STORIA ECCLESIASTICA AD USO DELLE SCUOLE UTILE PER OGNI CETO DI PERSONE
Dedicata all’Onorat.-mo Signore F. ERVÉ DE LA CROIX
PROVINCIALE DEI FRATELLI D. I. D. S. C.
Compilata DAL SACERDOTE B. G.
TORINO
TIPOGRAFIA SPEIRANI E FERRERO
1845. {3[161]}
-------
Gli Editori intendono di godere del privilegio
dalle Leggi concesso, avendo adempiuto
quanto esse prescrivono.
------- {4[162]}
INDEX
Prefazione 3
Nozioni preliminari 3
Epoca Prima. Dalla nascita di Gesù Cristo fino alla condanna
dell'Arianesimo l'anno di G. Cristo 325,comprende an. 325. 5
Epoca Seconda. Dalla condanna dell'Arianesimo nel Concilio Niceno 325,
sino origine del Maomettismo nel 622 comprende an. 297. 24
Epoca Terza. Dall'origine del Maomettismo nel 622, fino alla
celebrazione del quarto Concilio Lateranense nel 1215, abbraccia lo spazio
d'anni 593. 36
Epoca Quarta. Dalla celebrazione del quarto concilio di Laterano e
duodecimo Ecumenico nel 1215, sino ai principi di Lutero nel 1517, racchiude
anni 302. 48
Epoca Quinta. Dai principii di Lutero nel 1517, fino al rapimento di
Pio VI nel 1798. Racchiude lo spazio d'anni 281. 59
Epoca Sesta. Dal rapimento di Pio VI nel 1798 fino ai tempi presenti;
racchiude anni 47. 71
Cronologia dei Sommi Pontefici 79
Onoratissimo Signore
La
stima e il rispetto che professo a V. S. Onorat.ma m'impegna a dedicarle
quest'Operetta, unico omaggio che le possa offerire. So benissimo, che si
opporrà la modestia di Lei ed umiltà; ma siccome essa è stata scritta
unicamente alla maggior gloria di Dio, ed a vantaggio spirituale principalmente
della Gioventù, nel che Ella indefessamente {5[163]} si
occupa, così le verrà tolto ogni pretesto di opposizione.
Si
degni adunque riceverla sotto la potente di Lei protezione, non sia più mia, ma
sua, e faccia sì, che scorra per le mani di chi vorrà giovarsene; mentre ho
l’onore di potermi dire col più profondo ossequio, e colla pile alta
venerazione
Di V. S. Onorat.-mo
Umil.-mo
ed Obb.-mo Servitore
Sacerdote
B.G. {6[164]}
Dedicatomi da più anni all'istruzione della gioventù, bramoso di porgere alla medesima tutte quelle più utili cognizioni, che per me fosse possibile, feci ricerca d'un breve corso di Storia Sacra principalmente, ed Ecclesiastica, che fosse alla sua capacità adattato.
Lessi quelle spettanti {7[165]} al vecchio e nuovo Testamento, le quali già corrono con gran vantaggio per le mani dei giovanetti, e ne rimasi pienamente soddisfatto. Venuto poi alla Storia ecclesiastica non potei essere appagato.
Imperciocchè ne trovai bensì molte; ma esse sono o troppo voluminose, o si estendono più del dovere nella Storia profana; alcune si possono chiamar piuttosto dissertazioni polemiche sui fasti della Chiesa; altre finalmente sono tradotte da lingue straniere e pigliano il nome di Storie parziali, e non universali, {8[166]} e quel che non potei osservare senza indignazione, si è che certi autori pare che abbiano rossore di parlar dei Romani Pontefici e dei fatti più luminosi che direttamente alla S. Chiesa riguardano.
Perciò mosso dal bisogno, e dalle istanze di molte zelanti ed autorevoli persone mi sono impegnato a compilare il presente compendio di Storia Ecclesiastica.
Ho letto tutte quelle che ho potuto avere scritte in lingue nostrali, o straniere, ed ho ricavato da ognuna quei sentimenti, {9[167]} e quelle espressioni che sono più italiane, semplici secondo la capacità di un giovanetto.
I fatti del tutto profani o civili, aridi, o meno interessanti, oppure posti in questione li ho affatto tralasciati, o solamente accennati; quelli poi che mi parvero più teneri, e commoventi gli ho trattati più circostanziatamente, affinché non solo l'intelletto venga istruito, ma il cuore eziandio provi tali affetti da rimanerne non senza gran giovamento spirituale compreso.
Per chiunque nacque e fu {10[168]} educato nel grembo della cattolica religione, parmi non possa esservi cosa più necessaria, e che tornar possa ad un tempo più gradevole, che quella Storia, la quale espone il principio, e il progresso di questa religione, e fa chiaro come essa in mezzo a tanti contrasti siasi propagata e conservata.
Perchè più facilmente si possa percepir quanto di più importante vi si contiene, l'ho divisa in epoche, il tutto esponendo in forma di dialogo. E ciò feci tutto col consiglio di prudenti persone. {11[169]}
Benedica dunque il Cielo questa tenue fatica, il cui scopo si è di accrescere la gloria di Dio, e di agevolare l'avanzamento nella cognizione di quella Storia, che di tutte, dopo la Sacra, è la più commendevole, e sia dal Ciel benedetto quel cortese lettore che vorrà giovarsene. {12[170]}
D. Che s'intende per istoria Ecclesiastica, e come si divide?
R. La storia Ecclesiastica altro non è, che la narrazione di quei fatti che furono avversi o favorevoli alla Chiesa dalla sua fondazione sino ai nostri tempi.
Ella si può dividere in sei età o siano epoche, in cui avvenne qualche fatto luminoso, che concerna la Chiesa universale.
La prima epoca comincia dalla nascita di Gesù Cristo, e si estende fino alla condanna dell'Arianesimo nel Concilio Niceno l’anno di Gesù Cristo 325.
La seconda dalla condanna dell'Arianesimo {13[171]} fino all'origine del Maomettismo l’anno 622.
La terza dall'origine del Maomettismo sino alla celebrazione del quarto Concilio Lateranese nel 1215.
La quarta dalla celebrazione del Concilio Lateranese sino ai principii di Lutero nel 1517.
La quinta dai principii di Lutero fino al rapimento di Pio VI nel 1798.
La sesta dal rapimento di Pio VI fino ai nostri tempi.
D. Che cosa è la Chiesa, e quali sono i suoi membri?
R. È la congregazione di tutti quelli che professano la fede e la dottrina di Gesù Cristo, e son governati da un Capo Supremo, che è il Vicario di lui in terra, e benchè la Chiesa chiamisi or greca, or latina, or gallicana, or indiana, nondimeno intendesi sempre la stessa Chiesa cattolica apostolica e romana. {14[172]}
V’ha in questa congregazione una Gerarchia Ecclesiastica, la quale è un ceto di Prelati e di Sacri Ministri, istituito da Dio per reggere la Chiesa, e per promuovere la santità negli uomini. Compongono questo ceto 1.° il Papa; 2.° i Cardinali; 5.° i Patriarchi; 4.° i Primati; 5.° gli Arcivescovi; 6.° i Vescovi; 7.° i Parrochi; 8.° i Sacerdoti e Diaconi.
1.° Il Papa o sia il R. Pontefice
che è il capo della Gerarchia, e di tutta la Chiesa riconosce la Suprema autorità da Gesù Cristo, il quale disse all'Apostolo S. Pietro, e in lui a tutti i suoi
Successori. « A Te darò le chiavi del Regno de' Cieli: pasci le mie pecorelle.
Tu sei Pietro, e sopra questa pietra (sulla tua persona) fabbricherò la mia
Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa ».
2.° I Cardinali sono coadjutori, e
consiglieri del Papa alcuni dei quali sono {15[173]} Legati, altri Nunzio
Prefetti pel Governo spirituale, o temporale della Chiesa. Il loro Collegio è
composto di settantadue membri, essi sono quelli che alla morte d'un Papa, si
radunano e ne eleggono il Successore.
3.° I Patriarchi nella
giurisdizione sono i primi dopo il Papa, ed hanno podestà sopra gli
Arcivescovi, e Vescovi d' uno o più Regni.
4.° I Primati sono Vescovi che
hanno le prime Sedi in un Regno, ed esercitano giurisdizione sopra gli
Arcivescovi e Vescovi, che non ne siano altrimenti eccettuati.
5.° Gli Arcivescovi hanno
giurisdizione sopra alcuni Vescovi determinati.
6.° I Vescovi presiedono al Clero
e al popolo cristiano delle loro rispettive Chiese, e Diocesi.
7.° I Parrochi sono Sacerdoti
destinati dal Vescovo al governo di una Chiesa che ha cura di anime. {16[174]}
8.° I Sacerdoti sono quei Sacri
Ministri, che hanno facoltà di celebrare la Santa Messa, e di rimettere i peccati.
9.° I Diaconi sono quei Chierici
Sacri più prossimi al Sacerdozio, che hanno facoltà di cantar il Vangelo nella
Messa solenne, di predicare, ed anche amministrare l'Eucaristia, ed il
Battesimo, non però senza commissione del proprio Vescovo, o del Parroco.
Vi sono anche i Sottodiaconi, gli Accoliti, Turiferari ecc. e sono quelli che aiutano gli altri Ecclesiastici nelle loro Sacre funzioni.
D. Che cosa sono i Concilii?
R. I Concilii sono adunanze di Vescovi convocati per trattare delle cose di Religione. Si chiamano comunemente Ecumenici, o Generali, Nazionali, Provinciali, e Diocesani.
Il Concilio Ecumenico o Generale è un'adunanza di tutti o della maggior parte de' Vescovi di tutto il mondo; alla quale {17[175]} o in persona, o per mezzo de'suoi Legati presiede lo stesso Papa, e in essa specialmente si decidono le controversie in materia di religione.
Il Concilio in questa maniera legittimamente congregato rappresenta tutta la Chiesa, ed approvato dal Papa è infallibile nel decidere gli articoli di nostra santa fede.
I Concilii Nazionali sono le assemblee de' Vescovi di tutta una nazione, o d'un Regno col loro Patriarca o Primate.
I Concilii Provinciali sono la convocazione de' Vescovi di una provincia col loro Metropolitano o sia Vescovo della Capitale del Regno.
I Concilii Diocesani detti
comunemente Sinodi sono assemblee composte del Clero d'una Diocesi col suo
Vescovo. {18[176]}
D. Qual era lo stato degli uomini prima della venuta del Messia?
R. Caduto il nostro primo genitore Adamo dallo stato d' innocenza in cui fu da Dio creato, egli e tutti i suoi posteri dovettero per molti secoli gemere {19[177]} sotto la dura schiavitù del demonio, il quale gran parte ne traeva seco ad eterna perdizione; nè vi era pell’uomo altro mezzo onde salvarsi, se non la venuta di quel Liberatore, che la bontà divina gli aveva promesso.
D. Quando venne questo Messia?
R. Circa l'anno del mondo quattro mila sotto l’impero di Augusto, essendo tutto il mondo in pace, il Verbo eterno per redimere il genere umano, si vestì della nostra carne, e nacque in Betlemme piccola città della Giudea il 25 di dicembre verso la mezza notte. Sua madre Maria Santissima e S. Giuseppe eransi colà portati per far registrare il loro nome secondo l'editto dell’Imperatore Augusto, ed essendo tutti gli alberghi pieni di forestieri, si videro costretti a ricoverarsi in una stalla; ed appunto in sì povera abitazione volle nascere il Signore del Cielo e della terra. {20[178]}
Subito un Angelo circondato di splendidissima luce si manifestò ad alcuni pastori, che passavano la notte alla custodia del gregge, annunziando loro la nascita del Messia, e nell'atto stesso una moltitudine di celesti spiriti fecero risuonar quelle parole di gioia: Gloria a Dio nel più alto de' Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà.
I pastori festosi si recarono in Betlemme, e vi trovarono quel Celeste Bambino, e dopo d' averlo adorato e riconosciuto pel loro Salvatore e loro Dio, colmi di allegrezza, e di consolazione là ritornarono, onde si erano partiti.
D. Chi era Maria madre di G. Cristo?
R. Essa era figlia di S. Gioachino e di S. Anna, discendenti ambidue dalla Reale Stirpe di Davidde, e dimoranti in Gerusalemme città capitale del Regno di Giuda.
Questi buoni coniugi essendo già molto in età avvanzati, erano ancora privi di {21[179]} prole; ma Iddio ascoltò le fervorose loro preghiere, e li consolò con un segnalato miracolo concedendo loro una figliuola che chiamarono Maria.
All'età di tre anni fu presentata nel Tempio per attendere colle altre vergini alle cose del divino servizio, e divenir poi degna d'esser madre di Dio.
Intorno ai quindici anni seguendo i divini consigli Ella fu sposata a S. Giuseppe uomo Santissimo di Nazaret, che visse insieme con Lei come fratello. Poco dopo l'Angelo Gabriele mandato da Dio le annunziò la sublime dignità di Madre di Dio. Maria assicurata che questa era tutta opera dello Spirito Santo, e che rimarrebbe vergine innanzi al parto, nel parto, e dopo il parto, si sottomise ai divini voleri, e consentì d'esser fatta madre del nostro S. G. C.
D. Qual fu l'infanzia e la fanciullezza di G. Cristo. {22[180]}
R. Otto giorni dopo la sua nascita fu circonciso, e gli fu imposto l' adorabile nome di Gesù; quivi a non molto tre Sapienti dell'Oriente comunemente detti i tre Re Magi, guidati da una prodigiosa stella vennero a Betlemme per adorare il nato Messia.
Toccando Gesù i quaranta giorni, fu da Maria presentato nel Tempio fra le braccia del vecchio Simeone.
Viveva tranquilla tutta la Sacra Famiglia, ma Iddio per mezzo d' un Angelo ordinò loro di portarsi nell'Egitto per isfuggire l'invidia del re Erode, il quale divenuto furioso all'intendere la nascita di un nuovo Re, aveva fatto pubblicar il barbaro decreto che tutti i fanciulli di Betlemme, e de' suoi contorni con inaudita strage fossero trucidati.
Intesa poi la morte di questo Principe, Gesù, Giuseppe e Maria al nuovo avviso dell'Angelo ritornarono dall'Egitto a fermare {23[181]} la loro dimora in Nazaret città della Galilea.
Era Gesù in età d'anni 12, quando andato co' suoi genitori in Gerusalemme a celebrar la Pasqua si smarrì, e dopo d' averlo cercato per ben tre giorni, eglino lo trovarono nel Tempio che disputava coi Dottori della legge.
Questo è l'ultimo fatto della fanciullezza di Gesù; il quale ritornato in Nazaret, tutto sommesso ed ubbidiente a Maria e a S. Giuseppe s'occupò nei bassi lavori di semplice artigiano.
D. Come passò i tre ultimi anni di sua vita?
R. Il nostro divin Salvatore passati pressoché trent'anni in una vita oscura e ritirata, diede poscia principio alla sua predicazione, che indefessamente continuò per circa tre anni. Scorreva i paesi, le città e castelli della Giudea predicando una dottrina infinitamente santa, beneficando {24[182]} ognuno con fatti prodigiosi ovunque egli passasse.
Universale benefattore dava la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, la loquela ai muti, la sanità agli infermi, la vita ai morti; con una parola acquetava le burrasche; cacciava i demoni, e per ben due volte con alcuni pani nutrì più migliaia di persone.
D. Raccontate in particolare alcuni miracoli di G. C.?
R. Benché tutti i miracoli di G. Cristo siano stati luminosi, nullameno se ne trovano due che fecero special impressione sui popoli. Uno di essi che fu il primo venne operato alle nozze di Cana piccola città della Galilea.
Ivi nel meglio del pranzo mancando il vino il Salvatore convertì l'acqua in vino sì buono, che superava di gran lunga quello che prima era stato amministrato ai convitati. Una grande moltitudine d' uomini rapiti da questo miracolo si fecero discepoli {25[183]} ossia seguaci di lui, e di questi dodici ne scelse per suoi Apostoli, i quali, tranne Giuda, gli furono indivisibili compagni, e fedeli seguaci sino a che ebbero sparso tutto il loro sangue per amore di lui.
D. Qual è l' altro miracolo?
R. L’altro miracolo insigne è il risuscitamento di Lazzaro. Predicava il divin Salvatore al di là del Giordano, allorchè gli fu detto che Lazzaro fratello di Marta e di Maria (famiglia molto amata da Gesù) trovavasi gravemente infermo. Gesù ritardò alcuni giorni ad andarlo a vedere; e giunse alla casa di lui (in Betania), che già da quattro giorni Lazzaro era stato sepolto. Maria stavasi mesta in casa con alcuni Giudei che erano venuti da Gerusalemme per consolarla. Marta come intese che Gesù veniva gli andò subito incontro, e giunta dinanzi a lui gli disse: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto, ma ben so, che tutte {26[184]} le cose che chiederai, Iddio te le concederà. Gesù rispose: risorgerà il tue fratello: e Marta: lo so che risorgerà, ma ciò sarà nell'ultimo giorno. Andò quindi dalla sorella, e le disse in secreto che era venuto Gesù. Maria levossi incontanente, e venne pure cogli occhi bagnati di lagrime a lui, e come l'ebbe veduto gli si gettò ai piedi, e gli disse: Signore, se fossi tu stato qui, il mio fratello non sarebbe morto. Gesù a tale pianto conturbossi, e dimandò: dove l’avete posto? Gli risposero: Signore vieni e vedi; e lo condussero al monumento, che era una caverna chiusa da una pietra.
Allora Gesù fu talmente commosso che cominciarono spuntargli sugli occhi le lacrime, di che dissero i Giudei: vedete come l'amava? Altri dicevano: non poteva costui che apri gli occhi del cieco nato fare che questi non morisse? Gesù comandò: togliete via la pietra; rispose {27[185]} Marta: son quattro giorni che è morto; già è fetente. E Gesù: non ti ho detto che se crederai vedrai la gloria di Dio? Levarono dunque la pietra, e Gesù, alzati gli occhi al Cielo, ringraziando il Padre, che l'aveva esaudito, siccome sempre, chiamò a gran voce: Lazzaro vieni fuori: a tali parole Lazzaro legato i piedi e le mani, e con la faccia coperta d'un Sudario uscì fuori subitamente; e Gesù disse: scioglietelo, e lasciatelo andare. Tale fu il risuscitamento di Lazzaro.
D. Qual effetto produsse questo miracolo?
R. Alla vista di questo e d'altri pressochè infiniti miracoli operati dal nostro divin Salvatore, benchè gran parte degli spettatori credessero in lui, altri però divennero più increduli ed ostinati.
I Sacerdoti giudei, i Dottori della legge, gli ipocriti Farisei, terribili nemici del Salvatore, già più volte avevano tentato {28[186]} di farlo perire, e il loro furore era sempre tornato inutile, perchè l’ora di Gesù Cristo non era ancor giunta. Ma la risurrezione di Lazzaro operata sui loro occhi, invece di convertirli, mise il colmo alla loro audacia, e li fece determinare a voler assolutamente la morte del Salvatore.
D. Raccontate adunque la morte di nostro Signore.
R. Approssimatasi l'ora che Gesù aveva più volte predetto a'suoi discepoli, di voler tutto spargere il suo sangue per la redenzione del genere umano; Egli sei giorni prima della Pasqua fu ricevuto in trionfo nella città di Gerusalemme; il giovedì seguente vigilia di sua morte verso sera, dopo aver mangiato l’agnello pasquale co' suoi Apostoli istituì il SS. Sacramento dell'Eucaristia, poscia andò con loro nel giardino degli Olivi, dove patì lunga, e si penosa agonia, che copioso sudar {29[187]} di sangue grondando dal suo corpo scorreva sulla terra.
Fu là appunto che l' infelice Giuda Iscariotae perfido discepolo, tradì con un bacio sacrilego il suo Divin maestro, e lo diede nelle mani de' Giudei. Gesù, il quale sebben fatto uomo era sempre Dio onnipotente, con una sola parola tutti gettolli tramortiti a terra; ma egli era anche Dio Salvatore, e aveva risoluto di morir egli solo per dar la vita a tutto il mondo, perciò si consegnò di nuovo nelle mani de' suoi nemici.
Il giorno seguente carico di catene fu condotto a Pilato allora posto dai Romani per Governatore della Giudea. Ivi con alte grida e schiamazzi, si sollecitava la morte di Gesù; ed egli alle calunnie, agli insulti, alle bestemmie, non rispondeva che col suo modesto silenzio. Fu battuto con verghe, coronato di spine, oltraggiato da una barbara e vile soldatesca; e per colmo {30[188]} di disprezzo condannato al supplizio degli schiavi più infami, ascese sul Calvario, portando il pesante legno della croce, su cui in mezzo a due ladroni verso le tre dopo il mezzo giorno mandò l’ultimo respiro, e colla sua morte volontaria trionfando dell'inferno, consumò la redenzione del genere umano.
D. Che seguì alla morte di Gesù Cristo; e come risuscitò?
R. In seguito a sì enorme misfatto si videro portenti non più uditi: oscurossi il sole, si coprì di tenebre la terra, si spaccarono i macigni, i sepolcri s' aprirono, squarciossi il velo del Tempio, e tutta la natura parve si mostrasse commossa alla morte del suo Autore.
I soldati scossi dallo spavento, e compresi dal dolore confessavano la divinità di Colui che avevano crocifisso. Solo i Farisei e i Sacerdoti della ormai riprovata Sinagoga divenendo vieppiù ostinati, ad {31[189]} altro non pensavano che a distruggere, se mai lor fosse stato possibile, sino il nome di Gesù Cristo. Ma che potevano mai i miseri loro sforzi contro un Dio onnipotente? Gesù stette morto circa tre giorni, e il terzo giorno siccome Egli aveva predetto risuscitò dal sepolcro glorioso, e trionfante; si fece vedere a' suoi Apostoli radunati insieme, e rinnovò le apparizioni durante quaranta giorni, che Egli impiegò nel confermarli e istruirli nella fede.
Il quarantesimo giorno li recò sul monte degli Olivi, e da questo luogo alla loro presenza si alzò e sali al Cielo, lasciando loro facoltà e ordine di predicar il Vangelo a tutte le nazioni.
D. In qual giorno discese lo Spirito Santo sugli Apostoli, {32[190]} e si fece la prima predicazione del Vangelo?
R. Nel giorno della Pentecoste, cioè dieci giorni dopo l’Ascensione, e quaranta dopo la Risurrezione, gli Apostoli e gli altri discepoli con Maria madre di Gesù, e le altre sante donne che l'avevano seguito, si erano tutti radunati nel Cenacolo, dove erano perseveranti nell’orazione; quando ad un tratto verso le tre ore del giorno si udì un rumore a guisa di un vento impetuoso. Al tempo stesso apparirono alcune lingue di fuoco, che visibilmente si andarono a posare sopra il capo di ciascuno di quelli che erano in quel santo luogo, i quali tutti rimasero illuminati dallo Spirito Santo, e subito cominciarono parlare diversi linguaggi, e a pubblicar altamente le maraviglie che testè si erano in loro operate.
V'era allora in Gerusalemme un gran numero di Giudei quivi accorsi da ogni parte del mondo per celebrar la festa della Pentecoste. Al rumore del prodigio corsero onde esserne eglino stessi testimoni oculari. Allora s. Pietro capo e principe degli Apostoli pigliò quinci occasione di {33[191]} predicar il Vangelo, e far loro conoscere Gesù Crocifisso, e risuscitato. E poichè era lo Spirito Santo che parlava per la di lui bocca, il suo discorso riuscì tanto efficace, che tre mila di coloro che l'avevano ascoltato credettero in Gesù Cristo, e ricevettero il battesimo (anno di Gesù Cristo 33).
D. Quale vita tenevano i primi cristiani?
R. Tutti que'nuovi fedeli erano tra loro talmente uniti, che secondo l'espressione della Sacra Scrittura formavano un sol cuore, e un' anima sola. Non v' erano poveri tra di loro, perciocchè coloro che avevano terre o case le vendevano, e ne portavano il prezzo ai piedi degli Apostoli, perchè lo distribuissero a ciascheduno secondo il bisogno.
Erano attenti nell'ascoltar la parola di Dio, perseveranti nell'orazione, e sommamente divoti nella frazion del pane, cioè nella partecipazione della divina Eucaristia. {34[192]} La maggior parte di essi, che prima erano intemperanti, ambiziosi, avari, voluttuosi; appena battezzati divenivano tutti uomini nuovi, uomini umili e mansueti di cuore, casti e mortificati, distaccati dai beni della terra, pronti a tutto perdere, e tutto soffrire pel nome di Gesù Cristo.
D. Quali ostacoli trovarono gli Apostoli nel principio di lor predicazione?
R. Ne trovarono moltissimi, e furono da parte di coloro che più facilmente avrebbero dovuto credere: i principi dei Sacerdoti poco commossi dallo strepito dei loro miracoli, dell'innocenza della loro vita, dalla santità della lor dottrina, li fecero metter in prigione e battere con verghe; ma gli Apostoli pieni di gioia per esser stati giudicati degni di patire qualche cosa pel nome di Gesù Cristo sembravano pigliar nuove forze, e animarsi di nuovo zelo alla vista degli sforzi {35[193]} che faceva l'inferno per arrestare i progressi del Santo Vangelo.
D. Chi fu il primo martire della santa Fede?
R. Fu s. Stefano di nazione Greco. Gli Apostoli l'ordinarono Diacono, ossia ministro affinchè assistesse alla mensa, e distribuisse la santa Eucaristia. Gli Ebrei vollero disputar con lui delle verità del Vangelo, e rimasero vergognosamente confusi. Per la qual cosa si sdegnarono talmente contro di lui, che trascinatolo a furia di popolo fuori di Gerusalemme, a ripetuti colpi di pietra venne iniquamente messo a morte. Egli è detto protomartire, cioè primo di tutti i fedeli che abbia avuto l'onore di spargere il suo sangue, e dar la vita per Gesù Cristo.
Poco tempo appresso l'Apostolo s. Giacomo fratello di s. Giovanni l'Evangelista ebbe tronca la testa. E s. Pietro avrebbe 'dovuto correre la stessa sorte, se {36[194]} un Angelo inviato da Dio non l'avesse liberato di prigione la notte medesima che precedette il giorno assegnato pel suo supplizio.
D. Chi era s. Paolo?
R. S. Paolo conosciuto prima sotto il nome di Saulo nato a Tarso capitale della Cilicia da parenti ebrei della tribù di Beniamino, aveva un' indole focosa e molto intraprendente. Giunto all'età capace andò a far i suoi studi in Gerusalemme sotto il dottore Gamaliele, seguitando le massime de' Farisei, vale a dire di coloro che facevano consistere tutta la loro pietà nel diportamento esteriore. Aveva egli pure molto contribuito alla morte di s. Stefano, e animato da un falso zelo per la legge di Mosè, faceva ogni sforzo per atterrare la nascente Chiesa di G. Cristo.
D. Come si convertì?
R. Or mentre un giorno camminava per la via che conduce a Damasco, tutto {37[195]} spirante minaccie e strage contra dei cristiani, investito della facoltà di metter in catene tutti i figli di Giacobbe uomini e donne che si fossero fatti cristiani, e tradurli poscia in Gerusalemme per essere quivi giudicati. Senza che egli per anco se ne fosse avveduto, giunse al termine che la misericordia Divina voleva di quel feroce persecutore far un vaso di elezione, cioè un Apostolo di quel Vangelo che tanto odiava.
Alla metà del suo viaggio tutto ad un tratto vien circondato da una luce più risplendente, che quella del sole, e intanto ode una voce che gli dice: «Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti? Io sono Gesù Cristo, tu perseguitando i miei discepoli, perseguiti me stesso». Saulo percosso da queste parole come da un colpo di fulmine, fu egli, con tutti quelli che l'accompagnavano gettato a terra, e con voce tremante: «Signore, disse, che volete {38[196]} voi che io faccia? » Alzati, ripiglia la voce, entra nella città, e là ti sarà insegnato ciò che hai da fare». Saulo che lo spavento aveva prosteso a terra, si rialza, ma egli era divenuto cieco in guisa, che fu costretto farsi condurre per mano da' suoi compagni sino a Damasco, dove ricevendo il battesimo acquistò miracolosamente la vista; quindi tosto si pose indefesso a predicare anch'egli il Santo Vangelo.
Quelli che sapevano la smania, ed il furore che Paolo aveva prima spiegato contro i fedeli, rimasero attoniti ad un sì repentino cangiamento. Ma Paolo lasciando dire, e pensare quel che ognuno voleva intorno alla sua conversione, si fortificava nella fede, e disputando contro gli Ebrei tutti li confondeva provando loro colle Sacre Scritture, e più ancora co'suoi miracoli che Gesù Cristo era veramente il Messia predetto dai Profeti, è inviato da {39[197]} Dio per esser il Salvatore degli uomini.
D. Chi fu il primo de' Gentili che abbia abbracciata la fede cristiana?
R. Fu questo un Officiale romano di Cesarea, di nome Cornelio. Esso era timorato di Dio, sovente digiunava e faceva abbondanti limosine. Un giorno mentre pregava gli apparve un Angelo, e gli disse: « le tue preghiere e le tue limosine sono giunte sino al trono della misericordia Divina. Ora ecco quello che tu devi fare. Manda in Ioppe a cercare un certo Simone cognominato Pietro; egli ti insegnerà quanto dovrai fare per esser salvo ». Udite tali parole Cornelio mandò tosto tre de' suoi servi a Ioppe. Erano ormai vicini alla città, quando Pietro ebbe una visione, in cui Iddio fecegli conoscere, che tanto i Gentili, quanto gli Ebrei erano chiamati alla cognizione del Vangelo, e in loro compagnia partì immantinente. {40[198]} Intanto il pio Cornelio raccolti aveva in casa sua tutti i suoi parenti ed amici per fare accoglienza al santo Apostolo, e mossosi incontro a lui, appena gli fu innanzi umilmente s'inginocchiò. Lo rialzò Pietro, e come si fu assicurato delle disposizioni di tutta l'adunanza, lo istruì negli Evangelici misteri. Mentre tuttavia parlava, in un modo straordinario lo Spirito Santo discese visibilmente sovra i suoi uditori, e comunicò loro il dono delle lingue. Pietro subito li battezzò, e questi nuovi fedeli furono come le primizie della conversione dei Gentili.
D. Quale fu la prima martire fra le donne?
R. Fu l'illustre vergine S. Tecla. Nata in Iconio da nobile famiglia, all'età di 18 anni ella era stata promessa in matrimonio ad uno dei più illustri giovani del paese, ma istrutta dall'Apostolo san Paolo (an. 46) nelle verità della fede, rinunciò {41[199]} generosamente a quest'alleanza, e preferì a tutti i vantaggi che le venivano posti innanzi l'umile e santa verginità. Il suo fidanzato cangiò l'amore che le portava in furore, e fece che fosse sottoposta ai più acerbi tormenti. Venne dapprima gettata sopra un rogo ardente, ma fatto il segno della S. Croce, d'improvviso dal Cielo discese una prodigiosa pioggia, che spense l' ardente fiamma. Fu esposta ai tori, alle bestie feroci, quindi precipitata in una fossa piena di serpenti, ma per virtù divina andò sempre da ogni tormento illesa. Visse poi ancora lungamente in pace, indi colma di meriti, prima del suo sesso, che fosse coronata del martirio in età d'anni 90 nella propria patria andò a trovare il suo celeste sposo.
D. Qual fu il primo degli Eretici?
R. Fu Simone di Gitone soprannominato il mago dai molti prestigi che egli operava per ingannar la gente. Venuto {42[200]} nella Samaria si presentò a s. Pietro per ottenere con danaro la facoltà di far miracoli, il che essendogli stato negato, si dichiarò aperto nemico de' cristiani. In seguito si portò a Roma per confondere s. Pietro, che vi predicava il Vangelo, e lo sfidò a dar prove della verità di sua dottrina, proponendogli di levarsi per aria sopra un carro trionfale alla presenza di tutto il popolo Romano, siccome lui che levossi di fatto. Ma mentre cominciavasi ad ammirar Simone che volava, s. Pietro fece una breve preghiera, con cui tolse la forza al demonio che lo sosteneva, e l'infelice Simone dall'alta sua elevazione cadde giù precipitosamente a terra, e diede uno scroscio tale che rimase sfracellato.
D. Qual fu la morte di Maria SS.?
R. La morte dell'augusta Madre del Salvatore che credesi avvenuta l'anno 61 di sua età, 12 dopo quella del suo Divin Figliuolo, è raccontata dall'insigne {43[201]} padre della Chiesa s. Giovanni Damasceno in questa precisa maniera. Giunto il tempo che Dio voleva liberare da quest'esilio la Regina degli Angeli, oltre s. Dionigi Vescovo d'Atene, s. Timoteo Vescovo d'Efeso, gli Apostoli che erano sparsi per le varie parti del mondo a predicar la dottrina di Gesù Cristo, per virtù angelica tutti si trovarono radunati in Gerusalemme intorno al letto di Maria Santissima, la quale non già di dolore, ma di puro amor di Dio, a guisa di chi dolcemente piglia sonno, spirò. Subito si udì una psalmodia celeste che echeggiava per tutta quell'abitazione, e continuarono quei celesti cantici per ben tre giorni, anche dopo che il cadavere di Lei era già stato processionalmente portato ad essere seppellito a Getsemani. S. Tommaso non erasi trovato presente alla morte di Maria, e giuntovi il terzo giorno, dimandò a titolo di special favore, giacchè non {44[202]} poteva più vederla viva, almen gli fosse concesso di venerare per anco una volta il di Lei santo corpo. Vanno insieme cogli altri Apostoli al sepolcro, lo aprono, (era cessata la celeste psalmodia) guardano per entro, e più non veggono il corpo di Maria, bensì i soli pannolini in cui esso era stato avvolto, che tramandavano tuttora fragrantissimo odore. Allora tutti pieni di stupore, gli Apostoli esclamarono ad una voce: « Quegli a cui piacque prendere umana carne da Maria Vergine, farsi uomo in Lei, nascere da Lei, quel Dio Verbo, Signore della gloria, che innanzi al parto, nel parto, e dopo il parto avevane il corpo conservato immacolato, incorrotto volle conservarlo, e glorioso farlo dagli Angeli portar in Cielo prima del comune, ed universal risorgimento ». Chiesa Santa celebra la solennità di questa maravigliosa assunzione al Cielo di Maria SS. il 15 agosto. {45[203]}
D. Gli Apostoli predicarono il Vangelo solamente nella Giudea?
R. Si erano essi dapprima stabiliti nella Giudea. Iddio però che voleva il suo nome fosse predicato e conosciuto presso tutte le nazioni, si servì dell'indocilità ed ostinatezza de'Giudei per obbligare i predicatori del Vangelo a separarsi e andarsene nelle varie regioni dell'universo (an. 45).
Fedeli alle disposizioni del Cielo andarono a portar la luce del Vangelo alle regioni da tanti secoli immerse nelle tenebre della cieca idolatria. S. Pietro portò la dottrina Evangelica in Antiochia, dove i seguaci di Cristo presero il nome di cristiani, scorse la Siria; e dopo sette anni si recò a Roma. S. Paolo la portò nell'Arabia, nell'Asia minore, nella Macedonia, nella Grecia, d'onde andò a raggiungere S. Pietro nella capitale del mondo. San Tommaso annunziò Gesù Cristo nelle Indie. S. Giovanni nell'Asia minore. S. Andrea {46[204]} presso gli Sciti. S. Filippo nell'Asia maggiore. S. Bartolommeo nella grand' Armenia. S. Matteo nella Persia. S. Simone nella Mesopotamia. S. Giacomo il maggiore nella Spagna. S. Giuda nell'Arabia. S. Mattia nell'Etiopia. In simil guisa in meno di trent'anni dopo la prima predicazione del Vangelo, il vero Dio ebbe degli adoratori in tutte le parti del mondo.
D. Gli Apostoli e i primi discepoli predicarono solo a viva voce, od anche per iscritto?
R. Gli Apostoli, ed altri primi discepoli di G C. ci lasciarono molti scritti, i quali tutti insieme formano quello che noi chiamiamo il nuovo Testamento.
Questi scritti sono i quattro Vangeli di s. Matteo, di s. Marco, di s. Luca, e di s. Giovanni; gli atti apostolici scritti da s. Luca; le quattordici lettere di san Paolo; quella di s. Giacomo; due di s. Pietro; tre di s. Giovanni; una di {47[205]} s. Giuda; e finalmente l’Apocalissi di s. Giovanni.
D. Quante furono le persecuzioni generali di quest'epoca, e chi fu l’autore della prima?
R. Le persecuzioni suscitate contro ai cristiani per arrestar i progressi del Vangelo furono dieci, e tutte terribilmente sanguinose; la prima fu mossa dall'imperatore Nerone. Questo Principe insensato e crudele aveva incendiato tutta la città di Roma, solo per piacer di vederla abbruciare; poi gettò tutta la malvagità di quest' azione sovra i cristiani, ch'egli sommamente odiava, perchè s. Paolo aveva fatto delle conversioni sin nel proprio di lui palazzo. Nerone non già si contentò de' supplizi ordinarii; fra un gran numero di cristiani, che egli fece morire, gli uni vennero inviluppati con pelli di bestie selvaggie, ed esposti a cani da caccia; altri rivestiti di vestimenta tuffate {48[206]} nella pece legati a pali, e sottopostovi fuoco servivano di fiaccole la notte per far lume ai giuochi del circo.
D. Qual fu la morte di s. Pietro, e di s Paolo?
R. In questa prima persecuzione, appunto questi due principi degli Apostoli in Roma coronarono il loro lungo, e faticoso apostolato colla palma del martirio.
Furono ambidue chiusi nel carcere Mammertino appiè del Campidoglio, dove convertirono le guardie, con quarantasette altre persone imprigionate nel medesimo luogo. S. Pietro fu condannato ad esser crocifisso sul monte Gianicolo, la qual sentenza venne eseguita il ventinove giugno l'anno 66 dell'era cristiana. Egli intrepido, e solo occupato della gloria del Redentore, dimandò per umiltà di essere crocifisso colla testa all'ingiù, reputandosi indegno di essere trattato anche nei tormenti {49[207]} come il suo Divin maestro. Lo stesso giorno s. Paolo fu condotto tre miglia distante da Roma nel luogo detto le acque Salvie, dove giunto gli fu troncata la testa.
D. Qual fu la morte del crudel Nerone?
R. Questo fiero persecutor de' cristiani tanto barbaro e crudele verso gli altri, infine permise Iddio che lo fosse pur contro se stesso.
Tante barbarie esercitate contro ogni condizione di persone, senza risparmiar il proprio maestro (il gran filosofo Seneca), nè la madre, che pure procurò fosse iniquamente trucidata, tutte queste nefandità gli tirarono addosso un odio universale di tutti i suoi sudditi, i quali si gridarono un altro imperatore. Nerone non men vile che feroce, dalla soverchia paura parve tratto di senno; punto più non badando a migliorar il suo destino, fuggì da Roma di mezzanotte involto in un vile {50[208]} mantello, per ritirarsi così travisato nella casa villereccia di Faone, uno de' suoi liberti a distanza di circa tre miglia dalla città. Oppresso nella fuga dalla sete, e costretto a bere acqua limacciosa nel cavo della mano, non potè tenersi dal farne querela dicendo: « questi sono i liquori di Nerone? » Il domani ebbe notizia, che il Senato dopo averlo proscritto, lo condannava a spirar sotto le verghe. Poco appresso vide il suo asilo invaso da' suoi persecutori. Per iscansare il supplizio si trapassò da sè stesso col pugnale la gola, e morì l’anno sessantesimottavo di Gesù Cristo il nove di giugno, il medesimo dì che aveva fatto morir sua madre, in età di 31 anni, dopo averne regnati 13 e e mezzo; mostro di crudeltà, che in sì breve corso di vita trovò modo di fare inorridire del suo nome i tiranni medesimi; il più empio degli uomini, che perciò meritava d' essere il primo persecutore di una religione la più santa. {51[209]}
D. Come furono castigati gli Ebrei pel Deicidio commesso contro la persona del Salvatore?
R. Siccome questo fu il delitto più enorme che siasi mai commesso, o possa commettersi al mondo, cosi venne da Dio punito col più tremendo castigo.
Già il Salvatore aveva predetto che in pena della loro perfidia, prima che fosse succeduta altra generazione, sarebbero stretti d'assedio nella loro città, ridotti a tanta calamità da chiamar fortunate quelle donne, che fossero rimaste sterili, e che quel popolo deicida disperso in tutte le parti andrebbe privo di principe, di Sacerdozio, di Tempio; anzi quello stesso lor Tempio in cui per l’avanti cotanto si era Iddio compiaciuto, sarebbe affatto distrutto, non rimanendo più pietra sopra pietra. Ecco questo come si avverò.
Segni orribilmente strani giorno e notte si rendevano manifesti. Un certo Anano, {52[210]} che non si sapeva d'onde venisse, non rifiniva mai di gridare: « guai al Tempio, guai a Gerusalemme, voce dall'oriente, voce dall'occidente, voce dai quattro venti, guai al Tempio, guai a Gerusalemme ». Queste grida si fecero udir per tre anni, dopo cui sclamando: « guai a me stesso » fu colpito da una pietra, e morì. Inoltre dopo spaventevole fracasso fu udita acuta voce fortemente sclamare: « usciamo di qui, usciamo di qui ». Da questi insoliti portenti i cristiani dimoranti in Gerusalemme, conobbero esser giunto il tempo, che la vendetta divina doveva piombare sulla nazione Ebrea. Perciò secondando gli avvisi dei loro Pastori, si ritirarono nella piccola città di Pella nel mezzo delle montagne della Siria. Nel medesimo tempo regnava pur tra i Giudei la discordia, e la dissenzione sì, che formando tra loro diverse fazioni, ben presto vennero a' più gravi eccessi. {53[211]}
Vespasiano intanto Generale dell'esercito Romano, lasciava che gli Ebrei si andassero distruggendo da sè medesimi, onde poter in seguito ridurli più facilmente al nulla. Quando poi fu creato imperatore dei Romani, incaricò Tito suo figliuolo che si portasse a Gerusalemme, e la stringesse d'assedio. Questo giovane Principe venne a fermar il campo a distanza di circa due miglia dalla città, e ne chiuse tutte le uscite. Avvenne questo circa le solennità della Pasqua, in cui una grande moltitudine di Giudei da tutte parti intervenuti si trovavano quivi rinchiusi, onde la penuria dei viveri si fece ben tosto terribilmente sentire.
La maggior parte degli abitanti trovavasi ridotta a mangiar qualunque cosa potesse avere, e ogni più misero alimento tentavano l'un l'altro strapparsi di mano, affine di acquetar la rabbiosa fame (iratum {54[212]} ventrem placare). E perciocchè i capi di fazione ben lungi dal mostrarsi commossi a tante miserie, parevano anzi vieppiù furiosi, ed ostinati nel non volersi arrendere ai Romani, a poco a poco la mancanza de' cibi divenne sì orribile, che si andava frugando perfin nelle fogne, e divoravano per cibo le più ributtanti lordure.
E ciò che fa ribrezzo a raccontare sì è il fatto di una madre, la quale stretta dalla fame franse i vincoli del sangue, e calpestò i diritti della natura. Fissando ella gli occhi sovra un innocente fanciullo che invano le succhiava le aride mammelle: « sventurato, gli dice, a che ti serbo? A soffrir mille orrori innanzi di spirare, o soffrir per colmo di sventura un indegua schiavitù ». Così dicendo lo impugna, lo scanna, lo arrostisce, ne mangia la metà, e il resto nasconde. Orrore che quegli stessi che lo videro, a gran pena lo potevano credere. {55[213]} Tito che già erasi reso padrone d' una parte della città, fece dare l'attacco al Tempio, e appiccare il fuoco alle porte, ordinando però di conservar il corpo dell'edifizio. Ma un soldato romano preso un tizzone di fuoco e lo gettò nell'appartamento interiore; il fuoco s' accese tosto, e a dispetto di tutti gli sforzi che fece Tito per arrestar l'incendio e conservarlo, tutto il Tempio fu intieramente dalle voraci fiamme consumato. I Romani trucidarono quanti lor venne dato trovar nella città, e misero tutto a fuoco e sangue (an. 70).
Così fu avverata la profezia di Gesù Cristo. Lo stesso Tito confessò che un tal successo non era punto opera sua, e che egli non era stato altro che l’istrumento dell'ira divina. Durante quest'assedio perirono un milione e cento mila abitanti; il resto di questo popolo Deicida fu disperso per tutto il mondo, condannato da Dio ad {56[214]} andar qua e là errante senza principe, senza altare, e senza sacrifizio, in mezzo a nazioni straniere fino al finir dei secoli, nel qual tempo egli aprirà gli occhi, e riconoscerà il suo Dio in colui che ha crocifisso.
D. Quale fu la seconda persecuzione?
R. I cristiani godettero alquanto di pace sotto i pacifici imperatori Vespasiano e Tito. Ma Domiziano lor successore, che aveva tutti i vizi di Nerone, ebbe anche lo stesso odio contro del cristianesimo. Una pressochè innumerabile moltitudine di persone d'ogni età e d'ogni condizione fu vittima della sua crudeltà, non eccettuati alcuni de' suoi più prossimi parenti.
Ma ciò che rese più celebre la persecuzione di Domiziano, fu il martirio di s. Giovanni l’Evangelista. Questi fu immerso in una caldaia d'olio bollente, senza che però egli ne ricevesse alcun male. Questo miracolo avvenne in Roma vicino {57[215]} alla porta Latina (an. 93). S. Giovanni avendo così sfuggito la morte, fu relegato da Domiziano a Patmos isola dell'Arcipelago, dove nel silenzio della solitudine ebbe maravigliose rivelazioni, che egli scrisse e formano il libro dell’Apocalissi. Questo santo Apostolo dopo la morte di Domiziano ritornò in Efeso, dove visse sino al finir del primo secolo, e morì colla consolazione di veder la semenza del Vangelo produr benefici frutti per tutto il mondo, in età d'oltre cent'anni nel 104.
D. Fateci conoscere la terza persecuzione sotto Traiano?
R. L'imperator Traiano, sebbene la storia lodi la sua clemenza, contribuì alle crudeltà che si esercitarono nella terza persecuzione. Egli volle che le sanguinose leggi de'suoi predecessori fossero mantenute in vigore, ed eseguite nell'impero.
Noi ne abbiamo una prova nella risposta di questo Principe a Plinio il giovine {58[216]} governatore della Bitinia. Plinio aveva scritto a Traiano per consultarlo sulla condotta che tener doveva riguardo ai cristiani: « tutta la colpa loro, egli dice, consiste nel cantar inni in onore di Cristo, essi sono in numero grandissimo, di ogni età, e d' ogni condizione, nella città e nelle campagne, a segno che i Tempii dei nostri Dei sono quasi deserti. Del resto la loro condotta è pura, ed innocente ».
Tale fu la testimonianza che un persecutore rendeva del numero, e della santità dei cristiani. Traiano gli rispose « che non occorreva fare ricerche di cristiani; ma che qualora essi fossero accusati, e convinti, come tali si dovessero punire colla pena di morte ». Risposta veramente assurda, imperciocchè se i cristiani erano colpevoli, perchè proibire di ricercarli? Se poi erano innocenti, perchè punirli colla morte?
D. Quali sono i martiri più illustri di questa persecuzione? {59[217]}
R. I due martiri più illustri fatti da questa persecuzione, furono s. Ignazio Vescovo di Antiochia, e s. Simeone. S. Ignazio già da 40 anni formava l'edificazione del suo gregge, che esso aveva saputo conservar saldo nella fede durante tutta la tremenda persecuzione di Domiziano. Il suo più gran desiderio era di poter anch'egli ottener la palma del martirio, e ne fu appagato. Accusato e condotto dall'imperatore qual capo, e difensore della religion cristiana, venne condannato ad essere gettato nell'anfiteatro onde essere dalle fiere divorato (an. 114). S. Simeone Vescovo di Gerusalemme fu denunziato e per esser cristiano, e per esser della stirpe Davidica, che si voleva affatto estinta. Si tormentò più giorni onde costringerlo a sacrificare agli Dei dell'impero, ma riescendo vano ogni tentativo, fu condannato da Traiano ad esser crocifisso in età d'anni 120. Così l'ultimo de' testimoni {60[218]} di veduta del Redentore patì la morte medesima del Divin maestro (an. 114).
D. Quali' era l’estensione della Chiesa alla metà del secondo secolo?
R. Dopo la metà del secondo secolo, la Chiesa di Gesù Cristo benché ancora nascente riempiva già tutta la terra; ella s' estendeva non solamente nell’Oriente cioè nella Palestina, nella Siria, nell'Egitto, nell'Asia minore e nella Grecia; ma ancora nell'Occidente cioè nell'Italia, nella Francia, nella Spagna, nell'Africa, nella Germania, nella Gran Brettagna. Essa si era già propagata perfino nei paesi dove le armi romane non avevano per anco potuto penetrare; nell'Armenia, nella Persia, e nell'Indie, presso i popoli più barbari, i Sarmati, i Daci, gli Sciti, i Mori, i Getuli, e perfino nelle isole più sconosciute trionfava la Chiesa di Cristo, e per tutto era pieno di cristiani.
D. A che si deve attribuire la quarta persecuzione sotto Marco Aurelio? {61[219]}
R. Essa si deve attribuire alle calunnie di cui furono cagionati i Cristiani. Prevenuto da queste false imputazioni, l’imperatore Marco Aurelio rinnovò gli editti di persecuzione (an. 162). Le prime violenze si esercitarono a Smirne, e furono orribili assai. Ma nel mezzo di questi tormenti i cristiani si mostravano talmente imperturbabili, e costanti, che gli spettatori erano inteneriti infino alle lagrime, solamente questi generosi soldati di Gesù Cristo si presentavano con gioia al supplizio, e non aprivano bocca, se non per lodare e benedire il Signore. Un giovanetto di nome Germanico, faceva animo agli altri col suo esempio. Prima che fosse esposto alle bestie, il giudice facendo l'ultimo sforzo per guadagnarlo; il santo martire gli rispose: che amerebbe meglio perdere mille vite, che conservarne una al prezzo della sua innocenza; quindi avanzandosi verso un leone che gli veniva {62[220]} incontro, e cercando la morte nelle fauci, e fra i denti di quest'animale furioso, si affrettò di uscire da un mondo in cui cotanto trionfa il delitto e l’empietà.
Fu pure in questa persecuzione, che s. Policarpo discepolo dell'Apostolo san Giovanni, e Vescovo di Smirne fu condannato ad essere bruciato vivo, rendendo così una gloriosa testimonianza alla divinità di Gesù Cristo.
D. La quarta persecuzione non fu ella per qualche ragione sospesa?
R. Sì; all'occasione d'un segnalato favore che i soldati cristiani ottennero dal Cielo a benefizio di Marco Aurelio, esso fece cessare alquanto la quarta persecuzione.
Le truppe romane si trovavano accampate nelle montagne della Boemia circondate dai barbari, che di gran lunga loro erano in numero superiori. Era nel bollor della state, e vi mancava l'acqua. In queste strettezze i soldati cristiani si {63[221]} posero ginocchioni, e porsero a Dio fervorose preghiere dirimpetto al nemico stesso, che li motteggiava; quando tutto ad un tratto si copre di nuvole il Cielo, e una dirotta pioggia cade nel campo romano. A quest'inaspettato prodigio subito levarono la faccia all'insù, ricevendo così l’acqua nella lor bocca, tanto era ardente la loro sete; di poi empirono i loro elmi, e bevettero essi ed i loro cavalli. I barbari giudicarono un tal momento favorevole per attaccarli. Ma il Cielo armandosi a pro dei Romani, scaricò sopra i nemici una terribil grandine, che mischiata a tuoni e fulmini rovinò tutti i loro battaglioni; dimodochè tutti rimasero vinti e passati a fil di spada. Le truppe cristiane che avevano ottenuto questo favor dal Cielo, ricevettero il nome di Legion fulminante. L’imperatore tocco da tal prodigio cessò per qualche tempo dal perseguitar i cristiani; e s' innalzò un {64[222]} monumento perenne, che sussiste ancora a' nostri dì, in cui si vede scolpito in basso rilievo la rappresentazione di quest'avvenimento tanto alla religione glorioso (an. 124).
Ma tre anni dopo l’imperatore dimenticò affatto ciò che doveva ai cristiani; la persecuzione si riaccese nella Francia, e scoppiò specialmente nella città di Autun, dove il giovane s. Sinforiano segnalò il suo coraggio, e nella città di Lione dove s. Fotino primo Vescovo di questa città fu coronato del martirio in onore della santa fede con un gran numero di fedeli.
D. Qual fu la morte del persecutor de' cristiani Marco Aurelio?
R. L’imperatore Marco Aurelio non sapravvisse molto ai martiri immolati nelle Gallie per l’abuso del suo potere. Raccontano che gli sia stato dato un lento veleno dal suo figliuolo Commodo, onde caduto in una malinconia che intimamente {65[223]} l’affliggeva, bramando piuttosto morire, che menare una vita che gli tornava di tanto peso, infelicemente morì di volontaria fame l’anno di Gesù Cristo 180, in età di 59 anni.
D. Quali assalti ebbe a sostener la Chiesa in mezzo alle persecuzioni?
R. In mezzo a queste persecuzioni fu assalita da molte eresie che il demonio andava suscitando, affine di sedurre per via dell’errore coloro che non si potevano abbattere coi tormenti.
L’eresia di Montano fu una di quelle che fece gran guasto. Egli era nato nella Misia, e fu educato nella fede cristiana; ma guidato dallo spirito di ambizione, bramava ardentemente esser fatto Vescovo, il che non avendo potuto ottenere, si diede al demonio, da cui venne realmente invasato. Gli si unirono due donne dissolute indemoniate al pari di lui, chiamata Prisca l' una, Massimilla l’altra. {66[224]}
Questi tre frenetici pretendendo essere illuminati dallo Spirito Santo, condannavano le seconde nozze, volevano che ognuno da per sè stesso si presentasse al martirio, proibivano di ricevere i peccatori a penitenza. Nell'Asia si tennero assemblee ecclesiastiche, in cui dopo maturo esame fu solennemente condannato Montano e i suoi settatori, e furono tutti cacciati dalla Chiesa.
Allora Montano colla sua profetessa Massimilla abbandonatisi a mille assurdità, e cedendo al maligno spirito che li guidava, si strangolarono colle proprie mani (an. 172). Ma la morte loro non pose già fine alla setta, che sopravvisse lungo tempo dopo ai suoi settatori. Il celebre Tertulliano ebbe pur la disgrazia di lasciarsi sedurre dai seguaci di Montano.
D. Fateci conoscere la quinta persecuzione sotto Settimo Severo?
R. L'imperatore Settimo Severo che parve {67[225]} sulle prime favorevole ai cristiani; nel decimo anno del suo regno pubblicò contro di loro sanguinosi editti, i quali furono eseguiti con tanto rigore, che molti credettero che fosse giunto il tempo dell’Anticristo. La persecuzione si estese fin nella Francia, e s' accese principalmente nella città di Lione, ove era Vescovo s. Ireneo discepolo di s. Policarpo. L’imperatore vedendo la città divenuta quasi tutta cristiana per le cure di questo santo Prelato, prese una risoluzione ben degna della crudeltà d' un persecutore. Diede egli ordine di attorniare la città, e far man bassa su tutti coloro che avessero osato profferire: io son cristiano. La strage fu generale. S. Ireneo fu condotto davanti al Principe, che lo fece metter a morte, vantandosi d'aver fatto trucidar il pastore ed il gregge. Un antica iscrizione che si vede ancora in Lione, mostra che senza annoverarsi donne e fanciulli, il {68[226]} numero dei martiri monta a dicianove mila (an. 203).
Poco men violenta fu la persecuzione in Cartagine, dove s. Perpetua e santa Felicita seguite da una moltitudine di altre martiri andarono alla morte con una gioia, che non poteva essere ispirata se non da, quel Dio per amor di cui davan la vita.
D. Quali furono le calunnie imputate ai fedeli?
R. Furono inventate le più nere calunnie contro ai cristiani di quel tempo. Erano riguardati come tanti sacrileghi, nemici pubblici, gente infame, e capace d' ogni misfatto; questo si diceva senza però esaminare se fosse verità o menzogna. Ma Iddio suscitò uomini grandi sia per iscienza, che per santità, i quali seppero valorosamente difendere i misteri e la morale del cristianesimo.
I due più famosi apologisti ossia difensori {69[227]} delle verità della religion cattolica per iscritto furono s. Giustino, e il celebre Tertulliauo sacerdote di Cartagine. Essi mostrarono con prove le più chiare e convincenti, che i cristiani ben lungi dall'esser nemici pubblici o capaci di misfatto, morivano piuttosto per non commetterne; che tra i molti malfattori dai giudici e dai magistrati condannati a morte neppure il nome di un cristiano si trovava scritto; tutti coloro dei cristiani che erano condannati a morte, non erano accusati d'altra colpa, se non di quella d' esser cristiani.
Queste ed altre rimostranze furono indirizzate agl’imperatori e agli altri grandi dell'impero, i quali le trovarono sì ben ragionate e fondate, che conobbero appieno la verità di nostra santa religione, e le assurdità del paganesimo, dimodochè si può dire che in questo tempo la fede diede l'ultimo crollo al paganesimo, e ne riportò quasi compito trionfo. {70[228]}
D. Diteci qualche cosa sopra Origene e Tertulliano?
R. Questi due famosi scrittori sommamente da tutta l’antichità pregiati, non men per la forza di eloquenza, che per l’acutezza e nitidezza di pensamento, in progresso di tempo incapparono ambidue in madornali errori. Origene era figlio del martire s. Leonida, il quale aveva saputo insinuare nel figlio tanto amor alla virtù, che la madre fu costretta a nascondergli i proprii abiti per impedirlo di offrirsi al martirio. Da ciò taluni arguiscono che gli errori trovati ne' suoi libri non gli siano imputabili; stantechè egli mostrò fino agli ultimi momenti di vita di voler morire nel grembo di s. Chiesa.
Simil giudizio non si può formar di Tertulliano, che per un capriccio abbandonò la vera fede, abbracciò l’eresia di Montano, morì eretico, senza averci lasciato speranza alcuna di salvezza. Così {71[229]} colui che a tanti insegnò la via della salute, finì col camminar egli stesso per la via di perdizione (an. 248).
D. Diteci qualche cosa di s. Gregorio Taumaturgo?
R. In quella che i martiri col sacrificio della lor vita attestavano la verità di quella fede per cui morivano, altre maraviglie a Dio non men gloriose si operavano da s. Gregorio detto Taumaturgo, ossia operator di miracoli. Esso era nato a Neocesarea nel Ponto da una famiglia nobile e ricca. Ritornato da Cesarea, dove era andato per far i suoi studi, morti i suoi genitori, egli sprezzando le cariche onorevoli che gli venivano offerte, vendette quanti beni possedeva, e distribuite tutte le sue ricchezze ai poveri, riserbandosi la sola fede nella Provvidenza, si ritirò nella solitudine; risoluto di condur il rimanente di sua vita in una santa oscurità. Ma virtù cotanto luminose trassero {72[230]} sopra di sè gli sguardi del pubblico. Si volle farlo Vescovo; ed egli mutò dimora, e andò errante di solitudine in solitudine. Nullameno fu scoperto, e a dispetto delle sue opposizioni venne creato Vescovo di Neocesarea sua patria (an. 250). È impossibile ridire quanto egli abbia operato a pro del suo gregge. Da' santi Padri è paragonato a Mosè, ai Profeti pel dono di profezia e dei miracoli, agli Apostoli per virtù zelo e fatica, e specialmente per la moltitudine di prodigi da lui operati. Con una sola preghiera liberò tutto il suo popolo da una mortalità, che orribilmente lo travagliava. Un monte che era d' impedimento a fabbricar una chiesa, lo trasportò altrove col solo comando. Collo stesso mezzo asciugò una palude che era causa altrui di discordia. Un fiume perniciosamente innondava i confini, egli vi accorse, e piantò sulla riva il bastone su cui si sosteneva, il quale tosto crebbe in {73[231]} verde ed alto albero, che il fiume non mai più osò oltrepassare. Vicino a morte dimandò quanti infedeli v' erano ancora nella città di Neocesarea, e rispostogli che ve n'erano peranco diciassette: «grazie a Dio, rispose, altrettanti appunto erano i. fedeli, allorchè fui eletto Vescovo ». Morì in pace l'anno 268.
D. Parlate della sesta persecuzione sotto Giulio Massimino?
R. I successori di Settimo Severo lasciarono alquanto in pace i cristiani; anzi l’imperatore Alessandro si mostrò molto propenso a favorirli. Egli onorava Gesù Cristo come uno de' suoi Dei, ed aveva posta una sua statua dentro una specie di tempio domestico.
Quest'inclinazione d'Alessandro pe' cristiani fu per Massimino di lui successore un motivo di odiarli. Questo Principe naturalmente feroce principiò contro di loro una persecuzione che si conta per la sesta, {74[232]} e che aveva specialmente di mira i Vescovi, ed i Sacerdoti. In essa subirono segnalato martirio s. Barbara, e i due Pontefici s. Antero, e s. Ponziano. Quest'ultimo dopo il pontificato di cinque anni morì esiliato nell'isola di Sardegna.
Questa persecuzione sarebbe stata assai più lunga, se Iddio non avesse vendicati gli oltraggi che il barbaro Massimino gli faceva. Marciava egli contro Aquileia, che si era ribellata, e gli aveva chiuse le porte. Egli l'assaltò più volte sempre inutilmente; accagionava i soldati de' suoi cattivi successi, e qual forsennato si lasciava trasportar dagl’impeti del suo furore, e dalla sua brutalità. Finalmente una calca di soldati si avventarono contro di lui, e lo trucidarono in mezzo alla sua tenda, e ne mandarono la testa a Roma. Così finì la sesta persecuzione (an. 227).
D. Da chi fu suscitata la settima persecuzione? {75[233]}
R. La settima persecuzione fu suscitata dall'imperatore Decio (an. 230). Fin dal principio del suo regno egli pubblicò un editto che venne eseguito con un rigore estremo. Le sferze, gli uncini di ferro, il fuoco, le bestie feroci, la pece bollente, le tanaglie infuocate, ogni sorta di supplizio fu messo in opera per tormentar i confessori della fede. Il numero di quelli che subirono il martirio in questa persecuzione è sì grande, che riuscirebbe difficile l'annoverarli; sono in ispecial modo rinomati san Poliutto nell'Armenia, san Alessandro Vescovo di Cappadoccia, il magnanimo s. Pionio sacerdote della Chiesa di Smirne, s. Agata in Catania nella Sicilia, s. Vittoria nella Toscana, il celebre Acacio Vescovo d'una città d'Antiochia, e finalmente una delle principali vittime del furor di Decio fu pure s. Fabiano Papa, il quale dopo tredici anni di faticoso pontificato fu gloriosamente coronato del martirio l’anno 250. {76[234]}
D. Come finì questa persecuzione?
R. Quest'orrenda persecuzione avrebbe infierito assai più, se quella man divina che attenta veglia sulla sua Chiesa non avesse tolto dal mondo chi ne era il primo motore. Decio combatteva contro i barbari presso il Danubio, e giudicando già sua la vittoria, s' innoltrò inconsideratamente in una palude per meglio aver i nemici a sua discrezione, ma oppresso dalla calca dei combattenti perì miseramente con suo figlio in un pantano; e così ebbe fine la persecuzione di Decio (an. 253).
D. Come ebbe origine la vita eremitica, e chi fu il primo solitario?
R. Molti fedeli alla vista delle barbare carnificine che dei cristiani si facevano, dubitando di loro forze, seguitavano i consigli del Salvatore, e fuggivano da quei luoghi dove erano cercati a morte. Gran parte di loro si rifuggì in fondo alle solitudini della Tebaide d' Egitto, e così {77[235]} il Signore volgendo in bene della Chiesa la malignità stessa de' suoi nemici, diede origine alla vita eremitica, che formò ne' luoghi più incolti interi popoli di santi.
Il primo di questi solitari fu s. Paolo nato nella Tebaide l’anno 229. Ivi egli conduceva una vita cristianissima; la sua giovinezza, le sue ricchezze, i suoi natali non lo avevano potuto sedurre. Non respirava altro che virtù, ma la sua umiltà facendolo temere di esporsi ai tormenti, si nascose prima in una casa di campagna, dove udendo che suo fratello voleva toglierlo di vita per rapirgli i beni, andò lontano nel deserto (an. 250). E là sotto l'immediata direzione dello Spirito Santo trovò nella meditazione degli eterni misteri quelle dolcezze, che non gli avrebbero procurato tutti i possedimenti della terra.
Dio che lo conduceva, gli fece trovar una rupe, in cui la natura aveva intagliato quasi una sala bellamente rischiarata {78[236]} da un' apertura superiore: una fontana di acqua pura e abbondante, che scaturiva dalla montagna, e formava presso la valle un delizioso ruscello, serviva a dissetar il solitario. Una gran palma ombreggiava l’ingresso della grotta, e lo nudrì finché il Signore gli fece recar da un corvo un nutrimento più proprio alla sua avvanzata età, un mezzo pane quotidiano. Colà Paolo senz'altra compagnia che i mostri dell'Affrica, visse novantadue anni senza cure, e senza angustie. Spesso dopo aver passata tutta la notte in orazione, l’aurora veniva per lui troppo presto ad interrompere la dolcezza de' suoi colloquii con Dio. Qualche volta egli si rappresentava in quel porto tranquillo la foga delle passioni, che agitavano gli uomini del secolo, gemeva sul loro acciecamento, che gli faceva meglio sentire la felicità del suo stato, si consolava di esser ignoto al mondo intero, gioiva nella {79[237]} sua innocenza con umile gratitudine ai favori divini. Dio non lo fece conoscere che al gran s. Antonio dopo molti anni trascorsi in quel selvaggio ritiro, e solamente poco prima della morte di Paolo, la quale non avvenne che a centotredici anni di sua vita, nell’an. 342.
D. Qual fu la causa dell'ottava persecuzione sotto Valeriano?
R. Fu la pura e cieca crudeltà di quest'imperatore, il quale si lasciò persuadere dai Sacerdoti de' falsi Dei, che per riuscir in una guerra che era per intraprendere, dovevasi affatto annientar il cristianesimo. A tal fine egli pubblicò un editto di persecuzione, la quale come le antecedenti procurò la gloria del martirio ad un gran numero di cristiani (an. 257). Fra i più illustri si annovera s. Cipriano Vescovo di Cartagine, e s. Lorenzo primo Diacono della Chiesa romana, e s. Sito Papa, il quale fu decapitato il 6 agosto {80[238]} l'anno 258. Mentre era condotto al supplizio s. Lorenzo l'accompagnava, e colle lagrime agli occhi: « ah dove te ne vai, disse, o padre santo, senza di me tuo ministro? » Rispose il santo Pontefice: « fatti animo, entro tre giorni mi seguirai ». Così avvenne, poiché tre giorni dopo il prefetto di Roma sdegnato contro Lorenzo perché non poteva aver i tesori della Chiesa, i quali erano stati distribuiti ai poveri, comandò distenderlo sopra una graticola infuocata. Il santo martire sembrava insensibile al dolore, e scorso un poco di tempo, diceva al tiranno: « fammi voltare, sono arrostito abbastanza da questa parte » ; voltato che fu: « il boccone è cotto, soggiunse, sei a tempo di mangiarlo ». Quest'eroica fermezza conservò sino all'ultimo respiro tra le fiamme.
D. Qual fu il martirio del giovane s. Cirillo? {81[239]}
R. Fu in questa persecuzione che a Cesarea in Cappadoccia il giovanetto san Cirillo diede il più luminoso spettacolo glorificando pubblicamente il nome di Gesù Cristo, disprezzando, sì i motteggi dei fanciulli suoi coetanei, come le durezze de'suoi parenti. Fu discacciato dalla casa paterna, e privato d'ogni sussistenza, senzachè questo alterasse punto la sua fede, ed il suo fervore. Il giudice tentò allora di spaventarlo, ed egli divenne sempre più intrepido. Si appigliò alla via delle lusinghe, offrendosi mediatore tra il padre ed il figlio, gli promise di farlo rientrar nella famiglia e nel possesso dei beni paterni. « Io provo una vera gioia, rispose il santo fanciullo, nel soffrire il disprezzo e le ripulse: sono contentissimo d'esser bandito dalla mia casa, me n'è destinata un'altra infinitamente più bella; e la morte che tu riguardi come il più terribile di tutti i mali, è la porta {82[240]} che mi condurrà a quella felicità suprema ». Fu legato come si volesse condur al supplizio, ma il giudice aveva segretamente ordinato che gli si facesse solamente paura. Il giovane eroe non versò una lagrima, non cambiò di colore, accelerò all'incontro il passo verso il fuoco, in cui si fingeva volerlo gettare. E quando ne fu allontanato, e ricomparve innanzi al giudice: « tiranno, ei gli disse in tuono ispirato, tu mi hai fatto grande ingiuria richiamandomi indietro dalla morte. Ferro e fuoco, ecco i doni che ti chieggo; non me ne privare più a lungo coi tuoi giuochi, e colle tue vili astuzie ». Gli astanti si struggevano in pianto nell’udirlo parlar così, ma egli disse loro: « dovreste anzi rallegrarvi, e prender parte del mio trionfo. Voi non sapete qual regno mi sia aperto, e qual felicità mi aspetti ». Sino alla morte stette fermo sempre in queste ammirabili disposizioni. {83[241]}
D. Qual fu la morte di Valeriano?
R. Questo Principe che pensavasi riportar una gloriosa vittoria, mediante l' annientamento del cristianesimo, rovinò se stesso con trionfo di quel Dio, che de' cristiani è padre e sostenitore. In una battaglia contro Sapore re di Persia cadde in mano del nemico, il quale lo fece porre in catene, lasciandogli indosso gli ornamenti imperiali per maggiormente umiliarlo. Quando montava a cavallo lo costringeva a prostrarsi dinanzi a lui, gli poneva il piede sul collo invece di servirsi di staffa. Per ultimo ordinò che fosse scorticato vivo, che il suo corpo venisse salato, e la sua pelle tinta in rosso fosse conservata in eterno monumento dell'obbrobrio di questo persecutor del nome cristiano. Pare, che questo Principe abbia provocato la divina maledizione non solo sopra sè stesso, ma altresì su tutta la sua stirpe, giacchè suo figlio, che dopo {84[242]} di lui fu gridato imperatore, venne sconfitto e trucidato dall'esercito dell'Illiria. Gli succedette Gallieno, che fu pure tolto di vita; indi tosto furono precipitati dall’alto del Campidoglio il figlio ed il fratello di Gallieno, ultimi avanzi della razza di Valeriano, che rimase così tutta spenta.
D. Fateci conoscere la nona persecuzione sotto Aureliano?
R. L'imperator Aureliano, che nei primi anni del suo regno non era contrario ai cristiani, si cangiò tutto ad un tratto. Era in punto di sottoscrivere un terribile editto contro di loro, allorchè fu trattenuto da un fulmine caduto a' suoi piedi. Lo spavento da cui fu sorpreso l' indusse per allora a tralasciar il suo disegno. Qualche tempo dopo lo eseguì; e fra gli altri martiri si annovera segnatamente san Dionigi primo Vescovo di Parigi, e san Felice Papa, il quale dopo aver esortati molti a perseverare nei tormenti, alla fine {85[243]} fu egli pure a parte del loro trionfo. Ma non andò guarì, che Aureliano venne assassinato dal suo proprio segretario (an. 275).
D. Quale fu l’eresia di Manete?
R. In mezzo alle tante calamità che Chiesa santa affliggevano, insorse la mostruosa eresia de'manichei, che più d'ogni altra fu durevole e dannosa alla religione. Manete che ne fu l'autore era nato schiavo nella Persia; una vedova mossa a compassione di lui, non avendo prole, lo adottò, e fecelo allevare come suo proprio figliuolo, istituendolo erede di tutto il suo avere. Fra le altre cose si trovò un libro, dal quale trasse le più infami stravaganze. Credendosi perciò uomo divino addimandavasi lo Spirito Santo, ossia lume del genere umano. Insegnava esistere due Iddii, l’uno buono e operator del bene, l’altro cattivo e operator del male. Proscriveva la limosina, i Sacramenti, il culto delle sante immagini, {86[244]} negava che Gesù Cristo si fosse incarnato. Col capo pieno di queste stravaganti abbominazioni, giunse perfino a pretendere il dono dei miracoli. Il pazzo osò vantarsi, che guarirebbe il figliuolo del suo re, il quale trovavasi pericolosamente ammalato, il fanciullo morì; e l’impostore messo in prigione, trovò modo alla fuga, e uscì dal regno. Intanto disseminando i suoi errori venne a disputar col Vescovo di Cesarea, poscia con S. Trifone, ma rimasto sempre coperto di confusione. Il popolo irritato dalle sue bestemmie minacciò lapidarlo; egli prese la fuga, ricacciossi nella Persia, e ricadde nelle mani del suo re, che ordinò fosse scorticato vivo. Il suo corpo fu gettato alle fiere, e la sua pelle attaccata ad una porta della città (an. 277).
D. Qual persecuzione suscitarono gli imperatori Dioclesiano e Massimiano?
R. Questi due Principi, che tra tutti due racchiudevano in sè il complesso di {87[245]} tutti i vizi, suscitarono contro i cristiani la decima persecuzione, che di tutte le antecedenti fu la più lunga, e la più crudele.
Vi furono esercitate tali e sì inaudite crudeltà, che si chiamò quest'epoca l'era dei martiri. Un sol fatto può sufficientemente indicare il carattere delle barbarie esercitate in questa persecuzione.
S. Claudio della Cilicia venne il primo condotto alla presenza del proconsole Lisia, e dichiarandosi risoluto a patir tutti i supplizi piuttosto di rinunziar a Gesù Cristo, il proconsole diede ordine fosse messo sull'eculeo, ossia cavaletto (era un istrumento, che tendeva i membri del paziente a segno, che quasi si rompevano), gli fece metter fuoco sotto i piedi, tagliar pezzi di carne ai talloni, e porgergli sotto gli occhi: « questa non è perdita che affligga, disse Claudio veggendoli, questi apparenti mali sono uno dei beni eterni ». Lisia comandò straziarlo colle unghie di {88[246]} ferro, fregar le sue piaghe con acuti uncini, ed accostargli alla nuda carne fiaccole accese; finalmente sottoposto a tutte le torture, venne condotto fuori la città dove fu crocifisso (an. 284).
Tale fu il tenore ordinario di questa orrenda persecuzione, che infierì per lo spazio di oltre trent'anni. Gli uni erano sospesi col capo all'ingiù, e soffocati da un lento fuoco, oppur arrostiti sopra graticole, altri tanagliati, ad altri si conficcavano delle canne acute dissotto alle unghie, e si versava sulla nuda loro carne del piombo liquefatto.
Nella Frigia una città intiera, di cui tutti gli abitanti erano cristiani, fu investita dai soldati, che vi posero il fuoco; gli uomini, le donne, i fanciulli, tutti morirono nelle fiamme invocando il nome di Gesù Cristo.
In un sol giorno contansi diciasette mila cristiani coronati della palma del martirio, {89[247]} tra quali s. Marcellino Papa, che intrepido incoraggì gli altri a durarla ne' tormenti sinché ebbe respiro.
Tutta la terra, dice un autor di quei tempi, da oriente in occidente fu innondata di sangue cristiano.
D. In qual tempo maggiormente infierì questa persecuzione?
R. Sebbene questa persecuzione sia sempre stata sanguinosa, nel 303 giunse ad esercitar le più spaventose crudeltà. Galerio istigato dalla viziosa sua madre, che era tutto odio e furore contro dei cristiani, indusse Dioclesiano a soscrivere un editto in cui era segnato un termine al cristianesimo, e si doveva recar all'ultima sua distruzione.
Dal palazzo stesso degli imperatori ebbe principio la persecuzione. Molti dei grandi della corte erano cristiani, si tentò di farli sacrificar agl' idoli, ma essi amarono meglio perdere le lor dignità, i lor beni, {90[248]} la libertà, a soffrir le più crudeli torture che mancar di fede al loro Dio. Si vide la famosa Legion Tebea lasciarsi decimar {91[249]} per ben tre volte, ma quei prodi guerrieri accortisi che si sperava sedurli col timore di questi iterati supplizi, e costringerli a sacrificar agli idoli, sclamarono da ogni banda, che erano pronti soffrir mille morti, anzichè far nulla contro la fede di Gesù Cristo. Onde animati dal magnanimo lor capitano s. Morizio misero giù tutte le armi, e furono scannati e tagliati a pezzi in numero di sei mila. Ciò avvenne nel Vallese vicino al monte detto il Gran s. Bernardo.
D. Quali sono stati gli effetti di questa persecuzione?
R. Quest'orribile persecuzione fu l'ultimo sforzo che i demonii adoprarono per estinguere il cristianesimo, ma invece di estinguerlo finirono di stabilirlo. La Chiesa stancò i suoi persecutori colla sua pazienza. I tiranni che avevano preteso di ridurla al niente perdettero ogni speranza di poterla vincere, che anzi molti di loro prima di {92[250]} morire ebbero con dolore a veder assiso sul trono de' Cesari un Principe che inalberava lo stendardo della croce sul Campidoglio, e consacrava ogni sua potenza a rovina dell'idolatria.
D. Come potè il Vangelo in mezzo alle persecuzioni sostenersi, spandersi, e far cangiar faccia all'universo?
R. Il principal mezzo di cui Dio si valse per operare un cangiamento sì maraviglioso, è stato il zelo istancabile dei Romani Pontefici, i quali in numero di trentatre che tennero la S. Sede da san Pietro fino a quest'epoca, tutti, neppure uno eccettuato diedero la vita per Gesù Cristo. Fu altresì: 1.° la vita santa dei primi cristiani, e la lor costanza; 2.° la morte spaventevole dei tiranni che li perseguitavano; 3.° i santi Dottori che la difesero; 4.° la conversione dell'imperatore Costantino. Primieramente l’innocenza dei primi fedeli, il lor distacco dalle cose terrene {93[251]} la carità eroica, i miracoli che tenevano dietro alle loro parole rapivano tutti in alta ammirazione, e convincevano anche i più ostinati. Quello poi che faceva maggiormente stupire era l’insuperabile costanza, e la pazienza invincibile con cui questi generosi difensori della fede tolleravano i più crudeli tormenti. Spesso avveniva vedere i santi martiri predicare Gesù Cristo sui palchi dei loro supplizi, convertire le lor guardie, gli spettatori della lor morte, e qualche Volta gli stessi giudici; e perfino i carnefici storditi alla vista di tanta costanza, abbandonando le lor cariche, si mettevano a confessar G. Cristo.
Così più cristiani si uccidevano, più grande il lor numero diventava, di modo che si diceva, che il sangue dei martiri era un seme fecondo, da cui uscivano a moltitudine nuovi cristiani.
D. Qual fu la morte di questi ultimi persecutori dei cristiani? {94[252]}
Essi finirono con una di quelle morti,
che Dio fa ordinariamente provare agli empi suoi oltraggiatori. Dioclesiano
venne da Dio percosso in ogni più, commovente maniera; la salute di lui
alterandosi in modo vituperevole al maggior segno, ei venne a perdere quasi
affatto l'uso della ragione, e ne conservò solo quel poco che gli bastava per
sentir tutte le miserie e i dolori del suo stato. Insultato con beffe, e con
sarcasmi i più mordenti dal popolo, malgrado i rigori dell'inverno dovette
ritirarsi a Nicomedia, dove giunto fu assalito da un umor bilioso che lo
divorava. Languente, tristo, agitato da perpetue inquietudini, non pigliando
quasi alimento di sorta, non riposava il giorno, nè dormiva lungo la notte.
Sovente rompeva in gemiti, si vedeva spessissime volte lagrimar con tutta la
debolezza d'un fanciullo. Oppresso dalle sue pene, o meglio {95[253]} dai colpi della
celeste vendetta, si abbandonò alle più violenti agitazioni della disperazione,
e cieco nella sua frenesia si percuoteva da sè medesimo, si voltolava per terra
mettendo spaventevoli grida, e finalmente bramando terminar l’infelice sua vita
con una presta morte, disperatamente si lasciò morir di fame. Tale fu la morte
del crudel Dioclesiano persecutor dei cristiani.
D. Che morte fece Massimiano?
R. Massimiano dopo d' aver in varie guise disonorata la sua imperial dignità coll'attentato di far assassinar il proprio suo figlio, qual forsennato andava vagando dall'Italia nella Gallia e viceversa; si voltò pure contro Costantino il Grande suo generoso genero, ma rimase vinto, e cadde nelle di lui mani. Il barbaro Massimiano non era ancora sazio di crudeltà, e a dispetto dei molti contrassegni di clemenza che il genero gli usava, fermò il reo disegno {96[254]} di scannarlo nel suo letto. Egli andò la notte, e mise a morte uno sciagurato eunuco postovi in luogo del suo genero; e in quella che consumava il suo delitto Costantino apparve intorniato dalle sue guardie, fece imprigionar l'assassino, con facoltà d' eleggersi qual genere di morte voleva. Massimiano trascelse vilmente quello d' essere strangolato, e lo pose colle proprie mani in esecuzione.
D. Qual morte fece Galerio?
R. Galerio sempre furibondo contro ai cristiani, fu colto nella città
di Sardi da piaga incurabile e vergognosa; si vollero applicar rimedi, e si
risolse in un orribil cancrena, la quale si distese in tutte le parti del corpo
anche le più intestine. Vi si formò un formicaio di vermi, da cui esalava una
puzza insopportabile. Nessuna operazione, nessun trovato dell'arte potè
menomamente mitigare i suoi dolori, sichè egli disperato, e adoperando da
insensato {97[255]} condannava a morte i suoi medici. Crescendo il male ogni di più, si
durava gran fatica in trovar chi volesse, o potesse sopportar la puzza che
esalava; giacché il suo corpo era divenuto quello d'
un mostro; quello che non era piaga, era uno scheletro coperto di
una pelle tirata a forza sopra le ossa. Non pertanto si trovò un medico
coraggioso, che lo avverti che quella malattia era assolutamente impossibile
poterla guarire coi rimedii ordinarii; « vi ricordi, o signore, gli disse quel
medico, ciò che avete fatto contro i servi di Dio: e cercate il rimedio dei
vostri mali in ciò che ne è stato il principio ». Domato dall'eccesso del suo
male, quel superbo tiranno confessò per vero il Dio de' cristiani, e che egli
l’aveva oltraggiato; perciò andava gridando che farebbe cessar la persecuzione,
e rimetterebbe in onor il culto del vero Dio.
Questo diceva mosso non da increscimento {98[256]} di aver offeso Iddio, ma dagli spasimanti dolori, dai quali era straziato. Onde dopo di un anno di sì orrenda malattia, in pena dei tanti dolori fatti patir ai martiri di Gesù Cristo, essendo tutto il suo corpo ridotto in vermi e fracidume, e cadendo a pezzi, spirò.
D. Diteci qualche cosa di s. Marcello?
R. S. Marcello eletto nel 308, è l'ultimo dei Pontefici che siano stati martirizzati in queste dieci persecuzioni. Massenzio avendolo fatto incarcerare, voleva obbligarlo a negare d' esser Vescovo, e sacrificar agli idoli, lo che ricusando il Santo con gran costanza, fu da lui condannato a servir nella stalla imperiale. Ma l’uomo di Dio adempiendo l’abietto suo ministerio, non lasciava di sostener quelle stesse verità che in faccia a tutti i tormenti aveva professato. Dopo nove mesi venuti a lui di notte i suoi Chierici lo trassero da quel luogo, e fu alloggiato {99[257]} in una casa, che egli convertì in una Chiesa, detta anche presentemente Chiesa di S. Marcello. Risaputosi ciò da Massenzio, ridusse la Chiesa in istalla, condannando lo stesso santo Pontefice a servire in essa, ove consumato dai disagi ottenne la palma del martirio nell'an. 310.
D. Qual fu la fine di Massenzio?
R. Massenzio degno figlio di Massimiano fuggiva armato in Roma per sottrarsi dall'esercito di Costantino che temerariamente aveva assalito; ma giunto sopra un ponte che egli aveva fatto fare sul Tevere ad insidia dei nemici; gravato dalla calca infinita di fuggiaschi si ruppe il ponte, cadde nell'acqua dove annegò. Il corpo di lui vestito d' una pesante corazza fu ritrovato il giorno seguente molto innanzi nella fanghiglia. Gli fu spiccata la testa, e portata in cima ad una lancia alla vista di tutto il popolo in trionfo nella città. {100[258]}
D. Quali strazi soffrì Massimino?
R. Massimino Erculeo sconfitto da suol nemici fuggi nella città di Tarso, dove non vedendo scampo per sè, risolse d' inghiottir il veleno, che nol tolse di vita, ma solo gli cagionava spasimi ineffabili. Si sentiva ardere le viscere si, che metteva grida, o piuttosto ululati spaventevoli; s'avvoltolava sulla terra, che egli mordeva di rabbia, batteva del capo contro alle muraglie con tal furore, che uscitine gli occhi perdè affatto la vista. Ma i rimorsi di lui erano il più crudele dei suoi tormenti. Gli pareva veder Gesù Cristo assiso sul formidabile tribunale per giudicarlo; si udiva come se gli rispondesse gridar orribilmente, e a guisa di malfattore posto alla tortura: « non sono stato io; ciò fu a mio malgrado ». In altri momenti facendo la confessione di delitti obbrobriosissimi chiedeva misericordia; dopo aver trascorsi quattro giorni in {101[259]} tali ambasce, morì in codesto stato cotanto simile ad un inferno anticipato.
Questa fu la fine funesta di tutta la stirpe di questi ultimi persecutori dei cristiani, che prima di esalar l'anima provarono la maggior parte di quei tormenti che contro ai martiri avevano decretati.
D. Quali dottori suscitò Iddio in questa prima epoca in difesa delle verità della fede?
R. Per confondere gli eretici suscitò Iddio in ciascun secolo dei valenti dottori, che dichiarando la verità del Vangelo fulminarono l’errore di mano in mano che lasciavasi scorgere, de' quali molti suggellavano col sangue proprio quelle verità, che co' loro scritti difendevano. Oltre i già accennati, fiorirono singolarmente san Erma che scrisse sul finir del primo secolo, di cui gli scritti da molti santi padri sono tenuti come canonici.
S. Clemente eletto Papa nel 91 ha {102[260]} scritto a’ Corinti una lettera in tanta venerazione, che molti anni dopo la si leggeva pubblicamente nella Chiesa, morì nell'anno 100.
S. Ignazio autore delle sette epistole famose in tutta l'antichità, e lette pubblicamente nella Chiesa dell'Asia lungo tempo dopo il suo martirio avvenuto nel 107.
S. Giustino filosofo e martire, di cui ci restano due apologie, un dialogo con Trifone, un trattato sull'unità di Dio, an. 167.
S. Ireneo Vescovo di Lione, autore di più opere scritte contro gli eretici, an. 203.
D. Chi fra gli altri si segnalò?
R. Omettendo molti altri si segnalò in maniera speciale san Cipriano, nato in Cartagine da nobile e ricca famiglia. Educato nelle tenebre dell'idolatria (i di lui genitori erano pagani), vi perseverò fino all'età adulta. Ma Dio che lo voleva tutto per sè, dispose che egli frequentasse un zelante e vero amico, il quale {103[261]} fecegli conoscere le assurdità del paganesimo e la santità di nostra fede. Vi aderì Cipriano, e tosto vendette le sue terre, case e giardini, e distribuendo ogni cosa ai poveri, si ritirò dal mondo. Conosciuta la santità di sua vita, e il raro suo ingegno malgrado ogni sua resistenza, con universale applauso del popolo e dei Vescovi della provincia fu innalzato alla sede episcopale di Cartagine nel 249. E impossibile il dire quanto egli abbia operato nel propagar la fede di Cristo, nel confutar a viva voce, con iscritti, e con miracoli gli eretici nell'animar e confortare quelli che erano condotti al martirio. Scrisse ottantuna lettera, alcune composizioni in versi, un trattato sui Caduti, uno dell'unità della Chiesa, altro delle opere di misericordia, e della limosina, con molte altre opere tutte scritte in istile splendido, sublime, e maestoso.
Finalmente nella rigorosa persecuzione {104[262]} di Valeriano venne anch'esso condannato a morte, alla cui nuova: « grazie, disse, siano rese a Dio, il quale degna liberarmi dalla prigione del mio corpo ». Giunto al luogo del suo supplizio depose il mantello cogli altri abiti vescovili, mostrando tanta serenità, un contegno sì grave e maestoso, che lo stesso carnefice ne rimase turbato e tremante. Il martire gli fece animo ordinando che gli si pagassero venticinque monete d'oro, si bendò gli occhi da sè medesimo, ed ebbe tronca la testa il 14 settembre nel 258, precisamente il giorno medesimo che un anno prima aveva predetto che consumerebbe il suo martirio. {105[263]}
D. Come avvenne la conversione
dell'imperatore Costantino?
R. La conversione di Costantino il Grande, figliuolo di Cloro Augusto, contribuì efficacemente a donar la pace alla Chiesa, a dilatar il Vangelo, e dar l'ultimo crollo al paganesimo. Morto il di lui padre nella Brettagna (ora Inghilterra) l’anno 306, di unanime consenso di tutto l’esercito venne gridato imperatore. Ecco come avvenne la sua conversione. Massenzio tiranno fattosi padrone di Roma, disputava la corona imperiale a Costantino. Questi s' avviò alla volta di Roma per combattere il suo rivale, e intanto già prevenuto a favor dei cristiani, scongiurava il loro Dio a farsegli conoscere. Il cuore di lui era retto e giusto, e fu esaudito. Poco dopo il mezzodì marciando Costantino in capo al suo esercito, essendo il tempo tranquillo e sereno, vide in mezzo al cielo una croce raggiante di {106[264]} luce, nella quale in caratteri luminosi si leggevano queste parole: in hoc signo vinces, con questo segno vincerai. Tutto l’esercito, non solamente l’imperatore, vide quello strano fenomeno, e tutti facevano le loro considerazioni; ma più colpito, più attonito d'ogni altro il Principe pensò il rimanente del dì a quello che mai potesse presagire quella maraviglia. Gesù Cristo la notte gli apparve con quel medesimo segno, gli comandò che facesse uno stendardo in forma di quella croce, e che lo portasse nelle battaglie come un salvaguardia contro gli assalti de' suoi nemici. La mattina per tempissimo il Principe chiamò a sè gli operai, e diede loro il disegno dello stendardo, il quale ordinò, che da cinquanta de' suoi più prodi e religiosi fosse alternativamente portato in campo di battaglia. Una sì manifesta protezion del Cielo ispirò al cuore del capitano e di tutto l’esercito il più intrepido {107[265]} coraggio. Animati tutti a vicenda, e ansiosi di combattere, attaccarono il nemico, il quale costretto a prender vergognosa fuga, cadde (come si è detto) e annegò nel Tevere. Roma tosto apri le porte a Costantino, il quale d'allora in poi ebbe in grand' onore la vera fede, e la protesse pubblicamente.
D. Quali furono i primi tratti di Costantino a favor de' cristiani?
R. Egli si applicò intieramente a por rimedio ai mali cagionati da' suoi antecessori. Richiamò gli esiliati, ordinò di restituire le Chiese ai cristiani, ne fece fabbricar delle nuove, e adobbare magnificamente. Trattò i ministri della religione con ogni sorta d' onore, e specialmente i romani Pontefici, i quali sino allora avevano sempre dovuto sostener persecuzioni. I cristiani miravano queste maraviglie della potenza divina, e ne rendevano grazie a Dio. La vera religione era divenuta rispettabile {108[266]} agli stessi idolatri, soprattutto nel rimirar l’imperatore a praticarne tutte le osservanze. Il suo esempio ne tirò un gran numero al cristianesimo. Allorchè fece la sua entrata in Roma volle che la croce, la quale era stata pegno della sua vittoria, fosse il più bell'ornamento del suo trionfo. Ella venne posta in cima del suo diadema, e fu inalberata sino sul Campidoglio, quasi per annunziare al mondo tutto il trionfo di un Dio crocifisso.
D. Che rimarcate di s. Biagio?
R. L’imperatore Licinio tradita la fede che aveva dato a Costantino di non più perseguitare i cristiani, fece ancora molti martiri, tra i quali s. Biagio Vescovo di Sebaste nell'Armenia, assai chiaro per miracoli, e specialmente pei due che avvennero quando era condotto al martirio. In mezzo alla folla si presentò una madre che oltremodo dolente corse, mise ai piedi del Santo un suo figliuolo unico, {109[267]} il quale soffocato da una lisca che gli era rimasta in gola, era per tramandar l'ultimo respiro. S. Biagio intenerito alla vista dello stato infelice in cui si trovava il fanciullo, fece una breve preghiera, terminata la quale il fanciullo restò guarito. Dopo questo miracolo ebbe origine la divozione che tutti i fedeli professano a questo Santo per il mal di gola.
Agricola per ordine dell'imperatore, al vedere che in nissun modo poteva indurlo a sacrificar agli idoli, ordinò che fosse sommerso nel mare. Il santo martire fatto il seguo della s. Croce camminò sopra le onde senza sommergersi, ed essendosi messo a sedere in mezzo alle acque invitava gli infedeli a fare lo stesso, se credevano che i loro dei avessero qualche possanza. Alcuni temerari vollero far la prova e restarono sommersi. Dopo questi chiari segni di costanza e santità Biagio ritornò a terra, dove il governatore smaniando d'ira lo fece decapitare nel 315. {110[268]}
D. Quali sono le cose di disciplina
ecclesiastica introdotte in questa prima epoca?
R. Furono molte, eccone le principali. Nel primo secolo nel terzo concilio di Gerusalemme fu proibita la circoncisione con altre ceremonie della legge Mosaica. In questo concilio definì s. Pietro come capo e giudice supremo della Chiesa. I fedeli cominciarono in Antiochia ad esser chiamati cristiani, che vuol dire seguaci di Cristo. Fu istituita la celebrazione della Domenica, del Natale di N. S., dell'Epifania, della Pasqua, dell'Ascensione e della Pentecoste. Fu istituito ed osservato il digiuno della quaresima, delle quattro tempora per tradizione Apostolica, l’uso dell'acqua benedetta, del segno della santa Croce, l'agape, o convitto comune di carità, a cui intervenivano poveri e ricchi, ma venne poi abolito verso la fine del quarto secolo per gli abusi che ne seguivano. Ebbero pure principio i libri in cui si {111[269]} registravano i nomi dei battezzati e dei defunti; che noi chiamiamo libri di nascita e di decesso. Fu pure ingiunto che mentre si celebra il santo sacrifizio della Messa sianvi accesi due candelieri, i quali colla croce in mezzo significano il popolo cristiano e il popolo ebreo.
Nel secondo secolo s. Alessandro eletto Papa nel 109, morto nel 119, decretò che continuamente dai cristiani si conservasse nelle Chiese e nelle case l’acqua benedetta con sale, e si adoperasse contro le infestazioni del demonio, ed altri mali spirituali e corporali. Aggiunse molte cose in onore e decoro del s. Sacrifizio della santa Messa; s. Sisto eletto nel 119, morto nel 127, proibì ai laici di toccar i vasi sacri; s. Telesforo eletto nel 127, e martirizzato nel 139, ordinò che nella Messa si cantasse l'inno angelico Gloria in excelsis Deo. Nel giorno di Natale si celebravano da ogni Sacerdote tre Messe. {112[270]} Nel terzo secolo poi s. Zefirino eletto nel 202, morto nel 218, ordinò sotto precetto, che da tutti i fedeli cristiani si facesse la comunione al tempo di Pasqua. Si cominciarono a consecrar i cimiteri, e s' introdusse nella Chiesa orientale l’uso delle Litanie già altrove praticato. S. Antero fece che si scrivessero più accuratamente gli atti dei martiri, secondo che era già stato stabilito fin dal primo secolo da s. Clemente, il quale istituì sette notai che scrivessero gli atti dei martiri, e li registrassero nei fasti della Chiesa. {113[271]}
D. Qual fu il motivo della celebrazione del Concilio Niceno?
R. Questo Concilio fu specialmente convocato per la condanna dell'eresiarca Ario. L'inferno vedendo l'idolatria pressoché distrutta, arrabbiato per le vittorie che la {115[273]} Chiesa aveva riportato sulle persecuzioni, tentò d' affliggerla con scismi ed eresie, che per lo spazio di oltre quattrocent' anni non cessarono di lacerarla; se non che dietro a tali combattimenti seguirono nuovi trionfi.
D. Chi era Ario, e quale la sua dottrina?
R. Ario Sacerdote d'Alessandria, dapprima simulò divozione, e perciò conseguì carica onorifica nella propria patria; ma svelatasi la sua ipocrisia si tolse la maschera, e gettò proposizioni contro la divinità di Gesù Cristo, affermando il figliuolo di Dio non essere eguale al Padre. Questa dottrina inaudita fino allora, cagionò un grave scandalo nella Chiesa, e fu rigettata con orrore gridandosi da tutte le parti all'empietà, alla bestemmia. Vescovi e Dottori gli si levarono contro confondendolo con iscritti e con pubbliche conferenze. Ciò nullameno Ario trovò partigiani ingannati dalla sua ipocrisia, o abbagliati dalla cavillosa sua dottrina. {116[274]} D. Come si radunò il Concilio Niceno?
R. L'imperatore avvertito dei progressi che la nuova eresia faceva, scrisse a Papa Silvestro come a capo della Chiesa universale, perchè convocasse un Ecumenico Concilio.
Questo Pontefice di nascita Romano fu il primo, che, dopo d' esser stata restituita la pace alla Chiesa venisse assunto a tal dignità. Esso accondiscese all'imperatore, e di concerto con tutti i Vescovi stabilì, che il luogo del Concilio fosse Nicea principale città della Bitinia, oggidì Isnich nella Natolia. Ben tosto vi si trovarono i Vescovi in numero di 318, essendo presieduti da Osio Vescovo di Cordova, e dai due Preti, ossia Cardinali della Chiesa Romana legati del Papa Vito e Vincenzo. Non vi fu mai adunanza {117[275]} di questa più veneranda; molti di quelli che la componevano erano santi illustri, e portavano ancora le cicatrici delle piaghe che avevano ricevuto per la fede nell'ultima persecuzione.
Il giorno della pubblica seduta essendo giunti tutti i Vescovi, si radunarono in una gran sala, dove Costantino volle entrare l'ultimo, dando così gran segno di rispetto verso quel venerando consesso. Si fece comparire Ario, il quale ardì baldanzosamente sostener le sue bestemmie in presenza del Concilio. Tutti i Padri n' ebbero orrore, e con argomenti convincentissimi appoggiati alla scrittura ed alla tradizione fu dichiarato, che Gesù Cristo è eguale al Padre, vero Dio egli stesso, e che ha una medesima sostanza, una medesima natura con lui.
Questo dogma fu espresso colla parola Consustanziale, che fu di poi il segno distintivo {118[276]} del simbolo cattolico. Si formò quindi una solenne professione di fede, conosciuta sotto il nome di Simbolo Niceno. I Vescovi pronunziarono anatema contro Ario. L'imperatore in forza di questo giudizio della Chiesa universale condannò questo empio in un con tutti i suoi partigiani alla pena dell'esilio. Tale fu la conclusione di questa famosa adunanza, la cui memoria fu, e sarà mai sempre in venerazione nella Chiesa, an. 325.
D. Che fecero gli Ariani dopo la loro condanna, e chi fu lo speciale loro impugnatore?
R. Gli Ariani confusi ebbero ricorso all'astuzia; finsero d' ammettere la fede di Nicea, e così avendo ottenuto di essere richiamati dall'esilio, destramente andavano tentando di disporre l’imperatore contro ai Vescovi cattolici. S. Atanasio Vescovo di Alessandria divenne il {119[277]} lor più formidabile avversario. Questa fu la colonna che Iddio pose per argine agli Ariani in difesa della vera fede.
Egli era nato in Alessandria d' Egitto, e sebbene ancor molto giovine era intervenuto al Concilio Niceno, dove avea dato luminosi saggi di santità e dottrina, e l'anno appresso fu elevato alla dignità vescovile di sua patria. Gli Ariani veggendo esser vano ogni lor tentativo, se non levavano di mezzo s. Atanasio, volsero contro di lui tutta la lor rabbia con ogni sorta di calunnie. In un conciliabolo che si tenne in Tiro, gli Ariani trassero fuori la mano di un morto, dicendo a s. Atanasio « ecco ciò che ti deve condannare. Conosci tu questa mano? È la mano del sant' uomo Arsenio che tu hai fatto uccidere ». Stette Atanasio alquanto in silenzio, quindi rivolto all'assemblea « avvi, disse, fra di voi chi abbia presente i lineamenti d'Arsenio? » Molti risposero {120[278]} di sì. Allora Atanasio che già da prima aveva intesa la calunnia che gli si voleva imputare, ed aveva appunto per sua discolpa fatto venire seco Arsenio ancora vivente ravviluppato in un mantello, fattogli cenno colla mano, Arsenio avanzossi in mezzo all'adunanza, e mostrandosi sano e salvo con ambe le mani intatte, coprì di confusione quegli empi calunniatori.
Essi non ostante ben lungi dall'acquetarsi a sì evidente giustificazione, divennero più furibondi e smaniosi; aggiunsero calunnie a calunnie, e riuscirono a far cacciar s. Atanasio dalla sua sede, e sostituirne un altro a mano armata. Onde egli fu costretto a procacciarsi scampo andando in esilio, e per sottrarsi alle ricerche si stette più mesi nascosto nel sepolcro di suo padre. Malgrado però tante vessazioni combattè gli Ariani con dispute e con iscritti fino alla sua morte avvenuta nel 371. {121[279]}
D. Qual fu la morte d'Ario?
R. L’empio Ario dopo aver cagionato gravissimi mali alla Chiesa per riuscire a farle piaga più profonda finse volersi emendare, e a tal fine si presentò dall'imperatore assicurandolo con giuramento, che egli credeva tutto quello che la cattolica Chiesa insegnava. L’imperatore sospettando di falsità « se mai mentisci, gli disse, sia Dio vendicatore del tuo enorme spergiuro, frattanto riavrai la tua carica ». Gli eretici contenti oltremodo di poter condurre Ario al possesso di quella Chiesa da cui era stato vergognosamente cacciato, stabilirono la prossima domenica, affinché la reintegrazione fosse più segnalata. Si pretendeva condur l’eretico e l’eresia in trionfo; innumerabile folla di popolo, che di contrada in contrada andava sempreppiù ingrossando, l'accompagnava. Ario stesso come condotto in trionfo per la città, per dar maggior {122[280]} forza all'ostentata sua pompa, si diffondeva in arroganti discorsi. Quivi la vendetta divina l'attendeva. In mezzo a tanta gloria giunto quasi vicino alla Chiesa ove doveva esser reintegrato, compreso da subitanea paura impallidisce, e trema; violenti rimorsi lo assalgono. Invaso nello stesso tempo da orribili patimenti di corpo e lacerazioni d' intestini, si ritira in un cesso, e rendendo gran copia di sangue ivi muore disperato, an. 337.
D. Qual fu la morte di Costantino?
R. Quanto più avvenne funesta e spaventosa la morte dei persecutori dei cristiani, altrettanto dolce e consolante quella di questo zelante protettor della vera fede.
Vedendo i suoi ufficiali che a calde lagrime piangevano intorno al suo letto, disse loro con un aspetto di tranquillità e di contentezza: « vedo con occhio diverso dal vostro la vera felicità, e ben lontano dall'affliggermi, godo assai perchè {123[281]} son giunto al momento in cui io spero d' andarne al possesso ». Diede gli ordini convenevoli per mantener la pace nel suo impero, fecesi dar giuramento solenne dai militari che non dovessero intraprendere cosa alcuna contro la Chiesa, e colla pace dei giusti morì l’anno 64 di sua età, 31 del suo regno nel 337. La sua morte fu universalmente compianta, lamentando ognuno nella perdita del suo monarca quella d' un tenero padre.
D. Quali altre turbolenze cagionarono i seguaci d' Ario?
R. Costanzo figliuolo e successore di Costantino s' allontanò dalle orme del padre, e favorì l’arianesimo, tutto occupandosi onde farlo trionfare, e con tal disegno radunò un concilio a Rimini.
Finchè i Vescovi rimasero liberi, dichiararono doversi tener la fede di Nicea, e pronunziarono anatema contro gli Ariani; ma l’imperatore mal soddisfatto di questo {124[282]} decreto mandò uno de' suoi ufficiali, il quale e con raggiri, e con minacele indusse i Vescovi a sottoscrivere una formola di fede in cui non si trovava la parola Consustanziale. Questa formola non era punto eretica, ma non esprimeva sufficientemente la fede della Chiesa (anno 349). Gli Ariani ne menarono trionfo, come se per cotesta formola fosse stata adottata la lor eresia. Ma i Vescovi che l’avevano sottoscritta avendo conosciuto il senso perverso che le davano gli Ariani, si opposero altamente, e protestarono il loro attaccamento alla fede di Nicea. Inoltre il Papa Liberio in un co' Vescovi di tutto il mondo cristiano si levarono a tutta possa contro questo scandalo.
Così nè la violenza, nè le astuzie valsero ad oscurar la fede cattolica, e la verità prevalse sulla menzogna a dispetto degli sforzi d' un Principe abbandonato alla l'azione ariana, e armato in favor della medesima. {125[283]}
D. Da chi ebbe origine la vita monastica?
R. Questo mirabile e nuovo modo di procacciar santi alla Chiesa ebbe per suo primo istitutore s. Antonio egiziano. Nato nel 252 da nobili e virtuosi genitori, condusse i suoi primi anni in una vita del tutto morigerata ed esemplare. Compiva i diciott'anni, quando un giorno ascoltando in Chiesa la parola di Dio udì profferire quel detto del Vangelo: « se vuoi essere perfetto, va, vendi ciò che hai, donalo ai poveri, e avrai un tesoro in Cielo ». Prese egli che questo fosse detto a sè medesimo, e lo esegui letteralmente. Andò a casa, vendette quanto possedeva, diede tutto in limosina, poscia si ritirò in una solitudine. Il suo letto era una stoia, o la nuda terra, si cibava una sol volta al giorno dopo il tramontar del sole di scarso pane ed acqua; il suo abito consisteva in un ciliccio {126[284]} e in un mantello di cuoio. Dopo d' aver praticato un simil tenor di vita per lungo tempo nei deserti della Tebaide, Iddio gli concedette il dono dei miracoli, il che gli tirò una folla sì numerosa di discepoli, che fu d' uopo fabbricar parecchi monasteri a segno che in un solo di essi contavansi fino a 1040 monaci, i quali istruiti ed animati da un tal maestro conducevano una vita che rassomigliava a quella degli angeli, formando così uno spettacolo non men maraviglioso che quello dei martiri. Pieno di meriti, chiaro pe' miracoli, oppresso dalle fatiche morì nel 357 in età di anni 105.
D. Qual era la vita degli antichi solitarii?
R. La vita solitaria e monastica aveva per iscopo l'osservanza dei consigli evangelici, vale a dire: la povertà, l’obbedienza, la castità perfetta. Per riuscirvi {127[285]} quattro sono i mezzi principali che usavano: la ritiratezza, il digiuno, il lavoro, la preghiera.
I deserti, nei quali si ritiravano, erano luoghi non solamente inabitati, ma inabitabili, erano pianure aride, rupi sterili, dove fabbricavano umili cellette di legno, o di canne. Il lor lavoro che pur era continuo, consisteva nel fare stoie o canestri di giunco che vendevano dandone il prezzo ai poveri. Digiunavano tutto l’anno eccetto la domenica e il tempo pasquale, e questo austero regime di vita ben lungi dall'indebolire le loro forze, fortificava anzi la loro sanità, e ne faceva venir gran parte ad una estrema e florida vecchiaia. S. Macario egiziano discepolo di s. Antonio, morì in età di 90 anni; altro s. Macario di Nitria anche discepolo di s. Antonio visse sino a 100 anni; e molti altri ancora, i quali mostrano che la vita sobria e penitente {128[286]} assai conforta e sostiene la corporale sanità, non che quella dell'anima.
Si radunavano due volte il giorno a pregare in comune; recitavano ciascheduna volta dodeci salmi seguiti da una lettura della Storia Sacra. Il rimanente del giorno pregavano lavorando chiusi nelle lor celle. Finalmente ubbidivano ai loro superiori come altrettanti fanciulli, formando tra tutti un cuor solo ed un' anima sola.
D. Qual nuovo genere di turbolenze fu in questo tempo suscitato contro la Chiesa?
R. Il demonio invidioso dei progressi che la Chiesa faceva, suscitò un mostro, che con un nuovo genere di persecuzione l'affliggesse. Questi fu l’imperator Giuliano detto comunemente l’Apostata perché non contento d'aver rinunciato al battesimo, d'aver abbandonato la religione cristiana, s'impegnò accanitamente per distruggerla affatto, onde ristabilir il culto {129[287]} degli idoli. G. Cristo aveva predetto che del Tempio di Gerusalemme non rimarrebbe più pietra sopra pietra; Giuliano si propose volergli dar una mentita col riedificar quel famoso Tempio; ma non riuscì ad altro che toglierne fin l’ultima pietra, senza poter nemmeno porvi le fondamenta; giacchè al cominciar dell'edifizio poste appena le prime pietre sopravvenne uno spaventevole terremoto che le rigettò dal seno della terra, e lanciolle a gran distanza contro gli operai, e specialmente contro gli ebrei che vi concorrevano con una specie di fanatismo, e tutti rimasero in quelle rovine sepolti, o per lo meno storpiati. Si ripigliò più volte la stessa impresa, nè si cessò se non allora, che turbini di vento dispersero l’arena, la calce, e tutti gli altri materiali. Ma quello che vi succedette di più prodigioso, e ad un tempo di più terribile, si fu che globi di fuoco usciti dalle rovine dell'edifizio {130[288]} serpeggiando da tutte parti con rapidità eguale a quella del fulmine, rovesciarono i lavoranti, li trascinarono seco, e molti ne consumarono fino alle ossa, altri incenerirono intieramente. Anzi quegli ebrei che erano più distanti, oppur erano fuggiti, vennero cercati, colti dalle fiamme volteggianti, tutti rimasero arsi e soffocati. Alla vista di sì straordinario miracolo niuno più ardi avvicinarsi a quel luogo di maledizione, e si desistette dall'impresa, an. 563.
Giuliano confuso, e tuttavia non ravveduto continuò con più vivo ardore il suo disegno di persecuzione. Fomentava la divisione tra i cattolici e gli eretici, spogliava il clero de' suoi beni e de' suoi privilegi, (diceva con derisione) far loro praticar la povertà evangelica. Imponeva grosse somme da pagarsi dai cristiani in riparazione dei tempi degli idoli, non dava cariche a verun cristiano, ne loro {131[289]} si permetteva potersi difendere davanti ai tribunali: « la vostra religione, diceva, vi proibisce i processi e le querele ». Finalmente proibì a tutti i cristiani d'insegnar le lettere e le scienze, adducendo per ragione, che essi dovevano vivere nell'ignoranza, e credere senza ragionare.
Questo genere di persecuzione sarebbe stato più funesto alla Chiesa che la crudeltà di Nerone e di Dioclesiano, se Dio stesso non avesse abbattuto l’infernal progetto di Giuliano con una morte immatura.
D. Come finì Giuliano?
R. Giuliano essendo andato a combattere contro il re di Persia, deciso di esterminar tutti i cristiani dopo il suo ritorno, dovette provar la vendetta del Dio de' cristiani. Quando stimava omai sua la vittoria, un dardo senza saper d'onde venisse, passandogli rasente al braccio gli si conficcò nelle coste fin al cuore. Impaziente fece ogni sforzo per {132[290]} ritrarnelo, ma si tagliò le dita, e all' istante svenuto cadde sul suo cavallo. Fu portato fuori della mischia, si medicò la ferita, ma i dolori divenivano più acuti, e gli facevan metter grida da disperato. Voleva essere gettato in un fiume, si cavava il sangue colle proprie mani dalla ferita, e rabbiosamente lo gettava in alto dicendo: « Galileo hai vinto, Galileo hai vinto »; volendo significar Gesù Cristo a cui aveva ognor fatto guerra, e così ostinato nella sua empietà, mori in età di anni 31 nel 365.
D. Quali dottori suscitò Iddio in questo quarto secolo per illuminar la sua Chiesa?
R. Se ne contano molti, tra i quali fiorirono in modo speciale 1.° S. Martino Vescovo di Tours, il quale colla sua predicazione, e molto più co' suoi miracoli finì di distruggere il paganesimo nella Francia. 2.° S. Giovanni Grisostomo Vescovo di Costantinopoli celebre per la sua {133[291]} eloquenza cristiana, e per il suo zelo apostolico nella riforma degli abusi. 3.° Sant'Eusebio Vescovo di Vercelli, s. Ambrogio Vescovo di Milano, i quali ambidue resistettero con invincibile fermezza ai Principi protettori dell'eresia, ed impedirono che l’arianesimo venisse a piantar le radici in occidente. 4.° S. Basilio Vescovo di Cesarea in Cappadoccia, e san Gregorio di Nazianzo le cui virtù ed opere contribuirono molto alla rovina dell'arianesimo nell'oriente.
D. Fateci conoscere più particolarmente s. Eusebio e s. Ambrogio?
R. S. Eusebio Sardo, Vescovo di Vercelli, primo che abbia stabilito monasteri nell'occidente, fu la salvaguardia della fede cattolica contro gli ariani, ond'è chiamato il sollievo della s. Sede, sostegno della fede, flagello degli Ariani.
Si portò in un concilio a Milano dove disputò con tanta sodezza contro questi {134[292]} caparbi eretici, che confusi, nè sapendo più a che partito appigliarsi divennero tutta rabbia e furore, e fecero che egli fosse mandato in esilio. Ma niente per ciò atterrito profittò del suo esilio per solidar nella fede tutti i paesi dell'occidente. Dopo d' aver tollerato fame, sete, battiture, ed altri generi di supplizi, morto l’imperator Costanzo fu richiamato alla sua Diocesi.
Al suo arrivo tutta l’Italia depose le vesti di duolo (lugubres vestes mutavit), si vestì a festa ed ebbe pace. Iddio però dopo averlo così restituito nella sua Diocesi, volendolo condegnamente rimeritare per tante calamità e fatiche sostenute, lo chiamò al possesso della guadagnatasi immarcessibile corona di gloria nel 370.
S. Ambrogio fu creato Vescovo di Milano nel modo seguente. Da parte dell'imperatore presiedeva agli affari civili in Piemonte; nate discordie in Milano per {135[293]} l'elezione d'un Vescovo, egli si portò colà per mettervi calma. In mezzo alla calca mentre tutto s' occupava per sedare gli animi delle parti, un fanciullino in braccio di sua madre snoda la lingua e grida: «Ambrogio è il nostro Vescovo, Ambrogio è il nostro Vescovo ». Presa una tal voce qual segnale della voce divina, tutti gridarono: « Ambrogio è il nostro Vescovo ». Così malgrado ogni sua repugnanza con plauso universale de' buoni, e con vantaggio grande di tutta la cristianità venne creato Vescovo di Milano nel 374. Scrisse molto, e specialmente a favor della verginità, di cui fa i più alti encomi, fondando nella sua diocesi vari monasteri di vergini. Morì in pace nel 397.
E avendo non altrimenti che s. Eusebio con invincibile fermezza fatta resistenza ai Principi fautori dell'eresia, egli è chiamato il baluardo della Chiesa.
D. Quale fu l'eresia de' Macedoniani? {136[294]}
R. Macedonio, che a forza di raggiri s' impadronì della Sede di Costantinopoli, fu colui che diede il nome a quest' eresia. Gli Ariani intaccavano la divinità di Gesù Cristo, egli ardì insegnare lo Spirito Santo non essere Dio. I Macedoniani avevano un esteriore grave, la lor vita era austera: sotto tale apparenza di pietà dilatarono la lor dottrina facendosi molti partigiani. Ma l’imperator Teodosio Principe grande non men per la sua pietà, che per le sue belle azioni, oppose un argine all’errore. Pubblicò dapprima una legge, che stabiliva la communione colla Chiesa romana, come un segno sicuro di cattolicità; poscia per turare affatto la bocca agli eretici, mandò a Roma, se la intese col Papa s. Damaso per la convocazione d' un concilio, quindi invitò tutti i Vescovi dell'oriente a recarsi in Costantinopoli, e vi si trovarono in numero di cento cinquanta. L'apertura del concilio fu {137[295]} fatta con grande solennità. Si tentò sulle prime di condurre i Macedoniani alla fede, ma eglino vi ricusarono ostinatamente, e si ritirarono dal concilio, che allora li trattò come eretici dichiarati. Si confermò il simbolo del Concilio Niceno, e vi fu aggiunta la parola che riguardava lo Spirito Santo.
Teodosio ricevette questa decisione come uscita dalla bocca di Dio stesso, e promulgò una legge per sostener i decreti del concilio. Benchè quest'adunanza non sia stata composta che di Vescovi dell'oriente, nullameno l'approvazione che il Papa ed i Vescovi dell'occidente gli diedero dipoi, fece riconoscere questo concilio come il secondo Ecumenico, an. 381.
D. Dite qualche cosa di s. Damaso?
R. S. Damaso Spagnuolo Pontefice insigne per dottrina, prudenza e virtù, era succeduto a Liberio nel 366. Per cura di lui fu convocato il concilio 1.° Costaninopolitano e 2.° Ecumenico, in cui furono {138[296]} condannati i Macedoniani. Edificò varie Chiese, tra cui quella di san Lorenzo in Roma; ordinò che in fine dei salmi si recitasse il Gloria Patri. Scrisse molte opere tanto in verso che in prosa, chiamò in Roma s. Girolamo per servirsene come di segretario nelle risposte alle lettere latine. Per ordine di s. Damaso tradusse s. Girolamo in lingua latina la greca versione dei Settanta; lo stesso fece dell'edizione ebraica trasportandola essa pure in latino, e similmente con esatta diligenza emendò il testo latino del nuovo Testamento confrontandolo col testo greco; finalmente questo Pontefice colmo di meriti dopo diciotto anni di glorioso pontificato ottuagenario, morì nel 384.
D. Chi era s. Girolamo?
R. S. Girolamo nato in Stridone nella Dalmazia era versatissimo nella lingua greca, latina ed ebraica. Egli fu suscitato da Dio per ispiegar le divine scritture, {139[297]} che egli interpreta in modo letterale, ma il più sodo, e contasi per il più dotto di tutti i santi Padri in tale scienza. La sua versione fu adottata dalla Chiesa sotto il nome di Volgata.
Gli eretici conosciuta la profondità del suo ingegno andavano a gara per cattivarselo. Ma egli per accertarsi qual fosse la vera fede consultò la Sede Apostolica indirizzando a s. Damaso più lettere, nelle quali diceva: « Volendo assicurarmi d'aver Gesù Cristo io mi attacco alla comunione di vostra Santità, cioè alla cattedra di s. Pietro. Io so che la Chiesa è edificata su questo fondamento; chiunque mangia l' agnello fuori di questa casa non fa che un sacrifizio profano; chiunque non si è ritirato nell'arca di Noè è perito nel diluvio. Io rigetto ogni altra dottrina, e chi non è con Gesù Cristo è coll' anticristo ». Guidato da questo spirito d'affezione per la vera Chiesa, impiegò {140[298]} tutti i momenti del viver suo in compor libri per istruzion de' fedeli e combatter gli eretici. Dimodochè nelle questioni più difficili da tutte le parti del mondo si ricorreva a lui per averne la risoluzione. Scriveva con tanto calore, che dietro alle sue sentenze fulminanti, gli eretici rimanevano attoniti e ammutoliti. Si ritirò poi vicino a Betlemme in un monastero, dove passati molti anni in digiuni, mortificazioni, in continue preghiere, mori in età d' anni 91.
D. Quale scisma cagionò Donato nella Chiesa dell'Africa?
R. Fu il scisma dei Donatisti. Ed ecco l'origine. Si voleva sapere se Ciciliano Vescovo di Cartagine fosse stato legittimamente ordinato. Alcuni Vescovi, fra i quali un certo di nome Donato loro capo, pretendevano che tale ordinazione non fosse legittima. La cosa venne deferita al Papa, il quale sentenziò in favore di Ciciliano; {141[299]} ma Donato co' suoi partigiani ricusarono di sottomettersi, e la loro ostinatezza degenerò ben presto in furore. S'impossessarono delle Chiese a mano armata, saccheggiando e spezzando gli altari e i sacri vasi, e la loro empietà giunse perfino a ribattezzare per forza i già battezzati, sottoponendo a' più crudeli trattamenti chiunque non volesse acconsentire.
D. Chi fu l’impugnatore de' Donatisti?
R. S. Agostino fu eletto dalla Provvidenza a combattere questi nuovi errori. Nato esso in Tagaste l'anno 355, passò la sua giovinezza in una vita sregolata. Ma Iddio mosso a compassione dalle incessanti preghiere di s. Monica di lui madre, dispose che per curiosità andasse ad ascoltar le prediche di i. Ambrogio, e ne rimase talmente convinto e commosso, che non potendo più resistere alla grazia divina, dimandò il battesimo, in {142[300]} età d'anni 30, e risolvette di farsi santo. Illuminato dalla vera fede in breve tempo crebbe maravigliosamente in virtù, e ordinato Sacerdote, poscia Vescovo d'Ippona, si affaticò senza posa per ricondur i Donatisti nel seno della Chiesa; riuscì a convertirne, un gran numero; ma gli altri divennero vieppiù furiosi; gli tesero insidie, per cui sarebbe rimasto vittima della loro perfidia, se una speciale protezion del Cielo, che lo destinava ad esser lume della Chiesa, non l'avesse conservato.
I Vescovi cattolici tocchi da questi mali proposero agli eretici una pubblica conferenza, la qual fu approvata dall'imperator Teodosio il giovine. Tutti i Vescovi dell'Africa sì Donatisti come cattolici ebbero ordine di portarsi a Cartagine. Furono scelti sette Vescovi d'ambe le parti, i quali a nome di tutti conferissero insieme tra di loro. I Vescovi cattolici in {143[301]} novero di 300 con ammirabile esempio di generosità offrirono volontariamente di cedere il lor posto a' Vescovi Donatisti, affinché volessero una volta por fine allo scisma, e unirsi alla vera Chiesa. S. Agostino che aveva ispirato a' suoi colleghi questa moderazione fu uno dei sette eletti a difendere la causa de' cattolici, e provò ad evidenza che non v' era alcun legittimo motivo per rompere l' unità cattolica; e che i Donatisti non avevano altro partito a prendere per mettersi sulla strada della salute che ritornare nel grembo della Chiesa cattolica. I Vescovi scismatici nulla ebbero di solido da opporre alle energiche ragioni di s. Agostino, e i popoli che fino a quel tempo avevano confuso l'errore colla verità, in seguito a quest' adunanza aprirono gli occhi, e d' allora in poi correvano in gran calca per tornarsi a riunire alla Chiesa, an. 411.
D. Fateci conoscere l'eresia dei Pelagiani? {144[302]}
R. Erano i Donatisti quasi affatto estinti quando sorse una nuova setta della prima molto più pericolosa. Pelagio ne fu l’autore. Nato nella Gran Brettagna da oscuri parenti, simulando virtù abbracciò la vita monastica in qualità di laico. Recatosi a Roma, colla sua ipocrisia giunse ad acquistarsi la stima di molte persone dabbene. Desso era un ingegno sottile, artificioso ed ipocrita, il quale senza cangiar sentimento sapeva cangiar linguaggio. Negava il peccato originale e la necessità della grazia di Dio. Questa novità profana venne confutata con vigoria da s. Agostino, per cura del quale si convocò a Cartagine un concilio che condannò Pelagio e i di lui seguaci. I Vescovi di questo concilio scrissero al Romano Pontefice s. Innocenzo I (nativo d’Alba nel Piemonte) che confermò la lor sentenza, e scomunicò i Vescovi Pelagiani, an. 418.
Dopo questo decreto del Papa s. Agostino {145[303]} riguardava la causa come terminata: « Roma ha parlato, diceva questo santo dottore, ha confermato i decreti dei Vescovi, la causa è finita, piaccia a Dio, che sia pur finito l’errore! » Il desiderio di s. Agostino non fu appagato. Pelagio e i suoi partigiani pensarono meno a sottomettersi, che ad evitar il rossore della condanna, si tolsero la maschera, e si appellarono ad un concilio generale; ma s. Agostino fece lor vedere che questo concilio era illusorio, e che la Chiesa insieme adunata non farebbe altro che firmare ciò che era stato deciso dai Vescovi dell'Affrica, e ratificato dal Supremo Pontefice, e che in tal caso non trattavasi più di esaminar l’eresia, ma di reprimerla.
Respinti in simil guisa i Pelagiani, Pelagio sempre più pertinace, dopo d’aver vagato per vari paesi cristiani, tentando sedurre chicchessia co' suoi errori, senza che si sappia nè dove nè come, mancò dal mondo nel 420. {146[304]}
D. Raccontate la morte di s. Agostino?
R. S. Agostino dopo d'aver scritto tante opere contro gli eretici, guadagnato sì gran numero di scismatici colle sue conferenze, convertito immenso numero di peccatori, confortati chierici, vergini, santi pervenuti alla perfezione per opera di lui, dopo d'aver esercitato contro di sè medesimo ogni rigore di penitenza con una vita faticosa e mortificata, tuttavia dimostrava tanto timore de' giudizi di Dio come se non avesse fatto alcun che di bene. Gli doleva inconsolabilmente il cuore, perchè avesse cominciato sì tardi a servir il Signore. Mentre si occupava in questi pensieri di umiltà e di gratitudine verso il suo Dio animato massimamente dalla bontà divina, e dai meriti infiniti di Gesù Cristo, dopo molto lunga malattia che egli pazientemente soffrì, pacificamente morì nel 430 in età di settant'anni. Egli è chiamato lume fulgidissimo della Chiesa, {147[305]} modello dei Teologi, maestro della carità, difensore della grazia, martello degli eretici.
D. Quali turbolenze si suscitarono in questo tempo contro la Chiesa?
R. Due uomini che la Chiesa dovevano in ispecial modo onorare e servire giunsero all' opposto a disonorarla, e vilipenderla; questi furono Nestorio ed Eutiche. Nestorio Vescovo di Costantinopoli sosteneva che in G. Cristo vi erano due persone, una divina, e l’altra umana, e che la SS. Vergine non doveva punto chiamarsi madre di Dio, ma solamente madre di Cristo. La prima volta che si udirono tali bestemmie nella Chiesa, i fedeli si fuggirono per non aver comunione alcuna con chi le aveva pronunziate. S. Cirillo Vescovo d'Alessandria si levò a tutta forza contro i nuovi errori, e li denunziò al Papa s. Celestino I. Questo Pontefice che con apostolico zelo aveva {148[306]} perseguitati i Pelagiani, e fattili scacciar da tutta l’Italia, si pose seriamente a disaminar la denunzia di Nestorio, e trovata la dottrina di lui erronea, e affatto contraria a quella, che la Chiesa aveva sempre insegnato, dapprima lo ammonì, poscia minacciò separarlo dal corpo della Chiesa, se rientrando in sè stesso, non si ritrattasse da' suoi errori, e si sottomettesse al giudizio della Chiesa.
Nestorio non si arrese, anzi divenne più ardito nel seminar i suoi errori. Quest'ostinazione obbligò i Vescovi a congregarsi in Effeso in numero di 200, dove s. Cirillo in qualità di legato pontificio presiedette al concilio, che era il terzo ecumenico. Gli errori di Nestorio furono anatematizzati, e la santa Vergine solennemente dichiarata vera madre di Dio, e per dar un segno manifesto del-l’alta stima, che la Chiesa universale professava a Maria Madre di Dio, fu ingiunto {149[307]} a tutti i fedeli cristiani, che dopo la salutazione angelica si aggiungesse Santa Maria Madre di Dio etc., nel 431.
D. Quale fu la morte di Nestorio?
R. Nestorio deposto dalla sua Sede, esiliato nell'Egitto, invece di far penitenza delle sue empietà, non fece che vieppiù impegnarsi per diffonderle. Ridotto a bisogno estremo andava errando di paese in paese, di deserto in deserto co' più gravi disagi. Ma egli era divenuto un oggetto di maledizione, che ovunque recavasi, portava seco il terrore e lo spavento. Alla perfine crescendo la sua empietà insieme co' suoi mali, e improntato del marchio della riprovazione, il suo corpo vivo come era si risolse in marciume, la sua lingua organo di tante bestemmie imputridì, e fu rosa dai vermi; costretto anche a fuggire in quell'orribile stato, egli si uccise precipitando giù da cavallo nel 436. {150[308]}
D. Fateci conoscere l'eresia degli Eutichiani?
R. Lo smoderato zelo di Eutiche cagionò una nuova eresia. Esso era superiore d'un monastero vicino a Costantinopoli, e fino all'età avanzata aveva sempre mostrato il carattere d'una persona saggia e virtuosa. Con ardente zelo si levò contro Nestorio, e traviò egli stesso insegnando non esservi in Gesù Cristo che una sola natura, il che era un errore opposto a quello di Nestorio. San Flaviano Vescovo di Costantinopoli dopo d’aver tentato invano colla sua dolcezza di ricondur Eutiche alla verità, lo condannò, e gli tolse l’amministrazione del suo monastero. Il novatore a vece di ravvedersi tentò di vincerla a viva forza. Ma di consenso col pio imperatore Marciano il Papa s. Leone arrestò i progressi dell'errore, convocando in Calcedonia un concilio che è il quarto ecumenico. I Vescovi {151[309]} si radunarono in numero di 630, e s. Leone non avendo potuto intervenire inviò tre de’suoi legati, che a suo nome presiedessero. Si lesse la lettera di san Leone, che condannava l’eresia d’Eutiche. Questa lettera fu approvata ad una voce: « noi tutti crediamo così, sclamarono i Vescovi, Pietro ha parlato per bocca di Papa Leone, sia anatema a chiunque non crede cosi ». L’imperatore volle assistere egli in persona alla sesta sessione, dichiarando però ad esempio di Costantino, che esso non era entrato in questa santa adunanza, se non per confermar e difendere colla sua imperial autorità le decisioni del concilio.
D. Raccontate qualche cosa in particolare di s. Leone?
R. Leone I Toscano, per dottrina, sapienza e santità cognominato il Grande, fu eletto Papa appunto in que’tempi che più grande era il bisogno della Chiesa. {152[310]} Dopo che ebbe combattuti gli eretici per iscritto, e a viva voce, fu pregato a porsi in capo dell’ambasciata ad Attila re degli Unni. Questo Principe barbaro, detto il flagello di Dio per le stragi che ovunque menava, era passato dalle Gallie nell'Italia con formidabile esercito, e presa Acquileia, Pavia, e Milano, stava per dar il sacco a Roma senza che vi fosse chi a lui osasse far resistenza; mentrechè l’imperatore co’suoi Generali tremavano di paura alla vista di si potente nemico. S. Leone adunque fidato tutto nella protezione di Dio, pontificalmente vestito andò ad incontrar Attila vicino a Mantova, dove il Mincio scarica le sue acque nel Po. Quel superbo Principe lo ricevette cortesemente, e benchè barbaro ed infedele come l’ebbe inteso, accettate senz’altro le condizioni proposte, ripassò le alpi, lasciando tutta l’Italia in pace. I soldati d’Attila stupiti, chiesero come {153[311]} tanto si fosse umiliato avanti ad un sol uomo, quando i più potenti eserciti non gli incutevano alcun timore. Egli rispose, che mentre parlava col Romano Pontefice aveva sopra di lui veduto un personaggio di abito sacerdotale vestito, che vibrava sguainata una spada, minacciando colpirlo se non obbediva a Leone.
Molto scrisse, molto operò a favor della Chiesa, finché carico di meriti appresso Dio, e appresso gli uomini, dopo 21 anno di glorioso pontificato andò a ricevere l’eterna ricompensa nel 461.
D. Qual altro santo si segnalò in questo tempo?
R. Fra gli altri santi che per zelo, dottrina santità fiorirono in questo secolo, contasi l’inclito s. Massimo Vescovo di Torino, chiaro per le eleganti sue omelie, che formano uno de’più belli ornamenti del breviario romano. Combattè con tutto ardore gli errori di Nestorio e di {154[312]} Eutiche, e sì grande era la stima che si aveva di lui, che nel concilio romano celebrato sotto s. Ilario Papa, sedeva il primo dopo il Pontefice. Si adoprò molto per tener l’eresia lontana dal Piemonte, e per isradicar le superstizioni de’gentili che in Torino e ne’paesi vicini erano ancora osservate. Era talmente affabile e caritatevole coi poveri, che se qualche forestiero avesse domandato ove abitasse il Vescovo, gli si rispondeva, che quando avesse trovato una casa circondata di poveri, vi entrasse che era quella del Vescovo. Nutriva una tenera divozione verso Maria SS., in onore di cui oltre le frequenti concioni al popolo, lasciò altresì scritte patetiche omelie che mostrano la tenerezza del suo cuore per questa nostra gran Madre. Oppresso dalle fatiche, colmo di meriti riposò nel Signore in Torino l’anno 474.
D. Diteci qualche cosa di s. Gelasio Papa? {155[313]}
R. Gelasio romano eletto nel 491, e molto rinomato per le saggie disposizioni circa le cose di dogma e di disciplina. Egli tenne in Roma un concilio di molti Vescovi, in cui decretò quali fossero i libri autentici del vecchio e nuovo Testamento, e quali apocrifi. Confermò i quattro concili ecumenici: quello di Nicea, di Costantinopoli, di Efeso, di Calcedonia, compose un catalogo degli scritti di tutti i santi Padri. Ordinò un libro chiamato Sacramentale ossia Messale, in cui si contiene l'ordine di quasi tutte le messe che abbiamo nel Messale Romano, la formola d’impartir le benedizioni. Abolì e tolse da Roma le feste lupercali, che si celebravano in onor del dio Pane nel mese di febbraio, instituendo in vece la processione colle candele in mano nella festa della Purificazione, che già celebravasi senza tal cerimonia. Fu anch’esso il primo Papa, che stabilì le ordinazioni degli {156[314]} Ecclesiastici alle quattro tempora. Sebben elevato alla prima dignità del mondo, pure viveva da povero praticando austerità le più rigorose, alimentava tutti quei poveri che gli veniva fatto di conoscere, servendoli egli stesso colle proprie mani. Tutto poi il tempo che gli rimaneva libero da’ suoi sublimi uffici, lo spendeva nell’orazione, o in santi trattenimenti insieme co’ più degni servi di Dio, che solo spiravano cose di pietà. Come visse morì santamente nel 496.
D. Qual santo illustre comparve nel sesto secolo?
R. Appunto in sul principio di questo secolo, sorse in occidente l’astro più luminoso della vita monastica s. Benedetto da Nurcia nel Ducato di Spoleto in Italia. Mandato a studiare a Roma, vi fu preso da tale spavento per la corruzione dei giovani di sua età, che a quindici anni secretamente abbandonò la città, e {157[315]} si ritrasse in una profonda e oscura caverna a distanza di quaranta miglia. Quivi passò tre anni tutto occupato in pensieri e sentimenti celesti, nel 500. Ma Iddio che lo destinava a cose grandi, permise che fosse scoperto e conosciuto. I giovani tirati dallo splendor delle virtù di lui e dai miracoli che egli operava, andavano in folla a trovarlo, e gli uomini più illustri di Roma gli davano i lor figliuoli a educare. Questi suoi discepoli gli divennero tanto affezionati, che niuno più sapeva allontanarsi da lui, di modo che fu costretto a fabbricare dodici monasteri, mettendo in ciascheduno un Superiore, an. 528.
Il più famoso di questi monasteri fu quello di monte Cassino nel regno di Napoli, che divenne come il centro dell'ordine di s. Benedetto. Quando il santo Abate vi si portò per la prima volta, rimaneva su questo monte un tempio di {158[316]} Apolline, che gli abitanti di quei contorni adoravano ancora. Benedetto spezzò l'idolo e l’altare, e convertì quel miserabile popolo alla conoscenza della vera fede nel 529. Iddio accordò al suo servo il dono della profezia, e fece risplendere la sua santità con un gran numero di fatti maravigliosi. Alcuni malevoli non potendo patire i rimproveri che la santa vita di Benedetto loro faceva, deliberarono di farlo morire segretamente. Lo invitarono a pranzo, e gli porsero un bicchiere con entro del vino avvelenato; ma in quella che erano per sedere a tavola, il santo Abate fece secondo il suo costume il segno della santa Croce, e il bicchiere si ruppe con tal fragore, come se fosse stato colpito da una pietra. Allora egli levatosi con un aria di tranquillità: « Dio, loro disse, perdoni il vostro peccato » e se ne partì. Alla presenza d’una gran moltitudine di popolo colla sola virtù del segno {159[317]} della Croce risuscitò un novizio, che era stato schiacciato sotto la rovina d'una montagna. Totila re de’ Goti essendo entrato nell’Italia, fu compreso da stupore all'udire le prodigiose cose che di s. Benedetto si raccontavano; e volle farne prova. Gli mandò dire che voleva fargli una visita, e invece di andar in persona spedì un suo ufficiale vestito da re, e accompagnato dai grandi della corte. Il santo appena ebbelo scorto esclamò: « deponi, figliuol mio, l'abito che hai indosso, esso non è tuo ». Narrata tal cosa a Totila, venne egli stesso a visitarlo, e come lo vide si prostese a terra, e vi rimase finché Benedetto non l’ebbe rialzato. Predisse le varie vittorie che Totila riporterebbe, e l’anno preciso in cui sarebbe morto. Predisse altresì, che il monastero di monte Cassino sarebbe stato profanato e distrutto; il che tutto avvenne nel modo che aveva predetto. Sei giorni {160[318]} prima di sua morte, che egli aveva pronosticato a' suoi discepoli, volle che gli fosse scavato il sepolcro, finito il quale lo colse la febbre. Nel sesto giorno di sua malattia chiese d'esser portato in Chiesa per ricevere l’Eucaristia, poi appoggiando il capo ad uno de’ suoi discepoli pregò in piedi tutto assorto nelle cose di Dio, e alzando le mani al Cielo rese tranquillamente lo spirito al suo Signore nel 543, ne’sessantatre anni di sua età.
Egli ha lasciato a’ suoi discepoli una regola ammirabile, che quasi tutti i cenobiti dell’occidente professarono di seguire.
D. Perché fu convocato il quinto concilio ecumenico?
R. Il quinto concilio generale Costantinopolitano celebrato sotto Vigilio Papa nel 553, fu convocato per l’affare dei tre Capitoli. Dopo la morte dell’imperatore Marciano la fazione degli Eutichiani {161[319]} si rianimò nell’Egitto, e i lor seguaci vi commisero violenze le più nefande; si sforzavano d'indebolire l'autorità del concilio di Calcedonia che li aveva condannati, ed ecco il mezzo che tennero per riuscirvi. Al tempo di Nestorio comparvero alla luce tre operette molto favorevoli a questo eresiarca, queste tre opere, che si chiamarono i tre Capitoli, erano veramente riprovevoli, e due dei loro autori sembravano averli ritrattati allorché dissero anatema contro Nestorio nel concilio di Calcedonia. Gli Eutichiani che studiavansi di screditare questo concilio, ne vollero tirar partito dal silenzio che fece sui tre Capitoli, riguardandone gli autori come Ortodossi; proseguirono perciò la condanna dei tre Capitoli con grande ardore. I cattolici benchè non approvassero la dottrina di questi scritti, temevano nondimeno che condannandoli non paresse cosa contraria al concilio di Calcedonia, {162[320]} e che questa condanna non fosse per gli Eutichiani un soggetto di trionfo.
Finalmente si pensò di convocare a Costantinopoli un secondo concilio che fu il quinto Ecumenico. Vennero di bel nuovo esaminati i tre Capitoli, i quali furono condannati; senza però intaccare il concilio di Calcedonia; al contrario fu definito doversi tener nello stesso conto che gli altri Ecumenici concilii, e aversi qual regola di fede. Così gli Eutichiani non poterono riportar alcun vantaggio; andò fallito ogni lor disegno senza loro pro. Del resto questo concilio di Costantinopoli ci porge una luminosa prova del potere che ha la Chiesa di condannare gli scritti, di pronunziare sul senso dei libri, e di esigere che i suoi fedeli si sottomettano al suo giudizio.
D. Parlate del gran Pontefice s. Gregorio I.
R. S. Gregorio I Romano detto il {163[321]} Grande, perchè possedeva la santità di Antonio, l’eloquenza di Cipriano, e la sapienza d'Agostino, nacque da nobile e ricchissima famiglia l’anno 540. Fornito d’un ingegno sorprendente, in breve tempo giunse a conseguir le più onorifiche cariche di Roma. Ma vedendo che le occupazioni del secolo rubavano in parte gli affetti del suo cuore, che egli voleva che fosse tutto di Dio, perciò morto suo padre rinunciò alle dignità, e ad ogni grandezza mondana. Vendette tutti i suoi averi, e distribuendoli parte ai poveri, parte in usi pii, abbracciò lo stato monacale. Si dovette far violenza alla sua umiltà, perché egli in virtù d’ubbidienza si sottoponesse ai voleri del Papa, e si lasciasse ordinar sacerdote. Intanto colto dalla pestilenza morì Pelagio II, e tutti portarono unanimi il pensiero su Gregorio per farne un successore. Gregorio spaventato a questo sentore, si adoprò a {164[322]} tutta possa per dissuadere gli elettori, e riuscito vano ogni suo pretesto travestito fuggì da Roma, e si andò nascondere entro una selva; ma una colonna di fuoco comparsavi sopra lo manifestò al popolo romano, che inconsolabile lo cercava, e dovette accettar la dignità pontificia nel 590.
D. Quali sono i fatti principali di san Gregorio Magno?
R. Dopo la sua consacrazione rivolse ogni suo pensiero per ristabilir il cristianesimo in Inghilterra. Già dal secondo secolo la fede era stata predicata in questo vastissimo regno, ma dopochè i Sassoni popoli idolatri ne avevano fatto conquista, la luce del Vangelo era rimasta pressochè estinta. S. Gregorio vi mandò quaranta religiosi sotto la scorta di s. Agostino suo discepolo. Appena i santi missionarii presero terra, tosto cominciarono la predicazione del Vangelo, e convertirono un gran numero d’idolatri. Il re {165[323]} stesso tocco dalla santità della lor vita e da’ miracoli dimaudò il battesimo, e quasi tutti i suoi sudditi ne seguirono l’esempio, an. 597.
Per dar una forma alla nascente Chiesa d’Inghilterra, s. Agostino per ordine di s. Gregorio fu creato Vescovo, e le sue predicazioni furono sì efficaci che in un sol giorno battezzò in Cantorberì oltre dieci mila persone. A misura che le conversioni si moltiplicavano il Papa inviava nuovi missionarii. Fece venir a Roma buon numero di giovani inglesi, affinché quivi fossero istruiti ne’monasteri, per mandarli poscia nel loro nativo paese a propagar la religione cristiana. Così questa grand’isola fu guadagnata a Gesù Cristo per le incessanti cure di Gregorio, il che gli meritò il nome di Apostolo d'Inghilterra. Le stesse cure impiegò per ritornar alla fede la Spagna e l’Italia occupata da’ Longobardi, de’quali la maggior parte erano Ariani o idolatri. {166[324]}
D. Accennate alcune altre cose più memorabili di s. Gregorio?
R. Eccede ogni credere quanto egli ha detto, scritto e operato. L’antifonario, il breviario che noi usiamo oggidì è tutta opera sua. In una pestilenza che vi fu in Roma, parecchi morivano nell’atto di starnutare e di sbadigliare. S. Gregorio ordinò a’primi che si dicesse Ave (Dio ti salvi), e a’ secondi che si facessero delle croci sulla bocca; onde cessarono le morti subitanee. Istituì le litanie dei Santi e la processione per la festa di san Marco; ordinò che dalla Settuagesima sino alla Pasqua non si dicesse l’alleluja; fu pure sotto questo Pontefice che si operò un gran miracolo del SS. Sacramento. Celebrando egli messa si cangiò in carne una particola consacrata, che il santo stava per porgere ad una matrona che dubitava della verità di questo Sacramento. Finalmente dopo aver tenuta la santa Sede quasi quattordici anni, consumato dalle {167[325]} fatiche e da rigorose penitenze, mori in età di anni 64 nel 604. Egli è chiamato Gran Santo per le eminenti sue virtù; Gran Dottore per la robusta sua eloquenza e profonda dottrina; Grande Apostolo per la conversione degli Inglesi; Gran Pontefice pel prodigioso numero di scritti di cui fecondò la Chiesa, e che servono pel buon governo della medesima.
D. Quali sono i principali riti della Chiesa instituiti in quest’epoca seconda?
R. Nel 4.° secolo s. Silvestro ordinò che i corporali destinati pel sacrifizio della messa fossero di lino. S. Paolo eremita, usava cantar le sue preci con tre pietruzze al modo che noi le cantiamo coi grani del rosario. Vi era un gran rigor pei peccatori che tornavano a penitenza. Essi erano divisi in quattro classi dette piangenti, audienti, prostrati e consistenti. I piangenti erano vestiti di sacco, e piangevano i lor peccati nell'atrio del Tempio in tempo delle sacre funzioni, raccomandandosi {168[326]} alle orazioni di chi entrava. Gli audienti erano ammessi in Chiesa vicino alla porta, e ascoltato il Vangelo colla spiegazione del medesimo, erano avvisati di uscire coi catecumeni. I prostrati stavano inginocchiati, ed erano già ammessi a ricevere varie benedizioni dai Sacerdoti che loro imponevano diverse penitenze. All'offertorio si comandava loro di uscire. I consistenti potevano già assistere alla messa, senza però comunicarsi.
Questo tempo di penitenza si passava in digiuno spesso a pane ed acqua, in continue orazioni, dormendo sulla nuda terra. Tutto questo che pur durava anche molti anni, facevasi prima che il peccatore fosse ammesso alla sacra comunione; tanto era il ribrezzo che si aveva per la gravezza del peccato.
Nel quinto secolo s. Zosimo papa stabilì, che nella settimana santa si benedicesse il cereo Pasquale in tutte le Parrocchie. {169[327]} S. Felice ordinò, che tutte le chiese nuove, fossero solamente consacrate dal Vescovo. S. Mamerto Vescovo di Vienna in Francia, instituì le pubbliche rogazioni per la sua Diocesi, il qual uso fu poi ricevuto da tutta la Chiesa.
Nel sesto secolo e nel principio del settimo, s. Gregorio il Grande ordinò, che si desse principio al digiuno quaresimale collo spargere le sacre ceneri sul capo, per ricordar ai fedeli a che sarà un giorno l’uomo ridotto. I fanciulli che sembravano abili agli ufficii della Chiesa, per lo più erano allevati nei Seminari con abito chiericale, e niun de’ preti, o chierici andava soggetto ai giudici laici, ma solamente ai giudici ecclesiastici. Papa Sabiniano Toscano, successor di s. Gregorio il Grande, introdusse nella chiesa l'uso delle campane, già prima praticato da s. Paulino di Nola.
D. Quale fu lo stato della Chiesa in quest’epoca? {170[328]}
R. Egli fu quanto mai dir si possa florido e glorioso. Nell'epoca prima tutti i Pontefici (in numero di 33), coronarono il loro Pontificato colla palma del martirio. Ai Romani Pontefici tenne dietro un'infinità di cristiani, che sparsero il loro sangue per la fede, e questo aumentò il numero de’ fedeli a segno, che si andava esclamando essere il sangue dei martiri feconda semenza de' cristiani.
Nell'epoca seconda fu minore il numero dei martiri, ma non inferiore quello dei santi. Da s. Silvestro a s. Gregorio Magno tutti i Romani Pontefici sono onorati come gran santi, di cui la maggior parte si distinse sommamente per travagli sostenuti, e pegli scritti lasciati pel buon regime della Chiesa.
Uniti a'santi Pontefici sostennero la fede contro gli eretici molti santi Dottori, Scrittori ecclesiastici, Monaci penitenti, vergini e confessori, i quali colla loro virtù, scienza e santità formarono la più luminosa epoca {171[329]} della Chiesa, la quale non conosceva più alcuna parte del mondo, dove non si sentisse risuonare glorioso il nome di Gesù Cristo, e di cristiano. I Francesi poi, che parevano i più accecati nella superstizione, ad esempio di Clodoveo loro Re furono tutti battezzati. Finalmente il Piemonte che mostrava ancora grande attaccamento per l'Arianesimo, e per l'idolatria, abbracciò la vera fede per la conversione di Agilolfo Duca di Torino. Questo Principe abbracciato che ebbe la Religione Cristiana, usò tutte le sue forze per farla fiorire ne' suoi Stati. E con tal disegno, cacciò gli ariani, e gli idolatri, e unito con s. Colombano fondò il celebre Monastero di Bobbio. E siccome nutriva una special divozione verso il precursore di Cristo s. Gio. Battista, lo prescelse a Protettore del suo Regno, e gli consacrò una chiesa in Torino, dove sorse di poi il Duomo e Cattedrale di questa Metropoli. Agilolfo morì nel 615. {172[330]}
D. Chi era Maometto, e quale la sua religione?
R. Maometto il più famoso impostore che fosse mai, nacque da povera famiglia {173[331]} di padre gentile e di madre ebrea l'anno 554 nella Mecca città dell'Arabia distante circa venti miglia dal mar Rosso. Vagando egli per cercar fortuna, fu fatto agente di una vedova mercantessa di Damasco che poscia lo sposò; patendo egli epilessia, seppe far questa sua medesima infermità base della sua religione, affermando, che quelle sue frequenti cadute, erano altrettanti rapimenti a tener colloquii coll'Angelo Gabriele. Siccome vantavasi superiore a Gesù Cristo, subito gli si chiese che facesse miracoli, ed egli rispondeva che i miracoli erano stati operati da Gesù Cristo, e che egli era suscitato da Dio a ristabilir la religione colla forza. Con tutto ciò l’impostore nel suo alcorano vanta di averne operato uno, ma molto ridicolo, dicendo che essendo caduto un pezzo della luna nella sua manica, egli aveva saputo racconciarlo; da che i maomettani hanno preso per divisa {174[332]} la mezza luna. Conosciuto così per uomo scapestrato, e perturbatore della città, i cittadini vollero imprigionarlo e porlo a morte. Ma l’accorto Maometto pigliò la fuga, e ritirossi in Medina con certi libertini che l’aiutarono ad impadronirsi di quella città.
Questa fuga di Maometto è chiamata col nome di Egira, che vuol dire persecuzione, da cui appunto cominciò l’era Musulmana, e corrisponde all’anno di Cristo 622. La sua religione è un mostruoso mescolamento di Giudaismo, di Paganesimo, e di Cristianesimo. Il libro della legge Maomettana è detto Alcorano ossia libro per eccellenza; libro pieno di contraddizione; per compor il quale non sapendo Maometto scrivere si fece aiutar da un Ebreo, e da un Monaco Persiano apostata di nome Sergio.
Questa religione favorendo ogni sorta di libertinaggio, in breve tempo il suo {175[333]} autore divenuto capo d’una formidabile turba di masnadieri, potè or colla persuazione delle parole, or colla forza delle armi dilatarla quasi per tutto l'Oriente; dimodochè quella regione che fu la culla della Chiesa di Gesù Cristo, secondando lo spirito di Seisma che già da alcun tempo andava di giorno in giorno crescendo, cadde miseramente, e si lasciò acciecare da una religione che ripone ogni felicità nè’sensuali piaceri, riducendo così La natura dell'uomo a quella degli animali immondi. Maometto dopo nove anni di regno tirannico, mori nella città di Medina l'anno 632.
D. Accennate il miracolo accaduto in questo tempo per la croce del Salvatore?
R. Il santo legno della Croce nel 326 era già stato prodigiosamente ritrovato da s. Elena madre di Costantino, la quale ne avea mandato una parte a Roma, e parte aveva fatto onorificamente riporre {176[334]} in una chiesa eretta sul monte Calvario. Quivi rimasto trecent'anni, era stata tolta dal Re di Persia. Quando poi l'imperatore Eraclio ebbe vinto i Persiani, loro concedette pace a condizione, che tosto venisse restituita la santa Croce, che quattordici anni innanzi era stata rapita. Contento d'un pegno si prezioso, ordinò una grande solennità, ed egli stesso regalmente vestito voleva portarlo sul Calvario. Ma giunto a piè del monte sentissi un’invisibil forza, che lo tratteneva, e quanto più sforzavasi per andar avanti, tanto più erane respinto.
Eraclio, e tutti gli astanti erano attoniti a tal vista, quando il Vescovo di Gerusalemme « bada bene, disse, o mio Principe, che tu con questo pomposo e trionfale ornamento poco per avventura imiti la povertà ed umiltà di Cristo, mentre portava questa medesima Croce ». A queste parole l’imperatore si spogliò di {177[335]} tutti i contrassegni di sua dignità, e umilmente vestito, col capo scoperto, a piedi nudi ripigliato il sacro deposito, camminando senza difficoltà fin sopra il Calvario, lo ripose nel luogo medesimo, in cui era stato inalberato, allorché fu crocifisso il nostro Divin Salvatore; an. 629 S. Chiesa celebra la solennità di questo memorabile avvenimento il 14 di settembre.
D. Qual eresia insorse in questo tempo?
R. L'eresia de' Monoteliti (così detti, perché ammettevano in Cristo una sola volontà) cagionò gravi turbolenze nella Chiesa. I capi di questi eretici erano Ciro Patriarca di Alessandria, Sergio di Costantinopoli. Il nuovo errore fu combattuto precipuamente dal santo Abbate Massimo, e da s. Martino I. Papa. Questo Pontefice nato in Rodi città dell’Italia, eletto nel 649, al nascere di quest'eresia convocò in Roma un Concilio di cento {178[336]} cinque Vescovi e la condannò. L’imperatore Costante sdegnato per questa sentenza mandò a Roma un capitano perché trucidasse Martino, o lo conducesse a lui in Costantinopoli. L'empio capitano comanda ad un emissario che entri nel Tempio di s. Marco, e mentre il Pontefice celebra il santo Sacrifizio della messa lo metta a morte. Va il littore, e posto appena piede sul limitare della chiesa, d'improvviso divien cieco; allo stesso imperatore Costante accadono molte disgrazie. Nullameno vien ordinato che si catturi Martino, e si conduca a Costantinopoli. Mostrandosi egli sempre più fermo nel sostener la fede Cattolica, fu mandato in esilio nel Chersoneso. Molti al vederlo stretto in catene, e sì crudelmente trattato, che lasciava traccie di sangue ovunque passava, mettevano alte grida per compassione « perché piangete, lor diceva il magnanimo Pontefice, questo mi torna {179[337]} del più gran vantaggio, voi dovreste piuttosto partecipare della mia gioia ». Il suo esilio durò sei mesi, in capo ai quali rendette santamente l'anima a Dio, dopo 6 anni di Pontificato nel 657. S. Massimo venne pure condannato all'esilio, dove oppresso dai mali e dalle fatiche, morì in età di 82 anni nel 662.
D. Quale fu la morte dell’imperatore Costante?
R. Questo Principe aveva esercitato molte crudeltà verso il Papa ed altri, che si opponevano alla nuova eresia, ed era giunto perfino a far uccidere un suo fratello diacono, la cui immagine se gli presentava spesso in sogno con un calice pieno di sangue in mano dicendo: bibe frater, bevi, o fratello, questo sangue.
Pertanto sempre agitato dall’orrore di questa scelleraggine, la finì con una morte ben degna di lui. Essendo entrato nella stanza da bagno insieme con un altro che lo {180[338]} serviva, quegli col vaso che usava a versar l'acqua lo percosse sulla testa, gliela spezzò e fuggì; onde l’imperatore fu dai suoi famigli trovato morto nuotante nel proprio sangue nel 668.
D. Che fecero i Monoteliti dopo la morte di Papa s. Martino?
R. Dopo la morte di questo Pontefice i Monoteliti continuarono ad agitar la Chiesa insino al Pontificato di s. Agatone il quale d’accordo coll’imperatore, convocò un Concilio in Costantinopoli. A questo Concilio, che fu il sesto Generale convennero più di 160 vescovi presieduti dai legati del Papa. Essi non condannarono soltanto la dottrina empia dei Monoteliti, ma anche i suoi principali difensori, e partigiani, non risparmiando a chicchessia. In simil guisa colpiti di anatema gli autori della Setta, essa cadde in breve, e la Chiesa ebbe pace, an. 680.
D. Parlate degli Iconoclasti? {181[339]}
R. L'eresia degli Iconoclasti, o Iconemachi, che vuol dire spezzatori delle immagini, fu tanto più pericolosa alla Chiesa, perché ebbe un Principe per autore. L'imperatore Leone Isaurico, che quanto era valente in cose di guerra, altrettanto era rozzo ed ignorante in fatto di religione, nel 726 prese ad insegnare che non si dovevano onorar le sante immagini, e perciò tutte si dovevano spezzare. E poichè il suo empio parlare eccitava orrore ne' fedeli, egli adoprando la forza mandò il suo Scudiere Giovino, che infrangesse un insigne e prodigioso crocifisso posto dal Gran Costantino nel vestibolo del Real palazzo. Da ogni banda si gridava al sacrilego Giovino; ma indarno. Egli medesimo salì la scala, vibrò tre colpi di scure al volto della sacra figura. Le donne non seguendo che l'eccesso della loro indegnazione corsero, e tirarono in fuori la scala e fecero cadere {182[340]} Giovino per modo, che si uccise. Nullameno Leone continuò ancor più accanito la cominciata persecuzione contro le sante immagini. Usò violenze verso il Papa, che invano tentò far assassinare; contro i Vescovi, e specialmente contro s. Giovanni Damasceno; mise a soqquadro la Chiesa e l'impero per quindeci anni, dopo i quali empiamente morì nel 741.
Costantino Copronimo successore di Leone proseguiva con maggior ardore la nefanda impresa. Ma la clemenza Divina irritata da tante iniquità, si cangiò in furore. Copronimo guerreggiava vittorioso contro i Bolgari, quando ad un tratto sentissi le gambe tutte coperte d'ulceri e carbonchi, travagliato da una febbre ardente, e da dolori così acuti, che il traevano quasi fuor di senno. Si tentò ogni spediente per sollevarlo, ma egli vieppiù gridando che ardeva vivo, e sentiva le fiamme infernali, che vendicavano {183[341]} gli oltraggi che non aveva temuto di fare alla Madre di Dio, morì nel 775. In modo ancor più orribile finì Leone IV. successore di Copronimo.
D. Parlate distintamente di s. Giovanni Damasceno?
R. S. Giovanni Damasceno, o di Damasco fu quell'illustre Dottore che il Signore oppose agli imperversanti Iconoclasti. Nato da virtuosa e nobile famiglia, egli fu ammaestrato in tutte le scienze sacre, e profane. Fatto adulto rinunciò alla pingue eredità paterna, e risoluto di farsi santo, abbracciò la vita solitaria. Si levò con vigore contro gl’Iconoclasti, combattendoli con voce, e con iscritto in cui dimostra che le sante immagini sono sempre state onorate nella Chiesa, e che i fedeli non intendono di onorare l'oggetto materiale delle immagini, o reliquie, ma bensì colui che ne è il creatore e padrone. L'imperatore Leone fu talmente irritato {184[342]} per questi scritti, che, non potendo egli stesso por le mani indosso a Giovanni, l'accusò vilmente presso il Califfo (ossia principe Musulmano di cui era suddito) imputandogli i più iniqui misfatti. Quel principe nel primo suo furore gli fece spiccar la mano destra, la quale gli venne la seguente notte riappiccata intatta al braccio per un miracolo, che disingannò il Maomettano e lasciò all’Imperatore la sola vergogna d’un’atrocità senza alcun frutto.
L’Imperatore sfogò la sua rabbia contro i cristiani facendone morir molti, che la Chiesa onora come martiri della santa fede; egli avrebbe del pari trattato il Damasceno il più terribile antagonista degli Iconoclasti, ma vivendo sotto la dominazione de’ Maomettani non lo potè mai aver in sua balia, e cosi il Damasceno terminò in pace la sua vita verso il 780. Desso è chiamato modello de’ Teologi, e tutti in appresso lo seguirono nel metodo scolastico. {185[343]}
D. Quando furono gli Iconoclasti solennemente condannati?
R. Dopo molti terribili colpi che la man divina aveva menato sugli empi imperatori, l’imperatrice Irene appena salita al trono abbandonò le massime de’suoi antecessori, e chiese al Papa Adriano I. la convocazione di un Concilio. Questo Pontefice, che con grande onore tenne ben 23 anni la Cattedra di s. Pietro, osservati i gravi travagli che egli, e i suoi antecessori avevano dovuto sostenere a cagione degl’Iconoclasti, accondiscese alla pia imperatrice, e convocò un Concilio, che è il settimo Ecumenico, e secondo di Nicea (an. 788). L’empietà degli Iconoclasti fu solennemente anatemizzata da 377 Vescovi presieduti dai Legati del Papa, e si dichiarò essere religiosa cosa l'onorar le sante immagini, perchè l'onore che loro si presta si riferisce interamente all'oggetto, che esse rappresentano, cioè all'onor di Dio. I {186[344]} Protestanti seguono anche l’errore degli Iconoclasti.
D. Accennate qualche cosa di Carlo Magno?
R. Carlo Magno re di Francia fu un principe che conobbe appieno che l'osservanza del culto divino è cagione della grandezza degli stati, e che il dispregio divino è causa della rovina dei medesimi. Durante tutto il suo regno, che durò 46 anni usò sempre di sua autorità per far fiorire la religione, i buoni costumi, le scienze, e le arti. Dopo aver rintuzzato l'orgoglio di molti re e principi ariani, idolatri, chiamò dall’Italia buon numero d’uomini dotti per cui gli studii in Francia sorsero a nuova gloria. In contraccambio degli importanti servigi prestati alla Chiesa fu chiamato a Roma, e l’anno 800 da Papa Leone III venne solennemente coronato imperatore dei romani. Degno modello de’monarchi cristiani sempre {187[345]} intento all’estirpamento de’vizii, dopo resi segnalati favori alla Chiesa, e date chiare prove d'affezione pe’ romani Pontefici, e per la fede Cattolica, morì in Aix la Chapelle l'anno 814.
D. Qual luminoso martirio avvenne in questo tempo?
R. In una guerra tra l'imperatore Teofilo e il Califfo molti cristiani caddero prigioni nelle mani de’ Musulmani. Furono condotti a Bagdat, dove giunti si tentò sulle prime con lusinghe di farli apostatare, e mostratisi fermi per Gesù Cristo, vennero incatenati colle pastoje ai piedi in una prigione in cui non trapelando raggio di luce non si riconoscevano che alla voce. Tutto il loro cibo consisteva in iscarso pane ed acqua; dormivano sulla nuda ed umida terra coperti di cenci che mandavano fetore. Alcuni seduttori entrarono in prigione esortandoli a voler abbandonar Gesù Cristo e seguir Maometto, {188[346]} che solo poteva renderli felici. Ma quei generosi confessori inorriditi a tali proposte gridarono ad una voce: « Anatema a Maometto, e ai suoi seguaci »; A queste parole i Musulmani infuriati li afferrarono, legaron loro le mani dietro la schiena e li condussero sulle rive del Tigri per essere martirizzati. Oltremodo contenti, con un aspetto imperturbato, senza dar il menomo segnale debolezza, formando l’ammirazione degli stessi loro carnefici in numero di quarantadue coronarono sette anni di penosissima prigionia con un glorioso martirio nel 845.
D. Che vi è da notare particolarmente di s. Leone?
R. Avendo i Saraceni continuato ad infierir contro ai Cristiani pervennero anche in Italia portando ovunque il saccheggio e la desolazione; e fu appunto in quest'occasione che s. Leone IV Papa esercito {189[347]} la più eroica carità. Intendendo che molti fedeli pegli oltraggi dei Musulmani erano costretti andar errando a guisa di animali selvatici nelle foreste, ebbe di loro pietà, e partitosi da Roma si portò in persona a recar soccorso a quegl’infelici; fece edificar la città di Leopoli che loro servì di asilo. Fondò e ristabilì molti Monasteri, decorò, e dotò Chiese in maggior numero, largheggiò in pubblico, e in segreto numerose limosine. La Santità di Leone fu conosciuta particolarmente dietro a segnalati prodigi, mentre con un solo segno di croce estinse un terribil incendio, e con una preghiera sterminò un orribile serpente, che coll'alito pestilenziale, non che col morso molti ne mandava a morte. Finalmente dopo otto anni di onorevolissimo Pontificato morì nell'855.
D. Da chi fu cagionata la persecuzione di Spagna?
R. Un cattivo Cristiano passato dalla fede {190[348]} al giudaismo cagiono una crudele persecuzione contro ai cristiani, facendo osservar ai Musulmani, che si eran poc'anzi guerreggiando stabiliti nella Spagna, trovarsi lo stato in gran pericolo, se i cristiani non fossero obbligati a farsi musulmani od ebrei. Allora si rinnovarono tutti gli spettacoli, che i martiri avevano dato ne’più bei giorni della Chiesa. Uomini, donne, e fanciulli, ecclesiastici e laici illustrarono la fede cattolica co’ più generosi sacrifizi della lor vita. Un giorno si domandò a s. Perfetto che pensasse di Gesù Cristo e di Maometto, ed egli rispose: « Gesù Cristo è il Dio benedetto sopra tutte le cose, Maometto è uno de’ seduttori, che secondo predice il Vangelo, precipiteranno i loro seguaci insiem con sè stessi nell’abisso eterno ». Non prima ebbe profferito queste parole, che furiosamente assalito dagl’infedeli fu decapitato. Molte donne furono cotanto intrepide da abbandonarsi {191[349]} esse medesime nelle mani dei carnefici, nulla paventando il ferro e fuoco che loro era preparato.
Questa persecuzione parve mitigarsi un poco al colpo della divina vendetta verso Abderanno II, che ne era l'autore. Mentre egli sopra un terrazzo pascevasi del barbaro spettacolo della moltitudine dei martiri, che egli faceva sacrificare, fu colpito da improvviso accidente, e all'istante morì. Tuttavia Maometto suo figliuolo riaccese con maggior furore la persecuzione, nella quale colla morte o coll’esilio si perseguitarono i cristiani 60 anni, cominciando dall’822 fino all’882.
S’incrudelì specialmente contro ai religiosi, e nella sola città di Caradigna in un sol giorno furono trucidati 200 monaci, de’quali avvi questo di memorabile, che ancora oggidì si vede il pavimento, sotto cui giacciono le loro reliquie ogni anno trasudare gocce di sangue nel dì in cui ricevettero la corona del martirio. {192[350]}
D. Quali eresie travagliarono la Chiesa in tempo di questa persecuzione?
R. Due sono le eresie che afflissero
la Chiesa, quella di Gottescalco, e quella di Fozio. Gottescalco senza mai
averne avuta vocazione si fece monaco in Fulda città dell'Allemagna. Amante
delle novità uscì dal convento, e andò vagabondo per l’Italia insegnando, che
siccome Iddio predestina alcuni alla gloria, così destina altri all’inferno,
che Dio non vuole tutti salvi ecc. Nottingo Vescovo di Verona fu de’primi a
scorgere tali errori, i quali tosto vennero condannati da vari concili, e
da’più insigni Prelati di quell’età. L’eretico fu degradato, mandato in esilio,
poscia posto in prigione, dove non cessò mai dal sostenere le sue empietà fino
alla morte, e i suoi scritti furono gettati al fuoco. Tali errori dopo molti
secoli furono poi riprodotti da Lutero e da Calvino.
D. Parlate ora di Fozio?
R. Acquetate le turbolenze di Gottescalco, si levarono quelle di Fozio, spirito ingegnoso e malvagio, autore del calamitoso scisma che anche oggidì divide la Chiesa greca dalla romana. Egli era parente coll’imperatore di Costantinopoli, occupava la carica di primo Scudiere, e di primo Segretario. Gonfio per queste dignità, e per le molte sue ricchezze, e specialmente per la profana erudizione ambiva audacemente d’esser fatto Patriarca di Costantinopoli. Per riuscirvi a forza di frodi procurò che fosse deposto e mandato in esilio il legittimo Patriarca s. Ignazio; e per occuparne egli stesso la Sede, deposti gli abiti secolareschi e guerreschi lo stesso giorno si fece monaco, all’indomani fu fatto lettore, il terzo giorno Sottodiacono, il quarto Diacono, il quinto Sacerdote, il sesto Vescovo e Patriarca di Costantinopoli, an. 857. Scrisse al Papa Nicolao I {194[352]} per informarlo della sua elevazione, e prevenirlo in suo favore. Ma il Sommo Pontefice chiarito de’maneggi di Fozio consolò s. Ignazio, che era stato ne' modi più indegni trattato, e dichiarò quello intruso, e deposto da ogni autorità, e si preparava una formale condanna, se non che Iddio chiamò questo degno successor di s. Pietro alla ricompensa dei travagli e delle afflizioni pel bene della Chiesa tollerate. Adriano II effettuò quello che il suo antecessore aveva divisato, convocando a Costantinopoli un concilio che è l’ottavo Ecumenico. Fozio fu citato a comparire, ma la sua rea coscienza nol permise, perciò fu mestieri condurlo suo malgrado. Giunto in concilio interrogato della sua elevazione, e come avesse ardire spacciarsi per capo della Chiesa universale (questo è il principale errore di Fozio), egli stette taciturno dando solo alcune insolenti risposte. Allora tutto il {195[353]} concilio co’Legati del Papa rimandarono l'empio eresiarca lo scomunicarono, e di consenso coli’imperatore lo mandarono in esilio, restituendo s. Ignazio nella sua prima dignità, an. 870.
D. Che fece Fozio dopo la sua deposizione?
R. Dopo la morte di s. Ignazio, Fozio ebbe il mezzo d’introdursi di bel nuovo sulla Sede da cui era stato vergognosamente cacciato. Allora non bastò più l'esilio, fu racchiuso in un monastero, dove non desistendo dal tesser cabale contro l’autorità della Chiesa romana, l’imperatore Leone IV gli fece cavar gli occhi, e fermo sempre nella sua empietà miseramente mori nell’892.
D. Qual’osservazione fate sul decimo secolo della Chiesa?
R. Il decimo secolo è molto deplorabile per la prepotenza usata in Roma dal conte Adalberto, e dalle sue figliuole Marozia {196[354]} e Teodora. Queste due impudiche ed ambiziosissime donne usando della forza introducevano nel pontificato quelli, che erano della loro fazione, senza aver riguardo alla dottrina ed ai costumi del soggetto; perciò avvenne più volte, che si fecero delle elezioni, nelle quali uomini ignoranti e scostumati furono preferiti a quelli, che per dottrina e santità dovevano essere legittimamente elevati alla Papale dignità. Laonde fu disposizione della provvidenza divina, che in questo secolo non sorgesse alcuna nuova eresia o scisma, per cui facesse d’uopo convocare alcun concilio universale. Però non v’è altro secolo che abbia dato si copioso numero di santi alla Chiesa, anche di sangue reale come questo. Chiari per virtù e miracoli si contano fra gli altri s. Bernone e s. Romualdo.
D. Che fece s. Bernone?
R. S. Bernone ristaurò felicemente la {197[355]} disciplina dell'ordine di s. Benedetto. Il Duca d'Aquitania l’invitò a venir ne’suoi Stati, dicendogli di cercar in tutte le sue terre un luogo il più acconcio per la fondazione d’un monastero. Bernone scelse un deserto vicino a Cluny, da cui prese il nome il monastero, in simil guisa nel 910 fu fondato l'ordine di Cluny, da cui successivamente uscirono tanti personaggi insigni per miracoli, dottrina e santità. S. Bernone dopo aver fondati molti monasteri santamente morì nel 927.
D. Quali progressi fece la fede nel decimo secolo?
R. Verso la metà di questo secolo si convertirono alla fede i Polacchi col loro Duca Micislao.
Gli Ungheri dopo
aver orribilmente devastato le Chiese de’ cristiani, furono convertiti da s.
Stefano loro re ed apostolo. Questo piissimo Monarca nutriva una tenera
divozione per la Madre di {198[356]} Dio, sotto la cui protezione pose la sua
persona e 'l suo regno. Esempio, che fu poi seguito dal re di Francia, da Carlo
Emanuele II Duca di Savoia, e dalla Repubblica di Genova. I Danesi, gli
Svedesi, i Normanni col loro feroce capitano Rullone, i Russi, abbracciarono
tutti la fede di Cristo.
D. Parlate ora di s. Romualdo?
R. S. Romualdo nato in Ravenna nel 956, fu da giovane prodigiosamente chiamato ad abbandonar il fasto del mondo, e farsi religioso nel monastero di Classe vicino a sua patria. Sentendosi animato ad una vita rigida ed austera, andò a ritrovare s. Marino uomo insigne per santità, che era Abate d’un monastero presso a Venezia. D'allora in poi la sua vita fu una continua mortificazione, passando notti intiere in orazione. Portava aspro ciliccio sulla persona, aveva il dono della profezia, per cui prevedeva molte cose future, {199[357]} conosceva anche l’interno del cuore, svelando nominatamente le colpe che si erano ne’ più segreti luoghi commesse, il che gli giovò a convertire molti ostinati peccatori. Fondò vari monasteri; e tanta era l'impressione, che la santità sua produceva sugli animi altrui, che dovunque si fermava o passava ristabiliva la regolar osservanza, il fervore per la divozione, l’impegno alle più eroiche virtù. Desiderava ardentemente ottener la palma del martirio, perciò partì onde portar la luce del Vangelo nell'Ungheria. Ma Iddio l'impedì con una malattia che rinnovellavasi ogni volta che voleva continuare l’intrapreso cammino. Laonde ritornando indietro si recò nella Toscana, dove pose le prime fondamenta del celebre monastero di Camaldolesi (da Campo Maldoli, nome di quel signore che gli donò il sito), posto sulle frontiere dello Stato Ecclesiastico in una valle dell'Appennino. Così nel {200[358]} 1009 ebbe principio l’ordine de’ Camaldolesi, in cui fiorì sì gran numero di santi, che illustrarono la Chiesa collo splendor di lor dottrina e virtù. Dopo molte fatiche e austerità, s. Romualdo, predetto molto innanzi il tempo della sua morte, volò al cielo a ricevere l’eterno. guiderdone nel 1027. Chiaro per miracoli in vita e dopo morte, il di lui corpo era ancora incorrotto quattrocento vent’anni appresso la sua morte.
D. Qual eresia insorse nel principio del secolo undecimo?
R. L’eresia insorta sul cominciamento di questo secolo fu un ramo di quella de’ Manichei. Ella si scoprì in Orleans città della Francia, ove fu portata da una donna forestiera, che infettò ivi più persone, ma specialmente due insigni personaggi, uno per nome Stefano, l’altro Lisojo, i quali essendo tenuti per uomini dotti e santi, poterono in breve tempo {201[359]} dilatar molto la loro dottrina, la quale altro non era che un gruppo di errori che conducevano ad un vero ateismo. Rigettavano tutti i santi Sacramenti, e per conforto de’moribondi bruciavano un fanciullo di otto giorni, dopo la sua nascita, e ne conservavano le ceneri per viatico degl’infermi. Questi malvagi furono accusati presso il re di Francia, che si portò in Orleans con molti Vescovi, i quali tennero ivi un sinodo, e avendo trovato Stefano e Lisojo ostinati ne’ loro errori gli scomunicarono. Dopo ciò per ordine del re furono gli infelici condotti fuori della città, dove vennero bruciati vivi con molti altri della lor setta.
D. Quali sono i Santi che illustrarono la Chiesa nel secolo undecimo?
R. I santi che Dio specialmente prescelse per illuminar la sua Chiesa ín questo secolo, furono i due Pontefici san Leone IX. e s. Gregorio VIII. s. Pietro {202[360]} Damiani, e s. Brunone fondatore de’ Certosini. S. Leone detto prima Brunone, nato da real famiglia nell’Alsazia fece sì grandi progressi nella sapienza, e santità che all'età di soli 211 anni fu consacrato Vescovo di Toul nel 1026. Fino dalla più verde età erasi fatto un orario con cui partiva tutto il suo tempo tra la preghiera, la lettura de' buoni libri, lo studio delle scienze ecclesiastiche, le visite agli ospedali, e l'istruzione de’ poveri; il qual regime tenne durante tutta la vita. Morto Papa Damaso II egli fu con universai approvazione scelto per successore, e prese il nome di Leone IX nel 1049. Era questo il tempo che abbisognava d'un Pontefice saggio, e intrepido per combattere gli errori di Berengario che empiamente negava trovarsi Gesù Cristo realmente presente nell’Eucaristia. Leone fu appunto destinato da Dio per questi bisogni. Dopo d'aver proscritto in varie maniere {203[361]} la nascente eresia, si portò in persona in un Concilio convocato a Vercelli città del Piemonte. Quivi fu condannato Berengario co’suoi scritti, e si gettò nel fuoco un cattivo scritto di Giovanni Scoto Erigena. Acquetate appena queste turbolenze, Michele Cerulario Patriarca di Costantinopoli scrisse una lettera al Papa, in cui accusava la Chiesa Romana, perchè celebrava messa col pane azimo (senza lievito) perchè digiunava ne' sabbati in tempo di quaresima, nè si asteneva dal mangiar sangue, e tralasciava l’alleluja dalla Settuagesima fino a Pasqua. Rispose san Leone con vigore, mostrando queste essere cose di disciplina di poca entità, nè perciò presentar menomo pretesto a cagionar scisma nella Chiesa. Ciò non pertanto il superbo Patriarca si ostinò chiudendo gli occhi alla verità, e consumò quel scisma, che Fozio aveva preparato e che sussiste ancor oggidì formando la {204[362]} fatal divisione di Chiesa Latina, e Chiesa Greca Scismatica (1054).
Quest'anno fu pure l'ultimo del Ponficato di s. Leone, il quale consumato dalle austere penitenze e dalle molte fatiche, e dalle oppressioni che s'intentavano alla Chiesa, s'accorse essere giunto il fine di sua vita mortale. Laonde fattosi portare nella Chiesa del Vaticano sull'orlo di sua tomba, tenne un commovente discorso quindi fortificato col SS. Viatico, e cogli altri santi sacramenti, morì nel sesto anno del suo Pontificato in età d'anni ciuquantadue.
La sua santità fu attestata per molti miracoli durante la sua vita, e assai più dopo morto alla sua tomba.
D. Dite ancora qualche cosa di Berengario?
R. Berengario Arcidiacono della Chiesa d'Angiò osò il primo di tutti negare la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia. {205[363]} Più volte fu confuso nelle dispute e mostrava con giuramento ricredersi da’ suoi errori, ma subito ritornava ad insegnar le stesse empietà. Dopo molti spergiuri e ricadute, rientrò alla fine in sé stesso, si ritrattò daddovero, e passò gli ultimi ott’anni di sua vita negli esercizii della penitenza, e nella pratica delle buone virtù. Non pertanto negli ultimi istanti paventava molto i giudizii divini « spero, esclamava piangendo, spero che il Signore non ricuserà di ricevermi nella sua gloria, avuto riguardo alla penitenza, che mi ha ispirato; ma temo fortemente la giustizia sua a cagione di coloro, che col mio scandalo ho pervertito; an: 1088.
D. Riferite alcuni tratti di s. Pietro Damiano?
R. S. Pietro Damiano di Ravenna mostrò fin da fanciullo delle felici inclinazioni per lo stato ecclesiastico; perciocchè camminando per istrada trovò una moneta d'argento, {206[364]} che egli non ostante il bisognoso suo stato, fu sollecito di portare ad un prete, affinché offerisse l'augusto sacrifizio della messa pel riposo dell’anima di suo padre. Ricompensò Iddio una sì generosa azione, ispirando ad un fratello del giovin Pietro a pigliarne cura. Esso conosciuta l'indole buona di lui, lo mandò a studiare a Parma, ove fece rapidissimi progressi nelle scienze, e in breve tempo trapassando i suoi condiscepoli, divenne abilissimo precettore, tirando alla sua scuola una moltitudine di persone. Questo ministero gli procacciava modo di largheggiare a’ poveri, i quali con gioia riceveva alla sua mensa, riputandosi avventuroso di servirli colle proprie mani, ravvisando Gesù Cristo sotto i cenci di questi infelici.
Nullameno tutti questi onori non potevano appagare il cuore di Pietro, il quale abbandonando affatto il mondo, andò a seppellirsi in un romitaggio alle falde dell'Appennino {207[365]} nell'Umbria, ove condusse una vita più angelica che umana. Egli era quasi in continuo digiuno, e sempre a pane ed acqua, passando alle volte anche tre giorni senza gustare alimento alcuno, camminava a piè nudi, si dava la disciplina a sangue, faceva frequenti genuflessioni, si batteva spesse volte il petto, pregava a braccia distese, dormiva poco, e questo sopra una stuoia distesa sul duro terreno, dopo l'officio della notte diceva il Salterio sino a giorno. Suo malgrado fu fatto Superiore di un numeroso monastero, che egli amministrò santamente e fondò più altri romitaggi, procurando d’insinuare nel cuore di tutti i solitaria queste tre massime fondamentali; carità vicendevole, ritiratezza, umiltà. Avrebbe passato volontieri tutta la vita in questa pacifica solitudine, ma sparsasi la fama del suo grande ingegno, e della rara abilità, pei grandi affari, fu da Papa Stefano IX {208[366]} costretto sotto pena di scomunica ad accettar la dignità di Cardinale, e di Vescovo d’Ostia. In questa carica egli prestò i più importanti servigi alla Chiesa, e durante il Pontificato di sette Pontefici tutti gli affari più complicati spettanti al buon governo della Chiesa, a’ disordini, guerre, o a discordie insorte tra Principi temporali vennero da lui con felicissimo esito rassodate. In una di queste legazioni, mentre ritornava da Roma, giunto in Faenza in un monastero dedicato a Maria SS.ma colto da una violenta febbre, andò a ricevere il guiderdone delle lunghe sue fatiche e austerità nel 1072 in età d'anni ottantatre. Egli lasciò anche utilissimi scritti che lo fanno annoverare fra i santi Padri della Chiesa.
D. Qual fu il Pontificato di s. Gregorio VII?
R. S. Gregorio VII di Toscana detto prima Ildebrando, sin da fanciullo diede {209[367]} segni non dubbii di sua futura grandezza. Mentre egli scherzava nella bottega d'un falegname, rozzo affatto di lettere, con trucioli (cioè con quelle sottili falde, che trae la pialla in ripullire il legname formò queste parole: « comanderai da un mare all’altro », con che presagivasi la grande sua dignità. Creato Cardinale di s. Chiesa durante il Pontificato di cinque suoi antecessori fu il sostegno della santa Sede, e più volte si tentò innalzarlo alla dignità Papale, che sempre umilmente ricusò. Ma crescendo i mali della Chiesa, fu suo malgrado costretto ad accettarla nel 1073. Egli risplendette qual sole benefico a pro di tutta la Chiesa; poichè da s. Pietro in poi non si trova Pontefice, che più di lui abbia lavorato a favor della fede, sia per estirpar il vizio di Simonia, confondere gli eretici, riformare la vera disciplina, difendere i dritti della Sede Apostolica, come altresì per santità e miracoli. Spiegò specialmente il {210[368]} suo zelo verso l'imperatore Enrico IV, il quale travagliava crudelmente la Chiesa. Esso dilapidava le rendite ecclesiastiche, servendosene per lusso, incontinenze, e paghe dei soldati, che aveva arrolati in esterminio della Chiesa. Quest’indegno Principe fece imprigionare ed uccidere quei Sacerdoti e Vescovi che valorosamente si opponevano alla sua perfidia e crudeltà, e a' suoi sacrilegi. Contro di lui s. Gregorio mantenne sempre ferma, ed immobile l’immunità e disciplina ecclesiastica. Lo scomunicò, lo depose, dispensò tutti i sudditi di lui dal giuramento prestatogli. Dopo simil fatto i seguaci d’Enrico ed i complici della sue scelleratezze furono tutti colpiti dalla Divina giustizia con morti spaventose. Enrico stesso da tutti abbandonato, e dal proprio figliuolo spogliato dell’impero fu tolto dal mondo con morte improvvisa, e il di lui cadavere, perché era stato {211[369]} scomunicato, stette insepolto con gran disonore ed obbrobrio.
D. Quale fu la morte di s. Gregorio VII?
R. Questo incomparabile Pontefice dopo d'aver colla sua scienza e pietà fatto cangiar faccia a tutto il mondo cristiano, per iscansar le trame dell'empio Enrico, che lo perseguitava, dovette da Roma ritirarsi a Salerno, dove cadde in una grave malattia. Prima di spirare promise che quando pei meriti di G. C. fosse salito al Cielo, tutti avrebbe raccomandato instantemente a Dio, poscia pronunziando queste parole « Io ho amato la giustizia, e odiato l’iniquità, e per questo muoio in esilio » morì il 25 maggio 1085, dopo tredici anni di luminosissimo Pontificato. Dio confermò la santità di lui con molti miracoli prima e dopo sua morte. Mentre disputava con uno che negava d’esser reo di Simonia, gli comandò {212[370]} di recitare il Gloria Patri; lo cominciò tre volte, ma non potè mai profferire quelle parole «et Spiritui Sancto» perchè era colpevole dei delitti imputatigli. Celebrando un giorno la santa messa, fu veduta una colomba scender dal Cielo, che posando sulla destra spalla di s. Gregorio gli adombrava coll'ali distese il capo. Col segno della santa Croce spense un terribile incendio avvenuto in Roma. Cinquecent'anni dopo il suo corpo fu ancora trovato intero cogli ornamenti Pontificali.
D. Che fece di memorabile s. Brunone?
R. S. Brunone nato da illustre casato in Colonia, fece tanto progresso nella scienza, e nella virtù, che in breve tempo acquistò fama tra i più dotti di quel tempo, e si volle innalzarlo alle più grandi dignità, ma egli persuaso della vanità delle cose del mondo, partì con sei buoni compagni, e andò vicino a Grenoble sopra altissime ed asprissime montagne dette la Certosa. In mezzo a questi {213[371]} monti selvatici, cinti per tutto intorno di precipizii, di rupi, e di balze minacciose fondò un monastero chiamato Certosino, dal luogo ove fu edificato. Quest'ordine novello si dilatò rapidamente per tutta l'Europa, e conservò in modo lo spirito del suo fondatore, che non ha bisognato giammai di riforma da otto secoli, che fiorisce. Papa Urbano II, chiamò s. Brunone a Roma per farlo Vescovo di Reggio, ma non volle mai accettare tale dignità. Allora il Pontefice gli permise, che con alcuni compagni, che esso aveva guadagnato a Dio passando per l’Italia, si ritirasse nella Calabria dove fabbricò un monastero che si chiamò la Torre, e visse in pace infino alla morte avvenuta nel 1101.
D. Come furono liberati i luoghi santi dalla potestà degl’infedeli?
R. Ciò fu per mezzo delle crociate, ossia spedizioni dei Principi dell’Europa per la Terra santa. Il primo motore di {214[372]} questa grand'opera fu un semplice prete della Diocesi d'Amiens chiamato Pietro, e soprannominato l'Eremita a motivo della vita solitaria che santamente menava. Facendo il pellegrinaggio di Gerusalemme, egli fu tocco al vivo in veder moschee e stalle fabbricate intorno alla chiesa del s. Sepolcro, e la maggior parte de’ luoghi in cui si erano operati i nostri primi misteri in poter de' Turchi, e profanati in mille guise. Venuto a Roma si presentò a Papa Urbano II, a cui dipinse sì al vivo lo stato lagrimevole di que’ luoghi, che il Pontefice tutto si adoperò per la liberazione di Terra santa. Pietro scorto così dal S. Pontefice, in breve tempo dispose tutte le potenze Europee ad armarsi pe' luoghi santi, e tutti quelli che si arrolavano, prendevano per lor divisa una croce di lana rossa, che ponevano sulla spalla destra, onde furono detti crociati. Giunta l’armata cristiana {215[373]} presso Gerusalemme, assalì il nemico con tal impeto, e mostrò tanta prodezza, che dopo cinque settimane di combattimento s’impadronirono della città, cacciarono i nemici, e levarono via tutte le immondezze che disonoravano que' santi luoghi. Allora i fedeli in ringraziamento del segnalato favor divino, si vestirono tutti da penitenti, e co' piedi scalzi e percuotendo il petto, processionalmente andarono a visitar tutti i luoghi consecrati dai patimenti del Salvatore. Arrivati alla Chiesa del santo Sepolcro consacrarono Re il pio e valoroso Capitano Goffredo di Buglione Duca di Lorena. Esso immantinente dopo diede opera a metter in onore il culto divino. Fondò nella Chiesa del santo Sepolcro un Capitolo di Canonici; fabbricò un monastero nella valle di Giosafatte; fece edificare molte chiese a cui offrì doni insigni; an. 1099.
Onde porre un
argine agl’infedeli, {216[374]} parecchi Capitani si consacrarono al servizio
di Dio, instituendo l’ordine degli ospedalieri di s. Giovanni, i quali mentre
s'occupavano a pro degl'infermi, non lasciavano quand'era d’uopo di prender le
armi, e dar segni di valore invincibile contro gli infedeli. Quest’Ordine fu
poi detto de’Cavalieri di Malta.
D. Quali maraviglie operò s. Isidoro il contadino?
R. S. Isidoro il contadino fu uno di que' santi che mostrano quanto sia vero, che il Signore anche fra le glebe, sa condurre i rozzi e gli indotti alle sublimi vie della perfezione. Nato iu Madrid nella Spagna da poveri genitori e costretto a procacciarsi il vitto col lavoro delle sue mani si mantenne mai sempre attento e fervoroso nel servizio del Signore. Fin da giovinetto si alzava il mattino assai per tempo, e prima di portarsi al lavoro, andava ogni giorno ad udir la santa messa. {217[375]} Nutriva tenera divozione verso la Beata Vergine, e camminando per istrada, o lavorando nei campi recitava l'Ave Maria che era la sua orazione favorita. Alcuni invidiosi l'accusarono presso al suo padrone, come egli attendendo alla divozione negligentava la coltura de’ campi, e perciò esso volle sorprenderlo; ma giunto colà fu molto maravigliato nello scoprire due aratri che lavoravano con Isidoro, i quali scomparvero al suo avvicinarsi. Richiesto dal padrone di chi fossero quei due aratri che erano spariti al suo arrivo, rispose: « Io non so d'aver altro aiuto che quello di Dio, io lo invoco nel principio de'miei lavori, e non lo perdo mai di vista in tutto il corso della giornata ». Conobbe allora il padrone la santità del suo servo, e veduti i suoi campi ben coltivati, lo esortò a continuar nelle sue sante massime.
La sua carità verso dei poveri era {218[376]} grandissima, e tutto quel tanto che gli rimaneva dallo scarso suo sostentamento, donavalo in limosina.
Un giorno avendo distribuito quanto aveva, rimanevano per anco molti poveri da contentare; frugando pertanto nella sua povera abitazione rinvenne ancora un piccolo tozzo di polenta, la quale si moltiplicò a segno, che bastò per nutrire una grande moltitudine di poveri colà accorsi. Passò tutta la sua vita sempre confuso co' poveri agricoltori operando molti miracoli. Venuto il punto di sua morte, che egli previde molto prima, ricevuti gli estremi Sacramenti, mostrava un aria così ridente, e serena, e un tale trasporto di gioia, che a tutti gli astanti cadevano le lagrime per tenera commozione. Morì nel 15 di maggio dell'anno 1130.
Avvennero molti
miracoli al suo sepolcro. Per un prodigio luminoso il Clero col Magistrato andò
processionalmente al {219[377]} cimitero comune per trasportare il corpo di lui
in un luogo più onorifico, ed al primo colpo che fu dato per disotterrarlo,
tutte le campane suonarono da sè stesse, e non cessarono se non terminata la
cerimonia. Il suo corpo conservasi tanto flessibile, vermiglio e intero, quanto
lo era allorché morì. Dal proc. di sua Can.
D. Perché furono convocati il nono e decimo Concilio Ecumenico?
R. Il nono Concilio Ecumenico primo che siasi convocato iu Laterano, si celebrò per confermare la pace tra la Chiesa e l’impero, e restituire alla Sede Apostolica quei diritti che l'empio Enrico aveva sacrilegamente usurpato. Vi convennero più di trecento Vescovi, con seicento Abati, ai quali presiedette lo stesso Romano Pontefice Callisto II. Vi furono altresì decretate molte cose spettanti alla disciplina della Chiesa, ed ai buoni costumi nel 1123. {220[378]} Il decimo Concilio Ecumenico secondo di Laterano, si convocò per condannare gli errori di Pietro di Bruis e di Arnaldo di Brescia, i quali empiamente disprezzavano il santo Sacrifizio della Messa, l’invocazione de’ Santi, il battesimo dei fanciulli, la tradizione, e gli scritti dei santi Padri.
Tali errori vennero solennemente condannati in questo concilio composto di 1000 Vescovi con altrettanti Abati, a cui presiedette Papa Innocenzo II; il quale mostrava tanta maestà e venerazione, che gli oracoli che profferiva non parevano suoi, ma profferiti dalla bocca di s. Pietro medesimo, an. 1139. I due eretici colpiti dall’ira divina fecero ambidue una fine funesta. Pietro di Bruis dopo venticinque anni di empie ruberie e di misfatti sacrileghi rimase vittima del furor del popolo, il quale assurdato dalle sue bestemmie lo spinse tra quelle fiamme {221[379]} stesse, che egli aveva fatto apprestare per ardere un gran fascio di croci da lui fatte atterrare.
Arnaldo non ristando dal vomitar calunnie contro la Chiesa, ardì portarsi a Roma, ove per odio verso il Papa tentò far assassinar un Cardinale, il quale ebbe una pericolosissima ferita. Temendo poi una pena proporzionata al suo delitto, si fuggì da Roma; ma giunto nella Toscana fu preso e posto sopra una croce, quindi consegnato alle fiamme.
D. Che havvi di memorabile di s. Bernardo Abate?
R. Tutta la vita di questo santo è ripiena di maraviglie. Nato in Fontane nella Borgogna, ancora piccolino egli sentiva tale tenerezza verso la Vergine Santissima, che all'udirne solo il nome gesticolava, e faceva salti di gioia. Qualunque cosa fosse dettogli: « questo piace a Maria » lietamente lo faceva; « questo dispiace {222[380]} a Maria » e subito egli si asteneva. Sebbene per le rare e nobili qualità personali, e più pel sorprendente suo ingegno si vedesse aperta la via alle più grandi dignità nel mondo, pure, a tutto rinunziò, e guadagnati al Signore trenta gentiluomini, con loro abbracciò lo stato religioso a Cistercio, dove colla sua santità allettò si gran numero di giovani allo stato religioso, che si dovette mandarle a fondar nella Sciampagna altri monasteri, tra cui quello d'Assenzio, orrido ricettacolo di ladroni, che si convertì in asilo di Santi, e dal suo fondatore prese il nome di Chiaravalle. Pochi erano i giovani ai quali parlasse il santo, che egli non arrolasse nella milizia spirituale, dimodochè quando compariva s. Bernardo le madri nascondevano i loro figliuoli, le mogli i mariti, persuase che niuno poteva resistere a’ suoi allettamenti. Un suo zio, sua sorella, i suoi cinque fratelli, {223[381]} suo padre stesso, tutti si fecero con lui religiosi, e morirono da santi
D. Quali miracoli operò s. Bernardo?
R. Ne operò moltissimi. Col segno della croce guarì un Vescovo, che oppresso dal male era per esalar l’ultimo respiro; una donna, ed un fanciullo cieco, ed una fanciulla gobba furono da lui risanati alla vista di una gran moltitudine. Ovunque passava operava grandi miracoli, restituiva la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, la loquela ai muti, la sanità agli infermi, indovinando nel tempo stesso le più intime segretezze del cuore. Fu anche un miracolo continuo la sua rigorosa penitenza, che esercitò durante tutta la sua vita, la quale benchè lo rendesse molto di sanità cagionevole, pure non impediva che egli fosse sempre pronto a confessare, predicare, e compir le più difficili legazioni rappacificando i Principi e le nazioni, che si portavano odio mortale. {224[382]} Non ostante sì complicate occupazioni non tralasciava di fare continue preghiere e meditazioni, sempre assorto in dolci pensieri d'amor di Dio. Essendo un giorno nella Chiesa Cattedrale di Spira rapito in estasi in mezzo al popolo ed al Clero, cantando esclamò: « o clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria ». Parole che la Chiesa ha aggiunto alla Salve, orazione che si fa tanto spesso alla Vergine Santa.
D. Raccontate la sua morte?
R. Sparsasi la voce della pericolosa infermità di s. Bernardo da tutte le parti della cristianità, si correva per aver la consolazione di veder per l’ultima volta quell'oracolo dello Spirito Santo. Gumaro re di Sardegna andò pure a Chiaravalle, ove per le parole di s. Bernardo conosciuto il nulla delle grandezze mondane, depose le insegne reali, e preferì una cella di Chiaravalle a tutto il regno di {225[383]} Sardegna. Molti Vescovi, Prelati, Abati erano ivi accorsi per ricevere la sua benedizione, e assistere alla preziosa sua morte. Alla fine, quell’uomo mirabile tutto assorto in teneri affetti verso Gesù e Maria, fra le braccia de’ suoi religiosi morì in età di sessantatre anni nel 1153.
Egli è chiamato modello della più eminente virtù, oracolo del mondo cristiano, anima dei concilii, mediatore ed arbitro di tutti i litigi, sostegno dei Papi, e affettuoso dottore, ultimo de’ Padri della Chiesa. Al suo sepolcro si effettuò grandissimo numero di miracoli, per cui solo vent’anni dopo la morte fu da Alessandro III canonizzato.
D. Qual fu l’origine dei Valdesi?
R. I Valdesi ebbero origine da Pietro Valdo negoziante di Lione, il quale in un banchetto atterrito dalla repentina morte d'un suo compagno, esortò tutti gli altri ad una volontaria povertà, mettendosi {226[384]} egli stesso a spiegar le divine Scritture senza averle mai capite.
Riprovava il culto
delle sacre immagini, la confessione auricolare, l’estrema unzione, le
indulgenze, il purgatorio. Minacciato nella sua propria patria non si tacque;
che anzi con alcuni vagabondi compagni si portò nella Savoia, quindi nella
valle di Lucerna presso Pinerolo, ove fu loro dato il nome di Barbetti.
Confutati più volte de’ loro errori, divennero più orgogliosi, onde furono
solennemente condannati nell'undecimo concilio Ecumenico, terzo di Laterano,
presieduto da Alessandro III, a cui intervennero più di 300 Vescovi da tutte
parti del mondo cattolico nel 1179. Nondimeno quegli spiriti inquieti
continuando a disseminar la discordia dovunque recavansi, condannati in molti
concili, la finirono coll’esser gravissimamente castigati dall’imperatore, e
da’ re di Francia e d'Aragona. {227[385]} I Valdesi si unirono ai Protestanti,
e formarono poi una setta sola.
D. Date un cenno sopra le principali azioni dell'imperatore Barbarossa?
R. Federico cognominato Barbarossa dal color della sua barba, turbò la pace della Chiesa per lo spazio di più anni. Portando per ogni parte il terrore e lo spavento, incendiò Susa, Asti, Milano, e le ridusse ad un mucchio di pietre. Convocato un concilio innalzò alla santa sede un Antipapa, onde ne venne scomunicato da Alessandro III. Per questo divenuto smanioso marciò contro Roma, ma un’epidemia costringendolo a ritirarsi, perduto il nerbo delle sue armate si voltò verso Alessandria della Paglia, che il Papa aveva fatto fabbricare per ripararsi dai suoi furori. L'assediò, tentò prenderla di assalto, e riuscito vano ogni suo sforzo, depose l'Antipapa, si portò dal Romano Pontefice, gli si gettò pubblicamente ai piedi, {228[386]} umilmente dimandando perdono. Il Papa l'abbracciò teneramente assolvendolo della scomunica, e Federico in penitenza dei suoi peccati recossi col suo esercito nella Palestina per riacquistar Gerusalemme, ove morì onoratamente l’anno 1190,
D. Chi fu l’istitutore dell’ordine della SS. Trinità?
R. L’ordine della SS. Trinità fu istituito da s. Giovanni da Matta della Provenza. Mentre egli celebrava la santa messa in Parigi, gli apparve un Angelo di splendida veste adorno, che teneva le mani poggiate sopra due schiavi. Conobbe da ciò, che Dio lo destinava al riscatto degli schiavi, e per accertarsi vieppiù della volontà divina, si portò da s. Felice di Valois, che menava vita santa nel deserto; il quale alla vista di un nuovo prodigio si unì a s. Giovanni, e andarono ambidue a Roma acciocchè fosse approvato dal Papa un ordine, che avesse per suo scopo particolare {229[387]} il riscatto degli schiavi, e qualora ciò non si potesse col danaro, si facesse colla propria persona. Governava allora la santa sede il grande Innocenzo III, il quale nella Chiesa di Laterano, mentre celebrava messa all’elevazione dell'Ostia santa ebbe la stessa apparizione che s. Giovanni aveva avuto, perciò non esitò più di approvare le regole dell'ordine novello accordandogli nel tempo stesso grandi privilegi (1198).
S. Giovanni fondò molti monasteri di zelanti religiosi, i quali tutti si occupavano in raccogliere limosine per riscattar quei poveri cristiani che cadevano nelle mani degl’infedeli, e specialmente dei Maomettani che usavano ogni arte per farli apostatare. Giovanni stesso fece due volte il viaggio di Tunisi; ove i Maomettani irritati per l’ardore con cui confortava i prigionieri a sostenere pazientemente i loro mali, a morire anzichè rinnegar la fede loro, l'oltraggiarono in varie guise: poscia {230[388]} lo posero sopra un vascello, a cui ruppero vele e timone, affinché perisse in mezzo alle onde. Giovanni tutto tranquillo, col crocifisso in mano si mise a cantare salmi durante tutto il cammino. Il vascello guidato dalla divina Provvidenza in pochi giorni approdò al porto d'Ostia nell'Italia con cento venti schiavi da lui riscattati. I mali sofferti in questi viaggi, le cure quotidiane nel visitar gli ospedali, sollevar poverelli, le austerità della vita lo fecero alla perfine soccombere in Roma nel 1212.
D. Quali riti furono introdotti in quest’epoca?
R. Nel secolo settimo la festa dell'esaltazione della santa croce, dopo la vittoria riportata da Eraclio contro Cosroe incominciò a celebrarsi con maggior solennità. Si cominciò pure a prestar un culto speciale alle reliquie dei santi. L'anno 680 per celeste avviso in Roma fu eretto un altare ove furono trasferite le reliquie di s. Sebastiano, {231[389]} per allontanare un orribile peste, che tosto cessò.
Nell'ottavo secolo si stabilì, che niuno dei fedeli si accostasse alla sacra comunione, se non digiuno. S'istituirono messe anniversarie e confraternite in suffraggio delle anime dei defunti. Venne introdotto l’uffizio piccolo della Beata Vergine. Fu dismesso l'uso di porgere l'Eucaristia ai fanciulli, che si trovavano presenti alla santa messa.
Nel nono secolo Gregorio IV ordinò, che da tutta la Chiesa si celebrasse la solennità d’ogni santi.
Nel decimo secolo Giovanni XV in un sinodo tenuto in Roma l'anno 993 registrò nei fasti dei santi Uldarico vescovo di Augusta con rito pubblico, e solenne, con una bolla che dicesi di canonizzazione; il che non erasi mai usato. Imperciocchè prima i santi erano canonizzati a voce del popolo, e solamente ricorrevasi al {232[390]} Papa od ai vescovi, qualora si volesse erigere qualche Chiesa od altare.
Nel secolo undecimo il Beato Ermanno compose la Salve Regina. La solenne commemorazione di tutti i defunti nel secondo giorno di novembre, cominciata a farsi per ispecial rivelazione da s. Oddilone abate di Cluny nei suoi monisteri, fu poi introdotta in tutta la Chiesa. Al quale proposito merita special menzione la copiosissima donazione che la Principessa Adelaide contessa di Torino nel 1064 fece alla Chiesa di Santa Maria costruita in Pinerolo, in suffraggio dell’anime dei suoi parenti, e particolarmente del Marchese Oddone suo marito. L’anno 1136 cominciò la Chiesa di Lione a celebrare solennemente la festa dell’immacolata Concezione di Maria Santissima. {233[391]}
D. Qual fu il motivo della convocazione del quarto concilio di Laterano?
R. Il principal motivo per cui si convocò questo concilio fu l’eresia degli Albigesi, {234[392]} così detta, perchè sparse da prima i suoi errori nella provincia d'Albi. Era questa un mostruoso complesso di false dottrine, che conteneva le immondezze di tutte le eresie insorte ne’secoli anteriori. Gli Albigesi rigettavano Chiesa e Sacramenti, vomitavano orribili bestemmie contro la divinità di nostro Signor Gesù Cristo; e quel che è più erano di costumi sì perversi, che i più gravi disordini giudicavansi da’ loro atti di virtù. E siccome la persuasione non bastava a diffondere le loro empietà, venivano alle violenze: diroccavano chiese, atterravano altari, minacciavano, o trucidavano chiunque non volesse seguire le loro empietà.
D. Chi fu il principale impugnatore degli Albigesi?
R. S. Domenico fu scelto da Dio a combattere questi eretici. Nato egli nella Spagna da nobile famiglia, con maravigliosi progressi in iscienza e virtù compì il corso de’ suoi studi; guidato dal solo {235[393]} spirito di carità, e acceso di vivissimo desiderio di adoperarsi per la salute delle anime, e di, rappacificare alla Chiesa cattolica i novatori con un buon numero di fervidi missionarii (che formaron poscia l'ordine Domenicano), si levò a tutta possa contro gli Albigesi. Iddio confermò ben presto la predicazione di lui con luminosi miracoli. Stese Domenico in iscritto i testi che più incalzavano gli eretici, e li consegnò loro, affinché attentamente li considerassero. In un conciliabolo di notte tempo radunato, mentre stavano d’intorno al fuoco, un di loro trasse fuori lo scritto di Domenico, e lo lesse: « gittalo sul fuoco, un altro soggiunse, e se si abbrucia la nostra credenza è vera, se no, è vera quella de’cattolici ». Con istupor di tutti la carta fu gettata sulle fiamme, e dopo esservi stata qualche tempo saltò fuori come fu posata. « Gittala di nuovo, si replica, e si vedrà meglio la verità ». {236[394]} Così fu fatto, e la carta di nuovo balzò fuori illesa. Si buttò la terza volta, e la carta uscì sana come prima. Ma le predicazioni accompagnate da innumerabili miracoli, unite all’instancabil zelo d’Innocenzo III, non bastarono per frenare l’audacia degli Albigesi, laonde abbisognò la convocazione d’un Concilio Ecumenico.
D. Che cosa si stabili in questo Concilio?
R. A questo Concilio, che è il duodecimo Ecumenico, quarto di Laterano, celebrato l’anno 1215, diciottesimo del pontificato d’Innocenzo III, intervennero quattrocento dodici Vescovi, ottocento Abati, senza calcolare i legati degli assenti, e gli ambasciatori di quasi tutti i Principi cattolici. Innocenzo ne fece l'apertura con un patetico discorso sui mali che affliggevano la Chiesa, e sul modo di porvi rimedio, quindi a voti unanimi furono condannate tutte le eresie, e particolarmente {237[395]} quella degli Albigesi, i quali con ogni lor partigiano furono scomunicati. La parola transustanzialità venne consacrata per significare il real mutamento del pane e del vino nel corpo e sangue di Gesù Cristo. Siccome poi in quel tempo molti cristiani raffreddati nella pietà, passavano anni intieri senza accostarsi al Sacramento della Penitenza, e dell’Eucaristia: perciò fu decretato che a quei fedeli i quali non si fossero confessati almeno una volta l’anno, e comunicati alla Pasqua di risurrezione, non fosse più permesso di entrar in Chiesa, e qualora fossero morti in questo miserabile stato, venisse loro negata la sepoltura ecclesiastica. Volendo con ciò significare che chi non riceve questi Sacramenti ne’ tempi accennati, s’intenda voglia rinunziare al nome di cristiano. Fu anche in questo concilio che venne pubblicamente approvata la regola dell'ordine Francescano. {238[396]}
D. Da chi fu istituito l’ordine Francescano?
R. Quest’ordine maraviglioso, cotanto benemerito della Chiesa è stato fondato dal serafico s. Francesco d’Assisi città nello stato della Chiesa. Questi dagli anni più giovanili spiegò una gran carità verso i poveri, e si fece una legge di non ricusar ad alcuno la limosina, quando fosse domandata per amor di Dio. Un giorno incontrò un uomo di buona famiglia, ma assai povero e mal vestito; egli ne fu sì commosso, che levatosi l’abito che s’era recentemente fatto fare, obbligò il mendico a vestirsene. Suo padre sdegnato perchè Francesco non voleva secondar le di lui mire secolaresche, lo diseredò e cacciollo di casa. « Ebbene, egli diceva, giacché sono abbandonato dal padre, che aveva in questo mondo, dirò quindi innanzi con maggior confidenza: Padre nostro che sei ne’ cieli ». Uscì poscia dalla {239[397]} città d’Assisi, si pose a servir i leprosi e ad esercitar altre opere di misericordia, fissando dimora presso una Chiesa dedicata alla Madonna degli Angeli, detta anche della Porziuncola dal luogo in cui era situata. Malgrado la rigidezza di vita, e l’austera penitenza che predicava, e professava, si vide in breve capo di molti discepoli, i quali si unirono insieme nella suddetta Chiesa, che fu la prima casa e la culla dell’ordine di s. Francesco.
Animato dal più vivo zelo per la salute delle anime, mandò i suoi discepoli in varii paesi, ed egli s’avviò verso l'Egitto desideroso di conseguir la palma del martirio. Se non che invece di morte vi ricevè dagl’infedeli dimostrazioni di onore e di venerazione. Ritornato in Europa venne in Piemonte, ove fondò due conventi, uno nella città di Chieri, l'altro in Torino, che porta ancora presentemente il nome di s. Francesco d’Assisi. {240[398]} Continuò poscia a reggere santamente il suo ordine finchè finì sua vita con una morte preziosa negli occhi di Dio ne11226.
D. Qual altro ordine religioso fu approvato in questo tempo?
R. Poco tempo dopo l’approvazione dell’ordine Francescano venne approvato quello di s. Domenico detto Domenicano dal suo fondatore, o de’ predicatori dallo scopo primario di questa religione, che è di tendere in modo speciale alla predicazione. Questi frati predicatori che sulle prime si adopravano specialmente a combattere l’eresia degli Albigesi, si sparsero in appresso per tutti i paesi cristiani. Papa Onorio III vedendo gli importanti servigi che prestavano alla Chiesa, l'approvò fra gli ordini regolari con bolla autentica l’anno 1217. S. Domenico dietro un ordine espresso della B. Vergine, che gli apparve in una Cappella della Puglia, stabilì la divozione del Rosario: divozione {241[399]} alla quale moltissimi peccatori debbono la loro conversione; e che sarà mai sempre sostegno grande contro gli eretici, e sorgente inesausta di celesti benedizioni. Operò pure gran numero di miracoli, tra cui si annoverano tre morti risuscitati alla presenza d’una grande moltitudine di testimonii oculari. Trasferitosi a Bologna per trattare alcuni affari del suo ordine, cadde in una malattia, la quale come aveva predetto molto avanti, fu l’ultima. Vicino a morte fecesi coricar sulla cenere, e chiamati tutti i suoi religiosi, raccomandò loro d’evitar diligentemente la frequenza delle donne, e condur una vita pura e santa, « colla castità, ei soggiunse, e colla povertà sarete grati a Dio e utili alla Chiesa ». Poscia mori col dolce conforto di veder i suoi religiosi produrre frutti di grazia e benedizione per tutto il mondo (an. 1221).
D. Chi fu s. Antonio di Padova? {242[400]}
R. Dopo la morte di s. Francesco il suo ordine andava perdendo l’antico fervore; quando piacque a Dio di suscitare chi richiamasse tutto lo spirito del suo fondatore. Questi fu Antonio di Padova nativo di Lisbona. All’età di quindeci anni egli abbracciò l’ordine di s. Agostino; ma nell'occasione che furono arrecate in Portogallo le reliquie di cinque frati Minori caduti martiri a Marocco, sentissi tutto infiammato dal desiderio d’ascriversi al loro ordine, per aver anch’egli un campo più aperto a conseguir la palma del martirio. Partito pertanto per andar a predicar il Vangelo a Saraceni venne assalito da una violenta malattia per istrada, per cui si giudicò meglio rimandarlo nella Spagna. Dio però che di lui altrimenti disponeva, fece che da venti contrari fosse trasportato in Italia nella città di Padova da cui prese il soprannome. Quivi e nei luoghi vicini diè principio alla meravigliosa {243[401]} sua predicazione, per cui i popoli sentivansi così vivamente animati, che partivano di notte e andavano a stiparsi nella Chiesa lasciando i contadini i loro campi, i bottegai, gli artisti le loro occupazioni per andarlo ad udire. L’unzione, il fuoco, la dignità più angelica che umana con cui predicava gli tirò sì gran numero di uditori che fu necessità predicasse nell’aperta campagna ove si videro fino a trenta mila uditori.
Convien peró osservare che tal predicazione era accompagnata da continuo digiuno, preghiera, ed altre rigorosissime penitenze con una moltitudine di miracoli che lo fecero chiamar Taumaturgo ossia operator di miracoli.
Molte meraviglie operò sinchè consumato dalle fatiche, presagito il giorno di sua morte nell’età di soli 36 anni nella città di Padova rese placidamente l’anima al {244[402]} signore. Il numero e la grandezza dei miracoli che avvennero al di lui sepolcro lo fecero metter in solenne modo fra i santi men di un anno dopo la sua morte avvenuta nel 1231.
D. Perché si celebrò il decimoterzo Concilio Ecumenico in Lione?
R. Questo concilio fu convocato per trattare affari di disciplina, e specialmente per rimediare ai gravi mali cagionati alla Chiesa dall’imperator Federico. Questo Principe veramente empio e crudele dopo molte violenze usate contro a' Vescovi e Sacerdoti tese anche insidie alla persona del Pontefice Innocenzo IV, il quale perciò fu costretto a ritirarsi nella Francia, quivi convocato a Lione un Concilio a cui trovaronsi 140 Vescovi con molti legati e Abati presieduti dallo stesso sommo Pontefice furono esaminate le malvagità dell'imperatore, il quale riconosciuto reo di spergiuro, di sacrilegio, d'eresia, d'infedeltà alla santa {245[403]} sede, venne deposto, scomunicato, privato di ogni onore e dignità. Sul finir di questo Concilio fu determinata una Crociata per Terra Santa sotto il comando di s. Luigi re di Francia nel 1245.
D. Come fu istituita la festa del Corpus Domini?
R. Il domma della presenza reale essendo ostinatamente combattuto, cresceva tanto più ne’ Cattolici il fervore nel rendere gli omaggi dovuti a Gesù Sacramentato. S. Giuliana di Liegi ed altre piissime persone dietro vari miracoli e rivelazioni promossero la solenne festa del Corpus Domini. Urbano IV riconosciutane l’eccellenza ordinò che fosse celebrata per tutta la Cristianità; s. Tommaso d’Aquino a richiesta del Papa ne compose l’Uffizio nella forma che ancora oggidi recitiamo; l'anno 1264.
D. Raccontate la morte di s. Luigi?
R. S. Luigi Principe che anche sul {246[404]} trono, e in mezzo al fasto mondano aveva saputo perfezionar le più eroiche virtù, colla speranza di liberar Terra Santa ricaduta in poter dei Turchi, si portò con numeroso esercito in Palestina. Diede ivi segni di gran valore, riportò gloriose vittorie, e avrebbe operato assai più, se i cocentissimi ardori del clima, e le cattive qualità dell’acqua non avessero cagionato una fierissima pestilenza, che tolse di vita la metà dell’armata, e s. Luigi ne fu tocco egli stesso. Mentre il sacro Ministro era per porgergli il SS. Viatico gli chiese se credeva fermamente che quello fosse il corpo di Gesù Cristo: « meglio nol crederei, rispose, qualora lo vedessi in tutta la luce con cui è salito al cielo «. Sentendosi poscia avvicinare gli ultimi istanti fecesi coricare sulla cenere, e incrocicchiate le braccia sul petto cogli occhi rivolti al cielo recitando quelle parole del Salmo: « signore io entrerò nella vostra casa, vi {247[405]} adorerò nel vostro Tempio santo, e glorificherò il vostro nome », placidissimamente spirò nel 1270.
D. Quali santi Dottori in sapere e virtù fiorirono in questo tempo?
R. Fiorirono parecchi: i più illustri de'quali sono s. Bonaventura Toscano, e s. Tommaso d'Aquino del regno di Napoli. Questi in età di cinque anni, fu messo in educazione nel monastero di Monte Cassino, ove fece sorprendenti progressi nelle scienze e nella pietà; ma sapeva sì ben nascondere il suo ingegno, che il suo silenzio passava per istolidezza, laonde da suoi condiscepoli era chiamato il bue muto. Il suo maestro che perfettamente il conosceva, diceva ai dileggiatori di Tommaso, che i dotti muggiti di quel bue muto, avrebbero un giorno echeggiato per tutta la terra; e questo si avverò pienamente; imperciocchè rinunziando ad ogni fallace speranza del secolo, entrò {248[406]} nella religione di s. Domenico. Ivi coltivando il raro suo ingegno, compose sì grande quantità di opere, che venne universalmente chiamato l'angelo delle scuole. Una volta gli comparve Gesù Cristo, e gli disse: « Tommaso hai scritto bene di me, qual mercede dimandi? » rispose: « non altra mercede che te stesso, o mio Dio ». Sempre concentrato nello studio, sovente più non badava dove fosse. Sedendo una volta a pranzo con s. Luigi re di Francia, diede un forte pugno sulla tavola, dicendo « questo si, è argomento che abbatte l'eresia di Manete ». Avvertito dal suo superiore di pensare che era a mensa del re, ne dimandò al Principe umile perdono; ma il re pieno di maraviglia, chiamò subito un segretario, a cui diè comando di scrivere la risposta a Manete. Gli fu offerto l'Arcivescovado di Napoli, che per umiltà non volle mai accettare. Il Papa Gregorio X avendo stabilito di {249[407]} convocare un Concilio a Lione, vi chiamò espressamente s. Tommaso, il quale partì alla volta di Lione, ma giunto a Piperno vicino a Roma, cadde ammalato, e fu costretto a ritirarsi in un convento di Cisterciesi. Domandò il santo Viatico, a cui benchè sfinito dal male, volle egli stesso andar incontro, e prostrandosi in terra con un profluvio di lagrime, adorò il suo Sacramentato Signore: indi coi più teneri atti di divozione, e col più commovente fervore lo ricevette. Poscia tutto assorto in celesti pensieri, riposò nel Signore in età di 49 anni nel 1274.
D. Che notate di s. Bonaventura?
R. S. Bonaventura chiamato col nome di Gioanni, nell’età di quattr’anni ammalatosi gravemente, fu guarito per le preghiere di s. Francesco, il quale in vederlo ben risanato, esclamò: oh buona ventura! E d'allora in poi il fanciullo si chiamò sempre Bonaventura. A vent’un {250[408]} anno professò la regola dei frati Minori, tra cui camminò tant'oltre nella perfezione, che il famoso Alessandro di Ales suo maestro, ammirando il singolare candore, e l'innocenza de’suoi costumi soleva dire: « pare che il peccato d’Adamo non sia passato in Bonaventura ». Conosciuto il singolar talento e prudenza di lui, fu creato generale del suo ordine, poscia da Clemente IV venne nominato all’Arcivescovado di York in Inghilterra, del che egli atterrito, andò a Roma a gettarsi ai piedi di sua Santità, e gli fece tante istanze, che lo esentò da tal carica, Gregorio X in virtù di assoluta ubbidienza, l’obbligò ad accettar la dignità di Cardinale, e di Vescovo d’Albano. Allorché gli si recò la nuova, fu trovato che lavava i vasi di cucina, e continuò francamente il basso esercizio che aveva cominciato; di poi prese le lettere del Papa, e lettone il tenore, diede manifesti segni {251[409]} di repugnanza pel doversi sottoporre alla proposta dignità. Lo stesso Pontefice gli ordinò di prepararsi sulle materie che si dovevano trattare nel Concilio generale, già intimato in Lione. Ivi parlamentò nella seconda, e terza sessione, ma dopo la quarta, venne sorpreso da una malattia, per cui in breve passò da questa vita alla beata eternità. E’ difficile a comprendere come in mezzo a sì gravi, e continue occupazioni, abbia potuto comporre tanti trattati che lo fecero chiamare il Dottore Serafico soprattutto ciò che riguarda alle cose spirituali. S. Tommaso d'Aquino suo grande amico, venuto un giorno a visitarlo, lo trovò che scriveva la vita di s. Francesco: « non l’interrompiamo, disse, lasciamo che un santo scriva la vita di un altro santo ». Un'altra volta questo santo Dottore pregò s. Bonaventura a dirgli da chi imparava quelle mirabili cose che apparivano ne' suoi scritti. {252[410]} Esso gli mostrò il suo crocifisso, dicendogli: ecco il libro d'onde apprendo quello che insegno.
D. Che cosa si trattò nel citato Concilio.
R. Lo scopo primario del Concilio secondo di Lione, decimo quarto generale, fu la riunione della Chiesa Greca, colla Chiesa Latina. Già da quattro secoli la Chiesa Greca giaceva miseramente nell'errore; quando Iddio usandole pietà, la richiamò di nuovo in grembo della verità con farle provare gravissimi castighi. L'imperatore Michele Paleologo mandò con lettere un legato a Gregorio X, protestandosi voler esso con tutti i suoi sudditi far ritorno all'unità cattolica. Il Papa oltremodo lieto per tale notizia, affinché la cosa fosse più maturamente trattata, convocò il Concilio di Lione l'anno 1274. Oltre i Patriarchi Latini, due Patriarchi Greci, quello di Costantinopoli, l'altro di {253[411]} Antiochia, vi si trovarono uniti 500 Vescovi, e 1070 tra Abati e Prelati. San Bonaventura che tenne il primo luogo dopo il Papa, ebbe incumbenza di proporre le cose che si dovevan trattare. In questo Concilio tutti i Greci abjurarono i loro errori, dichiarando di credere la processione dello Spirito Santo (questo negavano i Greci Scismatici) dal padre e dal figliuolo, l'esistenza del purgatorio, la validità del Sacramento dell'Eucaristia fatta col pane azimo, e finalmente confessarono il primato del Romano Pontefice vero, e legittimo successor di s. Pietro, a cui chiunque si ostini a non voler essere unito, è impossibile che si possa salvare. Il Papa che in persona presiedeva al Concilio, al veder tanti traviati figliuoli ritornar all’ovile paterno, preso da un trasporto di giubilo, intonò un solenne Te Deum, che tutti gli astanti ad una voce continuarono; an. 1274. {254[412]}
D. A quali atrocità giunse il fanatismo d'alcuni ebrei?
R. Gli ebrei di quel tempo, diedero nei più gravi eccessi di barbarie; eccone un esempio. Un giovine di Treves nella Francia, chiamato Verner in età appena d’anni quindeci, si collocò a giornata presso alcuni ebrei per iscavare in una cantina. Un giorno una donna caritatevole che gli aveva dato albergo in casa sua, gli disse: « che cosa pensi tu, o Verner? eccoti al venerdì santo; gli ebrei ti mangieranno ». Il giovine contadino innocente e pio rispose: « Io non posso vivere, che lavorando, la mia vita è tra le mani di Dio ». Nel giovedì santo si confessò, comunicò, quindi fece ritorno al suo lavoro. Gli ebrei scesero dietro a lui nella cantina, gli posero tosto una palla di piombo nella bocca per impedirlo di strillare, poi lo legarono ad un palo colla testa in giù, per fargli render l’Ostia. {255[413]} Nel che non potendo riuscire, sì diedero a lacerarlo a colpi di sferza, poscia con un coltello gli apersero le vene di tutto il corpo, e lo strinsero con tanaglie per premerne tutto il sangue. Nel corso di tre giorni lo tennero appeso ora dai piedi ora dalla testa, fino a che divenne affatto esangue; an. 1287.
D. Che havvi di singolare intorno a s. Celestino V?
R. S. Celestino di Sulmona nel regno di Napoli dopo d'esser fino all'età di settant'anni vissuto in un deserto fra le austerità e penitenze, a cui tenevano dietro molti miracoli; nel 1294 fu quasi a viva forza tratto dalla solitudine, e creato Papa. Da ogni parte correvano i popoli per veder il nuovo Pontefice, che {256[414]} colla fama di sua Santità, tirava tutti in alta ammirazione. Dopo cinque mesi di Pontificato, spinto da vera umiltà e dall'amor per la solitudine con esempio non ancor veduto prima di lui abdicò al Papato, e benchè i Cardinali piangendo gli facessero le più vive rimostranze, nulla meno ei volle spogliarsi d’ogni dignità, e ripigliar le sue povere vesti d'anacoreta. Non potè però ritornar nel suo deserto, e giunto a Fumona in capo a dieci mesi morì in voce di santità nel 1295. Egli fu fondatore dell'Ordine de' Celestini.
D. Accennate l'origine del Giubileo?
R. Vi era costante tradizione in tutto il mondo cristiano, che chiunque nell'anno secolare visitasse la chiesa di s. Pietro in Roma, acquisterebbe indulgenza plenaria di tutte le sue colpe. Bonifacio VIII l’anno 1300, al vedere un concorso di gente si maraviglioso, che pareva essersi ivi aperte le porte del Cielo, diede pel {257[415]} primo una bolla, con cui istituì il giubileo, cioè l'indulgenza plenaria per tutti i fedeli, che, confessati e pentiti dei loro falli, visitassero le chiese degli Apostoli Pietro e Paolo. E questo da osservarsi di cento in cent'anni.
Clemente VI ad imitazione del Giubileo degli Ebrei, lo ridusse a 50 anni per render partecipi un maggior numero di fedeli.
Urbano VI considerando che questo termine era ancor troppo lungo, ordinò, si celebrasse ogni 33 anni. Sisto V lo ridusse poi ad ogni 25 anni. Talvolta i Papi accordano un Giubileo per i straordinarii bisogni della Chiesa. Altre volte vedevasi durante il Giubileo un immensa moltitudine recarsi a Roma da tutte parti dell'Europa; ora i sommi Pontefici concedono a tutti i paesi cattolici la licenza di fare il Giubileo, senza obbligare le persone a recarsi a Roma. {258[416]}
D. Che avete a dire del decimoquinto Concilio Generale?
R. Nel Concilio decimoquinto Generale celebrato in Vienna, vennero specialmente condannati i Fraticelli, i Beguardi, le Beghine e i Templari. I Fraticelli avevano per capo Pietro di Macerata e Pietro di Fossombrone, i quali sotto pretesto di menare una vita eremitica, seminavano molti errori contro la vera fede; an. 1300. I Beguini e le Beghine (così detti da santa Begga, e da Begnio, che pretendevano imitare) insegnavano gli stessi errori che i Fraticelli, aggiungendovi ancora una vita disonesta e scandalosa. I Templari, che un tempo prestarono ragguardevoli servigi alla religione, degenerarono in eretici ostinati. Alcuni di loro giunsero fino a rinnegar Gesù Cristo, e a professar la più sfrenata licenza. Affine di por freno alla temerità di tutti questi scandalosi, che infestavano la Chiesa, fu da Papa {259[417]} Clemente V convocato il Concilio Generale di Vienna nella Francia l'anno 1311. Col Papa, che lo presiedeva, vi si trovarono più di trecento Vescovi senza contare un grandissimo numero di prelati, priori, e abati. L’eresia, e i suoi autori vennero solennemente colpiti dell’anatema, e gran parte di essi mostrandosi ostinati, furono dal braccio secolare fatti morire tra le fiamme.
D. Da che ebbe origine la setta dei Flagellanti?
R. Trovandosi l'Italia afflitta da gravi infortunii che la giustizia divina faceva sentire in pena dei delitti che si commettevano, sorse un entusiasmo di penitenza con cui moltitudine di gente, andando per le vie in processione, si radunava a pregare flagellandosi (da ciò furono detti flagellanti) colle sferze sino a sangue, ed implorando da Dio pietà. Questa commozione dilatatasi in modo speciale nelle {260[418]} città di Torino, di Chieri, d’Asti, e nella stessa Roma, produsse grandi vantaggi fra cristiani; ma non essendo approvata dal Papa, nè dai Vescovi, presto degenerò in superstizione, indi in eresia. I Flagellanti asserivano scioccamente, che niun poteva ottener il perdono de’peccati, se non praticava la lor penitenza, la quale dicevano essere giovevole agli stessi dannati dell’inferno. Papa Clemente VI condannò formalmente quest’eresia, e scrisse a molti Vescovi e Principi secolari, esortandoli a dissipar la razza di questi ipocriti, a scioglierne le conventicole, e precisamente a metter in prigione i maestri degli errori. Verso l’anno 1347.
D. Quali sante fiorirono in questo secolo?
R. Fra i molti santi e sante che fiorirono in questo secolo, meritano singolar menzione le due eroine della grazia s. Brigida e s. Cattarina da Siena. Santa Brigida discendente dai re di Svezia, sin {261[419]} dall’età di sette anni grandemente istruita nella via della perfezione metteva in pratica con tal coraggio le maggiori virtù, che la sua infanzia era stimata un prodigio della grazia divina. Nell'età di dieci anni sempreppiù infiammata dall’amor di Dio, non poteva pensare alla passione di Gesù Cristò senza dar in pianto. Mentre occupavasi a ricamare, sovente avveniva di vederla coll’ago in mano, col lavoro sulle ginocchia, cogli occhi alzati verso il cielo, immobile struggersi in lagrime alla vista di Gesù crocifisso. Suo malgrado il padre maritolla con un Principe: ma ella non rallentò punto i progressi nella virtù. Persuase a suo marito di fondare uno spedale vicino alla propria abitazione; ivi conduceva ella stessa gli infermi, loro provvedeva di quanto abbisognavano; ogni giorno andava regolarmente a servirli. Considerava i poveri come membri di Gesù Cristo, ed ogni dì ne alimentava dodici servendoli ella stessa alla mensa. {262[420]} Morto il marito Brigida non pensò più ad altro che a Dio, all’anima, al paradiso; e da questo tempo ebbero principio quei sublimi e frequenti colloquii con Dio, che la portarono al più eminente grado d'amor divino, e d'austera penitenza. Col corpo coperto d'un aspro ciliccio con pungenti catenelle di ferro che penetravano nelle carni, anche nel rigor del freddo altro non aveva per letto che alcune assi. Genufletteva sovente, spesso baciava la terra, digiunava quattro volte la settimana, e il venerdì in pane ed acqua; passava la maggior parte della notte in orazione a’ piè di Gesù crocifisso. Ogni giorno si confessava, e quasi colla stessa frequenza si comunicava. Da simile ardore di penitenza animata intraprese il faticoso pellegrinaggio de’ luoghi santi, ma nel suo ritorno, giunta a Roma, cadde gravemente inferma. Ricevuti gli ultimi Sacramenti, e levata alla più intima union {263[421]} con Dio placidamente rese l'anima al Signore tra le braccia della sua figliuola s. Catterina, in età d’anni settant’uno nel 1375. S. Antonino riferisce molti miracoli operati da s. Brigida, tra cui la risurrezione di dieci morti. Abbiamo anche di questa santa otto libri di rivelazioni, che furono approvati dai Padri del Concilio di Basilea.
D. Quali sono i principali fatti di s. Catterina da Siena?
R. S. Catterina da Siena, non men di s. Brigida famosa per le grazie straordinarie onde Iddio la colmò, all'età di soli cinque anni era da tutti chiamata la piccola santa, tanto era lo spirito di pietà e virtù che fin da quell’età dimostrava. Compiuti appena sette anni ebbe una visione di Gesù Cristo, verso cui sì grandemente s’infiammò d'amore, che lo scelse per suo sposo, e d’allora in poi non provò più gusto che per la solitudine, {264[422]} per l’orazione, per l’astinenza, e pel digiuno. Tolse a sè stessa assolutamente l’uso del vino e delle carni, nè d’altro più s’alimentò che d’erbe crude senza pane. Due nude assi le servivan di letto, di mensa, e di sedia; una pungente catena di ferro teneva luogo di ciliccio. Appena sonnacchiava un’ora nella notte, e tutto il resto del tempo era impiegato nell’orazione e nel lavoro.
Ferma in questo portentoso tenor di vita, si fece religiosa nel terzo ordine delle sorelle di s. Domenico, ove la sua vita divenne una tessitura di maraviglie. Poco per volta giunse a perder il gusto, e lasciando l'uso degli alimenti, visse dal principio di quaresima sin al giorno dell'Ascensione senza prender altro cibo che la santa Eucaristia. Mirabile nella sua dottrina ella s’intendeva profondamente nelle cose di teologia, di filosofia, e quel che fa più stupire anche nel governo degli {265[423]} stati. Amava grandemente l’Italia, e per ritornarla all’antico suo splendore adoperavasi incessantemente. Quindi è, che essendo i Fiorentini scomunicati per essersi sollevati contro la Chiesa Romana, la nostra santa recossi in Avignone per trattar la loro riconciliazione con Gregorio XI. Il Papa e i Cardinali l'accolsero con tutto quel rispetto che meritava la sua virtù, e fu fatta arbitra della pace che il Santo Padre concedeva ai Fiorentini. Ma quello, che maggiormente illustrò questa santa, e per cui noi Italiani le siam debitori d'una obbligazione eterna, fu l’essere ella stata non pur occasione, ma causa principale, che Urbano IV dopo la settuagenaria schiavitù Avignonese malgrado le ingiuste rimostranze del re di Francia, tornasse a trasferire la sua sede nel cuor dell’Italia in Roma, che a ragione fu detta la {266[424]} città santa, perché fu essa, che ha destinata Iddio ad esser sede del suo Vicario in terra. Con successo del pari felice eseguì molte importanti legazioni con grandissimo vantaggio della Chiesa. Ma mentre era dal Papa mandata a trattar alcuni affari colla regina di Napoli, giunta a Roma cadde in una grave malattia, per cui dopo aver mostrato la più eroica pazienza, consumata dall’amor di Dio e dalle sue inenarrabili austerità volò al suo celeste sposo l’anno 1380.
D. Date un cenno sul eresia di Giovanni Wiclefo?
R. Giovanni Wiclefo Inglese indispettito, perchè non fu fatto Vescovo come ambiva, si pose a seminar molte pestifere proposizioni contro i dommi di quella religione che aveva fin’ allora professata. Ad istanza di Gregorio XI i Vescovi d'Inghilterra, e soprattutto quello di Cantorberì si opposero coraggiosamente agli imperversanti {267[425]} errori; ma gli eretici fatti baldanzosi, perché favoriti dal re, giunsero fino con barbaro assasinio a toglier la vita al zelante Vescovo di Cantorberì. Furono condannati formalmente dal Papa, da vari sinodi e dal Concilio di Costanza. Quello poi, che più li confuse, si fu l'ira divina, che piombò sopra gli ostinati. Imperocchè fra gli uccisori del succitato Vescovo molti divennero pazzi, molti aggiungendo delitto a delitto furono squartati sul palco. Wiclefo medesimo aveva fatto un discorso in vitupero e disprezzo di s. Tommaso di Cantorberi, ma tosto venne assalito da terribile paralisia che gli cagionò mortali convulsioni, e lo deformò storcendosi quella maledetta bocca, colla quale aveva profferito tante bestemmie, e arrabbiandosi, perchè non poteva più parlare, da disperato morì nel 1385.
D. Fateci conoscere l'eresia degli Ussiti?
R. Gli errori di Wiclefo passarono {268[426]} ben tosto dall’Inghilterra nella Boemia, e diedero origine all’eresia di Giovanni Us, il quale, non altrimenti del suo antisignano, combatteva le leggi della Chiesa, l’autorità del Papa, e parecchi altri articoli della nostra fede. Citato egli a comparire al Concilio di Costanza vi consentì, e dichiarò per iscritto che voleva pure esser giudicato, e punito ove taluno potesse convincerlo d’errore. Allora l’imperatore Sigismondo per agevolargli i mezzi a discolparsi, gli diè un passaporto. Il superbo eresiarca giunto in Costanza, ben lungi di star al giudizio del Concilio, si pose a dommatizzare, e ricusò perfidiosamente di ritrattarsi e tacere. Non vi fu mai eretico, verso cui siansi usati tanti riguardi. I Padri del Concilio, l'Imperatore, tutti in pubblico ed in privato, si adoprarono per ridurlo a miglior senno. Ma dimostrandosi egli vieppiù ostinato, fu condotto sulla pubblica piazza, spogliato delle vesti {269[427]} sacerdotali, e degradato ponendogli una mitra di carta sulla testa, su cui stava scritto: ecco l'eresiarca. Dopo di che il Duca di Baviera lo consegnò ai Ministri della giustizia, che lo fecero radere, poscia legato ad un palo, vivo si gettò sopra un rogo ardente, in cui tra pochi istanti fu dalle fiamme ridotto in cenere; an. 1414.
Discepolo di Wiclefo e collega di Us, fu Gerolamo di Praga, il quale volendo persistere nelle medesime empietà fu dal Magistrato condannato alle fiamme; an. 1415. Cagionarono ancora gli Ussiti molti torbidi nella Chiesa, finché rientrando in se stessi abiurarono l'eresia, promisero obbedienza al Papa, e furono dal medesimo assolti dalle censure nel 1436.
D. Accennate alcune barbarie dell'imperator Venceslao?
R. Venceslao fu il più crudele e il più infame monarca che abbia regnato nella {270[428]} Boemia. Egli avea sempre al suo fianco il carnefice che chiamava suo compare, e quando gli saltava la smania di sangue, ordinava si mettesse immediatamente a morte il primo che si scontrasse. Aveva fatto dispor il pavimento di una sala in forma, che pareva fermo, ma che ad un batter di piedi, si sfondava in un fiume. Quivi entro fece perire molti insigni personaggi. Fu scritto un di sul muro di sua camera, Venceslao altro Nerone; ed egli anzichè adontarsi, colla matita vi aggiunse: se nol fui fin ora, lo sarò. Una volta gli fu portato a tavola un pollame che non tornava di suo gusto, e subito comandò che il cuoco fosse arrostito a quello stesso fuoco, su cui aveva fatto cuocer la vivanda. Le di lui stravaganze lo portarono ai più enormi eccessi contro la religione. Pretese che s. Giovanni Nepomuceno gli dovesse svelar quello, che aveva udito nella confessione della regina. Il magnanimo sacerdote degno e fedele ministro {271[429]} di Cristo, rispose, che nè con minaccie nè colla morte, sarebbe giammai stato indotto, a violare menomamente il sigillo sacramentale. Il re montato perciò in furore, comanda ai suoi carnefici, che sommettano il santo alla tortura. Tosto lo stesero sopra un cavalletto, gli bruciarono i fianchi con torce ardenti, poscia da un alto polite fu precipitato in un fiume, colle mani e i piedi legati. Soffocato appena dalle onde, il suo corpo ondeggiante lungo il fiume, fu circondato da celesti fiaccole, le quali tirarono gran calca di popolo, e a dispetto dell’imperatore, fu coi più segnalati onori seppellito. Iddio però non {272[430]} lasciò impunito il malvaggio imperatore. Discordie, guerre estere ed intestine riempirono tutto il suo regno di sangue e di strage. Lo stesso Venceslao fu colpito da una fiera apoplesia e poco stante morì nel 1419.
D. A quali vicende soggiacque la Chiesa Greca?
R. La riunione della Chiesa Greca colla Latina ottenuta nel Concilio secondo di Lione, fu poco durevole: ella ricadde negli errori di prima. Oppressi poi i Greci dal giogo dei Turchi, dimostrarono desiderio di volersi riunir alla Chiesa Romana, onde il Papa Eugenio IV, che ciò sommamente desiderava, principalmente a questo fine convocò un Concilio generale che si cominciò a Ferrara, e a cagione di una pestilenza fu poscia trasferito e continuato a Firenze. L'imperatore Giovanni Paleologo, il Patriarca di Costantinopoli con due primati metropolitani, e {273[431]} altri prelati Greci si portarono in persona al Concilio, ove tra Latini e Greci si trovarono oltre mille, presieduti dal medesimo Pontefice. Ivi i Greci diedero una prefessione di fede conforme a quella della Chiesa Romana, pronunciarono in modo formale che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliuolo; che il Papa è il capo della Chiesa universale, e che vi è un purgatorio, ossia luogo ove per alcun tempo sono trattenute le anime di quelli che muoiono in grazia bensì, ma hanno ancora qualche debito a soddisfare colla divina giustizia, an. 1439.
Tuttavia questa
pace tanto desiderata durò poco. Ritornati i Greci a Costantinopoli trovarono
clero e popolo gravemente esacerbato per l'unione colla Chiesa Latina; onde
rinunciarono a quanto avevano fatto in Firenze, e il loro scisma fu consumato
per sempre. Iddio però non lasciò impunito questo loro colpevole acciecamente,
{274[432]} poichè nell’anno 1453 da Maometto II sultano de’ Turchi fu presa
d’assalto Costantinopoli, e in tre giorni di saccheggiamento si commisero le
più enormi crudeltà. I soldati uccisero senza pietà quanti loro si pararono
dinanzi, demolirono gli altari, profanarono i monasteri, tutto posero a sangue
e fuoco. Così cadde l’impero greco dopo d’aver durato più di undici secoli con
tanto splendore; e quella Grecia che diede alla Chiesa gran santi e insigni
dottori (tali sono i ss. Atanasio, Grisostomo, Gregorio, Basilio), ora giace
avvilita in preda al vizio e all’ignoranza. Non ha voluto conoscere l’autorità del
successore di s. Pietro che la trattava da padre, è caduta sotto il giogo degli
infedeli, da cui venne trattata da schiava.
D. Qual miracolo avvenne in Torino?
R. In quella che la fede si estingueva nell’oriente, Iddio con indubbii argomenti {275[433]} la faceva vieppiù risplendere nell'occidente. L’insigne miracolo del SS. Sacramento avvenuto in Torino, che la fece poi chiamar città del Sacramento forma una delle maraviglie di questo secolo. La sera del 6 giugno 1453 passava per Torino un uomo conducente un mulo carico di mercanzie. Egli veniva da Exilles, luogo vicino a Susa, che per alcuni trambusti di guerra era in quell’anno stato messo a sacco. Ora fra le spoglie poste sul mulo v’era un ostensorio derubato alla Chiesa di quel luogo con entro un'ostia consacrata. Ed ecco che giunto in Torino innanzi alla Chiesa di s. Silvestro il mulo divien restio, e brancolando si ferma e cade a terra. Il condottiero si adopra a più non posso, perchè si alzi il giumento e cammini; parole, minaccie, percosse, tutto invano. Intanto rottesi le fascie dell’involto, il sacro vaso s'innalza in aria, e risplendente più che il sole compare {276[434]} alla vista di tutti gli astanti. Avvisato il Vescovo Monsignor Lodovico de' marchesi Romagnano accorre col clero, e con gran folla di popolo, alla cui presenza cade dapprima l'ostensorio, rimanendo raggiante in aria l'ostia divina, la quale poi mentre si esclama da tutte le parti: “dimorate con noi o Signore” a poco a poco scende nel calice appresentatole dal Vescovo, e viene solennemente portata al Duomo. Nel luogo dove accadde questo prodigioso avvenimento fu eretta la Chiesa del Corpus Domini. Ecco donde ebbe origine la gran divozione che i Torinesi mostrano verso il SS. Sacramento.
D. Che dite della carità del b. Amedeo di Savoia?
R. Questo Principe sebbene abbia praticate singolari virtù sul trono, egli è però in ispecial modo distinto per l'eroica carità verso i poveri infelici. Non solo loro somministrava quanto era necessario, ma {277[435]} li convocava a mensa, e colle proprie mani li serviva. Interrogato perché profondesse tante limosine ai poveri, rispondeva: « i poveri sono i più prodi difensori dei Principati ». Taluni gli chiesero ove fossero i suoi cavalli e i suoi cani da caccia; ed egli indicando un branco di poverelli: « quelli, disse, sono i miei destrieri, quelli i miei cani da caccia ». Fondò moltissimi spedali, ne andava a visitar gli infermi in persona, e ben sovente dal trono recavasi con carità veramente paterna ad esercitar verso loro i più bassi uffizi. Divenuto infermo nella città di Vercelli, e scorgendo prossimo il suo fine, prima di spirare chiamò al suo letto la moglie, i figliuoli, e i principali del suo regno, e loro lasciò questo memorabile ricordo:
« osservate
fedelmente l’equità, fate giustizia, amate i poveri, ed il Signore darà la pace
ai vostri paesi ». Parole son queste che {278[436]} qualora vengano osservate,
formeranno mai sempre la felicità dei popoli, e la gloriosa tranquillità dei
monarchi an. 1472.
D. Dite qualche cosa di Maometto II?
R. Questo Principe Turco, istrumento dell’ira divina, ne’ trent'anni del suo regno non cessò mai di perseguitar i cristiani. Egli commise contro di essi atrocità tali, che fu riguardato come un nuovo Nerone. Saccheggiata Costantinopoli, e ridotto al suo dominio tutto l’impero d’oriente, partì con formidabile esercito alla volta dell’Italia con animo di farla sua, e scannar tutti quelli che non si fossero fatti turchi. S’impadronì di Otranto nella Calabria, fece passar tutti a fil di spada. Giovani, vecchi, zitelle, mogli incinte, religiose, claustrali e sacerdoti, tutti furono in molte guise oltraggiati, sgozzati, pesti dai cavalli o dai soldati. L'Arcivescovo che adorno de' suoi abiti pontificali colla croce in pugno confortava {279[437]} il suo popolo a restar fermo nella fede, fu segato in due con una sega di legno. A tali notizie tutta l’Italia era piena di terrore, lo stesso Pontefice tremava. Ma quella man divina che non permette tribolazioni oltre le nostre forze, portò inaspettato soccorso alla gemente sua Chiesa, col toglier dal mondo l’autor di tanti mali. Maometto fu colpito da un postema contagioso, che cagionandogli acerbissime doglie lo privò di vita nel 1481.
D. Qual vasto campo offrì agli operai del Vangelo la scoperta del nuovo mondo?
R. Tre erano le parti del mondo conosciute: l’Asia, l’Affrica, e l’Europa, ciascuna delle quali è di gran lunga più ristretta di quella che si scoprì sul finir di questo secolo. Il genio che osò pel primo per mari senza termini, e senza nomi cercar nuovo emisfero, fu il Genovese Cristoforo Colombo figlio d’un {280[438]} povero lanaiuolo. Meditabondo ed intelligente qual era, al vedere tutte le sere il sole partirsi dall’orizzonte, si persuase che al di là dell’oceano vi esistessero terre abitate da esseri intelligenti; laonde formò il disegno d’ andarle a conoscere. Fattane la proposta a vari Principi, lo trattarono tutti da visionario; solo il re Ferdinando di Spagna, sebben a malincuore, gli concedette il comando di tre carovane col pomposo titolo di Ammiraglio dell’oceano, e di Viceré de’ regni da conquistare.
L'anno 1492 Colombo partì verso Occidente per mari, che niuno aveva ancora affrontati e con viaggio or prospero, ed or avverso, dopo lunghissima navigazione per la lontananza da terra, e per mancanza di viveri già ognuno stava per darsi in braccio ad una disperata ribellione, quando comparvero nuove terre, nuovi popoli che riempirono il cuor di tutti della {281[439]} più grande allegrezza. Cinque anni dopo, Americo Vespucci Fiorentino, andò più oltre che non aveva fatto Colombo, epperciò a scapito di Colombo, fu ad onore di quello dato il nome di America a tutto quel paese.
Questo nuovo mondo offrì un vasto campo agli operai evangelici, di cui primo fu Dona Bueil dell'ordine di s. Benedetto con dodeci preti, i quali nel 1493 andarono a portar la luce del Vangelo a quelle Nazioni, che miseramente giacevano nelle ombre di morte. E quantunque i viaggiatori, che per la sola cupidigia di danaro là si recavano, abbiano esercitato molte crudeltà, nullameno i ministri del Vangelo tirati dal solo desiderio di guadagnar anime a Dio, fecero molte conversioni.
D. Additatemi brevemente le principali azioni di s. Francesco da Paola?
R. La vita di s. Francesco da Paola, fu una continua mortificazione, una catena di sante azioni e di miracoli. Il suo {282[440]} letto era una pietra, il suo alimento erbe, radici, e un po’di acqua, un ciliccio armato di punte di ferro gli vestiva il corpo; bastava la vista di un crocifisso per rapirlo in estasi; se udiva parlar di Maria, gli cadevano le lacrime per tenerezza. Egli fondò un ordine che per umiltà fu detto dei Minimi, che in breve si dilatò nell'Italia, nella Francia, nell'Allemagna, nella Spagna e fin ne' paesi del nuovo mondo. Questa rapida dilatazione fu effetto delle assidue fatiche a cui egli istancabile attendeva, e degli incalcolabili miracoli che egli operava, giacchè pareva che Iddio gli avesse dato il dominio su tutti gli elementi. Avvisato che un ardente fornace di calcina era per cadere, egli corre, vi entra, e si ferma in mezzo al fuoco, sinchè riparata la spaccatura ne impedì la rovina. Un grosso sasso staccatosi da un monte, rotolava sul suo convento, Francesco alza le mani al cielo, e il grave {283[441]} sasso si ferma sospeso pel dirupato pendio; manca l'acqua a un gran numero di artefici, egli fa nascere una fonte che più non si secca. Un padrone di barca troppo cupido di danaro, ricusa di trasportarlo; egli stende il mantello sull’acqua, vi si mette sopra co' suoi compagni, e in questa nuova specie di barca passa il famoso Stretto di Sicilia. Una sua sorella non vuol che un suo figliuolo facciasi religioso, muore il fanciullo, gli si fanno i funerali; Francesco lo fa portar a sé, lo chiama a nuova vita, e diviene suo discepolo. Sapeva le cose tanto presenti che lontane o future. Conosceva le più intime segretezze dei cuori. Quest'uomo straordinario gran profeta, grande operator di miracoli, gran santo, dopo d'esser divenuto l'oracolo di tutto il mondo cristiano cadde ammalato, e raccomandando a’suoi religiosi l’osservanza delle regole e in ispezialità il voto di una continua quaresima {284[442]} e particolarmente la carità; il giovedì santo chiese di esser condotto in chiesa, si confessò, si comunicò co'più scalzi, e con una fune al collo, indi a poco spirò in età d'anni novantuno nel 1507.
D. Perché si convocò il diciasettesimo Concilio Ecumenico?
R. Il diciasettesimo Concilio Ecumenico celebrato nella chiesa di Laterano, fu convocato da Papa Giulio II, onde premunirsi contra il conciliabolo di Pisa che macchinava varie cose ingiuriose alla Chiesa e contro la prammatica sanzione, con cui i Francesi derogavano alcuni diritti alla santa Sede. Il conciliabolo venne colpito coll’interdetto, la prammatica fu abolita. Vi si stabilirono altresì dei regolamenti pei monti di pietà, e per l'uso della stampa poco addietro ritrovata, e si proibì la stampa di qualsiasi libro che non fosse stato esaminato e approvato dall'autorità ecclesiastica, sotto pena di scomunica da essere pronunciata senza indugio. {285[443]} Questo Concilio cominciò nel 1512, e finì nel 1517.
D. Quali cose di disciplina sono state introdotte in quest'epoca?
R. Nel secolo decimo terzo Innocenzo III compose l'inno Stabat Mater, e il Veni Sancte Spiritus, s’introdusse il pio uso di suonar l'Ave Maria; fu mitigata la legge del digiuno, cominciò a poco a poco la costumanza della cenula vespertina, e si permisero i latticini, i pesci e il vino di che in tempo quaresimale prima astenevansi.
Nel secolo decimoquarto fu condannato l’errore di quelli che negavano essere sette i Sacramenti della nuova legge, fu istituita la festa della Visitazione.
Nel secolo decimo quinto Paolo II, diede ai Cardinali per distintivo la porpora. Callisto III ordinò che in avvenire si celebrasse con più solenne rito la Trasfigurazione del Signore in memoria della segnalata vittoria riportata sotto Belgrado l'anno 1433 contro Maometto II. {286[444]}
D. Quali osservazioni fate voi su quest’epoca?
R. Non vi fu mai tempo che la Chiesa sia stata più combattuta, e che abbia portato più insigni vittorie, quanto in quest’epoca quinta. Un diluvio d'eretici arditamente {287[445]} l'assale; molti suoi ministri invece di sostenerla, si ribellano, e le fanno profondissime piaghe; a questi si unirono i principi del secolo, che col ferro, colla strage e col saccheggiamento la opprimono, e la vogliono annichilata. Il demonio si nasconde sotto il manto di società segrete, di moderna filosofia; eccita ribellioni, suscita sanguinose persecuzioni. Ma essa è opera di Dio, perciò sono vani gli sforzi tutti dell’inferno. Nuovi ordini religiosi, Missionarii instancabili, Apostoli insuperabili, Pontefici grandi per santità, zelo e dottrina tutti insieme di un cuor solo, ed una sola mente, dall’onnipotente braccio confortati, confusero lo spirito di menzogna, difesero validamente la verità cattolica, e portarono la luce del Vangelo fino agli ultimi confini della terra. Così sebbene non senza gravi danni, lungi però da essere distrutta, si ebbe anzi la Chiesa nuove conquiste e più gloriosi trionfi. {288[446]}
D. Chi fu l'autore di questi danni?
R. Primo ad alzar bandiera contro la fede cattolica, autore dei gravi mali che patì la Chiesa in questo tempo fu principalmente Lutero. Nato egli a Islebio nella Sassonia da un povero minatore, sorti dalla natura un ingegno ardito e intraprendente, che gli procacciò bentosto fama di eloquente e di erudito. La morte di un suo condiscepolo, cadutogli a fianco per un colpo di fulmine, lo indusse ad entrar nell’ordine degli Agostiniani. Bisognoso per sè di vera e soda riforma, pretese di riformar la Chiesa cattolica; a forza d'ipocrisia tenne celata la perversità del suo cuore; ma infine scoperto si tolse la maschera, fuggì dal chiostro, e non gli si potè più por freno. Padroneggiarla, farla da tiranno fin sull’opinione altrui, trattare con ischerno e brutalità chi s’opponeva, nissun rispetto ai titoli i più angusti e sacri, superbo, ambizioso, petulante, {289[447]} propenso alle sedizioni, alle calunnie, ed alle impudicizie, pieno di vizii; ecco in breve il carattere di Lutero (Nat. A. gotti etc.) Cominciò nel 1517 a predicare contro le indulgenze, poi contro al Papa, e progredendo nell’empietà, formò una dottrina, la quale contamina tutte le cose sacre, conculca i sacramenti, distrugge la libertà dell'uomo, dicendo essere inutili le.opere buone, ingerisce la licenza di peccare, rifonde in Dio la causa di tutti i mali, rigetta insomma ogni legge e riduce l'uomo allo stato dei bruti. Dottrina così abbominevole venne subito condannata con una bolla da Leone X sommo Pontefice, la quale Lutero per rabbia fece pubblicamente gettar nel fuoco. Le università, tutti i dottori gridarono all’empietà, all'eresia, ma l’acciecato e superbo eresiarca divenne più ostinato, e benché ligato da voti solenni, giunse sacrilegamente ad ammogliarsi con Catterina {290[448]} di Bore religiosa in un monastero di Misaia. Dopo questi principii i di lui seguaci sotto il nome di protestanti (così detti, dacchè protestarono non volersi sottomettere a un decreto dell'imperatore) presero le armi, e portarono l'eccidio in tutti i paesi cattolici, in cui fu loro dato di penetrare. Sopra i loro stendardi era scritto; Piuttosto Turchi che Papisti. Sebbene però fosse indefesso nel predicare in pubblico le sue empietà, tuttavia pensando talvolta al gran male che cagionava la sua nuova riforma, esclamava: « tu solo sei dotto? tutti quelli che ti precedettero, l'hanno sbagliata? tanti secoli ignorarono quello, che tu sai? che ne sarà, se tu la sbagli, e tanti trascini teco ad esser dannati? » Tali sono i principii del Luteranismo che cagionò tante guerre, sparse tanto sangue, e mandò tante anime all'inferno.
D. Fateci conoscere l'eresia di Calvino?
R. Calvino Giovanni nato nella Piccardia {291[449]} da un sellaio): si aspettava d'essere nominato ad un benefizio, e perciocchè per esserne stato reputato indegno n'ebbe la negativa, si protestò che ne avrebbe fatto orribile vendetta da parlarsene ben 500 anni. Cominciò pertanto a seminar i suoi errori nel 1527. Non voleva nè Papi, nè Vescovi, nè preti, nè festività, nè altre funzioni di Chiesa. Si pose egli stesso ad insegnar teologia, senza mai averla studiata, vomitando quanto si può inventar di più insultante contro il Papa e contro ai Sacramenti. Insomma camminando sulle orme di Lutero, ne seguì affatto le perverse massime, aggiungendovi fra le altre cose quest'orrenda proposizione; « che Dio ha creato la maggior parte degli uomini per dannarli, non pei loro peccati, ma solo perchè così gli aggrada ». Nella città di Noyon per un delitto nefando fu condannato a morte, e solo a preghiera del Vescovo gli si commutò {292[450]} la morte nella pena di essere bollato col ferro infuocato. A cagione poi dei torbidi che dovunque suscitava, si ordinò catturarlo; egli calatosi per una fenestra, cangiò le sue vestimenta con quelle d'un vignaiuolo, e fuggì. Or mentre fuggiva incontrò un sacerdote che lo esortò a riparar la sua perdita col far ritorno alla Chiesa cattolica, rispose: « se avessi ora a cominciare non lascierei la fede dei miei maggiori, ma ora che mi trovo impegnato nelle mie nuove massime, voglio difenderle fino a morte ». Fermò sua special dimora in Ginevra, che divenne il centro della sua setta. Quivi anche con rischio d'esser posto a morte, agì da vero tiranno. Condannò alla pena del fuoco Michele Serveto, perché insegnava degli errori contro il mistero dell’augustissima Trinità. Cosi mentre schiamazzava contro ai Magistrati Cattolici, perché punivano gli eretici ostinati, col fatto contraddiceva turpemente a se stesso. {293[451]}
D. Qual fu l'origine dello scisma Anglicano?
R. Il vizioso Enrico VIII passati 25 anni di matrimonio con Catterina d'Aragona, volle ripudiarla, e sposar Anna Bolena, donna la più scaltra. La cosa venne deferita al sommo Pontefice, il quale rispose in nissun modo potersi permettere un secondo matrimonio attesa la validità del primo. Allora Enrico levato il freno alla sua passione, non volle più conoscere l'autorità del sommo Pontefice, si nominò capo della Chiesa Anglicana, disprezzò le ammonizioni del Papa, perseguitò il clero lo spogliò de' suoi beni, sposò Anna Bolena l'anno 1532. In simil guisa l’Inghilterra che nella storia è chiamata terra de' santi, terra che annovera cinquanta de' suoi principi venerati sugli altari, divenne poi la più accanita contro la Chiesa.
D. Riferite alcuni particolari eccessi di Enrico VIII? {294[452]}
R. Enrico sposata che ebbe Anna Bolena, gli venne tosto in abborrimento, ordinò che fosse decapitata, ne sposò successivamente altre tre, che tutte ripudiò, o mise a morte. Non dubitò di commettere ogni sorta di nefandità nelle chiese stesse, comandò fossero bruciate le reliquie di s. Tommaso di Cantorberi, procurò anche a molti la palma del martirio, di cui contansi 630 ecclesiastici. Fra essi fu il Cardinal Fischero che si vesti a festa per andar al martirio, e il famoso Tommaso Moro Cancelliere dello Stato. Questi deposto dalla sua carica, spogliato di tutti i beni, chiuso in un oscura prigione, venne condannato a lasciar la testa sopra un palco. Il Re, i parenti, gli amici di lui usarono ogni arte per farlo cadere nell’apostasia. La moglie stessa condotti alla presenza di lui i figliuoli si adoperò quanto seppe per commoverlo.
Ed esso: « dimmi, o
moglie, se io rinunzio alla {295[453]} vera fede, e riacquisto le ricchezze e
le dignità di prima, per quanti anni potrò goderne? Più di vent'anni, rispose
la timida donna: Oh! ripiglia il magnanimo Tommaso, vuoi dunque che per
vent'anni di vita, io perda un’eternità di contenti in Cielo, e mi condanni ad
un'eternità di tormenti nell'inferno? » salito sul palco protestò
pubblicamente, che moriva per la fede cattolica, e recitato il Miserere
fu decapitato con pianto universale di tutta l’Inghilterra, nel 1534.
Questi mali avrebbero durato di più, se Iddio non avesse tolto di vita chi ne era l'autore. Enrico fra i più atroci rimorsi di una coscienza che conosce la verità e segue la menzogna, mori separato dalla Chiesa cattolica nel 1547.
Maria figliuola di Enrico ritornò per alcuni anni alla fede cattolica; ma Elisabetta che le succedette, ricadde nelle paterne empietà. {296[454]}
D. Quali conforti ebbe la Chiesa in mezzo a tante calamità?
R. Fu singolare disposizione e provvidenza di Dio, che in tempo in cui gli eretici tentavano rovinar la Chiesa sorgessero squadre di religiosi, di santi dottori, che con molti avvenimenti gloriosi alla Chiesa la facessero rifiorire in tutte le parti del mondo. L’ordine dei Teatini, dei Cappucini, de’ Gesuiti, dei Somaschi, de' Fate bene fratelli, di molte religiose congregazioni, l'istituzione delle quarantore, la celebrazione del Concilio di Trento, numerosissimo stuolo di santi, s. Gaetano, s. Gio. di Dio, s. Tommaso di Villanuova, s. Ignazio di Lojola, san. Francesco Saverio, s. Pietro d'Alcantara, s. Filippo Neri, s. Pio V, s. Teresa, s. Carlo Boromeo, con altri molti tutti per zelo e fatica instancabili, ripararono gloriosamente i danni alla religione cagionati. Fra gli ordini religiosi meritano special {297[455]} menzione i Barnabiti, che furono instituiti in Milano nel 1530. Il loro scopo è specialmente di far delle missioni, ammaestrare la gioventù, dirigere i Seminari, ed esercitar tutte le altre funzioni, in cui piace ai Vescovi di adoperarli.
D. Qual fu l'occasione della conversione di s. Ignazio di Lojola?
R. Sant’Ignazio Spagnuolo, fino a vent’un anno aveva seguito il mestiere dell’armi. Rottasi una gamba all’assedio di Pamplona ed essendone lentissima la guarigione, chiese qualche romanzo per ingannar la noia; al momento non se ne trovò, e invece di un romanzo gli fu data la vita di Gesù Cristo e dei santi. Si fece a leggere quasi per forza, ma operando la Divina grazia, trovò in questi esempi qualche cosa di più grande che non in tutto il favoloso eroismo. Dopo qualche incertezza e lotta fra lo spirito e la carne prese la risoluzione di imitarli, e farsi {298[456]} santo. Da quel tempo in poi egli operò moltissime cose maravigliose, e nell'anno 1534 fondò la compagnia di Gesù, che cotanto si segnalò nel combattere gli eretici, e nella propagazione della fede nei paesi stranieri. Tra gli altri si distinse s. Francesco Saverio, il quale per le dure fatiche che tollerò, pei molti miracoli che operò, pel prodigioso numero d’infedeli che converti, si meritò il glorioso titolo di Apostolo delle Indie.
D. Come fu istituita l’adorazion delle quarantore?
R. L'adorazione delle quarantore a cui è dovuta la conversione di molti peccatori e la virtù di parecchi santi, cominciò in Milano nel 1534. Insorte discordie tra il re de' Francesi Francesco II, e l'imperatore Carlo V, dopo varii sanguinosi attacchi avevano fatto il Milanese campo di battaglia. In breve la città e le terre della nostra Italia andarono miseramente {299[457]} esposte ai ladronecci, alle rapine, agli incendi, alle stragi delle sfrenate soldatesche Francesi, Spagnuole ed Alemanne. Fu appunto in questi calamitosi tempi, che il venerabile P. Giuseppe Cappuccino ferventissimo predicatore, mosso da celeste impulso, esortò i cittadini di Milano ad esporre il SS. Sacramento sull’altare per lo spazio di quarant' ore, in memoria delle quarant' ore che G. Cristo stette nel sepolcro, assicurando che sarebbero cosi liberati dall’infestazion nemica. Si ascoltò la parola del pio predicatore, e tosto cessarono le vessazioni. I due monarchi si rappacificarono, tutto il Milanese rimase in pace. Subito varie città seguirono l'esempio dei Milanesi; gli stessi sommi Pontefici arricchirono di moltissime indulgenze tal divozione, che in breve si sparse per tutto il mondo cattolico a segno, che in varie città (come in Torino) v'è l'adorazione perpetua. Bov. Ben. 14.° {300[458]}
D. Qual fine fece Lutero?
R. Questo caparbio apostata la finì in modo ben degno della sua empietà: dopo disprezzata ogni ragione, ogni autorità; bruciata la bolla del Papa, che condannava i suoi errori, predicata a gran voce la ribellione non solo contro la Chiesa, ma anche contro dei principi, più volte confutato, non sapendo più che rispondere, si appellava ad un Concilio Generale, a cui invitato negò dapprima d'intervenire, poscia tutto infuriato « verrò al Concilio, diceva smanioso, e voglio perder la testa, se non difendo le mie opinioni contro tutto il mondo » Ma il misero dovette andare a far le sue difese davanti al divin Giudice. Dopo lautissima cena ebbe a lamentar forti doglie di stomaco. Portato in fretta a letto fu assalito da dolori vieppiù acerbi, e fremendo di rabbia, e vomitando bestemmie contro il Papa, contro la Chiesa, e contro il Concilio {301[459]} Tridentino, cessò di vivere qui per andar nell’inferno a patir co’demoni, i quali aveva più volte implorato in suo aiuto (an. 1545). Si dice che qualche istante prima di spirare contemplando da una fenestra lo stellato cielo sospirando, esclamasse: « la è dunque finita per me, o bellissimo cielo, non t’ammirerò mai più!
D. Qual nuovo spettacolo diede al mondo l'imperatore Carlo V?
R. Come Gumaro re di Sardegna preferì al suo fastoso trono un'umile cella di Chiaravalle, così Carlo V dopo aver retto l’impero presso a quarant’anni, dopo d’aver con segnalate vittorie superati i più potenti monarchi della terra, volle cercarsi un altro regno, in cui potesse rinvenire quella pace di cuore, che invano in mezzo alle grandezze si cerca. Abdicò la dignità imperiale, rinunziò a tutti gli altri titoli, e con animo di rimediare {302[460]} a’ suoi passati trascorsi si ritirò nella Spagna in un convento di Geronimiani, ove impiegò tutto il rimanente del viver suo in esercizii di cristiana pietà. Ivi assisteva ai divini uffizii, ben di frequente si comunicava, prendeva la disciplina co' monaci. Sovente faceva celebrar la pompa dei proprii funerali per rassodar il pensiero, che era morto al mondo. Passati due anni così esemplarmente nel ritiro, santamente morì nel 1558. Esso è contato tra i più famosi monarchi della terra.
D. Date un cenno sul Concilio Tridentino?
R. Ogni volta che gli eretici erano da altri condannati, si appellavano ad un Concilio Ecumenico, onde per tor loro ogni pretesto di richiamo fu convocato il famoso Concilio di Trento, che è il diciottesimo generale. Ma gli eretici invece d’intervenirvi presero vilmente a propalare {303[461]} quanto si potevano studiar di più disonorante contro il Concilio, il quale disperando di farli ravveder, li condannò e li separò interamente dalla Chiesa. Durò questo Concilio diciott’anni, cominciando nel 1545 sotto Paolo III, continuando sotto Giulio III, finchè fu gloriosamente terminato sotto Pio IV. Lo scopo suo primario fu di proscrivere gli errori di Calvino e di Lutero. Esso è l'ultimo dei Concilii Ecumenici composto di venticinque sessioni in cui si racchiude la dottrina di quasi tutti i Concilii anteriormente celebrati. Vi si manifestò in modo patente l’oracolo dello Spirito Santo, il quale prestò assistenza tale in quest’urgenza alla sua Chiesa, che sarà difficile ne’ secoli futuri si possano inventar degli errori, che direttamente o almeno indirettamente ivi non siano stati fulminati. Questo è il motivo per cui da tanto tempo non s'è più convocato alcun Concilio Ecumenco, {304[462]} e forse non accadrà mai più il doverne convocare. I frutti poi di questo Concilio furono durevoli e copiosi, molti eretici furono colpiti dall’ira Divina con morti funeste. Si destò vivo zelo apostolico in un gran numero di operai evangelici, i quali colla loro fatica e santità rammarginarono le piaghe fatte dagli eretici alla Chiesa, e le ridonarono il fervore de’primitivi tempi. Fra essi meritano principal menzione s. Pio V, s. Teresa, s. Carlo Borromeo, s. Filippo Neri, s. Francesco di Sales, s. Vincenzo di Paola.
D. Quali furono gli ultimi deliramenti di Calvino?
R. Calvino dopo d'averla fatta da tiranno alcun tempo in Ginevra, ne fu obbrobriosamente cacciato via, e si rifugiò in varie città, le quali tutte lo facevano fuggire appena lo scorgevano pericoloso e turbolento qual era. Ciò non pertanto {305[463]} a forza di brogli, s'introdusse di nuovo nel Governo di Ginevra, e la fece da assoluto padrone, spargendo le sue empietà colla violenza, cogli scritti e colle parole, finché giunse il tempo della Divina vendetta. L’anno 1364 fu assalito da una malattia ulcerosa che gli faceva esalar una puzza insoffribile; tutto smanioso ed arrabbiato invocando i demoni, detestando la sua vita, maledicendo i suoi scritti, comparve davanti a Cristo giudice a render conto di tante anime perdute, e che avevano da perdersi per opera sua. Uomini di costumi sì perduti, quali sono Lutero e Calvino, avrebber dovuto rimaner confusi nella ciurma degli uomini infami; eppure perchè la lor dottrina scioglie il freno a tutte le passioni, cosi ebbe ed ha tuttora grandissimo numero di seguaci, che con eterna loro rovina la professano.
D. Che notate di s. Pio V? {306[464]}
R. Questo Pontefice propriamente scelto da Dio a far argine alla caparbietà degli eretici, nacque in Bosco presso Alessandria. All’età di dodeci anni casualmente incontrò due religiosi Domenicani, i quali rapiti dalla saviezza del giovane, offrirono di accettarlo nel loro convento. Ivi progredì tant'oltre nella scienza e nella virtù che contro la sua volontà il Papa lo fece uscir dal chiostro per valersene ne’ più importanti affari della Chiesa, creandolo Cardinale, poscia Vescovo di Mondovì. La purezza de’ costumi, l’energia della predicazione, la profonda sua dottrina, unita ad un austera mortificazione fecero che egli conducesse alla vera fede non pochi eretici, convertisse molti ostinati peccatori, rimediasse a vani disordini con grande utilità di tutta la Chiesa.
L'anno 1565 essendo morto Pio. IV, egli fu eletto Papa. Non mai elezione fu più universalmente applaudita. Si puó dire, {307[465]} che sei anni, che durò il suo Pontificato, bastarono a dar nuovo aspetto a tutto il mondo. Mentre gli eretici altieri, perchè sostenuti dalla licenza de’ Grandi, cagionavano orribili stragi di anime nell’Allemagna, nella Francia, e ne' Paesi Bassi, egli colla voce, cogli scritti, ed anche per mezzo di zelanti missionarii pose freno alla loro audacia. Assalito da una malattia per cui sentiva continui ed acutissimi dolori, egli non disse mai altro che: « Signore aumentate pure il mio male, ma aumentate altresì la pazienza ». Vicino a morte ripeteva sovente queste parole; « mi sento colmar di gioia sulla speranza d’entrare ben presto nella casa del Signore ». Gran santo, gran Pontefice caro a Dio ed agli uomini mori nel 1572.
D. Date un cenno intorno a s. Teresa?
R. S. Teresa di Avila nella Spagna, modello di santità del secolo decimosesto, salì ad eminente grado di virtù per cura {308[466]} de' suoi genitori. Suo padre che amava i libri di pietà faceva leggere ogni giorno la vita di qualche santo alla presenza di tutta la famiglia. Gli esempi de’martiri che sparsero il loro sangue per la fede, produssero tale impressione nel tenero cuor di Teresa, che in età di sette anni con un suo fratellino risolvette di fuggire secretamente per andarsene a cercare il martirio fra Mori. Erano già per istrada quando incontrando un loro zio li ricondusse alla casa paterna. Intanto vivamente compresa dal pensiero dell’eternità felice o infelice, andava spesso proferendo « come! per sempre? come! senza fine? » Questo pensiero la condusse a farsi santa, e gran santa. Si costrusse una celletta con rami d’alberi nel giardino, ove ritiravasi a far orazione. Più adulta, entrò nel monistero delle Carmelitane, che in appresso riformò, fondando moltissimi altri ritiri, ne'quali ella fu sempre {309[467]} uno spettacolo di virtù. Ciliccii, discipline, mortificazioni d'ogni genere, orazioni, contemplazioni, rapimenti, estasi, frequenti colloquii con Gesù crocifisso, formano il compleso della sua virtù. Infiammata del più puro amor di Dio fu udita esclamare: « mio Divino Sposo, o ingrandite la capacità del mio cuore, o ponete limiti alle vostre grazie ». Godeva tanto ne’ patimenti, che ben spesso ripeteva: « o patire o morire per voi, mio Gesù; aut pati, aut mori ». Giunta al fine di sua vita « è tempo, diceva, che io vi veda o mio Dio, dopochè questo desiderio mi ha sì lungamente divorata ». Cogli occhi immobilmente fissi nel crocifisso rese l'anima a Dio nel 1382.
D. Fateci conoscere s. Carlo Borromeo?
R. S. Carlo Borromeo ornamento dei prelati del decimo sesto secolo fin dal suo nascimento fu pronosticato da un celeste {310[468]} splendore (il quale tutto circondò il castello d’Arona, dove nacque), che diverrebbe un gran santo. Ancora giovinetto fuggiva la compagnia de’ fanciulli sciocchi nelle azioni, o immodesti nelle parole. Erigere altarini, ornarli, far ivi preghiere, imitar le cerimonie della Chiesa era suo divertimento. Sia in Milano, che a Pavia dove fece i suoi studii, egli non conosceva che le due vie conducenti l'una alla chiesa, l'altra alla scuola. Un santo prete al contemplarne la modestia e il divoto atteggiamento di tutta la persona, pieno di stupore « questo giovanetto, disse sarà un giorno il riformatore della Chiesa ». Compiuti 22 anni fu creato Cardinale, e nominato Vescovo di Milano; dal qual tempo divenne il sostegno della Chiesa. Per sua special cura si venne al sospirato termine del Concilio Tridentino, ed affine di promuoverne la pubblicazione convocò più concilii Diocesani, con cui riformò {311[469]} parecchi abusi e disordini nella sua diocesi. Una fierissima pestilenza infestando i Milanesi, Carlo divenne il comun padre. Vittima di carità, considerava la morte come sua corona; correva notte e giorno portando ovunque parole d'amore di conforto, e di confidenza; ministrava i santi sacramenti agli appestati, li serviva egli stesso; era sempre in azione, mangiava a cavallo per non perder tempo, in un sol giorno largheggiò in elemosina l'eredità di 40000 aurei, un'altra volta 20000. Non si può concepire come un uomo solo abbia potuto effettuare tante numerose e grandiose azioni, se non con dire che la mano di Dio era con lui. Sfinito dalle fatiche, dalle austerità, e vedendo vicino il suo fine volle esser coricato sopra un ciliccio e coperto di cenere, dove dopo alcune ore di pacifica agonia, andò a ricevere l’eterna ricompensa in cielo nel 47.° anno di sua età nel 1584. {312[470]}
D. Chi era s. Luigi Gonzaga?
R. S. Luigi detto l'Angelico pel candore de’suoi costumi, e per l'ardore, che aveva di far penitenza, era primogenito de' marchesi Gonzaga padroni di Castiglione. A quattro anni amava già la solitudine, ed era sovente ritrovato in qualche cantuccio della casa o sul solaio, ove genuflesso colle mani giunte avanti il petto fervorosamente pregava. A questo spirito di divozione che durò finchè visse, vi aggiunse rigorose austerità; non si scaldava mai qualunque freddo facesse, portò tant’oltre il suo digiuno che ridusse il suo alimento ad un oncia il giorno. Poneva scheggie in letto per tormentarsi anche nel sonno. Dormiva spesso sulla nuda terra; sovente si flagellava a segno che vestimenta, cilicci, pavimenti, rimanevano tinte del suo innocente sangue. Si applicava sulle carni delle cinture fatte di punte di speroni. Fattosi religioso nella {313[471]} Compagnia di Gesù desiderava ardentemente di morir martire, ed ottenne la palma del martirio di carità; giacchè sorta in Roma una fierissima peste, Luigi chiese di andar a servire gli appestati, e venne anch'egli colto dallo stesso morbo in guisa, che trasferito al convento in breve fu ridotto all'estremo di sua vita. Accorgendosi che s'avvicinava il suo fine, tripudiante diceva agli astanti « ah! ce ne andiamo, ce ne andiamo: dove? al paradiso, al paradiso; cantate un Te Deum per me »: stette alquanto in gran calma, e mentre si sforzava di pronunciar il SS. Nome di Gesù, dolcemente spirò in età di soli 23 anni e sei mesi nel 1591.
D. Da chi fu istituita la congregazione dell'Oratorio?
R La congregazione dell’Oratorio fu istituita da s. Filippo Neri Fiorentino. Recatosi a Roma per far i suoi studii, si sentì un vivo desiderio di andare nelle {314[472]} missioni straniere per ottenere la palma del martirio. Ma Iddio gli manifestò che il luogo di sua missione era la stessa Roma; per la qual cosa cominciò ad esercitar ogni Uffizio di carità verso i medici, gli infermi, e verso ogni sorta di bisognosi. Correva per le piazze, per le contrade raccogliendo specialmente i ragazzi i più abbandonati, i quali radunava in qualche luogo, dove con lepidezze ed innocenti divertimenti li teneva lontani dalla corruzione del secolo, e li istruiva nelle verità della fede. In simil guisa ebbe principio la congregazione dell’Oratorio, che ha per iscopo primario l’istruzione della gente rozza e semplice. Il Signore attestò la santità di Filippo con molte maraviglie; era così infiammato d’amor di Dio che lo si sentiva sclamare « basta Signore, non più, chè io muoio d'amore». Quando pregava o celebrava la santa messa non di rado vedevasi sollevato in alto circordato {315[473]} da luminoso splendore. Un giorno distribuendo limosina ai poveri, la diede anche ad un angelo vestito a foggia di pezzente. Gelosissimo custode d’illibata verginità, conosceva al solo odore chi era fregiato di questa virtù, e chi era macchiato del vizio opposto. Restituì la sanità a moltissimi infermi, richiamò a nuova vita un morto. In fine consummato dalle fatiche e dall'amor divino nel giorno e nell'ora da lui predetta andò ad unirsi per sempre col suo Dio in età d'anni ottanta nel 1595.
D. Fateci conoscere la famosa persecuzione del Giappone?
R. Lo spirito di menzogna invidioso dei progressi che il Vangelo faceva nel Giappone, adoprò ogni arte per annientarlo, suscitando una lunga e crudel persecuzione. L'imperator Taicosama principe abbominevole pe’ suoi vizii e per le sue crudeltà, pensò d'allontanar per sempre dal {316[474]} suo regno una religione, che contraddiceva alle sue brutalità, emanando un editto, con cui si stabiliva l'esilio o la morte, a chi non rinunciasse al nome di cristiano. La persecuzione cominciò dalla stessa Corte dell’imperatore. Ucondono primo Generale dell’impero ne fu la prima vittima. Giovani e vecchi, nobili e plebei andavano con tal fermezza incontro ai tormenti, che l’imperatore fu costretto a dire: « bisogna che vi sia qualche cosa di straordinario nella costanza e carità dei cristiani ». Le donne stesse si apprestavano le vesti più pompose per onorare il giorno del loro trionfo, così chiamavano il giorno destinato pel martirio. Mentre tre giovanetti erano condotti al supplizio, uno di loro di dodeci anni chiamato Luigi intenerì il carnefice, che gli proferse di liberarlo con molte vantaggiose promesse, a cui Luigi « riservate, disse, questa compassione per voi medesimo, e pensate a procurarvi {317[475]} la grazia del battesimo, senza di che non potrete sfuggire ad un’eternità di sciagure ». Si tentò lo stesso con un altro di nome Antonio, promettendogli onori e ricchezze da parte dell'imperatore. «No, no, disse egli, l'amor della fortuna non è su di me più efficace, che li supplizii eterni; la maggior felicità, che mi possa avvenire si è quella di morir in croce per un Dio, che primo vi è morto per me ». Giunti al luogo del loro supplizio i magnanimi fanciulli lieti intuonarono il salmo Laudate pueri, poscia insieme con altri in numero di 24 con una pace e fermezza, che faceva tremare gli stessi carnefici, furono crocifissi nel 1597.
Ma quel che destò maggior meraviglia fu il martirio d’un fanciullino di Tingo per nome Pietro in età di sei anni. Condannato a morte suo padre, venne egli pure condannato al medesimo supplizio; alla qual nuova « oh! esclamò; come ciò {318[476]} mi fa piacere ». Aspetta con impazienza che l'abbiano vestito de' suoi più belli abiti e tutto allegro piglia il mandarino per la mano, e va al luogo ove deve esser sacrificato. Là giunto il primo oggetto che gli si appresta è il corpo di suo padre, che nuotava nel proprio sangue. Non mostrando il menomo stupore s'avvicina, si pone in ginocchio presso il corpo di lui, giunge le innocenti sue manine, abbassa il capo, e aspetta tranquillamente il colpo della morte. A tal vista tutto il popolo, che in gran calca lo seguiva, leva un confuso rumore, e non si sente più che gemiti e singhiozzi. Lo stesso carnefice commosso gitta la sua scimitarra, e si ritrae piangendo. Due altri che si avvicinarono successivamente per subentrare a lui, ne furono egualmente inteneriti. Fu mestieri ricorrere ad uno schiavo, che con mano tremante ed inesperta scaricò una quantità di colpi sul collo e sulle spalle di {319[477]} quella tenera vittima, e la tagliò a brani.
D. Quale fu la prima santa dell’America?
R. Il primo fiore di santità dell'America meridionale fu la vergine s. Rosa di Lima. La grazia ne prevenne l'età, mentre a soli cinque anni fece voto di perpetua verginità. Divenuta più grandicella affinché non fosse cercata a nozze, si tagliò la capigliatura. Digiunava tutta la quaresima, senza prendere altro alimento che cinque grani di cedro al giorno. Vestito poi l'abito del terzo ordine di s. Domenico, raddoppió il fervore e le austerità; un ciliccio armato di punte di aghi le copriva la persona; di giorno e di notte portava un velo tessuto di pungentissimi aculei, il suo letto era un ammasso di nodosi bastoni, su cui ella prendeva scarso riposo, e il resto del tempo lo passava in orazione e in opere di carità. Fu travagliata da una lunga e penosa malattia, che con somma gioia {320[478]} patì per Gesù crocifisso. Questo tenor di vita la portò al più alto grado d'amor di Dio, e a famigliari colloquii col suo Angelo Tutelare, e colla Beata Vergine. Una volta le apparve Gesù Cristo da cui meritò intendere queste voci: « Rosa del mio cuore, sii tu mia sposa ». Colma di meriti andò a ricevere la corona delle vergini in cielo nel 1617 in età d'anni 31.
D. Quali progressi fece la fede nel Chiablese?
R. Mentre l'eresia di Calvino e di Lutero pareva avesse portato compiuto trionfo nel Chiablese, per l’opera d’un sol uomo ella dovette patir l’ultimo scorno. Questi fu s. Francesco di Sales castello nella Savoia. Spinto dalla voce di Dio che lo chiamava a cose grandi; colle sole armi della dolcezza e carità si parte pel Chiablese. Alla vista delle chiese abbattute, dei monasteri distrutti, delle croci rovesciate, tutto s’accende di zelo e {321[479]} comincia il suo apostolato. Gli eretici schiamazzano, l’insultano, e tentano assassinarlo; egli colla sua pazienza, colle prediche, cogli scritti, e con insigni miracoli acqueta ogni tumulto, guadagna gli assassini, disarma l’inferno tutto, e la fede cattolica trionfa per modo, che in breve nel solo Chiablese ricondusse al grembo della vera Chiesa più di settantadue mila eretici. Sparsa la fama della sapienza e santità di Francesco, quasi per forza fu creato Vescovo di Ginevra. E quivi raddoppiò il suo zelo non trasandando anche il più basso uffizio del suo ministero che non esercitasse. Alla fine questo Prelato riverito dai popoli, onorato dai Principi, amato dai Sommi Pontefici, rispettato dagli stessi eretici, rese a Dio il suo spirito puro ed innocente nella camera d’un giardiniere, ove per umiltà aveva voluto pigliar albergo nel 1622. Egli è il fondatore dell’ordine della Visitazione. {322[480]}
D. Chi fu l’autore del Giansenismo?
R. L’autore di quest’eresia fu Giansenio Vescovo d’Ipri. Egli scrisse un libro intitolato Augustinus, come se questo libro non contenesse altro che la dottrina di questo santo Padre, ma pel contrario conteneva il Calvinismo alquanto mitigato, insegnando che Dio comanda cose impossibili ad osservarsi, con molti altri errori intorno alla divina grazia. Però Giansenio sottomise poi il suo libro al giudizio della s. Sede, anzi vicino a morte (an. 1638) proferì questa protesta: « io so che il Papa è il successore di s. Pietro e depositario fedele della fede dei Padri. Io voglio adunque vivere e morire nella fede e nella comunione di questa cattedra, di questo successore del principe degli Apostoli, di questo vicario di Gesù Cristo, di questo capo de’ pastori, di questo Pontefice della Chiesa universale ». Onde pare che gli errori di Giansenio siano piuttosto {323[481]} effetto d’ignoranza che di malizia. Ma i suoi seguaci ben lungi dal seguire il loro antisignano e sottomettersi ai giudizi della Chiesa, divennero più orgogliosi
superbi; più volte
condannati si mostrarono sempreppiù ostinati, cosi quest'eresia durò molto
tempo, e cagionò gravi disordini nella Chiesa.
D. Come fu riaccesa la persecuzione nel Giappone?
R. La persecuzione suscitata contro ai cristiani da Taicosama parve rallentarsi alquanto per l’inaspettata morte di questo monarca e de' suoi successori. Ma nel regno di Xogun-Sama e di suo figliuolo si riaccese vieppiù, e divenne fierissima. Tutte le barbarie che l'inferno seppe inventare per far apostatare i cristiani furono praticate. Agli uni si strappavano le unghie, agli altri si trapassavano le braccia e gambe con trapani a mano; si cacciavano alla maggior parte delle lesine {324[482]} sotto le unghie, e si ripeteva il tormento per molti giorni di seguito; si gettavano entro fossi pieni di vipere; si attaccavano al loro naso delle canne e tubi di zolfo e di altre più infette materie, indi vi si appiccava il fuoco soffiandovi dentro gagliardemente, affinché ne inghiottissero tutto il fumo, la qual cosa cagionava ai confessori de’ soffocamenti, delle convulsioni e de’ dolori inesprimibili; si ficcavano dentro il loro corpo delle canne aguzze; si flagellavano penzoloni finché fossero interamente scarnate tutte le loro ossa; per lacerare ad un’ora il corpo e il cuore delle madri, i carnefici le percuotevano colla testa de’ loro figliuoli, che tenevano per i piedi, e raddoppiavano la lor brutalità quanto più queste innocenti vittime mettevano grida più lamentevoli ed acute. In ogni luogo pei cristiani vi era persecuzione, orrore, sangue e morte; basti il dire che dal 1597 al 1650 furono {325[483]} martirizzati più d’un millione e duecento mila fedeli, la maggior parte con tormenti così crudeli, che quello del fuoco passava per una grazia.
D. Qual castigo provarono i motori di questa persecuzione?
R. Fra i colpi che la giustizia divina scaricò contro questi persecutori, fu segnalatamente esemplare quello di Bungondono principe di Ximbra mostro feroce, che più d'ogni altro incrudelì contro i cristiani. All’uscire da una conferenza, in cui erasi preso il partito di sterminar il cristianesimo, fu improvvisamente sorpreso da alcune doglie di viscere tanto insopportabili ed impetuose, che fu costretto a mettere orrende grida, a divincolarsi, a dibattersi, a smaniare: era una cosa spaventevole le convulsioni che l'agitavano, la schiuma che gli usciva di bocca, gli urli, le istanze, che faceva, perché fosse allontanato un cristiano, che {326[484]} egli diceva veder armato di falce, e con essa minacciarlo incessantemente. Gli caddero tutti i denti, e si accese un fuoco sì ardente nel suo corpo, che il sangue gli pareva bollente nelle vene, il midollo nell’ossa. Fu menato alle acque calde di un bagno (appiè del monte Ungen), dove aveva fatto perire e apostatare moltissimi cristiani. Ma appena vi fu immerso le convulsioni, gli urli cominciarono di bel nuovo più spaventosi che mai. Il suo corpo rimase cotto, e andandosene a brani miseramente spirò. Molti altri di questi persecutori la finirono in modo da far manifesti i segni dell’ira divina; tuttavia non si cessò dal perseguitare i cristiani, se non quando non se ne trovò più, e fu fatta una legge che « chiunque si professi cristiano sia perseguitato a morte, » la qual cosa è ancora oggidì in vigore.
D. Chi fu il fondatore della missione di s. Lazzaro? {327[485]}
R. Fu s. Vincenzo da Paola. Esso da Dio tratto dalla cura del gregge paterno a operare cose grandi, vi corrispose maravigliosamente. Animato dal vero spirito di carità, non vi fu genere di calamità a cui egli non accorresse; fedeli oppressi dalla schiavitù dei turchi, bambini esposti, giovani scostumati, zitelle pericolanti, religiose derelitte, donne cadute, galeotti, pellegrini, infermi, artisti inabili al lavoro, mentecatti e mendici, tutti provarono gli effetti della paterna carità di Vincenzo. A tal fine fondò la missione di s. Lazzaro in Parigi, la quale si dilatò in ogni parte del mondo con grandissimo vantaggio di tutta la cristianità; istituì anche la congregazione delle figlie della carità, che ha per iscopo primario l'assistenza degli ammalati negli ospedali. Quest'uomo poi affatto ammirabile, chiaro per miracoli e virtù, specchio luminoso della Chiesa, splendore della Francia, {328[486]} sostegno delle missioni straniere, ottuagenario passò alla vita beata nel 1660.
D. Quali progressi fece il Vangelo nel nuovo mondo?
R. Al primo comparire de’ missionari Vangelici in questo vastissimo emisfero, insorsero difficoltà gravissime per la predicazione, ma come si cominciò a perseguitare e cercar a morte i cristiani, si vide ben tosto che lo spargimento del loro sangue era seme fecondo di novelli cristiani, che più ne uccidevano, più copioso era il loro numero; quei popoli infelici da tanti secoli, ottenebrati dalle ombre di morte, dati all’ubbriachezza, all’impudicizia, ai ladronecci, e quel che fa maggiormente orrore, avvezzi a mangiar carne umana; pure illuminati dalla luce del Vangelo deposero tutta la loro fierezza, divennero casti, temperanti, e fervorosi a seguo da mostrarsi pronti ogni momento a spargere intrepidamente {329[487]} tutto il loro sangue per Gesù Cristo. Dal. golfo del Messico fino alle terre Magellaniche, in tutto il corso del Maragnone e dell’Orenoco da tre mila in tre mila e seicento miglia nei luoghi paludosi, nelle montagne impraticabili de’ Mossi, dei Quiquiti, dei Baceri, e fin dei Chirignani, al dilà del Tucuman, presso i Guarani e Paresii, i Pignocchi, i Guati e tanti antropofagi, presso tutti risuonava festoso il nome di Gesù. Da un estremità all'altra del nuovo mondo si rinnovarono i floridi tempi della primitiva Chiesa, an. 1700.
D. Qual santo illustrò la congregazione dell’Oratorio?
R. Il B. Sebastiano Valfrè fu appunto suscitato da Dio a dar nuovo lustro alla congregazione dell’Oratorio. Nato egli in Verduno diocesi d’Alba, si mostrò fin dai più teneri anni perfetto modello di virtù. A dieci anni osservava per modo {330[488]} i digiuni quaresimali, che una persona la più esercitata nelle virtù più non avrebbe fatto. Fuggiva come la peste le compagnie degli indisciplinati, a cui presente, niuno ardiva proferir parola men che onesta, e moderata. Venuto in Torino, e compiuto il corso degli studi entrò nella congregazione di s. Filippo poco fa ivi fondata. Riesce difficile esprimere il zelo che egli mostrò per la salute delle anime. Scorreva per le strade, per le contrade, penetrava nelle botteghe, nelle case raccogliendo i fanciulli, e specialmente i più cattivi ed ignoranti, i quali radunava insieme, li istruiva col catechismo, loro additava la strada della salute. Quest’umile uffizio di catechista esercitò per lo spazio di quarant'anni. Confessare, predicare, portar caritatevoli soccorsi negli ospedali, nelle carceri, nelle case dei poveri era sua indefessa occupazione; guadagnò molti peccatori, converti parecchi {331[489]} ebrei, ritornò alla vera fede moltissimi eretici. Insomma al zelo apostolico del Valfrè la città di Torino cangiò faccia, tutto il Piemonte, e molti paesi esteri provarono gli effetti del suo zelo e della sua carità. Impiegati sessant'anni in questo tenor di vita, chiaro pel dono dei miracoli e di profezia, stenuato dai digiuni, dalle vigilie, e dalle continue fatiche, ne andò a ricevere l’eterno guiderdone in cielo l’anno 81 di sua età nel 1710.
D. Chi fu l’istitutore dei fratelli delle scuole cristiane?
R. L’istitutore di questa semplice e ammirabile comunità religiosa fu il venerabile Gio. Battista della Salle di Reims. Menò fin dalla sua fanciullezza una vita pura ed innocente, e spiegò tale attitudine per la scienza e per la virtù, che in età molto giovane fu creato canonico, dottore in teologia, quindi ordinato sacerdote. {332[490]} Ma desideroso di procacciarsi dignità più permanenti che le terrene non sono, rassegnò il suo canonicato, distribuì quaranta mila franchi di suo patrimonio ai poveri, e si pose ad istruire i ragazzi fondando un istituto, che ha di mira l’istruzione morale e civile della gioventù. Chiaro per virtù e miracoli egli mori in odore di santità nel 1719. Benedetto XIII veduto il gran bene che ridondava ai costumi della gioventù da questo istituto, l’approvò, e benché la malignità della moderna filosofia cerchi d’impedirne i progressi, nullameno essendo opera di Dio prospera a segno, che presentemente si numerano 469 case religiose, in cui con tutta carità e fervore si porge a ben 198,188 individui l'alimento spirituale, e a molti anche il temporale. Gregorio XVI alle moltissime inchieste fattegli dai Vescovi cattolici, dichiarò La Salle venerabile, e ammise la {333[491]} causa di sua beatificazione e canonizzazione.
D. Dite qualche cosa di Benedetto XIV?
R. Benedetto XIV fu uno de' più grandi Pontefici, che abbiano governato la Chiesa, e finchè vi sarà nel mondo onore per la dottrina e religione sarà celebrato il suo nome. Eletto Papa nel 1740 con universale contento, impiegò diciotto anni di pontificato nel combattere gli eretici, reprimere le trame che i Franchi-muratori e i Filosofi tendevano alla religione. Travagliò indefesso nel difendere e sostenere i diritti della Chiesa, pacificare le potenze nemiche, e propagare la fede nelle missioni straniere; scrisse della beatificazione e canonizzazione dei santi, delle feste di N. S., della B. V., de’Santi, del Sinodo diocesano, delle istituzioni ecclesiastiche, ed altre moltissime opere di erudizione, appena credibile per umano ingegno. La sua morte compianta non solo dai cattolici, ma dagli stessi eretici seguì nel 1758. {334[492]}
D. Chi sono i Franchi-muratori?
R. I Franchi-muratori altro non sono che uomini, i quali si radunano in luoghi segreti per far voti, giuramenti, e cospirar con implacabil odio contro i re, i Papi e preti, e contro il Dio de’ cristiani. Dervent-Water stabilì la prima loggia nell’Inghilterra, di poi se ne fondarono nella Francia, e finalmente per tutta l’Europa. La lor dottrina è quella stessa dell'eresiarca Manete, di cui adottarono le cerimonie ed i segreti. Prima di ammettere un iniziato gli fanno profferire queste parole « iura, periura, secretum prodere noli: giura, spergiura, non isvelar il segreto » il qual segreto vien confermato da giuramento così stretto, che resta rigorosamente proibito il padre di svelarlo al figlio, il figlio al padre, il fratello alla sorella, la sorella al fratello. Pazzia dell'umano ingegno! Si vuol distruggere Dio e religione, e con questa {335[493]} stessa religione si obbligano con giuramento a quel Dio che si pretende distruggere. Clemente XII e Benedetto XIV condannarono questi fanatici, anzi i re si sforzarono per cacciarli da’loro stati; nullameno colle loro segrete assemblee cagionarono, e cagionano ancor oggidi gravissimi mali alla religione ed ai governi civili. I Franchi-muratori furono poi anche detti Giacobini da un tempio dedicato a s. Giacomo, ove si erano adunati.
D. Che intendete per moderni filosofi, e quale la loro dottrina?
R. Si chiamano moderni filosofi quegli uomini, che rigettando ogni sorta di religione., con pretesto di seguire il puro lume naturale della ragione fanno quanto il capriccio lor suggerisce. I patriarchi di questi increduli sono Voltaire e Rousseau. E’ difficil cosa il definire qual fosse la loro dottrina, poichè non ne avevano alcuna, se non si vuol chiamar dottrina un caos {336[494]} di assurdità, e di vergognose contraddizioni. Negare ogni verità, calunniare qualunque virtù, insegnar tutti gli errori, incoraggiar a qualsiasi delitto, cavillare per rimuover dal cuor dell'uomo la dolce speranza d’una vita futura, insomma ridurlo al grado delle bestie: forma la moderna filosofia. I Franchi-muratori macchinavano in segreto, i filosofi diedero lor mano col porne in pratica la dottrina, e per riuscirvi cominciarono a levarsi contro gli ordini religiosi, screditandoli colle più sozze calunnie. Egli fu in mezzo a questi trambusti, che Clemente XIV dopo lungo esitare ad istanza delle corti di Francia, di Napoli, di Portogallo, e di altre potenze soppresse la compagnia di Gesù l’anno 1774. Pio VII però considerati i vantaggi che questa compagnia prestava alla religione, la riammise tra gli ordini religiosi.
D. Qual fu la fine di Voltaire e di Rousseau? {337[495]}
R. La fine funesta di questi due viziosi corifei dell’incredulità è una prova, che Dio esercita qualche volta in maniera visibile la sua vendetta sugli empi. Voltaire dopo d'aver insegnato moltissime assurdità, ardì scrivere al suo amico D'Alambert questa bestemmia « da qui a venti anni Dio si vedrà un bel giuoco » (25 febbraio 1758). Ma il bestemmiatore lo vide egli il bel giuoco; poichè precisamente vent’anni appresso il 25 febbraio viene assalito da violento vomito di sangue, che presto gli fa dimenticare d'essere un incredulo; manda a chiamare il vicario di s. Sulpizio, si confessa, e in forma autentica si ritratta dalle sue empietà e da’suoi scandali. Ma la morte anticorre agli ultimi soccorsi, dimanda di nuovo un confessore, e i suoi amici impediscono qualunque siasi prete d’accostarsi al suo letto. Allora Voltaire montato in furore « ah dunque, va gridando. {338[496]} sono io abbandonato da Dio e dagli uomini! ».0ra invoca il Signore, ora lo bestemmia, si agita, si contorce, e fra le smanie della disperazione manda l’ultimo respiro, an. 1778 (Lepan e Arel vita di Voltaire).
Rousseau che era giunto all'empietà di sfidare l’eterno Giudice a trovar un uomo migliore di sè, alla fine fu sorpreso da prodigiose paure e spaventi, per cui pensavasi, che tutti gli volessero dare la morte, onde disperato inghiottì il veleno, e per togliersi alla durata dei patimenti e al lento effetto del medesimo diedesi un colpo di pistola, an. 1778. Questi sono i due sapienti che i pretesi moderni filosofi vantano per loro maestri.
D. Fateci conoscere s. Alfonso Liguori?
R. Maria Alfonso Liguori sommo e luminoso ornamento della Chiesa nel secolo decimo ottavo, nacque in Napoli nel 1696. La sua giovinezza fu un complesso d'ogni {339[497]} virtù; esattissimo nell’adempimento di tutti gli obblighi religiosi, si comunicava ogni settimana ed anche più spesso, e visitava tutti i giorni il SS. Sacramento. A sedici anni fu laureato dottore in ambe leggi. In una lite che ei credeva di condur bene, s’ingannò, e perdé il processo. Bastò questo ad annoiarlo delle cose del mondo, e determinarlo di consecrarsi tutto a Dio nello stato ecclesiastico. Infiammato di vero zelo per la salute delle anime predicava con tanta unzione, che suo padre la prima volta che l'ascoltò, vivamente commosso esclamò: « mio figlio mi fece conoscere Iddio ». Guidato dallo spirito di Dio fondò la congregazione del Redentore, che ha per iscopo primario l’istruzione della gente rozza, e di campagna. Suo malgrado fu da Clemente XIII creato Vescovo di s. Agata nel 1762. Da questo tempo la vita di Alfonso fu un continuo predicare, confessare, {340[498]} pregare, digiunare e simili. Iddio rimunerò la generosità del suo servo elevandolo ad una sublimissima contemplazione, rilevandone la santità con molti prodigi. Mentre predicava sulla divozione alla B. Vergine fu rapito in estasi e sollevato a grand’altezza; ed una statua della Madre di Dio sfolgoreggiando di raggi, illuminò il volto d’Alfonso; alla qual vista tutto il popolo esclamò misericordia e miracolo, e tutta la chiesa risuonò di gemiti e di singhiozzi. Una mattina celebrata la s. Messa fu rapito in un'estasi che durò fino al giorno seguente; rinvenuto, alla vista di molte persone che lo stavano osservando: « voi non sapete tutto, loro disse,... io fui ad assistere al Papa, il quale ora è morto ». Il Papa era Clemente XIV. Tutto fu come lui annunciò. Povero, sobrio, {341[499]} penitente, austero con sè, soavissimo con tutti, caritatevolissimo co’ poveri, in una carestia in Napoli vendè tutto il suo avere, distribuendone il prodotto ai bisognosi. Chiaro pel dono dei miracoli, della profezia, della penetrazione degli spiriti, in età di novant’anni morì nel 1787. Egli è l'autore d'una grande quantità di opere, tra le quali l’eruditissima Teologia morale, Direttorio degli ordinandi, Spiegazione del decalogo, Storia e Confutazione delle eresie, Vittorie dei martiri, la Monaca santa, Materie predicabili, le Glorie di Maria, l’Amor dell’anima, Visita al SS. Sacramento, Massime eterne, ed altre molte.
D. Da chi fu suscitata la
persecuzione Francese? {342[500]}
R. Le società segrete, alcuni
fanatici chiamati illuminati, uniti ai filosofi colla pretensione di
voler riformar il mondo, producendo in tutti l'eguaglianza e libertà,
suscitarono una persecuzione che cominciando dal 1790 durò dieci anni, e fu
causa dello spargimento di molto sangue. Si pretendeva un giuramento che era lo
stesso che rinnegar la fede. Migliaia di cittadini furono annegati o ghigliottinati,
senza essere giudicati, riserbandosi i barbari a farne dopo il processo, per
conoscere se gli uccisi erano rei od innocenti. La persecuzione infierì in modo
particolare contro gli ecclesiastici e religiosi. Questi generosi eroi emulando
la gloria dei martiri delle primitive persecuzioni, si mostrarono pronti a
tollerar ogni sorta di supplizio per la fede. Alcuni furono mandati in esilio,
altri condotti in prigione o posti sul palco. Un manigoldo guatando in mezzo ad
una calca di popolo vede uno che gli pare sacerdote: « sei tu sacerdote? gli
dice: — Me ne vanto. — Hai tu giurato? — io giurare? questa sola parola mi
spaventa: — il giuramento o la morte; giura o muori. — Giuro di abborrir un
giuramento empio e sacrilego, uccidetemi vi perdono: » così dicendo cade da
mille colpi trafitto. Si penetrò ne' chiostri, nelle congregazioni, e ne'
seminarii, ove tutti i sacri ministri furono imprigionati, sgozzati nelle loro
celle, o squartati e gettati dalle fenestre. Si abolirono i giorni festivi, fu cangiato
il nome alle settimane, ai mesi, agli anni, rovesciata ogni autorità, deposto
il re Luigi decimo sesto, imprigionato e decapitato: Le chiese diroccate o
profanate, le croci, le reliquie e vasi sacri, gli stessi sacrosanti misteri
sacrilegamente calpestati; e sugli altari del Dio vivente, invece
dell'incruento sacrifizio vennero collocate donne infami per esser adorate come
Dee della {344[502]} ragione. Tutto era sangue e strage. Tutta la Francia altro più non presentava che un miserando spettacolo d'alto orrore ricolmo, e di
profonda tristezza ripieno. Pena di morte a chi mostrava il menomo segno
d'esser cristiano. Ma gli sforzi degli empi s' infransero contro quella pietra
sulla quale G. C. ha fondato la sua chiesa; l'inferno fu vinto.
D. Quando cominciò a mitigarsi questa persecuzione?
R. Questa terribile persecuzione si mitigò alquanto per la morte di Robespierre e per le incessanti fatiche di Pio VI. Massimiliano Robespierre motore primario di questi mali, mostro infame che dicono essersi cibato di carne umana, e di aver usato a formar calzari le pelli di coloro che faceva trucidare, finì la sua vita con una morte che porta troppo visibili i caratteri della Divina vendetta. Regicida qual era, dopo la breve tirannia di diciotto {345[503]} mesi, bastanti però per riempir il mondo d'orrore, venne egli stesso in odio a coloro che lo applaudivano, gli si promove il processo per condurlo alla ghigliottina. Per evitar lo scorno di pubblica morte qual altro Nerone, si spara un colpo di pistola nella bocca, si fracassa la mascella superiore, e non muore. È lasciato languire buona pezza fra i più spasimanti dolori in prigione, e sulla pubblica piazza in mezzo agli insulti più pungenti della plebe, e già vicinissimo a passar di vita vien condotto sul palco, e gli è spiccata la testa nel 1794.
D. Parlate di Pio VI?
R. Pio VI. eletto nel 1775 sostenne un pontificato di 25 anni ne' tempi più calamitosi. Durante la crudelissima persecuzione di Francia, egli adempì sempre con infaticabil zelo alle funzioni di Supremo Pastore, consolando gli uni, esortando gli altri, confortando i generosi confessori della {346[504]} fede, i quali da lui animati diedero segni del più invitto coragio; egli fu mirabile in tutto, ma specialmente ne' tre ultimi anni del suo pontificato, ne' quali da forte tollerò ogni maniere di sevizie, di persecuzioni, e d'insulti da parte dei democratici Francesi. Questi rivoltosi sotto la scorta del Generale Napoleone penetrati nell'Italia, avevano manomesso e profanato i più venerandi santuari, decisi d'entrare in Roma, impadronirsene, detronizzare il Papa e renderselo schiavo contro la fede data di non ledere Roma, nè il suo Sovrano. Mentre il Papa pontificalmente vestito celebrava le sante funzioni, gli vien significata l'abolizione d'ogni sua autorità; immantinente sono licenziate le guardie romane e si pongono in loro vece dei francesi. Allora si fu che il Generale Berthier voleva vestir il Pontefice da repubblicano con una nappa tricolorata; ma il magnanimo Pontefice intrepidamente rispose, {347[505]} « io non conosco altra divisa per me, che quella, di cui la Chiesa mi ha onorato. Voi avete ogni potere sul mio corpo, ma l’anima mia è superiore ad ogni vostro attentato.......... Voi potete ardere e distruggere le abitazioni dei vivi e le tombe dei morti, ma la religione è eterna, ella esisterà dopo di voi come esisteva prima di voi, e il suo regno si perpetuerà sino alla fine dei secoli ». anno 1798.
D. Quali riti furono introdotti in questa epoca?
R. Nel secolo XVI Paolo IV per ristabilire nella sua fermezza la fede, e correggere i costumi, promulgò un indice dei libri proibiti. S. Pio V ordinò si celebrasse ogni anno la prima domenica d'ottobre la festa del SS. Rosario in memoria della famosa vittoria prodigiosamente riportata a Lepanto da un piccolo esercito di prodi Italiani contro i Turchi. {348[506]} Gregorio XIII intraprese la correzione del calendario romano, sottraendo dieci giorni al mese di ottobre del 1582, e trasportando l'equinozio di primavera dal 11 al 21 di marzo, d' allora in poi tutto il mondo cristiano cominciò a valersi del calendario Gregoriano.
Nel secolo XVII Clemente VIII ordina che nelle chiese di Roma si facesse successivamente l'orazione delle 40 ore. Urbano VIII ridusse in miglior forma il Breviario, e diede ai Cardinali il titolo di Eminenza.
Clemente XIII nel 1759 ordinò, che nelle domeniche quando non siavi Prefazio proprio, dicasi quello della SS. Trinità. {349[507]}
D. Quali vessazioni precedettero al rapimento di Pio VI?
R. Lo spirito di rivolta che aveva cagionato lo spargimento di tanto sangue. {350[508]} mitigandosi nella Francia, ripigliò tutta la sua fierezza contro la Chiesa Romana, suscitando contro il Capo di essa un nuovo genere di persecuzione, che durò dal 1798 fino al 1814. Dichiarata la detronizzazione del Papa, i Commissari Francesi s'impadronirono della di lui persona, depredarono tutto il palazzo pontificio, entrarono nei gabinetti più venerandi; le preziose e rare biblioteche del Pontefice furono vilmente vendute, ruppero le guardarobe e gli armadii. Ma delusi perchè non trovarono l’oro, e le gioie che si aspettavano, il calvinista Haller si presenta baldanzoso dal Papa « la Repubblica romana, gli dice, vi comanda di consegnarmi subito i vostri tesori, datemeli dunque: — Io non ho tesoro al mondo. — Voi avete però due begli anelli in dito ». — Il Papa gliene diè uno, dicendo, « non posso darvi quest'altro, perchè (era l’anello pescatorio, che serve di sigillo a tutti i Papi) esso {351[509]} deve passare a' miei successori ». Ma anche di questo il Pontefice fu costretto a privarsene. I Cardinali, i Vescovi, i Prelati furono imprigionati o mandati in esilio. Così la Chiesa romana assalita nel suo Capo e nei suoi membri era esposta ad una persecuzione altrettanto ingiusta che odiosa; ed invece di lodi a Dio si facevano in Roma processioni civiche, e si cantavano inni alla libertà.
D. Riferite il rapimento di Pio VI?
R. Lo sventurato, ma sempre grande Pontefice all’intimazione di dover abbandonar la sua Sede, attesa l'età di ottant'anni, la sanità cagionevole, e i vari suoi incommodi corporali, mostrava vivo desiderio di morirsene a Roma; « io, gli replicava l’inesorabile Haller, non ascolto nè ragioni nè pretesti, se voi non partirete di buona volontà, vi faremo partire per forza ». In una notte spaventevole (28 febbraio 1798), mentre infuriava un orribile temporale accompagnato {352[510]} da tuoni e lampi, il Papa posto in una cattiva carrozza, privo de' suoi ministri, consegnato nelle mani di due commissari, vien condotto segretamente fuori di Roma per non entrarvi mai più. Fu dapprima condotto a Monterosso, indi a Viterbo, poscia a Siena, e finalmente trasferito in un convento di Certosini presso a Firenze. Egli era menato schiavo dai suoi nemici, che studiavano segretezza, perchè non fosse conosciuto. Nonostante egli riceveva ovunque onori come se fosse stato condotto in trionfo. Alla nuova dell'arrivo del Papa, da tutte parti preti, laici, ricchi e poveri, uomini e donne, vecchi e fanciulli, sani ed infermi, tutti insieme confusi empivano i campi, le strade s'arrampicavano agli alberi, e colle mani giunte e ginocchioni dimandavano la benedizione dal santo Padre, il quale alla vista di tanti segni di religiosa venerazione teneramente commosso rompeva {353[511]} in lacrime. Nella Certosa di Firenze fu visitato da diversi sovrani e prelati del mondo cristiano; il re Emanuele IV colla regina di Sardegna la venerabile Clotilde recatisi a visitarlo si gittarono ai piedi di lui, che inutilmente si sforzava di rialzarli; « in questo momento fortunato, disse il re, io dimentico tutte le mie disgrazie, più non mi lamento pel trono che ho perduto, io ritrovo tutto ai vostri piedi: — caro Principe, risponde il Papa, tutto è vanità, eccetto amar Dio, e servire a lui. Rivolgiamo i nostri sguardi al cielo, là ci aspettano troni che gli uomini non ci potranno più rapire; — venite con noi in Sardegna, ripiglia la pia regina, voi troverete ne' vostri figliuoli tutte le dimostrazioni rispettose che merita un sì tenero padre ». Ma come pote egli liberarsi dalle mani di quei ladroni? Il 27 marzo 1799 il Papa vien tolto da Firenze, e per quattro mesi dovette {354[512]} andar errando dall'un all'altro paese, valicar monti, abitare capanne, in preda ad uomini, che gli fecero patir ogni sorta di stenti. Presso a Torino la sua carrozza fu arrestata dalla gran calca de' fedeli accorsi da tutte parti per godere della veduta del santo prigioniero, e tutti ginocchioni dimandavano la papal benedizione. Il di 14 luglio fu condotto a Valenza, termine del suo viaggio, luogo di sua prigionia, fine della sua vita. Il disegno dei nemici del Papa era di avvilir la religione nel suo Capo, ma questo viaggio non fu che una serie di trionfi tanto pel Pontefice quanto per la religione.
D. Quali furono gli ultimi momenti di Pio VI?
R. Dopo tanti viaggi e stenti, dopo tante inquietudini, contrarietà, disagi, ed insulti d'ogni maniera, specialmente tollerati nella sua prigione, questo illustre martire era giunto all'istante, in cui doveva {355[513]} ricevere la palma dovuta a' suoi patimenti. Gli snaturati commissari Francesi volevano, che si ponesse in viaggio, benché per un colpo di paralisia il suo corpo fosse già immobile per metà. Nel mentre che l’Arcivescovo Spina piangendo s'avanzava per amministrargli il SS. Viatico, al cospetto di Gesù Cristo gli domanda se perdona a' suoi nemici. A tali parole il venerando Pontefice, levando gli occhi al cielo, quindi fermandoli in un crocifisso che teneva sempre in mano, rispose: « con tutto il mio cuore, con tutto il mio cuore: » vedendo vicino il suo fine fa chiamare intorno a sè tutte le persone di sua casa, e quelle prostrate e piangenti benedì con triplice ed ultima benedizione. Chiese che gli si leggessero le orazioni degli agonizzanti, che egli divotamente accompagnò, e conservando sempre la stessa serenità e pacatezza di volto s'addormentò nella pace del Signore il {356[514]} 29 agosto 1799 in età d' anni 82, dopo aver governato la Chiesa 25 anni.
Sparsa la nuova
della sua morte, il popolo in gran calca correva alla cappella ove n'era stato
riposto il cadavere. Tutti volevano avere qualche cosa che fosse stata del
santo Pontefice; vesti, cappelli, biancherie, erano oggetti i più cercati; e
non potendo più aver altro, mettevano sulla bara medaglie, veli, croci,
fazzoletti, libri, rosarii, e se li portavano a casa per reliquie. Fra le
preghiere, i voti, le gioie, la tristezza, l'ammirazione e i singhiozzi era un
continuo esclamare: « Oh questi è un martire, questi è un martire t » Egli fu
sempre grande, e per certo la sua lenta morte; non che gli oltraggi, le
umiliazioni, i patimenti e gli infortunii da cui fu angustiato, dal primo
scoppiar della rivoluzione Francese infimo all'ultimo istante della sua
cattività e della sua vita, lo fanno veramente degno d'un {357[515]} posto fra
i gloriosi martiri della religione. Sul sepolcro di lui fu scritto
quest'epitafio:
Qui giace
Pio
VI Pontefice massimo,
Detto
una volta Gio. Angelo di Cesena,
D
quale nella lunghezza del pontificato
Sorpassando
tutti gli altri Pontefici
Resse
la Chiesa 24 anni 6 mesi 14. giorni,
Santissimamente
mori in Valenza
In
una rocca, dove era custodito
Prigioniero
dai Francesi.
Uomo
di maravigliosa fortezza d'animo
E di
costanza
Nel sopportare i più disastrosi travagli.
D. Che avvenne di straordinario nell'elezione di Pio VII?
R. La repubblica Francese stimavasi al colmo di sua gloria per la morte di Pio VI. Le armate francesi occupavano Roma con tutta Italia, il Capo della Chiesa morto in esilio, i membri del sacro collegio erano ritenuti in ceppi, o quà e là dispersi e fugati. Tutte le mire {358[516]} del nuovo Governo erano dirette a farsi un Papa repubblicano. Ma è Iddio che fondò e governa la sua Chiesa, e perciò riescono vani tutti gli sforzi de' suoi nemici. Un'armata Austriaca assale i Francesi, li scaccia fieramente da Roma, e dall'Italia, li ristringe in un piccolo angolo tra il Genovesato ed il Piemonte. I Cardinali liberati si radunano a Venezia, eleggono Papa il Cardinale Chiaramonti di Cesena, che piglia il nome di Pio VII, degno veramente di reggere la Chiesa in circostanze così burrascose. Egli si porta a Roma, e viene solennemente ristabilito nella santa Sede e Sovrano di Roma. Tutti i Sovrani gli diriggono omaggi e congratulazioni. Appena gli Austriaci ebbero adempiuta la lor missione, segue la battaglia di Marengo, e malgrado il lor numero e le loro forze essi vengono a vicenda discacciati, e spariscono, an. 1800.
D. Quali contrasti avvennero tra il Papa e Napoleone? {359[517]}
R. La Francia stanca de' suoi tiranni, riveste del titolo di Console Napoleone, il quale fa sperare un governo più dolce e men sanguinoso. In questo momento di calma cessa la ghigliottina, si mitiga la persecuzione, si estingue lo scisma costituzionale, e la Francia ritorna alla cattolica unità. Ma Napoleone che solo stimava la religione in quanto serviva alla sua ambizione e ad estendere il suo potere, fa un concordato col Romano Pontefice che tosto viola, e si fa proclamar imperatore. Per avvalorar questo titolo agli occhi dei fedeli, ei sollecita il Papa che venga a Parigi per consacrarlo. Pio VII esita lungo tempo, nè si risolve se non colla speranza di riparare a varii disordini, ed impedir gravi mali che minacciavan la Chiesa in caso di rifiuto. Parte egli da Roma l'anno 1804, attraversa la Francia entra glorioso in Parigi, e pone la corona imperiale sul capo di {360[518]} Napoleone. Ma l'imperatore ricompensò questa condiscendenza del Papa colla più mostruosa ingratitudine, lasciandosi trasportar contro di lui ad eccessi, di cui fino allora non v'era esempio.
D. Accennate alcuno di tali eccessi di Napoleone?
R. Napoleone, perchè il Papa l’incoronasse si protestava di voler essere ubbidientissimo figliuolo della santa Sede; incoronato che fu tolse la maschera, e si mostrò qual era; scrive lettere ingiuriose al Papa, contro il fatto giuramento cerca impadronirsi di Roma, e fare del Papa uno schiavo de' proprìi voleri. Dopo la pace della Chiesa Valente fu il primo degli imperatori che abbia con violenza da Roma rapito il sommo Pontefice, e Napoleone il secondo a commettere un simil sacrilego misfatto. Vuole esso che il Papa gli conceda cose, a cui la sua coscienza non permette d'acconsentire; l'imperatore {361[519]} ingiustamente sdegnato assale Roma, se ne impadronisce, la saccheggia, si sforza il palazzo Papale, sono mandati in esilio e parte incarcerati i suoi più fedeli ministri anche Vescovi e Cardinali. Pio VII scomunica l'usurpatore con tutti i complici delle vessazioni; l’usurpatore monta in furore fa rapire il Pontefice. L'anno 1809 Napoleone deputa il suo Generale Radet per la sacrilega impresa. In capo ad una mano di soldati Radet dà la scalata al palazzo Pontificio, abbatte gli usci a colpi di scure, spezza le finestre, e a mano armata penetra nella camera del santo Padre, e di notte tempo in modo violento lo costringe a partire da Roma senza seguito, spoglio di ogni cosa, coi soli abiti che aveva indosso, chiuso a chiave in una carrozza fra gendarmi, come un malfattore.
D. Riferite alcuni avvenimenti della cattività di Pio VII?
R. L’importai Pio durante tutta la {362[520]} sua cattività, che fu di cinque anni, si mostrò sempre forte confessore della fede non dando il menomo segno di debolezza. Quello che realmente sorprende si è che quanto più i nemici studiavansi di avvilire il Vicario di G. Cristo, tanto più grande era la venerazione ed il rispetto che i popoli per ogni dove gli dimostravano. A varii accidenti andò soggetto il santo Padre nel suo viaggio. Presso a Firenze per l'imperizia dei postiglioni la carrozza corre sovra un rialzo di terra, si rovescia con grand'impeto, si spezza la cassa, va rotolando per la strada in mezzo alle ruote il santo Padre, che avrebbe dovuto rimanerne sfracellato, se non l’avesse Iddio preservato. Rimane prigione in Savona tre anni, dopo cui (nel 1812) gli si ordina di partire per Fontainebleau nella Francia. In questo viaggio venne trattato ne' modi più barbari; si faceva viaggiar giorno e notte {363[521]} senza mai lasciarlo uscir di carozza, e ciò gli rovinò la salute per modo, che fu ridotto allo stato di moribondo. Vicino a Torino pareva fosse finita per lui; gli venne amministrata l’estrema unzione; ciò non pertanto si costringe a proseguir il suo cammino a Fontainebleau. Quivi giunto infermo, allontanato da' suoi ministri, assediato ne' modi più seducenti da'suoi nemici, sottoscrive alcuni insidiosi articoli; ma riavutosi, conoscendo le trame dei nemici suoi, in faccia alle più gravi minaccie revoca quanto ha sottoscritto, e la fede trionfa.
D. Come finì la prigionia di Pio VII?
R. Napoleone non potendo indurre il Papa a secondare i suoi rei disegni, e le sue imprese guerresche pigliando cattiva piega, pensò di donar la libertà a colui, che in nissun modo aveva potuto vincere. L'intrepido Confessore della fede Pio VII dopo cinque anni di prigionia, di stenti, {364[522]} di oltraggi, d'insulti, vieti rilasciato, e parte da Fontainebleau il 23 gen. 1814. Il suo viaggio non fu quello di chi ritorna dalla cattività, ma di chi dopo operate le più grandiose azioni, è condotto in glorioso trionfo. Da ogni parte i contadini, gli artisti, nobili o volgari lasciavano le loro case, i loro impieghi, í loro lavori e correvano con trasporto a vedere l'illustre prigioniero. Mentre passava sopra un ponte del Rodano da Beaticaire a Taraseone, il colonnello Lagorse assordato dalle grida di gioia, che il popolo mandava per ossequiare il santo Padre « e che fareste voi dunque, disse, se passasse l'imperatore? » A tali parole rispose il popolo: « Noi gli daremmo da bere ». Dopo quattro mesi di cammino, Pio VII fece la sua solenne entrata in Roma e con indicibile trasporto di gioia non solo di Roma, ma di tutto il mondo cristiano, fu riposto sulla santa Sede, e {365[523]} riammesso al possesso dei beni che Napoleone aveva usurpato.
D. Qual fu la causa della caduta di Napoleone?
R. Tutti i monarchi che dalla nascita di Cristo in qua ebbero relazione colla Chiesa, dovettero confessare che il favorirla fu principio di loro grandezza, e il perseguitarla principio di loro rovina. Napoleone non voleva crederlo e lo provò col fatto. La sua possanza colossale faceva tremar tutta l'Europa, il suo nome era temuto per tutto il mondo. Ma quando cominciò a prendersela col Papa, cominciò pure la sua caduta. Quando fu da Pio VII scomunicato per ischerno diceva « crede forse il Papa che le sue scomuniche facciano cadere le armi dalle mani de'miei soldati? » Eppure scrive appunto Segur intorno alla caduta di lui, che i soldati non potevano più reggere le loro armi, le quali cadevano dalle mani dei {366[524]} più valorosi. L'ambizione condusse Napoleone sino all'estremità della Russia, ove perdette più di quattrocento mila uomini del suo esercito. Intanto l’Europa si ribella contro di, lui, e tutti i suoi alleati lo abbandonano; egli è discacciato dalla Germania, dalla Spagna, dalla Svizzera, i suoi nemici lo inseguono, e dietro ai suoi passi penetrano nell’interno della Francia. Napoleone è preso, e fatto prigioniero, vien condotto a Fontainebleau in quello stesso palagio nel quale tenne in ceppi il santo Padre, e là bagna colle lagrime della sua disperazione quei luoghi stessi, ove ha fatto scorrere quelle del Vicario di Gesù Cristo.
D. Come terminò i suoi giorni Napoleone?
R. Napoleone benchè nel tempo delle prosperità siasi mostrato oppressore della cattolica religione, tuttavia colpito da quella man benefica, che non la morte, ma {367[525]} vuol la vita del peccatore, parve che entrando in sè stesso siasi ravveduto. Pio VII dopo avergli sinceramente perdonato, intercedeva altresì presso al gabinetto britannico che gli fosse mitigata la cattività, e qual padre amoroso tutto si adoprava per isvegliar sentimenti religiosi nel cuore del suo figlio traviato.
Esiliato all'isola di s. Elena, spogliato d'ogni autorità, privo del conforto della propria famiglia, Napoleone riconosce la mano di Dio che lo aveva abbattuto, e scorgendo prossimo il suo fine « Io, diceva, son nato nella religion cattolica; bramo adempire i doveri ch' ella m' impone, e ricevere i soccorsi che amministra ». Dopoché ebbe ricevuto gli ultimi Sacramenti, profferì queste parole: « io son contento, io ne aveva bisogno, io non ho praticata la religione sul trono, perchè il potere sbalordisce gli uomini; ma la fede fu sempre meco; di ciò voleva {368[526]} farne un mistero, ma questo fu debolezza, or desidero glorificarne Iddio ». Se questi detti venivano dal cuore giova sperare bene dell’anima di lui. Spirò nel 1821.
D. Quale fu la morte di Pio VII?
R. Pio VII ritornato dalla sua cattività, impiegò il resto del suo Pontificato per riparare i danni che le logge massoniche e Bonaparte avevano cagionato alla Chiesa; ed a tal fine stabili una missione pel clero e pel popolo di Roma, riammise fra gli ordini religiosi la compagnia di Gesù; approvò l’associazione per l’opera della propagazione della fede, mostrando sempre quel petto sacerdotale con cui s'oppose ai più potenti nemici. Avanzato negli anni avendo ne' suoi proprii appartamenti fatto una caduta per cui si ruppe un femore, munito del SS. Viatico, e colmo di meriti, chiaro per virtù, estenuato dalle fatiche, dagli stenti della prigionia, {369[527]} dopo il Pontificato di 24 anni nell'ottantesimo primo di sua età rese a Dio l'anima benedetta nel 1823. Vittima d'una lunga serie d'ingiustizie, egli stancò il nemico colla sua pazienza, e onorò la religione colla sua nobile fermezza. Si rapportano di Pio VII molti prodigiosi avvenimenti.
D. Quali sono stati gli effetti della persecuzione contro la Chiesa romana?
R. La persecuzione Francese, come quella degli imperatori Romani non fece altro, che procurare nuovo splendore alla Chiesa di Gesù Cristo. I filosofi schiamazzavano contro l’ignoranza e la timidità del collegio apostolico e degli altri ministri; ma allorchè qua e là dispersi in esilio, o chiusi in prigione, li mirarono si costanti nella fede, che si offrirono pronti a dar la vita in conferma di quelle verità, che prima avevano predicato, il disprezzo si cangiò in istima e {370[528]} venerazione. G. Cristo aveva fatto promessa a s. Pietro, che le porte dell'inferno non dovessero prevalere contro di lui, nè contro de' suoi successori, i quali avrebbero continuato a governare la sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli. Eppure gli insensati increduli nell'ebbrezza del loro potere, an. 1799, dicevano, che, morto Pio VI non vi sarebbe più stato altro Papa a Roma; lo stesso ripetevano nel 1810 e nei seguenti anni della prigionia di Pio VII. Ma loro malgrado videro, e vedranno mai sempre ferma e trionfante la suprema autorità del Romano Pontefice Vicario di G. Cristo in terra, e Capo universale della sua Chiesa.
D. Dite qualche cosa del pontificato di Leone XII?
R. Morto Pio VII venne eletto Papa il Cardinale Annibale della Genga di Spoleto, che prese il nome di Leone XII. Il suo pontificato durò 5 anni e 4 mesi, {371[529]} il qual tempo tutto impiegò in sante azioni. Nel giorno stesso di sua incoronazione imbandì ai poveri un lauto banchetto in Vaticano. Provvide al bisogno molti stabilimenti; visitava spesso e al-l’impensata gli ospedali e le chiese, affinché fosse ogni cosa tenuta con quella cura che conveniva. Nell’anno del Giubileo 1825 fece la beatificazione di quattro servi di Dio, Giuliano Agostino Francescano, Alfonso Rodriguez della compagnia di Gesù, Ippolito Galantini fondatore della congregazione della dottrina cristiana, ed Angelo d' Acri cappuccino. Questo Pontefice essendo ancor in buono stato di salute, disse ad un suo famigliare: « di qui a pochi giorni non ci vedremo più ». Il fatto avverò la predizione. Poco dopo cadde in una grave malattia, dimandò egli stesso gli ultimi Sacramenti, e dopo alcune ore di tranquilla agonia dolcemente spirò nel 1829. {372[530]}
D. Che notate intorno alle azioni di Leone XII?
R. Fra le varie cose che Leone XII operò pel bene della Chiesa, si annovera l’approvazione della congregazione degli Oblati di Maria Vergine. I fondatori di quest'istituto sono i due pii sacerdoti Piemontesi Brunone Lanteri di Cuneo, e G. B. Reynandi di Carignano, i quali unitisi ad altri zelanti ecclesiastici formarono una congregazione, che ha per oggetto primario di attendere alla predicazione nelle sacre missioni, e negli esercizii spirituali, come, eziandio tener convitti ecclesiastici. L'anno 1826 Lanteri col Sacerdote Giuseppe Loggero si recò a Roma, perchè le loro regole fossero approvate dal Sommo Pontefice, il quale dietro alle reiterate istanze di Monsignor Rey Vescovo di Pinerolo, e del re di Sardegna Carlo Felice, dopo accurati esami delle loro costituzioni, colla sua autorità apostolica confermò il nuovo {373[531]} istituto sotto il nome di Congregazione degli Oblati di M. V.
Molti Vescovi edificati dai frutti che questi novelli operai del Vangelo producevano, li dimandarono affine di procurare un sì potente soccorso al loro gregge. Nel 1839 essi con penoso e quasi sconosciuto cammino portarono la luce del Vangelo nei regni di Ava e Perni. Nel 1842 questa missione venne interamente affidata agli Oblati con Vescovo della loro congregazione, riportando ivi copiosi frutti del loro apostolico ministero.
D. Parlate del pontificato di Pio VIII?
R. Il Cardinal Castiglioni di Cingoli succedette a Leone XII, pigliando il nome di Pio VIII. Il suo pontificato di soli venti mesi fu de' più spinosi pei torbidi della Francia, del Portogallo, della Spagna, e pepli affari d'altri regni colla santa Sede. Tuttavia attesa la rara di lui avvedutezza e pietà, lo Stato Romano {374[532]} godè una perfetta tranquillità durante tutto il suo regno. Nel novembre del 1830 cadde in una malattia, per cui dopo aver dato le più commoventi prove di bontà e di religione, entrò nel riposo dei giusti nell’anno 69 di sua età. Pontefice, del quale la solida pietà, la carità, la moderazione, la rettitudine, il difficile e raro temperamento di giustizia e di clemenza raccomanderanno mai sempre gratissima la memoria.
D. Fateci conoscere i Sansimoniani?
R. Il conte Claudio di san Simone nativo di Parigi diede il nome a questi moderni novatori. Passata una parte di sua vita nel mestiere dell’armi, egli si pose in capo di stabilire un nuovo cristianesimo, dichiarando perciò guerra alla monarchia e alla religione. Egli credea in Dio e alla creazione, e subito contraddiceva a sè stesso asserendo la materia essere eterna. Pensavasi che tutto il mondo {375[533]} dovesse ascriversi alla sua riforma, ma vedendo che le sue fatiche gli cagionavano ovunque persecuzioni, cadde in una tetra malinconia, e nella sua disperazione si tirò un colpo di pistola, per cui ebbe a perdere un occhio; tuttavia non riuscì a togliersi la vita, la quale miseramente fini nel 1825. Gli errori di Sansimone sono in gran parte seguiti dall'Abate La Menné, il quale sebbene un tempo abbia scritto a favore della fede, ora traviò e con danno della religione, segue oggidi una dottrina che conduce al Deismo e direi quasi all’Ateismo.
D. Chi succedette a Pio VIII?
R. Il Cardinale Mauro Cappellari di Belluno, città dello stato Veneto, del-l’ordine di s. Benedetto fu scelto a successore di Pio VIII, e prese il nome di Gregorio XVI nel 1831. Nei pontificati anteriori egli aveva già reso alla Chiesa importantissimi servigi colla saggia amministrazione {376[534]} di cariche le più cospicue, e colla singolar prudenza con cui maneggiò i più gravi e delicati affari. Eletto Papa raddoppiò le fatiche e il suo zelo apostolico, e sebbene abbia dovuto fati-gare assai per le turbolenze insorte nel bel principio del suo regno, tuttavia avvalorato dalla fiducia in Dio, tutto superò per modo, che i suoi sudditi godono pace e tranquillità, la religione trionfa, e il Vangelo si propaga fino ai più remoti confini della terra. Voglia Iddio, che per la felicità della Chiesa possa ancora Vivere molti anni.
D. Quali ordini religiosi vennero approvati dal regnante Pontefice?
R. Molte sono le cose, che renderanno sempre mai glorioso il pontificato di Gregorio XVI. Per nostro scopo giova accennare l'approvazione dei tre ordini religiosi: del Sacro Cuore di Gesù, delle Compagne di Gesù, e dell'Istituto di {377[535]} carità. Le sorelle del Sacro Cuore di Gesù cominciarono a formar comunità religiosa nel 1800, le loro costituzioni vennero poi approvate da Leone XII, e confermate da Gregorio XVI coll' aggiunta di molti privilegi. Ne' diversi paesi dell'Europa l'istituto conta 51 casa, e nove nell’America. L’istituto delle Compagne di Gesù cominciò nel 1819, fu caldamente da Leone XII raccomandato a tutti i Vescovi della cristianità, e solennemente approvato con bolla autentica da sua Santità nel 1839. Questi due istituti pare che portino del pari con sè le divine benedizioni; ambidue fondati nella Francia, hanno per oggetto l’istruzione civile e cristiana delle giovani zitelle.
L’Istituto della carità deve la sua fondazione al chiaro e pio scrittore D. Antonio Rosmini di Rovereto presso Trento; il quale nel 1828 stabilì sul Calvario di Domodossola una società di {378[536]} individui ecclesiastici, i quali ben formati nello studio e nella pietà, si occupassero nelle varie parti del sacro ministero secondo il bisogno. La comunità co' suoi statuti venne approvata dal regnante Pontefice con lettere apostoliche nel 1839.
Tutti tre questi istituti, dei quali sono ancor viventi i fondatori, si dilatarono ben tosto nelle missioni straniere, ove benedetti dal Signore conducono molte anime all’ovile di Gesù Cristo.
D. Accennate alcuni altri fatti avvenuti sotto il pontificato di Gregorio XVI?
R. Un fatto insigne è il martirio di Carlo Cornay}, L’imperatore Min-Men aveva già in varie guise perseguitato i cristiani, quando promulgò un tremendo editto contro qualunque missionario che venisse scoperto ne'suoi stati. Molti sparsero il sangue per la fede in questa fiera persecuzione, uno di questi fu l’illustre missionario Carlo Cornay. Da Parigi esso s'imbarcò {379[537]} per la China nel 1831, e approdò nel Tonchino l’anno appresso. Quantunque esposto a continui rischi della vita, tuttavia con zelo veramente apostolico s'adoprò per la conversione di quei selvaggi sino al 1837, nel qual tempo fu preso, rinchiuso in una gabbia con al collo una pesante tanga, per cui ebbe a soffrire assai durante tre mesi, finché ne fu tratto e martirizzato nel modo seguente: legategli le mani e i piedi a quattro pali, col capo in mezzo a due stecche piantate nel suolo, cinque carnefici gli stavan d'intorno co' loro taglienti ferri. Al segnale di un cembalo l’uno di essi tronca con un colpo solo il capo del santo martire: gli altri manigoldi compiono lo strazio recidendo le braccia e i piedi, e spaccando il busto in quattro parti. Questo martirio avvenne il 20 settembre 1837, essendo Cornay in età di 28 anni e 6 mesi.
D. Qual altro luminoso martirio seguì nella China? {380[538]}
R. Il venerabile Gio. Gabriele Perboyre anche Sacerdote della missione vien pure contato fra i molti atleti, che nella lunga persecuzione della China, che infierisce ancora presentemente, sparsero il loro sangue per la fede cattolica. Partito per la China nel 1835, esercitò cinque anni il sacro ministero tra quelle barbare nazioni, godendo presso a tutti la stima e la riputazione di uomo santo. Accusato poi, e scoperto come predicator del Vangelo, venne con catene alle mani, ritorte ai piedi condotto in prigione, donde fu assai volte tratto solo per essere interrogato e non mai rientrava senza che fosse prima crudelmente bastonato. In prigione poi era messo a ginocchia nude su d'una catena di ferro, con i cappelli stretti ad un cavicchio posto al di sopra della sua testa, che ritta dovea tenere, le braccia frattanto a destra ed a sinistra stirate venivano da dne corde, alle cui {381[539]} estremità era attaccato un enorme peso, onde lentamente sfinire I' invitto Confessore. Questi ed altri stratagemmi erano usati per indurre il martire a rinnegar la fede, o perché calpestasse il crocifisso che posto gli veniva innanzi: ma egli volgendo un tenero sguardo verso il suo Signore, lo prendea, e stringendolo amorosamente al seno, lo bagnava di dolci lagrime; talchè il prefetto stesso essendone commosso, senza nulla più dire fu costretto ritirarsi. Reso così frustraneo ogni tentativo, il Perboyre dopo quasi un anno di prigionia e di tormenti fu condotto al patibolo con cinque malfattori. Giunto al luogo del supplizio s' inginocchiò e orò per alcun tempo, finché sospeso e legato sopra una croce offrì in sacrifizio la propria vita per amore di chi morto era per lui crocifisso, 11 settembre 1840. Moltissimi altri cristiani d' ogni condizione, d'ogni età, e d'ogni {382[540]} sesso conseguirono la palma del martirio in questa persecuzione.
D. Come avvenne la conversione dell'Israelita Alfonso Ratisbona?
R. Alfonso Ratisbona delle più doviziose famiglie israelitiche di Strasburgo era tutto odio contro la religione cattolica, soprattutto perchè il suo fratello Teodoro erasi renduto cristiano e consecrato di poi al ministero sacerdotale. A cagione di diporto venuto a Roma familiarizzò col Barone di Bussieres già di protestante alla cattolica credenza convertito, il quale insistendo inutilmente per far al Ratisbona aprire gli occhi alla verità, pregollo almeno di prendere una medaglia di M. V. Immacolata. Per non si mostrare scortese, l'israelita mattamente ridendo di tal divisamento del Barone se la lasciò porre al collo. Il dì seguente Bussieres uscito col Ratisbona per Roma entrano ambidue in una chiesa, e avendo egli alcunché a {383[541]} trattare in quel convento, prega l'ebreo di aspettar quivi un pochissimo. Torna il Barone, cerca qua e colà il Ratisbona, sel vede ginocchioni dinanzi una cappella dell'Angelo Custode. Il riscuote dolcemente due o tre volte; e infine Alfonso tutto molle di pianto trae fuori la medaglia della Vergine, e teneramente la bacia, gioisce della sua sorte, chiede jun sacerdote, sospira il battesimo, e alla presenza d'altre persone tra più teneri movimenti del cuore prende a dire cosi: « Rimaso solo nella chiesa scomparvemi di tratto dagli occhi tutto l’edilizio, e vidi una piena di luce riversarsi per entro a quella cappella. Quivi di mezzo a que'raggianti splendori ritta in sull'altare piena di maestà e di dolcezza vidi la Vergine Maria, come è in questa medaglia. Fecemi della mano segno che m' inginocchiassi; una forza irresistibile mi trasse verso la Vergine. Ella parve dirmi: bene; non parlò molto, ma io ho tutto inteso ». Quattordici {384[542]} giorni dopo, 31 gennaio 1842. Ratisbona fu battezzato; poscia entrò nella compagnia di Gesù, ove dà segni di singolar virtù e promette molto bene per la religione. Diar. R. Gazz. etc.
D. Qual altro avvenimento segnalò quest'anno?
R. L'anno stesso della conversione del Ratisbona il 30 aprile in odore di santità passò alla vita beata il Cavaliere canonico Cottolengo fondatore della Piccola Casa della divina Provvidenza in Torino. Questo maraviglioso stabilimento cominciò da tenui principii l'anno 1827, e senza reddito fisso, con solo quel tanto che la quotidiana divina Provvidenza per mano dei caritativi le somministra, prosperò a segno, che presentemente vi si annoverano presso a 1800 persone d' ambi i sessi, tra storpi, invalidi al lavoro, ulcerosi, epiletici, ammalati d'ogni genere, orfanelli ed abbandonati; e questi tutti sono gratuitamente ricevuti, con somma {385[543]} carità trattati, e del necessario sovvenimento provveduti. Vi sono molte categorie di persone religiose addette alla direzione spirituale e temporale; ogni angolo ispira carità e fervore. Questo è tutto regolato da un capo solo, il quale mantiene fiorente tutto lo spirito del fondatore.
D. Qual è lo stato presente della religione cattolica?
R. La religione cattolica nelle missioni è in progresso, e quantunque in alcuni luoghi perseguitata, nullameno trionfa. Nell'Europa poi ella fiorisce bensì, ma incontra molti ostacoli, i quali di mano in mano che nascono vengono superati, e le oppressioni che alcuni paesi fanno sentire ai cattolici, pare che preparino una reazione con vantaggio universale del cattolicismo. Il sistema dei moderni nemici della fede lasciarono lo screditato nome di Templari, Carbonari, Illuminati e Liberi Muratori; e chiamano le loro adunanze Giovane Italia, Riforma Radica, {386[544]} le della Religione, Amici della luce. Pochi giorni sono (nel 7.bre 1845) ne fu scoperta una sotto il nome di Nuova Svizzera. Tutte queste società sebbene cangiano il nome conservano sempre i medesimi principii, e si possono sempre definire Conventicole segrete che mirano al sovvertimento dell'ordine civile, morale, e religioso.
D. Che cosa dobbiamo imparare dalla storia ecclesiastica?
R. Dalla storia ecclesiastica noi dobbiamo imparare primieramente che tutti quelli che si sono ribellati contro la Chiesa, per lo più hanno provato i divini castighi anche nella vita presente con fine funesta e spaventosa. In secondo luogo, che la sola religione cattolica è quella di G. C., perchè le altre pigliano il nome da'loro fondatori, da Manete, da Montano da Maometto, da Calvino, da Lutero: dunque essi non sono nella Chiesa di Cristo, ma nella Sinagoga dell’Anticristo.
Inoltre la Chiesa cattolica da Gregorio XVI numera i suoi successori fino a s. Pietro ed a Gesù Cristo, i quali tutti in ogni tempo col fatto e colle parole {387[545]} sostennero e professarono quelle stesse verità che leggiamo nel santo Vangelo. In ogni tempo fu sempre col ferro o cogli scritti combattuta, ed ella sempre trionfò. Ella ha veduto i regni, le repubbliche, e gli imperi a sè d'intorno crollare e rovinar affatto; essa sola è rimasta ferma ed immobile. Corre il secolo decimonono dacché fu fondata, e si mostra tutto giorno nella più florida età. Verranno altri dopo di noi, e la vedranno sempre fiorente, e retta dalla mano Divina supererà gloriosa tutte le vicende umane, vincerà i suoi nemici, e si avanzerà con piè fermo a traverso dei secoli e dei rivolgimenti sino al finir dei tempi, per fare poi di tutti i suoi figli un solo regno nella patria dei beati. {388[546]}
secondo la più
comune opinione, eccettuati gli Antipapi.
N.° progres.
|
Nomi
|
Anno dell’elez.
|
Durata del regno
|
an.
|
m.
|
g.
|
1.
|
S. Pietro
Apostolo Galileo 1° Papa eletto nel
|
33
|
33
|
5
|
12
|
2.
|
S. Lino
Toscano
|
67
|
11
|
2
|
23
|
3.
|
S. Anacleto
ossia san Cleto Romano
|
79
|
12
|
7
|
-----
|
4.
|
S. Clemente
I Romano
|
91
|
9
|
3
|
10
|
5.
|
S. Evaristo
Greco
|
101
|
9
|
3
|
10
|
6.
|
S.
Alessandro I Rom
|
109
|
9
|
3
|
-----
|
7.
|
S. Sisto I
Romano
|
119
|
10
|
5
|
20
|
8.
|
S.
Telesforo Greco
|
127
|
12
|
-----
|
-----
|
9.
|
S. Igino
Greco
|
140
|
2
|
11
|
28
|
10.
|
S. Pio I di
Aquileia
|
141
|
15
|
-----
|
-----
|
11.
|
S. Aniceto
Soriano
|
156
|
11
|
-----
|
-----
|
12.
|
S. Sotero
Fondiano
|
167
|
9
|
-----
|
-----
|
13.
|
S.
Eleuterio Greco
|
176
|
15
|
-----
|
23
|
14.
|
S. Vittore
I Africano
|
192
|
9
|
1
|
23
|
15.
|
S. Zeferino
Romano
|
202
|
16
|
-----
|
-----
|
16.
|
S. Callisto
I Romano
|
219
|
5
|
5
|
12
|
17.
|
S. Urbano I
Romano
|
223
|
6
|
7
|
4
|
18.
|
S. Ponziano Romano
|
230
|
4
|
-----
|
6
|
|
{389[547]}
|
|
|
|
|
19.
|
S. Antero
Greco
|
235
|
-----
|
1
|
10
|
20.
|
S. Fabiano
Romano
|
236
|
15
|
-----
|
5
|
21.
|
S. Cornelio
Romano
|
250
|
2
|
4
|
1
|
22.
|
S. Lucio I
Romano
|
253
|
-----
|
5
|
12
|
23.
|
S. Stefano
I Romano
|
253
|
4
|
5
|
-----
|
24.
|
S. Sisto II
Greco
|
257
|
-----
|
11
|
12
|
25.
|
S. Dionigio
Greco
|
258
|
12
|
3
|
14
|
26.
|
S. Felice I
Romano
|
269
|
4
|
4
|
29
|
27.
|
S.
Eutichiano Toscano
|
275
|
8
|
6
|
4
|
28.
|
S. Cajo
Dalmazio
|
282
|
12
|
4
|
5
|
29.
|
S.
Marcellino Romano
|
296
|
7
|
11
|
24
|
30.
|
S. Marcello I Romano
|
308
|
2
|
6
|
25
|
31.
|
S. Eusebio
Greco
|
309
|
2
|
8
|
21
|
32.
|
S.
Melchiade Africano
|
311
|
2
|
2
|
7
|
33.
|
S.
Silvestro I Romano
|
314
|
21
|
11
|
-----
|
34.
|
S. Marco
Romano
|
336
|
-----
|
8
|
22
|
35.
|
S. Giulio I
Romano
|
336
|
17
|
5
|
7
|
36.
|
S. Liberio
Romano
|
351
|
17
|
4
|
2
|
37.
|
S. Danuzso
Spagnuolo
|
366
|
17
|
2
|
28
|
38.
|
S. Siricio
Romano
|
385
|
13
|
1
|
14
|
39.
|
S.
Anastasio I Romano
|
398
|
4
|
1
|
15
|
40.
|
S.
Innocenzo I Albano
|
402
|
13
|
2
|
10
|
41.
|
S. Zosimo
Greco
|
417
|
1
|
4
|
7
|
42.
|
S.
Bonifacio I Romano
|
418
|
4
|
9
|
18
|
43.
|
S.
Celestino I Romano
|
423
|
8
|
7
|
2
|
44.
|
S. Sisto
III Romano
|
432
|
7
|
11
|
2
|
45.
|
S. Leone I
Toscano
|
440
|
20
|
11
|
2
|
46.
|
S. Ilario
Sardo
|
461
|
5
|
9
|
29
|
47.
|
S.
Simplicio di Tivoli
|
467
|
15
|
5
|
10
|
48.
|
Felice II
Romano
|
483
|
8
|
11
|
17
|
|
{390[548]}
|
|
|
|
|
49.
|
S. Gelosio
I Africano
|
492
|
4
|
8
|
19
|
50.
|
S.
Anastasio II Rom
|
496
|
1
|
11
|
23
|
51.
|
Simmaco
Sardo
|
498
|
15
|
7
|
27
|
52.
|
S. Ormisda
di Frosinone
|
513
|
9
|
-----
|
10
|
53.
|
S. Giovanni
I Toscano
|
523
|
2
|
9
|
14
|
54.
|
S. Felice
III d'Abruzzo
|
526
|
4
|
2
|
18
|
55.
|
S.
Bonifacio II Rom
|
530
|
2
|
2
|
18
|
56.
|
S. Giovanni
II Rom
|
532
|
2
|
5
|
6
|
57.
|
S. Agapito I
Romano
|
535
|
-----
|
11
|
24
|
58.
|
S. Silverio
di Campagna
|
536
|
4
|
-----
|
-----
|
59.
|
S. Vigilio
Romano
|
540
|
15
|
6
|
-----
|
60
|
S. Pelagio
I Romano
|
556
|
3
|
10
|
18
|
61
|
S. Giovanni
III Rom
|
559
|
12
|
11
|
16
|
62.
|
S.
Benedetto I Romano
|
573
|
4
|
2
|
17
|
63.
|
S. Pelagio
11 Romano
|
577
|
12
|
2
|
27
|
64.
|
S. Gregorio
I Romano
|
590
|
13
|
3
|
10
|
65.
|
Sabiniano
Toscano
|
604
|
-----
|
5
|
19
|
66.
|
Bonifacio
III Romano
|
605
|
-----
|
8
|
23
|
67.
|
Bonifacio
IV Valeriano
|
606
|
6
|
8
|
13
|
68.
|
Diodato I
Romano
|
614
|
2
|
11
|
26
|
69.
|
Bonifacio V
Napolitano
|
617
|
7
|
10
|
1
|
70
|
Onorio I
Capuano
|
627
|
12
|
4
|
4
|
71.
|
Severino
Romano
|
639
|
-----
|
2
|
4
|
72.
|
Giovanni IV
Dalmatica
|
640
|
1
|
6
|
6
|
73.
|
Teodoro I
Greco
|
641
|
8
|
3
|
20
|
74.
|
S. Martino
I da Todi
|
649
|
5
|
4
|
12
|
75.
|
Eugenio I
Romano
|
654
|
-----
|
6
|
-----
|
76.
|
Vitiliano
da Segna
|
656
|
14
|
5
|
28
|
77.
|
Diodato II
Romano
|
669
|
7
|
2
|
17
|
78.
|
Dono I
Romano
|
676
|
1
|
5
|
16
|
|
{391[549]}
|
|
|
|
|
79.
|
Agatone
Siciliano
|
678
|
3
|
6
|
25
|
80.
|
S. Leone II
Siciliano
|
682
|
1
|
8
|
8
|
81.
|
Benedetto
II Romano
|
684
|
1
|
11
|
-----
|
82.
|
Giovanni V
Antiocheno
|
685
|
1
|
11
|
-----
|
83.
|
Canone
Trace
|
686
|
-----
|
11
|
23
|
84.
|
Sergio I
Antiocheno
|
687
|
13
|
10
|
14
|
85.
|
Giovanni VI
Greco
|
701
|
3
|
2
|
12
|
86.
|
Giovanni
VII Greco
|
705
|
2
|
7
|
17
|
87.
|
Sisinio
Soriano
|
708
|
-----
|
-----
|
20
|
88.
|
Costantino
Soriano
|
708
|
6
|
1
|
2
|
89.
|
S. Gregorio
II Romano
|
714
|
16
|
8
|
20
|
90.
|
Gregorio
III Soriano
|
731
|
10
|
9
|
10
|
91.
|
S. Zaccaria
Greco
|
741
|
10
|
3
|
10
|
92.
|
Stefano II
Romano
|
752
|
-----
|
-----
|
3
|
93.
|
Stefano III
Romano
|
752
|
5
|
-----
|
20
|
94.
|
Paolo I
Romano
|
757
|
10
|
10
|
-----
|
95.
|
Stefano IV
Siciliano
|
767
|
3
|
3
|
27
|
96.
|
Adriano I
Romano
|
772
|
23
|
10
|
17
|
97.
|
Leone III
Romano
|
795
|
20
|
5
|
19
|
98.
|
Stefano V Romano
|
815
|
1
|
7
|
3
|
99.
|
Pasquale I
Romano
|
817
|
7
|
3
|
26
|
100.
|
Eugenio II
Romano
|
824
|
3
|
2
|
23
|
101.
|
Valentino
Romano
|
327
|
-----
|
1
|
10
|
102.
|
Gregorio IV
Romano
|
827
|
16
|
4
|
-----
|
103.
|
Sergio II
Romano
|
844
|
3
|
1
|
2
|
104.
|
Leone IV
Romano
|
817
|
8
|
3
|
5
|
105.
|
Benedetto
III Romano
|
855
|
2
|
6
|
20
|
106.
|
Nicolò I
Romano
|
858
|
9
|
6
|
20
|
107.
|
Adriano II Romano
|
867
|
4
|
10
|
17
|
108.
|
Giovanni
VIII Romano
|
872
|
10
|
-----
|
2
|
|
{392[550]}
|
|
|
|
|
109.
|
Martino II
di Galles
|
882
|
1
|
-----
|
20
|
110.
|
Adriano III
Romano
|
884
|
1
|
3
|
19
|
111.
|
Stefano VI
Romano
|
885
|
9
|
-----
|
-----
|
112.
|
Formoso
Portughese
|
891
|
6
|
6
|
-----
|
113.
|
Stefano VII
Romano
|
897
|
3
|
-----
|
-----
|
114.
|
Romano di
Monte Fiascone
|
900
|
-----
|
4
|
-----
|
115.
|
Teodoro II
Romano
|
901
|
-----
|
-----
|
20
|
116.
|
Giovanni IX
di Tivoli
|
901
|
3
|
-----
|
15
|
117.
|
Benedetto
IV Romano
|
905
|
2
|
-----
|
-----
|
118.
|
Leone V
Ardeate
|
907
|
2
|
-----
|
-----
|
119.
|
Cristoforo
Romano
|
909
|
-----
|
1
|
10
|
120.
|
Sergio III
Romano
|
909
|
-----
|
7
|
-----
|
121.
|
Anastasio
III Romano
|
910
|
3
|
4
|
-----
|
122.
|
Lando di
Sabina
|
913
|
-----
|
7
|
-----
|
123.
|
Giovanni X
Romano
|
914
|
13
|
-----
|
-----
|
124.
|
Leone VI
Romano
|
927
|
-----
|
6
|
15
|
125.
|
Stefano
VIII Romano
|
928
|
2
|
1
|
15
|
126.
|
Giovanni XI
Romano
|
931
|
4
|
10
|
-----
|
127.
|
Leone VII
Romano
|
936
|
1
|
6
|
-----
|
128.
|
Stefano IX
Tedesco
|
939
|
3
|
4
|
5
|
129.
|
Martino III
Romano
|
943
|
3
|
4
|
15
|
130.
|
Agapito II
Romano
|
946
|
9
|
7
|
10
|
131.
|
Giovanni
XII Romano
|
956
|
9
|
-----
|
-----
|
132.
|
Benedetto V
Romano
|
964
|
1
|
-----
|
-----
|
133.
|
Giovanni
XIII Rom.
|
965
|
6
|
11
|
5
|
134.
|
Dono II
Romano
|
972
|
-----
|
3
|
-----
|
135.
|
Benedetto
VI Romano
|
972
|
1
|
3
|
-----
|
136.
|
Benedetto
VII Romano
|
975
|
9
|
-----
|
-----
|
137.
|
Giovanni
XIV Pavese
|
984
|
1
|
-----
|
-----
|
|
{393[551]}
|
|
|
|
|
138.
|
Giovanni XV
Romano
|
985
|
10
|
4
|
12
|
139.
|
Gregorio V
Sassone
|
996
|
2
|
8
|
6
|
140.
|
Silvestro
II Francese
|
999
|
4
|
2
|
-----
|
141.
|
Giovanni X
VI Rom.
|
1003
|
-----
|
5
|
-----
|
142.
|
Giovanni
XVII Rom
|
1003
|
5
|
7
|
-----
|
143.
|
Sergio IV
Romano
|
1009
|
2
|
8
|
15
|
144.
|
Benedetto
VIII Rom
|
1011
|
12
|
-----
|
-----
|
145.
|
Giovanni XV
III Rom
|
1024
|
9
|
8
|
-----
|
146.
|
Benedetto
IX Romano
|
1033
|
10
|
-----
|
-----
|
147.
|
Gregorio VI
Romano
|
1043
|
2
|
8
|
-----
|
148.
|
Clemente II
Sassone
|
1046
|
-----
|
9
|
12
|
149.
|
Damaso II Bavaro
|
1048
|
-----
|
-----
|
13
|
150.
|
S. Leone IX
Francese
|
1048
|
5
|
2
|
7
|
151.
|
Vittore II
di Svezia
|
1055
|
2
|
6
|
-----
|
152.
|
Stefano X
di Lorena
|
1057
|
-----
|
-----
|
8
|
153.
|
Nicola, II
di Savoia
|
1058
|
2
|
6
|
-----
|
154.
|
Alessandro
II Milanese
|
1061
|
11
|
6
|
-----
|
155.
|
S. Gregorio
VII Toscano
|
1073
|
12
|
1
|
3
|
156.
|
Vittore 111 di
Benevento
|
1086
|
1
|
3
|
21
|
157.
|
Urbano II
Francese
|
1087
|
11
|
4
|
18
|
158.
|
Pasquale II
Toscano
|
1099
|
18
|
5
|
4
|
159.
|
Gelasio II
Napolitano
|
1118
|
1
|
-----
|
4
|
160.
|
Callisto II
Francese
|
1119
|
5
|
10
|
15
|
161.
|
Onorio II
Bolognese
|
1124
|
5
|
-----
|
17
|
162.
|
Innocenzo II
Romano
|
1130
|
13
|
7
|
13
|
163.
|
Celestino II
dell’Umbria
|
1143
|
-----
|
5
|
13
|
164.
|
Lucio II
Bolognese
|
1144
|
-----
|
9
|
14
|
|
{394[552]}
|
|
|
|
|
165.
|
Eugenio III
Pisano
|
1145
|
8
|
4
|
13
|
166.
|
Anastasio IV
Romano
|
1153
|
1
|
4
|
24
|
167.
|
Adriano IV
Inplese
|
1154
|
4
|
8
|
29
|
168.
|
Alessandro III
Siennese
|
1159
|
21
|
11
|
21
|
169.
|
Lucio III
Lucchese
|
1181
|
4
|
2
|
18
|
170.
|
Urbano III
Milanese
|
1185
|
1
|
10
|
25
|
171.
|
Gregorio VIII
di Benevento
|
1187
|
-----
|
2
|
-----
|
172.
|
Clemente III
Romano
|
1188
|
3
|
2
|
10
|
173.
|
Celestino III
Romano
|
1191
|
6
|
8
|
28
|
174.
|
Innocenzo III
Romano
|
1197
|
18
|
5
|
9
|
175.
|
Onorio III
Romano
|
1216
|
10
|
8
|
-----
|
176.
|
Gregorio IX
Romano
|
1227
|
14
|
3
|
-----
|
177.
|
Celestino IV
Romano
|
1241
|
-----
|
-----
|
16
|
178.
|
Innocenzo IV
Genovese
|
1243
|
11
|
5
|
14
|
179.
|
Alessandro IV
Romano
|
1254
|
6
|
4
|
4
|
180.
|
Urbano IV
Francese
|
1261
|
2
|
1
|
22
|
181.
|
Clemente IV
Francese
|
1265
|
3
|
9
|
25
|
182.
|
Gregorio X
Piacentino
|
1273
|
4
|
4
|
10
|
183.
|
Innocenzo V
Francese
|
1276
|
-----
|
5
|
5
|
184.
|
Adriano V
Genovese
|
1276
|
-----
|
-----
|
29
|
185.
|
Giovanni XIX
Portughese
|
1276
|
-----
|
8
|
9
|
186.
|
Nicolò III
Romano
|
1277
|
2
|
9
|
2
|
187.
|
Martino IV
Francese
|
1281
|
4
|
1
|
7
|
188.
|
Onorio IV
Romano
|
1285
|
2
|
1
|
-----
|
189.
|
Nicolò IV
d'Ascoli
|
1288
|
4
|
1
|
14
|
190.
|
S. Celestino V
d'Isernia
|
1294
|
-----
|
5
|
8
|
|
{395[553]}
|
|
|
|
|
191.
|
Bonifacio VIII
Rom
|
1294
|
8
|
9
|
18
|
192.
|
B. Benedetto XI
di Treviso
|
1303
|
-----
|
8
|
17
|
193.
|
Clemente V
Francese trasferì la s. Sede in Avignone
|
1305
|
8
|
10
|
5
|
194.
|
Giovanni XX
Francese
|
1316
|
18
|
3
|
18
|
195.
|
Benedetto XII
Francese
|
1334
|
7
|
4
|
6
|
196.
|
Clemente VI
Francese
|
1342
|
10
|
6
|
10
|
197.
|
Innocenzo VI
Francese
|
1352
|
9
|
8
|
20
|
198.
|
Urbano V
Francese
|
1362
|
8
|
1
|
23
|
199.
|
Gregorio XI
Francese restituì la s. Sede in Roma
|
1370
|
8
|
-----
|
-----
|
200.
|
Urbano VI
Napolitano
|
1378
|
11
|
6
|
6
|
201.
|
Bonifacio IX
Napol
|
1389
|
14
|
11
|
-----
|
202.
|
Innocenzo VII
Napol
|
1404
|
2
|
-----
|
21
|
203.
|
Gregorio XII Venez
|
1406
|
2
|
6
|
14
|
204.
|
Alessandro V
Francese
|
1409
|
-----
|
10
|
8
|
205.
|
Giovanni XXI
Napol
|
1410
|
5
|
-----
|
5
|
206.
|
Martino V
Romano
|
1417
|
13
|
3
|
10
|
207.
|
Eugenio IV
Veneziano
|
1431
|
15
|
11
|
10
|
208.
|
Nicolò V di
Sarzana
|
1447
|
8
|
-----
|
19
|
209.
|
Callisto III
Spagnuolo
|
1455
|
3
|
5
|
29
|
210.
|
Pio II
Siennese
|
1458
|
5
|
11
|
27
|
211.
|
Paolo II
Veneziano
|
1464
|
6
|
10
|
20
|
212.
|
Sisto IV
Francese
|
1471
|
13
|
-----
|
5
|
213.
|
Innocenzo VIII
Genov
|
1484
|
7
|
10
|
17
|
214.
|
Alessandro YI
Spagn
|
1492
|
11
|
-----
|
8
|
215.
|
Pio III
Siennese
|
1503
|
-----
|
-----
|
26
|
|
{396[554]}
|
|
|
|
|
216.
|
Giulio II
Savonese
|
1503
|
9
|
3
|
20
|
217.
|
Leone X
Fiorentino
|
1513
|
8
|
8
|
20
|
218.
|
Adriano VI
Olandese
|
1522
|
1
|
8
|
6
|
219.
|
Clemente VIII
Fioren
|
1523
|
10
|
10
|
7
|
220.
|
Paolo III
Romano
|
1534
|
15
|
-----
|
28
|
221.
|
Giulio III
Romano
|
1550
|
5
|
3
|
16
|
222.
|
Marcello II di
Monte Pulciano
|
1555
|
-----
|
-----
|
21
|
223.
|
Paolo IV
Napolitano
|
1555
|
4
|
2
|
24
|
224.
|
Pio IV
Milanese
|
1559
|
5
|
11
|
15
|
225.
|
S. Pio V
Piemontese
|
1566
|
8
|
3
|
24
|
226.
|
Gregorio XIII
Bolognese
|
1572
|
12
|
10
|
29
|
227.
|
Sisto V di
Montalto
|
1583
|
5
|
4
|
3
|
228.
|
Urbano VII
Romano
|
1590
|
-----
|
-----
|
12
|
229.
|
Gregorio XIV
Milan
|
1590
|
-----
|
10
|
10
|
230.
|
Innocenzo IX
Bologn
|
1591
|
-----
|
2
|
-----
|
231.
|
Clemente VIII
Fior
|
1592
|
13
|
1
|
3
|
232.
|
Leone XI
Fiorentino
|
1605
|
-----
|
------
|
26
|
233.
|
Paolo V Romano
|
1605
|
15
|
8
|
12
|
234.
|
Gregorio XV
Bolognese
|
1620
|
2
|
5
|
-----
|
235.
|
Urbano VIII
Fiorent.
|
1625
|
20
|
11
|
22
|
236.
|
Innocenzo X
Romano
|
1644
|
10
|
4
|
12
|
237.
|
Alessandro VII
Sien.
|
1655
|
12
|
1
|
16
|
238.
|
Clemente IX
Pistoiese
|
1667
|
9
|
5
|
22
|
239.
|
Clemente X
Romano
|
1670
|
6
|
2
|
23
|
240.
|
Innocenzo XI
di Como
|
1676
|
12
|
10
|
10
|
241.
|
Alessandro VIII
Ven
|
1689
|
1
|
3
|
26
|
242.
|
Innocenzo XII
Napol
|
1691
|
9
|
2
|
15
|
243.
|
Clemente XI di
Urbino
|
1700
|
20
|
3
|
26
|
|
{397[555]}
|
|
|
|
|
244.
|
Innocenzo XIII
Rom
|
1721
|
2
|
9
|
28
|
245.
|
Benedetto XIII
Rom.
|
1724
|
5
|
8
|
23
|
246.
|
Clemente XII
Fiorent.
|
1730
|
9
|
6
|
25
|
247.
|
Benedetto XIV
Bol
|
1740
|
17
|
9
|
26
|
248.
|
Clemente XIII
Ven
|
1758
|
10
|
6
|
27
|
249.
|
Clemente XIV
di s. Angelo
|
1768
|
5
|
4
|
3
|
250.
|
Pio VI di
Cesena
|
1775
|
24
|
6
|
16
|
251.
|
Pio VII di
Cesena
|
1800
|
23
|
5
|
6
|
252.
|
Leone XII
della Genga
|
1823
|
5
|
4
|
12
|
253.
|
Pio VIII di
Cingoli
|
1829
|
1
|
8
|
-----
|
254.
|
Gregorio XVI
di Belluno
|
1831
|
Fel. regn.
|
FINE
---------------
Con
permissione {398[556]}