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  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

IL GALANTUOMO E LE SUE AVVENTURE. ALMANACCO NAZIONALE PER L’ ANNO 1865

STRENNA OFFERTA ai CATTOLICI ITALIANI

Anno XII. {1 [437]} {2 [438]}

 

 

 

 

[è premesso alle opere ristampate solo parzialmente; è premesso agli scritti attribuiti o attribuibili a Don Bosco]

 

 

 

 

INDEX

 

Prefazione  2

II Clero e l’ educazione della gioventù. 4

La lampada del SS. Sacramento. 6

Riflessioni pel mese di Marzo. 7

Il galantuomo. Dà a' suoi amici alcune norme per la coltura degli orti e giardini. 8

Indice  10

 


Prefazione

 

            In cui parlandosi di carote, di patate, di cavoli cabusi, si contano in confidenza ai lettori alcune traversie del Galantuomo.

 

            «Chiunque s’ apparecchia a travagliarsi pe' suoi simili sappia non rinverrà altra mercede che d’ affanni» ha detto un barbassoro dei nostri giorni, ed ha detto molto bene, eccellentemente, stupendamente bene. Voi vi pensate, cari lettori, che il Galantuomo, come un essere che non fa male a nessuno, non dice male di nessuno, non parla male di nessuno, e vuole, anzi cerca il bene di tutti, si goda la più felice vita del mondo, e che tutti vadano a gara a benedirne l’ esistenza. Cari lettori, scusatemi ma voi siete {3 [439]} in gravissimo errore. Per convincervene, udite dolorosa istoria che mise in pericolo l’ esistenza della Strenna del Galantuomo. Era in sul finire del passato dicembre, e il Galantuomo se ne stava rannicchiato accanto al fuoco con un paio d’ occhiali madornali sul naso, leggendo un antico zibaldone del mille due e mezzo, quando sente al di fuori un picchiar ripetuto come d’ uomo che ha molta fretta e che non vuole aspettare. Il Galantuomo getta il suo zibaldone sul tavolo e corre frettoloso ad aprire. Era un suo vecchio amico che veniva dalla città, ove aveva sentito molto a discorrere dell’ almanacco del Galantuomo, un buon uomo sappiate, un uomo che ama la tranquillità e la pace oltre ogni dire. I discorsi uditi dall’ amico erano di vario genere: chi lodava, chi criticava, chi biasimava, chi augurava al povero Galantuomo la pace dei cimiteri. Crudeli! e si che l’ anno scorso si era raccomandato che nessuno venisse a fargli dei visacci che ei era facile ad impaurirsi e avrebbe potuto morirsene di dolore. Dopo che il buon vecchio {4 [440]} ebbe raccontato quanto gli era stato detto a proposito del Lunario, vedi, gli disse, lasciando i complimenti a parte tu faresti meglio ad occuparti a piantare cavoli ed a seminar carote piuttosto che a fabbricar almanacchi. Ci guadagneresti di più e staresti più tranquillo. Era, come vedete, un modo di parlare orrendamente, tremendamente chiaro. Queste parole accompagnate da qualche altra osservazione colpirono sino al fondo del cuore il nostro Galantuomo, e dopo un profondissimo sospirone che rintronò per tutta la casa, dai tetti sino alle cantine, ahi dolore! la morte dell’ almanacco fu inesorabilmente decretata. In conseguenza di ciò e per eseguire a puntino il consiglio dell’ amico, il Galantuomo tosto si diede attorno per far acquisto di un poderetto, e consacrare d’ or innanzi la sua vita alla coltivazione delle patate e dei cavoli cabusi. Addio adunque almanacchi, addio strenne, addio lunari.Se un fortunato accidente non avesse mandato a monte questo progetto, l’ universo intiero avrebbe quest’ anno aspettato invano {5 [441]} l’ apparizione del Galantuomo come almanacco, tutto al più avrebbe potuto ricevere da lui qualche patata o qualche cardo benedetto, ma sapere dal Galantuomo i giorni del mese, le feste dell’ anno, l’ arrivar della luce, ecc., ecc. non più, non più. Pensate che sconcerto! Invece di riposare e santificare la domenica, molti e molti si sarebbero per ignoranza del giorno riposati nel lunedi. Altri si sarebbero astenuti dal mangiare carne il giovedì, e ne avrebbero mangiato senza scrupolo il sabbato, invece di digiunar nella Quaresima avrebbero digiunato nel Carnevale (già dei digiuni ve ne sono di molte sorta!) e andiamo dicendo. È vero che anche pel passato ciò succedeva qualche volta. Ma la causa era appunto perchè costoro non leggevano l’ almanacco del Galantuomo, e per conseguenza ignoravano e il modo di vivere, e il giorno ed il tempo in cui vivevano. Credetemi è una cosa molto importante sapere il giorno in cui si vive e senza almanacchi ciò sarebbe impossibile. Il mondo sarebbe dunque stato in pericolo {6 [442]} di andarsene in rovina se il Galantuomo avesse persistito a non voler più pubblicare il suo almanacco. E allora che patatrac!....Misericordia. Ma ad allontanare il fatale avvenimento provvide quel buon vecchierello medesimo che aveva causata la determinazione del Galantuomo. Appena seppe della futura morte dell’ almanacco, tosto si fece premura di andarla ad annunziare lippis et tonsoribus e tornato in città ne parlò con quanti si avvenne. Ciò bastò perchè un diluvio di lettere venisse ad inondare la casa del Galantuomo, lettere d’ ogni colore, color di rosa, color verde, color canarino in cui a nome di tutto il nominabile, lo si scongiurava a proseguire la pubblicazione del benemerito almanacco. Le lettere erano così piene di patetiche espressioni, così commoventi che il Galantuomo non potè resistere a tanta eloquenza, e rinunciando al suo poderetto, rinunciando alla consolazione di coltivare carote, rinunciando alla tranquillità della vita privata si decise a continuare la sua vila pubblica, unicamente pel bene della {7 [443]} società. Ma egli pone delle condizioni ai suoi lettori acciocchè possano convincersi sempre più dell’ utilità di fabbricare un Lunario. Primo che siccome il Lunario è fatto per distinguere i giorni festivi da quelli che non lo sono, cosi tutti pongano il massimo impegno a santificar quelli con opere di pietà, ed impiegare questi in un lavoro coscienzioso ed utile a tutti. Secondo che siccome il Lunario determina i giorni in cui vi è astinenza dalle carni, così tutti ne prendano conoscenza, e se ne astengano. Terzo che ove segna il Tempo Pasquale ciò serva a ricordare a tutti il precetto di accostarsi in quell’ epoca a ricevere i santi Sacramenti, senza l’ osservanza del qual precetto è impossibile che uno riesca ad amare Dio ed il prossimo come lo deve amare un cattolico. Quarto che facciano profitto di tutte quelle altre cose che crederà opportuno di raccontar loro. E tutto questo il Galantuomo lo dice sul serio perchè quantunque egli sia l’ uomo più faceto del mondo, tuttavolta che si parla di religione, egli non si permette {8 [444]} alcuno scherzo, ben sapendo che con Dio non si burla e che lo scherzo, la beffa in materia di religione è la cosa più schifosa e più sciocca che ci possa essere.

            Ciò detto io debbo raccontarvene ancora un’ altra avvenuta quest’ anno passato al Galantuomo, ma io la voglio raccontare solo a voi in confidenza, e vi raccomando di comunicarla a nessun altro. Voi non ignorate, cari lettori, che il Galantuomo usava per rispetto alla buona memoria, ed al buon esempio del suo nonno portare in fondo alla nuca un arnese che gli discendeva giù sulla schiena a cui davasi il nome di codino. Ebbene da un anno e più a questa parte egli lo ha irremissibilmente deposto. Che volete: gli vennero a dire che quel coso non era più a seconda dei tempi, che era un volerla rompere colle idee moderne, un voler comparire retrivo, retrogrado, oscurantista e che so io! Povero Galantuomo gli fecero aprire un paio d’ occhi che sembravano due lune piene, gli fecero tenere il naso arricciato per mezza ora. Poverino non ne capiva niente! Egli {9 [445]} portava il codino, perchè con quest’ arnese sul collo andando per le vie delle città, dei villaggi si tirava dietro i ragazzi e quando ne aveva radunato un bel numero si rivolgeva indietro, dava loro qualche regaluccio, accompagnato da un buon avvertimento, p. es. di consolare i loro genitori colla loro buona condotta, di volersi bene fra di loro come tanti fratelli, di aiutarsi a vicenda , di amare Iddio con tutto il cuore, raccontava loro qualche storiella, e li rimandava arcicontenti a casa; ed egli non suppose mai e poi mai che alcuni capelli conservati più lunghi degli altri equivalessero ad una professione di fede politica. Politica! diceva fra se, politica! che cosa la è questa politica, se mi avessero parlato di questo quando era piccino avrei creduto che fosse la scienza di far la polenta, ma adesso conosco troppo bene che la politica non ha da far niente colla polenta, cioè sì la politica potrebbe qualche volta far diminuire la polenta, ma insomma io non mi sono mai occupato di questo, e di politica me ne intendo un {10 [446]} corno, ed è bella che il mio codino ne sappia più di me. A buon conto giacchè è cosi indiscreto che vuole andar a ficcar il naso in quel che non lo riguarda domani lo mando a carte ventinove.» E tenne parola: all’ indomani malgrado le rimostranze della vecchia sorella il codino subì il taglio fatale, e il telegrafo poteva annunziarlo alle quattro parti del mondo. Non è a dire l’ impressione che questo fatto produsse in tutte le classi della società, massime in quella dei parrucchieri, e il Galantuomo ne ebbe ad udir delle grigie. Un giorno uscito a diporto ecco farglisi incontro un antico amico, che vedutolo così senza il suo fido compagno: O che! si pose ad esclamare, sei diventato un framassone anche tu? A questo titolo di framassone, nuovo stupore nel Galantuomo. Ma questa davvero che l’ è marchiana disse, Framassoni, formaggione che ne so io, doveva io portare il codino sino alla morte? E poi dicono che c’ è libertà per tutti.... Libertà un cavolo. Se porto il codino fo male, se non lo porto fo peggio. {11 [447]} Ah! vadano un po' tutti a farsi benedire. E siccome era appunto in quel frattempo che gli era stata fatta la proposta di andar a coltivar patate, e ritirarsi dalla vita pubblica, così questo valse a maggiormente raffermarlo nel suo divisamente.

            Buon per voi, miei cari lettori, che capitato io appunto in quel torno in casa sua gli feci osservare che era ridicolo rendersi talmente schiavo delle dicerie di alcuni sfaccendati, e che dal momento che egli non si occupava, nè voleva occuparsi di politica doveva viversene tranquillo, e lasciar gracchiar le rane e cantare le passere. Che politica, che politica d’ Egitto! brontolava egli. A che cosa servirebbe che io me ne occupassi. Io ho fede nella Provvidenza. Accada qualunque cosa, Iddio saprà bene trar partito di tutto per operare il bene e condurre l’ umanità al suo destino. Egli brontolò ancora per una buona mezz’ ora, ed intanto lanciava occhiate di fuoco al suo codino decapitato che la sua vecchia sorella in segno d’ onoranza aveva riposto inviluppato in carta dorata sopra {12 [448]} un armadio della camera. Sei tu codinoccio la causa di tutto questo, diceva fra i denti, fortuna che sei lassù ben alto altrimenti ti concierei io per le feste. Io continuai ad insistere, cosi che finalmente tra le mie parole, tra le molte lettere che lo incoraggiavano a ciò, egli si arrese a pubblicare anche questo anno il suo solito almanacco.

            E voi, carissimi e garbatissimi lettori, fategli buon viso, e sopratutto leggendolo, e facendolo leggere procurate che il Galantuomo si convinca sempre più che pubblicando la sua strenna fa un’ opera buona. {13 [449]}

 

 

II Clero e l’ educazione della gioventù.

 

            Una delle opere più utili che si possono fare è certo l’ attendere a ben formare il cuore e a ben istruire la mente della gioventù.

            Ora non vi fu mai uomo alcuno al mondo che vi si sia consacrato con pari impegno, disinteresse e spirito di sacrifizio quanto il prete cattolico. Tutto quello che ora si fa pel bene della gioventù, anche all’ infuori dell’ azione del prete cattolico, è stato più o meno da esso inspirato, suggerito, praticato. L’ argomento ci porterebbe troppo lontano se volessimo svolgerlo debitamente. Or non facciamo appello che ai fatti.

            Chi fu che cominciasse a radunare fanciulli poveri ed abbandonati, a dar loro col pane del corpo il pane dell’ intelligenza e dell’ anima se non un prete cattolico, s. Gerolamo Emiliani? Chi che cominciasse ad aver pietà di tanti fanciulli senza istruzione e s’ adoprasse a tutt’ uomo a fondare scuole per essi se non un prete cattolico, {14 [450]} s. Giuseppe Calasanzio? Novecento e più erano gli allievi che frequentavano le scuole da lui aperte in Roma. Egli insegnava, scrive di lui il Tommaseo, leggere, far di conto, grammatica, forniva carta e libri, allettava con piccoli doni; accompagnava a casa i fanciulli; la notte temperava le penne, preparava gli esemplari dello scritto, preparava i temi delle composizioni, che ben sapeva quanto importasse la scelta. Portar le legne, spazzare le scuole, le scale, i luoghi più sucidi; fare da se quello che agli altri ingiunge e più ancora. Mercede di tanto era vedere quelle anime aprirsi alla luce del vero e credere amando.

            Chi fu mai che all’ educazione della gioventù sacrificasse tutto se stesso più che s. Filippo Neri prete cattolico anch’ esso? Egli pe' suoi meriti, per le sue virtù reputato dal sommo Pontefice degno della porpora passa la vita fra i fanciulli scherzando, trastullandosi con essi, ma dirigendo sapientemente il tutto all’ educazione dei loro cuori, e per quanto chiasso facessero, dice di lui il Montanari, mai non li doleva, e a chi lo interrogava, come potete voi, padre Filippo, sopportare tanto fracasso, rispondeva: Sarei contento mi tagliassero le legna addosso a patto che {15 [451]} fossero buoni e virtuosi: egli stesso era sovente il primo ad incominciare i giuochi e mettevasi con essi giuocando, e per far loro piacevoli burle non gli gravava interrompere sue orazioni e scendere giù dalle camere, e partecipare a quelle beffe, e non se ne ritraeva finchè non avesse veduto che tutti vi prendevano parte. Avezzavali sopratutto a fuggir l’ ozio; quando altro non facevano, diceva loro: «Or via spazzatemi un poco quella camera, mettete quella cosa qua, questo tavolino là, leggetemi questo libro»; e così mettevali tutti in opera.

            Noi non sappiamo se all’ infuori del Cristianesimo si possa trovare un esempio solo di una carità che sa abbassarsi cosi per farsi tutta a tutti.

            In questi ultimi tempi molti e molti preti cattolici vennero con fede, con amore, con ispirito di sacrifizio a seguitare questa santa carriera. Ora non direm che d’ un solo, il padre Enrico Domenico Lacordaire; uomo che ha riempito la Francia colla sua gloria, e che ha ridonato colla sua commovente parola la fede a tante anime illuse e convintone tante altre, come la Religione cattolica sia la vera inspiratrice di tutto che è grande, nobile e vantaggioso agli individui ed alle nazioni. Or bene, egli, {16 [452]} questo bel genio, questo pio ed eloquente predicatore non ha sdegnato ritirarsi negli ultimi anni di sua vita in un pacifico villaggio nei dintorni di Tolosa per consacrarsi intieramente all’ educazione della gioventù, per la quale ha sempre nutrito caldissimo affetto. Per questo scopo, egli dopo aver ricondotto in Francia il grànd’ Ordine di S. Domenico vi ha aggiunto un terz’ ordine insegnante, inteso ad estendere gli effetti del suo zelo pel bene della gioventù. Il frammento di un discorso che noi vogliamo qui trascrivere detto dal padre Lacordaire in occasione della distribuzione de' premi ai giovani del suo collegio di Soreze ci spiegherà tutto il suo cuore, come ci spiegherà il segreto che spinse quei generosi, di cui abbiamo parlato poc’ anzi, e che spinge il prete cattolico a consacrarsi al bene della gioventù.

            Dopo aver accennato come la Religione cattolica sia la base dell’ educazione soggiunge queste belle parole: «La Religione in questa scuola ha ripigliato un impero che non le sarà più rapito; ella vi regna non per forza o colla sola pompa del suo culto, ma per una unanime e sincera convinzione, per doveri compiuti in segreto, per aspirazioni conosciute da Dio mercè a pace del bene e il rimorso del male, {17 [453]} per solennità in cui il cuore di tutti si ravvicina e si confonde in uno slancio non già ispirato dall’ ipocrisia, non arrestato dall’ umano rispetto, ma frutto generoso di una vera comunità di sentimenti.»

            Egli viene poscia a spiegarci il suo segreto.

            «Si sa evidentemente se si ami o non si ami; si sa nella propria coscienza per un’ ineffabile testimonianza il movimento che vi regna, ed il cui soffio trasporta la volontà. Ora il movimento che proviamo pei nostri allievi non posso definirlo che con una sola parola, semplicissima e celeberrima parola: Li amiamo. Ogni artista ama la sua opera; se ne compiace, vi si attacca, vi pone la sua vita; e quando l’ opera, invece d essere una statua od un tempio, è un’ anima, la grandezza dell’ opera commuove l’ operaio; e, meglio di Pigmalione innanzi al marmo di Psiche, crede alla vita di quel ch’ ei fa , e sotto una forma creata vi adora la stessa beltà divina. La cultura delle anime fu sempre il colmo delle cose ed il gusto dei Savii; ma da che Iddio si è fatto uomo per coltivarla egli stesso, dacchè l’ Artista eterno quaggiù comparve, e le nostr’ anime sono il campo che egli inafllia, il marmo ch’ egli scolpisce, il santuario che edifica, la città che prepara, {18 [454]} il mondo che dispone pel suo e nostro Padre, la cura delle anime ch’ era già si grande, è divenuta un amore che tutti supera gli altri, ed una paternità che non la più rivale. L’ artista non è più artista, è padre; il saggio non è più saggio, ma un sacerdote. Una soprannaturale unzione si è aggiunta alla tendenza della natura, e l’ educazione delle anime, invece d’ essere una cultura, è, per verità, un culto che fa parte di quello di Dio.

            «Non ci è difficile amare i nostri allievi. Ci basta credere alle loro anime, al Dio che le ha fatte e che le ha salvate, alla loro origine ed al loro fine. Più ancor degne d’ interesse, perche son più giovani, hanno agli occhi nostri l’ invincìbile attrattiva della debolezza e della primiera beltà. Chi toccherà il cuore d’ un uomo, se non lo muove l’ anima d’ un fanciullo? Chi mai non lo intenerirà se l’ anima d’ un adolescente alle prese col bene e col male non lo intenerisce? Ah! noi non abbiamo merito ad amare; l’ amore è a se stesso la sua ricompensa, la sua gioia, la sua fortuna e la sua benedizione.» Iddio ha voluto, esclamava poco dopo, che all’ uomo non si facesse alcun bene se non amandolo. Sarebbe men giusto il dire «e senza esserne amato». Ma però la Dio grazia {19 [455]} il povero cuor dell’ uomo non è sempre un ingrato, e talvolta sa comprendere quanto sia glorioso esser buono.

            Un aneddoto che ci venne raccontato dall’ amato discepolo del venerato religioso l’ abate Perreyve finirà di far conoscere come il prete cattolico sappia amare le anime, sappia amare la gioventù. Un anno prima della sua morte egli, il padre Lacordaire, era venuto a Parigi. Siccome al suo arrivo aveva detto di voler tosto ripartire per Soreze, uno de' suoi più antichi, de' suoi più teneri amici lo volle ritenere un giorno di più per un motivo importante e delicato, la canditatura accademica del Lacordaire vi era direttamente interessata. Niente impediva al padre Lacordaire di accordare quèsto giorno alla generosa insistenza del suo amico; la più ragionevole prudenza pareva esigerlo. Ma bisognava perciò non arrivare a Soreze che la Domenica, e il padre Lacordaire confessava il sabato. Come dunque! Sacrificare ad un onore della terra un vantaggio spirituale de' suoi cari fanciulli. Tutte le glorie e tutte le ambizioni del mondo vennero a naufragar a fronte di questa considerazione. «No, rispose egli, io non posso; ciò impedirebbe forse la confessione di qualcheduno de' miei fanciulli, che si preparano per la prossima festa. Non {20 [456]} si può calcolare l’ effetto di una comunione di meno nella vita di un cristiano:» e sull’ istante egli partì e fece duecento leghe per non privare i suoi figliuoli del soccorso della sua paternità spirituale.

 

 

La lampada del SS. Sacramento.

Parla per me!

 

            Tu, di cui le mie cure costanti alimentano la fiamma, lampada mia, oh! come la tua sorte è felice! come essa eccita invidia ed amore nell’ anima mia! come essa fa nascere nel mio cuore dolci e caste fiamme!

            Sempre vicina agli altari la tua tremola luce sul marmo sacro riflette i suoi raggi e sempre, sia che si svegli o si addormenti la terra, tu rallegri il luogo santo coi tuoi sentimentali riflessi.

            Quando la notte stende sul mondo il suo tetro velo, quando della terrestre valle cessano i vani rumori, la tua fiamma veglia sola e risplende nell’ ombra come una stella nel più fitto della notte.

            E quando di un nuovo giorno brilla l’ alba {21 [457]} nascente, quando l’ aurora apparisce colle sue nuvole d’ oro il tuo fuoco si dolce, stupenda immagine dell’ amor vigilante, scintilla ancora.

            Accanto al Dio nascosto si consuma la tua vita, egli è presso a te che piace parlargli al cuore; sembra che la tua vista inspiri all’ anima che lo prega, più amore, più fede, più ardore.

            Sembra che i nostri voti, o compagna degli angeli, sospirati presso di le si alzino meglio presso di Lui, e che il Cielo sorrida quando le nostre umili preghiere mescolano i loro dolci profumi a tuoi pacifici raggi.

            Allo spirar de' grandi giorni quando verso la volta santa l’ incensiere non manda più le sue nubi misteriose, quando è spenta la fiamma de' sacri candellieri, quando il tempio è silenzioso; tu accanto al sacro altare indorato dal tuo dolce riflesso, tu vedi il giorno e la notte trapassar a lor volta, e sola tu non hai nè tramonto, nè aurora per bruciare e parlare d’ amore.

            E perciò il mio occhio geloso ben sovente ti contempla, o lampada mia; io vorrei dividere la tua felicità, dimorare con te fra le mura del tempio e consumarmi d’ amore ai piedi del Salvatore.

            Io vorrei quando in cielo trema la bianca stella, quando il mondo si addormenta {22 [458]} affranto da' piaceri, sollevando il lungo veto de' sacri misteri, solo ai piedi degli altari, amare, gemere e pregare.

            Ma perchè con un vano sogno lusingo cosi l’ anima mia? Perchè riempio il mio cuore di un ingannevol desiderio? Tu almeno, o dolce e pura fiamma, che io invidio, parla al mio Dio, parla per me!

            Digli che il suo amore è la mia gioia e la mia vita, il suo altare il mio rifugio, il suo santo nome la mia speranza, e la mia felicità è il banchetto dove la sua voce m’ invita a venirmi così sovente ad assidere.

            Digli che nell’ esilio la mia povera anima sospira, e che niente di terreno può deliziarla. 0 lampada mia, digli che il mio cuore non respira che per piacergli e per amarlo.

 

PIETÀ DELLA REGINA MARIA ADELAIDE

 

            Quanto fosse grande la pietà verso Dio della non mai abbastanza compianta Regina Maria Adelaide non vi è chi lo ignori.

            Tutti ricordano con quale compostezza, con quali sentimenti di tenerezza e di di- {23 [459]}

21. Mart. s. Benedetto abate.

22. MerC. La b. Caterina di Genova.

23. Giov. s. Veremondo Arborio.

24. Ven. s. Bernolfo vescovo.

25. Sab. SS. Annunziata.

A 26. Dom. IV di Quar. 3. Sisto III papa.

27. Lun. ss. Filetto Sen. e Lidia sua consorte.

28. Mart. s. Contranno re.

29. Merc. s. Bertoldo.

30. Giov. II b. Amedeo IX duca di Savoia.

31. Ven. s. Balbina vergine.

 

4. Primo quarto a ore 0, minuti 49 sera.

12. Luna piena a ore 11, minuti 12 mattino.

20. Ultimo quarto a ore 1, minuti 6 sera.

27. Luna nuova di Mar. a ore5, min. 58 mattina.

 

 

Riflessioni pel mese di Marzo.

 

            In una parochia dei dintorni di Torino andava in giro in questi ultimi anni un ministro protestante regalando bibbie agli uni ed agli altri, dicendo loro che la chiesa cattolica ne proibiva la lettura, perchè nelle bibbie si condannavano le sue dottrine. Il savio parroco, appena seppe di ciò, non lece altro che comperare anche esso molte bibbie ma non stravolte e falsate da un traduttore poco intelligente o peggio, ma esatte e fedeli come i medesimi protestanti riconoscono essere quella del Martini, e per di più arricchite dinote ricavate da' Ss. Padri, le iede ai suoi parocchiani in cambio di quelle che avevano ricevuto dal ministro protestante. Cosi nel mentre procurò a' suoi parocchiani una utile lettura, li persuase pure col fatto che la santa chiesa cattolica non si oppone alla lettura della sacra Scrittura. {110 [460]}

            Le anime grandi e ben temprate conservano lungamente la memoria anche de' più piccoli benefizi. Un uomo riconoscente non può essere un cattivo, invece che è proprio di un’ anima volgare il non saper sopportare il peso della gratitudine. Ah! le anime nobili le anime di delicato sentire usano infinite attenzioni per non offendere chi ha loro giovato per non recargli alcuna afflizione per non diminuire la sua fama per mostrarsi anzi prontissime a difenderlo ed a consolarlo. Tutte le astuzie per l’ ingratitudine sono vane, l’ ingrato è un vile e per non cadere in questa viltà bisogna che la riconoscenza non sia scarsa, bisogna che assolutamente abbondi. Talvolta è lecito d’ essere riconoscente senza pubblicare il benefizio ricevuto, ma ogni volta che la coscienza ti dice esservi ragione di pubblicarlo, niuna bassa vergogna ti freni, confessati obbligato all’ amica destra che ti soccorse. Ringraziare senza testimonio è spesso ingratitudine. Solamente chi è grato a tutti i benefizi anche i minimi è buono. La gratitudine è l’ anima della religione dell’ amor figliale.

 

TORO.

APRILE.

 

1. Sab. s. Sisto 1 papa, martire.

A 2. Dom. di passione, s. Francesco da Paola.

3. Lun. s. Volpiano m.

4. Mart. s. Isidoro dottore.

5. Merc. s. Vincenzo Ferreri.

6. Giov. s. Celestino I papa.

7. Ven. La SS. Vergine Addol. s. Egisippo.

8. Sab. s. Alberto Vescovo. {111 [461]} {462}

 

 

Il galantuomo. Dà a' suoi amici alcune norme per la coltura degli orti e giardini.

 

            Vi è stato detto, cari lettori, nella prefazione, qualmente io mi sia dato per qualche tempo alle occupazioni campestri, nell’ intenzione di abbandonare l’ arringa della vita pubblica. Io debbo però confessarvi candidamente che voi, cari lettori, mi foste sempre sul cuore, e che là tra le delizie dell’ agricoltura io pensava sovente a voi, e avrei voluto farvi parte di tuttochè io ivi godeva; ed ora giacchè mi si presenta l’ occasione di comunicarvi le cognizioni che ho acquistato in questo tempo in fatto d’ agricoltura, non voglio lasciarla sfuggire, essendo troppo importante che anche voi impariate a seminare i papaveri, innestarli se fa di bisogno sulle zucche a tempo opportuno. È troppo necessario che possiate avere una buona provvisione di fagiuoli e di articiocchi, almeno per contrapporli a quelli che, avendone tutta l’ apparenza non varrebbero per un cavolo a toglierci l’ appetito. Troverete che non si parla del tempo per seminar e piantar carote, ma ciò è perchè esse si possono seminar in ogni stagione {135 [463]} in luna vecchia ed in luna nuova ed ogni terreno vi è adattalo.

            Ora eccovi il metodo particolare d’ agricoltura per gli orti e giardini che io ho imparato e che a voi comunico.

 

 

GENNAIO.

            Si piantano cipolle, aglio e porri; si seminano cavoli di vario genere, e fave; si tagliano le cime delle insalate, si legano perchè divengano bianche.

 

 

FEBBRAIO.

            Si semina in luna nuova cerfoglio, erba, consolo doppio, maggiorana, papavero bianco, porcellane, rape, ravanelli, rumice selvatico, semprevivo, spico d’ erba, timido, violette e zucche.

 

 

MARZO.

            Si semina in luna vecchia aglio, articiocchi, basilico, carciofoli, cardi, cipolle, citroni, garofani, indivie, isopo, legumi d’ ogni specie, meraviglie, mughetti, pomi d’ amore, e piedi d’ aoletta.

 

 

APRILE.

            Fannosi innesti di tutti i frutti, e delle viti che si potano, si piantano cavoli, cocomeri, meloni, ed insalate; si trapiantano broccoli e cavoli-fiori, e si seminano cavoli, fagiuoli, porri e ravanelli. {136 [464]}

 

 

MAGGIO.

            Si piantano articiocchi, cardi, cavoli-fiori, porri, e diverse qualità d’ insalate, e si seminano i fiori per l’ estate, i cardi benedetti, ed i seleri.

 

 

GIUGNO.

            Si seminano rape, ravanelli e zucche in luna nuova, cocomeri e meloni in luna vecchia; si piantano bietole, indivie, lattughe, ed altre insalate; si trapiantano i cavoli-fiori, e si rincalzano i ceci ed i fagiuoli.

 

 

LUGLIO.

            Si seminano erbette e lattughe cabuse in luna vecchia, si piantano cipolle grosse e scalogne, si rincalzano i ceci ed i fagiuoli.

 

 

AGOSTO.

            Si seminano cocomeri, meloni e spinazzi in luna vecchia, le lattughe cappuccie in principio del mese, e dopo la metà del mese le carote, cipolle grosse, rape, ravanelli e ramolazzi; e si piantano le indivie.

 

 

SETTEMBRE.

            Si seminano e trapiantano i cavoli e le indivie per l’ inverno, si piantano le fragole adacquandole subito, e si seminano carote, fave, lattughe, prezzemolo, ranuncole, rape e spinazzi. {137 [465]}

 

 

OTTOBRE.

            Si piantano cavoli neri, indivie, cipolle novelle, e le scalogne, rincalzandole, e si governano bene le radici degli sparagi.

 

 

NOVEMBRE.

            Se fa tempo asciutto si seminano fave grosse, spinazzi; si piantano le cipolle, i cavoli d’ inverno, le indivie, le lattughe, i ramolazzi ed i ravanelli per semenza.

 

 

DICEMBRE.

            Si piantano agli, cipolle, fave d’ orto, lattughe, cavoli, e si raccolgono le ulive, e si guardino ben bene dal freddo i cavoli cabusi, le lattughe, il basilico, le scalogne, i cardi, ed articiocchi, con incalzarli bene di terra per lo spazio di 25 giorni.

 

Tempo e giorni di tagliare i legnami da

lavoro acciocchè non tarlino.

 

            Dalla fine di giugno sino al principio di gennaio, e dall’ opposizione della luna sino al secondo quarto, cioè dalli 13 di detta luna sino alli 21 della medesima.

 

Con permissione. {138 [466]}

 

 

Indice

 

Prefazione

pag 3

Il Clero e l’ educazione della gioventù

14

La lampada del SS Sacramento .

21

Pietà della regina Maria Adelaide

23

Il ponte della pietà (poesia) .

86

L’ arcivescovo Fènèlon e la giovenca del povero uomo

27

Pregate pei Missionarii! .

30

Casi che non sono casi .

34

Preghiera a Maria (poesia) .

41

Fede e coraggio

42

Il giovane senza pregiudizi

48

Sentimenti religiosi di alcuni generali dei nostri giorni .

50

Beatificazione della venerabile Maria Alacoque .

51

La mia patria (poesia) .

53

Il padre Mathieu e la società di temperanza in Inghilterra .

55 {139 [467]}

Michele Antonio Barbagianni alla fiera di Moncalieri

pag 58

Il giuoco del lotto (novella) .

66

Maniera facile per esser contento di tutto e di tutti, e star sempre allegro

74

Oh che bel dì (poesia)

77

II risentimento ed il perdono

84

Chi è D Ambrogio?! Dialogo tra un barbiere ed un teologo .

87

Delle stagioni e degli ecclissi .

102

Computi ecclesiastici - Feste mobili - I quattro tempi - Tempo proibito per celebrare le nozze solenni

103

Calendario per l’ anno comune 1865 .

104

Il Galantuomo dà a' suoi amici alcune norme per la coltura degli orti e giardini

135

 

 

 

 

TORINO 1864.

 

Tip. dell’ Orat, di s. Franc. di Sales. {140 [468]}

 

 




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