè vedendo il modo divoto con cui la Santa Vergine è rappresentata in quest'immagine, mi sento più vivo fervore a pregare.

            M. Mal fallo, tu hai commesso un peccato di idolatria.

            G. Come vorreste dire, signor ministro?

            M. Tu hai prestato ad un pezzo di carta un culto, che è solamente dovuto a Dio; e questo è un grave peccato.

            G. Oh! mai più! Io non intendeva di adorare un pezzo di carta. Io intendeva {41 [299]} solamente di rimirare l'immagine della Santa Vergine, perchè il mio cuore fosse eccitato a fervore verso Dio. Ed io credo, che non ci sia persona al mondo, che voglia adorare un pezzo di carta colorito come se fosse Dio.

            M. Dunque tu vuoi farti cattolica?

            G. Neppure, sig. ministro, io non ho mai detto questo.

            M. Ma quanto tu mi dici, è quello appunto che dicono i cattolici.

            Ciò detto, il ministro si pose a passeggiare per la camera, poscia dicendo a Giuseppa che attendesse alquanto, si ritirò in un'altra camera, pensando a qual partito appigliarsi per conoscere la segreta intenzione di lei, poiché si potè accorgere che essa aveva in cuore qualche grave risoluzione, la quale non gli voleva palesare.

            È bene qui richiamarci alla mente, come Giuseppa da tre mesi studiava il catechismo cattolico, e frequentava le solite sue compagne, che erano virtuose ragazze, e colle quali aveva più volte dotto, che gli piaceva assai più il caltolicismo che il protestantismo. Inoltre, incontrando difficoltà nello studio del catechismo, ella procurava di recarsi dal Curalo, le cui {42 [300]}belle e caritatevoli maniere avevano contribuito assai a persuaderla, esserci qualche cosa nella Religione Cattolica, che non trovasi nella religione riformata. Una volta ella disse al Curato, che difficilmente avrebbe potuto ritornare, perchè un suo vicino l'aveva veduta a parlare con lui, e che la cosa era in procinto di venire a notizia dei suoi parenti; che perciò le desse qualche particolare ricordo. «Prendi, le disse il buon Curato: mettiti al collo la medaglia della Beata Vergine; metti altresì quest'immagine in qualche tuo libro, e ricordati che questa gran donna può molto presso a Dio, e non si è mai udito che alcuno abbia a Lei ricorso, che non sia stato esaudito. In Lei confida, e da Lei spera la salute dell'anima tua.»

            Ella cucì la medaglia in un lato dei suoi abiti e la portava sempre seco; l'immagine tenevala in un libro che aveva regolarmente con se; nella sua stanza poi aggiustava la sacra immagine a guisa di altarino, e davanti a quella passava talvolta intere ore della notte pregando. Più pregava, più sentivasi infervorata ed incoraggita a farsi cattolica: sicché una sera dopo di aver più del solito protratte le sue preghiere, fece promessa alla B. V. {43 [301]} di voler vivere sempre qual vera di lei divota, e a qualunque costo voler abbracciare la religione callolica. La qual grazia dimandava da Dio, raccomandandosi per tale effetto alla B. V. e a tutti i Santi e a tutte le Sante del Paradiso.

 

 

VI. Il Magnetismo.

 

            Il ministro fermo di voler sapere con qualunque mezzo il segreto di Giuseppa, dopo di averci seriamente pensato, si appigliò ad un partito, forse non mai usato a tale intendimento. Quel ministro era stato qualche tempo in Torino, ed aveva letto, studiato, e veduto quanto si pratica col magnetismo, e se n'era già altre volte con buon esito servito per divertimento e ricreazione. Del magnetismo volle pertanto servirsi, per conoscere i segreti di Giuseppa.

            Io non saprei dire fin dove possa giungere la forza di questo fluido magnetico: il quale altro non è, che un sottilissimo vapore, che, mediante certe formalità, si può comunicare da uno ad un altro. Certo è che, quando taluno è magnetizzato, è un {44 [302]} vero sonnambulo, il quale risponde a quanto gli si domanda; e dicesi che non siavi cosa segreta, buona, o rea la quale non manifesti al magnetizzatore quando ne sia interrogato. Ed io credo che questo sia stato uno dei molivi per cui la Chiesa cattolica ha proibito l'uso del magnetismo usato nella maniera con cui fu esposto a Roma. - Ad ogni modo, io racconto il fatto tale quale mi fu riferito da Giuseppa, e dai parenti che l'udirono più volte dalla bocca stessa del ministro.

            Ritornato il ministro nella camera di prima, diè mano all'opera; e cominciò a guardar Giuseppa con uno sguardo fisso, poscia, gesticolando, lanciava colla mano il magnetismo in faccia alla ragazza, mentre la quale stava rimirando a che tendessero quei gesti, rimase assopita e diventò sonnambula. Allora il ministro cominciò ad interrogarla così:

            M. Giuseppa, che libro leggi da qualche tempo in qua?

            G. Il Libro di famiglia: che è un libro composto dal ministro Bert ad uso dei Valdesi.

            M. Ed altri libri?

            G. Il catechismo.

            M. Quale? {45 [303]}

            G. Cattolico.

            M. Chi te l'ha dato?

            G. Il curato di N. N.

            M. Che cosa ti diede insieme?

            G. Una medaglia ed una immagine.

            M. Perchè ti fece tal dono?

            G. Perchè pregassi la B. Vergine.

            M. L’hai pregata?

            G. Sì.

            M. A che fine?

            G. A fine di farmi ...

            M. Che cosa farti?

            G. Cattolica.

            M. Ti ha esaudita?

            G. Sì.

            M. Sei già cattolica?

            G. No.

            M. Quando vuoi farti?

            G. Presto.

            M. Perchè?

            G. Perchè ...

            M. Perchè farti cattolica?

            G. Per salvarmi.

            M. La nostra religione non salva?

            G. No certamente.

            M. Chi tel disse?

            G. Il curato.

            M. Ti diede la ragione?

            G. Sì. {46 [304]}

            M. Quale?

            G. La nostra religione non è di Cristo.

            M. Di chi è?

            G. Di Calvino e di Lutero.

            M. Prima di loro, non esisteva la nostra religione?

            G. Un poco.

            M. Fino a quando?

            G. A Pietro Valdo.

            M. Prima di Pietro Valdo, che cosa era dei Valdesi?

            G. Niente.

            M. Che ne dici della nostra storia?

            G. Oscurità e disordine.

            M. Per qual motivo sei malinconica?

            G. Farmi cattolica.

            M. Ti rincresce?

            G. No.

            M. Lo desideri?

            G. Moltissimo.

            M. Tuo padre è contento?

            G. No.

            M. Dunque?

            G. Non importa.

            M. Come vuoi fare?

            G. Farlo contentare.

            M. Ma egli non vuole.

            G. Farlo contentare.

            M. Ma se egli non volesse? {47 [305]}

            G. Allora ...

            M. Che faresti?

            G. Fuggirei.

            M. Dove?

            G. Nell'Ospizio.

            M. Dove?

            G. A Pinerolo.

            M. Tuo padre ti manderebbe a prendere.

            G. Non importa.

            M. Se ti facesse mettere in prigione?

            G. Non importa.

            M. Che faresti di poi?

            G. Ritornerei.

            M. Dunque sei decisa di farti cattolica a qualunque costo?

            G. Sì.

            M. Quando?

            G. Al più presto.

            M. Hai tu preso qualche intelligenza per fuggire?

            G. No.

            A queste ultime parole il ministro si accorse, che Giuseppa era stanca: perciocché un magnetizzato deve fare molta fatica, per sostenere un interrogatorio alquanto prolungato, e tanto più che questa era la prima volta che Giuseppa era magnetizzata. Sicché, il ministro giudicò {48 [306]} bene torte l'impressione magnetica, e lasciarla in libertà.

            A Giuseppa parve un sogno, e rinvenuta in se stessa, non fece altro che cercare suo fratello, poscia, salutando il ministro, se ne andò a casa ignara di quanto ella stessa aveva palesato.

 

 

VII. La Prigione.

 

            Come Giuseppa giunse a casa, il padre corse immediatamente dal ministro valdese, per intendere se mai avesse scoperta qualche cosa.

            P. Ebbene, signor ministro, avete potuto sapere qualche cosa di certo?

            M. Ho saputo tutto: le feci varie dimande, cui ella nulla rispose di preciso; allora io l'ho magnetizzata, e così ogni cosa mi fu manifestata.

            P. Ebbene, ebbene, vuol farsi cattolica?

            M. Vuole appunto farsi cattolica; e la malinconia che da qualche tempo la domina, è appunto cagionata dalle difficoltà che incontra per effettuare tali suoi disegni. {49 [307]}

            P. Oh, la scellerata! l'aveva già detto, l'aveva già detto: ma come cominciò questa follia, chi le ha suggerito tal cosa?

            M. Quelle medesime ragazze, con cui ella era solita ad andare a trastullarsi, quelle stesse le ficcarono in capo di farsi cattolica; vedete quanto è cosa perniciosa, che i valdesi trattino coi cattolici!

            P. Chi sa, se abbia già trattato di questa cosa con qualche prete? Perchè se ha già discorso di ciò con preti, avrà la testa riscaldata, e sarebbe quasi impossibile di ridurla a buon senno.

            M. È già stata alcune volte dal curato di N. N.

            P. Se le cose stanno così, l'affare è serio assai. Che cosa direste voi di fare?

            M. Bisogna prendere le cose bel bello, altrimenti si viene a qualche eccesso, il quale io non vorrei: perchè se ella trova ostacoli per questo suo disegno, è decisa di fuggire di casa.

            P. Fuggire di casa ...; oh! ci leverò ben io la volontà di fuggire. Io andrò a casa darò mano ad un bastone, la farò tutta livida di bastonate, ed allora fugga se può.

            M. Non così, mio caro; con queste leste alterate ci vogliono ragioni, e non {50 [308]} bastoni. Andate a casa: non lasciatela più trattare con persona, che non sia di casa: badate se ha libri, immagini, od anche qualche regalo fatto dai cattolici, levateglieli di mano: perchè questi oggetti sono assai pericolosi, e riscaldano vivamente una fantasia già agitata. Chiudetela quindi in una camera, e trattatela con severità senza però percuoterla. Dopodimani andrò io a farle una visita, e ragionandola spero di farle cangiar sentimento.

            P. Dovrò dirle che voi m'avete manifestato il disegno di lei?

            M. Ditele, che sapete tutto, ma non ditele chi ve l'abbia detto.

            P. Farò quanto mi dite, signor ministro; ma io temo assai che mi tocchi proprio di avere un disgusto di questa fatta.

            M. Non voglio ancora che ci perdiamo d'animo.

            Andò immediatamente il padre a casa, e, chiamata la figlia, con piglio severo, perfida, le disse, hai cuore di rinnegare la religione di tuo padre? Indi si fece dare il Catechismo cattolico, che ella teneva nascosto in mezzo alla screpulatura d'una trave; la fece chiudere in {51 [309]} una camera posta sul soffitto della casa, che non riceveva altra luce, se non quella di un finestrino che metteva in un rustico corridoio. Entro la camera non eravi né sedia, né tavolino; un sucido, pagliariccio collocato sul nudo pavimento formava tutto il suppellettile di quella singolare abitazione. Giuseppa era nella più grande agitazione, perchè si accorse che le cose sue divenivano serie assai. Stette ella tre giorni in quella specie di prigione, senzachè alcuno la andasse a vedere: solamente una fantesca portavale un po'di pane, di acqua e cacio all'ora di pranzo e di cena, con ordine, severo di non fare seco lei parola di sorta.

            Sebbene l'oscurità del luogo, la scarsezza del cibo e la privazione delle persone dessero non lieve fastidio a Giuseppa, tuttavia ella provò una certa consolazione, perchè aveva maggior tempo di pregare, di meditare quanto aveva già studiato nel Catechismo; anzi godeva assai, perchè vedeva già in parte avverate le parole del buon curato, allorché le disse: «Se tu sei decisa di farti cattolica, preparati a soffrir molto, perchè il demonio farà tutti i suoi sforzi per non {52 [310]} lasciarti sfuggire dalle sue unghe.» Di modo che, la sua prigionia era per lei piuttosto un conforto, che una punizione. Ma ignorava tuttora, la terribile battaglia che doveva sostenere da parte del suo ministro e de'suoi medesimi genitori.

            Erano scorsi tre giorni da che Giuseppa non aveva fatto parola con persona, né altri aveva veduto che la solita fantesca, quando alle due pomeridiane sente il calpestio di più persone che bisbigliando si avanzavano. Aprono l'uscio della camera, ed entra il pastore Valdese, il padre, la madre, con due fratelli, ed alcuni vicini. Bugiarda, le disse tosto il ministro, hai detto che non ti saresti mai fatta cattolica, e intanto vai giorno e notte fantasticando il modo di venire a tale intento. Oseresti negarlo?

            G. Signor ministro, nol nego più; il timore m'ha fatto mentire, ora ne sono pentita, ed io confesso sinceramente che desidero di tutto cuore di farmi cattolica.

            A tali parole il padre voleva avventarsi per darle uno schiaffo, ma ne fu rattenuto dallo stesso ministro, il quale continuò così.

            M. Basta: non voglio, che veniamo a {53 [311]} guai maggiori; ragioniamo alquante la cosa. Finora sei sempre stata una buona ragazza, e spero che vorrai deporre questi pregiudizi. Dimmi adunque: chi mai ti ha fatto venire volontà di farti cattolica?

            G. Fu la condotta virtuosa e l'aspetto sempre allegro delle mie compagne cattoliche.

            M. Per qual motivo vorresti farti cattolica?

            G. Perchè nella Cattolica Religione vi sono più mezzi di salvarci.

            M. Tu t'inganni: è assai più facile il salvarci nella nostra. Quali sono questi mezzi che ti par vedere fra i cattolici?

            G. I sacramenti della Confessione e della Comunione, dell'Olio santo; ci son monasteri; nelle lor chiese si vedono dipinti tutti i Santi del Paradiso; ogni angolo delle loro chiese e delle loro case inspira divozione. Se cadono in peccato, possono andarsi a confessare, ed accertarsi di aver ottenuto il perdono da Dio; i quali mezzi di salute mancano fra noi.

            M. Buona figlia, calmati, tu fai difficoltà dove non ci sono. La comunione l'abbiamo anche noi al pari de'cattolici.

            G. Che comunione è mai la nostra? {54 [312]}voi avete tante volte predicato, che nell'Eucaristia non c'è il corpo di Gesù Cristo; e noi andandoci a comunicare riceviamo un'ostia non consacrata, e perciò tanto vale una nostra comunione, quanto far colazione con un tozzo di pane ed una fetta di formaggio.

            M. Basta, Giuseppa, basta; nello stato in cui ti trovi, non sei in grado di ragionare: ascolta me, che ho sempre desiderato il bene dell'anima tua.

            G. Mi pare di non avere la testa alterata, e se voi desiderate il mio bene dovete lasciarmi in quella religione in cui io sono persuasa di potermi più facilmente salvare.

            M. Ma vorresti tu abbandonare la religione de'nostri vecchi?

            G. È questa la prima difficoltà che ho fatto al Curato di N. N., e mi ha risposto benissimo.

            M. Che risposta ti ha mai potuto dare?

            G. Mi ha risposto che quando si sapesse di certo che i nostri vecchi erano in una religione, che non poteva dar loro salute, si doveva immediatamente abbandonare per porsi in grado di poter salvare l'anima propria. Perchè l'uomo ragionevole deve seguire la verità, ovunque {55 [313]} si trovi. Altronde, mi fece notare, che quando un protestante si fa cattolico, non abbandona la religione de'suoi maggiori, ma anzi ritorna alla religione de'suoi antenati, perciocché se vado otto secoli addietro tutti quelli che abitavano questi paesi erano cattolici.

            M. Ma vorresti abbandonare i tuoi genitori? E non è questo un disubbidire a Dio?

            G. Io non intendo nè di abbandonare i miei genitori, nè disubbidire a Dio: mi permettano solamente di farmi cattolica; dopo prometto a voi, e lo prometto altresì a'miei genitori, che sarò di gran lunga più ancor loro affezionata, e pronta a qualsiasi comando. Per mio padre, e mia madre, mio Dio, io sarei disposta a dare in qualunque momento la vita!

            Fin qui la madre si tacque, ma la forza con cui proferì Giuseppa queste ultime parole, la commossero. Sì, sì, ella disse ai ministro, la mia Giuseppa non mi ha mai dato alcun disgusto; ed io la proponeva sempre per modello a'suoi fratelli, ed alle sue sorelle: non mi ha mai disubbidito: è questa la prima volta che si mostra ostinata ne'suoi sentimenti. {56 [314]}

            M. Mia figlia, lasciamo in disparte ogni disputa, ascolta la voce del tuo pastore, ch'è la voce di Dio; ora tu non sei in grado di conoscere la verità. L'uomo non deve mai lasciare la religione in cui fu da Dio creato.

            G. A questa dimanda mi ha già più volte risposto il Curato, facendomi osservare che essendo noi dotati di ragione, dobbiamo procurare di conoscere l'errore ed evitarlo; comprendere la verità e seguirla. Ora a me pare, che i Valdesi siano nell'errore, ed i Cattolici abbiano la verità; perciò mi sento vivamente trasportata a farmi cattolica.

            M. Ma io ti ripeto che fa male, colui che abbandona la religione, in cui fu da Dio creato.

            G. Dunque fecero male i nostri antenati ad abbandonare la religione cattolica, in cui furono creati? poiché voi ci avete più volte predicato, che i nostri antenati erano cattolici. Perciò se essi fecero male, abbandonando la religione cattolica, in cui furono creati, io spero di far bene, ritornando a questa medesima religione.

            M. Nello stato di aberrazione, in cui ti trovi, è impossibile che ti possa far {57 [315]} conoscere la verità. Se tu fossi più tranquilla, io potrei farti vedere, che non occorre farti cattolica per salvarti: poiché tu hai certamente imparato nel catechismo, che tutti i cristiani, in qualunque luogo si trovino, purché professino di credere in Gesù Cristo, diventano tosto membri della sua chiesa. Avec une profession publique et sincère vous pouvez être membre de l'Eglise[3].

            G. Io sono stanca di disputare, io non ho studiato teologia, e poiché voi mi dite che tutte le chiese sono buone, sarà anche buona la cattolica, epperciò vi prego di lasciarmi in libertà, onde poterla abbracciare. Ciò detto, come se fosse soffocata dal dolore, Giuseppa si copri la faccia colle mani, e si assise sopra il suo pagliericcio; né più fu possibile farle proferire parola. Allora il ministro ed i parenti di Giuseppa, per non condurre le sue afflizioni all'estremo, vollero lasciarla in libertà, e chiuso l'uscio della camera, si ritirarono in una saletta al piano terreno.

            Il padre, sebbene fosse tuttora alterato, {58 [316]} tuttavia si era già alquanto calmato. Signor ministro, diceva, io non so che dirmi. Mi sento pieno di sdegno contro mia figlia, ma non posso a meno di non ammirare le risposte date. Io non mi sarei immaginato che mia figlia, di sì poco studio, avesse saputo dare si gravi risposte.

            M. Non istupitevi di questo: quando l'uomo ha il cervello alterato, riesce impossibile il farlo tacere, e ad ogni domanda risponde con un profluvio di parole.

            P. Signor ministro, se ben lo giudicate io finirei tutte le questioni, facendola tener chiusa finchè vive, e così sarà fuori del caso di fare un tal disonore alla famiglia.

            M. No: io giudico altrimenti. Le si doni alcun poco di libertà, sia sempre custodita da qualcheduno, affinchè non parli più con alcun cattolico; di notte poi si chiuda nella medesima camera. Intanto sua madre la prenda alle buone per quanto può, e procuri di saper quale sia il motivo principale che la risolve a farsi cattolica; perchè io temo che sotto all'apparenza di religione ci si nasconda qualche altro motivo ben diverso. L'esperienza {59 [317]} ha fatto conoscere, che per lo più una promessa di matrimonio con qualche giovane cattolico ha fatto sì, che molti abbandonassero la vera religione. Desidero poi, che si usino tutte le espressioni più affabili per calmarla: e ciò, per impedire che si risolva ad una disperata fuga, come ben sapete aver fatto qualche tempo fa una nostra vicina. Tutti accondiscesero al suggerimento del ministro, il quale, cruciato di quanto era avvenuto, si ritirò immediatamente a sua casa.

            Dal discorso del prefato ministro, ognuno può di leggieri conoscere che egli cercava solo di metter in campo difficoltà, senza voler rispondere alle osservazioni, che Giuseppa gli faceva; alle quali osservazioni, sebbene semplici e facili, era impossibile il trovare una risposta che davvero le combattesse. È poi cosa assolutamente falsa, che per lo più le proposte di matrimonio abbiano fatto, che i protestanti o valdesi siansi fatti cattolici. Piuttosto noi cattolici possiamo dire, che tutti quanti i cattolici di qualche grido, che apostatarono dalla loro religione, ciò fecero con mire di qualche matrimonio: il che è confermato dall'esperienza di più secoli. Cominciando da {60 [318]} Lutero che violò i voti sacri, e solenni per ammogliarsi pure con una monaca legata dai voti sacri; possiamo venire da un apostata ad un altro, fino al famoso De-Sanctis, il quale, prima di apostatare era già promesso con una protestante, che difatti dopo la sua apostasia sposò e con cui vive presentemente con orribile scandalo, quale si è quello che dà un sacerdote cattolico, che abbandona quella religione, che per voto e per giuramento, qual ministro, dovea difendere, per abbracciarne un'altra, che gli permettesse una vita libera e licenziosa.

            Anche al Padre Corrado, appena giunto alla Valle di Luserna, fu offerto un ricco maritaggio, la qual cosa, diceva quell'uomo di Dio, dopo il suo ritorno al cattolicismo, la qual cosa bastò a farmi conoscere fin da principio, che il protestantismo è la religione delle passioni e non della verità.

            Ciò sia detto per far rilevare la insussistenza di quanto il rivale di Giuseppa diceva ai parenti di lei sul motivo, da cui egli temeva fosse indotta a farsi cattolica; vedremo bentosto le ragioni fondamentali di questa determinazione. {61 [319]}

 

 

VII. Il segreto svelato.

 

            Dopo l'interrogatorio da Giuseppa sostenuto col suo ministro, i parenti solevano lasciarla uscire qualche poco di camera, ma solo per farla lavorare, e sempre guardata a vista, affinchè non trattasse con verun cattolico. Raramente persona di casa le indirizzava parola nè per biasimarla, nè per lodarla di quanto faceva; nè più le si faceva rimprovero della sua determinazione. Sicché la condotta de'parenti erale un mistero, che ella non sapeva comprendere. Ciò nonostante ubbidiva, lavorava con animo più ilare di prima, e godeva assai che di notte fosse chiusa nella solita camera, dove poteva liberamente pregare.

            D'altro canto la condotta di Giuseppa era pure un mistero per i suoi parenti. Non volevano porsi a disputare per non riscaldarle la fantasia, il padre conservava la medesima serietà, senza mai indirizzarle parola. Erano già passati circa due mesi in tal genere di vita, quando un giorno la madre la chiamo a sè nella propria sua stanza, e dopo d'averla accolta  {62 [320]}colle più affettuose espressioni, la fece sedere accanto a lei, e prese a parlare così:

            Madre. Giuseppa mia, ami tu ancora tua madre?

            G. Che dite mai, o madre, io vi amo con tutta l'effusione del mio cuore Se da qualche tempo non vi parlo più colla tenerezza di una volta, ciò faccio per non recarvi dispiacere.

            Mad. Se tu m'ami, non dovresti celarmi una cosa che io sono per domandarti.

            G. Dimandate pure, o madre, e vi do parola, che nulla a voi nasconderò: ho mentito una volta sola in vita mia, e fu quindo il nostro ministro mi ha interrogata, se voleva farmi cattolica: e spero che non mi accadrà mai più di mentire. Dimandate pure, a voi, cara madre, nulla nasconderò, fosse anche la cosa più segreta del mio cuore.

            Mad. È vero, Giuseppa, che ti vuoi fare cattolica, per isposare un giovane cattolico? Vedi mia figlia, se ciò è vero, dimmelo, e aggiusteremo tutto in maniera, che tu e i tuoi parenti non abbiano a provare alcun dispiacere.

            G. Mai no, cara madre, io non ho mai parlato di tali cose nè con cattolici, né {63 [321]} con valdesi; anzi, qualora mi permettiate di farmi callolica, io non desidero altro, che farmi religiosa, ed entrare in qualche monastero per vivere da buona giovane.

            Mad. Dunque sono le tue compagne cattoliche, ed il curato di N. N., che ti hanno suggerito tal cosa.

            G. Nemmeno; quando io cominciai a parlare di religione con le mie compagne e con quel Curato, rifletteva già al modo, con cui avrei potuto farmi cattolica: da costoro mi sono solamente fatto dilucidare alcune difficoltà, che io non sapeva chiaramente risolvere.

            Mad. Ma dunque dimmi, onde sia venuta la prima idea di farti callolica? Questo è il gran segreto che io desidero di sapere.

            G. Se desiderate questo, io ve lo dirò sinceramente. Sono già più di due anni, da che io sono stata ammessa alla santa cena, e fra le altre cose il nostro pastore mi fece studiare quella parte di catechismo che tratta della Chiesa di Gesù Cristo, ove si fa questa dimanda: Che cosa è la Chiesa? Quest-ce que l’Eglise? E risponde! La Chiesa è la radunanza o il corpo di tutti i cristiani che credono in Gesù Cristo. L'Eglise est l'assemblée ou {64 [322]} le corps de tous ceux qui croient en Jesus-Christ. (Ostervald., cat., p. 1°, sez. 14.)

            Se la Chiesa è una radunanza, andava tra me dicendo, ci deve essere qualche capo, qualche presidente, che regoli le cose: perchè nella nostra comunità se non ci fosse il Sindaco che regolasse le cose, e che per avere giuste informazioni e buoni consigli non radunasse a tempo debito gli altri membri comunali, qual ordine ci potrebbe mai essere in questo nostro paese? Ma qual è il nostro capo, il nostro presidente, da cui tutti i membri della grande comunità della Chiesa debbano dipendere? Tra i cattolici lo ravvisava nel Papa, capo della cattolica religione.

            Mad. Tu prendevi un abbaglio, mia figlia; perciocché la Chiesa è detta una radunanza ossia un corpo di tutti i cristiani: ora tutti i cristiani uniti insieme formando un corpo solo non hanno più bisogno del presidente che li diriga.

            G. Capisco quello che volete dire: ma se la Chiesa è un corpo, dov'è il suo capo? In questo caso la nostra Chiesa sarebbe simile ad un corpo senza capo, senza testa.

            Mad. Tu fai delle osservazioni, che non {65 [323]} mi passarono mai per la mente: a dirtela chiaramente, mi fai nascere molti dubbi intorno al modo con cui esiste la nostra Chiesa. Ma parmi, che il nostro pastore abbia già detto qualche cosa a questo riguardo, vale a dire, che il presidente di questa grande società, il capo di questo gran corpo è Gesù Cristo, il quale per mezzo dello Spirito Santo dal cielo governa la sua Chiesa.

            G. In questo caso noi cristiani formiamo un corpo, di cui non vediamo il capo; quindi saremo come uomini sbandati, che camminano senza occhi; dove mai andrebbero a finire costoro? In qualche fossa od in qualche pantano. Di più se questo capo fosse invisibile, come potremmo noi conoscere, se ne sia presidente Gesù Cristo od il demonio; come sapere, se noi siamo guidati dallo Spirito Santo per la strada del cielo, oppure dal demonio a quella dell'inferno? D'altronde ho già fatto questa medesima dimanda a quel buon Curato, ed egli mi ha precisamente risposto: 1° Che Gesù Cristo ha stabilito un capo per governare la sua Chiesa, ed a questo capo ordinò di pascolare il suo gregge, che sono tutti i fedeli cristiani. 2° Niuna tra le società {66 [324]} che si dicono cristiane, può vantarsi d'aver un capo stabilito da Gesù Cristo, eccetto la Chiesa Cattolica; in ogni tempo ci furono Papi che hanno professato la stessa dottrina che professano i Papi d'oggidì. 3° Che quando ci sono discordie tra i fedeli cristiani, si devono deferire alla Chiesa, affinchè sia giudicato da qual parte trovisi il torto o la ragione. Supponi, mi diceva quel Curato, che nascano questioni religiose tra di voi, da chi sarebbero sciolte? Dai nostri pastori, io risposi. Il Curato: E se fosse tra i vostri pastori? Io replicai: si deferirebbe la cosa al Sinodo[4]. Il Curato: e se i membri del Sinodo non andassero d'accordo, a chi potrebbero rivolgersi?

            Conobbi allora che si ha un bell'andare {67 [325]} dai fedeli ai pastori, dai pastori al Sinodo, ma è indispensabile che ci sia un capo, cui tutti gli altri debbano ubbidire. Questo capo tra di noi non esiste; all'opposto io lo ravviso nel modo più chiaro tra i cattolici, ed è il Romano Pontefice.

            Mad. Dunque sono tutte queste le cose che ti risolvono a farti cattolica?

            G. Queste cose mi fecero nascere molti dubbi, i quali andavano sempre più crescendo. Per esempio, nel Credo, ovvero Simbolo degli Apostoli, io leggo: credo la remissione de'peccati, e noi non abbiamo alcun mezzo per assicurarci che ci siano stati rimessi i peccati: questo mezzo l'hanno i cattolici nella confessione. Nel medesimo Simbolo si dice: io credo la Chiesa Cattolica ovvero universale, ed il nostro catechismo, dando la ragione per cui la nostra Chiesa è così denominata, risponde[5]: la Chiesa dicesi universale, perchè si estende a tutti i luoghi: ma nessuno vorrà dire che la nostra Chiesa si estende a tutti i luoghi, perchè lo stesso nostro ministro Bert dice: che la chiesa valdese è compostà {68 [326]} di circa venlidue mila anime[6]. Solamente la Chiesa Romana mi pare che si estenda in ogni luogo della terra.

            Stimo bene di far notare al lettore, che la Santa Romana Chiesa dicesi Cattolica, non solo perchè si estende a tutti i luoghi, ma assai più perchè abbraccia tutti i tempi, cioè in ogni tempo si mostrò qual società visibile, qual corpo, i cui membri sono tutti i fedeli cristiani, sparsi nelle varie parti del mondo, sotto il governo del Sommo Pontefice, che dai tempi di Gesù Cristo fino a noi fu sempre riconosciuto come capo supremo della Chiesa universale. Dicesi pure universale, perchè professa tutta la dottrina insegnata da Gesù Cristo, e predicata dagli Apostoli.

            Ecco, o madre, continuò a dire Giuseppa, la sorgente de'primi miei dubbi, i quali crebbero a segno, che presentemente ogni parola del nostro catechismo mi fa dubitare, che non sia vero quanto ivi si legge.

            M. Mia buona Giuseppa, mi rincresce molto che ti sii lasciata inquietare da questi sentimenti; spero però, che le tue afflizioni si calmeranno, e che tu riacquistando  {69 [327]} la solita calma, diventerai di nuovo la delizia de'tuoi genitori. Intanto va nella tua camera, io ti farò poi chiamare altra volta.

            Giuseppa obbedì prontamente, e la madre si recò difilato nella stalla, dove l'attendeva il rimanente della famiglia. Miei cari, ella prese a dire, io temo che la nostra Giuseppa sia perduta. Ella è così ferma e decisa di farsi cattolica, che io reputo cosa impossibile trovar chi possa farle cangiar sentimento. Ho detto, fatto, promesso quanto ho saputo, e tutto invano; anzi, mi disse tante cose del nostro catechismo, che io stessa sono rimasta titubante intorno a ciò che debbo credere.

            A tali parole il padre montò in collera; e, scellerata, disse, non vuole ubbidire a'suoi genitori, io la farò star prigioniera tutta la vita. Di giorno la farò custodire, perchè non fugga, di notte la farò tener chiusa; e credo così poterle far passare la testardaggine. {70 [328]}

 

 

VIII. La fuga.

 

            Siamo giunti ad uno de'più belli e de'più curiosi aneddoti, che si possano leggere. Giuseppa, da quanto potè comprendere da sua madre, dalle sue sorelle e dalle altre persone di casa, si accorse che per lei non c'era speranza di avere il consenso de'genitori per effettuare i suoi disegni. D'altro canto era talmente occupata dal pensiero di farsi cattolica che sarebbesi presentata a qualsiasi atroce martirio per riuscirvi. «Povera me! andava spesso esclamando nella sua camera, io sono una giovane sventurata: non desidero comodità, non onori, non ricchezze; desidero unicamente di poter abbracciare quella religione, che io giudico assolutamente necessaria per salvare l'anima mia. Voi, gran Dio, che mi faceste conoscere la verità, additatemi anche la strada, onde poterla seguire. Vergine Santa, gran Regina del cielo, se è vero ciò che dicono i cattolici, che voi siete molto potente presso Dio, voi ottenetemi da Dio lume e forza per farmi cattolica.»

            Un mezzo le pareva che potesse condurla {71 [329]} al sospirato intento, ed era il fuggire di casa; ma come ciò fare, se era sempre invigilata di giorno, e con maggior cautela chiusa e custodita di notte? Altronde dove andare fuggendo? nel Catecumenato sarebbe stata cercata dai parenti, i quali avrebbero menato tal rumore da non potersi dir più. Ma Iddio che è infinito nelle sue misericordie, e che in molte e maravigliose maniere ci chiama a lui, fu pure largamente benefico verso di questa sua serva fedele. La fuga era l'unico mezzo a Giuseppa per riuscire a farsi cattolica, e si risolse di volerla effettuare a qualunque costo, abbandonandosi a quanto la divina Provvidenza avrebbe disposto di lei: ciò che non le era possibile di giorno, il fece di notte.

            Intimamente si persuadeva che fuggendo sarebbe divenuta vera discepola del Salvatore, perchè praticava l'avviso datoci nel Vangelo, ove dice : «Chi vuol essere mio discepolo, bisogna che sia disposto di abbandonare padre e madre, fratelli e sorelle, casa e campi, e dare anche la vita.» Ma come uscire di quella camera, se tutte le entrate della casa, e le stesse finestre erano chiuse? In una notte oscura, {72 [330]} approfittando del fragore che cagionava un minaccioso temporale, decise di fuggire dalla casa paterna. Per buona ventura eravi intorno a quella casa un pergolato formato da una grossa vite, la quale da terra elevandosi quasi fino al poggiuolo di legno, ove metteva la finestra della camera di Giuseppa, le avrebbe somministrato mezzo a discendere; ma vi mancava lo spazio di un trabucco, (circa tre metri) e Giuseppa non aveva alcuna fune, nè altro onde potersi calare. Che fa ella? prende le due lenzuola del suo letto; dalla finestra si cala sul poggiuolo, e quindi lega insieme le lenzuola, ne avvolge un'estremità ad un capitello del tetto, e dicendo: mio Dio, sono nelle vostre mani; giù si abbandona a questa fune di nuovo genere, e si cala fino al pergolato, donde stringendosi al tronco della vite, discende fino a terra.

            Il passo più difficile era fatto, ma Giuseppa non aveva punto badato ai pericoli a cui si esponeva. Era un'ora dopo mezzanotte, il cielo oscuro e procelloso, ed ella doveva avviarsi alla volta di Pinerolo e percorrere la distanza di parecchie miglia e per una strada poco a lei conosciuta. Solo un frequente lampeggiare {73 [331]} diradava alquanto le folte tenebre, e additava ove porre con qualche sicurezza il piede. Ma che? Fatto un breve tratto di strada, l'oscurità, il tuono ed il lampo si risolvono in dirotta pioggia; sicché Giuseppa nell'impossibilità di camminare dovette ricoverarsi sotto ad una grossa pietra che si alzava in riva alla via per cui passava.

            Pare difficile a credersi, se ella medesima non ce ne accertasse, che una giovane di quindici anni, in sì spaventosa posizione, di nulla temesse. Ella aveva riposta in Dio tutta la sua confidenza, nè ad altro rivolgeva i suoi pensieri che al sospirato momento di essere finalmente cattolica. «Mio Dio, ella andava esclamando ginocchioni sotto a quel sasso, mio Dio, io sono nelle vostre mani, io voglio vivere e morire nella cattolica religione: che se debbo morire prima di giungere al Catecumenato, fate che io mi salvi: fin da questo momento io rinunzio a tutti gli errori che possono essere nella Chiesa Valdese, e mi dichiaro cattolica, e tale sarò fino all'ultimo respiro.»

            Dopo quasi un'ora di pioggia dirottissima il cielo si rasserenò; e Giuseppa {74 [332]} vedendosi la strada alquanto rischiarata dal lucicare delle stelle e dal chiarore della luna, che si annunziava sull'orizzonte, ripigliò l'interrotto cammino alla volta di Pinerolo. Giunse colà sul fare del giorno, e recatasi tosto alla porta del catecumenato chiese di poter parlare al rettore di quel luogo, significando di aver alcuni importanti affari da manifestare.

            Il rettore alla vista d'una giovane di tal età, ad un'ora insolita, con abiti imbrattati di fango, e bagnati dalla pioggia rimase pieno di stupore. Chi sei, le disse, qual motivo ti indusse a venire qui in tale strano stato? Oh! signor rettore, ella rispose, gittandosi ginocchioni, io sono una povera valdese, e vengo qui da voi per farmi cattolica.

            I tuoi parenti sono consapevoli di questa tua risoluzione?

            G. I miei parenti sanno che io voglio farmi cattolica; ma vi sono affatto contrarii, e per questo appunto io sono fuggita di casa a loro insaputa.

            R. Se non abbiamo il consenso de'parenti, o almeno la certezza che essi non si oppongano, noi non possiamo riceverti nell'ospizio, perciocché tal cosa potrebbe cagionare gravi guai per te e disgusto per noi. {75 [333]}

            G. Comprendo, signor rettore, ma io voglio farmi cattolica, non fatemi difficoltà; abbandoniamo questo affare alla divina provvidenza, il Signore aggiusterà tutto.

            R. È molto tempo che ti vuoi fare cattolica?

            G. Sono due anni e mezzo che io vado meditando tal fatto, e sono sei mesi che mi sono assolutamente determinata.

            R. Sai che cosa vuol dire farti cattolica?

            G. Sì, lo so. Farmi cattolica vuol dire abbandonare la religione valdese in cui mi trovo per abbracciare il cattolicismo in cui solamente trovasi la vera religione di Gesù, e fuori di cui niuno può salvarsi.

            R. Per qual motivo tu vorresti farti cattolica?

            G. Per salvarmi.

            R. Credi tu di non poterti salvare nella tua religione?

            G. No, signor Rettore.

            R. Perchè?

            G. Perchè la nostra religione non ha alcun capo, non ha alcun prete, non ha la confessione, e, secondo il nostro ministro Bert, nei nove primi secoli della {76 [334]} Chiesa la nostra religione non esisteva; perciò non può essere quella di Gesù Cristo.

            Il Rettore allora fe'cenno a Giuseppa di sedersi là nella camera del portinaio, e poi si mise a passeggiare, pensando alla determinazione da prendersi. Presumeva egli, che i parenti l'avrebbero tosto fatta cercare nel catecumenato, movendo vive inchieste perchè la loro figliuola fosse rimandata a casa. Inoltre poco tempo prima era avvenuto un fatto analogo a questo, per cui fu menato un rumore senza fine, mettendo in movimento le autorità civili ed ecclesiastiche. Di più, sebbene si usi la massima riserbatezza nel ricevere individui nel catecumenato, tuttavia i Valdesi vanno sempre spacciando che essi sono allettati da lusinghe, promesse e che talvolta si usa eziandio la violenza; cose tutte false, ma che servono di pretesto ai Valdesi per calunniare i cattolici. Intanto il Rettore per accertarsi vie più delle disposizioni di Giuseppa, la interrogò nuovamente:

            R. Mia buona figlia, io temo che i tuoi parenti ti vogliano castigare per qualche tua mancanza, perciò tu sii fuggita di casa. {77 [335]}

            G. In casa io era realmente in castigo e chiusa in una camera, ma solo perchè voleva farmi cattolica.

            R. Forse i tuoi parenti sono tristi e ti maltrattavano in casa?

            G. Niente affatto: mi amavano molto, e cominciarono ad odiarmi tosto che si accorsero che io voleva farmi cattolica.

            R. Forse i tuoi parenti sono nella miseria e tu stentavi di qualche cosa in famiglia?

            G. Nemmeno: i miei parenti sono buoni proprietari, e vivono onestamente col proprio lavoro; nè mai in famiglia ho stentato di alcuna cosa.

            R. Non potrebbe darsi, che qualche persona ti abbia lusingata a questa risoluzione?

            G. Niuno, signor Rettore, niuno affatto; io mi sono a ciò risoluta ad unico fine di abbracciare una religione, in cui io possa salvare l'anima mia.

            R. Forse tu non sai ancora le molte cose che si devono praticare nella nostra religione, e che tu troverai poi di gran peso.

            G. Ho già studiato il catechismo della Diocesi di Pinerolo, ho già parlato di tali cose con parecchie mie amiche cattoliche, e col Curato  del mio paese: {78 [336]} so tutto, ed appunto tali cose mi animano a farmi cattolica, perchè, sebbene siano di qualche peso, aiutano a conseguire la salute eterna.

            R. Ma se per farti cattolica ti toccasse tollerare dispiaceri, contraddizioni, e fors'anche persecuzioni, non cangeresti risoluzione?

            G. Mi toccasse d'incontrare anche la morte non cangerei mai la mia risoluzione.

            A tali risolute e franche risposte, il rettore giudicò bene di accondiscenderle, e diede ordine che Giuseppa fosse condotta nell'ospizio. Ma per evitare ogni briga che cagionar gli potessero i parenti, ne rese tosto consapevoli le autorità civili ed ecclesiastiche. Allorché io posi piede nel Catecumenato, mi parve, dice Giuseppa, di entrare in un paradiso terrestre; era quale persona che, sbattuta da furioso temporale, giunge in sicuro domicilio; qual persona che, dopo aver corso molto tempo per oscura selva, giunge in ameno giardino; qual persona che, uscendo da oscura e profonda voragine, giunge a rimirar la luce del mezzodì. Allora, in quel fortunato momento mi caddero le bende dagli occhi, e quanto più mi sembrava tenebrosa la religione valdese, {79 [337]} altrettanto mi parvero chiare le verità della Cattolica Religione.

            Non dobbiamo già pensarci che i parenti di Giuseppa non si dessero premura per lei; che anzi recatisi secondo il solito nella camera di lei, e trovatala vuota, ne furono tutti costernati ed immersi nel più profondo dolore. Subito indovinarono quanto era avvenuto, cioè che ella fosse fuggita a Pinerolo, ed affine di prendere su ciò una deliberazione non precipitata, andarono a chiedere consiglio al loro ministro. Questi, che già si aspettava un tal fatto, considerato ben bene l'affare colle sue circostanze, parlò molto del disprezzo in cui si debbono tenere quelli che lasciano la propria religione per abbracciarne un'altra, e finì con dire: La vostra Giuseppa è divenuta pazza, e come tale vuole essere trattata; io sarei d'avviso di andarla nemmeno a vedere, od al più andarvi prendendola alle buone, e qualora non si arrenda di ritornare a casa, lasciarla in libertà, perchè l'esperienza ha fatto conoscere, che le testardaggini religiose difficilmente si possono far cangiare, e si corre grave rischio di venire a qualche eccesso ancor più grave, come io temo in questo caso.» {80 [338]}

            Nulladimeno i parenti vollero recarsi a Pinerolo, per provare la costanza della loro Giuseppa; e fu loro permesso di parlare liberamente con lei. Ci furono dispute le più accanite; minaccie, promesse, lusinghe, tutto fu messo in opera, e Giuseppa accondiscese a tutto, ad una sola condizione, che le si lasciasse abbracciare e professare la Religione Cattolica.

            Dopo un trattenimento di circa tre ore, suo fratello maggiore conchiuse: Il nostro ministro ci ha detto, che sei divenuta pazza, e come pazza ti lasciamo qui cogli altri pazzi; andiamocene tutti; noi ti abbandoniamo per sempre, e ti rinneghiamo per nostra sorella; e tu guardati dal chiamarci ancora fratelli, o dal cercar di ritornare a casa. Miei cari, rispose rispettosamente Giuseppa, io non sono pazza, ma fui illuminata dal Signore: io vi ho sempre amati, e continuo ad amarvi sempre più per l'avvenire; che se per mia trista sorte non potessi più godere la vostra compagnia per l'avvenire, non cesserò di amarvi teneramente, e pregare il Signore Iddio per voi, affinchè v'illumini e vi faccia conoscere le verità della vera Religione. {81 [339]}

 

 

IX. L’abiura.

 

            Una delle più importanti funzioni è certamente l'abiura, la quale consiste in una formale e pubblica rinuncia dell'eresia, facendo in pari tempo una professione delle verità della Chiesa Cattolica.

            Prima però di venire all'abiura, si istruisce a dovere il catecumeno nei principali elementi del cattolicismo, e segnatamente intorno a quei punti che sono negati dagli eretici. Si fanno pur molte interrogazioni, per vedere se il catecumeno è guidato da motivi temporali a fare tale abiura; se forse speri qualche lucroso impiego, o perchè aggravato dai debiti, o ricercato dalla giustizia per delitti commessi. Qualora vengano a scoprirsi tali cose, se ne toglie al postulante ogni speranza, conchiudendo che la Cattolica Religione riceve solamente coloro che si determinano ad abbracciarla ad unico fine di salvare l'anima propria[7]. {82 [340]}

            Su di Giuseppa non correva alcun dubbiò: gli sforzi fatti per istruirsi, l'abbandonare casa, parenti ed amici, ed esporsi a tante vicende, per unico oggetto di farsi cattolica, erano argomenti abbastanza chiari delle buone sue disposizioni. Di più, i discorsi che aveva più volte tenuto colle sue compagne cattoliche e col mentovato Curato, il catechismo cattolico già studiato prima che entrasse nell'ospizio, fecero sì, che in termine di due mesi ella fosse in grado di fare l'abiura, siccome ella ardentemente desiderava. E poiché la sacra funzione che ha luogo in quella circostanza non è molto conosciuta, io voglio esporla nella sua integrità, siccome trovasi ordinata nel Rituale Romano e nel Sinodo di Pinerolo.

            Fu scelta la mattina di una domenica per questa cerimonia; e per buona ventura trovavasi in Pinerolo un insigne prelato, che di buon grado si assunse l'incarico di fare tale funzione. Alle otto e mezzo del mattino, il venerando prelato, vestito di cotta, stola e piviale, preceduto {83 [341]} da numeroso clero, passò in mezzo ad immenso popolo, accorso per essere spettatore. Giunto all'altare maggiore si inginocchiò sul primo gradino, e dietro a lui, a poca distanza era Giuseppa, vestita colla massima modestia, ginocchioni, e con una torcia accesa in mano (simbolo della fede, di cui doveva infiammarsi il suo cuore), accanto a lei erano due testimonii, indi seguiva tutto il popolo in ginocchione, e con divoto atteggiamento.

            Allora il prelato intonò il Veni Creator, finito il quale, fece un breve ma commovente discorso, in cui espose i sommi pregi della Cattolica Religione, e gl'irrefragabili argomenti sopra cui essa è fondata, e conchiudeva con queste parole, che rimasero vivamente impresse nella mente di Giuseppa: Coraggio, o giovane fortunata, il Signore volse specialmente la sua misericordia sopra di voi, a preferenza di tanti vostri parenti ed amici, i quali sgraziatamente vivono nelle tenebre dell'ignoranza della vera Religione.

            Rendete le più vive grazie al Signore, e per dargli un segno che voi l'amate e lo amerete, entrate col cuore pieno di {84 [342]} giubilo nella preziosa arca di salute, nella Santa Chiesa Cattolica, fuori di cui tanti miseri ingannati si trovano.

            Intanto, o mia figlia, rispondete a quanto sono per domandarvi.

            P. Credete voi tutte le verità insegnate dalla Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana, e contenute nella professione di fede, di cui essa si serve, e di cui voi siete per fare lettura?

            G. Sì, signore, le credo.

            P. Prendete adunque, e leggete.

            Giuseppa .prende il libro e legge la seguente professione di fede quale si trova nel Pontificale Romano, e nel mentovato Sinodo di Pinerolo.

            Io Giuseppa credo con ferma fede, e professo tutti e singoli gli articoli contenuti nel simbolo della fede, del quale si serve la Santa Romana Chiesa, cioè: credo in un solo Dio Padre, Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili, ed invisibili. Ed in un solo Signore Gesù Cristo, figlio unico di Dio. Che è nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio di Dio, lume di lume, Dio vero di Dio vero. Che non è stato fatto, ma generato consostanziale al Padre, per cui le cose tutte sono state fatte. Che è {85 [343]} disceso dal cielo per noi uomini, e per la nostra salute. E si è incarnato prendendo carne dalla Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo, e si è fatto uomo. Che è stato anche crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì, e fu seppellito. E risuscitò il terzo giorno secondo le Sante Scritture. Ed ascese al cielo, ove siede alla destra del Padre. E verrà di nuovo pieno di gloria a giudicare i vivi ed i morti, il cui regno non avrà mai fine. Credo nello Spirito S., che è altresì Signore, e dà la vita, che procede dal Padre e dal Figliuolo. Che insieme col Padre e Figliuolo è adorato, e glorificato, ed ha parlato per mezzo dei Profeti. Credo la Chiesa, che è Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. Confesso che v'ha un Battesimo per la remissione dei peccati. Ed aspetto la risurrezione dei morti. E la vita del secolo avvenire. Così sia.

            Ricevo ed abbraccio fermissimamente le tradizioni degli Apostoli e della Santa Chiesa, con tutte le altre osservanze, e costituzioni della Chiesa medesima.

            Ammetto pure la Sacra Scrittura, secondo il senso, che tenne, e tiene la Santa Chiesa nostra madre, a cui spetta il giudicare del vero senso, e dell'interrelazione {86 [344]} delle Sante Scritture, e non la prenderò, nè la interpreterò mai altrimenti che secondo l'unanime consentimento de'Padri.

            Confesso ancora, che vi sono veramente e propriamente sette Sacramenti della nuova Legge, istituiti da nostro Signore Gesù Cristo, e necessarii alla salute dell'uman genere, sebbene nol siano tutti assolutamente necessarii a ciascheduno, vale a dire, il Battesimo, la Cresima, la Santa Eucaristia, la Penitenza, l'Estrema Unzione, l'Ordine, e il Matrimonio; riconosco che essi danno la grazia, e che tra i medesimi il Battesimo, la Cresima, e l'Ordine, non si possono reiterare senza sacrilegio.

            Ricevo eziandio, ed ammetto le cerimonie dalla Chiesa Cattolica ricevute ed approvate nella solenne amministrazione di tutti i sopraddetti Sacramenti.

            Abbraccio, e ricevo tutto ciò ch'è stato definito, e dichiarato dal Sacro Concilio di Trento riguardo al peccato originale, ed alla giustificazione.

            Professo parimente, che nella Messa, si offre a Dio un vero, proprio, e propiziatorio sacrifizio pei vivi e pei defunti, e che nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia, {87 [345]} v'è veramente, realmente, e sostanzialmente il Corpo, ed il Sangue in un coll'anima e colla divinità di nostro Signor Gesù Cristo, e che vi si fa il cangiamento di tutta la sostanza del pane nel Corpo, e di tutta la sostanza del vino nel Sangue di Gesù Cristo Signor nostro, il qual cangiamento dalla Chiesa Cattolica si chiama transustanziazione.

            Confesso ancora, che sotto una sola delle due specie si riceve Cristo tutto quanto, ed un vero Sacramento.

            Credo costantemente, esservi il Purgatorio, e che le anime ivi ditenute vengono sollevate dai suffragi dei Fedeli; e similmente che i Santi i quali regnano con Cristo, si debbono venerare ed invocare, e che i medesimi offrono per noi preghiere a Dio, e che si devono venerare le loro reliquie. Sostengo fermissimamente doversi avere e ritenere le immagini di Gesù Cristo, e della Beata Madre sempre Vergine, e degli altri Santi, e doversi ad esse rendere onore, e venerazione.

            Affermo che Gesù Cristo lasciò nella sua Chiesa il potere di accordare Indulgenze, e che il loro uso è sommamente salutevole al popolo cristiano.

            Riconosco la Santa Cattolica ed Apostolica {88 [346]} Romana Chiesa, come madre e maestra di tutte le Chiese, e prometto e giuro una vera ubbidienza al Romano Pontefice successore di S. Pietro, Principe degli Apostoli, e Vicario di Gesù C. Ricevo pure senza il minimo dubbio, e professo tutte le altre cose, che sono state insegnate, definite, e dichiarate dai sacri canoni, e dai concilii ecumenici, e soprattutto dal Sacrosanto Concilio di Trento; e nello stesso tempo condanno, rigetto, ed anatematizzo anch'io quanto è loro contrario, e tutte le eresie che furono dalla Chiesa condannate, rigettate, ed anatematizzate.

            Fatta la professione di fede, il prelato presentò il libro de'Vangeli a Giuseppa, la quale mettendo la mano destra sul medesimo libro disse: Io Giuseppa prometto e giuro sovra questi Santi Evangeli di Dio di serbare e confessare inviolabilmente fino all'ultimo momento della mia vita coll'aiuto di Dio questa cattolica fede pura ed intiera, fuori della quale nissuno può esser salvo, e di cui presentemente faccio professione senz'alcuna violenza; e per quanto mi sarà possibile, procurerò ch'essa sia custodita, insegnata, predicata da coloro {89 [347]} che mi saranno soggetti, o la cui cura mi sarà affidata.

            Dopo di che il prelato ritornò verso l'altare, e postosi in ginocchio con tutti gli astanti recitò con essi il Miserere, indi continuò dicendo:

            Prelato. 0 Signore, usate misericordia.

            Il popolo. 0 Gesù Cristo, usate misericordia.

            Prel. 0 Signore, usate misericordia.

            Dettosi poscia da tutti il Pater noster, continuò:

            Prel. 0 Signore, non c'indurre in tentazione.

            Pop. Ma liberaci dal male.

            Prel. Salva, o Signore, questa tua serva.

            Pop. 0 Signor nostro Dio, ella spera in te.

            Prel. Il nemico delle anime non prevalga centro di lei.

            Pop. Ed il figlio dell'iniquità non giunga mai a poterle recare alcun danno.

            Prel. 0 Signore, mandale il tuo aiuto dal Cielo.

            Pop. E dal Cielo sempre la proteggi.

            Prel. Signore, esaudì la mia preghiera.

            Pop. E la nostra voce giunga fino a Te.

            Prel. Il Signore sia con voi. {90 [348]}

            Pop. Sia pure col tuo spirito.

            Prel. 0 Signore Iddio, che sempre siete pronto ad usare misericordia e perdonare, accogliete la nostra preghiera, e per tratto dell'immensa vostra bontà e clemenza fate che questa vostra serva sia sciolta dai lacci della eresia e della scomunica, da cui presentemente trovasi vincolata.

            Voltosi poi a Giuseppa, disse: Mia figlia, in questo momento voi, cessando di appartenere alla eresia dei valdesi, rientrate nella Chiesa Cattolica. Il Signor nostro Gesù Cristo vi assolva; ed io nell'autorità di Lui e de'Beati Apostoli Pietro e Paolo, e della sua Santa Chiesa a me trasmessa dal reverendissimo Vescovo di questa diocesi, io vi assolvo dal vincolo della scomunica, da cui per l'eresia foste finora legata.

            Nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia.

            Giuseppa, io vi riconduco nel seno della Santa Madre Chiesa, vi restituisco alla società ed alla comunione di tutta la cristianità, da cui per l'eresia e per la scomunica foste separata, e vi ammetto alla partecipazione dei Sacramenti della Chiesa. {91 [349]}

 

 

X. Il Battesimo.

 

            Un incidente singolare insorse nell'abiura di Giuseppa. Essa pensavasi che, fatta l'abiura, ogni cerimonia fosse compiuta, e desiderava ardentemente di essere ammessa agli altri Sacramenti. Ma il prelato la prevenne dicendole: Mia buona figlia, finora voi avete solamente rinuncialo agli errori della eresia, ed io nell'assolvervi dall'eresia e dalla scomunica non vi ho ancora assolta dai peccati, i quali si possono solamente rimettere nel Sacramento della Confessione.

            Giuseppa. Or dunque io vado tosto a confessarmi.

            Prel. Non potete andarvi a confessare finché non abbiate ricevuto il Battesimo.

            Gius. Io fui già battezzata.

            Prel. Lo so che foste già battezzata, ma si dubita sulla validità del vostro Battesimo, e perciò a fine di accertarvi della validità di un Sacramento di tanta importanza, dovete riceverlo nuovamente sotto condizione.

            È bene di far qui notare che la Chiesa  {92 [350]}Cattolica riconosce valido il Battesimo conferito dagli eretici ed anche dagl'infedeli, purché si usi la dovuta forma, materia ed intenzióne; e come tale ebbe pure per qualche tempo il Battesimo dei valdesi e dei protestanti. Ma da che i valdesi unirono la loro dottrina a quella de'protestanti, e ne adottarono gli errori[8], da che le selle così delle riformate ammisero nelle loro credenze tutte le stravaganze, che a ciascuno nel suo spirito privato parve di leggere nella Bibbia, si sparsero tanti errori tra di loro, che generalmente si dubita sulla validità del medesimo Sacramento del Battesimo. Eccone alcuni esempi:

            In alcune società protestanti s'introdusse l'usanza di far versare l'acqua sulla testa del battezzando da qualcuno degli astanti, mentre il ministro assiso sopra una cattedra pronunzia le parole: io ti battezzo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. In questo caso il Battesimo è nullo, perchè, secondo il Vangelo, bisogna che la persona che versa l'acqua, dica eziandio le parole; {93 [351]} altrimenti non dovrebbesi dire: io ti battezzo, ma io ti faccio battezzare. (V. Bergier, art. Baptême.)

            In altri paesi, in luogo di acqua naturale, si usa di rosa, o qualche altro liquore; perciò il Battesimo diventa nullo, o almeno dubbioso per difetto di materia. Il Vangelo dice chiaramente, che l'uomo deve essere battezzato con acqua, e non con liquori.

            In alcuni altri luoghi, invece della formola indicata nel Vangelo, si dice: io ti battezzo in nome della Santissima Trinità. Ed altrove: io ti battezzo in nome di Dio onnipotente. Oppure: io ti battezzo in nome del Padre, del Figliuolo e non dello Spirito Santo. Tutte formole diverse da quella registrata nel santo Vangelo.

            Quello poi che mette in dubbio il Battesimo di tutte le sette protestanti, si è, che tra di loro non si crede più all'efficacia di questo Sacramento. Tra di loro è universalmente insegnato, che la sola fede giustifica, la sola fede ci unisce a Gesù Cristo, e ci comunica i suoi benefizi[9]. Appoggiati sopra questo principio, essi {94 [352]} giudicano inutili tutte le opere buone, quindi anche il Battesimo. È questo il motivo, per cui da molti protestanti il Battesimo è considerato come una cerimonia indifferente, e da potersi liberamente trascurare. È questa la ragione, per cui molti pastori protestanti, e particolarmente nell'Inghilterra, rifiutano di amministrare il Battesimo ai fanciulli: sicché i genitori, vedendo che que'ministri non si curano di Battesimo, se non sono ben pagati, vanno dai preti cattolici per far battezzare i loro bamboli; e talvolta diviene cattolica l'intiera famiglia.

            Onde per difetto di forma, di materia e d'intenzione nell'amministrazione di questo Sacramento, la Chiesa Cattolica suole ripeterlo sotto condizione.

            Giuseppa, come fu avvisata che doveva ricevere il Battesimo, provò gran dolore pensando sul passato suo stato; e lodando di cuore Iddio de'favori che andava sopra di lei moltiplicando, piena di gratitudine si avanzò verso il fonte battesimale. Compiute le solite cerimonie prescritte dal Rituale Romano pel Battesimo degli adulti, Giuseppa fu nuovamente battezzata con questa formola: se non sei battezzata, io {95 [353]} ti battezzo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia.

            Fatta l'abiura, e ricevuto il Sacramento del Battesimo, Giuseppa andò a prepararsi per accostarsi per la prima volta al Sacramento della Penitenza.

            È vero che il Battesimo cancella il peccato originale ed attuale, se vi è, perciò non sarebbe stato bisogno di confessarsi dei peccati commessi prima del Battesimo; ma siccome il Battesimo ricevuto era solamente dubbio, quindi la Chiesa Cattolica, che comanda di trascurar niente di quanto può contribuire alla salute eterna de'fedeli, si accerta del Battesimo col farlo amministrare sotto condizione; e si assicura della remissione dei peccati col Sacramento della Penitenza.

            Fatta che ebbe la sua Confessione, dopo una discreta preparazione, le fu amministrata la santa Eucaristia, e di lì a poco il sacramento della Cresima ossia Confermazione.

            Dopo di che Giuseppa chiese di raccogliere i suoi sentimenti, e fare un po'di ringraziamento; perciocché la moltiplicilà delle sacre funzioni l'avevano alquanto stancata; e come ognun vede ella {96 [354]} aveva ricevuto successivamente quattro Sacramenti, Battesimo, Cresima, Penitenza, Eucaristia.

            La sacra funzione finiva alle undici e mézzo, e Giuseppa fu tosto condotta a prendere qualche ristoro.

            Qui riesce difficile il poter investigare le sensazioni prodotte sull'anima della novella convertita dal decoro e dalla maestà di quelle sacre funzioni.

            Ora capisco, andava ella sclamando, perchè le mie compagne erano tanto allegre quando andavano a confessarsi; capisco pure come sia impossibile che un valdese non possa avere la pace e la tranquillita del cuore. Qual cosa, le chiese il prelato, vi tornò di maggior gradimento di quanto si fece questa mattina? Tutto mi piacque, rispose Giuseppa, ma ciò, che supera ogni altra cosa fu la contentezza che provai dopo la confessione; credetelo, Monsignore, quando il sacerdote mi assicurò che io era in grazia di Dio, che ogni più piccola colpa mi era stata rimessa, allora cessarono tutte le mie inquietudini e tutti i miei affanni. Mio Dio, diceva Ira me stessa, qual cosa vi può essere in paradiso, che possa produrre maggior contentezza nel {97 [355]} cuore? Oh! quando anche la Cattolica Religione non avesse altri beni, che la Confessione, basterebbe questa perchè gli uomini la debbano preferire a tutte le altre Chiese del mondo.

            Prel. Avete ragione, o Giuseppa, ma queste sono solamente le prime cose che confortano il cattolico: continuate ad istruirvi nella religione che avete abbracciato, e vi assicuro che ogni giorno avrete nuovi argomenti onde consolarvi. Debbo però avvisarvi, che non mancheranno tribolazioni; e queste forse da parte di coloro stessi, che professano la vostra antica religione. Per quanto vi sarà possibile non trattenetevi con essi, non entrate con loro in discussioni; e se vi nascerà qualche dubbio o qualche inquietudine di coscienza, andate tosto ad esporlo al vostro confessore o ad altro sacerdote, cui il Signore v'inspirerà di ricorrere. Siate ferma nella vostra fede, io vi benedico e vi raccomando ogni giorno al Signore: la vita è breve, l'eternità non finirà mai più: che se non ci rivedremo più in questo mondo, spero che ci troveremo a godere la gloria eterna in cielo. {98 [356]}

 

 

XII. Un fatto.

 

            Il lettore sarà certamente ansioso di sapere gli ulteriori avvenimenti che riguardano Giuseppa, ed io ben volentieri sarei per appagarlo; tanto più, che ce ne sono ancora molti e interessanti; pure per gravi ragioni, che qui non occorre manifestare, debbo tacerli, limitandomi a dare di lei un breve cenno. Dopo la solennità della sua abiura, giorno per lei di gratissima ricordanza, e che ella nomina sempre con trasporto di gioia, si giudicò conveniente che non ritornasse più co'suoi parenti, sia perchè essi rifiutavansi assolutamente di riceverla, sia perchè sarebbe stata in grave pericolo di ricadere nell'errore. La divina Provvidenza, che in maniera cos'i maravigliosa l'aveva guidata alla cognizione della verità, fece trovar fortuna a Giuseppa. La sua buona condotta, il suo amore al lavoro, e la singolare altitudine pel maneggio delle cose di commercio la misero in grado di potersi procacciare un'onesta sussistenza, e d'avere ancora di che far limosine. Mediante un'esatta occupazione  {99 [357]}del tempo, ella trova campo a praticare puntualmente la santa cattolica religione, di cui con esemplare fervore osserva le pratiche; e per virtù, zelo e carità si potrebbe proporre a modello di virtù a tutti i veri cristiani. I suoi parenti ed altri amici si adoperarono per farla vacillar nella fede; ma ella in ogni attacco si mostrò disposta a tollerare il disprezzo, le perdite de'beni temporali, l'affetto dei parenli, e di perdere anche la vita, qualora ne fosse mestieri, anziché acconsentire ad alcuna cosa contraria a quella religione, che ella aveva unicamente abbracciata per salvare l'anima propria. Non è gran tempo, che un cattolico apostata tentò di far prevaricare Giuseppa, e ricondurla a'suoi primitivi errori.

            Voi, le diceva l'apostata, avete fatto male a lasciare la vostra religione.

            Gius. La mia religione è la cattolica, nè io m'indurrò giammai a lasciarla a costo di qualunque male.

            Ap. Non è questo, ch'io voglio dire: io dico, che avete fatto male a lasciare la vostra religione, in cui siete nata, per abbracciarne un'altra.

            G. Io giudico di aver fatto bene, abbandonando una religione, che io conosceva {100 [358]} falsa per abbracciarne un'altra, che io conosco vera, e sola che possa procacciar salute all'uomo. Che se fa male chi abbandona la religione in cui è nato, per abbracciarne un'altra, perchè voi avete abbandonato la religione cattolica, in cui Iddio vi ha creato, e vi siete fatto protestante?

            Ap. Capisco quello che voi volete dire: ma non è un fatto, che voi facendovi cattolica, abbracciaste una religione assai più incomoda che quella di prima?

            G. Non importa che questa religione sia incomoda e pesante, purché conduca all'eterna salvezza: e il Signore ci fa sentire nel Vangelo, che la strada stretta e spinosa conduce all'eterna salute. Voi volete una religione comoda, la quale lasci la gente in libertà di far quello che ognuno vuole; ma sappiate, che nè gli ubbriaconi, nè i ladri, nè gli adulteri, nè altra gente di simil fatta entrerà nel regno de'cieli: vi prego però a prescindere di disputare ulteriormente, perchè voi perdete il tempo.

            Ap. Nemmeno io voglio disputare: ma voglio almeno che mi concediate che i protestanti osservano la loro religione meglio dei cattolici. {101 [359]}

            G. Nel senso che dite voi.

            Ap. In qual senso?

            G. Nel senso, che la religione protestante è una religione più comoda e più favorevole alle passioni: ma io credo che voi non saprete additarmi un solo cattolico, il quale siasi fatto protestante per condurre una vita più buona. Basta, andatevene, io non voglio più disputare.

            Ap. Ma voi, parlando così, mi fate un insulto. Forse vi sarà alcun uomo, che possa dir qualche cosa sul fatto mio?

            G. I fatti di vostra vita sono più noti a voi che a me: io non voglio disputare con voi di religione, andatevene.

            Ap. 0 che voi sapete qualche cosa sul fatto mio, e voglio che lo diciate, o che sapete nulla, e siete una calunniatrice.

            G. Per carità, vi prego, non fatemi perdere il tempo, andatevene, non fatemi parlare.

            Ap. Se voi non parlate, convenite meco che la religione riformata è meglio osservata che la cattolica.

            G. Come, ella disse tutta incollerita, come osate voi disputare di religione; voi che non ne avete mai praticata alcuna, voi, cattivo cattolico, cattivo marito, cattivo {102 [360]} padre di famiglia, e volete propormi di seguire la vostra religione? Se la religione riformata non fosse altrimenti condannata, che dalla vostra condotta, a me basterebbe per conoscerla falsa; ed avrei veramente vergogna di professare una religione che si vanta di avere un vostro pari.

 

 

XIII. Conclusione.

 

            Il semplice confronto del protestantismo col catlolicismo, possiamo dire essere stato il lume che fece conoscere a Giuseppa la nullità della religione valdese. Difatti, l'osservare una religione che lascia libertà a ciascuno di credere quel che più gli aggrada, e nel modo che gli pare di leggere nella Sacra Scrittura; una chièsa, che è una società senza presidente, un corpo senza capo, chiesa che non ha vescovi, non sacerdoti, non altare, non sacrifizio; una chiesa che si associa con tutte le stravaganze delle varie sette protestanti, ciascuna delle quali professa più articoli, che sono negati dalle altre; una chiesa di cui non mai si parlò ne'dodici primi secoli del {103 [361]} cristianesimo, e che non può mostrare un SOLO di sua credenza, che valga a contare li suoi predecessori fino agli Apostoli; nè può mostrare un UOMO SOLO che abbia professato la medesima sua dottrina prima di Pietro Valdo; una Chiesa che s'intitola universale e non forma che 22 milà persone; e quindi il confrontarla colla Chiesa Cattolica, che fu in ogni tempo Una, Santa, Cattolica, Apostolica, che parte dal regnante Pio IX ed ascende da un Papa all'altro, fino a S. Pietro stabilito da Gesù Cristo a governarla ed essere Vicario di lui in terra; Chiesa che in ogni tempo praticò sempre i medesimi Sacramenti, il medesimo culto, ebbe sempre i suoi pastori, gli uni successori degli altri, ma sempre uniti al Romano Pontefice, i quali praticarono sempre la medesima fede, la medesima legge, il medesimo Vangelo, adorando un solo vero Dio; il fare questo confronto, dico, deve naturalmente persuadere ogni uomo ragionevole e non guidato dalle passioni, a dare un pronto abbandono a qualsiasi setta, per rientrare nell'arca di salute, nell'ovile di Gesù Cristo, la Chiesa Cattolica. Questo riflesso condusse già alla Cattolica Religione {104 [362]} molti distinti personaggi: e nella sola Inghilterra si contano a migliaia le conversioni di questa fatta.

            Noi intanto, o cattolici, al vedere tante persone dotte e virtuose ad affrontare le più gravi difficoltà per abbandonare il protestantismo e farsi cattolici, per condurre una vita migliore, e per assicurarsi la loro eterna salvezza, quali grazie non dobbiamo rendere alla bontà di Dio di essere stati creati e conservati in questa medesima religione? quale costanza non dobbiamo mostrare per mantenerci fedeli e fervorosi cattolici fino alla morte? quale sollecitudine non dobbiamo noi darci per osservare i precetti che questa santa Madre Chiesa impone a noi suoi figli?

            Protestanti valdesi, e voi tutti che vivete separati dalla Chiesa Cattolica, aprite gli occhi sopra l'immenso abisso che vi sta aperto finché vivete separati dalla vera religione: la Chiesa Cattolica qual madre pietosa vi stende amorosa le braccia: venite e ritornate a quella religione che fu pure per mille e cinquecento anni la religione de'padri vostri; venite e rientrate nell'ovile di Gesù Cristo e congiungetevi al Pastore Supremo, cui {105 [363]} disse Gesù Cristo: «Pascola i miei capretti, pascola le mie pecore: ciò che scioglierai in terra, sarà sciolto in cielo, ciò che legherai in terra, sarà legato in cielo:» quel pastore in cui si compiono queste consolanti parole del Salvatore: «come il Padre celeste mandò me, così io mando voi; chi ascolta voi, ascolta me; Ecco io sono con voi, tutti i giorni fino al finir de'secoli.»

            Protestanti e valdesi! venite: è Dio che vi chiama: venite ad me omnes: fate ritorno a questo ovile che un tempo i vostri antichi hanno abbandonato, e ritroverete pace e ristoro alle anime vostre: et invenietis requiem animabus vestris.

            Ministri, pastori valdesi e protestanti, che andate predicando che fa male colui che abbandona la propria religione, voi, secondo le vostre medesime parole, dovete dire ai cattolici che si guardino bene dall'abbandonare quella religione in cui sono nati, ed in cui furono allevati ed istruiti.

            Voi dovete poi dire ai protestanti, che i vostri maggiori erano cattolici, e che fecero male ad abbandonare il cattolicismo, e che l'unico mezzo per rimediare a questo male si è di fare ritorno {106 [364]} a quella medesima religione che un tempo i vostri maggiori abbandonarono.

            Voi poi, che meglio degli altri conoscete queste verità, dovete essere i primi a dare buon esempio; voi i primi a riconoscere l'antica religione de'vostri padri, voi i primi a rimediare ai loro mali, voi i primi a farvi cattolici.

            Se così farete, riparerete la rovina eterna di tante anime, che vanno ad ascoltarvi, riparerete alla rovina dell'anima vostra e vi salverete.

            Coraggio adunque, o protestanti e valdesi, e voi tutti che seguite qualche riforma fuori della Chiesa Cattolica, rinnovate nel mondo cristiano il maraviglioso spettacolo de'primitivi tempi del cristianesimo, e faremo un cuor solo ed un'anima sola; ed io a nome di Dio posso assicurarvi che tutti i cattolici vi tenderanno amorose le braccia per accogliervi con gioia, e canteranno a Dio inni di gloria nel vedere avverate le parole di Gesù Cristo: Si farà un solo ovile, ed un sol pastore, et fiet unum ovile, et unus pastor. {107 [365]}

 

 

Indice

 

Urgente NOTIFICANZA di Mons. Vescovo di Biella a'suoi Diocesani

Pag. I-VIII

 

 

CONVERSIONE DI UNA VALDESE

AL LETTORE

Pag. 3

I. La Ricreazione

 5

II. Il buon Curato

 15

III. La notte inquieta

 26

IV. Una visita al Ministro

 32

V. Giuseppa dal Ministro

 39

VI. Il Magnetismo

 44

VII. La Prigione

 49

VIII. Il segreto svelato

 62

IX. La fuga

 71

X. L’abiura

 82

XI. Il Battesimo

 92

XII. Un fatto

 99

XIII. Conclusione

 103

 

 

Con approv. della Rev. Eccles. {108 [366]} {109 [367]} {109 [368]}

 

 



[1]I Protestanti mentre gridano contro alla Confessione, contraddicono colla pratica quanto stampano ne'loro libri. Presso di loro la Confessione si fa in quattro maniere:

1° In pubblico, quando sono radunati, e che tutti insieme fanno un atto di contrizione.

2° Confessione fatta all'amico.

3° Confessione fatta al ministro.

4° Confessione pubblica, quando taluno è notato di aver commesso qualche grave peccato; di quest'ultima concessione parla qui Giuseppa.

Ma in tutte queste specie di confessioni non c'è alcun segreto, né proibizione; e ciascuno può, se vuole, liberamente manifestare qualsiasi cosa udita in confessione.

Tutto quello che ivi si dice della Confessione tra'Protestanti, è letteralmente conforme alla liturgia valdese. (V. Liturgie Vaudoise, pag. 100, ecc., ediz. Losanna, 1842.)

[2]Libro di famiglia, pag. 14.

[3]Ostervald, Catechismo, parte prima, sez. 14.

[4]I protestanti negli affari di gran rilievo sogliono radunare un Sinodo, composto di alcuni de'primari ministri e pastori. Ma chi ha diritto di convocarli? regolare l’adunanza? e sciogliere le difficoltà in modo che gli altri debbansi sottomettere? Ora poi i Valdesi ed i Protestanti essendosi strettamente collegati coll’Inghilterra, debbono sottomettersi alle decisioni della loro Papessa, cioè alla regina d'Inghilterra. Omnia ad nutum reginae fiant. Così la legge inglese.

[5]Ostervald, cat. part. I, sez. 14.

[6]Bert, nell'opera: I Valdesi.

[7]Nel Sinodo celebrato in Pinerolo nel 1842, sono accennate le cautele e la riserbatezza che si deve usare, per conoscere che il catecumeno non sia lusingato da motivi temporali ad abbracciare il cattolicismo. Sinodo Pin. del 1842, pag. 295 e segg.

[8]V. Libro di Famiglia di P. Bert, pagina XII.

[9]Così la Confessione di fede fatta dai Valdesi nel 1655, art. 16, 17.




Copyright © 2009 Salesiani Don Bosco - INE