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  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

FATTI AMENI DELLA VITA DI PIO IX RACCOLTI DA PUBBLICI DOCUMENTI

 

Opera quae ego facio testimonium perhibent de me. (IOAN. V, 36).

Le opere che io fo rendono di me testimonianza.

 

TORINO

TIP. DELL'ORATORIO DI S. FRANC. DI SALES

1871. {1 [51]}

 

PROPRIETÀ DELL’EDITORE.

 

 

 

 

INDEX

Al lettore  4

I. Pio IX prima del suo pontificato. 4

II. Pio IX e gli orfanelli. 5

III. Pio IX e la comparsa di una colomba. 6

IV. Carità del cardinale Mastai. 6

V. Elezione di Pio IX. 7

VI. Pio IX e il giorno della prima sua messa. 9

VII. Pio IX all'altare. 9

VIII. Il viatico dell'esule. 10

IX. Divozione di Pio IX a Maria. 11

X. Divozione di Pio IX a Maria ss. Immacolata. 12

XI. Gloria tributata a Maria Immacolata da papa Pio IX. 13

XII. Preghiera da recitarsi nelle presenti circostanze. 15

XIII. La Madonna di Pio IX. 15

XIV. Pio IX protetto da Maria. 15

XV. Pio IX e sue oblazioni ai santuarii di Maria. 17

XVI. Divozione di Pio IX a Maria Ausiliatrice in Torino. 17

XVII. Amore di Pio IX pei fanciulli. 18

XVIII. Un poverello premiato dal Papa. 18

XIX. Pio IX al Sacro Cuore in Roma. 18

XX. Lettera di un poverello al Papa. 19

XXI. Il piccolo peruviano consol. da Pio IX. 20

XXII. Pio IX benedice i fanciulli. 20

XXIII. Lettera di un fanciullo. 21

XXIV. Prima comunione di una villanella. 22

XXV. Prima comunione delle bambine Fischer. 22

XXVI. Amore dei fanciulli a Pio IX. 24

XXVII. I premi donati al Papa. 24

XXVIII. Offerta dei poveri orfanelli al Papa. 25

XXIX. Il bambino caritatevole. 25

XXX. Prima messa di Pio IX. 26

XXXI. Altre prove del suo affetto ai poveri. 27

XXXII. Pio IX Padre del popolo. 27

XXXIII. Il Papa e il regalo di un cavallo. 28

XXXIV. L'insalata di Sisto V e l'elisire di Pio IX. 28

XXXV. Il padre dei poveri. 30

XXXVI. Bontà di Pio IX per gli ebrei. 30

XXXVII. Pio IX e il povero pellegrino. 31

XXXVIII. Pio IX e sua bontà ineffabile. 31

XXXIX. Pio IX e i colerosi. 32

XL. Memorie di un coscritto. 32

XLI. Il carnevale santificato. 34

XLII. Il divertimento del Papa. 34

XLIII. Pio IX e la paralitica. 34

XLIV. Pio IX e sua bontà coi peccatori. 34

XLV. Pio IX e la peccatrice morente. 35

XLVI. Pio IX e i prigionieri. 35

XLVII. Conversione d'un gran peccatore. 35

XLVIII. Pio IX e suo spirito di preghiera. 36

XLIX. Bisogna pregare pel Papa. 37

L. Pio IX e la sua fiducia in Dio. 38

LI. Dopo la battaglia di Solferino. 38

LII. L'arma del Papa. 39

LIII. La Politica di Pio IX. 40

LIV. Consiglio del Papa ai predicatori della quaresima. 40

LV. Due serve di Dio glorificate da Pio IX. 41

LVI. Severa rimostranza. 41

LVII. Pio XI oratore. 42

LVIII. Pio IX con Luigi Veuillot. 43

LIX. Pio IX e i vescovi della Polonia. 44

LX. I sacerdoti polacchi ai piedi di Pio IX. 45

LXI. Amore dei polacchi a Pio IX. 47

LXII. L'obolo dei preti polacchi. 48

LXIII. L'eletto di Dio. 49

LXIV. Una vendetta di Pio IX. 50

LXV. Insorti disarmati. 50

LXVI. Perdono evangelico. 51

LXVII. Pio IX offre la vita pe'suoi nemici. 51

LXVIII. La casa paterna di Pio IX. 51

LXIX. Le Immagini della madre di Pio IX   52

LXX. Pio IX e suo fratello di latte. 53

LXXI. Pio IX fra i vescovi. 53

LXXII. Il più accessibile dei sovrani. 54

LXXIII. Le lagrime di compassione. 55

LXXIV. Il pane del soldato. 55

LXXV. Pio IX col basso popolo. 56

LXXVI. Il bicchiere d'acqua fresca. 57

LXXVII. I presciutti offerti al Papa. 57

LXXVIII. Vera popolarità. 58

LXXIX. La donna centenaria e Pio IX. 59

LXXX. Buon umore di Pio IX. 59

LXXXI. La barca di s. Pietro. 59

LXXXII. Pio IX e il breviario del curato di campagna. 60

LXXXIII. Giovialità del Papa. 60

LXXXIV. La cannonata di Pio IX. 60

LXXXV. Motti spiritosi di Pio IX. 61

LXXXVI. Il buon capo d'anno a Pio IX. 62

LXXXVII. Il danaro della vedova. 62

LXXXVIII. La questua del Papa. 62

LXXXIX. Tutte le fibbie al Papa. 63

XC. La doppia d'oro d'un pazzo. 63

XCI. Generosità di Pietro il mendicante. 64

XCII. L'anello nuziale. 65

XCIII. Consolantissima conversione. 65

XCIV. Gli irlandesi. 66

XCV. I canarini del Papa. 66

XCVI. Carità di Pio IX. 66

XCVII. I soldati francesi al Vaticano. 68

XCVIII. Generosità del Papa. 69

CIX. Il rosario dell'armata. 69

C. Preghiera pei soldati defunti. 69

CI. Messa celebrata dal Papa per un soldato francese. 70

CII. Pio IX preconizzato da sante religiose. 70

CIII. Pio IX profetizzato da Pio VII. 71

CIV. Guarigione miracolosa. 72

CV. Quanto giovi la benedizione del s. Padre. 72

CVI. Pio IX e il medico protestante. 73

CVII. La calotta di Pio IX. 73

CVIII. Virtù dell'immagine di Pio IX. 74

CIX. Efficacia della parola del Papa. 75

CX. Pio IX e i giovani degli oratori di Torino. 75

CXI. Sentimenti del S. Padre a favore di detta offerta. 76

CXII. Solennità delle corone. 77

CXIII. Un fatto di Pio IX inudito nei fasti della Chiesa. 78

CXIV. Il Giubileo pontificale del 16 Giugno del 1871. 79

CXV. Il ventitre di Agosto. 80

CXVI. Alcuni atti benefici di Pio IX. 81

CXVII. Punizione istantanea di alcuni bestemmiatori. 82

Appendice  83

Indice. 89

 


Al lettore

 

            Crediamo fare cosa grata ai nostri Lettori col pubblicare una raccolta di fatti ameni della vita dell'immortale Pio IX. Mentre faranno in modo straordinario risplendere la bontà e la carità incomparabile del suo cuore, faranno eziandio ad evidenza conoscere come la nostra santa religione guidi l'uomo alla suprema felicità del cielo, e nel tempo stesso sia socievole, utile materialmente nè vi abbia infortunio umano cui essa non intervenga per soccorrere l'infelice, consolare l'afflitto, illuminarlo nella dubbiezza della {3 [53]} vita e sostenerlo nella sventura. Questa cosa noi ammireremo nei fatti che verremo esponendo. Essi vennero raccolti particolarmente dalle opere cui è titolo Spirito e Cuore di Pio IX del P. Hughet[1]: Roma e Pio IX del Balehidier: La parola di Pio IX, Roma nel 1848-49 e da altri accreditati autori o da rinomati periodici.

            Se malgrado la diligenza usata nello esporre le cose colla massima esattezza fosse sfuggito qualche parola non secondo la verità e non conforme ai principi di nostra santa cattolica religione o non abbastanza decorosa al supremo Gerarca della Chiesa preghiamo {4 [54]} il lettore a considerarlo come non detto e non scritto, pronti a rettificar qualunque cosa venisse suggerita parer tornar a maggior gloria di Dio e ad onore del padre comune dei credenti.

            Dio ci conservi costanti in questa nostra santa religione e ci conceda l'abbondanza di sue grazie per poterla praticare con fedeltà fino agli ultimi respiri della vita, per andare di poi al possesso di quella immensa felicità che ci promette nel cielo, così sia.

 

Per la redazione

Sac. Gio. Bosco. {5 [55]}

 

 

I. Pio IX prima del suo pontificato.

 

            Giovanni Maria Mastai, gloriosamente regnarne sotto il nome di Pio IX, nacque il 13 maggio 1792 a Sinigaglia, città delle Romagne. Suo padre era il conte Girolamo Mastai, la cui famiglia è una delle più antiche e meritamente più stimate del paese. Dal casato della moglie aggiunse il nome di Ferretti a quello di Mastai. Il conte Mastai-Ferretti, padre del vivente pontefice, era gonfaloniere, o sindaco di Sinigaglia, nel tempo dell'invasione francese verso la fine del secolo passato. Ma la pia madre del giovanetto {7 [57]} Gianmaria metteva la religione in cima di tutti i suoi pensieri, e senza farsi troppo sollecita cura dell'avvenire più o meno splendido, che i suoi figliuoli potrebbero occupare un giorno nella società, procurava piuttosto d'inspirar loro una vera e soda pietà, con grande zelo per la causa di Dio, ed un ardente amore verso i poverelli.

            Quando Gioanni Maria Mastai fu ordinato sacerdote a Roma, si consacrò intieramente alle opere più umili del sacro ministero.

            Il giovane sacerdote era ciò, che Pio IX non cessò mai di essere: l'amico dei poveri, il padre degli infelici.

            In questo tempo l'abate Mastai unito coll'abate Muri fece fiorire uno de'più poveri ospizi romani detto Tata Gioanni, dal nome di un capomastro che l'aveva fondato in favore dei muratori poveri e malati. L'abate Mastai favoriva tutte le opere buone, viveva coi poveri e divideva con essi i suoi beni e mostravasi veramente loro fratello ed amico. {8 [58]}

 

 

II. Pio IX e gli orfanelli.

 

            Una virtù che primeggia in tutta la vita di Pio IX è la carità; ed è colla carità che cominciò il suo ministero sacerdotale. Ciò diede in modo particolare a conoscere nel mentovato orfanotrofio di Tata Gioanni.

            Appunto nella modesta cappelletta di questa casa egli volle celebrare la sua prima Messa. L'istituto era stato cominciato da un virtuoso muratore Tata Gioanni (padre Giovanni) dal che gli venne tal nome, e conteneva circa cento piccoli orfanelli. L'abate Mastai era per essi un vero padre: spendeva tutti i suoi danari per procurar loro vesti migliori, un nutrimento più sano, ed eziandio piacevoli ricreazioni ed innocenti gioie. Egli stesso era molto allegro e stimavasi felice di procurare qualche piacere e un poco di felicità a que'poveri piccini abbandonati. Poco tempo fa passando il Papa in una delle sue passeggiate insieme con un {9 [59]} prelato di casa sua presso un muro diroccato disse: «Sono io che feci rovinare questo muro; cercava dappertutto un giardino che servisse di passeggiata pei nostri fanciulli, e non ne trovava da nessuna parte, eravi lì una casa che mi apparteneva, io la feci abbattere e così ebbi il mio giardino.»

            È inutile il dire quanto fosse amato da tutti que'fanciulli. Un povero ciabbattino, che fu uno de'suoi orfanelli, ne parla così: «Quando il cardinale Mastai divenne Sommo Pontefice, io, e gli antichi altri allievi abbiamo detto: Questi è il Papa nostro! Questi è il Papa de'poveri abbandonati... Mi ricordo sempre del luogo che occupai durante otto anni all'angolo di una delle tavole del refettorio di Tata Gioanni; siccome non ero de'più silenziosi, nè de'più puliti, l'abate Mastai si fermava sovente per tirarmi le orecchie; ma piuttosto per accarezzarmi, che per castigarmi... Pare che padre Gioanni nella sua qualità di muratore avesse la mano più pesante, {10 [60]} senza notare che una verga si trovava talvolta pronta in un angolo della camera.» Lo stesso calzolaio aggiunge: «Io assistei in Tata Gioanni ad una delle più commoventi scene della mia vita. Era la sera di un giorno d'estate. Dopo un soggiorno di sette anni in questo ospizio l'abate Mastai doveva lasciarci, perchè era stalo destinato a far parte di una missione in America. Noi non lo sapevamo neanco ed il momento della partenza già era arrivato. Avevamo osservato che lungo tutto il pranzo egli non aveva profferito parola. Quando noi eravamo pronti ad uscire da tavola, dopo aver recitata la preghiera di ringraziamento, egli ci fece segno di sedere di nuovo, e poi ci annunziò la trista novella. A quelle parole un grido di dolore scoppiò da una parte all'altra del refettorio. Di cento ventidue, che eravamo, non ve ne fu uno che non abbia pianto. In un istante tutti abbandonammo i nostri luoghi per gettarci fra le sue braccia. Gli uni baciavano le sue mani, gli altri si stringevano alle sue vestimenta; e {11 [61]} coloro, che non potevano toccarlo, lo chiamavano co'più teneri nomi e lo supplicavano a non volerli abbandonare. Chi ci consolerà?... chi ci aiuterà?... ripetevamo tra il pianto ed i singhiozzi. Egli rimase così commosso alla vista della nostra disperazione, che rompendo anch'egli in pianto, stringeva al seno i più vicini. Non avrei mai creduto, disse loro, che la nostra separazione fosse così dolorosa! Allora si strappò di mezzo a noi e corse precipitosamente verso la sua camera; ma tentò invano di chiuderne la porta, perchè noi vi entrammo subito dopo di lui. Quella sera nessuno voleva andare a dormire... Egli indirizzando la parola or all'uno, or all'altro, ci raccomandò il lavoro, la sommessione a coloro che dovevano tener le sue veci, l'amor di Dio e de'nostri simili, 1'adempimento de'proprii doveri, e la benevolenza a tutti gli infelici.

            «Il giorno spuntò e noi udimmo fermarsi avanti alla porta una vettura che doveva toglierci il nostro benefattore... {12 [62]} Un'ora dopo noi eravamo orfani per la seconda volta.»

            Il povero calzolaio terminando questo racconto si rasciugava col dorso della mano le lagrime. Un giorno parlarono al Santo Padre di quel buon uomo, egli sorrise udendo che uno de'suoi antichi orfanelli riconosceva in Pio IX l'abate Mastai e disse: Egli avrà bisogno di una piccola memoria. E il domani gli fece portare una medaglia d'oro che il buon artigiano coperse di baci, e che conserva oggidì come una reliquia preziosa. Un giorno in cui l'abate Mastai andava da Valpariso a Lima sopra un battello del Chili fu sorpreso da violenta tempesta. Il bastimento stava per urtare contro le rupi, quando fu avvicinato da una barca che conduceva alcuni negri sotto la direzione di un povero pescatore chiamato Bako. Bako andò a bordo del bastimento chilese e mettendosi al posto del pilota riusci, grazie alla gran pratica di quelle acque, a farlo entrare nel porto di Arica. Il domani l'abate Mastai-Ferretti si recava {13 [63]} alla capanna del suo liberatore, e per testificargli la sua riconoscenza gli lasciava una borsa contenente 2000 franchi. I cuori generosi non dimenticano mai un benefizio ricevuto, e Pio IX innalzato all'onore delle Somme chiavi si ricordò del povero pescatore Bako e gli mandò il suo ritratto con una somma uguale alla prima. Ma gli antichi danari avevano fruttificato, e Bako era divenuto ricco. Profondamente commosso della bontà del Santo Padre fece costrurre una cappella vicino al mare nel luogo più appariscente della sua abitazione e vi mise l'immagine del santo ed amatissimo Pontefice.

 

 

III. Pio IX e la comparsa di una colomba.

 

            Un viaggiatore scriveva nel 1849. Straordinari pronostici avevano preceduto l'acclamazione spontanea ed unanime di Pio IX quando egli parti da Imola per recarsi al conclave nella sua vettura condotta da cavalli di posta. {14 [64]} Una vettura che arriva fa sempre in Italia un grande effetto, ed i viaggiatori sono tosto circondati dalla folla. La vettura adunque del cardinale, che andava a Roma, e che poteva divenir Papa era un vero avvenimento. Ora accadde che in una piccola città delle Marche la vettura del cardinale Mastai fu circondata da una grande folla. Mentre il popolo considerava la persona del cardinale e tutti gli sguardi erano fìssi sopra di lui, una bianca colomba che attraversava l'aria si arrestò tutto ad un tratto e si pose sopra la sua vettura...

            Tutto il popolo a quella vista fece un gran battimano e tutti gridavano: Evviva! Evviva! Egli sarà Papa. Egli sarà Papa. Molte elezioni di pontefici ne'primi secoli furono miracolosamente contraddistinte col segno della colomba.

            Le grida di gioia si raddoppiarono. Si fece tutto ciò che si potè per ispaventare quell'uccello, ma invano, che la colomba rimase immobile. Essa continuò a riposarsi sopra l'eletto del Signore. {15 [65]} In quel momento uno prese un lungo giunco, la percosse pian piano; per un momento parve ch'ella cedesse a quella violenza, ma tosto, dopo essersi sollevata alquanto nell'aria, ridiscese con un rapido volo sulla vettura e vi si riposò di nuovo tranquilla e sicura. Allora l’entusiasmo fu al colmo. Ciascuno gridava: Viva, Evviva, ei sarà Papa, ed era un'ebbrezza di gioia indicibile.

            Ma già i cavalli erano attaccati alla carrozza e i postiglioni preparati; la vettura parti. Malgrado gli schiamazzi degli astanti, delle ruote, i nitriti de'cavalli, lo schioppettare delle fruste, la colomba sta sempre al suo luogo e pare che cammini verso Roma con un futuro Papa. Ognuno segue correndo la vettura sino alle porte della città. Là soltanto la colomba abbandona la vettura e vola a riposarsi proprio sulla porta della prigione in cui erano chiusi parecchi detenuti politici. Pochi giorni dopo, l'elezione del cardinale Mastai e 1'amnistia rivelarono a tutti gli spettatori di quella {16 [66]} scena maravigliosa, che Pio IX era veramente il pontefice della colomba.

 

 

IV. Carità del cardinale Mastai.

 

            Una vecchia donna potè un giorno arrivare sino al gabinetto del prelato e gettandosi ai suoi piedi lo pregò di darle un soccorso. Monsignor Mastai che donava sovente fino l'ultimo soldo trovavasi quel giorno colla borsa affatto vuota; egli non aveva un baiocco (cinque centesimi) ne'suoi forzieri. Che fare?... Lascierà egli partire quella povera donna senza aiutarla? Tutto ad un tratto un pensiero si presenta alla sua immaginazione. In mancanza di danaro egli può darle qualche oggetto prezioso. - Detto fatto, si dirige verso il cassettone contenente la sua argenteria e, mettendo un piatto in mano della supplicante, tutta maravigliata alla vista di una sì grande beneficenza, presto, presto prendete, le disse con dolcezza, portatelo al Monte di Pietà, andrò poi a ritirarlo {17 [67]} quando potrò. La sera l'intendente el palazzo, che non era a parte del segreto di quella buona opera, dopo molte infruttuose ricerche, prese la risoluzione di annunziare al suo padrone con un'aria costernata, che nella casa eranvi de'ladri, poichè un piatto d'argento era sparito. Al sorriso del prelato ed a questa parola che lasciossi sfuggire: «Siate tranquillo, amico mio, Dio ne ha disposto!» egli comprese tutto, e non si diede più pensiero di cercare il ladro. Ma come vecchio servidore, molto sollecito delle cose del padrone, e che già molte altre volte erasi indegnato di quelle, come ei le chiamava, sciocche prodigalità della sua beneficenza, intraprese di fare un sermoncino al vescovo. La sua eloquenza non fu abbastanza persuasiva, poichè pochi giorni dopo un altro oggetto prezioso mancava al palazzo episcopale. Erano i candelabri d'argento, che ornavano il camino del vescovo. Un rispettabile abitante di Imola che trovavasi in un estremo imbarazzo per un pagamento, che doveva {18 [68]} eseguire, erasi indirizzato al cardinale, ed anche quella volta la sua borsa trovavasi vuota.

            «Di che somma avete voi bisogno? avevagli domandato il prelato.

            «Quaranta scudi (circa duecento franchi) eragli stato risposto.

            «Non ho un sol baiocco, diss'egli, ma prendete questi candelabri, vendeteli, forse ne ritrarrete ciò, di cui avete bisogno.»

            Monsignor Mastai credette che la cosa fosse semplicissima e che bastasse a cavarsi d'impaccio in subire una sgridata dal suo sopraintendente. Ma non fu così.

            L'orefice a cui i candelieri furono portati li riconobbe come appartenenti al cardinale Mastai. E affidando la custodia del venditore a quei di casa sua, corse al palazzo episcopale. Vostra Eminenza disse non è forse stata derubata? No, rispose il cardinale. Pur mi portarono testè due candelabri che mi parvero di V. Eminenza.

            A queste parole il vescovo ricordandosi del dono che aveva fatto pochi {19 [69]} momenti prima fu pago di rispondere: Vi ringrazio, caro amico, della sollecitudine che vi siete data per me; ma non v'inquietate, non mi hanno rubato nulla. E se qualcuno vuole vendervi quei candelieri, se essi vi convengono, accettateli pure. Intanto lo licenziò col suo solito buon garbo.

            L'orefice comprese che vi era un mistero. Ritornato a casa sua, fece un milione d'interrogazioni al venditore, finchè costui fini per confessargli che avendo egli bisogno di 40 scudi si indirizzò al cardinale, il quale in mancanza di danaro gli donò i suoi candelabri.

            L'orefice ritorna al palazzo episcopale: Ehi! dice al cardinale: Eminenza, io so tutto, ecco qui i suoi candelabri, io ho pagato i 40 scudi, ella me li renderà quando potrà.»

 

 

V. Elezione di Pio IX.

 

            La sera del 14 giugno 1846 fu il gran momento in cui i cardinali riuniti nel Quirinale in numero di 50, {20 [70]} videro chiudersi le porte del Conclave.

            Il domani alle nove, dopo la messa dello Spirito Santo, si aprì il primo scrutinio.

            La maggioranza canonica doveva essere di 34 voti. All'apertura delle schede il nome di Lambruschini uscì 15 volte dall'urna. Tredici schede portavano il nome di Mastai, gli altri voti andavano dispersi.

            Lo scrutinio della sera del 15 fu un nuovo trionfo pel cardinale Mastai. Egli aveva guadagnato quattro voti, ed il cardinale Lambruschini ne aveva perduti due.

            Al terzo scrutinio che ebbe luogo il 16 alle ore nove, il nome di Lambruschini non era stato proclamato che undici volte, Mastai invece aveva ottenuto 27 voti. In tal guisa la candidatura dell'arcivescovo d'Imola si formava e si aumentava ad ogni votazione coi voti che venivano mancando al suo concorrente.

            Per una di quelle congiunture che Dio solo sa far nascere nel momento {21 [71]} da lui prefìsso, il cardinale Mastai veniva trascelto dalla sorte ad essere uno de'tre scrutatori incaricati di aprir le schede e di proclamare i voti.

            Mentre il nome di Mastai correva viemaggiormente di bocca in bocca, il suo volto si illuminava, e la più grande impazienza regnava in Roma. Da una parte era l'ansietà delle classi illuminate che un nome era o per rassicurare o per costernare, da un'altra l’astuta e sottile curiosità che si preparava ad indovinare l’esito del conclave. Finalmente era anche la curiosità del popolo, che aspettava il suo primo pastore ed il suo sovrano.

            Per due giorni consecutivi la grande processione del clero romano era andata dalla chiesa de'Santi Apostoli al palazzo Quirinale, indirizzando agli uditori della Rota solennemente riuniti nella cappella quell'importante domanda: Habemus ne Pontificem?

            Due volte la processione se ne era ritornata cantando il Veni Creator, e mostrando così che il Conclave aveva {22 [72]} bisogno del soccorso e de'lumi dello Spirito Santo.

            Per la terza volta le schede erano state bruciate, ed il popolo romano riunito in faccia al Quirinale vedeva innalzarsi una leggiera colonna di fumo, che annunziava che lo scrutinio era nullo, e che la segreta volontà di Dio non erasi ancora manifestata. La pubblica impazienza cresceva di ora in ora; non so qual vago presentimento si fosse impadronito di tutti i cuori, si sarebbe detto che ognuno giudicava che lo scioglimento si approssimava.

            Lo scrutinio di questa sera sarà l'ultimo, aveva mormorato qualcuno, e la folla colse tosto con grande premura quella speranza.

            Essa non erasi ingannata. Alle ore tre si apriva il quarto scrutinio. La più grande emozione regnava nel Conclave, un silenzio più profondo e più solenne che quello che aveva regnato sino a quell'ora in quella santa operazione, erasi impossessato di tutti i cuori. Ciascuno de'membri del Sacro {23 [73]} Collegio si sentiva sotto 1'azione di Dio che stava per manifestare la sua volontà.

            Questa seduta cominciò, come le altre, col canto del Veni Creator, quindi si venne alla scrittura ed al deposito delle schede nel calice. I cardinali incaricati andarono ancora a raccogliere i voti di qualche infermo: essi unironsi coi primi; lo scrutinio era dunque compiuto e lo spoglio delle schede stava per incominciare. In questo momento il silenzio di quell’augusta assemblea, che era già così solenne, si crebbe ancora.

            Tutti gli occhi si portavano alternativamente sopra il calice depositario de'segreti di Dio... e sopra Mastai.

            Egli era ritto presso la tavola dell'estrazione, ove la sorte lo aveva destinato per quel giorno, a'suoi fianchi trovavansi eziandio gli altri due scrutatori. L'uno aveva per uffizio di presentargli le schede, che egli doveva leggere ad alta voce, e l'altro era incaricato di verificarle e di scriverle. {24 [74]}

            Un pallore, frutto di una grande emozione, era sparso su tutta la sua figura: il risultato della prova del mattino aveva spaventato la sua modestia, e quantunque avesse passato in preghiere l'intervallo di tempo fra i due scrutinii, tuttavia non aveva potuto riuscire a calmare quella grande apprensione, che gli agghiacciava il cuore. Al vederlo si sarebbe detto una vittima che presentiva che Dio stava per imporgli un peso di onore e di risponsabilità al quale avrebbe voluto sottrarsi. La stessa necessità di proclamare il suo nome lo commoveva viemaggiormente. Tuttavia bisognava ubbidire... Il nome di Mastai era scritto sul primo bollettino, era scritto sul secondo, sul terzo... Lo scrutatore dovette proclamarlo diciassette volte di seguito senza interruzione... La sua mano tremava e poteva appena sostenere le schede che gli erano presentate... La sua voce tremava più ancora e quando sul diciottesimo biglietto vide ancora il suo nome, i suoi occhi si oscurarono, un turbamento divino si {25 [75]} impadronì di lui, la parola spirò sulle sue labbra.

            Dopo un momento di silenzio un torrente di lagrime si sprigionò da'suoi occhi; supplicò l'assemblea di avergli pietà, e di rimettere ad un altro la cura di leggere il resto de'voti. Mastai dimenticava che uno scrutinio interrotto avrebbe resa nulla l'elezione, ma il Sacro Collegio se ne ricordò.

            «Riposatevi un momento, gli gridarono tutti; calmate la vostra emozione: noi aspetteremo.» Ed intanto parecchi cardinali, lasciate le loro sedie, gli si avvicinarono premurosi e lo fecero sedere. - Intanto Mastai sempre silenzioso e tremante non vedeva niente, non udiva niente, e le lagrime continuavano a sgorgare da'suoi occhi. La prova era stata troppo forte, egli non aveva potuto sopportarla. Cionondimeno dopo qualche momento di riposo ritornò in sè e una nuova forza parve che gli fosse data. Si alzò e sostenuto da due de'suoi colleghi andò sin presso lo scrittoio. L'estrazione finì lentamente ed all'ultima {26 [76]} scheda egli aveva letto il suo nome trentasei volte... L'elezione era dunque stata fatta dai voti, essa fu confermata dalle acclamazioni. Nel momento in cui Mastai finiva di leggere l'ultima scheda, tutti i cardinali si alzarono di uno slancio comune, ed una sola voce risuonava sotto le volte della Cappella Paolina: era il nome di Mastai che tutti insieme proclamavano, tanto coloro che lo avevano inscritto nelle loro schede, quanto quelli che sino a quel punto gli avevano rifiutati i loro voti, i quali commossi da tutto ciò che avevano veduto in quel tesoro di modestia, di sensibilità, e di umiltà della sua propria grandezza nell'eletto de'loro confratelli volevano unirsi ad un'elezione così santa e darle il loro consenso con un atto così autentico e solenne.

            Tale fu l'esito di quest'ultima unione del Conclave che doveva dare a Roma un sovrano, al mondo cattolico un pastore ed un padre. {27 [77]}

 

 

VI. Pio IX e il giorno della prima sua messa.

 

            L'esimio Pontefice predestinato dalla Provvidenza ad esser Padre di tutti i fedeli, cominciò il santo suo ministero in Roma, nell'ospizio Tata-Giovanni, dove si fece padre di poveri figli abbandonati.

            Chi mai potrebbe meritamente enumerare le dimostrazioni di tenerezza e di abnegazione date da quel buon padre ai cari suoi orfanelli per tutto il tempo che stette già in mezzo a loro? La prima sua Messa la celebrò nella chiesa del detto ospizio. Quel santuario era a Lui più bello di tutte le basiliche: era la basilica de'suoi poverelli.

            Il giovine prete prescelto da Dio a cose sì grandi comparve ai piedi del santo altare più simile a un serafino rapito in Dio che ad uom mortale.

            Sino a quel giorno 1'Abate Mastai era stato a quei fanciulli indigenti di {28 [78]} Tata-Giovanni un dolce e caritatevole consigliere. Appena ordinato prete, assunse la direzione dell'ospizio e diventò padre di tutti quei giovani orfanelli e la guida di lor coscienza. La Provvidenza voleva che quella casa, dove avea date tante buone lezioni di virtù quando ei ci vivea da giovanetto e dove avea diffuse le prime grazie di sua vocazione ecclesiastica, ricevesse ancora il primo sacrifizio del suo sacerdozio; voleva che l'homo da lei destinato a un ministero così sublime facesse il suo noviziato in mezzo ai piccoli ed ai tapini.

 

 

VII. Pio IX all'altare.

 

            Il Santo Padre si reca di buon mattino alla sua cappella per celebarvi la santa Messa. Il Santo Sacramento vi si mantiene perpetuamente, e Pio IX nella sua pietà alla divina Eucaristia sorveglia in persona all'alimento delle due lampade che ardono di continuo davanti al tabernacolo. {29 [79]}

            Come è bello, quanto edificante, vedere il Sovrano Pontefice, il Vicario di Gesù Cristo in terra, 1'uomo che porta il peso del governo di tutte le Chiese del mondo, riputarsi fortunatissimo, e avere per grande onore di riposare dalle tante giornaliere sue occupazioni per venire a cambiare i lucignoli delle lampade accese in onore della adorabile Eucaristia!

            Papa Pio IX celebra la Messa adagio e santamente; spesso il suo volto si bagna di lagrime nei momenti in cui fra le sacre mani tiene nascosto il Dio del quale è Vicario. Per consueto egli dice la Messa alle sette e mezzo, e assiste in azioni di grazie ad una seconda, detta da uno fra i suoi cappellani. Poscia in ginocchio in compagnia di uno de'prelati del suo seguito recita una parte del breviario, e rientra nelle sue stanze. Al cader del giorno, annunciato dal tocco dell'Angelus, volgarmente detto l’Ave Maria, il Papa recita con quelli del seguito la Salutazione Angelica, e vi aggiunge un De profundis per tutti i {30 [80]} fedeli del mondo morti nel corso della giornata.

            Il Santo Padre suole stare tre ore per ogni giorno in adorazione davanti a nostro Signore. È là dove attinge i lumi e gli aiuti pel governo della Chiesa onde il suo regno formerà una delle prime glorie. È là dove anche noi dobbiamo trovare i soccorsi di cui abbiamo bisogno per adempiere perfettamente i doveri del nostro stato, e prender forza e consolazione nelle nostre pene.

 

 

VIII. Il viatico dell'esule.

 

            Allorchè Pio IX, vittima della più nera ingratitudine, fu costretto a prendere il sentiero dell'esiglio; egli trovò la forza e la consolazione nella divina Eucaristia. Qual cosa mai più commovente di quella fuga! La contessa Spaur moglie del conte Spaur ministro di Baviera, cui toccò l'onore di cooperare all'evasione del Santo {31 [81]} Padre, ne lasciò scritti parecchi episodii in una sua privata corrispondenza, in cui ella dice:

            «Il Santo Padre avea preso posto in fondo alla carrozza: il padre leble sedevagli in faccia; io alla sua dritta, il mio ragazzo minore erami incontro. Il conte Spaur se n'era andato accanto allo staffiere.

            «Sulle prime io feci ogni mio potere per tenermi di non parlare; ma poco dopo non potendo più esser padrona del mio cuore e cedendo al trabocco della mia emozione, manifestai al Santo Padre, senza altro riguardo alle convenienze dell'etichetta, e senza pensare che gli altri non poteano intendermi, la pena grande che io provava a fìngere, e quali sforzi io facea contro me stessa per tenermi dal non cadere ginocchioni dinanzi al Vicario di Gesù Cristo, che di più in quel momento portava sul proprio cuore il santissimo corpo del nostro Salvatore chiuso entro la pisside mandata da Monsignor di Valenza. Il Santo Padre compatendo con tutta amorevolezza {32 [82]} a quel modo di sensibilità mi rispose: «State buona, non abbiate veruna paura, Dio è con noi[2] {33 [83]}

            «Per quanto durò il cammino non cessò mai di rivolgere al Redentore preghiere a vantaggio de'suoi persecutori, di recitare il breviario ed altre orazioni col padre Iéble.

            «Alle cinque e tre quarti del mattino arrivammo a Terracina. Il Santo Padre mi chiese di avvertirlo appena fossimo alla frontiera dei due Stati.

            «Al primo udire dalla mia bocca queste parole: «Santo Padre, ci siamo,» pensando di essere ornai in luogo sicuro, col cuore intenerito da profondi e sublimi sentimenti, ruppe in alquante lagrime e rese grazie al Dio di misericordia, recitando il cantico consacrato alla riconoscenza dal rito della Chiesa.»

 

 

IX. Divozione di Pio IX a Maria.

 

            È un privilegio incomparabile del nostro Augusto Pontefice, quello di essere stato predestinato dai tempi eterni dalla adorabile Trinità per porre il {34 [84]} compimento alle glorie di Maria sulla terra.

            La madre che Iddio assegnò al suo servo era eccellente nella pratica delle virtù le più solide, e soprattutto per una tenera divozione alla Regina delle vergini. Il fanciullino, per una disposizione particolare della Provvidenza sopra di Lui, ricevette al battesimo i prenomi di Gian-Maria: Giovanni, al quale, il Salvatore già vicino a spirare, dall'alto della Croce aveva detto, segnandogli la Vergine: «Ecco la madre tua.» Maria, cui lo stesso Gesù Cristo guardando l'amato discepolo avea detto: «O Madre, ecco il tuo figlio.» Ora cotesti due nomi tanto ben propri per ricordargli due persone di tanta santità e attori in un dramma sì doloroso, cotesti due, nomi posti eziandio come una minaccia di sventura e quali un immenso peso di consolazione di fianco al nome di famiglia del giovine Mastai-Ferretti, fecero senza volerlo, tremar di paura la madre di Pio IX. La contessa Mastai instruita da misteriosi presentimenti {35 [85]} nel fondo del cuore, si ricordò del calvario; e fu un giorno che prostratasi ginocchioni ai piedi di una immagine della Madre Addolorata elevandosi il pargoletto sulle proprie braccia le disse: O Maria, degnati di adottarlo come adottasti il discepolo prediletto: a Te lo consacro, a Te l'abbandono.

            Questa dolcissima divozione alla Regina degli angeli, l'Augusto Pontefice succhiò come col latte sulle ginocchia della pietosa sua madre.

            Correa la fine dell'anno 1799, quando il giovine Mastai-Ferretti, oggi Pio IX, era nell'ottavo anno. La contessa Mastai-Ferretti, la quale, da madre cristiana studiavasi anzi tutto d'instillare nel suo fanciullino una vera e soda pietà, non mancava di fargli recitar seco le preghiere ogni mattina e sera. Figlia obbediente alla Chiesa Romana, sino dai primi anni gli avea insegnato col nome di suo padre e quelli di Gesù e di Maria, il nome del sovrano Pontefice che possedeva allora la gloriosa eroditi dell'Apostolo Pietro. {36 [86]} Pio VI di pia memoria sedeva sulla sede pontificale, e in conseguenza dell'inconcussa fermezza da lui mostrata nel propugnare i privilegi del suo trono, e la libertà della Chiesa, il Santo Pontefice era in preda alle più amare vessazioni per parte degli uomini empii che a quei giorni teneano in Francia il supremo potere.

            Penetrata sin dentro all'anima dai dolori che abbeveravano il cuore del Padre comune dei fedeli e dai pericoli che lo minacciavano, e comprendendo in pari tempo che da tutti i cuori cattolici doveano erompere preghiere verso il cielo; la contessa Ferretti volle aggiungere alle preci di ogni sera e mattino un Pater-Ave alle preghiere del giovinetto Giovan-Maria. «Caro fìgliuol mio, gli disse la prima volta che 1'invitò a questa buona opera, grandi sventure minacciano il nostro sovrano Pontefice Pio VI, egli trovasi in somma tribolazione. Tu pregherai Dio con me, affinchè piacciagli di lenire i dolori del Santo Padre, e di allontanare da lui ogni pericolo. {37 [87]} «Oh! sì, risposele il fanciullino, io pregherò leco pel Santo Padre, e, te lo premetto, la mia preghiera sarà delle buone e di cuore.» E poichè ebbe espressa questa promessa, mattina e sera il giovine Mastai ricordava sempre a sua madre il Pater-Ave che doveano recitare insieme pel Santo Padre.

            Una sera, al momento di recitare il Pater-Ave che era lor d'uso, la contessa piangendo abbracciò il figliuolo edissegli: «Bambino mio, Oh! qual bisogno di pregare con fervore in questa sera pel Santo Padre! Le sventure che si temeano per lui, ecco sono omai giunte. Sgherani armati si sono impadroniti di Pio VI; egli è prigioniero, e si vuol condurlo lontan da Roma.» A queste parole, il fanciullo che sino allora era stato ascoltando con tenerezza sua madre, si pose a piangere insiem con lei e incrociando le sue manine, pregò con tutto il fervore di un angelo. Levatosi quindi, cogli occhi ancor pregni di lagrime e con una specie di titubanza: «Ma come {38 [88]} mai, chiese alla madre, il buon Dio, come mai può permettere che il Papa, che è il rappresentante di Gesù Cristo figliuol suo, sia così disgraziato, e si riduca ad essere prigioniero a guisa di un malfattore, lui che è tanto buono? - Figlio mio, rispose la madre, appunto perchè il Papa è Vicario di Gesù Cristo, Iddio permette che egli venga così trattato. Non ricordi la storia di Gesù che ti raccontai? Il divin Salvatore era la stessa bontà e nondimeno quanti nemici egli non ebbe? Un giorno gli si posero le mani sopra e dopo avergli fatti soffrire i più atroci tormenti lo condussero a morire. Ebbene, mio caro, tante volte Iddio permise che i Papi, sull'esempio di Gesù Cristo, avessero a patire lo stesso dalla ingiustizia degli uomini e questo è ciò che interviene al Santo Pontefice Pio VI. - Ma dunque, mia buona mamma, soggiunse Giovan-Maria, costoro che maltrattano si barbaramente il Santo Padre sono gente perversa, non è egli vero? Dunque non vai la pena di pregar Dio per {39 [89]} loro? Non si dovrebbe anzi pregare Iddio perchè li punisse? - Figliuol mio, replicò la contessa, non dobbiamo pregare Iddio pel castigo di veruno. Non ti ricordi di ciò che faceva Gesù sulla Croce? Pregava pe'suoi nemici e domandava a Dio affinchè a vesso pietà di loro, e volesse muovere il loro cuore. Ciò stesso, ne son sicura, è quel che fa nel presente, Pio VI; bisogna unirci a lui e intercedere presso Dio, affinchè converta tutti questi insensati che han portata la mano sul Santo Pontefice.» A quel dolce invito della madre sua, il giovine Mastai ritornò in ginocchio, e ripetè colla voce infantile il Pater-Ave pei nemici di Pio VI.

 

 

X. Divozione di Pio IX a Maria ss. Immacolata.

 

            L'Augusto Pio IX è insigne fra tutti i sovrani Pontefici mercè la sua divozione a Maria Immacolata.

            Ecco in guai termini Pio IX si spiega nella sua Enciclica data da Gaeta: {40 [90]} «Tutto il fondamento della nostra fiducia è riposto nella Santissima Vergine come quella in cui Dio collocò la pienezza delle sue grazie.

            «Se ci resta qualche speranza, qualche appoggio, qualche scampo a salute, sappiamo di doverlo a Lei sola, imperciocchè tale è il voler di Dio, che noi otteniamo ogni bene per la sua intercessione.»

            Siccome dicemmo altrove, non confessò già Egli stesso che fin da suoi più teneri anni, niuna cosa eragli tanto a cuore e gli sapea più dolce e più preziosa dell'onorar Maria e d'impiegare tutte le proprie forze alla propagazione della sua gloria ed alla estensione del suo culto?

            Inginocchiato dinanzi a una immagine della Regina degli angeli il giovine Mastai-Ferretti fece voto di consacrare tutta la propria vita alla gloria di Dio e all'onore della divina sua Madre.

            A Maria, lo dichiara Egli stesso, andò debitore della grazia di sua vocazione al sacerdozio, ed alla santità {41 [91]} necessaria per salire a sì sublime dignità.

            In modo speciale amava ed onorava tutti i privilegi sì numerosi dell'amatissima sua sovrana, nondimeno fra i privilegi di lei, ve ne avea uno che fu sempre il più caro al suo cuore: quello dell'Immacolata Concezione.

            Cotesta gloria di Maria, nota il Padre Perrone, fu sempre 1'oggetto di un amore particolare e tutto espansivo per parte del fervoroso Mastai-Ferretti, e continuamente predicavane le grandezze, e non cessava di proporlo alla venerazione dei fedeli.

            Per far che Maria intervenisse eziandio con maggior fervore nelle battaglie della Chiesa, Pio IX dedicò tutto il suo zelo, tutti i suoi pensieri alla definizione così ardentemente desiderata del dogma dell'Immacolato Concepimento.

            Pio IX ha fatto incavare la propria tomba vicino a quella dell'illustre suo predecessore nell'antico tempio di Nostra Donna della Neve, tanto bello ed isplendido. Colà riposeranno un giorno {42 [92]} ambidue ai piedi della Vergine Immacolata che fece trionfare le armi cristiane a Lepanto per la intercessione di s. Pio V.

 

 

XI. Gloria tributata a Maria Immacolata da papa Pio IX.

 

            L'Augusto Pontefice che occupa con tanta gloria la cattedra del principe degli Apostoli, fu scelto da Dio per aggiugnere l'ultimo, e più bel fiore al diadema della Vergine Immacolata.

            Appena il papa ritornò da Gaeta alla sua sede da tutte parli gli giunsero i suffragi dei vescovi che attestavano generale credenza, che Maria fosse stata sempre preservata dal peccato originale, e che era ferventissimo desiderio dei loro diocesani che questa verità fosse dogmaticamente definita. Il pontefice stabilì allora una commissione di dotti teologi e cardinali, di poi concedette un giubileo di tre mesi per eccitare tutti ad innalzare a Dio calde preghiere. Infine invitò a Roma tutti i {43 [93]} vescovi che potessero facilmente venirvi. Fatta un'attenta e profonda discussione, si trovò essere dottrina conforme alle sacre scritture costantemente manifestata nella tradizione, cioè nella sacra liturgia, negli scritti dei santi padri, ne'decreti dei sommi pontefici, nel sentimento generale di tutti i cristiani, che Maria Vergine fu immune dalla macchia originale, ed essere cosa al tutto conveniente il procedere a definire questa dottrina quale articolo di fede.

            Pio IX dopo nuove preghiere giudicò di procedere finalmente a questa sospirata definizione, ed assistito dai cardinali, dai patriarchi, da gran numero di arcivescovi e vescovi, alla presenza di una moltitudine immensa di sacerdoti e laici, l'anno 1854, il giorno 8 dicembre, sacrato a Maria Immacolata, prima di celebrare solennemente la santa messa nella basilica vaticana pronunciò questo decreto: È dottrina rivelata da Dio, che la B. Vergine Maria fin dal primo istante della sua concezione fu preservata immune {44 [94]} da ogni macchia di colpa originale per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in riguardo dei meriti di Gesù Cristo Salvatore dell'uman genere, e che perciò si deve da tutti i fedeli fermamente e costantemente credere.

            In virtù di questa definizione si tolse via ogni dubbio intorno a questo privilegio della Madre di Dio. Non già che il pontefice con questa definizione abbia introdotto una nuova verità, ma solamente ha definito dogmaticamente una verità da Dio rivelata, e già creduta fin dai primi tempi della Chiesa.

            La definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione è uno dei più notabili avvenimenti dell'istoria della Chiesa. Una superba colonna eretta sulla piazza di Spagna, a Roma, consacra per sempre la memoria del fatto sì glorioso a Maria.

            Le quattro statue colossali di Mosè, di Davide, di Ezechiele e d'Isaia circondano il piedistallo, e le loro profezie richiamano alla niente il grande mistero definito da Pio IX. {45 [95]}

            Quel piedistallo è adorno di due bassorilievi. L'uno rappresentante s. Giuseppe avvertito dall'angelo durante il sonno, del mistero dell'Incarnazione, l'altro, Pio IX proclamante il dogma.

            Sotto al primo bassorilievo sono scolpiti i motti semplici ma sublimi dell'angelica salutazione.

            «Salute: O piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra tutte le donne:

            Sulla fronte opposta si legge:

 

            MARIAE VIRGINI GENITRICI DEI

            IPSA ORIGINE

            AB OMNI LABE IMMUNI

            PIUS VIIII. P. M.

            INSIGNIS PRAECONII

            FIDE CONFIRMATA

            DECRETO Q. D. S. VI ID. DEC.

            AN. MDCCCLIIII.

            PONEND. CURAVIT

            AN. SUI PRINCIP. XII.

 

            «Alla Vergine Maria, Madre di Dio, immune da ogni macchia sino dalla sua origine, Pio IX, Sovrano Pontefice, {46 [96]} dopo aver confermato con decreto dell'otto dicembre, la fede a questo insigne privilegio, questo monumento pose a spese dell'universo cattolico, nel dodicesim'anno del suo Sacro Pontificato.»

            La statua d'Isaia porta per leggenda queste parole del profeta:

            Ecce Virgo concipiet (Is. VII, 14.)

            «Ecco che una vergine concepirà.»

            Sotto il piedistallo della statua di Ezechiele sì legge:

            Porta haec clausa erit (Ez. XLIV, 2).

            «Questa porta rimarrà chiusa.»

            Sul piedistallo della statua di Davidde:

            Sanctificavit tabernaculum suum Altissimus (Ps. XLV, 5).

            «L'Altissimo santificò il suo tabernacolo.»

            Mosè apre il libro della Genesi e profetizza l'eterna lotta dell'abisso e del cielo:

            Inimicitias ponam inter te et mulierem.

            «Io porrò fiere inimicizie fra te e la donna.» {47 [97]}

            Ora la donna nemica del serpente non è solanto Maria, ma ancora la Chiesa della quale la Vergine è la Personificazione. «La Chiesa anche essa è la sede della Sapienza» ed anche la madre di Cristo, poichè il cristiano, come dice Tertulliano, è un altro Cristo.

            A giorni nostri la inimistà è al suo colino, la lotta è ardente; ma il pie vincitore che schiaccia la testa al serpente ci presagisce una vittoria gloriosa del pari che immancabile. Noi siamo stati avventurosi di visitare a s. Bonaventura la camera del Beato Leonardo da Porto Maurizio che predisse questo trionfo in una lettera diventata omai celebre.

            L'esempio di Roma, la madre e maestra di tutte le chiese, risvegliò nel mondo intiero l'ardore e lo zelo dei figli di Maria. Abbiam visto germogliare una messe completa di monumenti, di altari, di santuarii, di chiese, di statue destinate tutte a perpetuare la memoria del grande atto dell'otto dicembre 1854, e l'erezione {48 [98]} della colonna innalzata da Pio IX sulla piazza di Spagna è stata pure il segnale al quale tutto l'orbe si affrettò di rispondere con quella preziosità di monumenti onde spontaneamente si è ricoperto[3]. L. C. – An. XIX, F. XI, XII. {49 [99]}

 

 

XII. Preghiera da recitarsi nelle presenti circostanze.

            I cattolici di Bologna offerendo al Santo Padre una somma proveniente dal denaro di s. Pietro, pregarono la Santità sua affinchè volesse degnarsi di indicar loro una preghiera da recitarsi nelle circostanze gravissime nelle quali si trova la Chiesa.

            Il Sovrano Pontefice colla solita sua clemenza, si degnò scrivere di proprio pugno la preghiera che segue.

 

            Preghiera.

 

            «Signore, Onnipotente Dio, che permettete il male per ritrarne bene, ascoltate le nostre umili preci, colte quali vi domandiamo di restarvi fedeli in mezzo a tanti assalti e costanti a perseverare sino alla morte. Del resto dateci la forza colla mediazione di Maria Santissima, di potere sempre uniformarci alla vostra santissima volontà. {50 [100]}

            La Santità Sua, con rescritto del 15 giugno 1862, accordò cento giorni di indulgenza da lucrare una volta al giorno da chi la recita divotamente.

 

 

XIII. La Madonna di Pio IX.

 

            Chi va a Ginevra e visita la bella chiesa innalzata a Maria, spiega subito a se medesimo le vittorie riportate sull'eresia dalla Vergine Immacolata, la quale, sino dall'origine dei tempi, schiacciò la testa al serpente infernale. Dietro all'altar maggiore vedesi la cappella dedicata alla gran Madre di Dio.

            Una superba statua di marmo bianco rappresentante Maria Vergine Immacolata si rizza sul piedistallo che è di marmo anch'esso. A Ginevra vien conosciuta sotto il nome di Madonna di Pio IX.

            Questa statua fu donata dal Papa attualmente regnante a Monsignor Mermillod, vescovo di questa città, perchè fosse collocata nella chiesa di Nostra {51 [101]} Donna di Ginevra. Ma non è ciò solo che dà a questa statua un pregio straordinario. Quella Madonna è stata per circa cinque anni nella camera da letto di Pio IX. Tutte le mattine appena alzato, il divoto Pontefice s'inginocchiava dinanzi a Lei, e con un fervore angelico rivolgeva al cielo le sue preghiere del mattino, quasi volendole far passare per le mani della buona sua madre; poi si levava in piedi e stampava un amoroso bacio sul piede destro, ed anche oggidì si vede distintamente l'impronta dei baci del Padre comune dei fedeli. Una iscrizione latina ricorda tuttociò, e leggendola ognuno sentesi l'anima tutta commossa ed inondato il cuore nella gioia la più inebbriante.

            L'Augusto Pio IX nell'offrire cotesta immagine di Maria, con accento semiprofetico disse: «Io posi un Arcivescovo cattolico a Londra; somma consolazione per me sarebbe se io potessi prima di morire nominare un vescovo cattolico a Berna e a Ginevra.» Si sa che quest'ultimo voto {52 [102]} sorti già il suo effetto. Col tempo Maria prenderà possesso della Roma protestante.

            Intanto a Ginevra Maria si onora come Reina; speriamo che il Signore non tarderà ad esaudire i voti e i desiderii di Pio IX.

 

 

XIV. Pio IX protetto da Maria.

 

            In tutte le circostanze pericolose alle quali si trovò esposto, Maria protesse sempre il fedele suo servo.

            Il Santo Padre si prevalea delle vacanze di Pasqua nell'aprile del 1855, per recarsi a una piccola partita di diporto religioso ed archeologico nella villa di Coazzo a selle miglia da Roma dove sono le catacombe, che il Papa andava a visitare.

            Siccome Coazzo è luogo appartenente alla Propaganda, i superiori dello stabilimento aveano diretta la passeggiata dei loro numerosi Alunni alla stazione che dovea aver l'onore di una visita del Santo Padre e sovrano Pontefice; {53 [103]} e fu per appagare il desiderio esternatogli che il S. Padre si degnò accordare a que'giovinetti di essere ammessi al bacio del sacro piede.

            Dopo che il S. Padre ebbe compiuta la visita progettata, ripigliò la via di Santa Agnese, dove avea dato ordine di allestire il pranzo per sè, per le persone invitatevi e per quelle del suo corteggio. Gli invitati erano in buon numero. V’erano fra gli altri i cardinali Antonelli segretario di Stato, Patrizzi vicario generale.

            La Badia di S. Agnese fuor delle mura appartiene ai canonici regolari di s. Giovanni di Laterano, chiamati Bocchettini. In quella occasione si erano preparate alcune stanze più spaziose, fra le altre, una sala da pranzo e un salone per ricevere in udienza.

            Un po’dopo il pranzo, il S. Padre mandò ordine d'introdurre nel salone di udienza, dove si trovava colla maggior parte degli invitati e del seguito, li alunni di Propaganda. Il Papa era seduto su una poltrona, e i cardinali cogli altri invitati, erangli assistenti {54 [104]} al fianco. Li alunni di Propaganda circa in numero di un centinaio, formavano un semicircolo sul davanti, e la loro schiera pesava principalmente sul mezzo del pavimento della sala. Era già cominciato il bacio del piede, e il Papa avea in ginocchio dinanzi a sè un alunno che dovea ritornare in Russia, quando fu udito un orribile scricchiolio. La trave maestra del pavimento si era spaccata in mezzo e le 140 o 150 persone che riempivano la sala erano precipitate confusamente. Li alunni di Propaganda che trovavansi in massa sul punto del pavimento apertosi, vennero strascinali pei primi, e formarono il primo letto dei caduti, sul quale incontanente vennero ad ammucchiarsi le altre persone con una rapidità proporzionata alla distanza in che si trovavano dal centro della sala. Il papa che se ne stava seduto al fondo dovè discendere più lentamente perchè la sollecitudine del giovine prostrato ai suoi piedi, e che gli si pose intorno per ritardare la sua caduta riescì a {55 [105]} far che fosse men rapida e a diminuirne il pericolo. Il signor di Hohenlohe, cameriere di servizio, ebbe la fortuna di reggersi in piedi sul mattonato rimasto aderente al muro.

            Delle persone così travolte non vi fu una che non dimenticasse se stessa per dirigere tutti i pensieri al Santo Padre. Un grido emesso sopratutto dagli alunni di Propaganda salì alla Vergine Immacolata e le domandò la salute del Papa. Appena un poco la nube del polverio, che avea nascosto in sè tutta la scena, fu diradata, le persone che si trovavano nella sala vicina e nel cui numero erano i monsignori Talbot, de Merode, e Tizzani, volarono all'aiuto del Papa, verso il quale eran rivolti i comuni timori. Il Santo Padre nulla avea patito, e nemmeno parea turbato. Al momento della caduta Egli avea invocato il soccorso di Maria Immacolata. Levatosi sulla persona, sua prima parola fu quella di rassicurar tutti gli altri caduti.

            È facile immaginarsi lo scompiglio cagionato da un tale accidente. A {56 [106]} poco a poco si sgombrarono le macerie. Tutti i cardinali, toltane al cuna lieve contusione, erano sani e salvi.

            Appena il Santo Padre fu assicurato che non aveasi a deplorare veruna vittima, diè l'ordine di preparare ogni cosa nella Basilica pel canto di un Te Deum e per la benedizione del Santissimo. Egli stesso intuonò l'inno di riconoscenza, e ricevette con tutti i circostanti la benedizione col Venerabile data da monsignor Tizzani, cappellano maggiore dell armata, e membro dell'ordine dei canonici regolari.

            Tutti attribuirono a un intervento speciale della provvidenza la preservazione dei giorni del Santo Padre, e il consiglio Municipale di Roma si rese interprete di un tal sentimento ordinando si rendessero solenni azioni di grazie alla santa Vergine e si festeggiasse un triduo in onore della Immacolata sua Concezione, il quale cominciò il 16 aprile nella Chiesa dell'Ara Coeli. {57 [107]}

 

 

XV. Pio IX e sue oblazioni ai santuarii di Maria.

 

            In tutti i suoi viaggi e nei suoi vari pellegrinaggi l'Augusto Pontefice non si lasciò fuggir di mano veruna occasione senza porla a profitto, manifestando il suo amore verso Maria, come si compiaceva ripetere ai popoli accorsi per vederlo e per udir le lodi della Vergine Immacolata. Ne'suoi sguardi balenava un non so che di celeste, e nella voce un'unzione sì dolce da far sciorre in lagrime quanti aveano la gran ventura di udirlo.

            Prima di partirsi dai santuarii nei quali avea celebrata la s. Messa, non era mai che non vi lasciasse qualche ricca memoria. Così a Nèpi fe'dono del calice di che si era servito nell'altare, al tesoro della Cattedrale: così a Bologna per vago ornamento alla miracolosa immagine della Vergine {58 [108]} di s. Luca, fece omaggio di elegante e splendida corona che di propria mano Egli volle porre sul capo della divota Immagine di Nostra Donna.

            Nella visita che Ei fece a Perugia si separò dispiacente dall'insigne reliquia di Maria, posseduta da quella città, e colle proprie mani la diè a baciare al giovine duca di Toscana, che lo accompagnava a santa Maria degli Angeli. Stette poi per lung'ora genuflesso nella maravigliosa cappella così detta Porziuncola nella quale san Francesco d'Assisi udì la lezione della pagina evangelica che lo indusse a dar le spalle al mondo, e a dedicarsi tutto alla santa povertà.

            A dì 2 agosto del 1864, Pio IX si partì per Galloro celebre Santuario dedicato alla Santissima Vergine e ufficiato dai Reverendi Padri della Compagnia di Gesù.

            La Santità sua fu ricevuta sul limitare della Chiesa dal reverendo padre Bech proposto generale, vi udì la messa, e ammise i religiosi e i fedeli al bacio del piede. {59 [109]}

            Alla Vergine di Galloro Pio IX fece dono d'un gioiello in oro di gran valore tempestato di pietre preziose. L'antivigilia di quel giorno istesso alla collegiale di Marino avea fatto un presente di ricchissimi arredi sacerdotali.

            Farebbe mestieri di grossi volumi per raccontare una parte anche sola del quanto fece Pio IX a gloria di Maria Immacolata. Come infatti annoverare tutte le Madonne miracolose incoronate sotto il suo pontificato? Chi potrebbe registrare tutti i privilegi onde arricchì i tanti santuarii della Madre di Dio, le indulgenze accordate alle pratiche per onorarla? Dall'epoca della definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione, in tutto il mondo si passò ad erigere una moltitudine di statue e di chiese alla Regina delle vergini. Scorrendoli annali della Chiesa difficilmente trovasi un Papa che abbia contribuito quanto Pio IX alla gloria di Maria e alla diffusione del suo culto. {60 [110]}

 

 

XVI. Divozione di Pio IX a Maria Ausiliatrice in Torino.

 

            Trattavasi di porre le fondamenta di una Chiesa in uno dei più popolati quartieri di questa città. Scelto il luogo, compiuto il disegno, si andava pensando a chi dovesse dedicarsi il progettato edifizio. Il vigilante Pontefiee, cui nulla sfugge di quanto torna a gloria di Dio, informato della necessità di quella chiesa, mandò la sua prima graziosa offerta di franchi cinquecento, facendo conoscere che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un titolo certamente gradito all'Augusta Regina del Cielo.

            Accompagnava poi l'oblazione con una particolare benedizione agli oblatori con queste parole; «A questa mia tenue offerta tengano dietro più potenti e più generosi oblatori che cooperino a promuovere la gloria dell'augusta madre di Dio in terra, e così accrescasi il numero di quelli {61 [111]} che un giorno le faranno gloriosa corona in Cielo.» Alla benedizione del Santo Padre stava annessa la speciale protezione della santa Vergine, perciocchè senza un soldo di bilancio preventivo si cominciò il nostro edifizio e con prestezza incredibile di soli tre anni, fu condotto a termine ed è noto in questa città sotto al titolo di Chiesa di Maria Ausiliatrice. Il medesimo Pontefice provò molta consolazione quando ebbe la notizia che il tempio era compiuto, concedette molte indulgenze da lucrarsi dai fedeli che si recano a visitarlo. Approvò una pia associazione ivi eretta e in fine con decreto in data 16 marzo 1869 la eresse in arciconfraternita con molti privilegi spirituali. Questo luogo sembra essere da Dio protetto per glorificare il suo santo nome e spandere la divina sua benedizione sopra tutti quelli che qui vengono ad invocare il potente aiuto di colei che la chiesa proclama sicuro aiuto dei cristiani (V. Maraviglie della Madre di Dio; Lett. catt. del 1868, febb. 5). {62 [112]}

 

 

XVII. Amore di Pio IX pei fanciulli.

 

            Sull'esempio del divin Maestro, del quale così fedelmente Egli riproduce la mansuetudine e la bontà, il nostro amatissimo Pio IX si mostrò sempre pieno di benevolenza pei pargoletti, parla ad essi, li interroga, li accarezza come il Salvatore, ed essi non temono d'accostarsi all'augusta sua persona.

            Un giorno Pio IX erasi recato a Monte Pincio: era l'ora della passeggiata e una gran folla lo accompagnava. Sul suo passaggio un poverello tenendo per la mano un grazioso fanciullo erasi inginocchiato, e il putto svincolatosi dalle braccia dell'uomo era corso vicino al papa, e il papa avendo fermato il fanciullo colle stesse sue mani lo accarezzò in fronte, indi lo benedisse.

            Un atto cotanto semplice avea nonpertanto commossa la folla, la quale ben comprese il grazioso quadro dello {63 [113]} stare insieme il Vicario di Gesù Cristo e un figlio poverello del popolo. In una delle udienze pubbliche date ogni quindici giorni dal Santo Padre e nelle quali è data facoltà a tutti di presentarsi, un giovinetto scolaro entrò a lui. «Santo Padre, gli disse, ho saputo che qualche anno fa voi degnaste esaudire la supplica di un giovinetto par mio. Fattomi ardito da quell'esempio, anch'io vengo a farvi la mia petizione. Mia madre è una povera vedova ed è impolente a procurarmi i libri della mia classe. E vorrei pure averli anch'io come li hanno i miei compagni, giacchè ho voglia di studiare e d'istruirmi.» Il papa abbracciò il giovinetto e gli pose in mano una doppia (circa venti franchi di moneta nostra) e avendo saputo la sera stessa da una persona di confidenza, cui disse di andar dietro ai passi dello scolaro, che infatti era andato ad un libraio e avea comprati i libri che gli facean bisogno, il papa gli fece tener due scudi per lui e due por la madre sua. {64 [114]}

 

 

XVIII. Un poverello premiato dal Papa.

 

            Un giorno Pio IX volse i suoi passi alla campagna romana, oltre la porta di s. Giovanni. Era sceso già di carrozza, quando per un sentiero solitario gli venne scorto un giovinetto che portava sulle spalle un pesante fardello di legne.

            Il papa sei fece chiamare e avendogli fatto por giù il fascio, gli domandò di qual parochia egli fosse e se frequentava il catechismo del suo Curato. Dopo ciò il Santo Padre lo interrogò ancora sui misteri di nostra religione, e trovatolo a sufficienza instrutto per l'età sua, gli diede molte lodi, gli raccomandò il timor di Dio; di poi gli regalò non poche monete d'oro pei suoi poveri genitori. {65 [115]}

 

 

XIX. Pio IX al Sacro Cuore in Roma.

 

            In una visita del Santo Padre al monastero delle Dame del Sacro Cuore della Trinità dei Monti, nell'ottobre del 1862, finito 1'atto di adorazione dinanzi all'Augustissimo Sacramento, si recò nella sagristia del monastero, e colà tutte le religiose, le educande e gli estranei che aveano potuto entrare, furono ammessi al bacio del sacro piede. La Santità Sua si die poi a passeggiare lungo i vistosi chiostri dovuti alla munificenza di Luigi XIV, e nel cambiar de'passi volse parole dolci e consolanti a coloro che gli erano intorno. Fra le altre, preso argomento dalla solennità del giorno, la Santità Sua fu udita predire che l'angelo Raffaele saprebbe ben presto incatenare anche una volta il demonio; facendo poscia allusione alla storia di Tobia, si augurò che quell'angelo {66 [116]} facesse altra volta uscire dalle acque un pesce miracoloso del cui fiele poter guarire la cecità dei nemici della Chiesa. Poco dopo fu presentata al Santo Padre una leggiadra bambina: era la minore delle figlie del conte di Trapani.

 

 

XX. Lettera di un poverello al Papa.

 

            Un povero ragazzino del popolo, udendo parlare della bontà del Santo Padre, in preda come era alla più squallida miseria, immaginò di scrivere una lettera per fargli nota la sua posizione.

            «Santo Padre, così diceva nella sua lettera, mia madre è vedova, ed inferma: io sono solo a curarla e a sostenerla. Non ho mezzo di comperarle parecchi oggetti di prima necessità e i medicamenti che le sono indispensabili.»

            Il ragazzino quindi venia aggiugnendo candidamente aver bisogno {67 [117]} di trentatre paoli, e se la Santità Sua si fosse degnata di permetterlo, la dimane sarebbe venuto a domandarglieli.

            Tocco alla lettura di questa lettera il Santo Padre die ordine che gli venisse condotto il fanciullino se mai presentavasi.

            L'amoroso figliuolo non mancò all'appunto dato da lui medesimo, e senza il minimo timore, come fu alla presenza del Papa, ripetè quel tanto che avea scritto nella lettera. Pio IX accertatosi della realtà del fatto gli diede in mano due pezzi d'oro (circa trentasei paoli).

            «Ci sono tre paoli di più, disse il fanciullo, dopo aver ringraziato il Papa, io non ho con che fare il cambio.»

            Il Papa dovè ridere a quella ingenuità del fanciullo e gli disse che tenesse tutto.

            Uscito che fu dall'udienza lo fece tener d'occhio da lungi per accertarsi se veramente facea le spese che avea indicato, e avendo avute buone risposte, lo chiamò di nuovo e dissegli {68 [118]} che penserebbe alla sua educazione ed al suo avvenire, e poichè il ragazzo se ne scusava, col pretesto di non poter lasciare sua madre che avea da lui l'unica risorsa:

            «Ebbene, soggiunse il Papa, quando sia vero che tua madre è si povera, e che tu sei così buon ragazzo, io mi incaricherò di amendue.»

            Un altro giorno donava non so quanti scudi ad un garzoncello che gli avea presentata una supplica dove una povera vedova facea conoscere la sua miseria e di più confessava che sarebbe espulsa dalla modesta sua abitazione, se non avea pronto il fitto al termine perentorio.

            «Porta questo danaro a tua madre, erasi limitato a dire il Santo Padre al garzone, e dille che non si affanni più delle scadenze della pigione, ci penserò io.»

            Un altro giorno ancora un ragazzo piangeva alla porta del Quirinale nel momento stesso che il Papa era per salire in carrozza. Le guardie temendo che quelle grida dovessero dar noia {69 [119]} al Pontefice, volevano scostare il ragazzo, ma il Santo Padre lo fece avvicinare e gli domandò perchè piangesse. Egli con tutta ingenuità soggiunse perchè gli aveano chiuso in prigione suo padre per dodici scudi mancanti a rimborsare un suo debito.

            Pio IX si volse alle persone che lo attorniavano, e poichè nessuna si trovò avere tanto da somministrargli, discese a cercare tal somma Egli stesso nei proprii appartamenti e la consegnò al fanciullo che se ne andò tutto allegro e consolato.

 

 

XXI. Il piccolo peruviano consol. da Pio IX.

 

            La dimane della Beatificazione del Venerabile Pietro Canisio, il Papa fu al Collegio Americano, destinato agli alunni dell'America del Nord. Dopo avere adorato il Santo Sacramento, l'augusto Pontefice visitò la nuova cappella fatta fare a sue spese, e si {70 [120]} compiacque ammettere la comunità al bacio del piede. Eravi un fanciullo di nove anni Peruviano è discendente degli Incas, antichi re del paese. Il superiore lo presentò a Pio IX, e poichè S. S. lo stava guardando con dolce affetto, il ragazzo in lingua spagnuola, lingua che egli parla assai bene, gli disse: Santissimo Padre, datemi la benedizione per me e per mio padre. Prima di por le mani in testa al fanciullo, Pio IX gli disse: e per tua madre non domandi tu un'altra benedizione? Il povero peruviano, che aveva dimenticata sua madre, come udì quelle parole, si mise a piangere. Su, disse il Papa, un'altra volta non dimenticar più la mamma; mettiti in ginocchio, che io ti benedica e con te tuo padre e la buona tua madre. Questo incidente parea passato in dimenticanza, ma quando il Santo Padre fu per uscire dal Collegio, il fanciullo, che 1'aveva continuamente tenuto d'occhio, si aperse la via tra la folla, si prostrò piangendo ai piedi del Papa e prendendolo {71 [121]} per le vesti, incominciò a coprir di baci e di pianto la sua mano. Una guardia nobile volle staccarlo dal Papa, ma Pio IX sorridendo con un dolce accento di famigliarità disse: «lasciatelo sfogare.»

 

 

XXII. Pio IX benedice i fanciulli.

 

            Il 22 aprile dell'anno 1863 Pio IX si recò a visitare la Chiesa di s. Crisogono, volendo orare innanzi all'altare di s. Michele de Sanctis. Appena i buoni Trasteverini si accorsero dell'arrivo del Papa corsero in frotta uomini, donne e fanciulli per festeggiarlo e averne la benedizione. Dopo una lunga preghiera al Santissimo Sacramento il Sovrano Pontefice entrò nel chiostro dei Padri scalzi della Trinità, si rallegrò coi religiosi della nuova gloria che il Beato de Sanctis ha riflessa sul loro ordine, li ammise al bacio del piede e si diresse quindi verso le sue carrozze. Intanto il popolo {72 [122]} aveva invasa la chiesa, il convento, la piazza e tutte le strade intorno, intorno, e formava una folla così calcata che la Santità Sua non poteva approssimarsi a'suoi. Le madri sollevavano i bambinelli, glieli poneano nelle braccia affinchè li benedicesse, e altri precipilavansi a suoi piedi per baciarglieli, altri gli baciavan le mani, altri le vestimenta, tutti lo salutavano, l'acclamavano, gli domandavano la benedizione. Nello stesso tempo mille acclamazioni differenti uscivano dalla gran calca. Buon Dio! che aria buona che egli ha! come è bello! che Dio lo benedica! che Dio cel conservi a lungo! Quindi adoperandosi per farsi vicini a lui, domandava la gente: State bene, Santo Padre? Ora non avete più dolori? Curatevi bene, o Santo Padre! non badate ai birboni. Il Pontefice commosso ed intenerito giunse alla meglio sino alla vicina chiesa di s. Pascal, dove trovò un gran numero di donzellette occupate a imparare le cose relative alla prima comunione. La Santità Sua si assise {73 [123]} nel mezzo di esse, e rivolse loro un discorso pieno d'unzione e di tenerezza, che fece piangere di dolcezza non solamente quelle avventurose donzelle, ma tutti eziandio i testimonii di quella scena. Volle quindi render visita alla madre superiora che stava morendo, le volse parole di consolazione e degnossi impartirle la benedizione in articulo mortis, aggiugnendo: Ed ora, figliuola mia, pregate per me e per la chiesa. Detto questo, il Santo Padre un'altra volta la benedisse, e ritornò in carrozza, che lo portò via veloce al Vaticano fra le entusiaste acclamazioni del popolo.

 

 

XXIII. Lettera di un fanciullo.

 

            La Settimana delle famiglie diè in luce la lettera che qui presentiamo, scritta da un fanciullo di nove anni, Maurizio di W... usciito appena da un'udienza accordatagli dal Santo Padre. I nostri lettori ci sapranno grado {74 [124]} della riproduzione di questo piccolo capo d'opera di grazia e d'ingenua pietà.

 

Domenica, 1° maggio 1859.

 

            «A due ore ci si fè dire che avremmo una udienza dal Santo Padre. Giunti al Vaticano fummo introdotti in un'ampia sala dove era un gran numero di persone. Sulle prime temevamo che il Papa non avesse tempo per riceverci a parte. Ma dopo avere udita chiamare separatamente una famiglia noi fummo rassicurati. Siamo stati gli ultimi ad essere ricevuti. Il papà disse al Santo Padre, che io era per fare la prima comunione: allora io gli chiesi la sua benedizione. Ei mi teneva stretto sotto le sue braccia, gli ho baciato il piede e l'anello quindi ce ne siamo andati. Eravamo già in fondo alla scala, quando un Prelato venne dire a mammà che il Santo Padre volea vedere il maggiore de'suoi figli, allora io corsi a Lui.

            «Il Papa mi disse che andassi ad {75 [125]} avvertire i miei genitori ch'Egli volea darmi qualche cosa. Ritornando, io correva; ma mi fermai non appena mi fui accorto di Lui. Il Papa m'aspettava in piedi colle braccia in croce e mi guardava. Indi mi tornea prendere sotto il braccio e mi disse: «Converrà che io vi dia qualche cosa.» Egli mi dimandò: «come vi chiamate?» ed io risposi: «Maurizio.» Ed egli: «Maurizio.» Ogni parola che io diceva la ripeteva in italiano ai suoi prelati. Il Santo Padre poi prosegui: «In qual paese di Francia abitate? «Santo Padre, a Parigi.» Intanto passavamo per molti corridoi e per vaste sale. Il Santo Padre ancora: «Ecco il Vaticano, le camere e i quadri,» e me li accennava colla mano. Passando indi innanzi a un quadro, La Crocifissione di s. Pietro, dissemi: «Ecco il mio quadro,» e guardando i suoi prelati, soggiunse: Povero ragazzo! E di nuovo il Santo Padre: «Maurizio, vi stanco?» coll'aria di domandarmi se mi annoiassi. Più oltre andando mei tornò a dire. {76 [126]} Ed io risposi: «Oh! Santo Padre! anzi io ci trovo molto diletto.» Più lungi ancora il Santo Padre così interruppe: «Ecco gli Svizzeri.» «Ah! sì, sì, Santo Padre,» ed essi al nostro passare tutti s'inginocchiavano. Il Santo Padre mi tenea sempre gli occhi in fronte. Da principio egli teneva il mio braccio sotto il suo, ma poi sentendosi stanco, incrocicchiò le mani. Io venia al suo fianco, e una volta io 1'urtai un tantino. Trasse poi fuori una chiave dalla sua tasca ch'era così profonda da poterci introdurre il braccio sino a non veder più il gomito. Con quella chiave, che era bellissima, il Santo Padre aperse la propria camera, e voleva che io entrassi il primo, ma io mi ritirai. Entrando egli mi disse: «Ecco la mia stanza; ficco il mio letto, il mio scrittoio,» poscia chiuse l'uscio. Eravamo soli noi due. Sul suo tavolino vidi una specie d'orologio a manico: faceva un rumore del diavolo, ed io al Santo Padre: «Che macchina è questa!» ed egli: È l'orologio da {77 [127]} tavola che regola il mio lavoro.» Sullo stesso tavolino, che a quanto parmi è rotondo, eravi ancora un crocifisso d'oro. La superficie del tavolino è coperta da una tela incerata. Dal tavolino il Santo Padre prese una chiavetta, e aperse un cassetto dello scrittoio. Il cassettino si ribalta per poterci scrivere. Ve ne ha cinque o sei come quello. In quei cassettini ci vidi dei crocifìssi, delle medaglie e dei biglietti da cinquecento franchi.

            «Il Santo Padre disse: «Che daremo a Maurizio?» E preso un cammeo legato in oro mi disse: «Ecco un ritratto della Beata Vergine.» Anche prese una medaglia d'oro col suo ritratto, e disse; «No, no; non è questo,» e poi anche ne cavò fuori un altro guardando sempre nello scrittoio, e lo prese e lo osservò, e mi disse: «Ecco» mettendomelo in mano Io risposi: «Santo Padre, voi siete troppo buono, io ve ne ringrazio tanto.» Poi mi disse: «Vi auguro buon viaggio.» Mi prese indi la mano per darmi una stretta: allora io m'inchinai {78 [128]} presto presto per stringere ben forte la mano del Santo Padre.

            «Il letto del Santo Padre è ricamato in rosso, porta un grosso pagliariccio e un solo materasso.

            «Al vedermi passare tutti sorridevano, m'aveano l'aria di trasognati. Io passeggiai col Santo Padre quasi una mezz'ora.

            «Finalmente il Santo Padre col riso sulle labbra dissemi: Addio mio figlio, stringendo alquanto gli occhi come in segno d'amarmi e di benedirmi, e già poco prima m'avea benedetto: di poi soggiunse:

            «Spero di rivedervi quanto prima.»

            «Io mi ero confessato la sera antecedente, mi pareva d'essere quasi in cielo.

            «Dopo questo udii dirmi dal papa: «Maurizio, tenete dietro a questo signore, egli vi ricondurrà presso i vostri genitori.» Era un ufficiale che io avrei preso anche per un generale.

            «Un prelato vestito a paonazzo mi disse: «Racconterete ben tutto questo ai vostri amici di Parigi, n'è vero?» {79 [129]}

 

 

XXIV. Prima comunione di una villanella.

 

            Leggiamo in una corrispondenza da Roma dell'Unione:

            «Permettetemi di distorrc un istante la vostra attenzione dal campo delle battaglie, ove non si compra la gloria che a prezzo di moltissimo sangue, e di tante lagrime, per portarla sopra un nuovo tratto di beneficenza del Sovrano Pontefice, la quale rallegra dolcemente il cuore.

            «Una povera serva animata da una fede e da un coraggio non comune, alcuni mesi or sono, si pose in istrada con una sua giovinetta di dodici anni, tacendo un viaggio di parecchie centinaia di leghe, quasi sempre a piedi, e se ne venne a Roma per assistere alle feste di Pasqua. Il motivo che la condusse ad intraprendere un viaggio così lungo e faticoso fu il desiderio di vedere il Santo Padre e di scongiurarlo a degnarsi di {80 [130]} voler egli stesso comunicare sua figlia la prima volta. Ma come potrebbe ella, povera donna, vedere esaudita la sua preghiera, quando il papa non può prestare questo favore alle figlie delle famiglie più ragguardevoli? La fede in Dio e nella bontà del Pontefice la rendono santamente ardita. Per organo di un esimio prelato romano perviene a far tenere la sua domanda nelle mani del S. Pontefice. Il cuore di Pio IX impietosito alla fede della povera donna, che le aveva fatto vincere tante fatiche e patimenti, se la volle aver presente insieme colla figlia, la benedisse con effusione e le promise di arrendersi ai suoi voti. La figliuola fu allogata in un convento dove fu istruita e preparata con diligenza a ricevere la prima comunione. Il Papa volle provvedere a tutti i suoi bisogni, la fece vestir di nuovo a sue spese, la comunicò di sua propria mano, e la rimandò con sua madre colma dei doni della sua munificenza. Quelle anime buone lasciarono Roma, e piene di gioia fecero {81 [131]} ritorno al loro paese natio. Sono cittadine di Francia e dei dintorni di Bordeaux.»

 

 

XXV. Prima comunione delle bambine Fischer.

 

            Qual gioia per una madre cristiana vedere i suoi cari figli ricevere la prima lor comunione dalle mani dell'augusto Pio IX! Questa fortuna è toccata alla signora Fisher di New York. Sarà una lettura edificante quella della relazione scritta da lei medesima.

 

            «Mia cara Signora Leveque,

            «Oh sì che se aveste prevedute le consolazioni che io dovea gustare a Roma, voi non vi sareste provata a dissuadermi dal farne il viaggio. Almeno questa volta io posso dire di trovarmi contenta per non avere aderito ai vostri consigli. Io non ebbi mai tanto spirito per manifestarvi il {82 [132]} progetto che tenea fisso nel mio cuore venendo a Roma colle mie due bimbe, quello cioè di farle comunicare la prima volta per mano del Santo Padre. Non apersi il mio disegno se non alla Santissima Vergine e al mio buon s. Giuseppe. Maria e Giuseppina, voi lo sapete, prima che mie, sono figlie loro, vedrete se le mie speranze furono ingannate. Appena fummo in Roma io chiesi se il Santo Padre usasse mai dir messa in qualche chiesa dove le signore potessero comunicarsi. Mi fu risposto che di lì a qualche giorno sua Santità dovea celebrare nella chiesa di s. Agnese, lo fui condotta dal cardinale Reisach, al quale feci intendere il mio desiderio. Risposemi, che la cosa non patia veruna difficoltà, e che egli se n'incaricava. Infatti prese i nostri nomi e cognomi e ci venne spiegando ciò che doveasi fare per preparare le nostre bimbe alla grande cerimonia. Non mancai di esporgli i miei timori quanto all'età dì Giuseppina, la quale non ha che olio anni. Dopo un buon esame egli mi tranquillò pienamente. {83 [133]} Mi recai poscia al sacro Cuore, ordinario mio rifugio, e dove io era stata accolta colla maggiore bontà dalle nostre madri.

            «Madama di Fontebello mi propose di far fare un breve ritiro alle figlie mie, perchè io temeva molto non fossero preparate quanto è pur bisogno. Frattanto io avea radicata in fondo del cuore la convinzione che i loro cuori non sarebbero mai più che in ora meglio puri e ben disposti. Il loro desiderio di unirsi al Signore era sì grande, che io mi vedea strascinata malgrado mio. Erano tanto immedesimate della solennità dell'atto che andavano a compiere, che suo padre ne era intenerito sino alle lagrime. Io stessa le preparai alla lor confessione generale, e permettete che io il dica a voi, che amate tanto le figlie mie, la maggior consolazione d'una madre cristiana è di credere che i propri figli abbiano presentato a nostro Signore un'anima tutta pura e immune da qualunque sia grave colpa. La sera della vigilia, era un tempo oscurissimo, {84 [134]} si diceva che il Santo Padre non potrebbe andare a s. Agnese. Le nostre preghiere perciò duplicaronsi per far venire il bel tempo, e presto furono esaudite.

            «Come fummo a s. Agnese, vi trovammo una calca sì grande, non contando i cento alunni di Propaganda, che parea quasi cosa impossibile accostarsi all'altare. Le mie bimbe erano abbigliate da capo a piedi per la prima comunione, cosa che le facea spiccar tanto più tra le foggie dell'etichetta, che erano tutte a nero. In quella che temevamo tolta ogni possibilità di farci strada tra la folla, Monsignor Bedini ci vide (bisogna dire che Monsignor Bedini, durante la sua Nunciatura agli Stati Uniti era stato perseguitato dai protestanti e che era la famiglia della signora Fisher, che lo aveva salvato mettendo a sua disposizione una bellissima casa di campagna, con servi; cavalli, domestici ecc.). L'Eminenza sua mandò un cameriere che ci collocò a piè dell'altare in faccia al Santo Padre, le mie {85 [135]} bimbe in mezzo, io a diritta, e mio marito Fisher a manca. Cara amica, in qual modo esprimervi i sentimenti dell'anima mia, allorchè vidi il nostro buon Dio, portato dal suo Vicario sulla terra, discendere nell'anima delle mie due bimbe e appresso venire a mio marito e a me? In quel punto io mi sentia compensata di tutto quello che avea patito per questi tre esseri a me tanto cari. Finita la messa, il Santo Padre ne ascoltò un'altra; tutti i presenti fecero altrettanto. Terminata ancor la seconda, il Santo Padre, i cardinali e dignitarii uscirono; noi pure eravamo per far lo stesso, quando Monsignor Bacon, vescovo americano, venne a noi dicendo: «Il Santo Padre vuole vedere le vostre bimbe.» Io le cedea quasi a malincuore, ma Monsignore, prendendole per mano ci disse: «Voi pure siete attesi dalla Santità Sua.» Fummo condotti in un appartamento dov'era il Santo Padre seduto a tavola. Al primo vederci, il Santo Padre esclamò: «Ah ecco il vescovo di Portland co'suoi {86 [136]} due angeli americani.» La vista del Santo Padre, così reverendo, mi mosse a pianto di consolazione. Io non ci vedea più, ma appena potei discernere qualche oggetto, qual colpo d'occhio! Le due mie amate figlie, sedute ciascuna a un de'lati del Papa che le serviva e facea mangiar loto dei bomboni, delle pastine e dello frutta. So che agli occhi d'una madre son sempre belli i proprii figli, ma vi confesso che in quell’istante esse erano sorprendenti in quella lor acconciatura bianca, novissima e di tutta semplicità. Esse m'aveano aspetto di due angeli protettori a fianco del Santo Padre. Possano esserlo realmente, e tener lungi da quel benedetto capo ogni sventura. Le persone assistenti erano commosse a quello spettacolo, e non pochi avrebber voluto si fosse fatto venire un fotografo per riprodurre una scena sì commovente.

            «Il mio turno dovea venire. Il Santo Padre domandò dove fosse la madre; io venni per prostrarmi a'suoi piedi. {87 [137]} La Santità Sua m'interrogò dove fossi stata educata io e le mie figlie, e all'udire che nel S. Cuore, sorrise dolcemente. Parlò con piacere del bene che opera quell'istituto, e alzando le sue mani sul capo delle mie bimbe disse: Oh figlie e figliolette del Sacro Cuore e tutti veri figli della Chiesa!.. Profittai, dell'occasione per far benedire quanto ho di più caro al mondo, e colla mia famiglia, la nostra veneranda madre generale del Sacro Cuore, e voi, ciò s'intende, in particolare. Anche mio marito venne a prostrarsi e a raccogliere la sua parte delle incoraggianti e soavi parole del Santo Padre. Oh! qual giorno qual giorno! sarà possibile che lo possa obliare?

            «Nel pomeriggio avemmo un'udienza dal Santo Padre, il quale avea cercato degli americani. Monsignor Bacon presentò alla Santità Sua i doni tutti uniti dei suddetti per mano de'miei due angioletti, i quali si teneano al lato di Monsignore mentre leggeva il discorso al Santo Padre. {88 [138]} Allorchè lo offrirono in nome de'miei compatrioti, Sua Santità vi rispose della maniera la più dolce dicendo, che le ultime sue croci erano state rattemperate di tante consolazioni, da non saper dire quali di queste e quelle siano state in maggior numero.

            «Volgendosi poscia alle mie care bambine il Santo Padre raccomandò loro di non dimenticar mai questo giorno, di conservare sempre illibata la purezza dell'anima loro lavata nel sangue dell'Agnello. E aggiunse: «e già ne avete 1'obbligo; imperocchè voi siete le pecorelle da me nutrite del pane celeste ed anche del pane terreno.» Ieri rivedemmo Monsignor Bedini e il cardinale Antonelli, il quale ci fece il miglior buon viso come già nell'ultimo nostro viaggio. A ciascun di noi diede, a nome del santo Padre, un magnifico rosario, e ci disse che il Santo Padre ci darebbe un'udienza particolare pel lunedì prossimo.

«Di Roma, a'dì 20 aprile 1860

«E. FISHER.» {89 [139]}

 

 

XXVI. Amore dei fanciulli a Pio IX.

 

            Ad esempio del Salvatore il Santo Padre ama molto i fanciulli, come abbiamo visto. Bisogna anche dire che queste giovani anime cristiane amano alla lor volta moltissimo il Papa. Delle moltissime prove eccone alcune.

            «Santo Padre, beneditemi, affinchè camminando sull'orme del mio avolo Luigi di Collegno, io riesca saggio e fedele a Dio e a Voi Vicario suo sulla terra.» - Luigi Rovereto di Rivanazzano d'anni cinque. -

            «Santo Padre, quando mia madre mi domanda quel che farò poichè sarò grande, io le rispondo di voler esser soldato del Papa; beneditemi dunque acciocchè io possa conservarmi in questi propositi. Carlo Rovereto di Rivanazzano di tre anni. Mando 60 centesimi.»

            «Due bambine, Maria ed Elisabetta {90 [140]} de Maistre spogliansi con piacere dei loro primi gioielli per darli a s. Pietro. Prostrate a'suoi piedi offrono ciascuna un anello e implorano la sua benedizione.»

 

 

XXVII. I premi donati al Papa.

 

            Gli alunni delle scuole Municipali di Tivoli assistevano il 30 agosto 1861 alla distribuzione dei premi, presieduta dal cardinale di Reisach e da Monsignor Vescovo di Tivoli nella chiesa dell'invitta martire Santa Sinforosa. La distribuzione era terminata, quando all'ultima medaglia, un alunno si spicca dai compagni e incomincia a declamar versi sulle tribolazioni del Santo Padre. Poichè fu al termine, si stacca dal petto tutte le medaglie che gli erano state appese per merito e corre a deporle in mano del Vescovo, pregandolo di spedirle al Sommo Pontefice. Tutti i suoi condiscepoli, mossi da un'azione così ammirabile, {91 [141]} imitano il suo esempio e tutti si privano dei premi ricevuti. Ed ceco in un istante le gare di onore convertite in gare di amore. Tutti li astanti si erano inteneriti, e uno degli alunni non avendo ricevuto verun premio, cavò fuori l'orologio d'oro e lo depose nelle mani del Vescovo pregandolo di farlo avere a Pio IX. Il cardinal di Reisach portò così al Santo Padre una busta contenente le medaglie degli alunni, colla descrizione di quanto era avvenuto. Il Santo Padre l'accettò con bontà e riconoscenza e inandò con tutta l'espanzione del cuore agli alunni l'apostolica benedizione.

 

 

XXVIII. Offerta dei poveri orfanelli al Papa.

 

            Si legge nella Lecture d'Angers:

            «Una persona caritatevole bramosa di procurale una onesta ricreazione ad un piccolo orfanotrofio di Parigi, {92 [142]} andò a depositarvi una somma di cento franchi destinata per un viaggetto sulla via ferrata. Quelle povere fanciulle non aveano mai goduto d'un tale diletto, e la corsa era fissata per la dimane del primo giorno dell'anno. Due o tre giorni prima la persona benefattrice venne per un'altra volta a visitare le sue protette e a partecipar loro una lettera che avea ricevuta da Roma, nella quale era parola delle strettezze e angustie del Sovrano Pontefice.

            «Appena fu terminata la lettura della lettera alcune presero a dire: «poscia che il Santo Padre è si povero, noi gli doneremo i cento franchi, e ci staremo a casa. - Niente affatto, soggiunse la benefattrice, il danaro lo dono a voi, e mio desiderio è che il godiate voi. - No, no, replicarono tutte in coro quelle tenere voci, quel danaro pel Santo Padre. - Ebbene! proseguì la benefattrice, giacchè non volete lasciarvi persuadere oggi, tornerò da qui a otto giorni per conoscere le vostre {93 [143]} definitive risoluzioni.» Intanto le povere orfane sentirono crescere sempre più l'amore verso il padre comune, e ben lontane dal vagheggiare la loro corsa di piacere furono unanimi nel fare il sacrificio. Composero da se stesse una graziosa lettera al Sommo Pontefice e quando allo spirare degli otto giorni tornò la benefattrice, gliela consegnarono coi cento franchi. E quella, cui altri affari chiamavano poco dopo a Roma, partì, recando seco i cento franchi e la lettera che consegnò in proprie mani del Papa.»

 

XXIX. Il bambino caritatevole.

 

            La consacrazione di Pio IX alla Beata Vergine fatta dalla virtuosa sua madre non potea fallire dal portargli felicità, e infatti gliela portò doppiamente. La si riconobbe a quei tratti regolari e delicati che cominciarono a modellare con grazia squisita l'angelica sua figura, a quelle {94 [144]} forme morbide e geniali, le quali diedero a tutta la sua persona e fino a'suoi più piccoli movimenti, quel fare pieno di maestà e di vero regal portamento, che tutti si dilettano d'ammirare in lui; la si vede soprattutto ai buoni istinti che s'infusero come da se medesimi nel semplice e candido suo cuore, per isvilupparsi poi al di fuori in frutti deliziosi di pietà e di virtù.

            Il nobile bambolino era sì bello, rittettea si bene sulla sua fronte i dolci lumi dell'innocenza, che facilmente lo si avrebbe preso per uno di quei vividi cherubini che i pittori del suo paese seppero con tant'arte disporre intorno alle loro Beate Vergini. Quante volte trastullandosi con altri piccoli suoi compagni sotto gli occhi della propria madre fu visto arrestarsi tutto improvviso e porsi in disparte, levando gli occhi al cielo e inclinando lievemente la testolina come avesse udito dall'alto una voce d'angelo che gli dicesse: Fratello mio! Quante volte, dopo il pranzo in famiglia, {95 [145]} invece d'abbandonarsi senz'altro attendere a'suoi balocchi, si appartava furtivamente nell’oratorio materno, piegando le ginocchia e giugnendo le mani dinanzi un'immagine del glorioso bambin Gesù, cui gli si era insegnato ad imitar così bene, o davanti una statuetta dell'augusta Vergine che gli avean dipinta come il più bel tesoro della terra e del cielo! Alle soavi inspirazioni di questi due amori tutto celesti debbono 1'origine loro quelle virtù che pullularono sino dai primi anni del Santo nostro Pontefice, anni troppo rapidi, benedetti da tutto il mondo, ma sopratutto dagli infelici. «Quando vedeva un mendico, dice l'Alyoni, il suo cuoricino era preso da compassione, e correa ad additarlo alla calda e pura carità di sua madre a fine di ottenere di soccorrere quell'infelice.» {96 [146]}

 

 

XXX. Prima messa di Pio IX.

 

            Dal primo giorno che gli furono conferiti i sacri poteri Pio IX parve avere totalmente dimenticato e la propria nobiltà e la sua famiglia, per non pensare se non se ai doveri che imponevagli la sua nuova condizione nel mondo. Certamente una grande allegrezza sarebbe stata per la casa sua, se la mattina dopo la sua ordinazione, il novello prete, celebrando per la prima volta il santo sacrifizio, si fosse presentato all'altare della sua infanzia, davanti a quell'altare dove la pietà materna gli avea fatto vedere così bene il retto cammino. Con qual nobile orgoglio il padre suo sei sarebbe ricondotto alle patrie mura, circondato dallo stuolo dei propri amici e parenti per farlo sedere ad un giocondo banchetto! Con quanta allegrezza sopra tutti la {97 [147]} madre sua, con quel suo buon cuore, avrebbe anelato averlo in disparte, e là, sola con Lui a'pie delle care immagini di Gesù e di Maria, dinanzi alle quali fecero altra volta insieme le loro orazioni, come si sarebbe inebriata di quel suo sguardo celeste! Come sarebbe stata pendente dalle sue labbra quando avesse udito da lui raccontarle le prime soavi impressioni del giovine suo figlio elevato al sacerdozio! Ma il santo, il grande, l'eroico Pio IX credette suo debito disporre altrimenti: la prima volta che le sue mani levarono il calice di redenzione non fu nell’illustre basilica di Sinigaglia, non nella sua città natia, bensi fra le mura meschine di un Orfanotrofio in Roma.

            Ecco in qual modo grazioso ci racconta il fatto un devoto scrittore assunto anche egli al presbiterato appena uno o due giorni dopo.

            «Ebbene figliuol mio caro, dissegli amorevolmente Pio IX dopo avergli data la sua benedizione, eccovi dunque prete, voi dunque aveste la {98 [148]} gran ventura di offrir molte volte l'augusta vittima sull'altare.

            «Si, Santissimo Padre.

            «Figliuol mio, e dove dunque diceste la vostra prima Messa?

            «A s. Pietro nelle grotte Vaticane.

            «Ottimamente; Per voi dovette essere una grande soddisfazione: me ne congratulo con voi. Quanto a me io dissi la mia prima messa alla Tata-Giovanni, in mezzo ai poveri orfanelli.

            «E così dicendo il Santo Padre si concentrava, come per assaporare una dolce memoria; poi riprese a dire:

            «E dove, figliuol mio, diceste la vostra seconda Messa?

            «A Santa Maria Maggiore, Beatissimo Padre.

            «Una buona idea! un'idea eccellente! Santa Maria Maggiore! delizioso santuario! me ne rallegro nuovamente con voi. La mia seconda Messa io la dissi alla Tata Giovanni! poveri Orfani! {99 [149]}

            E nel dire queste parole il Santo Padre chinò il capo, e si concentrò ancor maggiormente. Voltosi poi per la terza volta al giovane prete:

            «E la vostra terza messa dove la celebraste?

            «A s. Giovanni in Laterano.

            «Benissimo, figliuol mio. Non posso non ammirare la vostra pietà e il felice discernimento del vostro cuore. S. Giovanni Laterano è con s. Pietro e santa Maria Maggiore uno dei più insigni templi del Cattolicismo. Io poi la mia terza Messa celebrai, come le prime due, alla Tata-Giovanni. Là, continuò con voce commossa il Santo Padre, là celebrai la mia quarta messa, la quinta e tant'altre dopo[4]

            Allora che 1'abate Mastai, ora Pio IX ritornò dal Chili trovò un novello pontefice a Roma, Leone XII. La pubblica fama avea già riferito al successore di Pio VII quali erano le buone {100 [150]} opere e la santità dell'abate Mastai: per conseguenza appena fu di ritorno ritrovò prontissima la ricompensa dei ferri portati nelle isole, del Mediterraneo, e dei suoi tanti servigi nella missione al Chili. Leone XII lo nominò canonico della Chiesa di s. Maria in Via-Lata col titolo di prelato.

            Quel titolo caricandolo di nuovi doveri sembrava allontanar dal popolo l'abate Mastai ed alzarlo troppo sopra dei poverelli, senza la compagnia dei quali a lui parea non poter vivere. Non tardò dunque molto a lasciar vedere che non si trovava bene in quel posto insigne, e che non ci stava se non perchè credea fare il voler di Dio. Gli stessi amici suoi cominciavano a desiderare sulla sua fisionomia e sulle sue labbra quel sorriso spiegato e quel conversar vivace che erano stati soliti a leggergli sempre in viso. Per la qual cosa senza che egli lo sapesse, intercedettero per lui appo il Pontefice. Leone XII, al quale un semplice sguardo, una sola parola erano bastanti per indovinare la grand'anima del suo canonico, comprese {101 [151]} prese la cagione della sua tristezza, e troppo felice nel paterno suo cuore di poter consolare il Mastai non pose tempo in mezzo a nominarlo direttore presidente l'Amministrazione dell'Ospizio di s. Michele a Ripa-grande, uno dei più vasti e floridi stabilimenti nel suo genere, di tutta l'Europa cristiana.

            Siffatta nomina da Lui nulla punto cercata, rese più lieta la gioia prodotta in cuore all'abate Mastai, gli tornò il sorriso del pari che il cuore pei suoi poverelli. La Tata-Giovanni e s. Michele a Ripa-grande si leveranno un giorno per contendere insieme sul gran numero di buone opere colà operate dalla carità dell'abate Mastai.

 

 

XXXI. Altre prove del suo affetto ai poveri.

 

            Le virtù veramente apostoliche dell'abate Mastai attirarono sopra Lui gli occhi di Leone XII che nel 21 maggio 1827 {102 [152]} lo nominò alla sede Arcivescovile di Spoleto. La dignità e gli onori lo rapiano sì dalla società che dai diletti poveri, ma, Ei cercò modo di adoperarsi per loro. Era l'amico che va sempre sull'orme dei propri amici, il padre che vuol sempre i suoi figli, il benefattore dal cuore e dalla mano sempre larghi di consolazioni e di aiuti.

            Giunto a Spoleto, le prime sue cure furono quelle d'informarsi dello stato, della condizione e dei sentimenti religiosi delle sue pecorelle. Andò dunque bussando alla porta degli epuloni, alle splendide sale dei nobili e dei facoltosi e, senza ferir l'orgoglio della grandezza, seppe introdurre nelle pompe umane il nomo salutare del Dio umile e povero. Visitò l'artigiano nel suo laboratorio, il negoziante, l'uom di commercio nei suoi comodi appartamenti, il funzionario civile ne'suoi pubblici uffici, lasciando a tutti la benedizione di colui che tien l'occhio della sua giustizia costantemente aperto su tutti gli stati e su {103 [153]} tutte le condizioni. Anzi tutto volle trovarsi in mezzo alle famiglie povere e tribolate, senza lasciarne pur una dimenticata, fra le vedove, fra gli orfani, fra i vecchi infermi ed abbandonati, e dopo di tutto ciò vedendo così là, come a Roma molto male accanto a molto bene, tratto come era sempre a diminuire la moltiplicità dei dolori e delle lacrime che incontravansi co'suoi sguardi, si mise in opera a prima giunta di porre le fondamenta di un ospizio in favore di tutti i miseri della sua diocesi.

 

 

XXXII. Pio IX Padre del popolo.

 

            Se mai Principe regnante meritò questo titolo, lo meritò Pio IX.

            Un giorno, senza altra compagnia che un suo cameriere, era salito in una delle più squallide casipole di Roma, ricovero di una povera famiglinola di miserabile vedova, di {104 [154]} due fanciulle di quattordici anni, e di due garzoncelli. Egli voleva accertarsi co'proprii occhi sulla verità delle relazioni che gli erano state fatte dagli uni, negate dagli altri. L'esposizione dei fatti era pur troppo giusta. Il Sommo Pontefice esaminò i luoghi, e scoperse in un angolo della catapecchia una delle giovinette che tutta turbata chiedea qualdei due fosse il Papa, ed essa e l'altra ambedue gettaronsi ai suoi piedi. Quanto alla madre l'insperata ventura di ricevere una tanta visita congiunta alla speranza di vedere alleviata la miseria dei proprii figli, la fece cadere fuori del senso. Pio IX a tal vista intenerito fortemente, lasciò a que'poveretti la propria borsa, e provvide sì che in futuro nuovi sovvenimenti non dovessero loro mancare. {105 [155]}

 

 

XXXIII. Il Papa e il regalo di un cavallo.

 

            Un abitante del rione dei Monti, quartiere in vicinanza del Quirinale, avea perduto il cavallo onde serviasi per trasportare le sue provvigioni al mercato.

            «E perchè, disse fra sè, sapendo che il nuovo papa è tanto benefico, non andrò a domandargli uno de'suoi cavalli di scarto, che ha là nelle sue scuderie, affinchè venga a tener vece del mio?»

            E tosto si mosse per effettuare l'idea concepita. Appena fu in palazzo il nostr'uomo incontrò ai piedi dello scalone il segretario della Santità Sua e trovollo ben disposto ad esporre la sua domanda.

            Il Papa giudicò che l'idea era eccellente, e al pover'uomo fece tosto consegnare un cavallo colla giubta di due pezzi d'oro, coi quali potesse dare un po'di sesto ai proprii affari. {106 [156]}           Bisognava vedere, dice l'autore dal quale leviamo il presente aneddoto, bisognava vedere la gioia di quel buon uomo. Salito in groppa al suo nuovo destriero, che gli pareva superbo, si portò di galoppo fra il quartiere dei Monti, coi suoi duo pezzi d'oro alla mano gridando: Viva Pio IX! viva Pio IX!

 

 

XXXIV. L'insalata di Sisto V e l'elisire di Pio IX.

 

            Papa Sisto V a que'dì, in che egli era non più che un semplice religioso, avea stretta amicizia con un giovine avvocato motlo erudito, e di esemplari costumi, nè la loro amicizia fu intralasciata per la promozione del religioso al cardinalato. Parve però che venisse a spegnersi dopo l'assunzione di questo al trono Pontificale. Preoccupalo dalla somma degli affari della nuova dignità, sembrava che Sisto V avesse posto in dimenticanza {107 [157]} l’amico dei tempi andati. Il povero avvocato se la vivea in Roma molto meschinamente a cagione di ruinosi disastri, che avean colpita la sua famiglia. A poco a poco egli venne a tali strettezze, che ne giacque infermo pel gran dolore. Provvidenza volle, che andasse a visitarlo un certo Antonio Porti, medico del Papa. Siccome è di consueto avvenire in somiglianti casi, l'infermo mise a notizia del medico non solamente il suo male fisico, ma più i suoi malanni morali, le sue cattive fortune. Per tal guisa il medico venne in cognizione dei vincoli d'amicizia stati fra l'avvocato e il futuro Sisto V. Un di essendo alla presenza del Pontefice, destramente fece cadere il discorso sul misero slato dell'avvocato e fece un quadro patetico della sua somma penuria, sola causa della malattia che l'affliggea. Il Papa che non avea tempo a spendere in quel discorso, troncò a mezzo le parole del medico e l'accomiatò con poca soddisfazione del medico, divenuto avvocato dell'avvocato. {108 [158]}

            Il dì seguente il Porti ebbe una seconda udienza e il Papa così prese a dirgli: «Io stimo grandemente la medicina, e l'avrei studiata anch'io se ne avessi avuto l'agio. Tuttavolta non lascio d'ordinare a quando, a quando i miei buoni rimedi e ci ho la compiacenza di vedere che mi danno effetti tanto buoni, quanto i vostri. Ieri mi parlaste dell'avvocato infermo al cui letto siete stato chiamato. Ditemi qual medicina gli avete prescritta? Santo Padre, rispose il medico, gli ho prescritto un fortificante in polvere. Ed io, ripigliò il Papa, gli ho spedito un corroborante vegetale, alcuni cespi d'insalata degli Orti Vaticani, e son sicuro, che il buon effetto non fallirà. - Dell'insalata? saltò su il medico tutto sbalordito. Se il povero avvocato m'esce guarito con tal rimedio io dico che sarà un miracolo della Santità Vostra.» Il Papa sorrise e congedò il medico con queste poche parole: «Andate al vostro ammalato e ditegli che per lo innanzi io sarò il suo {109 [159]} curante. Scusate se vi rubo un cliente ma per voi ciò è niente.»

            Il medico Porti in due passi fu alla casa dell'avvocato sulla piazza Traiana. Trovò l'ammalato già fuor del letto e tutto gaio e vispo. Figuratevi come rimase il Porti! «dov'è, disse, l'insalata che vi ha mandata il Papa? «Eccola, disse l'avvocato, segnandogli un canestrino, me l'ha portata appunto il giardiniere del Papa.» Il medico la guardò con un viso di non curante, e aggiunse: Quello non è un rimedio atto a guarire una malattia quale era la vostra. - Dottore, riprese l'avvocato, rovistate in fondo al cestello, là voi troverete lo specifico.» Il medico così fece, e vi trovò un gruzzolo di trecento scudi d'oro. Allora voltosi con compiacenza all'avvocato, amico, dissegli: «Ippocrate non prescrisse mai migliori farmachi pe'suoi ammalati, e se n'andò.»

            Il giorno dopo fu al Papa tutto ilare e insieme un po'confuso. - Santo Padre, proruppe, l'insalata da voi spedita all'avvocato è di tale specie {110 [160]} che la botanica non l'ha. Se la Santità Vostra mei consente, io le raccomando tutti gli ammalati della natura di questo da lei guarito. - A cui Sisto rispose: Di questa specie di ammalati io ne ho a sufficienza; la mia pena si è di non poterli guarir tutti allo stesso modo.

            L'insalata di Sisto V andò in proverbio a Roma. Quando qualcuno per uscir d'imbrogli, avrebbe bisogno di un buon gruzzolo di marenghi, si suol dire: gli vorrebbe un costicino dell'insalata di Sisto V.

            Anche il Papa Pio IX ha le sue medicine di una natura e virtù speciale. Non ha molt'anni che l'avvocato S... cadde pericolosamente infermo. Il suo male era effetto delle fatiche eccessive dovute durare per sostentare la famiglia che avea numerosissima, era uomo di conosciuta probità e che godeva della stima universale. Saputosi lo stato suo, tutti ne furono tocchi da compassione. Più degli altri ne fu commosso Pio IX, che conosccalo di persona. Un giorno {111 [161]} disse al proprio medico, il dottor Corpi. «Pregovi d'una visita al povero avvocato S... So che egli giace gravemente infermo; se credete che sia espediente portategli questa medicina.» E in così dire gli pose in mano un piego sotto coperta.

            Il dottor Corpi capì subito che quello era un elisire da portare un salutevole effetto, e senza por tempo in mezzo andò all'avvocato. Accolto pulitamente dalla moglie dell'avvocato, la signora cominciò a dirgli che il marito suo trovavasi in un'estrema languidezza, e che il medico aveva posto divieto al lasciar entrare chicchessifosse. «Sta bene, rispose il dottor Corpi; ma anch'io sono medico, e vorrei prendere cognizione della malattia dell'avvocato per darne conto al Santo Padre, per ordine del quale sono qui venuto.» Allora egli fu fatto entrare in camera del malato e poichè ebbelo esaminato; disse: Su, animo, il male non è poi tanto da dovervene disperare. Il Santo padre ha saputo del vostro mal'essere {112 [162]} e ne prova pietà. A queste parole la moglie dell'ammalato si mise in un pianto e prese a dir così; Mio marito è ridotto a questo pel troppo lavoro, a cui si è dato per sostentare la sua famiglia. - Il Santo Padre, ripigliò sorridendo il dottor Corpi, mi ha incombenzato di farvi avere questa medicina, che pel momento parmi debba essere di una virtù eccellente. Così dicendo consegnò il piego all'infermo. Il piego conteneva biglietti di banco valevoli per la somma di trecento scudi. Impossibile esprimer la sorpresa dell'ammalato e della donna sua. La medicina produsse il suo effetto, e in pochi giorni l'avvocato fu in piedi. Ora è pienamente ristabilito in salute, e non ha parole sufficienti per mostrare la sua riconoscenza alla bontà di Pio IX. {113 [163]}

 

 

XXXV. Il padre dei poveri.

 

            Il Duca Grazioli è un ricco romano largo in beneficenze verso i poverelli. Fra i tanti edifizi egli possiede in Roma un ampio fabbricato ridotto in piccoli appartamenti d'una o due camere ad uso di famiglie indigenti. Cucina e camera si appigionano per trenta franchi all'anno e colla giunta di altri dieci si dà una terza camera. Un giorno il duca ebbe occasione di vedere il Papa, il quale gli disse subito: io so quel che fate.

            Pochi giorni dopo, gli arrivò un biglietto dal Vaticano dove si dicea: Domani, e se ne dava l'ora precisa, il S. Padre verrà a visitare la vostra casa di ricovero. Il duca vi si recò con tutta la sua famiglia, e Pio IX era puntuale all'ora posta. Tutte le famiglie alloggiate ricevettero lo visita di Pio IX, il quale per tutte quante avea parole di soavità e a tutte Ei {114 [164]} benedisse, lasciando loro qualche monetuccia in argento prima di partire.

            Colà trovavasi eziandio il figlio minore del duca. Pio IX sei prese fra le braccia, lo ravvolse nel suo mantello e lo colmò di carezze.

            Giunta l'ora del partire, il Santo Padre si volse al pio benefattore e sorridendo dissegli: «Signor duca, io vi ringrazio.» A cui piangendo di tenerezza il duca: Santo Padre, sono io quello che ha l'obbligo di ringraziare la Santità Vostra. La vostra visita oh come ci ha riempiti di contentezza!

            «Oh! no, sono io che trovomi qui felice: io sono e voglio esserlo il padre dei poveri; Voi avete fatto del bene a questi miei figli, io debbo esservene grato e perciò ringraziacene.»

 

 

XXXVI. Bontà di Pio IX per gli ebrei.

 

            È cosa nota tutto quel gran fracasso fatto dalla turba dei liberi pensatori allorchè il giovinetto Mortara, cui {115 [165]} Pio IX ebbe la bontà di fare educare a proprie spese sino all'età nella quale fosse atto a fare da se stesso una risoluzione, e giudicare se gli conveniva rimanersi nel grembo della vera Chiesa, dove fu introdotto col santo battesimo! L'augusto Pontefice sa benissimo sceverar le persone dai loro errori. Ben s'intende che il Papa non può dare il salvacondotto all'errore e concedergli i diritti stessi, che lascia alla verità, come vogliono certuni. Ciò non gli toglie però d'essere pieno di bontà e di amorevolezza anche per quelli che non sono nella Chiesa. Ecco tra mille un tratto che conferma la nostra asserzione.

            Jn Roma evvi un quartiere riservato esclusivamente agli ebrei, nomato altrimenti Ghetto. Cotesto quartiere del resto assai squallido e malsano è poco frequentato dai Romani, e volentieri si vorrebbe non avere alcuna comunicazione con loro che vi dimorano.

            Appena avvenuta la sua assunzione al Pontificato, Pio IX pensò a migliorare {116 [166]} il Ghetto e a renderlo, più abitabile. Per tuttociò una deputazione Israelitica venne a fargli omaggio della sua riconoscenza e offersegli un calice antico conservato da due secoli in Ghetto. Pio IX fece buon viso ai deputati, «figli miei, disse il Papa, accetto, con piacere il vostro dono, e ve ne ringrazio.» Indi sedutosi allo scrittoio sul primo brandello di carta che gli venne alle mani, scrisse; Buono per mille scudi; e dopo averci apposto il suo sigillo; accettate, disse ai mandatarii, accettate anche voi in ricambio questa sommetta, e distribuitela da parte di Pio IX alle famiglie miserabili del Ghetto.»

            Alcuni giorni dopo, passando per quel quartiere il Santo Padre, si avvenne in un povero vecchio disteso e presso che senza vita, sul lastrico della via. Smonta di carrozza e gli si fa vicino.

            «È un giudeo, diceva il popolo, e niuno si curava di prestargli aiuto.

            «Che dite, gridò il Papa, voltosi ai circostanti, non è un nostro simile {117 [167]} che qui soffre? Conviene soccorrerlo.»

            E alzandolo egli stesso colle proprie mani, e coll'aiuto dei prelati che lo accompagnavano, lo fece ascendere nella sua carrozza, lo ricondusse alla sua abitazione e noi lasciò finchè noi vide rinvenuto.

 

 

XXXVII. Pio IX e il povero pellegrino.

 

            Un giorno Pio IX si portò all'ospizio della Trinità dei Pellegrini, dove si alberga ogni cristiano che viene a Roma per sue devozioni. Precisamente in quel giorno era arrivato un povero prete di Prussia, chiamato Teodoro Lauvensen. Avea corso a piedi la maggior parte del lungo viaggio e si riposava dalle fatiche in una stanzina che gli era stata assegnata. Le acclamazioni degli abitanti nell'Ospizio gli davano a capire che era poco lontano il Papa. Per la qual cosa guizzò dal letto e acconciatosi alla meglio la persona corse ad incontrare {118 [168]} l'illustre visitatore. Pio IX, dato l'occhio sul costume e sul sembiante del forestiere, che gli dicevano dover venire di lontano luogo, s'informò del nome e della qualità del pellegrino, e manifestò il desiderio di rinnovare per riguardo suo una pietosa cerimonia. Uno dei membri della confraternita fu incaricato di condurre l'abate Lauvensen nella camera del Lavabo. Là lo si fece sedere sopra un banco di legno, altri due fratelli ammannirongli innanzi un bacile ripieno d'acqua e cominciarono a levargli le calze. Lo straniero domandava inutilmente che s'intendesse fare di lui, quando Pio IX in persona venuto dentro, circondato da'suoi cardinali, gli diè la risposta inginocchiandosi dinanzi a lui. L'abate Lauvensen intese allora che il Papa stava per lavargli i piedi. Allora incominciò la scena che già ebbe luogo fra Gesù Cristo e gli Apostoli, quando il Signore ebbe tagliato corto ad ogni questione, dicendo: Ciò che io faccio a Voi in questo momento, converrà che {119 [169]} alla volta vostra voi lo facciate agli altri. Dopo la lavanda dei piedi, il Papa interrogò l'abate Lauvensen del motivo che l'ebbe fatto venir sino a Roma, poi lo lasciò dopo avergli regalato qualche soccorso.

 

 

XXXVIII. Pio IX e sua bontà ineffabile.

 

            Pio IX volendo visitare lo Spedale militare di s. Andrea, disse all'agente contabile: - Desidero di stare coi poveri soldati che non temettero lasciarsi ferire per me. Mi ci volete condurre? - Il Papa si mosse allora verso la scala che dà alle sale, e le salì rapidamente, appoggiandosi al braccio dell'ufficiale cui chiamava figlio, suo caro figlio.

            Intanto parecchi soldati, che erano nel cortile, corsero ad avvisare i loro camerata, e allorchè il Santo Padre fu dentro alla prima sala, trovò che tutti erano in movimento. Fu impossibile tener fermi sui loro letti quelli {120 [170]} cui le forze diedero di levarsi. Si parla sin d'un ferito che nella sua toga comparve in camicia. Quelli poi che il dolore teneva inchiodati sul loro letto, faceano d'aggiustarsi alla meglio, e cavarono tutti in un batter d'occhio i lor berretti da notte. I convalescenti gli corsero incontro, prostraronsi a'suoi piedi, coprendoli di baci. Il Santo Padre si fermò ad ogni letto, volgendo ai poveretti, che vi stavano, parole di consolazione incoraggiandoli a pazienza e a rassegnazione. Ringraziavali di quanto aveano sostenuto per amor della Chiesa, e promise loro le ricompense e le benedizioni del cielo; a ciascuno poi diè un oggetto di devozione, ossia a chi un Cristo in argento montato sopra una croce d'avorio, a chi una medaglia preziosa, a chi un rosario.

            In mezzo all'entusiasmo destatosi dalla presenza del Papa, uno de'malati si alza, e viene a'suoi piedi dicendogli colle lagrime agli occhi: Oh! datemi un rosario per la povera mia madre. Udendo il voto cordiale di {121 [171]} quel valoroso, Pio IX con quella dolcezza, che è tutta sua propria, gli donò uno dei più bei rosarii che avesse. Potete immaginarvi qual fu il trasporto del buon soldato.

            Un altro gli battè all'amichevole sur una spalla, borbottando: Santo Padre, mi fareste il favore di un rosario? Il Papa voltosi subito ridendo di tutto cuore, gliene diè uno.

            La sua intenzione era di recarsi anche allo spedale dei Santi Domenico e Sisto; ma l'avidità fu sì grande che dovè dar fondo alle provvisioni in Sant'Andrea. Costretto quindi a rimettere in altro giorno la visita si congedò dicendo: «Voi mi avete diserto, non ho più un filo da portare agli altri vostri camerata, lo farò un'altra volta.»

            Uscì dalle camere lasciando quei soldati sorpresi del pari che soddisfatti dell'indicibile sua bontà. In fondo alla scala incontra un fanciullo che gli bacia la mano stringendola con ogni rispetto. Il Papa lo accarezza e questi dimandagli una medaglia. {122 [172]} Non ne ho più una, risponde il Pontefice, mio buon amico, ma ve ne farò portare una. Era il figlio del contabile cui ricolmò di ringraziamenti con un'emozione che in quel momento iva crescendo in tutta la forza del sentimento paterno.

            L'ufficiai di guardia o capo posto non avendo potuto abbandonare la propria piazza del pari che i suoi compagni, nulla aveano ricevuto. Vedendo passare il Papa non poterono frenarsi: Papa mio, se potessi avere un effetto della vostra bontà!... ho una madre che anch'essa sarebbe tanto contenta d'avere un vostro rosario. Il buon Pontefice glielo promise e il giorno dopo ne ebbe uno per sè e altri per parecchi della sua famiglia.

            Finalmente si giunse alla porta, ma ivi pure gli ammalati, che eran venuti seguendol dietro, vollero una nuova benedizione, e si misero tutti in ginocchio. Il buon Pio benedisse nuovamente e quei soldati veramente cristiani, che abituati al nostro linguaggio soldatesco sel chiamavano: {123 [173]} «mio Papa» come avrebber detto: «mio generale.» I più istruiti gli davano del Monsignore, e pochissimi del «Santo Padre.» Di ritorno al Vaticano, la Santità sua ridisse ogni cosa per singolo ai Cardinali e si trastullò giovialmente sugli appellativi datigli da que'bravi soldati.

 

 

XXXIX. Pio IX e i colerosi.

 

            Nel 22 agosto 1854 alle cinque e mezzo pomeridiane, fuor d'ogni aspettazione si vide il Santo Padre Pio IX entrare nello Spedale di Santo Spirito. Eccolo nella sala dei colerosi, eccolo al letto degli ammorbati, e da ognuno attinge informazioni sullo stato di salute e tutti rianima e consola con paterne e religiose parole, li benedice e chiama sopra di loro le divine misericordie. Uno degli attaccati giaceva ad un canto estremo della sala Pio IX gli corre appresso e lo cura come farebbe una madre il proprio {124 [174]} figlio, gli mostra il cielo, gli parla di Dio, recita la preghiera degli agonizzanti, e colla sua tenerezza gli dà come un saggio delle dolcezze del paradiso. Dalla sala degli ammalati, Pio IX va a quella dei convalescenti ai quali fa animo con parole ripiene d'affetto, s'informa come fossero trattati, li raccomanda con tutto lo zelo alle persone che vegliano alla lor cura, e dà a tutti la sua benedizione.

            Nè quella fu l'unica visita di Pio IX ai colerosi. Sei giorni più tardi passando a piedi innanzi allo spedale di s. Giovanni riservato alle donne, vi entrò e chiese se vi aveano infermi di colera. Udito che sì, entrò nella sala delle colerose; non v'era che una donna sola già all'ultimo estremo di vita. Il Papa dopo aver recitate le preghiere della raccomandazione dell'anima la benedisse, l'asperse dell'acqua santa, e avendola veduta morire recitò sopra di essa il De profundis. {125 [175]}

 

 

XL. Memorie di un coscritto.

 

            Ecco in qual modo un soldato racconta un visita di Pio IX ai colerosi.

            «Anch'io caddi del male, e ne benedico Iddio imperciocchè quell'assalto di colera che non fu nè grave, nè lungo, mi diè campo di assistere alla visita che il papa degnò fare in persona allo spedale militare. Io era quasi appieno risanato, e non guardava nemmen più il letto. Il cappellano andava di sala in sala portando i soccorsi ai più aggravati, allorchè tutto a un tratto vennero ad avvisare dell'arrivo del Santo Padre.

            «Non potendo credere alle proprie orecchie salto fuori a corsa, discendo in fretta coll'ufficiale di amministrazione e al fondo della scala m'incontro faccia a faccia nell'ottimo, nel Santo Papa Pio IX, nel Sovrano Pontefice che veniva con null'altra compagnia che quella di Monsignor {126 [176]} di Mérode a consolare e a benedire i suoi prediletti figli dell'esercito francese.

            «Giudicate come io rimasi e con qual gioia. La notizia va colla rapidità del lampo, e in un istante tutte le sale, tutti gli ammalati sapean la cosa.

            «Il Papa viene a vederci. - È qui che viene. Il cappellano è sceso a riceverlo. - In questo punto è in cappella che adora il Santissimo Sacramento. - Odo passi; è qui, è qui che viene; è lui, è lui, lo conosco! Come è bello! io non isperava più rivederlo. Dopo ricevuta la sua benedizione, morirò più contento.»

            «Tali erano le parole e mille altre che qui non noto, che si scambiavano fra gli infermieri e gli ammalati all'avvicinarsi del Santo Padre.

            «Io mi era tratto alla porta della prima sala coi computisti, gl'inservienti dello spedale e con altri impiegati. Il Papa entrò e tutti in ginocchio ricevemmo la sua benedizione. Dopo questa si fece presso agli informi e si {127 [177]} fermò di mano in mano ad ogni sponda di letto, toccando i poveri colerosi, benedicendoli e volgendo loro accenti di consolazione e d'amore con una schietta bontà, e distribuendo a ciascuno una medaglia della Beata Vergine, portata con sè a tal uopo.

            «All'accostarsi del Santo Pontefice gli ammalati, i moribondi stessi si sollevavano sul loro origliere, si scopriano il capo colla mano tremolante e curvavan le teste sotto la benedizione del Vicario di Gesù Cristo.

            «Poichè ebbe girato intorno ogni sala, e benedetti un dopo l'altro tutti gl'infermi, il Papa quale un buon padre che non dimentica verun de'suoi figli, volle benedir pur anco tutti gli infermieri e gli altri impiegati dello Spedale. Ammolli a servire con zelo nostro Signore che soffria nelle persone dei loro infermi, e come ricordo della sua venuta regalò a ciascuno un crocifìsso in legno d'ebano e in argento.

            «Al momento di ritirarsi un infermiere, un vecchio Bretone conosciuto da tutti i soldati col nome di {128 [178]} père la Goutte (papà stilla) a causa della sua passione al bicchiere, usci dalla compagnia, fece alcuni passi avanti e fermandosi ritto di fronte al Santo Padre, portossi la mano in capo, tossi, diventò rosso, si grattò a un orecchio, come se cercasse nella propria testa una frase, che non volesse uscire, e fini per dire, incespicando ad ogni parola:

            «Papa, perdon,... ma... ma cioè, avrei una cosa da domandarvi.

            «E che cosa è questa, mio amico, rispose il Papa con tutta bontà?

            «Il perchè... si è che vorrei un crocifisso.

            «Ma ve l'ho dato, ripigliò il Santo Padre, con un benigno sorriso, additando all'infermiere istesso il crocifisso che teneva in mano.

            «Papa, scusami, perdonami, riprese allora papà stilla; ma vedi bene, questo è buono per me, ed io son quello da volerne un altro per mia madre: brava donna e sincera cattolica, vel guarentisco io, ed essa il merita assai più di me. {129 [179]}

            «Il papa si rivolse a Monsignore De Mérode, scelse il crocifisso più grande e più bello degli altri e dandolo all'infermiere, con accento tutto paterno dissegli:

            «Amico, prendete, ecco il crocifisso per voi. Il vostro mandatelo a vostra madre e custoditevi questo in memoria mia.

            «Grazie infinite, papa, soggiunse il soldato tutto commosso; e asciugandosi gli occhi, baciò la mano del Santo Padre che die a tutti i presenti una ultima benedizione e se ne andò portando seco tutti i nostri cuori.»

 

 

XLI. Il carnevale santificato.

 

            Si ha da Roma in data del 4 marzo 1865 alla Gazette du Midi:

            «Il nostro adoratissimo Santo Padre ha trovato modo di santificare il Giovedì grasso con un'opera degna della sua carità.

            «Un povero muratore era caduto da un'armatura in Trastevere nel momento {130 [180]} stesso che per avventura passava Pio IX. La Santità Sua smontò di carrozza per visitare il ferito; lo fece poscia tradurre al più vicino Ospizio, e quivi ei volle esser testimonio col vederlo fasciare, e dopo averlo confortato e benedetto gli lasciò un buon peculio in danaro.

            «Potete immaginare come questo bel tratto commosse la focosa popolazione transteverina e con quali evviva accolse il papa nell'ora che si recò alla nuova fabbrica dei tabacchi.»

 

 

XLII. Il divertimento del Papa.

 

            Il giornale di Roma del 17 ottobre 1865 contiene la relazione della visita fatta dal Santo Padre, nel giovedi precedente, allo spedale di Santa Maria della Consolazione. Ivi pure si ha campo ad ammirare l'inesauribile carità, di cui egli è animato. Non ripeterò la lunga descrizione consacratagli dal foglio ufficiale; aggiungerò {131 [181]} soltanto che giovedì tre ottobre soliti a passarsi dai cittadini romani e, secondo un lor costume tradizionale, in divertimenti d'ogni genere, Pio IX suole impiegarli nella visita agl'infermi, o a consolare colla sua presenza le divote claustrali impedite dalla clausura a potervi partecipare. Egli è gran tempo, che il Santo P. il quale esercita tutte le virtù dell'anacoreta: rinunciò alle più innocenti ricreazioni, se non siano in pari tempo equivalenti ad opere di beneficenza o di carità cristiana. Del resto la salute del Santo Padre è florida, sembra che in questi giorni difficili il cielo abbia voluto concedergli maggior vigoria di vita.

 

 

XLIII. Pio IX e la paralitica.

 

            Un di Pio IX visitava lo spedale di Santo Spirito. All'ingresso nelle sale dei paralitici vide una vecchierella che si aiutava con tutte le forze sue {132 [182]} per alzarsi e fare omaggio al Sommo Pontefice che l'avea protetta per farla entrare all'Ospizio. Il Santo Padre si diresse di suo moto a lei, la benedisse e nell'atto di porgerle la mano a baciare dissele: «Non v'incomodate, mia buona donna.» L'inferma, più ardita che la donna dell'Evangelo, la quale osò appena toccare la falda delle vesti di Gesù, serrò la mano che lega e che scioglie, si alzò, e incominciò a passeggiare su e giù come ai giorni della sua forza e della sua gioventù[5].

 

 

XLIV. Pio IX e sua bontà coi peccatori.

 

            Sull'esempio del divino Maestro il nostro amatissimo Padre è pieno di carità e misericordia verso i poveri peccatori. È noto con quale amorosa bontà accogliesse al suo ritorno dall'esiglio coloro che aveano violati i loro giuramenti. {133 [183]}

            Non usci mai una parola di collera da quella bocca, che si apre unicamente per benedire. A guisa del buon Pastore, il Santo Padre sente una speciale propensione alle pecorelle smarrite, e rallegrasi nel Signore qualora gli avvenga di vederle ricondursi all'ovile.

            In una visita allo Spedale di Santo Spirito in Sessia, Pio IX dopo essersi soffermato al letto dei più aggravati e aver loro compartite parole di conforto e di coraggio era per ritirarsi. Tutto ad un tratto uno degli infermi, stendendogli le braccia lo scongiurò di venirgli in soccorso e di avere la bontà di udire la sua confessione. L'augusto Pontefice si rese tosto al desiderio del povero infermo, e comandato alle persone che l'attorniavano di allontanarsi, assunse la parte di confessore per quell'umile, ma confidente pecorella. Ora convien dire, che il penitente, il quale chiese quel favore dal Santo Padre, aveva acquistato una sciagurata celebrità ai tempi della rivoluzione romana. Pio IX lo sapeva, {134 [184]} ed è appunto ciò che forma l'incanto di tale sublime alto di carità e del suo sovrano perdono concesso.

 

 

XLV. Pio IX e la peccatrice morente.

 

            Il Santo Padre visitava lo spedale di San Giacomo in Roma quando incontrò una donna di mala vita omai moribonda, ed accostatosi al letto di lei le fe'udire parole di benevolenza e di consolazione. Quando la meschina si fu accorta della presenza del Papa, stese verso lui le braccia e cogli occhi bagnati di pianto lo interrogò con voce fioca se potrebbe salvare l'anima propria dopo tutti gli scandali e i peccati innumerevoli che avea commessi. Il Santo Padre si diè tutto anzi tratto a racconsolarla con ogni espansione di benignità, e l'animò a porre ogni fiducia in Dio misericordioso, il quale vuole la salute di tutti i peccatori che a lui si volgono con sincera contrizione. Venne citando {135 [185]} l'esempio di santa Maria Maddalena, e di santa Maria Egiziaca, le quali per la misericordia di Dio sono ora trionfanti e gloriose in cielo, con tutto che fossero un giorno pubbliche peccatrici. Poichè l'ebbe così disposta le diè la sua benedizione in articulo mortis e le offerse la propria croce affinchè la baciasse esortandola a collocare la sua confidenza in Gesù Cristo, il quale volle morire sopra una croce per cancellare tutti i nostri peccati. Quanti assistettero a quella scena non poterono frenarsi dal piangere a calde lagrime.

 

 

XLVI. Pio IX e i prigionieri.

 

            Una sera d'estate il sovrano pontefice, passeggiando presso a porta Cavaleggieri in Roma, s'incontrò con un convoglio di condannati tradotti ai bagni di Civitavecchia. Essi erano ammucchiati su certe vetture anguste da doverne necessariamente soffrire moltissimo. Il Papa n'ebbe grande {136 [186]} compassione e voltato ad uno degli ecclesiastici che lo accompagnavano, esclamò: «Come! così si trasportano i prigionieri! La dimane quel medesimo ecclesiastico ebbe ordine da Pio IX di far costrurre pel trasporto dei condannati dei veicoli cellulari sul modello di quelli introdotti in Francia.

 

 

XLVII. Conversione d'un gran peccatore.

 

            Mentre Pio IX percorreva i suoi stati in mezzo alle più brillanti ovazioni, un uomo trasse vicino al Papa. Le sue vesti erano tutte un cencio, i suoi lineamenti truci, lo sguardo bieco, tutta in somma la sua persona mostravalo un grassator di strada, uno di quei malfattori che gettano lo spavento nelle vie di lor passaggio. Pio IX comanda silenzio alle acclamazioni che rimbombavano d'intorno a lui, e volge allo sconosciuto un'occhiata di bontà, dicendogli: «Figlio mio, che pretendete da me?» «Sono un gran {137 [187]} peccatore, risponde l'altro, venni anch'io tratto da curiosità di vedervi. Il vostro sguardo, caduto sopra di me, tutto a un tratto m'ha risvegliato in cuore il pentimento. Santo Padre, vorrei che mi confessaste, voi siete l'unico prete che abbia la facoltà di assolvere i miei delitti enormissimi.» Il papa sbriga il cammino, si affretta; sapea di dover compiere una grande azione, la conversione di un peccatore.

            Giunto alla chiesa vicina, ascoltò la confessione dello sconosciuto; l'esortò, l'animò, lo benedisse, e con quella pienezza di potere della quale è depositario, lo mandò assoluto, e terminando coll'unzione della sua parola ciò che dall'alto avea cominciato la grazia, ebbe la fortuna di ridonare alla società un uomo convertito alle leggi civili del pari che a quelle di Dio. {138 [188]}

 

 

XLVIII. Pio IX e suo spirito di preghiera.

 

            Dal dì che Pio IX salì sulla cattedra di s. Pietro, non cessa dal farci intendere che la preghiera è la forza vitale della Chiesa. Omai è il quinto giubilèo universale da Lui promulgato.

            L'Unità Cattolica, a proposito di tal nuovo favore concesso ai cattolici del mondo intiero dal Sovrano Pontefice, ricorda un detto di d'Alembert il quale, visti i felici successi prodotti dal Giubileo dell'anno 1765, esclamava: «Questo maledetto giubileo ritardò di vent'anni le mosse della rivoluzione.» Invitiamo i filosofi del secolo decimo nono a meditar tali parole.

            Ecco su tal soggetto le belle espressioni del successore di sant Ilario.

            «Se il Vicario di Gesù Cristo ricevette la missione d'istruirci, e di guidarci sui sentieri della verità e {139 [189]} della salute, ha pure il diritto di dare il segnale della preghiera ed è suo privilegio quello d'aprirci i tesori spirituali della Chiesa.

            «La più potente di tutte le forze terrene, carissimi fratelli, è la preghiera incontestabilmente. Contro la cospirazione universale di tutti i cuori cristiani; contro la leva in armi di tutte le coscienze religiose, nessuna altra opposizione è valida, nessuna forza umana ha la prevalenza. Allorchè due partiti sono a faccia l'un dell'altro, il partito degli uomini che pregano, ha l'assicurazione del finale trionfo. Nel campo suo la vittoria viene a porsi infallibilmente. Fosse anche il nemico giunto a intorpidire le braccia di coloro che maneggiano la clava della verità, nulla avrebbe tuttavia guadagnato fin che non giunge a spezzare un'altr'arma più viva e più penetrante, l'arma della preghiera, e soprattutto di quella preghiera concertata ed unanime che lampeggia ad un tempo su tutte le labbra, e su tutte le anime cattoliche. Egli è per {140 [190]} ciò che dal fondo de'suoi abissi Satana rugge contro queste adunanze umanamente impolenti, ma divinamente invincibili, contro cui arrabbia di non potersi frenare. Un'antica esperienza gli insegna che il passaporto largito alla preghiera è per lui la sentenza sottoscritta della sua sconfitta.

            «Il Papa, indirizzandosi a tutto il popolo del nuovo Israele, dice:

            «Se il bisogno fu di tutti i tempi, lo è più specialmente dell'ora presente, di fronte a tante calamità della Chiesa, e dell'umana società, in presenza della grande cospirazione ordita contro il cattolicismo e la Santa Sede e in faccia a quel diluvio di errori sparsi per ogni dove, di circondare con fiduciosa istanza il trono della grazia per avere misericordia e trovare assistenza in un aiuto opportuno. Tutti i fedeli si uniscano dunque ai loro pastori per rivolgere al clementissimo Padre dei lumi e delle misericordie, fervidissime, umilissime ed incessanti preghiere. Nella pienezza della loro fede abbiano {141 [191]} ricorso assiduo a nostro Signor Gesù Cristo che ci riguadagnò a Dio col proprio sangue. Dirigansi ardentemente e senza termine al dolcissimo suo cuore, sorgente della più infiammata carità, per ottenere che ne attragga tutti quanti a lui coi legami dell'amor suo, e che tutti gli uomini investiti di quel sacro fuoco camminino degnamente secondo il suo cuore rendendosi a Dio accettabili in tutte cose e fruttificando in ogni sorta di buone opere (Enciclica di Pio IX).»

            «Voi sarete obbedienti a questa calda esortazione del supremo Veggente di Israele, o miei carissimi fratelli, e per quaranta giorni voi spingerete verso il cielo gli acconti della vostra fede, e i voti dei vostri cuori. Domandiamo e riceveremo, e se si pone indugio ai doni di Dio, perchè l'abbiamo offeso, bussiamo con perseveranza, e s'aprirà la porta, purchè la preghiera sia accompagnata dai gemiti e dalle lagrime, purchè sia unanime e sia fatta secondo 1'intenzione di tutta la Chiesa. Perchè le {142 [192]} vostre orazioni e le nostre siano più sicuramente accolte, vi adopreremo con fiducia la mediazione della Santissima ed Immacolata Vergine Maria, di colei che disperse tutte le eresie del mondo intiero, e che essendo nostra madre amantissima, tutta soave e piena di misericordia, si porge ognora accessibile e favorevole a tutti e compatisce con immenso amore alle necessità di ciascuno. Non vi è cosa che non possa ottenere questa Regina, assisa alla destra di suo Figlio nostro Signore, Gesù Cristo ammantata d'oro e di bellezza fulgente.» (V. l'Enciclica di Pio IX).

 

 

XLIX. Bisogna pregare pel Papa.

 

            In una delle sue belle istruzioni sinodali Monsignor Pie, volto a'suoi sacerdoti, indirizzava loro queste affettuose parole:

            «Voi non mi avreste per iscusato se io discendessi da questo pergamo {143 [193]} senza parlarvi del Santissimo Padre, di colui che noi tutti quanti siamo, grandi e piccoli chiamiamo col dolce nome che danno i bimbi al lor genitore Papà, il Papa. Il papato non è un'istituzione astratta, esso è, e sussiste in quell'uomo che in carne fragile e mortale rappresenta il Pontefice santo ed eterno dei cieli. No, tranne la presenza reale di Gesù Cristo in Sacramento, nulla ci fa sentire e toccar più dappresso la persona del Salvatore se non la vista del suo Vicario in terra. Quanto a me, non ho mai saliti i gradini che conducono al suo appartamento o al suo trono senza sentirmi l'affanno di quella emozione commista di timore che si prova avvicinandosi al tabernacolo. Là infatti è la più alta realtà del potere divino, quaggiù la più alta fonte del potere spirituale; quella donde emana ogni altra autorità, ogni qualunque giurisdizione, ivi eziandio è il più abbondante tesoro d'amore, la più ricca effusione di carità. Ah! come al supremo Pastore s'addice {144 [194]} bene l'appellativo di Papa o Padre! L'uomo men religioso, allorchè trovasi alla presenza del Romano Pontefice, ravvisa subito nella sua parola, nel suo accento, la parola, l'accento del padre. Il nostro battesimo sembra che allor si svegli, e parli dentro noi, come parla la natura in presenza del nostro padre terreno. Il vincolo col quale nostro Padre, che è nei cieli, ci volle congiunti visibilmente a sè sulla terra diventa quasi sensibile e palpabile. La legittimità della nostra figliazione spirituale si svela con una tenerezza invincibile. Sì, i nostri vicini eretici ci chiamino pur papisti fin che lor piace; noi accettiamo siffatta denominazione, perchè è la nostra gloria, ed è nostro onore professarci d'essere diretti da un Padre la cui autorità, il cui amore si fanno conoscere da contrassegni e da affetti ai quali non potremo sbagliarci.

            «Ma che vi dirò io di quello che di presente porta sì nobilmente la tiara pontificale, diventata più d'una volta la corona di spine del suo maestro? {145 [195]} Che vi dirò della sua bontà, della sua generosità, della sua tenerezza? Ogni Papa, quel di che è consacrato Papa, prende viscere paterne, questi le portava anche prima. Egli era stato vescovo, vescovo in tempi difficili e in congiunture delicate, vescovo totalmente dedito alla cura del proprio gregge...

            «Che ci disse il Santo Padre dopo tante altre espansioni al momento del partirci da lui? «Dite loro che preghino per me e benediteli in nome mio.» Queste furono le ultime sue parole.

            «Pregare per lui. Sì, perchè il fardello è pesante: la divinità di Gesù Cristo da confessare in tal tempo, nel quale coloro che non la negano sembrano attendere a menomarla: reggere l'edificio della Chiesa militante e aprir le porte del tempio della trionfante. Niun uomo potrebbe bastarvi senza l'aiuto del braccio di Dio. «Dite loro di pregare per me.» Ah! Padre amatissimo, anche prima d'aver contemplata l'augusta tua fronte, di aver {146 [196]} intesa la soave tua voce, io pregava con amore per te: ma poichè io vidi da vicino le sollecitudini che affluiscono verso te ad ogni istante, e da tutti i punti del mondo, io pregherò meglio e con più calore. Ben comprendo come la santa liturgia ci ponga si spesso l'obbligazione di pregare pel romano pontefice e che a certi giorni ci lasci la scelta fra la preghiera alla Chiesa o quella al Papa. La Chiesa poggia talmente sul Papa che non si prega mai meglio per lei che quando si prega per colui che la governa. Avete ben ragione, o Santo Vescovo di Ginevra: la Chiesa e il Papa sono un idem et idem.» Fin qui il vescovo di Poitiers.

 

 

L. Pio IX e la sua fiducia in Dio.

 

            Pio IX approfitta di tutte le occasioni che gli si offrono per raccomandarsi alle preghiere de'suoi figli. Leggiamo in una corrispondenza di Roma. {147 [197]}

            «Il Santo Padre ricevette in solenne udienza un buon numero di pellegrini francesi, venuti a bella posta a Roma per depositare ai piedi del Sommo Pontefice l'omaggio della loro devozione.

            «Il signor Chaurand, illustre avvocato della città di Lione, rivolse una calda allocuzione al Sovrano Pontefice. Mentre ei parlava a nome di sessanta membri della carovana lionese il Santo Padre ascoltava con visibili contrassegni di esserne intenerito. Di tanto in tanto piegava il capo con un gesto pieno di bontà e tenea le mani incrocicchiate al petto. Pio IX pronunciò poscia a un di presso le seguenti parole.

            «Conosco la mia debolezza, ma grande è la mia fiducia, e non posso dire con nostro Signore: non potuistis una hora vigilare mecum: imperciocchè vi sieno tanti che vegliano in mia compagnia, tanti che pregano con me, tanti che meco piangono e sospirano. In virtù delle loro preghiere Dio ci permetterà di vedere {148 [198]} tempi di benedizione; e non cesserà di avvalorare il braccio del suo Vicario, quel braccio col quale vi benedico.»

            E quelle parole il Papa le proferiva con voce commossa, quantunque soda e ferma. La Santità sua parla facilmente il francese, ma ciò che più dà negli occhi è la dolcezza de'suoi sguardi, e la semplicità delle sue maniere.

 

 

LI. Dopo la battaglia di Solferino.

 

            Dopo la battaglia di Solferino e il trattato di Villafranca, Pio IX invitava i suoi sudditi alla preghiera, per ringraziare Iddio della pace ristabilita fra i principi cristiani.

            Ecco dunque qual fu l'invito diretto dal Sovrano Pontefice ai fedeli dell'eterna città.

            Si leggo nel giornale di Roma del 18 luglio 1859:

            «Costantino per misericordia di {149 [199]} Dio vescovo d’Albano ecc. Il Santo Padre si è degnato compiegarci il presente veneratissimo Antografo che noi ci facciamo un dovere di pubblicare.»

 

            «Signor Cardinale,

 

            «Tutto il mondo cattolico sa quali siano stati nella attual guerra in Italia i nostri sentimenti, non avendo in vista altro più che il ristabilimento della pace; e a tal uopo mandammo a tutto l'Episcopato nostre lettere per invitarlo a fare preghiere pubbliche per ottenere dal Dio della pace un dono tanto prezioso.

            «Ora che questo dono è stato ottenuto, noi vi incarichiamo a chiamare i fedeli di questa capitale del Cristianesimo acciocchè intervengano alle solenni azioni di grazia da offrire al Signore, che si degnò far cessare il più terribile dei flagelli, la guerra.

            «Quali che sian per essere le conseguenze di questa pace, noi le staremo in calma attendendo, sempre confidati nella protezione che Iddio {150 [200]} degnerà accordare oggi e sempre al suo Vicario, alla sua Chiesa, e alla conservazione dei rispettivi diritti dell'uno e dell'altra.

            «Per conseguenza alla fine della Messa si reciteranno le preghiere solite, sostituendo all'orazione pro pace l'altra pro gratiarum actione.

            «Ringraziare Iddio per la pace ottenuta fra le due grandi potenze cattoliche belligeranti, è nostro dovere; ma continuar le preghiere è un vero bisogno, atteso che oggigiorno uomini perversi altamente proclamano, che Iddio fece l'uomo libero quanto alle sue proprie opinioni, sieno politiche sieno religiose, disconoscendo in tal modo le aulorità poste da Dio sulla terra, alle quali è dovuta obbedienza e rispetto; dimenticando egualmente l'immortalità dell'anima, che al momento di far passaggio dal transitorio all'eterno, dovrà rendere un conto tutto speciale delle sue opinioni religiose al giudice onnipotente, inesorabile, imparando allora, ma troppo tardi, non vi essere che un Dio solo ed {151 [201]} una sola Fede, e che chiunque esce dell'arca dell'unità sarà sommerso nel diluvio delle pene eterne.

            «È dunque evidente che è necessaria la continuazione del pregare Iddio, affinchè si degni nella sua infinita misericordia, ristabilire la rettitudine dello spirito e del cuore in tutti coloro, i quali lasciaronsi strascinare fuori del sentiero della verità, e ottenere che essi piangano non sui macelli immaginarii di Perugia, ma sui loro proprii fatti e sul loro personale accecamento.

            «Siffatta cecità spinse in questi ultimi giorni una folla d'insensati, la più parte israeliti, ad espellere a viva forza una famiglia religiosa dal suo sacrosanto asilo. Siffatta medesima cecità produsse ben altri mali, dai quali è contristato e piagato il cuore che sanguina.

            «Ma la preghiera è più formidabile dell'inferno ed ogni cosa richiesta a Dio da coloro che saranno uniti in suo nome sarà infallantemente ottenuta. E che domandiamo noi mai? {152 [202]} Che tutti i nemici di Gesù Cristo, della sua Chiesa e della Santa Sede si convertano e vivano.

            «Ricevete l'apostolica benedizione che v'impartiamo di tutto cuore.

 

«Dal Vaticano, 15 luglio 1859.

«IL PAPA PIO IX.»

 

 

LII. L'arma del Papa.

 

            La preghiera è il grande sostegno del Papa: è dessa un'arma colla quale resiste da solo ai numerosi e potenti nemici che l'assediano da tutte parti.

            I sapienti del mondo sei dimandano indarno a vicenda donde tragga Pio IX tanta fortezza, ma noi che viviamo alla vita della fede, possiamo conoscere il dono di Dio. Il Papa prega e con lui e per lui prega l'universo cattolico. Il nome di Pio IX è su tutte le labbra e su tutti i cuori. Il cristiano frappone quel nomea tutte le sue preghiere, la contadinella delle campagne {153 [203]} lo pronuncia recitando il suo rosario, il prete lo ripete nell'offrire la vittima senza macchia; e la sera nel pregare Gesù che benedica i loro sonni, i bambinelli supplicano il loro padre che è in cielo di proteggere il loro padre che è in Roma.

            Assai prega Pio IX e nulla decide di grave senza aver fatto pregare assai. L’importanza che per consueto egli nega alle visioni, la dà intieramente alla preghiera. Un personaggio da lui chiamato a un grado eminente faceagli in presenza non poche obiezioni sulla scelta che avea fatta di lui! «No, dissegli il Papa, bisogna accettare. È gran tempo che ci penso, meditai, pregai, recitai tre messe per trarne lume, chiesi le altrui preghiere Iddio vi vuole su questo posto. Andateci!» {154 [204]}

 

 

LIII. La Politica di Pio IX.

 

            La libertà cattolica non sarà sempre inceppata, perchè la Chiesa nella preghiera ha una forza divina che tosto o lardi spezzerà ogni catena.

            Un giorno, dicono, un personaggio molto addentro nelle tendenze dei diversi governi d'Europa, parlava col Santo Padre delle difficoltà della situazione.

            «Se i gabinetti hanno la loro politica, diceva il Papa, anch'io ho la mia.

            «Santo Padre, mi vorreste dire qual'è?

            «Volentieri, figlio mio.

            Allora alzando al cielo un'occhiata tutta inspirata dalla fede, il Vicario di Gesù Cristo colla voce di divino afflato conosciuta si bene dai pellegrini che vengono da Roma, disse: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il nome tuo, venga a noi il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.» {155 [205]}

 

 

LIV. Consiglio del Papa ai predicatori della quaresima.

 

            Scriveano da Roma nel febbraio dell'anno 1864.

            Eccoci in piena quaresima: le predicazioni sono incominciate in quasi tutte le chiese di Roma, e i sacerdoti incaricati di distribuire il pane della divina parola, si conformano alle istruzioni date loro son pochi giorni da Pio IX. Siffatte istruzioni sono di una semplicità apostolica.

            «Fate che le vostre preghiere, i vostri discorsi e soprattutto i vostri esempi servano di regola ai fedeli da voi evangelizzati. Pensate che vi sarà domandato conto di ciò che avrete fatto pel vantaggio delle anime. Su tal proposito ricordatevi che un giorno mentre nostro Signore andava accompagnato da'suoi discepoli, questi cammin facendo parlavan dei loro affari. E il maestro loro, voltatosi ad {156 [206]} essi li interrogò quid tractabatis in via? Ma i discepoli confusi non seppero che rispondere. Ebbene, a voi sacerdoti, i quali ogni mattina sull'altare immolate la vittima senza macchia, Iddio domanderà: Quid tractabatis in via? Sta scritto al libro dei Macabei che certi figli d'iniquità usciti d'israello, fondarono in Gerusalemme un collegio alla maniera delle nazioni; ora noi vediamo sacerdoti in Italia insegnare nelle scuole all'usanza delle nazioni e a questi preti Iddio domanderà: Quid tractabatis in via? E nessuno di noi potrà tacersi a quella domanda, perchè le nostre opere parleranno. Andate dunque, e mettetevi all'impegno di fruttar buone opere, evangelizzate il popolo di Roma. È un popolo che ha fede e tante volte me ne dà assai chiari indizii, egli ha pure dei difettucci, i quali colle preghiere, coi discorsi e soprattutto cogli esempi vostri, lo ripeto, hanno da essere emendati. Nei tempi andati un uomo, chiamato il flagello di Dio, venne a gran passi per abbattere Roma {157 [207]} dalle sue fondamenta. Il popolo era perduto dell'animo, e uno dei nostri predecessori, San Leone il grande, obbedendo allo spirito che assiste i Papi, gli si fece incontro, e lo distolse dal suo disegno. E il popolo riconoscente si diè anzi tratto a praticar la virtù; ma poco dopo, siccome vediamo in un'omelia del medesimos. Leone, questo popolo ricadde nelle antiche colpe, e Genserico non tardò guari a portargli la punizione. Non è già che di questi tempi io paventi la venuta di Attila o di un Genserico: Iddio noi permetterà. Io volli solamente parlarvi del carattere del popolo che affido a voi. E perchè la vostra missione venga coronata di copiosi frutti, vi do l'apostolica benedizione. In nome del Padre ecc.»

 

 

LV. Due serve di Dio glorificate da Pio IX.

 

            La domenica 24 aprile 1864, il Santo Padre, seguito dalla corte pontificale, si recò al collegio di Propaganda {158 [208]} dove è costume di celebrar in ogni anno la festa di s. Fedele da Sigmaringa, sacerdote cappuccino, martirizzato a Ketie e il primo dei missionarii martiri del collegio oggidì tanto celebre.

            Una folta schiera di personaggi distinti, come pure il numeroso personale della Congregazione e del collegio aveano già a bella prima ripiena la Chiesa, nella quale Pio IX pregò a lungo dinanzi alle reliquie di s. Fedele, quindi le loggie in mezzo alle quali egli si assise in trono per udir la lettura dei due decreti della sacra Congregazione dei riti. Monsignore Bartolini, segretario della detta Congregazione, fece lettura dei due decreti. Nel primo il Papa dichiara potersi procedere con sicurezza piena alla canonizzazione della Beata Maria Francesca delle piaghe di Gesù, terziaria professa dell'Ordine dei Minori di s. Pietro d'Alcantara, della provincia di Napoli. Nel secondo decreto il Papa constata la sussistenza di tre miracoli dovuti all'intercessione della {159 [209]} venerabile suor Maria Margherita Alacoque religiosa professa della visitazione. Il segretario, il promotore della Fede, i postulatoli e gli avvocati delle due cause di Beatificazione e di Canonizzazione sono andati al bacio del santo piede, ed hanno rivolte alla Santità Sua le dovute grazie, alle quali essa ha risposto in termini che è difficile il riferirli verbo a verbo. Ecco il senso delle auguste ed apostoliche parole. Dopo aver citato l'Evangelo del giorno e ricordato ciò che disse nostro Signore nell'ultima cena, che cioè il Santo Spirito venendo su questo mondo, avrebbe convinti gli uomini della loro incredulità, Pio IX soggiunse:

            «Le prove della verità di nostra fede sono molteplici e i testimoni che ce ne lasciò il passato brillano di una vivida luce. È intanto non vi è angolo della terra, oggigiorno anzitutto, dove non trovisi o un drappello o un esercito intiero di sciagurati che non s'arrovellino per torcere in ridicolo il maggiore dei beni, la {160 [210]} fede. Ma il Signore fa vedere a quegli infelici, quasi un rimbrotto continuo, i tanti suoi servitori che suggellarono questa fede col loro sangue, e fra questi s. Fedele da Sigmaringa e tanti altri, i quali usciti da questo collegio si sparsero nel mondo apportatori della luce dell'Evangelo.

            «Sì, anchè oggigiorno, Iddio mostra ed oppone all'incredulità queste due sue ancelle, le quali ottengono, sebbene in diverso grado, gli onori degli altari. Di queste due la prima nel povero suo ricovero si fece un esempio luminoso di abnegazione, d'umiltà, di rigorosa penitenza; l'altra tutta infuocata di fiamma celeste si sforzò di condur tutto il mondo all'amore del santissimo cuor di Gesù.

            «Preghiamo dunque il Signore, affinchè si degni coll'intercessione di queste due eroine, di illuminare i nostri fuorviali fratelli e di dare finalmente alla sua Chiesa la pace che tanto desideriamo.

            «Io alzo gli occhi e le mani al cielo e vi benedico. Benedico tutti {161 [211]} coloro che attendono ad onorare colle adorazioni loro il sacro Cuor di Gesù, benedico tutti quelli che all'ombra delle loro mura domestiche o dal di fuori si esercitano nelle virtù e nella perfezione cristiana. Io vi benedico finalmente tutti e con voi prego il Signore perchè riconduca alla verità que’miseri che volontariamente serrano gli occhi alla luce.»

 

 

LVI. Severa rimostranza.

 

            Un giorno il popolo va, giusta il costume, sotto i balconi del Quirinale chiedendo la benedizione: se non che un grido sinistro echeggia in mezzo a quel popolo fedele e fermò le parole di benedizione sulle labbra del Santo Padre «Non più preti agli affari!» Pio IX, tutto rattristato e lasciando cader la mano, che avea già alzata per benedire, disse: «Primachè la benedizione del cielo scenda sopra di voi, sugli stati Romani, su tutta l'Italia, {162 [212]} io vi raccomando 1'unione, la concordia, e desidero che le vostre domande non siano minimamente ostili alla Santa Sede. Certe grida, che non escono già di mozzo al mio popolo, si proferiscono da un piccolo gruppo di gente qui sconosciuta. Io non posso, non debbo, non voglio udirle. Dunque così, a condizione che voi sarete fedeli al Pontefice ed alla Chiesa...» «Sì, sì, lo giuriamo, santissimo Padre!» gridò gettandosi alle sue ginocchia quel popolo rimastogli fedele e amoroso. «A questa condizione, ripigliò il santo Padre, io prego Dio che vi benedica come vi benedico io stesso con tutta l'anima mia. Tenete a mente la vostra promessa, siate fedeli alla Chiesa e al Pontefice.»

            Pio IX si disponeva a rientrare nella sua capitale, quando gli fu consegnata una lettera, nella quale il presidente della repubblica voleva imporgli una specie di programma di governo. «No, non accetto, disse il Papa, e prima che subire veruna coazione sono pronto a portarmi in America, dove altra volta mossi i miei passi.» {163 [213]}

 

 

LVII. Pio XI oratore.

 

            Correndo l'ottava dell'Epifania a sant'Andrea si costuma predicare in quasi tutte le lingue d'Europa. Vi si odono discorsi in lingua inglese, spagnuola, francese ecc. Il 13 gennaio 1847 ecco ciò che avvenne in quella chiesa di singolare. Dovea predicarvi il P. Ventura e secondo il solito vi aveva attirata una folla immensa. Tutto a un tratto corre la voce che l'oratore è ammalato e che un altro verrà a predicare in suo luogo. La sorpresa fu generale, ma qual nuova sorpresa e qual rispettosa gioia sottentra quando innanzi agli occhi dell'ammirato uditorio, sulla cattedra evangelica comparve lo stesso Pio IX!

            Da lungo tempo il Santo Padre di mal animo udia le abitudini di bestemmiare contratte dal popolo romano. Diè quindi commissione al P. Ventura di combatterle in uno de'suoi {164 [214]} sermoni. Il celebre teatino allora si fece a pregarlo volesse parlarne Egli stesso. «Ebbene, disse Pio IX, mi ci proverò. Il giorno 13 voi predicate a s. Andrea, cedetemi il vostro turno, ma tenetemi il segreto.» Era più di un secolo che il Sovrano Pontefice non avea concionato in pubblico. Il discorso di Pio IX produsse una viva impressione. Il Santo Padre è un oratore eminente, e a s. Andrea egli parlava dinanzi alle tombe de'suoi due illustri predecessori così nel nome come nella dignità, Pio II e Pio III[6].

            Roma fu testimone d'uno spettacolo che non le era stato dato di veder mai più dai tempi di Gregorio VII[7]. Pio IX aggiungendo un nuovo diamante alla già si bella corona de'suoi benefici e delle sue virtù discendeva al grado di semplice predicatore e rivolgeva allo scelto uditorio il seguente discorso: {165 [215]}

            «Io non posso senza una viva emozione, miei amatissimi figli, ritornarmi alla memoria le dimostrazioni d'amore che voi veniste ad offrirmi il primo giorno dell'anno. Il mio cuore vi ringrazia dei vostri voti, e riferendo, come è di mio dovere, all’amor di Dio, ciò che voi l'ale per me indegno suo Vicario, vi invitai a benedire il nome di Cristo con quelle parole: Sit nomen Domini benedictum! Voi tutti coll'accento della fede mi rispondeste: Ora e per sempre! «ex hoc nunc et usque in saeculum!» Io vengo a ricordarvi quelle vostre promesse solenni: imperocchè io so che sebbene sia in piccolissimo numero in questa città centro della cattolica fede, vi sono uomini, i quali profanano il santo nome di Dio colla bestemmia. Tutti quanti qui siete, abbiatevi da me una missione, fate saper dappertutto che io nulla spero da costoro. Essi avventano contro il cielo la pietra che li calpesta nel suo discendere. Veramente è un colmare la misura dell'ingratitudine il bestemmiare {166 [216]} il nome del padre comune, che ci diede la vita, e con questa tutti i beni che godiamo. A quelli de'miei figli che 1'offendono con siffatti oltraggi, dite che non mi scandalizzino più oltre la santa città.

            «Voglio parlarvi ancora del precetto del digiuno. Un gran numero di padri e madri mi parlarono delle pene che essi provano nel vedere il demonio dell'impurità esercitare tanta strage nella gioventù. Lo stesso nostro Signore cel lasciò detto nel santo Vangelo: Solamente colla preghiera e col digiuno, in oratione et ieiunio, si riesce a incatenare questo demone desolatore, che va devastando la terra e che avvelena non tanto la sorgente della vita degli individui, delle famiglie, e della intiera società, quanto, ed è peggio, compie la ruina delle anime immortali.

            «Dopo questi due avvertimenti, mi resta unicamente a pregare Iddio perchè vi benedica tutti. Signore, vespice de coelo, abbassate a noi quei vostri sguardi vivificanti. Visitate cotesta {167 [217]} vigna piantata dalla vostra mano: visita vineam istam quam plantavit dextera tua. Ella è vostra, o Signore, voi l'innaffiaste col vostro sangue, voi vi poneste a custode suo. Visitatela non per punire i cattivi, ma per far loro sentire i dolci effetti della vostra misericordia. Visitatela per mondar la piaga dell'incredulità che divora il mondo. Visitatela, e visitandola respingete via quella mano di ferro che le sta sopra a strozzarla. Visitatela, e purificate il cuore dei vostri figli. Versate in seno alle crescenti generazioni le due doti più care della giovine età, la modestia e la docilità. Spegnete quegli odii funesti che dividono i cittadini, e li armano gli uni contro degli altri. Visitatela, Signore, e visitandola, ammonite le sentinelle d'Israele a dar buoni esempi, e ad armarsi di forza e di una prudenza divina per invigilare alla custodia dei popoli alle loro cure commessi.

            «Degnatevi, o mio Dio, ascoltare la mia preghiera, e spandete su questo popolo, su questa città e sul {168 [218]} mondo intiero le vostre più dolci benedizioni.»

            Pio IX predicò altra volta con non minore successo. Ciò fu nei giorni che infieriva il colera. Per implorare la misericordia divina, il Clero di Roma andò a visitare processionalmente il Crocifisso miracoloso di campo Vaccino. Il papa si affacciò al poggiuolo della chiesa di s. Giuseppe dei Falegnami fabbricata superiormente al carcere Mamertino, e alla commossa moltitudine rivolse una tenera allocuzione tutta sopra al flagello che decimava Roma. Ed ecco che sopra la prigione di s. Pietro il suo ducencinquantottesimo successore ha parlato ai Romani avendo in prospetto le ruine del Foro e del Colosseo! Quale tribuna!

            Pio IX va poi facendo in pubblico que'brevi sermoni, lucidi come moneta di zecca. Sono due anni quando finito l'officio del giorno di Natale, che si celebra a s. Giovanni di Luterano, il cardinal Decano si presentò ai piedi del Santo Padre e gli umiliò {169 [219]} i voti del Sacro Collegio. Era un momento da stare in guardia. Pio IX nella sua risposta fece udire marcatamente e con tutta 1'anima il trionfo infallibile della Chiesa. Stendendo la mano verso la grande arena dei martiri, vicina all'Augusta Basilica: «Quell'anfiteatro, disse, quel Colosseo qui presso, nei primi secoli della Chiesa fu come un calice che accolse il sangue degli eroi cristiani, oggi è la coppa diè riceve le nostre lagrime. Quel sangue e queste lagrime gridano al cielo e toccheranno il cuor di Dio in utile della sua Chiesa.»

 

 

LVIII. Pio IX con Luigi Veuillot.

 

            Nessun uomo ha la memoria del cuore così come l'ha l'amatissimo nostro Pontefice. Si sa con quale benevolenza veramente paterna accolse uno de'suoi più intrepidi difensori. Dopo la soppressione dell'Univers che avea pubblicata la famosa Enciclica, il {170 [220]} celebre Luigi Veuillot essendo stato ricevuto in udienza da Pio IX, non appena il Papa si vide venire a’piedi l'eloquente scrittore, lo salutò con quelle parole di nostro Signore: Beati quelli che soffrono persecuzione per amor della giustizia. Il Venerando Pontefice parlò quindi innanzi a cuore aperto col celebre pubblicista. Ecco un estratto di quel colloquio tal quale fu pubblicato.

            «Oggi il Papa ha parlato dei pericoli della Chiesa. Egli ha detto di sentirsi calmo e senza verun timore, ma che peraltro non potea non sentire le freccie che gli vengono scagliate contro.

            «Sì, soggiunse il Santo Padre, noi siamo in un secolo audace: nel secolo delle strade di ferro. È un affrettarsi, un camminare a grande velocità, ma si cammina male.» Queste parole furono proferite con grande espressione di tristezza, ma che non scemò frattanto l'angelico e vittorioso sorriso del santo Padre. Poi continuò:

            «La Santa Sede fa d'ogni suo potere {171 [221]} per porre un freno a questo slancio sfrenato e per tenersi nella via retta. I tempi sono tristi. Gli spiriti facilmente smarriscono la strada: i migliori ne van di sotto; disposti a precipitarsi verso compromissioni chimeriche o funeste. È una disposizione quasi generale nel voler cangiare ciò che Iddio ha stabilito colla mano dei secoli, si pretende di far meglio, ma non ci si riuscirà, e sa Iddio se si desidera fare il meglio!

            «Il Papa o deve regnare nelle catacombe o nella gran luce di Roma. Quanto a me non mi curo tanto dell'esteriorità del poter temporale. Io credo sapere che non son Papa per esser circondato dalla mia povera corte e per andarmene a quattro cavalli. Qual trasporto ci posso avere? Queste apparenze sono un posto assegnato al capo della Chiesa, come gli occhi hanno un lor luogo nel corpo umano. Dev'essere poi così, perchè l'ordine vuol così, e coloro che pretenderebbero non voler far altro che un traslocamento degli occhi, alla {172 [222]} fin dei termini altro non vorrebbero che strapparli.

            «Io sostengo il poter temporale e lo difenderò eziandio quando ce ne vada di mezzo la vita; perchè il potere temporale è utile alla completa libertà della Chiesa, e perchè la piena libertà della Chiesa è necessaria alla società cattolica e a tutto il genere umane. Se farà mestieri Gesù Cristo istesso tornerà a seppellirsi nelle catacombe e con lui la libertà. Dio e la libertà scompariranno dalla faccia della terra. Senza dubbio verrà un giorno in cui l'ordine sarà, ristabilito, ma a termine di quanto tempo e a prezzo di quali catastrofi!» Questo sublime colloquio coll’augusto Pontefice inspirò al celebre pubblicista una di quelle pagine che si direbbero levate di peso dall'Apocalisse. Eccolo.

            «Dal soglio del Vaticano fu strappato Pio VI e non tornò più, ma Pio VII ritornò tre volte sulle braccia della forza incredula. Egli vide applicata da Dio la legge del taglione: i cinque anni di Sant'Elena pei cinque {173 [223]} anni di Fontainebleau. Ora Fontainebleau non era altro, che una prigione, ma Sant'Elena fu una tomba.

            «Al Vaticano tornò ancor Pio IX. Quali però non sono le cospirazioni ordite sotto dei nostri occhi, collegate allo sforzo di strappamelo pur di nuovo? Nondimeno Pio resterà, o ritornerà, o il Vaticano cadrà, e le sue mine copriranno il mondo. Le pietre del Vaticano fatto crollare rotoleranno per tutta la terra, rovesciando i troni, le caso e le tombe. Colle macerie loro Iddio lapiderà il genere umano.

            «Quando sarà caduta la stanza del Vicario di Cristo, non vi sarà più sulla terra verun abitacolo. Per qualche tempo ancora sussisteranno qua e là caserme, prigioni, e poche tane pompose; ma non più focolari, non più luoghi dove l'uomo possegga un asilo onorato, o un letto sotto cui riparare; e ben presto i sozzi rifugii, nei quali si sarà ricovrata 1'avvilita umanità, si sprofonderanno sopra di lei[8]. {174 [224]}

 

 

LIX. Pio IX e i vescovi della Polonia.

 

            Nel settembre dell'anno 1864 il Santo Padre spedì al Clero di Polonia una lettera enciclica, nella quale con un coraggio e con una sapienza degni del Vicario di Gesù Cristo riconferma tutto quello, che a proposito della persecuzione contro la Chiesa Cattolica in Russia, avea detto nel suo discorso del 24 Aprile nel Collegio di Propaganda. Il Santo Padre allora parlò tenendosi all'autorità dei giornali, che non è sempre la più sicura, ma in quella enciclica prese la parola informandosi alle fonti più certe e incontrovertibili. Il Santo Padre dunque vi fa un quadro tristissimo della persecuzione patita dai cattolici in Polonia e nelle altre province dell'impero Russo. Fa sapere che il Governo di Pietroburgo sempre preoccupato nella totale distruzione della fede cattolica ne'proprii stati, non venne mai all'esecuzione {175 [225]} del concordato soscritto colla Santa Sede; che violò tutte le convenzioni pubbliche favorevoli ai cattolici, e cogliendo il destro dalla rivoltura polacca si volse alle più severe misure per opprimere e sbandire dalle Russie, s'è possibile, la religione di Gesù Cristo. Quante schiere di religiosi non furono messi al confine, quanti conventi tramutati in caserme! Ai vescovi e ai fedeli fu detto, che non avessero più alcun commercio colla Santa Sede, e singolarmente ai fedeli convertiti proibito il rientrare nella cattolica religione, dalla quale furono strappati mercè la violenza e la seduzione! Grande numero di cattolici fu confiscato negli averi e poscia relegato ne'luoghi più lontani dal paese natio, e colà vive nella più dolorosa miseria e senza i conforti della religione, perchè lasciato senza preti e senza un'ombra di culto cattolico. Quanti ecclesiastici furono esigliati, incarcerati e condannati a morte non per altra colpa che d'avere assistito i feriti e i morenti sul campo di battaglia! {176 [226]}

            Eco quanto fu detto dal Santo Padre sulla situazione della religione cattolica in Polonia. Disse ancora dell'Arcivescovo di Varsavia, cui il governo russo osò privare financo della autorità e della episcopale giurisdizione non solo, ma esiliarlo, e proibire al clero e ai fedeli qualunque relazione con lui.

            Nella sua enciclica il Santo Padre rimprovera altamente al governo russo cosiffatta condotta, ma in pari tempo dice di non poter approvare la ribellione polacca, perchè la Chiesa Cattolica insegna l'obbedienza alle autorità costituite in ogni cosa che non si opponga alle leggi di Dio e della sua Chiesa. Il santo Padre lamenta che la rivolta di Polonia abbia fornito pretesto al governo russo di perseguitare sì orrendamente la religione di Gesù Cristo; ma se il Santo Padre non approva le rivolture di ogni maniera, fa udire però ai potenti della terra le belle parole della divina sapienza: Considerate che voi v'aveste da Dio la signoria e il potere dall'Altissimo, che sindacherà l'opere vostre, {177 [227]} e scandaglierà l'abisso dei vostri pensieri: imperciocchè essendo voi i ministri del suo regno, non faceste equamente giustizia, non manteneste la legge della equità e non camminaste a seconda del voler di Dio, egli farà vedersi a voi, e i giudici condannatori saranno condannati con sommo rigore (Sapienza, cap. VI.).

            Il Santo Padre in calce alla lettera anima i Vescovi a raddoppiare di vigilanza, a resistere con ardore continuato; eccita il clero e tutti i fedeli a voler soffrire perchè alla fine saranno coronati.

            L'enciclica papale ai vescovi della Polonia resterà perenne monumento dello zelo di Pio IX e della sua sapienza nel reggime della Chiesa.

 

 

LX. I sacerdoti polacchi ai piedi di Pio IX.

 

            Scriveano da Roma li 2 luglio 1864. alla Gazette du Midi:

            «La presentazione al Papa dei sacerdoti {178 [228]} Polacchi forma una di quelle scene che non ponno vedersi salvo che nella capitale del mondo cristiano. Correndo la festa di s. Pietro, Pio IX tornava da una visita alla Basilica di s. Paolo, dove era andato per ammirare quel superbo edificio rinato dalle sue ceneri come l'antica fenice. Dal magnifico tempio ricostruito con tanta maestria entrò nel convento attiguo e quivi furongli presentati i poveri sacerdoti, reliquie del clero della Polonia, accolti amorevolmente in Roma dal Santo Padre, e fatti ospitare nella casa della Trinità ai pellegrini, dove sono alimentati e mantenuti a tutta spesa sua.

            Gli ecclesiastici polacchi erano inteneriti sino alle lagrime. La fede ardente dei luoghi dove infierisce la persecuzione, la dignità del sacerdozio, che in quelle regioni è sinonimo di santità e martirio, si univano sui loro volti abbruniti dal sole dei campi a un non so che di marziale, d'eroico. Parecchi di loro erano cincischiati perchè la più parte erano stati cappellani {179 [229]} militari e si erano resi colpevoli del delitto che i Berg e i Muravieff punivano colla fucilazione e colla forca, del delitto di avere fra il fuoco e la polvere dei combattimenti amministrati gli ultimi sacramenti, e mostrato il Dio Crocifisso agli insorti che moriano a salute della fede.

            Rassomigliavano agli avanzi di un battaglione che si è fatto tagliare a pezzi intorno alla sua bandiera. Erano poi alla presenza di quel Pontefice, al nome, ai brevi, alle bolle, ai discorsi, agli atti del quale è proibito con severo divieto passare in Polonia, e il cui nome le madri insegnano pian piano balbettare ai loro pargoletti per tema non siano udite dallo Czar pontefice dell'ortodossia. Non si erano dimenticati di aver letto sei mesi prima, nei bivacchi delle foreste e sui campi di battaglia ai loro compagni inginocchiati, le parole dell'Invito Sacro scritto di mano sua, e da tutta la nazione imparato a memoria. Per tal modo compresi da {180 [230]} venerazione, riconoscenza, tenerezza, e dallo slancio tradizionale, che a un cenno del Vicario di Gesù Cristo facea volare Giovanni III al soccorso di Vienna, si erano tutti prostrati dinanzi a lui singhiozzando. L'assemblea attonita ed ammirante tenea gli occhi volti sopra di loro: le parea di contemplare una apparizione della Polonia belligera e religiosa. Pio IX al primo vederli entrare non potè tenersi che non esclamasse: «Bravi Polacchi!» Dirigendosi poscia all'infante di Portogallo, soggiunse: «Ecco i poveri preti polacchi perseguitati e oppressi dalla Russia e respinti dall'Austria.» Allora il preside dei preti rifugiati venne ai piedi del trono e recitò a nostro Signore un indirizzo dettato in latino, del quale ecco la fedele versione:

 

            «Santissimo Padre,

 

            «Noi, vostri figli e non ha guari ministri della Chiesa di Polonia, ora esuli, raminghi dalle nostre chiese e orfani di patria, ma accolti dalla {181 [231]} vostra benevola ospitalità, ci prostriamo ai piedi della Santità Vostra con un misto di dolore e di contentezza, piangenti la nostra ruina, ma consolati dalla Vostra presenza e dai Vostri benefìcii; imperciocchè accogliendo con tanta bontà i preti dell'afflitta nostra Chiesa, e i figli di quella sventurata nazione, fu come aveste sovvenuto e vitto ed albergo alla nazione e alla chiesa di Polonia. Quindi è per noi una dolce lusinga che verrà un giorno in cui, sotto ai vostri auspicii, la doglia farà luogo alla gioia e un'alta ruina sia convertita in un rialzamento tanto maggiore: perocchè sta scritto che le cose da voi legate sulla terra lo saranno anche in cielo, e tuttociò che voi prosciogliete sulla terra sarà prosciolto anche in cielo.

            «Se voi state per noi, chi starà contro di noi? e se voi benedite alla Polonia, chi oserà maledirla, o meditare la sua ruina?

            «Ricevete dunque, Beatissimo Padre, le azioni di grazie immortali, che {182 [232]} noi vi rendiamo, primieramente per tal benefìcio, che abbiam da voi, e per l'altro assai più prezioso col quale voi rialzate e salvate noi tutti e la nostra causa. Aggradite soprattutto l'inesprimibile riconoscenza del nostro popolo fedele, aggradite i suoi voti e le sue lagrime, delle quali fummo noi stessi ben testimoni, quando con lui ci felicitammo della vostra sollecitudine e della vostra bontà per noi: aggradite la fede di quella nazione, che vi venera piamente qual suo pastore, aggradite la sua speranza, che sulla terra non ha altro riposo che in voi: aggradite l'amore col quale abbraccia dal fondo dell'anima un padre che le è tanto affettuoso!

            «Sì, aggradite tutte queste cose, Santissimo Padre, e rallegratevi a buon diritto di tutto il bene che avete fatto. Salvate anime, ricovrate figliuoli, e stretti colla nostra infelice Chiesa colla nostra nazione tai vincoli, contro ai quali le porte dell'inferno avranno quel sopravvento che ponno avere contro di voi.» {183 [233]}

            Il Papa penetrato di altissima tenerezza rispose:

            «Le parole colle quali mi fate intendere i sentimenti dell'intiera nazione, della quale voi siete figli, mi sono una verace consolazione alla vista del sommo pericolo, nel quale è fatto cadere il popolo polacco. Perseverate in questi nobili sentimenti e pregate affinchè la tempesta dia giù: soprattutto, voi ecclesiastici, pregate l'onnipotente Iddio, acciocchè vi doni la virtù della pazienza e della costanza, pregate fidando dell'eterna bontà di Dio, affinchè egli dissipi da voi le calamità, nelle quali vi si trabalzò. Abbiate fiducia in Dio, e Iddio non vi abbandonerà. Io benedico intanto voi e tutta la nazione polacca.»

 

 

LXI. Amore dei polacchi a Pio IX.

 

            Ecco alcuni tratti di singolare affezione a Pio IX, che ci sono dati da quei figli dell'eroica Polonia cui si {184 [234]} può bene angariare con mille modi, ma del farla apostatare è nulla. Fortunato il re, fortunato il padre che sa inspirare cotanto amore e che in ogni luogo del mondo enumera figliuoli così affezionati.

            Si legge nella Correspondance de Rome:

            «Negli scorsi giorni arrivarono a Roma cinque pellegrini, ma mica di quei pellegrini che viaggiano sui battelli a vapore, o sulle strade di ferro, o per lo meno in vettura, intendo di quei pellegrini dei bei tempi cristiani, che attraversavano l'Europa a piedi, col bordone alla mano, col crocifisso appoggiato sul loro cuore. Tutti cinque senza aversi data una ferma, senza conoscersi vengono di Polonia, da quella terra che partorisce gli eroi entusiastici del martirio.

            «Il primo chiamasi Ladislas Zaionczkowski e viene dai dintorni di Vilna in Lituania, ma ci mancò tempo a raccogliere le varie avventure del suo viaggio. Sua prima cura fu di entrare in s. Pietro, dove baciò il piede {185 [235]} di bronzo della statua, e il pavimento della basilica, indi uscì domandando un asilo allo spedale di Santo Spirito e colà morì rivestito del proprio abito di terziario francescano. Il suo corpo riposa all'ombra della cupola e l'anima sen volò in cielo.

            «Il secondo si chiama Michele Oltz. È un nom contadino del villaggio di Laznow nella diocesi di Varsavia. Un signore gli consegnò una lettera, che lo raccomanda ad un cameriere segreto del Papa. La lettera è scritta in polacco, la soprascritta in latino; col nome del destinatario porta queste parole: Cubicularius a secretis Sanctitatis Suae Papae Pii IX. Quantunque il suo passaporto russo fosse in tutta regola, lo si catturò alla Moglia, castello di frontiera. Impadronitisi della lettera e lettovi il sacro nome di Fio IX sulla copertina, s'andò al sigillo e alzatolo, non si seppe però leggerne il contenuto. Intanto Michele Holtz fu gettato in prigione. Passati parecchi giorni, alcuni gendarmi lo tradussero a Carpi, dove le autorità {186 [236]} incapaci anch'esse a strapparne un iota della lettera, si dichiararono incompetenti e l'inviarono sotto scorta a Modena. Michele Holtz ebbe per caso anche là la prigione.

            «Il suono delle campane, egli dice, m'entrava per le griglie della finestra; l'anima mia avrebbe voluto volar nelle chiese ad udirvi la Santa Messa, e non m'era concesso godere altro che gli schiamazzi de'miei carcerieri.

            «Condotto davanti ad un giudice, Michele non potè rispondere, e il giudice impazientito lo mandò a Bologna. Ivi altra prigione, altro giudice, ma quest'altro più intelligente, volea far fucilare Michele, perchè Michele portava, oltre la lettera, un diurno, una imitazione di Cristo e alcune monete. Tuttavolta il passaporto russo fè stare in cervello il giudice.

            «Il giudice prese dunque un mezzo termine e respinse Michele sulla frontiera alla Moglia. Anzi a Michele si restituiva e lettera e libro e l'imitazion di Cristo e il suo borsellino, alleggerito però di un qualche dramma del {187 [237]} proprio peso, ed era anche prima pur tanto leggiero! Michele è Polacco, è cristiano, è contadino, tre qualità che riunite gli danno un santo destino ed egli nuovamente si mette sul cammino di Roma. Ripassa felicemente pei luoghi da lui percorsi a mani legate, e arriva sino ad Ancona. Colà un'altra volta è preso e incarcerato. Interrogato si limita à rispondere: Loreto, Roma. Se lo si pressa vi aggiunge la parola Papa e si pone in attitudine di adorare. Per queste cose il giudice monta in furore dicendogli: Macerata. E Michele va a Macerata, dove altri oltraggi l'attendono. Fatto fermare alle porte delle città vien condotto alla pulizia e ne busca un soprassello di villanie. E la lettera? Andò salva sotto la fodera del vestimento. E il denaro? Era poco, ma gli fu espilato. E i libri di preghiera? Glieli fecero a pezzi. E il rosario? Gli fu strappato dal fianco.

            «I granelli del mio rosario, dice Michele, correan per terra colle mie lagrime.» {188 [238]}

            «La dolce sua fìsonomia, la sua rassegnazione fan montar sulle furie i suoi aguzzini, che lo caricano di manette alle mani ed ai piedi e tel cacciano per più dì in una prigione confuso coi malfattori.

            «Non andò gran tempo, e Michele fu libero di andare pei fatti suoi, e così poco dopo entrò in Roma, quindi al Vaticano ed ivi fu ricevuto dal Papa.

            «Ecco, ecco il Santo Padre, balbettò seco stesso Michele, cadendo in ginocchio.

            «Povero mio pellegrino, disse il Papa dandogli a baciar la mano, e consegnandogli la medaglia in argento dei martiri giapponesi.

            «Il terzo pellegrino è gobbo, arrancato, e cammina a piè scalzi. Il suo corpo è imbacuccato in una specie di pastranaccio portante alcune guarnizioni azzurre come si porla a Opoczno che è il suo paese. Il suo nome è Andrea Paradowski e anche a lui toccò subire mali trattamenti. Parla poco e passa gran parte del giorno nella basilica di s. Pietro. {189 [239]}     «Francesco Larysz è un borghese di Varsavia, piuttosto vecchio, magro piccolo e sparuto. La polizia gli pose sopra le mani ad Ancona, i secondini lo percossero a bastoni; e porta ancora le traccie dei loro colpi. Egli è debitore della libertà e forse ancor della vita al Console di Russia.

            «L'ultimo de'nostri pellegrini è una contadina di Radowitz nel distretto di Dieldce e chiamasi Maddalena Kolowska.

            «È alta sei piedi, ma i capelli grigi, il viso vaiuolato, la bocca senza denti, la rusticità de'suoi tratti, farebbero di tal donna quasi un mostro di bruttezza, se non le restasse uno sguardo di rara dolcezza, di modestia e di santità. Dagli occhi essa svela il lume dell'anima sua. Maddalena ama Gesù Cristo nel suo Vicario ed è giunta a sparagnare 20 franchi che dalla sua vuol far passare nella mano di Pio IX. Ma a chi confidare cotesta somma? Non vi sono collettori del danaro di s. Pietro a Radowitz. Consegnarla a un banchiere? Mai più, pensa Maddalena; {190 [240]} i banchieri in Polonia sono tutti israeliti. Si mette dunque in cammino. Quanta strada ha da Varsavia a Roma e v'è ben lunghissima, mangiò sempre pan biscotto e beve sempre d'acqua. Dopo parecchi giorni di cammino per l'Allemagna, fu presa da sfinimento, rimase così tramortita lung'ora sulla strada. Allorchè riebbe gli spiriti si strinse forte la cintura di pelle che portava alle reni evia oltre pel suo cammino.

            «Ogni volta che lo stomaco gridava: ho fame, io dava una buona stretta alla mia cintura e raddoppiava i passi pensando a s. Pietro.» - Così ella.

            «Questo passo ci dipinge tutta la Maddalena; Maddalena per due volte fu incarcerata, ma non si ricorda in quali città. Non sa dire se non che vi mangiò la minestra.

            «Eccola intanto a Roma, e fu fedele a consegnare i suoi 20 franchi al Papa da una mano all'altra senza bisogno di intermediario.» {191 [241]}

 

 

LXII. L'obolo dei preti polacchi.

 

            «Alla Santità di Papa Pio IX.

 

            «Santissimo Padre,

 

            «Prostrato ai piedi della Santità vostra ho il piacere eziandio di poter consegnare la modesta offerta di franchi tre mila pel danaro di San Pietro, colla espressione di figliale venerazione, in nome dei Polacchi che a me sono confidati. Questa volta forse è ben desso l'obolo della vedova, di quella Polonia stremata, la quale non ha altro appoggio, altra speranza toltane la sua fede alla Santa Chiesa.

            «Santissimo Padre, la vostra preghiera e la vostra benedizione sono giunte al momento propizio per corroborare in Polonia cotesta fede che è la vera vita delle nazioni.

            «Degnatevi dunque, Santissimo Padre, degnatevi riguardarci sempre {192 [242]} come i vostri più fedeli figliuoli, e alzando sulla Polonia quella mano che fa piover di cielo le benedizioni sopra tutte le genti, vogliate proseguire a proteggerla contro il pericolo il più imminente della perdita simultanea della fede e della patria.

            «Baciando con amore i piedi della Santità Vostra, io vi supplico di accordare altresì l'apostolica benedizione a tutti coloro, pei quali dovrò rispondere davanti a Dio, a me stesso, alla mia famiglia.

 

            «Della Santità Vostra

 

            «Il più affezionato e fedele dei figliuoli e servitore in Gesù Cristo

 

ALESSANDRO JELOWICHI

 

            Prete della Risurrezione, superiore della Casa Polacea a Parigi.

 

            «Parigi, addì 21 aprile 1864.» {193 [243]}

 

            «All’amatissimo figlio Alessandro Jealowicki prete superiore della Casa Polacca a Parigi.

 

            «CARISSIMO FIGLIO,

 

            Salute ed Apostolica benedizione,

 

            «Abbiamo testè ricevuta la vostra lettera del 21 aprile così ridondante dei sentimenti della vostra pietà, e del vostro rispetto pella nostra persona e nel tempo stesso abbiamo ricevute le tre mila lire, che vi aggiugneste da parte dei polacchi residenti a Parigi, e destinate a soccorrere i nostri bisogni e a quelli della Santa Sede. Noi vi raccomandiamo di ringraziare a nome nostro tutti i signori polacchi di costà e di far loro conoscere, che noi graziosissimamente impartiamo loro la benedizione apostolica. Del resto altamente compresi da angoscia e da dolore alla vista dello stato sì deplorabile della Polonia, noi preghiamo umilmente e supplichiamo senza intermissione {194 [244]} il Signore, che è tanto ricco in misericordia, affinchè guardi con occhio propizio le tribolazioni della vostra nazione, e faccia, colla sua divina grazia, che tutti i polacchi, esposti a tanti pericoli e a si gravi calamità, perdurino immobili e ogni giorno più forti nella professione di nostra fede, e della nostra Santissima Religione, e si tengano fermamente e con costanza sempre maggiore a questa sede di s. Pietro. E come pegno di tutte grazie celesti, come prova della notra paterna affezione, noi dal fondo del nostro cuore a voi, fìgliuol caro, alla vostra famiglia, e a tutti coloro che vi sono commessi impartiamo la benedizione apostolica.

 

            «Dato in Roma, presso s. Pietro, il 26 maggio 1864 l'anno decimo ottavo del nostro Pontificato.

 

«Pio PAPA IX.» {195 [245]}

 

 

LXIII. L'eletto di Dio.

 

Roma, 16 giugno.

 

            «L'ottimo Iddio, scriveva Pio IX ai suoi parenti, che umilia ed esalta si è compiaciuto innalzarmi dal niente alla più sublime dignità della terra, sia fatta sempre la sua santissima volontà! Io sento 1'immenso peso della nuova mia carica: sento del pari la soverchia insufficienza mia per non dire l'assoluta nullità delle mie forze. Grande motivo di pregare e voi pure pregate per me. Il Conclave è durato quarant'ott'ore. Se in tale occasione la città vuol fare una pubblica dimostrazione, prendete le misure necessarie. Il mio vivo desiderio è che la somma che potesse venire fissata sia erogata a qualche opera di utilità generale, conformandosi al parere degli ottimati della città. Quanto a voi, cari fratelli, io vi abbraccio con tutto il mio cuore in Gesù Cristo {196 [246]} e lungi dal congratularvi, abbiate anzi compassione di vostro fratello, che a tutti impartisce l'apostolica benedizione.»

            Dal bel primo giorno del suo regno Pio IX comprese perfettamente la gravezza del peso onde Iddio lo caricava.

            Non mai aurora di qual si voglia giorno si levò più brillante, o fu salutata da maggiori acclamazioni e sembrò anzi tempo il preludio d'anni più belli.

            Nondimeno a partire da quel momento, e frammezzo alla letizia generale suscitata dalla sua venuta al trono pontificale, Pio IX, illuminato internamente dallo Spirito Santo, vide senza alcun velo, schiudersi dinanzi ai suoi passi la dolorosa via della croce.

            Gli osanna, gli applausi, le vociferazioni di letizia che l'acclamavano, l'attristarono per un istante. Il grande Pontefice si ricordò che pochi giorni ancora lo separavano dal giorno che Colui ond'egli era il Vicario era stato egualmente proclamato re d'Israele, cogli osanna, coi plausi e colle voci {197 [247]} d'allegrezza del popolo di Gerusalemme e dal giorno eziandio che l'avea quel medesimo popolo crocifisso sul Calvario, come il più gran malfattore.

            Le acclamazioni che allora andarono incontro a Pio IX, per la più gran parte veniano da cuori sinceri e devoti: Ne sia benedetto mille volte Iddio. Senonchè a fianco di quei veri amici quante anime ingrate, le quali dell'amore e dei benefici di Pio IX si faceano scala per giungere al compimento dei perversi loro disegni!

            I giorni di pace e di felicità volarono presti, e ad essi successero le lunghe, le fiere tempeste.

 

 

LXIV. Una vendetta di Pio IX.

 

            Il Santo Padre, fedele allo spirito di mansuetudine che gli è tanto proprio, nella contingenza del matrimonio della principessa Pia di Savoia non volle ricordarsi, siccome è noto, delle controversie esistenti fra Roma e Torino. {198 [248]} Sensibile alla buona memoria della sua figlioccia, che lo ragguagliava del suo matrimonio col re Luigi di Portogallo, rispose coll'invio di un prezioso regalo, consistente, dice il Monde, in un porta-memoria a coperta doppia d'oro massiccio, che apresi in forma d'albo avente nelle pareti interne incastonate due reliquie di un pregio inestimabile: un pezzo di velo della Santissima Vergine e una spina della corona di Gesù. Le due reliquie colle loro autentiche sono riposte fra le stesse pareti della coperta d'oro di uno spessore considerevole, mediante un cerchio di pietre preziose, e la stessa coperta è lavorata con quella finita grazia e raffinatezza particolare alla oreficeria sacra quale esce dalle mani degli artisti romani. Le esterne faccie sono adorne da due miniature superbe, corrispondenti al luogo dove internamente sono allogate le sante reliquie. La miniatura rispondente alla reliquia del velo figura un'Addolorata, l'altra un Ecce Homo. Senza parlare del valore inestimabile {199 [249]} delle reliquie, l'opera è tanto bella che dai periti e considerata come il gioiello principale della festa nuziale.

 

 

LXV. Insorti disarmati.

 

            Fervendo le insurrezioni del 1831, una banda di sollevati, vinta e colla caccia dietro degli Austriaci, si presenta alle porte di Spoleto, domandando pane ed asilo. L'arcivescovo esce dalle porte della città e si reca al quartiere dal generale austriaco per supplicarlo a fermarsi; a non voler spingere più oltre la caccia dei fuggitivi, promettendo che li disarmerebbe Egli stesso. Ottenne la grazia, e rientrando nella sua città episcopale, fé conoscere a que'disgraziati rivoltosi, che aveano prese le armi contro il loro Pontefice e re tutta 1'enormezza del loro peccato. Colla sua parola riuscì a disarmarli e così li ebbe salvi da quella lor mala passione, come dall'ira del generale austriaco. {200 [250]}

 

 

LXVI. Perdono evangelico.

 

            Un giorno la polizia arrestò un individuo, che di soppiatto andava distribuendo un libello intitolato: Storia di Pio IX, Papa intruso, nemico della religione, capo della Giovane Italia. Appena ebbe avviso di quell’arresto, il Sovrano Pontefice volle a sè il colpevole, e poichè 1'ebbe amorevolmente interrogato, dissegli: «Giacchè il vostro fallo non colpisce che me, vi perdono.» Il miserabile, tocco da tanta generosità, diè in un pianto dirotto, e gettandogli a piedi se gli offerse a svelare i nomi degli autori del libello. Il Papa non volle saperne. «Il loro fallo resti sepolto nel silenzio e possano i loro cuori venire a pentimento[9].» {201 [251]}

 

 

LXVII. Pio IX offre la vita pe'suoi nemici.

 

            L'Abbate Gabriele curato di Saint-Merry a Parigi ha un discorso da lui recitato sull’immacolata Concezione nella Cattedrale di Versailles dove si legge:

            «Era il giorno della festa del Corpus Domini nel 1862, e il Papa in mezzo alla folla calcata tratto sulla sedia gestatoria teneva fra le mani il fìgliuol di Dio e di Maria, passava sotto la cupola della Basilica Vaticana. Tutto ad un tratto la confessione di s. Pietro, vale a dir la sua tomba, gli dà negli occhi. Le sue gote si rigarono di lagrime, e quella sera stessa il Papa si compiacque ricevermi all'udienza. Santo Padre, gli dissi, è permesso ai figliuoli informarsi delle emozioni del padre loro? Sì, è permesso, anzi lo debbono, rispose Pio IX con quel1'accento incomparabilmente soave che va al fondo del cuore. - Ebbene! Santo Padre, perchè mai piangevate {202 [252]} stamane giunto in faccia alla Confessione? - Forse ve ne siete accorto, signor Abate? - Sì, Santo Padre, anch'io ne ho provato una fortissima scossa. - Ah! soggiunse il Papa, non sapete che i nemici della Chiesa sono innumerabili? Che volete? non potendo odiarli, bisogna dunque salvarli. Io mi sono immolato per questi sulla tomba di s. Pietro: ecco perchè io piansi.»

 

 

LXVIII. La casa paterna di Pio IX.

 

            Pio IX è dotato ad un tempo di una energia e di una amabilità che mantengono sempre in bilico le sue facoltà. La sua salute, dopo essere stata alquanto compromessa, si è tuttavia ristabilita in pienissimo. Iddio lo conserverà lungo tempo al nostro amore figliale, alla nostra somma venerazione.

            Pio IX è il più giovine de'suoi fratelli viventi. Gli restano ancora due fratelli; il conte Gabriele di novanta {203 [253]} anni, e il conte Gaetano di ottantacinque. Sua sorella la contessa Benigni porta floridamente i suoi ottantadue anni. Suo padre, il conte Girolamo, morì a ottantaquattr'anni; sua madre la contessa Catterina agli ottandue. Finalmente l'avo suo, il conte Ercole, visse anni novantasei.

            Numerosa è la famiglia Mastai. Il primogenito, Gabriele, la cui moglie, la contessa Vittoria, testè fuggita dalle branche di morte, ha due figli: il conte Luigi, maritato colla principessa del Drago, e il conte Ercole che sposò la nipote del Cardinal Cadolini. Il conte Gaetano è vedovo e senza prole. Il fu conte Giuseppe, antico capitano di Gendarmeria, morto or son pochi anni non lasciò figliuolanza; ma le quattro sorelle, delle quali una sola ancor vive, diedero al Papa un gran numero di nipoti, i quali generavano altri nipotini. Ciò nulla ostante è d'uopo dirlo, a gloria del Sommo Pontefice, cotesto numero di fratelli, di sorelle, di nipoti e di nipotini non costò un soldo agli Stati della Chiesa. Non una {204 [254]} dignità, non un impiego, non una missione. Nessuno potè mai dire, che 1'innalzamento del Cardinale Mastai alla dignità suprema procurasse il più piccolo aumento di fortuna ai Mastai. Pio IX seguì le tracce della perfezione evangelica, Egli è giunto al distaccamento completo delle cose di quaggiù, e appena fu assiso sul trono di s. Pietro non ebbe più famiglia secondo la carne. Egli abbracciò con una tenerezza, che non ha limiti, la grande famiglia spirituale che Iddio gli diede. Nessuna delle sue opere porta l'impronta di quel favoritismo sovrano contro al quale tante volte si scagliarono i nemici della Chiesa. Il nipotismo già battuto da tanti e santi Papi, omai sentì 1'ultimo colpo.

            Durante il viaggio trionfale intrapreso da Pio IX nelle Romagne nel 1857, egli smontò a Sinigaglia e vi dimorò tre giorni. Ivi lasciò un istante parlare il suo cuore, senza però nulla smettere dal rigore inflessibile de'suoi principii. Non accettò di scendere al palazzo dell'Arcivescovo, e si recò all'antica {205 [255]} sua casa paterna. E dessa un palazzo signorile, è vero, ma modesto attorniato da viottoli, scuro e nascosto dietro la casa municipale. Assai tempo prima Egli scrisse al fratel suo primogenito tutte le disposizioni, che volea si prendessero pel suo soggiorno. Dormirà nella camera dove sua madre rese 1'anima a Dio: celebrerà la santa Messa nella cappellina di casa. Monsignor Stella e Cenni suoi camerieri abiteranno vicino a Lui; finalmente tutti i membri di sua famiglia, e li nomina senza lasciarne dimenticato un solo, nelle ore libere verranno a star seco ed Egli converserà con loro; s'informerà dello stato loro, darà loro buoni consigli, li inviterà al bene con parole, nelle quali la grazia ineffabile dell'apostolo si contemprerà alla dolce famigliarità del parente. In Sinigaglia si sparge voce che il Papa onorerà di magnifici donativi i Mastai, ma quella voce è falsa. Ciascuno de'maschi ebbe in dono un orologio, una tabacchiera o altro simile oggetto; le femmine qualche cammèo o altro arredo {206 [256]} semplicissimo. Uno solo, il conte Luigi Cadetti, riceve una piccola somma in danari, cento scudi. Il Conte Luigi è un gentiluomo povero di fortune, figlio d'una sorella del Papa maritata in un paese montagnoso d'Arcevia. Egli passa sua vita alla caccia, e alla sera conversa con religiosi. Infatti egli arriva a Sinigaglia vestito in giachettone di velluto, e colle gambe chiuse ne'suoi stivaloni.

            La città di Sinagaglia a tutta prima accusò dunque il Papa di parsimonia ma essa non sapea tutto. Fra poco udi che il medesimo Papa avea lasciate poderose somme per l'erezione di Stabilimenti pubblici di carità.

            Ecco chi è il Pontefice dato per sua bontà dalla increata Sapienza per moderatore alla Chiesa.

 

 

LXIX. Le Immagini della madre di Pio IX

 

            Sarà un dolce trattenimento leggere il passo seguente narrato da un francese: {207 [257]}         «Una mattina io aveva avuta la fortuna di assistere alla messa letta di Sua Santità al Valicano. Dopo aver celebrato il Santo sacrificio, il Papa venne allo sgabello a due passi dell' altare, e udì un'altra messa, letta da uno de'suoi cappellani. Sopra un vassoio elegante, alla portata delle sue mani erano parecchi diurni, gli uni con legature ricchissime, gli altri in uno stato di straordinaria vetustà. Finito 1'Evangelo, Pio IX s'appigliò a uno de'vecchi, 1'aperse e si mise a leggere con tutta divozione. Non vi ora pagina che non fosse macchiata, annerita, e attestante, così era logora, un uso lunghissimo. A mano a mano che le svolgeva progredendo nella lettura, il Papa si abbatteva a piccole immaginette tutte sudicie e se le recava alle labbra e le baciava e qualche volta se ne segnava.

            «Ecco io dissi, il Vicario di Gesù Cristo, 1'uomo che per potere, ed autorità sta sopra degli altri uomini. La sua parola, scendendo dalla cattedra apostolica, è infallibile: egli decide il {208 [258]} dogma, e dice all'empio: Anathema. Egli innalza gli altari alla Santità; io lo vedo intanto umile, dolce, imitare le azioni dei piccoli. Mi risovveniano allora le parole del Salvatore in s. Luca: Io vel dico in verità chiunque non prenderà a correre la via del cielo a passo di pargolo, noti vi entrerà.

            «Nell'andarmene domandai ad uno dei domestici, onde fossero quelle anticaglie di libri, e mi rispose: Il Papa ci dà un gran valore, si crede che vengano da sua madre.»

            Questo tratto dell'amatissimo nostro Pontefice non rende forse più cara 1'umiltà della divozione?

 

 

LXX. Pio IX e suo fratello di latte.

 

            Correndo il Luglio o 1'Agosto del 1846, stando Pio IX tuttora al Palazzo del Quirinale, un contadino si affacciò alla porta e chiese colle più fervide istanze di vedere il Papa. Gli fu risposto, essere cosa impossibile, che {209 [259]} il Papa a quell’ora non riceveva e farebbe bene se abbandonasse quel suo progetto.

            «Niente affatto soggiunse il galantuomo: voglio vedere il Papa, voglio parlargli, e se fa d'uopo aspetterò sino a domani, dormirò piuttosto qui d'avanti alla porta.»

            Informato il Papa dell'arrivo di costui e della sua risoluzione, ordinò che fosse introdotto. Quale non fu la sua sorpresa allorchè venne a riconoscere il suo fratello di latte! Gli fece tutte le accoglienze di un amico, e dopo avergli chieste nuove della sua nutrice e del suo villaggio, il Santo Padre, temendo non forse lo chiamasse la povertà, l'interrogò sul motivo della sua visita.

            «Santo Padre, disse il contadino, di nulla ho bisogno. Io venni pel piacere di vedervi e per vegliare sui giorni della Santità vostra.

            «Ma, figlio mio, gli rispose Pio IX sorridente, io ne ho anche troppi de'guardiani.

            «Almeno datemi qualche impiego {210 [260]} poichè voglio stare al vostro servigio, e avere il contento di vedervi.»

            Il Papa gli fece assegnare un posto. Il nostro buon uomo vi durò solo qualche giorno, e venne a dire al Papa:

            «Nell'impiego che mi si è dato, io non posso vedervi, e in pari tempo esternò il desiderio di lavorare nei giardini: perchè, soggiugnea, là io spero almeno avere il bene di vedervi ogni giorno.»

            Non è mestieri aggiungere che il Papa appagò un desiderio così affettuoso e fedele: e che gli fece dare 1'impiego desiderato.

 

 

LXXI. Pio IX fra i vescovi.

 

            Nella Pentecoste del 1862, dopo il convito apprestato ai Vescovi nella Biblioteca Vaticana, Pio IX discese con quelli ne'suoi giardini per prendere il caffè. Il Papa vestito di sue lane bianche, e seduto sotto ad un padiglione, a vederlo in distanza sembrava {211 [261]} un angelo mandato dal cielo. Tutto a un tratto con islancio umanime, penetrati d'uno stesso pensiero, e da un eguale amore, Cardinali, Patriarchi, Vescovi si prostrarono alle ginocchia del Santo Padre, e tutti confusi insieme, a gara se lo abbracciarono, gli uni baciandogli la mano, altri le vestimenta, altri i piedi e protestandogli riuniti in coro, colle lagrime agli occhi, con un'espansione da non descriversi, il loro affettuoso ed incrollabile attaccamento.

            Uno di que'venerandi prelati ci raccontò la sensazione profonda, conservata poi sempre, di quella scena. Que'santi Vescovi, venuti dalle quattro parti del mondo, passeggiando su e giù all'ombra degli aranci e dei melagrani, al mormorio dei getti d'acqua e delle cascate, avendo innanzi a se la visione del rappresentante di Gesù Cristo, credettero per un istante essere ritornati ai primi giorni del mondo, sotto le ombre, tranquille del paradiso terrestre, allorquando Iddio si compiaceva darsi a vedere di quando {212 [262]} in quando agli occhi dell'uomo e a conversare direttamente con lui[10].

            Ecco in quali termini 1'eloquente Vescovo di Perpignan, Monsignor Gebert, parla di Pio IX nella sua bella conferenza sopra Roma.

            «Quali incoraggiamenti non abbiam ricevuti quando nel dì anniversario della sua incoronazione, il Santo Padre portando gli occhi sull'ampio cerchio dei Vescovi dai quali era circondato, degnò assicurarli, «che se molte perle preziose eran cadute dal suo sacro diadema, il suo cuore trovava un compenso in quella corona vivente, dove ogni diocesi aveva il proprio nome e il proprio emblema.» In questi privati conversari ci consolava delle sue pene con altrettanta affabilità, quanto con altrettanta maestà ci si era dato a vedere nelle pompe della canonizzazione. Ciò che ci segnalò più lo spettacolo cui fummo testimonii in quei beatissimi giorni, fu che la cupa {213 [263]} figura dei mali presenti in qualche modo si designava sopra uno splendido quadro, che era la gloria dei Santi.»

 

 

LXXII. Il più accessibile dei sovrani.

 

            A guisa del divino Maestro, ond'è il degno Vicario sulla terra, Pio IX si fa accessibile a tutti. Padre comune dei fedeli, non ci ha duopo di protezione per salire sino a Lui. A maniera del grande Apostolo Egli si presenta e si mostra a chiunque. E tanto più meritoria è cotesta sua bontà, quanto sono gravissime e moltiplicate sopr'ogni modo le occupazioni sue[11]. {214 [264]}       Scrivevano da Roma l’11 agosto 1865:

            «Il movimento dei visitatori, che io facea notarvi nelle mie passate lettere, non si rallenta alle porte del palazzo di Castel Gandolfo. Non sono i soli cardinali, i diplomatici, i ministri, i prelati che trovino accesso a Pio IX, egli dà udienza a'poveri religiosi, a'paesani del contado intorno, ad umili pellegrini, che si presentano coperti di polvere. Or son pochi giorni, {215 [265]} una vecchia venuta a piedi da Rimini, dove gode riputazione di una santità consumata, venne introdotta nella biblioteca, dove il Papa riceve le donne. Passando dall'anticamera, potè osservare le dame della più alta società che aspettavano il momento della loro udienza.»

            Uno scrittore di gran fama, il signor Luigi Veuillot, scrisse belle pagine sopra coteste udienze piene di benevolenza proferta ai più umili dei fedeli dal Sovrano Pontefice. {216 [266]}

 

 

LXXIII. Le lagrime di compassione.

 

            Fervendo il carnevale del 1835 o 36 conformemente al pio costume d'Italia e della maggior parte dei paesi cattolici, stava esposto il Santo Sacramento nella Chiesa Cattedrale Imolesc per le preghiere delle quarant'ore.

            Genuflesso a'piè dell’altare sul quale era esposta la Santa Eucaristia, Monsignor Mastai era da buon pezzo assorto in ardente preghiera; e offriva a Dio un'ammenda onorevole per tutti i peccati de'suoi diocesani. Cominciava a farsi notte, e la basilica era avvolta in una semioscurità. Quand'ecco fiochi sospiri interrotti da lamenti, che straziavano il cuore, giungono all'orecchio del Cardinale, interrompendo le dolci comunicazioni col cielo. Si alza di botto e corre alla parte donde veniano quelle grida angosciate. A pochi passi d'una delle porte a piè d'un pilastro {217 [267]} vide un infelice nuotante nel proprio sangue. Era un giovane che in conseguenza d'una rissa aveva ricevuto un colpo di stiletto. L'infelice col favor delle tenebre, aveva potuto involarsi alle mani da'suoi assassini, ed era venuto cercare un asilo nella casa del Signore, sfinito, derelitto e quasi esanime era caduto a due passi dalla sacra soglia.

            Il Vescovo affretta il passo, ma in quella che sta per chinarsi sul ferito, si trova a petto con forsennati i quali si precipitano a gran passi nel sacro tempio; erano gli assassini che inseguivano la loro vittima.

            Altri forse sarebbe tramortito di spavento a quelle stride selvaggie e l'avrebbe data a gambe, ma il santo Vescovo s'accosta al ferito, gli appoggia la testa sulle proprie ginocchia e scuopre la piaga, dalla quale sgorgano rivi di sangue, per scandagliarne la profondità. Per un momento lo sventurato giovane apre gli occhi e rinviene, e il Vescovo ne approfitta per consolarlo, incoraggiarlo {218 [268]} e inspirargli la pazienza; vedendo poscia che le forze l'abbandonavano, lo anima al pentimento dei fatti commessi, 1'assolve, lo benedice, e ne raccoglie l'ultimo sospiro, addolorato, e piangente come una madre che perde il proprio figlio.

 

 

LXXIV. Il pane del soldato.

 

            Un giorno nell'ora del suo passeggio Pio IX venia giù dall'interno del palazzo al giardino del Quirinale. In passando, un soldato gli si fa innanzi, e ad un officiale delle guardie nobili, che accompagnavanlo, mette in mano un pane di munizione di quelli onde si dà mangiare alla truppa. Dalle mani dell'ufficiale il pane passa senz'altro in quelle del Santo Padre, che lo esamina e ne scorge di subito la cattiva qualità. Fa chiamare il soldato, l'interroga con buoni modi, e ordina che gli si dia a vedere un altro pane della distribuzione del domani. {219 [269]} La seconda prova convalidando la prima, ordina si faccia un inchiesta, e un processo severo tu intavolato contro dei fornitori. In pendenza della cose, comandò si comprasse, a loro spese, da'fornai della città tutto il pane necessario alla guarnigione, che vi si trovava. Quanto al soldato, la cui fiducia nella giustizia del suo principe avea condotto a scoprire quella frode colpevole, per metterlo al coperto da ogni castigo e da qualunque contrarietà, il Santo Padre ordinò all'ufficiale di guardia di accompagnai lo al suo posto e di raccomandarlo per parte sua al superiore[12].

            In una delle consuete sue passeggiate fuor di città, il Santo Padre andando {220 [270]} per via a piedi seguito da'suoi prelati incontrò un buon contadino che andava alla sua volta dando i denti in un bel tozzo di pane bianco che aveva in mano. «Buon giorno e buon appetito, figlio mio,» gli disse Pio IX tutto consolato della buona ciera del galantuomo. L'altro, a bocca piena com’era, si stette pago a chinar del capo un tantino di alto in basso e poi tirar di lungo. Tutto a un tratto allo svolto del sentiero gli venne osservato un crocchio di persone e una ampia carrozza dorata. «Oh questo, non mi sbaglio io, pensò fra sè, e trattosi in ginocchio, faceva; Pst! pst! sì siete il Santo Padre, la benedizione! la benedizione.» E Pio IX, dato volta, e dando retta al Pst del galantuomo, con tenerezza lo benedisse.

 

 

LXXV. Pio IX col basso popolo.

 

            Nel giornale il Monde leggesi una lettera da Roma in data del 28 Ottobre 1862: {221 [271]}

            «Siamo all'Ottobre, al tempo delle feste rimaste in uso dall'antichità pagana, e riformate mercè il cristianesimo, a decenza e a moderazione che non disdice. I nostri lettori non facciano dunque la ricevuta alle narrazioni dei giornali, che ci figurano la Roma papale come una tomba, il popolo gemente nella sua schiavitù, e piagnucoloso a foggia di un nuovo Malco. Si è tristi là dove si sente il verme della colpa, dove si covano male intenzioni. Tutto ciò che in oggi fanno i cattivi in sulla terra in odio a Dio ed alla Santa Chiesa, può velar d'una nube lo sguardo del Vicario di Gesù Cristo, ma attraverso la nube i fedeli si accorgono della sua angelica serenità.

            «Nel giorno 27 Pio IX, uscendo dal Vaticano, si era avviato in carrozza sui poggi di monte Mario, e poichè fu smontato per fare due passi, seguito dai prelati della propria casa, da'suoi domestici e scortato da sei guardie nobili, passò davanti alle osterie, ove il basso popolo mischiato {222 [272]} co'borghesi di Roma, si porta a frotte in questi ultimi giorni dell'Ottobre per bere e ballare. E poichè ebber visto che veniva il Papa, quelle allegre brigate se gli mossero incontro, gridando: Viva il nostro adorato Sovrano! Viva il Papa! Resti sempre fra noi, per farci felici, per farci allegri! E le donne coi loro cembali o tamburelli, gli uomini coi loro violini e flauti e chitarre s'inginocchiavano suonando l'inno di Pio IX, poi altri lo seguiano, altri volevano precederlo, stringendo arditamente la mano, i panni delle sue vesti, altri si prostravano applicando le labbra sopra i sacri suoi piedi. Pio IX sorridendo, dicendo loro di que'motti paternali e famigliari, ai quali già abituò i suoi figli, si fermò per un poco a gustar la dolcezza di vedersi amato. Vedete ora, dice il nostro corrispondente che vi fu testimonio di vista, vedete ora, la sovranità cristiana, o, se vuoisi, la paternità reale, dolce, amabile, facile, tutta affabilità coi piccoli, forte, solenne, {223 [273]} maestosa, qualche fiata terribile coi potenti inalberatisi per orgoglio, invidia ed altre passioni sacrileghe. Il Papa desiderando por termine a quella dimostrazione, con accento di voce tenerissima, disse: «basta, basta, figli miei.» E i più vicini ripetere agli altri: basta, basta: come! basta! ripigliavano quelli perchè voi aveste la buona sorte di toccarlo, credete che sia bastante! Egoisti! e noi[13]! Al qual bisticcio, il Papa faceva 1'aria del riso, stendea {224 [274]} la mano e blandiva le gote di quelli che gli èrano più a fianco, facea per isciogliersi delle loro istanze figliali, prelati e guardie nobili lasciavan fare, o non faceano che debolmente opporsi. Quando Pio IX riprese la sua passeggiata, per lunghissimo tratto vennero dietro i musici e le donne ballando a colpi di tamburello, e poi che fu ancor più lungi, di là ancora potè ascoltare le voci e gli evviva dei fedeli suoi sudditi.»

 

 

LXXVI. Il bicchiere d'acqua fresca.

 

            A un giornale di Parigi scriveano da Roma la seguente lettera:

            «L'entrata del Santo Padre a Roma ritornato dal suo viaggio nel regno di Napoli, fu un vero trionfo. Una folla immensa ingombrava la stazione della strada ferrata, la vasta piazza delle terme e le altre strade percorse dal corteggio pontificale. Tutte le vie L. C. - An. XIX, F. XI, XII. {225 [275]} sino al Vaticano erano illuminate a uno stesso modo, e ad ogni passo la folla sempre ingrossante facea udire queste grida entusiastiche: Viva il Santo Padre! Viva Pio IX! A nove ore la Santità Sua posava il piede sui gradini del Vaticano.

            A proposito di questo viaggio si raccontano aneddoti curiosissimi. Per mo'd'esempio, si ebbe bel fare alla frontiera napolitana per impedire alla popolazione di varcarla e di andare incontro al Santo Padre a Ceprano, e nelle altre città vicine, molti tuttavia riuscirono ad ingannare la vigilanza delle guardie, sia col prendere le montagne, sia passando a nuoto o a guazzo il Liri. Uno che già aveva attraversato il fiume, si presentò alla Santità Sua sulla strada di Ceprano. Il Papa gli raccomandò corresse a cangiar abiti, lo benedisse e lo invitò a tornare dopo di lui. Ad Anagni, dopo l'inaugurazione della fontana, il Santo Padre passeggiava sulla piazza. Accostatosi a una capannella vicina al nuovo monumento, domandò {226 [276]} un bicchiere a una donna e volle saggiar dell'acqua. Giudicate voi la gioia di quella donna di dare nelle mani del Vicario di Gesù Cristo il suo bicchiere!

 

 

LXXVII. I presciutti offerti al Papa.

 

            Nell'ultimo viaggio del Santo Padre, aveva luogo il seguente aneddoto in Alatri. Una donna recando in testa un paniere coperto si avviò entro al palazzo del Papa. S'innoltra negli appartamenti, ma vien fermata e ricondotta alla porta; ed essa si dà a gridar forte dicendo; che vuole vedere il Papa, e così dicendo e ripetendo faceva pure per ispingersi di nuovo verso Lui. Il Santo Padre si accorge di quel piatire; s'informa ed ordina che si lasci entrare la visitatrice, la quale, sempre col suo paniere in testa, procede baldanzosa, e deponendo il carico a'piedi del Papa con una intrepidezza e con un {227 [277]} piglio alla sua maniera ingenuo, comincia a dirgli: «Santo Padre, prendi, ti regalo questi quattro presciutti, li mangerai, perchè sono eccellenti veh!»

            Il Papa non voleva saper d'accettar 1'offerta e pregava la donna a serbarli per sè e per la sua famiglia.

            «Ma se tu non li prendi, mio marito se no avrà tanto a male.

            «Dove è vostro marito?

            «A piè della scala.»

            Il Santo Padre volle vedere il marito, che, venuto tosto gli si butta in ginocchio a'piedi, stampa baci colle labbra sulla pianella del Papa e non si muove più. La Santità sua lo prega si alzi; è nulla. A dir breve, finalmente alza la testa, e alla prima domanda che gli vien fatta: chi siete? risponde: sono povero, ma ho di che vivere.

            «Mi piacerebbe donarvi una corona di rosario, una medaglia, ma in questo momento..., soggiunge il Papa.

            «Allora buon giorno io me ne {228 [278]} vado!, non vo'saperne tante! sono forse venuto a portarvi i miei presciutti per avere un regalo?

            «Ebbene non volete la medaglia? accettate questo.»

            E il Papa gli poneva in mano un regalo di cinquanta scudi d'oro.

            «Santo Padre, se mai fosse danaro, non lo prendo: è inutile, torrei piuttosto a ritornarmene co'miei prosciutti. Volete forse io senta dire che ve li ho venduti? la Madonna men difenda.

            Il Santo Padre, non potea più tenersi che non ridesse.

            «Mio buon figliuolo, udite una proposizione. Facciamo un patto. Comprate con questo danaro uno o due animali, ingrassateli, e quest'altro anno quando i presciutti nuovi saranno stagionati, portatemeli a Roma, e li prenderò come miei.

            «Va benissimo, siamo intesi rispose il marito. State bene, e a rivederci quest'altr'anno.»

            E detto questo si partì colla donna sua, incantata come lui di quella soluzione. {229 [279]}         I quattro presciutti furono distribuiti a una povera famiglia. La città tutta ne rise e se ne fece un trastullo che mai il più bello.

 

 

LXXVIII. Vera popolarità.

 

            Un giorno Pio IX si diportava alla campagna nei dintorni di Castel-Gandolfo, dove è uso passare un mese dell'estate. Incontra diversi contadini che andavano per lor faccende. I galantuomini s'inginocchiano per ricevere la sua benedizione. Benedetti che furono dal Pontefice, questi rivolse all'amichevole due parole: «Cari miei, siete ben fortunati di abitare sì bel paese, dove si respira aria sì buona.»

            «Oh! si, Santissimo Padre, rispose l’un d'essi, e perchè non ci vieni dunque più spesso? Staresti assai meglio qui in mezzo a noi, perchè startene sempre laggiù in quella tua Roma?»

            Scriveano da Roma il 15 Luglio 1865. {230 [280]}

            «È costume della corte romana che prima d'intraprendere un'escursione fuori della Capitale, il Santo Padre e il suo seguito discendano in s. Pietro, e recitino dinanzi alla Confessione, le preghiere pro itinere faciendo. Al momento che s'alza il Pontefice benedice quelli che l’accompagnano e dà il segnale della partenza.

            «Erano le cinque pomeridiane quando il corteggio pontificio attraversò la piazza di s. Pietro, per andare a piazza s. Giovanni. Fra que'due punti diametralmente opposti, discorre tutta la città nella maggior sua larghezza. Le strade per le quali dovea passare il Papa erano pavesate alle finestre e ai terrazzi e ricoperte di fina arena. «Durante il passaggio del corteggio per una delle parochie le campane di tutte le chiese batteano a doppio come ai giorni di festa. La folla tutta raggruppata ai perestili delle Chiese e dei monumenti, rispettosa piegava le ginocchia, per ricevere la benedizione apostolica. «A rivederci, Santo {231 [281]} Padre, e presto; Iddio voglia che l’aria di campagna ti faccia bene. «Così gridava il nostro buon popolo con accenti di tenera famigliarità, e il Papa sporgeva alla portiera per rispondere colla voce e col gesto e per benedire. Passando d'innanzi ai gruppi della gente il corteo rallentava il passo. Lungo la via d'Albano il Santo Padre non fece altro che incontrar carrozze, persone a cavallo e a piedi, che l'attendeano per dargli il buon viaggio.»

 

 

LXXIX. La donna centenaria e Pio IX.

 

            Nel corso dell'anno 1862 Pio IX essendo andato a Marino, una donna presso che centenaria si adoperava a rompere la folla sul passaggio del nostro Signore, gridando con tutto lo spirito: «Che tu sii il benvenuto, Santo Padre, Iddio ti doni lunga vita.» Secondo lei, era nata sotto il pontificato di Papa Braschi; avea visto {232 [282]} trafugare Pio VI e Pio VII, il ritorno di quest'ultimo, e Pio IX traversare Albano, tornato che Egli fu dall'esilio di Gaeta. «Non cel lasceremo più portar via,» soggiungea con intima convinzione e poi: «so che la Madonna gli porta un gran bene, perchè è Lui che la proclamò immacolata nel suo concepimento.»

            Nel 1865, camminando lungo la strada del Corso, una donna centenaria che uscia da una chiesa si precipitò ai piedi della Santità Sua supplicandola di darle la benedizione in articulo mortis, «perchè, diceva, alla mia età, non si è sicuri d'incontrarsi un'altra volta col Papa.» Pio IX vivamente commosso, le diede la benedizione apostolica.

 

 

LXXX. Buon umore di Pio IX.

 

            I santi, eziandio i più rigidi, non avean paura d'abbandonarsi a quello, che in istile familiare appellasi buon {233 [283]} umore. S. Romualdo nutrito come loro infra i deserti era sì gaio alla sua età di centovent'anni, che al suo apparire nascca la gioia in tutti. Santa Teresa figlia e madre del Monte Carmelo, serrata in un chiostro, oppressa da infermità, perseguitata dagli uomini e dai demoni, in mezzo alle aridezze più desolanti conservava tutta la gaiezza del suo buono spirito e il sapore del suo carattere. Ella stessa parla con lode di una fra le sue religiose, la quale era tanto faceta da far ridere tutta la comunità. San Francesco di Sales era così portato alla gioia, che i suoi nemici gliene facevano un delitto, e gli avversari della sua dottrina metteano sempre in cattiva mostra le facezie e i motti, che a quando a quando si permettea. Le sue scritture ridondano di sali e di tratti giocosi, che danno a vedere l'allegrezza del suo cuore.

            Tutti i biografi di s. Francesco di Sales sono unanimi nel confessare, che esso era amabilissimo e dava diletto a tutti; così che la gioia, la serenità, {234 [284]} la bontà, la modestia, erano sempre insieme sul suo volto, e che fu sempre di sua natura dolce, gentile, grazioso, compassionevole, benefico.

            Pio IX ha tolto questo santo a suo esemplare e maestro. Non ha guari diceva a monsignor Mermillod: «Io non so veder cosa, che sia più bella, più robusta, più morbida di un pensiero di san Francesco di Sales: egli forma la mia meditazione, e la mia lettura spirituale di ogni giorno.» A similitudine del beato vescovo di Ginevra Pio IX ha la risposta pronta e piena di sale: citiamone alcune.

 

 

LXXXI. La barca di s. Pietro.

 

            Un giorno in un trattenimento familiare dei prelati, che compongono la casa del Papa, si parlava alla presenza di nostro Signore degli uragani e delle tempeste, che minacciano la barca di s. Pietro. Uno dei camerieri che spingea forse un po'troppo {235 [285]} oltre la buona fede, e non vedea i pericoli imminenti della situazione, saltò fuori dicendo: Nulla dobbiam temere; la barca della Chiesa non può affondarsi; ha un buon pilota che con un suo quos ego placa i venti e le tempeste. «Senza dubbio, ripigliò Pio IX, la barca di s. Pietro è al coperto dei naufragi, starà sempre a galla, a dispetto degli uragani e dei marosi furibondi, in quanto a ciò abbiamo le promesse medesime di Gesù Cristo: ciò per altro non impedisce, che que'poveretti che sono nella barca di Pietro, non potessero andare a bere una buona boccata, se non istanno vigili sopra se stessi, e se la Provvidenza non viene al loro soccorso.»

 

 

LXXXII. Pio IX e il breviario del curato di campagna.

 

            Un giovane prete, colto il destro delle vacanze per un viaggetto di diporto a Roma, fu ricevuto in udienza {236 [286]} dal padre di tutti i fedeli. Dopo che ebbe risposto alle diverse interrogazioni amorevoli al Papa, fatto cuore al vederlo così indulgente e condiscendente, l'abate N... volle trar profitto della circostanza per ottenere una grazia da lui tanto desiderata. «Santissimo Padre, disse, mi permettereste di presentarvi una supplica? - Di che si tratta? soggiunse il Papa. - Santissimo Padre, vorrei, se è permesso, riprendere il breviario parigino, meno lungo del romano: e io ne guadagnerei più tempo per applicarmi alle fatiche del mio ministero. - E qual'è il vostro impiego? disse Pio IX. - Santo Padre, sono vicario in una parochia di due mila anime. - Anch'io, soggiunse facetamente il Pontefice e sorridendo, anch'io sono vicario colla cura di più, che due cento milioni d'anime che mi chiamano padre loro e che ricorrono a me nei loro bisogni, e nondimeno io m'adatto al breviario romano. Per conseguenza, caro mio, lo dovete dire anche voi.» Il povero {237 [287]} abate che non si aspettava quella risposta, rimase così istupidito, che non sapea più trovare la porta, dalla quale uscire.

 

 

LXXXIII. Giovialità del Papa.

 

            Pio IX adempie volentieri ogni pratica di pietà e non perde veruna indulgenza.

            Nel Propagatore della divozione di san Giuseppe leggiamo il seguente fatterello:

            «Ai due d'agosto di quest'anno, festa di nostra donna degli Angeli volgarmente detta della Porziuncula di Assisi, volendo soddisfare la sua pietà, il Santo Padre si recò a San Francesco a Ripa chiesa dei Francescani per lucrar detta indulgenza. Vi udì la s. Messa e quando finita questa il padre Guardiano venne a domandare se il Santo Padre si degnava di ammettere la comunità al bacio del piede in sagrisita, Pio IX disse: «Ma {238 [288]} questa non è l'ora del coro? - Sì, Padre Santissimo. - Ebbene, ripigliò l'altro, andiamo prima in coro» e andò cogli altri religiosi a salmeggiar l'ufficio. Al Papa fu dato un diurno assai male andato, per conseguenza, quando fu nella sagristia coi discepoli di s. Francesco d'intorno a sè, interrogò il P. Guardiano, fingendo di fare il contegnoso: «Non avete altro diurno da offrire al Papa quella volta che viene? - Santissimo Padre, rispose il Guardiano, i novizi han perduta la testa e vi portarono quel bel libro, che voi vedeste. - Ah! sono stati dunque i novizi, or bene! me la pagheranno!» ed ogni volta che venia un novizio per baciargli il piede, Pio IX, che si lasciava trasportare all'allegrezza di trovarsi fra così cara compagnia, lo palpava leggermente alla guancia, dicendo all'uno: «Ah! fraticello mio, è questa la maniera di trattare il Papa! e a un altro: Come voi date al Papa le cose più brutte del Convento!» e così di seguito. Si rideva di quel riso, che {239 [289]} solo è dato dalla pace dell'anima, e appena fu di ritorno al Vaticano, il Santo Padre avea la bontà di mandare ai Padri di s. Francesco a Ripa un bellissimo Uffizio, sul quale di suo pugno scrisse: Ad usum Papae.

            «Si sa che la voce ad usum è adoperata dai religiosi per significare una cosa che non è di loro proprietà ma solamente da poter servirsene.

 

 

LXXXIV. La cannonata di Pio IX.

 

            Ecco un tratto grazioso narrato dal duca di Belluno, antico segretario dell'ambasciata francese a Roma:

            «Lo spirito di Pio IX si riflette nella sua persona, che esercita un'attrazione incontrastabile. È una grazia alla quale non puoi sottrarti, è un misto di rigore e di dolcezza, di cortese e di franco, d'ingegnosa acutezza e d'ingenita benevolenza.

            Chi può causarsi dalla simpatia di questo augusto vegliardo, il quale {240 [290]} dalla spiaggia di Porto d'Anzio vedeva un brick italiano radere la costa e udendo i propositi che si facevano di lanciare una palla al naviglio provocatore, si limitava a dire accompagnando col gesto la parola:

            «Io gli lancierò la mia benedizione; è una cosa più facile e si farà più presto.»

 

 

LXXXV. Motti spiritosi di Pio IX.

 

            Alla bontà d'animo Pio IX congiunge una vivacità di spirito singolare, un acume sottile e delicato, che spesso lo fanno uscire in arguzie bellissime e tutte a proposito. Egli risponde sempre felicemente e quando è d'uopo con arditezza. Avvenne che un giorno il principe reale di Prussia gli domandò un ricordo: il Santo Padre presentandogli una immagine del bambino Gesù, scrisse: Illuminare his qui in tenebris... sedent (Luc. I, v. 79) omettendo le altre parole del testo sacro: et in umbra mortis. {241 [291]}

            Non ha molto ad alcuni puseisti inglesi diceva: «Non siate come le campane, che chiamano in chiesa ed esse non mai v'entrano.»

            Un generale francese alquanto enfatico andava per Roma facendo il Rodomonte. Il Papa lo fece chiamare: «Signor generale, dissegli, il vostro imperatore pronunciò quella bella parola: l’impero è la pace. Orsù anche i papi amano la pace, e vanno dappertutto dicendo. Pax vobis

            Nelle teste di Natale dell'anno 1863, il Santo Padre spedì in Francia al principe imperiale, suo figlioccio, parecchi doni, fra i quali un libro di conteggiatura con due devote incisioni di opera sorprendente. Egli prese il libro e sul frontispizio scrisse queste parole di Salomone: «Ascolta, figliuol mio, i precetti di tuo padre, e fa conto degli avvisi di tua madre.»

            È evidente che il Papa allude qui a nostra santa madre la Chiesa e al suo capo visibile.

            Nel viaggio da lui fatto al Nord dei suoi Stati, visitò una casa, i cui padroni {242 [292]} cercavano più l'onore mondano, che la gloria di Dio. Perciò gli si fecero intorno rivolgendogli questo complimento: «Santo Padre, qual fortuna è per noi l'avervi in nostra casa! Qual giorno avventuroso! Lasciateci un piccolo ricordo del vostro passaggio, bastaci un molto. - Orsù, rispose Pio IX, poichè vi basta un motto, eccolo: Rammenta, o uomo, che tu sei polve, e che in polve ritornerai

            Volendo il Papa, è qualche tempo, ricompensare un ecclesiastico povero, ma di una virtù e di un merito notissimo, gli accordò un benefìcio. Ora il prete, non curante della persona, si era presentato al Vaticano senza essersi fatto radere la barba poco avvezzo come egli v'era. Pio IX in luogo di motivare il rescritto sulle, vere ragioni, che v'avea di sottoscriverlo, scrisse: Acciocchè d'or innanzi possa radersi la barba.

            A Ravenna, come ogni buono Italiano, fece visita al Mausoleo di Dante, e sull'albo dove si desiderava avere {243 [293]} la sua firma egli apponea ridendola bella terzina della Divina commedia:

 

            Non è il mondan romore, altro che un fiato

            Di vento, ch'or vien quinci, ed or vien quindi,

            E muta uomo, perchè muta lato.

 

(Purgatorio canto XI.)

 

 

LXXXVI. Il buon capo d'anno a Pio IX.

 

            Una caritatevole persona aveva regalato una somma di danaro ad una casa di beneficenza di Torino, dove sono accolti più centinaia di giovanetti. Il superiore comunicò loro la fausta notizia accennando che la benemerita oblatrice desiderava, che quel danaro servisse pel loro buon capo d'anno cioè per fare una buona colezione. Allora si levò unanime una voce: Si mandi al S. Padre, si mandi al S. Padre. Fu fatto osservare, che era un regalo fatto per loro e non poi Papa. Noi ci rinunziamo volentieri, e se occorre faremo digiuno in quel giorno, ma lo vogliamo mandare al S. Padre. Egli ha già fatto a noi tanti regali. {244 [294]}

            La persona caritatevole informata della generosa risoluzione di quei poveri giovani mandò somma uguale affinchè, quasi come premio della loro venerazione al romano Pontefice, avessero parimenti di che fare festino pel primo giorno dell'anno. Quando tale cosa fu comunicata al S. Padre, ne rimase assai commosso, e mandò ai poveri oblatori l'apostolica benedizione con una somma di cento scudi affinchè que'giovanetti, diceva, possano fare un altro festino in onore del padre loro spirituale che teneramente li ama tutti nel Signore.

 

 

LXXXVII. Il danaro della vedova.

 

            Ecco un brano commovente del rapporto sul danaro di s. Pietro, fatto al Congresso di Malines dal signor Verspayen:

            «Una povera donna che riceve dalla carità il pane, che la sua rocca non è bastante a guadagnarle, una {245 [295]} sera del mese di febbraio del 1861 si presenta alla porta della canonica di D... accompagnata da tre suoi figli. Il curato la riceve cordialmente e va per darle un soccorso, ed essa lo ringrazia con una dolce alterezza. «Signor curato, non vi domando la elemosina, io vengo a portarvi il mio danaro di s. Pietro e quello de'miei figli.» E in quella disfece un cartoccio diligentemente fatto, e ne cava un franco in tanta moneta spicciola. «Ecco, disse, il tanto che mi è riuscito economizzare a soldo a soldo, da quello che mi dona la gente dabbene; piacciavi mandarlo al Papa e inscrivermi nell'associazione.» Il degno pastore non vuol sapere di accettare un dono relativamente così segnalato. «Io vi porrò al libro coi vostri figli, mia buona comare, ma non accetto più che un solo centesimo; è più che moltissimo per dimostrare al Papa quanto l'amate. - Ma, signor curato, se voi sapeste il diletto che provai a porre insieme questa sommetta! È da due mesi che {246 [296]} mi ci son messa. No, questo danaro noi voglio più, sarebbe un rubarlo; questo franco non è più mio, è del Santo Padre.» La povera donna (senza saperlo) era eloquente nelle sue istanze, e si mise a piangere. Il buon prete non potè più resistere; mescolò le sue lagrime a quelle della buona madre e tenne l'offerta.»

 

 

LXXXVIII. La questua del Papa.

 

            Si legge nella Cronaca parigina:

            «Sui primi dell'anno, l'idea di mandare strenne al Santo Padre si propagò senza tuttavia generalizzarsi. Ci si pensò troppo tardi. Ma non c'è da lamentarsene: è un buon germe per l'anno prossimo.

            «Dunque in una delle più piccole parochie della Mosa, il curato che avea letto sul suo giornale il progetto in discorso, si decise tentar la prova il giorno stesso. Quella mattina avea luogo il trasporto di un morto. Il {247 [297]} sig. curato significò con poche parole la sua intenzione di consacrare la cifra della questua alle strenne del s. Padre. Si sa che il prodotto della questua è sempre quel che si può dir minimo. Pochi pezzi d'argento a pena offerii dai parenti del defunto: a memoria d'uomo non avea mai prodotto più di 5, o 6 fianchi in quella parochia, anche quando gli assistenti erano in gran numero. Al mortorio suddetto erano presenti molte persone. Fece senso la buona intenzione del buon paroco. Ciascuno si fece un dovere e un piacere di dare la propria offerta. Il piattello d'argento si coperse, si colmò. Allorchè il paroco tutto ilare di gioia figliale fu a far la somma, contò 125 franchi!

 

 

LXXXIX. Tutte le fibbie al Papa.

 

            Il sapiente archeologo che, è incaricato degli scavi d'Ostia, andò a trovare il Papa per chieder fondi. «Non {248 [298]} ce n'è, rispose il Papa; pensate che io vivo di elemosina. – Ahimè! Santissimo Padre, quanto mi duole di accrescere i vostri dolori tormentandovi colle mie domande! Oh! sì, disse il Papa, io ho dei dolori e non pochi, ma se sapeste anche tutte le mie consolazioni! Guardate là a quell'immenso paniere; indovinate un po'che c'è dentro... È l'offerta di una parte rispettabile del clero piemontese. Sono poveri quei buoni preti, non sanno che cosa darmi... Or bene essi fecero voto di non portar più fìbbie d'argento alle loro scarpe e le hanno mandate a me.» E il papa aperse il paniere e io ne vidi migliaia di quelle fìbbie, non poche delle quali erano fattura di duecent'anni fa, e state conservate di mano in mano nelle famiglie.

            Il sapient'uomo confessava che quella vista lo avea fatto piangere e le lagrime scorreano ancora da suoi occhi, mentre ne parlava a noi. Quindi soggiungea: «Se sapeste che santo è il Papa, qual natura angelica! non {249 [299]} accetta che per dare. Ultimamente io scopersi ad Ostia una bella statuetta d'argento, e a lui la portai. Passati pochi giorni, lo trovai d'umore un po'sconcertato. - Ahimè! disse, io diedi la vostra statua al principe di Prussia, non potei stare. - Santo Padre, voi siete del torto; la statuina era troppo bella, perchè dovesse essere regalata. Ora ecco che vi porto un altro oggetto di egual valore, una collana d'oro trovata nello stesso luogo. - Ebbene, ripigliò il papa, portatela subito al museo, perchè domani io debbo vedere una tal principessa, e sono sicurissimo che gliela darei.

 

 

XC. La doppia d'oro d'un pazzo.

 

            Nell'ottobre del 1864 il S. Padre si recò a visitare lo spedale dei pazzi. Narrano a proposito di quella visita due incidenti che meritano d'essere saputi. Attraversando Pio IX i giardini dello stabilimento, un pazzo dalla {250 [300]} ciera dolcissima e malinconica, gli fe'cenno colla mano d'accostarglisi, e Pio IX toltosi dal cerchio dei prelati, che lo accompagnavano, andò a quel misero.

            «Santissimo Padre, incominciò l'altro, vorrei dirvi una parola, e donarvi una mia cosuccia; ma non vorrei, che coloro là ci vedessero. Andiamo dietro a questo macchione.»

            Il Papa senza dar retta ai timori manifestati dalla sua corte, gli tenne dietro, e giunti al luogo indicato il pazzo si chinò giù a terra, e cominciò a raspar colle unghie, dicendo:

            «Vi ricordate mo, Santo Padre, che è un anno oggimai che non siete venuto qui? Oh! è un gran pezzo che io vi sto aspettando.»

            E seguitava a raspare.

            «Ho nascosto qui sotto terra il dono che voglio farvi.»

            E raspava, raspava.

            «Siamo intesi che il mio amministratore è all'orba di questa faccenda. Imperocchè non v'apporreste! mi hanno assegnato un amministratore {251 [301]} che mi fa passare per un mentecatto. E se sapeste, Santo Padre, che birba, che birbaccione e quella lana del mio amministratore! Egli divora ogni mia sostanza...»

            E via via a raspare.

            «Mio buon amico, se vi resta ancor molto da raspar così, sarà meglio che rimandiamo il nostro affare ad altro giorno. Così il Papa con accento di voce tenerissima.

            «No, mica; prendete, ecco; questa è la mia offerta al danaro di s. Pietro.»

            Così dicendo il pazzo pose in mano a Pio IX una doppia d'oro.

            Il Santo Padre non voleva accettarla, ma il pazzo insistendo fu giuoco l'orza fare a suo modo.

            Proseguendo la sua visita il Papa fu toccato nel gomito da un altro demente, che gli disse:

            «Voi prendete tabacco, n'è vero, Santità?

            «Sì, mio caro.

            «Ebbene, datemene una presicina.

            «Volentieri.» {252 [302]}

            E Pio IX gli presentò la tabacchiera aperta. Il pazzo con tutta gravità v'immerse dentro l'indice e il pollice, ed esclamò:

            «Fede mia! che bella tabacchiera! è tutta d'oro. Me la donereste? quanto ne sarei felice!

            «Se non dipende che da ciò la vostra felicità, prendete la tabacchiera, ve la dono. Ma ricordatevi che vi è un'altra felicità maggior di questa vale a dire: veder Dio nella sua gloria e vivere con lui. Raccomandatevi a Dio buono e misericordioso. Amico mio, chiamatelo, ed egli vi ascolterà e vi consolerà.»

            Il pazzo rispose «lo farò, lo farò» indi si mise in ginocchio; baciò la sottana bianca del Papa, e si ritirò contemplando la sua tabacchiera. In sostanza quella tabacchiera era di tutto suo gusto.

 

 

XCI. Generosità di Pietro il mendicante.

 

            «Vorrei scusarmi, Piero mio, diceva il conte X... a un povero gobbette dopo avergli fatta ia carità, questa {253 [303]} volta, anch'io se ti compiaci, vorrei domandarti una piccola elemosina.

            «Come? il signor conte scherza.

            «No, ti dico, non fo per ridere. Ti domando la elemosina pel Santo Padre. Oggigiorno egli si trova in grande penuria, e i suoi nemici fanno ogni sforzo per ridurlo agli estremi. Dunque, mio Piero, prendo anche un centesimo quando mi è offerto da un poverino: cotesto centesimo, come l'obolo della vedova, sarà più caro al Signore, che l'oblazione del ricco.

            «Signor conte, soggiunse il mendico colle lagrime agli occhi, oh! pel Santo Padre io darei fino questa mia vita, che porto così sciancata, ma pel momento non ho un quattrino. Questa sera io avrò la consolazione di recarvi qualche cosa.

            Infatti appena suonato 1'Angelus Domini il buon Piero bussava alla porta del conte. Un domestico l'introdusse del gabinetto del padrone; Pietro gli mise in mano 12 franchi e 20 centesimi.

            «Signor conte, ecco qua tutta la {254 [304]} mia fortuna. Io aveva fatto questa economia pel caso di malattia, non mi salvo un centesimo per domani; Iddio mi provvedere.

            «Galantuomo, non posso accettarlo. Il Santo Padre bisognoso com'egli è ricuserebbe una tanta offerta.

            «No, no, di grazia, tenete, fatemi questo piacere. L'ottimo Iddio, neson sicuro, verrà in aiuto di colui che dà tutto il poco che ha al mondo per soccorrere il proprio padre.

            «Ebbene, mio buon Pietro, accetto l'offerta tua, ma domani mattina, a nove ore, ti aspetto da me, per asciolvere insieme.

 

 

XCII. L'anello nuziale.

 

            Una povera donna di Milano indirizzava al Santo Padre una lettera del seguente tenore: «Se io avessi oltre il bisogno, darei molto, ma sono una povera donna milanese senza danari, senza anelli, senza oggetti preziosi. {255 [305]} Però io offro a Pio IX una piccola scoltura d'alabastro, e con ciò pretendo di protestare contro i suoi nemici e imploro la sua benedizione. Ecco il mio anello nuziale, memoria tanto cara di mio marito, io l'offro come un simbolo e una protesta d'amore e di fedeltà inalterabile alla Santa Chiesa Cattolica Apostolica romana. Aggradite, o Santo Padre, la mia devozione filiale, degnatevi benedirmi insieme co'miei, e concedetemi la consolazione d'una preghiera, che sciolga, se ne ha ancora bisogno, dagli ultimi lacci che possono tenerla ancor divisa da Dio, 1'anima del mio amatissimo sposo.»

 

 

XCIII. Consolantissima conversione.

 

            Ecco un fatto dei più consolanti.

            Fuvvi a Napoli una nobile e morigerata donzella che da cinque anni avea perduta sua madre. La virtuosa madre avea educata la figliuola nel {256 [306]} santo timor di Dio, in una tenera divozione verso l'augusta madre Maria, in un amore di figlia al Vicario di Gesù Cristo.

            Alla buona fanciulla restava ancora il padre, il quale, pieno d'amore verso la figlia, in lei trovava tutta la sua felicità e tutte le delizie. Ma il povero padre conduceva una vita incredula e mondana. Già era stato trappolato in una cospirazione, e il suo più gran piacere era quello di vedere rovesciato il trono del Pontefice Romano, e con lui la cattolica religione. La sua fede era oramai perduta nello straboccamento dei vizi e l'anima sua sembrava abbandonata.

            Trista ed afflitta la povera giovinetta non avea altro scampo, che di rivolgersi a Dio, al Dio della sua povera madre. Serravasi da sola nella piccola sua cameretta, e gettandosi ai piedi di Maria versava lagrime copiose per la conversione e salute del proprio padre; di più quando piena di fervore possedeva nel suo cuore Iddio {257 [307]} in Eucaristia, si consumava in sospiri e in preghiere per ottenere la tanto bramata grazia.

            Un di fra gli altri, nei quali avea pregato con tutta la foga del suo spirito, le venne in mente un pensiero, da lei con ogni amore carezzato, dicendo a se stessa di avere omai trovato il mezzo di salvare la persona, che era le la più cara del mondo. Forse era stato l'angelo di sua madre che gliel'avea inspirato dal cielo.

            Tornò a sue faccende, e al chiamarla che fece il padre e al vederla con occhi rossi dal pianto:

            «Che hai, figlia mia, disse, come è che io ti veggo sì afflitta?

            «Ah! padre mio, proruppe con uno slancio d'amore, e gettandoglisi al collo, padre mio, vi domando una grazia, non la negate a me.

            «No, figlia mia, te lo giuro, perchè non mi dà il cuore di vederli sempre così trista.

            «Padre mio, poichè tu lo giurasi i e poichè sei uomo d'onore, non ritirerai la parola che tu mi desti. Da {258 [308]} oggi innanzi io voglio che ogni mese tu mi doni una doppia (moneta d'oro del valore di circa 17 franchi), perchè vo'offrirla in tuo nome al sommo Pontefice Pio IX.

            A una domanda tanto fuori dell'aspettato, il padre uscito nelle furie grida:

            «A me tale domanda?»

            E svincolandosi si ritirò in un'altra stanza.

            La povera giovinetta sbigottita a siffatta risposta, si sente opprimere, soffocar dal dolore e cade svenuta.

            Il padre pochi istanti dopo ritornò a lei. Chi può esprimere il suo dolore e la sua vergogna vedendo in quale stato avea condotto sua figlia!

            Chiama tutti i domestici, alzano da terra la giovinetta; il padre le è attorno con tutte le cure immaginabili. Ritorna in se stessa:

            «Ah, padre mio, disse, perdonatemi!»

            Il padre rimane estatico per compunzione, e tirando quasi a suo malgrado dalla tasca non una sola, ma due doppie, dice a sua figlia: {259 [309]}

            «Figlia mia, che ti fec'io? Prendi questi due pezzi e ne disponi come ti sembra meglio.

            «No, padre mio, a questo modo non le posso prendere: dammele acciocchè le mandi al Santo Padre. Sarà l'unica consolazione, il solo diletto che tu possa arrecare al cuor d'una figlia, che ti ama più di se stessa, nè altro desidera, che di vederti felice.

            «Ebbene, ripigliò il padre intenerito fino all'anima: nulla io posso ricusarti. In luogo di due eccone quattro (68 franchi): mandale al Santo Padre in nome di un figlio traviato.»

            Oh possanza della divina misericordia! Quest'opera sublime di carità cangiò il cuore del peccatore, gli ottenne il pentimento, il perdono delle sue colpe.

            Dopo due mesi, padre e figlia lasciano Napoli per togliersi alla inquisizione dei malvagi, che vedeano sfuggirsi di mano si bella preda. Sbarcano a Civitavecchia, e prendono la via di Roma.

            L'eccellente giovinetta ebbe la consolazione {260 [310]} di vedere suo padre a'piedi del sommo Pontefice, implorante il perdono de'suoi traviamenti.

            Oggi vivono felici e tranquilli nella cattolica terra di Francia.

 

 

XCIV. Gli irlandesi.

 

            Pio IX gioiva spiegando alla presenza degli uditori di Rota le tante consolazioni onde ha inondata l'anima. «Io non saprei, diceva, per una centesima parte ridire le prove ammirabili d'amore e la devozione dei fedeli delle diverse parti dell'orbe cattolico; ma voglio narrare un fatto che mi ha tocco le viscere. Alcuni poveri Irlandesi, di quei poveri figliuoli, che ci si dipingono come pazienti tutti gli orrori della miseria, si sono quotizzati e mi spedirono una ghinea (26 fr., 47 c.); altri dicono una sterlina (25 fr.). Ah! che io li benedico, que'cari figliuoli, e con tutto l'amore del mio cuore.» {261 [311]}

 

 

XCV. I canarini del Papa.

 

            L'amore dei cattolici alla Santa Sede è altrettanto fecondo ne'suoi mezzi quanto inesauribile nelle sue elargizioni. Ecco uno di quei passi che debbono essere raccolti a gloria della Chiesa e ad edificazione dei fedeli.

            Il domestico dell'Arcivescovo d'Alby è terziario dell'ordine di s. Francesco d'Assisi e arde del desiderio di consacrarsi alla vita religiosa appena i suoi doveri di pietà filiale non lo trattengano più fra le cose del secolo. I suoi mezzi più non gli consentono di sovvenire, nella larghezza che egli vorrebbe, ai bisogni del Papa che egli ama di tutto cuore. Una persona di sua conoscenza partiva da Alby per Roma. «Voi vedrete il Santo Padre, gli disse il buon servitore, deponetegli ai piedi questi 200 fr. da me guadagnati per lui a soldo a soldo vendendo i canarini da me educati a questa intenzione.» {262 [312]}

 

 

XCVI. Carità di Pio IX.

 

            Se l'augusto Pontefice dall'una mano riceve, egli allarga dall'altra. Ci vorrebbero volumi per registrare le sue pie elargizioni[14]. {263 [313]}

            Non vi è fasto, non vi è lusso di sorta perfìn nei servigi nei quali si manifesta l'esterno apparecchio della sovranità di Pio IX. Egli ha resecata in qualsivoglia cosa, che a Lui si riferisca, le più piccole spese abusive. «Bisogna economizzare più che è possibile, perchè i poveri crescono tutti i giorni e le risorse diminuiscono.» Questa è la sua massima.

            Forse non è ancor conosciuta la faccenda dell'arancio che è de'primi giorni del regno di questo incomparabile Pontefice. Prima di Lui era costume nei grandi calori d'estate, di tener pronte guantiere di sorbetti. Fu grande la sorpresa di Pio IX un di che domandò un'aranciata, vedersi venire innanzi gli staffieri recando rinfreschi e pasticcerie di molte qualità. Gli si dovè spiegare come era in costume di farsi; egli vide dello spreco, e rimandando tutto quel corredo, si fece portare un coltello e un arancio, il cui sugo spremette egli stesso in un bicchiere, raccomandandosi che in avvenire ogni volta che {264 [314]} volesse una bibita non gli si venisse più innanzi con tutto quel treno di roba.

            Si dà per fermo che la biancheria di sua guardaroba sia stata per gran tempo la medesima che aveva in Imola. Si dice di più che a tutta prima egli non possedea se non se la sottana di lana bianca, che dovè assumere al momento di sua elezione; fu a sua insaputa che gliene fu fatta un'altra di seta bianca.

            Allorchè il cholera facea strage a Bologna, qualche anno fa, un foglio pubblico scrivea queste linee. «Il Papa nostro Signore non limita soltanto a Roma le opere di sua carità inesausta e di sua sovrana munificenza: ma al contrario desideroso di portar soccorso a tutti quelli, che soffrono, stende le sue largizioni a tutte le parti del mondo. Sebbene le sue risorse siano lontane dall'essere abbondanti, trasmise tuttavia a Monsignore vescovo di Epifania vicario capitolare di Bologna 1000 scudi affinchè siano distribuiti allo famiglie {265 [315]} della città che furon le più desolate dal flagello.» Alcuna settimana innanzi il Santo Padre avea disposto una somma annuale al buon andamento degli stabilimenti fondati a Bagnorea pei poveri vecchi, e all'educazione delle zitelle.

            Diamo qualche novella tolta dall'esimio giornale la Corrispondenza di Roma.

            «Il Santo Padre ad onta delle sue ristrettezze, ha spedito in Ispagna una somma di due mila scudi romani per aiutare le vittime delle ultime inondazioni.

            «Anche in Olanda spedì un'egual somma per consimile destino. La Maestà del re d'Olanda si è mostrato sensibilissimo di cotesta prova d'affetto, ed ha inviato al Santo Padre i suoi ringraziamenti in una lettera autografa.

            «Il Santo Padre visitò lo spedale dei pazzi a Santo Spirito. Detto stabilimento fu ingrandito e migliorato per munificenza della Santità sua che gli donò 500000 franchi del suo peculio particolare. Le opere furono {266 [316]} terminate sotto 1'attiva e intelligente direzione del sig. Girard, ed il Santo Padre si è compiaciuto di visitarlo.

            Al momento lo spedale dei pazzi a Roma è al livello degli stabilimenti più rinomati in tal genere nell'Europa. Vi si è messo a profitto tutto ciò, che la scienza moderna seppe immaginare per migliorare la condizione degli infelici.

            Lavoro di mano, musica, passeggiate in un ben ampio giardino sono utili esercizi adottati in questo spedale, dove il numero dei dementi sale a 520.

            La sollecitudine del Santo Padre si estende a tutto e a tutti. Gli abitanti di una piccola città dello stato della Chiesa, si lamentavano della mancanza dell'acqua potabile; Pio IX assegnò loro 100000 franchi per contribuire alla costruzione d'un acquedotto.

            Il Santo Padre in uno de'suoi viaggi donò alla città d'Anagni 40000 scudi per far condur l'acqua sulla piazza. A Veroli diè 1000 scudi pel monte di pietà; a Ferentino ne fondò uno {267 [317]} col dono di 1500 scudi. I poveri di qualsivoglia località percorsa dal Santo Padre, sono stati da Lui sovvenuti, senza parlare dei regali in oro, o in altri oggetti fatti a tutte le chiese. La Santità sua divide coi poveri di tutto il mondo l'elemosina che riceve dai cattolici suoi figli.

            Ecco una serie di atti di generosità del Santo Padre, annoverati con gran diletto da un giornale italiano.

            Nel 1862 il Santo Padre diede fiorini 6000 agli innondati dell'Ungheria e 1000 nel 1863. Nel 1861 spedì 10000 lire agli inondati d'Olanda; 2000 alle vittime di un terribile incendio a Glaris nella Svizzera. Nel 1860, fece distribuire 10000 fr. ai cristiani di Siria spogliati dai Drusi e soccorse larghissimamente gli operai d'America. Nel 1862 inviò 15000 franchi agli operai di Lione, 5000 a quelli di Saint-Etienne, 10000 a quei di Gand, 2500 ai poveri di Liverpool, ed altrettanto a quelli di Manchester. Ai danneggiati dell'incendio di Dimogos donò 5000 franchi, {268 [318]} a quelli di Cracovia 1000, a quelli di Magonza 500 scudi romani, a quelli di Camerata 300, a quelli di Borgo a Villa Fugana 1000, a quelli di Torino 2000 franchi, a quelli di Calazza nel Novarese 1000, per le vittime del terremoto di Mendoza in America 500 scudi romani. Rieti ricevette 700 scudi, Ancona 1500, Tivoli 1000, Norcia 3500; finalmente Ferrara, Firenze, e la Spagna benedissero i favori della sua carità.

            Si legge in una lettera da Roma del 14 Agosto 1865:

            «Soggiornando alla campagna Pio IX ama dirigere la sua passeggiata alla banda di Galloro. Nell'ultima sua visita trovò non so quanti operai occupati a ristaurare il pavimento del Santuario. Il superiore dello Stabililimento fu pronto a presentarsi.

            «Padre mio, gli disse il Papa con garbo angelico, ho una lettera da consegnarvi.

            «E poichè il venerabile religioso, un po'sorpreso al vedere il Capo della Chiesa incaricato d'una commissione, {269 [319]} stentava a formare risposta, il Santo Padre gli consegnò un piego suggellato.

            «Il piego conte neva cento scudi (507 franchi) 1'offerta del più povero dei re che vive di elemosine, ma che è sempre ricco di vantaggio, quando trattisi di contribuire al decoro della casa di Dio.

 

 

XCVII. I soldati francesi al Vaticano.

 

            L'affabilità esercita sui cuori un impero irresistibile, massimamente quando sia congiunto ad una non dubbia virtù. Un giovane luogotenente dei cacciatori di Vincennes si avea messo un paio di guanti bianchi novissimi, abbenchè 1'etichetta voglia che innanzi al Santo Padre si stia colle mari nude. Prima di baciare la mano al Papa ebbe cura di prenderla fra le sue e di stringerla caramente; e soltanto dopo si levò i guanti. Ritornato al suo alloggio li depose con ogni delicatezza in una scatola con sopra una scritta che diceva: {270 [320]} - questi guanti toccarono la mano di Pio IX. Oggi ancora li conserva come una memoria, anzi come una preziosa reliquia.

            «Quanto a me, diceva un vecchio caporale, può darsi che io sia un po'ardito, ma non potei stare senza poter dare al Papa una buona stretta di mano, e dopo gliela baciai. Or vedete, se io amo il Papa con tutto il mio cuore.

            Un capitano di Stato maggiore diceva ad uno de'suoi generali: «Poffare! credereste? quella cattiva lana di D... (e volea dire un colonnello) ha pianto vedendo ritornare il Papa!

            «Caschi il cielo! lo credo, e non ci duro fatica a crederlo, soggiunge il generale. Io, vedete, non sono un bacia pile, eppure feci altrettanto.

 

XCVIII. Generosità del Papa.

 

            Il General M... era alla vigilia di partirsi da Roma e suo desiderio era di presentare i proprii omaggi al Santo Padre e ricevere un'ultima benedizione; ma lo {271 [321]} teneva uno scrupolo. Sapendo che il Pontefice è uso a fare un piccolo regalo a tutti gli ufficiali che vanno a tor congedo da lui, «No, diceva con tutta candidezza, non posso obbligare il Papa a fare una nuova spesa per me. So, che è poverissimo, che non ha danari, perchè non fa se non se dare a tutti e in qualunque occasione, e non vorrei bel bello esporlo alla tentazione di aggravarsi di qualche altro debituccio.» Tuttavia dietro le osservazioni de'suoi amici, e mosso più ch'altro dal suo cuore, che parlavagli sempre più alto a misura, che si accostava il momento della partenza, fece chiedere una udienza, ed eccolo introdotto alla Santità Sua. Pio IX le ringraziò e gli disse le cose più affettuose. Il generale domandò una benedizione alla vecchia sua madre, e gli fu concessa con tutto amore. Ma l’istante è giunto di congedarsi, e il Papa si credette in dovere di cercare qualche oggetto di pietà da offerire al generale. Questi si accorse dall'alto, e, io lo diceva, interruppe, {272 [322]} Santissimo Padre; avrei fatto meglio a non venire. Voi date sempre, ne verrete al verde. Nulla io voglio, nulla io posso accettare.» Il buon Papa, che tutta intese la delicatezza di quel sentire, lasciò campo al generale di sfogare la sua vivacità e poi fissandolo con somma dolcezza: «Generale, disse, dunque avete deciso che voi nulla volete da me. Mi rassegno: tuttavia non potrete ricusare questa tenue memoria per vostra madre. So che le piacerà e voi non sarete quello che voglia privarla di un tal piacere.» Il povero generale colpito da siffatte parole dette così alla buona pianse e coprendolo de'suoi baci si portò via il vago cammeo destinato a sua madre, e che ei volle subilo far vedere ai propri amici, informandoli della maniera con che eragli stato offerto. {273 [323]}

 

 

CIX. Il rosario dell'armata.

 

            Un uffiziale superiore scrivea così da Roma:

            «Mi troverei a mal passo, se volessi dire delle migliaia di rosari comprati dai nostri soldati e da noi, perchè ci fossero benedetti dal Papa.

            «Eccone qui per otto franchi, diceva un fantaccino mostrando le mani piene nell'uscire di un magazzeno. Mi son rimasti due soldi solo, ma fa lo stesso, intanto avrò da contentarne tutti i miei. Verso sera incontro uno dei nostri coscritti che salia a gran passi la scala degli uffici della posta francese. «Che hai tu qui? gli dissi. La tua lettera è molto grossa e pesante.

            «Capitano, è un rosario benedetto dar Papa, ch'io mando a mia madre.

            «Ma non sai che ti costerà un occhio della testa? un cinque franchi forse? farai meglio se aspetti un occasione.» {274 [324]} «Non saprei quando, e poi m'incresce aspettare. Io non voglio far perdere la pazienza a mia madre, immaginate se ne sarà allegra! oh io pagherò i cinque franchi.» E corse ad impostare la lettera.

 

 

C. Preghiera pei soldati defunti.

 

            Appena ritornato da Gaeta il Santo Padre si diè sollecito pensiero di fondare in Roma una messa di requiem quotidiana in perpetuo all'anima di coloro che morirono combattendo pel patrimonio della Chiesa; ora però istituì una rendita per altra messa perpetua da celebrarsi ogni giorno nella cappella del Seminario Pio ad intenzione dei benefattori della Santa Sede. I giovani leviti, che abbellano di lor virtù quella santa casa, hanno 1'onore di adempiere alle obbligazioni del religioso Pontefice, e l’ostia di propiziazione ogni mattina viene immolata sull’altare eretto in quel luogo sacro ad onore di s. Pio V. {275 [325]}

            Il divin Sacrificio, come lo disse la Santità Sua nel decreto di fondazione, si offre per tutti coloro, che nelle presenti circostanze ben meritarono della Sede apostolica colle elemosine e cogli scritti.

 

 

CI. Messa celebrata dal Papa per un soldato francese.

 

            Nel corso dell'anno 1855 e 1856 un giovane soldato che, per quanta sembra, non era molto innanzi in fatto di formalità e cerimoniale per essere ricevuto alla sacra udienza, si presentò al Vaticano, dicendo avere un affare importante da comunicare a Pio IX. Il Papa era occupato; tuttavia a forza di istanze e di suppliche il giovane soldato ottenne il favore desiderato.

            «Mio buon amico, che dunque avete da dirmi? gli domandò Pio IX tutto soave.» «Papa mio, te lo dirò, rispose {276 [326]} il soldato con fare assai ruvido e mettendo mano a un gran saluto militare. Ieri ricevetti una lettera del mio paese. Se noi sai, laggiù nel mio paese vi è un uomo commilitone, che ebbe già l'onore di venire all'udienza tua; di più tiene una medaglia donatagli da te, e ogni otto giorni raduna le genti del villaggio a parlar loro di Roma, del santo Padre, delle Catacombe, e sopra tutto di S. Pietro, e sa prender così bene i suoi uditori, che il curato dice lui valere un predicatore. Ebbene, Papa mio, tutto il villaggio vuole avere una messa dotta a sua intenzione e che tu la dica. Ecco quanto mi scrivono nella lettera; ecco quanto: Tu andrai al Papa, gli domanderai una messa, ma innanzi tutto lo pagherai ben bene. Eccoti quaranta soldi, Papa mio.»

            E sì dicendo il soldato cavò fuori un maestoso pezzo da due franchi, che con tutta la maggior possibile solennità depositò sulla tavola del sommo Pontefice.

            Il Santo Padre a quella parola non {277 [327]} potè tenersi dal ridere, e tutto ammirato e intenerito a tanta ingenuità del soldato: «Amico, disse, riprendete i vostri due franchi e teneteli per voi; ve li dono, abbiate inoltre questo rosario. Domani dirò la messa pel vostro villaggio e farò da suo cappellano. Voi pure ci verrete, v'aspetto.»

            Il soldato uscì via tutto pettoruto e contentissimo della sua ambasciata, e non occorre dirlo, che la dimane si guardò bene dal mancare al convegno datogli dal Vicario di Gesù Cristo.

 

 

CII. Pio IX preconizzato da sante religiose.

 

            Fin prima di essere sublimato alla suprema dignità di Sovrano Pontefice da lui occupata con tanta gloria, splendore ed ammirazione dell'universo, Pio IX era stato annunciato come l'eletto da Dio per essere uno dei {278 [328]} più illustri e santi successori di s. Pietro, vero Vicario di Gesù Cristo sulla terra.

            Una santa religiosa Domenicana d'Italia, il cui processo di canonizzazione è già aperto in Roma, avea predetto assai lungo tempo prima, che la Chiesa, dopo Gregorio XVI di santa memoria, avrebbe un Pontefice che, giusta le sue frasi, sarebbe pio d'indole e di nome. Tutti i grandi avvenimenti stati già prenunciati dalla serva di Dio, morta in odore di santità, si sono avverati di una maniera sorprendente, come possono testimoniare i RR. PP. Domenicani di sant'Albina, e ognun di noi oggidì può toccar con mano la profezia di costei sul conto dell'abate Mastai Ferretti, essersi avverata a gran bene della Chiesa.

            Un altro fatto non meno importante è narrato nella notizia sulla vita di Anna-Maria Taïgi, pubblicata dal signor Luquet, ed è una profezia di questa gran serva di Dio a riguardo di Pio IX. Ecco le testuali parole tanto degne di osservazione e sulle quali {279 [329]} noi chiamiamo l'attenzione dei nostri divoti lettori[15].

            «Ad un prete, da cui l'ebbe inteso l'autore della sua vita, la Taigi manifestò quel tanto più che gli empi doveano commettere in Roma e come l'abbiam visto pur troppo verificato. Dissegli dei particolari patimenti cui allora sarebbe andato soggetto il conduttore della barca di Pietro. Che il futuro Pontefice era allora semplice prete e fuori dello Stato, in paesi remotissimi (Infatti l'abate Mastai era ancora semplice prete e addetto alla nunciatura del Chili).

            «Anna Maria descrisse qual sarebbe {280 [330]} il futuro Pontefice, cioè che verrebbe eletto in un modo straordinario, che avrebbe concesse riforme e che se gli uomini ne fossero stati riconoscenti, il Signore li avrebbe colmi di benedizioni.

            «Aggiunse che il Pontefice detto secondo il cuor di Dio sarebbe stato da lui assistito con lumi affatto speciali, che il suo nome verrebbe divulgato in tutto il mondo, e applaudito da tutti i popoli; che esso sarebbe il Pontefice santo destinato a sostenere la tempesta scatenata contro la barca di S. Pietro; che il braccio di Dio lo sosterrebbe e lo tutelerebbe contro gli scellerati, che ne andrebbero sconfitti e confusi. E poi egli avrà il dono dei miracoli. Finalmente soggiunse, dopo il corso di dolorose vicende, la Chiesa otterrà un trionfo così splendido, che i popoli ne rimarranno sbalorditi.» (Notizia sulla vita di Anna Maria Taïgi di Monsignor Luquet, p. 204 e 205). {281 [331]}

 

 

CIII. Pio IX profetizzato da Pio VII.

 

            Leggiamo nel Giardino di Maria, che lo prese dall'Unità Cattolica, il seguente aneddoto che sarà letto non senza piacere:

            «A proposito del diciannovesimo anniversario della elezione del nostro Santo Padre Papa Pio IX, una persona degna di fede ci ha comunicato un fatto che, avuto in vista alla precisione dei particolari, ci si presenta con tutti i caratteri dell'autenticità.

            «Nell'anno 1846, a s. Giovanni di Persiceto, viveva il figlio di un antico servitore di Pio VII stato già suo fedel compagno a Fontainebleau negli ultimi giorni così disastrosi al Pontefice. L'augusto prigioniero gli avea consegnata una lettera di sua propria mano suggellata, dicendogli di trasmetterla a suo figlio con espresso comando di non aprirla se non se all'anno 1846. {282 [332]}

            «Il vecchio fedele esegui puntualmente gli ordini del Santo Pontefice; ma il figlio aveva perduto di vista la famosa lettera ed ignorava completamente il contenuto.

            «Ora sedente il conclave del 1846 un processo incominciato, avendolo condotto a rovistare negli archivi di famiglia per certe carte, la lettera di Fontainebleau gli cadde alle mani senza egli cercarla. L'apre a sua grande sorpresa, legge nei caratteri identici di Pio VII che il vescovo sedente nella chiesa d'Imola nel 1846 sarebbe eletto Papa e prenderebbe il nome di Pio IX. Indi seguìa la descrizione in succinto delle sue persecuzioni e del trionfo al qual sarebbe testimonio prima di morire e ciò in età avanzata.

            «Senz'altro attendere fa autenticare la lettera, riconoscerne i caratteri e ne fa spedire secretamente una copia al conclave. Egli stesso va poi subito ai magistrati, e li avvisa che il nuovo Papa sarà il vescovo d'Imola. Credettero che gli avesse dato volta {283 [333]} il cervello; ma quale non fu la loro maraviglia e dell'intiera città come udirono che la profezia si era verificata?»

            Lo scrittore di questa relazione aggiunge:

            Noi fummo fortunati di leggere l'originale e tutto il processo relativo. Le cose dei nostri tempi vi erano predette in ogni lor parte.

 

 

CIV. Guarigione miracolosa.

 

            Il Papa, senza trasandare onninamente gli argomenti umani, si lascia talor governare, come nel caso che espongo, dai lumi soprannaturali che lo spirito di Dio accende in lui. Nè deve ciò recar stupore a veruno; imperocchè la fede ha ardente, la pietà profonda, la prudenza incomparabile, ed è perciò che i fedeli collocarono in lui la speranza loro tenerissima e solidissima.

            Una dama straniera era afflitta da {284 [334]} mali acuti, ai quali la medicina non sapea trovare nè una spiegazione nè un rimedio; e siccome la dama è vera cristiana, ne avea dedotto che il demonio l'avesse tolta a perseguitare, ponendo sua stanza nel corpo di lei e orribilmente gliel tormentasse. È moda presso i liberi pensatori di non credere agli ossessi, de'quali ci parlano pure si di frequente i libri sacri e le storie ecclesiastiche, ma i liberi pensatori hanno cortissimo il vedere, un veder meschinissimo, e mentre non prestano credenza alle ossessioni del Demonio, di cui ci parla santa Chiesa, si scervellano poi dietro alle tavole semoventi, agli spiriti percussori, ai medium e ad altri bellissimi lor trovati.

            La dama forestiera trovandosi dunque a Roma sollecitò un'udienza da Pio IX, e si gettò a'suoi piedi narrandogli de'suoi dolori, civile tentazioni, e degli atti da disperata, ai quali era in preda. E già al suon della voce, in tutto lo agitarsi della persona vi fu qualche cosa, che certamente {285 [335]} ferì nell'anima il Santo Padre; perchè dopo averla lasciata dire un gran pezzo, Pio IX con tutta semplicità, ma con piglio franchissimo, dissele: «Andate, figliuola mia, domani mattina alle ore sette io dirò la santa messa, e domanderò a Dio la vostra guarigione. Alla stessa ora cibatevi anche voi del pane degli angeli e abbiate fede.»

            La dimane infatti la dama si accostò alla mensa eucaristica, e da quell'ora, è dessa che ce lo dice, i suoi dolori, le suo incertezze, i suoi scrupoli, le orribili sue torture dileguaronsi prontamente per non venir più a darle molestia.

 

 

CV. Quanto giovi la benedizione del s. Padre.

 

            Sul proposito in che siamo di fatti soprannaturali si hanno altri racconti sulla guarigione prodigiosa di una dama romana, ottenuta istantaneamente {286 [336]} colla benedizione e preghiere di Pio IX.

            La principessa Sofia Odescalchi, nata contessa Branicka, per vincoli maritali è italiana, e per nascita è di Polonia. Attaccatissima al suo sovrano spirituale e temporale, vivea di sacrifìcio, e distribuendo il ricchissimo suo spillatico fra il danaro di San Pietro e i poverelli.

            Da otto o dieci mesi sfavasi inferma a letto in preda ad atroci dolori di cancro. Era da quasi ventisei giorni da che non potea mandar giù bricciolo di roba. Già ricevuta l'estrema unzione, fu raccomandata alle preghiere del Papa che le mandò la sua benedizione. Ricevuta che l'ebbe, l'inferma domandò di mangiar qualche cosa, si alzò, e in mezzo allo stordimento universale, andò a rendere grazie a Dio in pubblica chiesa dove fu fatto celebrare un triduo a sua intenzione.

            Ciò fatto, col marito e coi figli salì al Vaticano per esternare l'effusione di sua gratitudine al successore di {287 [337]} Pietro. Se il venire a convalescenza è ottima cosa, qual non sarà allorchè ci si viene per via miracolosa! Io non mi proverò a dipingere la somma contentezza provata dal principe Livio Odescalchi, e da'suoi figliuoli, nè parlerò dello sbalordimento del medico; vi dirò solamente che questa miracolosa guarigione felicitò un gran numero di persone, cominciando dagli amici della famiglia e terminando ai poveri di Roma. Il principe ha molti amici a Vienna, avendo già servito in diplomazia, ha un fratello e due nipoti in Ungheria. La principessa pel lato di madre è della famiglia dei conti Potocki, la più numerosa e una delle più illustri fra l'egregia nobiltà di Polonia e conosciutissima anche fuori. A presenza di tanti e innumerevoli testimonii voler negare la guarigione miracolosa della principessa Odescalchi, è un esporsi alle risa dell'Europa. {288 [338]}

 

 

CVI. Pio IX e il medico protestante.

 

            Il Santo Padre visitava un giorno lo spedale di s. Giovanni di Dio. Nell'atto che tutti piegavano le ginocchia per ricevere la benedizione, il santo vegliardo a pochi passi da sè vide un uomo rimasto in piedi, in atteggiamento di profondo rispetto misto ad un certo imbarazzo! - Eh! disse il Papa, e perchè non venite anche voi sicchè vi benedica cogli altri? - Santissimo Padre, udì rispondersi, è perchè io sono un medico protestante. - Medico, soggiunse Pio IX, e che importa questo? Io amo i medici, e debbo anzi loro la mia riconoscenza delle cure che più d'una volta mi ebbero prestate. Ma voi siete protestante, dite or bene, fìgliuol mio, contro che protestate, perchè protestate? e detto questo lo benedisse e venne via da lui senza attendere una risposta, che non sarebbe stata data. Quelle ultime parole {289 [339]} contro che, perchè? gli picchiarono tanto e tanto bene al cuore, che pochi giorni dopo il medico faceva la propria abiura.

 

 

CVII. La calotta di Pio IX.

 

Gubbio... maggio 1865.

 

            «Suor Maria-Celestina Mischianti, monaca professa nel convento di sant'Antonio di Padova, nella sua età di 20 anni nel corso dell'anno 1857 fu presa da una malattia di midollo spinale, dopo essersi nel 1856 salvata da altra malattia mortale: e pativa dolori acutissimi. L'infelice pativa deliquii e convulsioni ed era venuta a tale magrezza alla parte dritta del suo capo, che parea una specie di scheletro coperto di pura pelle. Incapace a qualsivoglia ufficio e strascinantesi appena da un luogo ad un altro coll'aiuto d'un suo bastone o appoggiata ad una delle suore, quattro anni aveva passati in quello stato compassionevole. {290 [340]} Resa quindi impotente a muovere pur un passo fu ridotta a starsene sempre in letto o seduta su d'una poltrona, colla quale le suore portavan la qualche volta fuor della cella o in coro: ma un anno dopo fu impossibile il farle anche questo servigio; i più piccoli movimenti le facevano provare fitte insopportabili, svenimenti e convulsioni mortali. Tutto il meglio possibile ad adoperarsi dai medici per alleviarla durante il corso di quella lunga e crudele malattia fu adoperato, ma senza alcun frutto; e vedendo perciò la inutilità degli sforzi loro, aveano dimesso l'uso dei farmachi, che ad altro non valeano che a recarle molestia. Nel vederla priva d'ogni speranza nei sussidi umani da ben più che un anno, una suora, che l'amava molto, l'indusse a rivolgere ogni sua fede in Dio; e poichè avea udito parlare di guarigioni ottenute mediante la benedizione di Pio IX, e di più avendo la fortuna di possedere una calotta, che gli avea servito un tempo, l'esortò a fare un triduo di {291 [341]} preghiere in onore di Maria Immacolata, a pregare questa amorosa Madre, acciocchè volesse farle la grazia della guarigione pei meriti del grande Pontefice defìnitore del dogma, che le portò tanto onore.

            «Nel 2 aprile la povera inferma incominciò il suo triduo col beneplacito del suo confessore. Nel primo e nel secondo giorno lo stato suo ne peggiorò di molto, e fu senz'altro per mettere a prova la fede di lei. Invece però di cader dell'animo, raddoppiò di fervore nelle sue preghiere; ed ecco al terzo giorno, senza verun aiuto si spicca dalla sua poltrona, trova facile il passo, e fa il giro della propria cella, lasciata a se stessa senza aiuto veruno. Di un male statole tanto tempo addosso e, a dir vero, disperato, non le resta reliquia se non se un poco di pesantezza, e un certo prurito alla midolla spinale. Nondimeno risoluta a volere una perfetta guarigione a maggior gloria di Dio e di Maria Immacolata, e a più grande onore del Sommo Pontefice, non parla {292 [342]} sul miglioramento del proprio stato e continua di tutto cuore le sue preghiere nei susseguenti giorni.

            «L'ottavo giorno, domenica delle Palme, i suoi voti furono coronati. Piena di forza e di vigore, quale se mai non fosse giaciuta inferma, andò a farsi vedere totalmente guarita alla comunità, che ne rimase trasecolata, praticò i comuni esercizi, attese come tutte le altre suore alle faccende della casa, e in tre giorni orlò da sè sola una tela lunga un quarantatre metri. Se la magrezza che le restò, come a testimonio delle pene sofferte, fosse svanita, al vederla tanto bene risanata e in forze, niuno avrebbe potuto credere che ella avesse sofferta una lunga e terribile malattia[16].» {293 [343]}

 

 

CVIII. Virtù dell'immagine di Pio IX.

 

            Estrotto di una lettera di Madama de la Barre-Bodenham al R. P. di Villefort a Roma.

 

«Londra, 28 febbraio 1865.

 

            «Debbo cominciare questa mia col darvi notizia di un insigne favore ottenuto da Dio mercè del nostro amatissimo Santo Padre Pio IX.

            «Nei primi giorni di Gennaio mio suocero cadde infermo, o piuttosto fu colpito da una di quelle languidezze dalle quali, giunto che uno sia all'età di ottant'anni, non si rifa più. Fece la sua confessione generale, ricevette l'estrema unzione e il Santo Viatico. Al dire di due medici e di quattro preti, non escluso il nostro vescovo accorso in questa occasione, il moribondo era all’ultimo suo fine. Avea già dato 1'addio al mondo, e nella notte del 19 gennaio stette sì male, che ad ogni istante i medici si attendevano di vederlo morire. Le estremità del suo corpo erano omai {294 [344]} diventate fredde di un ghiaccio di morte, quando il R. P. Priore dei Benedettini suggeri all'agonizzante diverse tenere giaculatorie, intantochè mio marito Carlo levossi per cercare un ritratto di Pio IX col suo autografo litografato, e alquante gocce d'acqua della prigione Mamertina data da lui tante volte all'ammalato durante la settimana del suo improvviso e pur troppo visibile camminare a gran passi verso la morte.

            «In quella che portava il ritratto del santo Padre, Carlo, dall'anticamera dove eravamo tutti riuniti, esclamò: Ho tanta fede in Pio IX, che se mio padre, dopo essersi unito alle preghiere del Santo Padre, si alza e cammina, io non ne rimarrò per nulla stordito. Uno dei medici all'udire quelle parole, benchè del resto un eccellente cattolico, mi disse: Credo che il turbamento onde è oppresso vostro marito a causa del tristissimo stato di suo padre, gli metta in isconcerto lo spirito, imperocchè non si tratta qui di una malattia ordinaria, {295 [345]} ma di uno spossamento della vita generato dalla età decrepita.

            «Ebbene, davanti a Dio quello che vince è sempre la fede, anche in questo secolo decimo nono, giustamente chiamato il secolo del materialismo, se meglio non è chiamarlo il secolo di Pio IX.

            «Appena Carlo ebbe applicato il ritratto di Pio IX sul petto e alle labbra di suo padre, che non potea omai più ingoiare neppure un sorso d'acqua, appena terminato di dire a sua intenzione un atto di fede sulle prerogative del Vicario di Gesù Cristo con promessa di vivere e morire a suo servigio, se fosse bisogno; che ecco il moribondo si addormentò in un sonno, che sembrava dover essere l'ultimo. Qualche ora dopo, a somma sorpresa di tutti, fuorchè di Carlo, si sveglia, chiede da mangiare e divora due ali di pollo, e siccome ne voleva anche un'altra, il domestico sbalordito gli rispose: Signore, un pollo non ne ha che due. Fatto che ebbe una cena appetitosa, mio suocero {296 [346]} lasciò il letto e si mise a passeggiare, che non parea più desso.

            «Eccolo dunque risanato perfettamente, ad onta de'suoi ottant'anni, e sta molto meglio delle altre volte. Carlo avea chiesto soltanto un po'di tempo, affinchè potesse prepararsi a comparire davanti a Dio, ed ecco che nostro Signore, a far manifesta la santità del suo Vicario, gli ridonò la salute come a'suoi quarant'anni.»

 

 

CIX. Efficacia della parola del Papa.

 

            In una delle ultime sue udienze il Papa stato alquanto, conforme è solito, in faccia alle frotte di persone che gli si inginocchiano, vide due giovani prostrarsi a'suoi piedi e coprirli di lagrime. Voleva che si alzassero, ma essi insistettero con tale un accento da disperati, che Pio IX disse loro: «Volete voi, figli miei, confidarmi il motivo del vostro dolore? «Santo Padre, noi siamo protestanti {297 [347]} e vorremmo diventar cattolici. - Ebbene chi vi si oppone? - Nostra madre.» La madre, donna di un contegno alto o severo, stavasi in piedi a qualche distanza. A quella vista Pio IX parve si sconcertasse come Gesù alla tomba di Lazaro. «Signora, disse, in nome di Gesù Cristo, di cui sono Vicario, io vi domando questi due figliuoli, che sono suoi prima di essere vostri. Essi videro la luce: col porvi fra la luce e loro, non avete timore di restare cieca anche voi?»

            Poco dopo madre e figli fecero insieme abiura.

            «Giovanni albanese Arcuri, nel 12 Dicembre fu soprassalito da vomiti di sangue. L'ostinatezza di quella malattia lo ridusse agli estremi, ed ogni speranza di guarigione era svanita. A termine di tre giorni domandò i conforti di nostra religione. Io stesso gli amministrai il pan della vita, ed ei lo ricevè con tutta la divozione. Camello, fratel mio e canonico, si pose a recitar con lui le azioni di grazia. Appena fu giunto alla preghiera {298 [348]} pel Sommo Pontefice l'interruppe l'infermo, e in uno slancio di fede si rivolse al Santo Padre e disse: «Beatissimo Padre, io mi ricordai sempre di voi nelle umili mie preghiere. Voi otteneste da Dio non poche grazie ai poveri infermi; ottenetene un'altra per la mia guarigione.» Volle gli si presentasse un ritratto del Papa baciato da lui più volte divotamente, e domandò con fede di ricevere la sua benedizione. La famiglia sedutasi intorno al letto accolse il voto e mandò un dispaccio a Roma. Sei ore dopo venne la risposta: «Il Santo Padre concede volentieri la benedizione apostolica domandata all'infermo Giovanni Albanese. Cardinale Antonelli.» Mentre il Papa stava spedendo la sua benedizione, cessarono i vomiti, ed ora è del tutto ristabilito.

 

            Radicena, 14 febbraio 1866.

 

FRANCESCO SAVERIO ALBANESE

Cappellano.» {299 [349]}

 

 

CX. Pio IX e i giovani degli oratori di Torino.

 

            Quando il S. Padre esulava a Gaeta, i cristiani di tutto il mondo si commossero ed ognuno studiava di concorrere coi mezzi che gli erano possibili, specialmente col danaro di San Pietro, a fine di sollevarlo alquanto nelle sue strettezze.

            In questa occasione i giovani dell'Oratorio di s. Francesco di Sales e di s. Luigi fecero anche essi spontaneamente una colletta e stimando a loro alta ventura il poter dare un segno di venerazione al Capo della Chiesa, si privarono di ciò che loro era quasi indispensabile al proprio sostentamento per venire col loro obolo in soccorso al comun Padre dei credenti.

            Il comitato a tale scopo erettosi in Torino rappresentato dal canonico Valinotti e march. Cavour fu compiacente di recarsi all'Oratorio di S. Francesco di Sales per ricevere in persona {300 [350]} quanto da quei poverelli erasi raccolto. Quei buoni giovani concertarono tra di loro le espressioni, che dovevano accompagnare 1'offerta e uno di essi a nome dei suoi compagni indirizzò queste parole:

 

            Illustrissimi Signori,

 

            «Appena giunse tra noi la nuova dolorosa, che il santo Padre trovasi nelle strettezze, noi ne fummo profondamente commossi. Cresceva vie più questo dolore al riflettere, che la nostra posizione c'impedisce di corrispondere all'inaspettato bisogno. Cionondimeno desiderosi di dare un segno di stima e di figliale venerazione verso il Capo della Cattolica Religione, verso il comun nostro Padre, il successore di s. Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, abbiamo fatto i nostri sforzi: abbiamo unito 1'obolo del povero.

            «Sono franchi trentatre che noi abbiamo raccolto, somma di poco momento per la sublimissima sua destinazione, ma che ci farà degni di benigno compatimento qualora si consideri {301 [351]} l’età nostra, e la nostra condizione di artigianelli, e di poveri figli di di famiglia.

            «Signori, noi sappiamo che il vostro cuore è buono e che perciò vorrete gradire la tenue nostra offerta, accertandovi che la nostra volontà vorrebbe far di più, se la impossibilità nostra non ce lo impedisse.

            «Che se mai le nostre parole potessero in questo momento essere udite dal S. Padre, tutti prostrati ai piedi suoi vorremmo ad una voce esclamare così: Beatissimo Padre, è questo il più fortunato momento di nostra vita; noi siamo un ceto di giovanetti, i quali reputiamo a nostra più grande ventura di poter dare un segno di venerazione a vostra Santità. Ci protestiamo aflezionatissimi figli: e malgrado gli sforzi dei malevoli per allontanarci dalla unità cattolica, noi riconoscendo nella Santità Vostra il successore di s. Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, a cui chi non è unito va eternamente perduto, e nell’intima persuasione che niuno da Voi disgiunto può appartenere {302 [352]} alla vera Chiesa, dichiariamo di voler vivere e morire sempre uniti a questa Chiesa, di cui voi siete capo, offrendoci pronti a spendere ogni nostro avere, ogni sostanza e la vita medesima per mostrarci degni figli di un si tenero Padre.»

            Tale offerta accompagnata dalle anzidette espressioni toccarono al vivo i membri del Comitato, fino alle lagrime, e fattosi rimettere copia di quanto sopra, dissero: «Questi generosi sentimenti meritano di venire a notizia del S. Padre.»

            Somma uguale a questa accompagnata quasi da simili espressioni fu raccolta all'Oratorio di S. Luigi Gonzaga a Porta Nuova.

 

 

CXI. Sentimenti del S. Padre a favore di detta offerta.

 

            Le persone che spedirono il danaro di s. Pietro al sommo Pontefice si degnarono di far rilevare 1'oblazione dei giovanetti dell'Oratorio, la qual {303 [353]} cosa dimostrò tornargli di sommo gradimento. Persone che raccolsero le espressioni di Pio IX riferiscono la cosa in questi termini: «L'offerta di trentatre franchi fatta da giovanetti, le espressioni semplici e sincere, che 1'accompagnavano, commossero il tenero Pio IX. Prese egli la somma e lo scritto sopra indicato, ne fece egli stesso un pacco, dicendo volerne fare un suo particolare. Quindi diede ordine a sua Eminenza il Cardinale Antonelli di scrivere una lettera a Monsignor Antonucci[17] Nunzio in Torino, onde venisse partecipata la pontificia soddisfazione agli offerenti. Ecco la lettera da Mons. Nunzio indirizzata in proposito al Direttore di quell'Oratorio.

 

            Molto Reverendo Signore,

 

            «Rassegnando a Sua Santità per mezzo dell'eminentissimo Cardinale Antonelli pro-Segretario di Stato un'altra somma del danaro di S. Pietro rimessami dagli Illustrissimi signori D’Invrea {304 [354]} e di Cavour in nome del Comitato stabilitosi a tale oggetto in questa città di Torino, mi permisi di far rilevare, tra le altre, 1'oblazione dei suoi Giovanetti in franchi trentatre, non che il sentimento, che espressero nel consegnarli al Comitato anzidetto.

            «La prelodata Eminenza Sua riscontrandomi in proposito in data del diciotto corrente, si compiace apprendermi, che una dolce emozione si è destata nell'animo del Santo Padre all'affettuosa e candida offerta di poveri artigianelli, ed alle parole di tenera divozione onde vollero accompagnarla.

            «La prego perciò di far loro conoscere quanto mai sia stata accetta al Santo Padre tale oblazione, ritenendola preziosissima perchè offerta dal povero, e quanto sia lieto di vederli così per tempo nudrire sentimenti di ossequio sincero verso il Vicario di G. Cristo, presagio non dubbio delle massime di Religione impresse nella loro mente. A pegno pertanto di paterna benevolenza Sua Santità comparte di tutto cuore, a Lei, ed a ciascuno L. C. - An. XIX. F. XI, XII. {305 [355]} dei Giovanetti suoi alunni 1'apostolica Benedizione, nel mentre che io con sentimenti di distinta stima, e sincero attaccamento ho il bene di rassegnarmi ecc.»

            Non è a dire la contentezza che provarono detti giovani nell'esser loro partecipata questa lettera. I sentimenti di venerazione e di gratitudine erano palesi sui volti di tutti; mentre ringraziavano il Santo Padre, che erasi degnato di gradire il loro obolo, benedicevano il momento in cui lo avevano mandato.

 

 

CXII. Solennità delle corone.

 

            Pio IX aveva più volte parlato dell'offerta summentovata e con compiacenza di Padre l'aveva mostrata a diversi viaggiatori che presso il Santo Padre si recarono. Un giorno chiamò sua Eminenza il Cardinale Antonelli, prese il pacco dei trentatre franchi, vi aggiunse quanto occorreva e disse: {306 [356]} Andate a comperare con questo danaro altrettante corone.

            Ciò eseguito, il Santo Padre le benedisse e di propria mano le consegnò alla prelodata Eminenza, dicendo fra le altre cose: «Questi due pacchi di corone si mandino agli artigianelli del prete Bosco e sia questo un segno dell'amor di padre verso i suoi figli.»

            Accompagnava i due pacchi un dispaccio della prelodata Eminenza il Cardinale Antonelli a Monsignor Nunzio Apostolico in Torino. Eccone il tenore.

            «Memore di quanto partecipava a V. S. Illustrissima e Beverendissima col mio dispaccio del 14 maggio dell'anno scorso, le rimetto per mezzo del Console Generale Pontifìcio in Genova due pacchi di corone benedette da Sua Santità da distribuirsi ai buoni artigianelli del Sac. Bosco. Avrei voluto prima d'ora dare effetto a questa dimostrazione del Santo Padre, se la moltiplicità e la gravezza degli affari me ne avesse dato agio.

            «Ella si compiaccia di far gradire il {307 [357]} dono per l'alta sua provenienza, e con sentimenti della più distinta stima ecc.»

            Quando giunse tra noi la notizia che il Sommo Pontefice aveva fatto un regalo ai giovanetti degli oratorii, ognuno attendeva impaziente il momento onde poterne partecipare.

            Era la domenica del 21 luglio, tutti i giovani si radunarono all'Oratorio di S. Francesco di Sales, come Oratorio primario. La chiesa era accalcata, sebbene un buon numero rimanesse fuori per l'incapacità del luogo. Il P. Barrera faceva analogo ragionamento. Il modo dignitoso e chiaro con cui parlava del Supremo Gerarca della Chiesa teneva sospesi gli animi degli uditori, sentendosi intimamente commossi dalle tenere espressioni dell'oratore. Fra le altre cose diceva: «Sapete perchè, o giovani, Pio IX vi mandò questo regalo? Vel dirò. Pio IX è tutta tenerezza per la gioventù; e quando non era ancor Papa si occupava in più guise per educarla, istruirla, avviarla alla virtù. Egli vi mandò una corona, perchè ancora semplice secolare era {308 [358]} grandemente divoto di Maria ed io lo vidi più volte in pubblico ed in privato a dare segni non ordinarii di divozione verso la gran Madre di Dio. Oh quanto egli è divoto di Maria! Oh quanto egli desidera, che tutti i giovani siano divoti di Maria!»

            Finite le sacre funzioni i giovani uno dietro 1'altro passarono dinanzi all'altare in fila per ricevere la preziosa corona. Era commovente spettacolo il vedere giovani e vecchi, di bassa e di alta condizione, chierici e sacerdoti accostarsi con tutta venerazione e stimarsi grandemente fortunati di poter avere con sè un oggetto regalato dal Vicario di Gesù Cristo.

 

 

CXIII. Un fatto di Pio IX inudito nei fasti della Chiesa.

 

            Tra i fatti che più illustrano il glorioso pontificato di Pio IX si deve per certo annoverar questo, che di tutta la serie dei 256 pontefici, i quali vissero {309 [359]} da s. Pietro ai nostri giorni nessuno tenne per tanto tempo il Romano pontificato. S. Pietro, primo papa, venuto a Roma circa 10 anni dopo la morte del nostro Divin Salvatore, occupò questa sede 25 anni, 2 mesi e 7 giorni. Ora niuno dei papi, che vennero dopo di lui (quantunque alcuni eletti in giovanissima età), niuno vide il 25 anniversario della sua elezione.

            Di qui ne venne quel detto che andava per la bocca di tutti: Non videbis dies Petri: cioè che niun pontefice avrebbe veduto gli anni di s. Pietro. Questo detto, comprovato vero dall'esperienza di tanti secoli, fu tenuto come certissimo fino ai nostri giorni; nè manca chi crede, che in tempi antichi nell'alto dell'incoronazione dei pontefici gli si cantasse più volte quest'antifona.

            Debbo però qui far notare, che non si sa come abbia avuto principio questo detto, nè sotto qual papa si sia incominciato a cantare, nè quando sia andato in disuso; anzi non trovandosi in nessun ceremoniale dell'incoronazione {310 [360]} dei papi, si dubita del fatto stesso. Tuttavia correndo questo detto per la bocca di tutti e da antichissimo tempo, ci indica la gran persuasione dei popoli, che questa cosa proprio fosse tra i disegni di Dio.

            Ma siccome il Signore è solito concedere grazie straordinarie negli straordinarii bisogni, non risparmiando neppure i miracoli; così volle in questi calamitosi tempi concederci questa grazia straordinaria, questo vero miracolo, non avvenuto mai nei 18 secoli da che G. C. fondò la sua Chiesa, per darci un pegno solenne della sua divina misericordia e del trionfo del papato.

            Miracolo dissi questo fatto, perchè naturalmente parlando il pontificato di Pio IX avrebbe dovuto essere tra i più brevi. - E da prima ognun sa, che Giovanni Mastai Ferretti fu di poco buona salute e colpito in sua gioventù da morbo, per cui egli stesso dubitava di giungere al sacerdozio non che al pontificato. V'era poi a temere, che invecchiando ripullulasse il morbo {311 [361]} antico o ne risentisse gli effetti tra gli acciacchi della vecchiaia. La sua vita da papa fu poi così travagliata, piena di paure, di pericoli, che naturalmente sarebbe stato impossibile superarli senza soccombere. Ma il Signore volle sostenerlo a bene della Chiesa.

            La Chiesa cattolica mette in bocca all'augusta Madre del Salvatore le parole de'libri santi: In me omnis spes vitae et virtutis. In me ogni speranza di vita e di virtù. Pio IX, che cotanto glorificò la Vergine Immacolata, prolunga la sua vita in modo cotanto maraviglioso, che mentre riempie di conforto e di gaudio il cuore di tutti i buoni, sbalordisce i suoi medesimi nemici.

            Dio lo conservi fino a tanto che possa vedere tutto il mondo in pace e tutti gli uomini raccolti nell'ovile del Vicario di Gesù Cristo. {312 [362]}

 

 

CXIV. Il Giubileo pontificale del 16 Giugno del 1871.

 

            «Tutti i pensieri, dice il cronista di Monza, tutti i cuori dei cattolici erano rivolti al giorno nel quale il Santo Padre celebrerebbe il suo Giubileo Pontificale, vale a dire 1'anno ventesimoquinto del pontificato. Questo gran giorno cadeva ai 16 di giugno. Solamente l'Apostolo s. Pietro P aveva toccato; e Pio IX era il primo fra 257 papi che doveva cominciare l'anno ventesimosesto di pontificato. Chi può dire quanto ardenti fossero le preghiere, i voti dell'orbe cattolico, perchè Pio IX avesse a veder quel giorno, avesse anzi da sorpassare i mesi e i giorni del governo di s. Pietro? Le iniziative per festeggiare il Giubileo Pontificale di Pio IX furono prese dalla Società della gioventù cattolica italiana. La sua voce, il suo invito trovarono un eco potente in tutta la cattolicità. {313 [363]}

            Nel maggio del 1871 il Dott. Acquaderni trovavasi ai piedi di Pio IX, il quale desiderando dargli un pegno della sua riconoscenza, volle che accettasse la propria tabacchiera, lavoro prezioso in se stesso e più ancora per aver servito all'immortale Pontefice. Nell'alto che il giovane bolognese accettava rispettosamente il dono, con una di quelle industrie che l'amor figliale suggerisce, divisava di volgerlo a vantaggio dell'augusto donatore. Propose quindi la sottoscrizione d'una lira per chiunque aspirasse all'acquisto della tabacchiera: e a suo tempo si estrarrebbe a sorte il nome del vincitore: la somma raccolta servirebbe al Danaro di s. Pietro ed al festeggiamento del Giubileo. La sottoscrizione per la tabacchiera produsse una somma di quasi cinquanta mila franchi[18].

            E questa bella somma fu raccolta nel tempo stesso che somme maggiori si andavano raccogliendo da per tutto, {314 [364]} per città, per borgate, per campagne da presentare a Pio IX nel dì del Giubileo. Ai primi di giugno il Sommo Pontefice, secondando il desiderio comune, spediva lettere encicliche all'Episcopato cattolico perchè eccitassero i popoli a ringraziare ed a magnificare il Signore, che gli concedeva un sì lungo pontificato, e dava ai vescovi la facoltà di dispensare la benedizione papale in quel giorno ch'essi avrebbero giudicato più conveniente. Si avvicinava intanto il giorno 16 di giugno e nuove e numerose deputazioni recavansi a Roma a congratularsi col santo Padre: la belgica, la svizzera, la tedesca, la francese, la spagnuola, la portoghese, la polacca, la irlandese, l'inglese e non so quante altre. E giungevano al santo Padre telegrammi senza fine e autografi di Sovrani e lettere da ogni parte del mondo e rappresentanti ufficiali della maggior parte dei Governi europei, che furon tutti paternamente accolti. Il faustissimo giorno 16 giugno fu festeggiato con religiose funzioni, {315 [365]} con luminarie, con feste popolari in tutto il mondo cattolico; e i giornali cattolici di quell'epoca riboccano di belli e consolanti racconti. Nella stessa Italia, nella stessa Roma il popolo die segni di letizia. I cattolici italiani fecero quel che fu loro possibile e spedirono al santo Padre affettuosi indirizzi e generose offerte. A qual somma ammontassero le offerte in questa occasione non sappiamo: bensì sappiamo che l'Unità Cattolica scriveva al 14 di giugno: «Per l'anniversario della esaltazione al Pontificato del nostro santo Padre speriamo di poter fare una nuova spedizione a Roma, che sarà la quinta in quest'anno. Siamo nobilmente altieri di essere italiani, nel vedere in tanta pubblica miseria, una così grande generosità verso il Papa.»

            Le feste pel Giubileo pontificale si protrassero in Roma di un mese oltre al giorno 16, ed ogni giorno un gran numero di deputazioni di ogni paese presentavasi al santo Padre. Il giorno 19 il santo Padre riceveva più di {316 [366]} cinquecento italiani, rappresentanti molte migliaia d'altri. Alle loro proteste d'affetto ossequioso diede risposta commoventissima acclamata con grande entusiasmo. E il Dott. Acquaderni come presidente della società della gioventù cattolica presentava al Papa novantatre deputazioni italiane, e un indirizzo che portava 556,000 firme ed un'offerta di 210,735 lire. Il 27 dello stesso mese vennero accolte quindici deputazioni di diversi paesi. Fra queste vuoisi nominare quella delle zitelle cattoliche, presiedute dalla Torinese signorina Lorenzina Mazzè de la Roche. Accolte in forma solenne nella sala del concistoro, di loro speciale peculio offerirono fr. 10,000 con un indirizzo, letto dalla presidente, cui rispose il Pontefice con parole così commoventi, che la numerosa udienza empieva di lagrime e di singhiozzi l'ampia sala.

            La deputazione delle zitelle cattoliche guidate dalla contessa Corsi-Peletta e dalla march. de-Ovando partirono da Torino il 23 giugno, anno {317 [367]} corrente. A queste se n'aggiunsero altre per via, specialmente romane. Quando si presentarono al S. Padre erano oltre a cento.

 

 

CXV. Il ventitre di Agosto.

 

            Un'epoca ancor più memoranda si avvicinava, quella del giorno 23 di agosto; avvegnacchè in questo giorno Pio IX sorpassava gli anni e i giorni del pontificato di s. Pietro, il quale aveva governata la Chiesa di Roma venticinque anni, due mesi e sette giorni.

            Or bene anche questa nuova dimostrazione cattolica riuscì più bella, più splendida che non isperassero coloro medesimi, che la promossero. Il Consiglio superiore della Società della gioventù cattolica proponeva fin dai primi di luglio, che si pregasse il Sommo Pontefice ad applicare il dì 23 di agosto il sacrificio della Messa per la salute dell'Italia, perchè Iddio la li {318 [368]} beri dai pericoli che la minacciano: e insieme proponeva che tutti dovessero quella stessa mattina unirsi in ispirito al santo Padre, e come elemosina per la Messa spedirgli un'offerta straordinaria. Fu pur convenuto di restringere le feste del 23 agosto a sole preghiere nell'interno delle chiese, perchè i cattolici avevano già solennemente manifestato il loro gaudio il dì 16 giugno.

            Il santo Padre pubblicava il dì 5 di agosto una seconda Enciclica, nella quale, trattando delle prove luminosissime di devozione avute dai cattolici, dice: «Maraviglioso spettacolo in vero della cattolica unità, che dimostra come la Chiesa universale, quantunque sparsa per tutto il mondo e composta di popoli diversi per costumi, per ingegno, per studi, è tuttavia informata dal solo spirito di Dio; e tanto più prodigiosamente da Lui sostenuta, quanto più furiosamente l'empietà la persegue e le fa guerra, e quanto più astutamente tenta sottrarle ogni aiuto umano.» E avendo Egli pienamente aderito {319 [369]} alla proposta della Gioventù cattolica, concedette Indulgenza plenaria a chiunque o il giorno 23 d'agosto o dentro l'ottava si fosse accostato ai Sacramenti.

            E il 23 d'agosto spuntò sereno ad accrescere d'una gemma la fulgidissima corona che cinge il capo del santo Padre. I cuori cattolici palpitavano, si levarono unanimi al Cielo insieme col cuore del Sommo Pontefice, pregarono per Lui, pregarono per tutti. Il santo Padre comunicò durante la Messa i rappresentanti della Gioventù cattolica; diè loro udienza a mezzogiorno e pronunziò un discorso, nel quale rese grazie ai fedeli tutti per le loro cordiali dimostrazioni, ed encomiò altamente la Gioventù cattolica, che porta alta la fronte e difende la Chiesa fra tanti insulti e persecuzioni. Poi si compiacque di fare alla Società della gioventù cattolica un dono prezioso, e fu di tutti i sacri arredi che gli avevano servito quella stessa mattina a celebrare la santa Messa e che però acquistarono {320 [370]} un valore storico singolarissimo. Il calice è di puro oro lavorato stupendamente sopra modelli antichi, ricco di perle orientali e di smalti raffiguranti il Redentore, la Vergine, s. Giuseppe, i ss. Apostoli Pietro e Paolo, s. Caterina e s. Agnese. La pianeta è un tessuto d'argento ricamato in oro, il camice di tela finissima, splendidamente condotto a lavori di ago: il messale è una preziosa edizione tedesca, rilegata in pergamena, su cui rifulgono oro e colori a svariatissimi disegni.

            Nè mancarono in sì bel giorno e nuove e larghe offerte dell'Obolo di s. Pietro. La Società della gioventù cattolica e la direzione del giornale l'Unità Cattolica di Torino deposero unitamente ai piedi del santo Padre la somma di 160,000 lire; e altre offerte gli vennero d'altronde. Nè vuolsi tacere quelle di una deputazione cattolica di Napoli che presentò al Sommo Pontefice una magnifica sedia gestatoria. L. C. - An. XIX, F. XI, XII. {321 [371]}

 

 

CXVI. Alcuni atti benefici di Pio IX.

 

            Le beneficenze di Pio IX non hanno confine: quantunque spogliato di tutto, Egli trova modo di soccorrere infelici d'ogni maniera, servendosi a quest'uopo delle elemosine che Egli stesso riceve copiosamente dal mondo cattolico. - Ne accenneremo alcune scelte a caso, e sono delle meno considerevoli.

            Un giovine forestiere erasi condotto a Roma per cercarvi lavoro, ma non avendone trovato, e ridotto presto all'indigenza, risolvette di scrivere alla meglio una supplica, e così piena di spropositi, come era, la indirizzò a Pio IX e la mise in posta. Fra le altre melensaggini commise quella di non indicare il proprio domicilio, scrivendo solo il suo nome e il paese nativo. Il santo Padre con tutta la sua buona volontà non vedeva modo di poter far tenere al supplicante il domandato sussidio. Non per questo gittò {322 [372]} tra le carte vecchie la istanza: se la pose anzi in seno, aspettando opportuna occasione di scoprirne l'autore. Un giorno recatosi ad un convento, udì per caso il nome del paese ond'era il giovane della supplica, e tanto bastò perchè Egli si facesse tosto a chiedere se alcuno di que'religiosi conoscesse un giovane di tal nome e cognome. E udito che sì: Ebbene, disse il santo Padre traendo fuori cinque belle monete d'oro, vi prego a fargli tenere questo sussidio, e ditegli che un'altra volta si ricordi d'indicare nella supplica il proprio albergo. Questo fatto avvenne nel 1869.

            Erano passati pochi giorni dopo il venti settembre del 1870, quando un cotale della provincia di Campagna, sentendo più i propri bisogni, che non le profonde angoscie di Pio IX, ebbe l'ardimento di scrivere come ad un suo pari al santo Padre sopra una carta straccia una lettera, di cui erano più gli scerpelloni che le sillabe: e senz'altro complimento gliela spedì per la posta. Era appunto quello il {323 [373]} tempo d'importunare con racconti di privati infortunii il buon Pio! Con tutto ciò Egli ebbe non solo la degnazione di leggere quella lettera, ma di riporla tra le sue carte: e quando un ecclesiastico del luogo onde era venuta quella lettera, fu per caso dal santo Padre, la prima domanda che gli diresse fu s'egli conosceva un tale di cui gli recitò il nome, e udito che sì, gli consegnò duecento lire, perchè le facesse avere al supplicante, aggiungendovi queste parole: «Ditegli che per ora non posso mandargli di più, ma se Iddio provvederà, gli manderò qualche altra cosarella.» E come disse, così fece: dopo circa tre mesi gli inviò per le mani della stessa persona niente meno che cinquecento lire. E di questi atti se ne potrebbero contare a centinaia, se tutti coloro che stendono volentieri la mano a ricevere, avessero anche il coraggio di manifestare il benefìcio.

            Una povera donna torinese, sotto la data del 15 luglio, scrisse una lettera al santo Padre in carta ordinaria, {324 [374]} con linguaggio semplice, versando il suo dolore nel cuore paterno del Vicario di Gesù Cristo e gli diceva: «Voi che foste tanto misericordioso col mandarci la vostra santa benedizione, deh! vogliate stendere il manto vostro sino a questa sciagurata vedova, che per sette figli vi supplica, il maggiore dei quali non ha che dieci anni.» Ella raccontava le sue miserie conchiudendo: «Dalla clemenza vostra spero soccorso: in Voi solo confido.» Il Papa la lesse, restò intenerito, e di proprio pugno scrisse nell'ultima pagina le seguenti parole: «Dal Vaticano, 24 luglio 1871. Al Direttore del giornale l'Unità Cattolica per un sussidio di duecento lire sull'obolo di s. Pietro. Pio PP. IX.» Il Direttore del giornale prese le opportune informazioni, e verificato lo stato miserabile della vedova torinese, le fece tenere le lire duecento assegnatele dal Sommo Pontefice.

            Nella notte del 27 passato agosto un grave disastro gettava moltissime famiglie della parochia di Castelleone, {325 [375]} diocesi cremonese, nello squallore e nella miseria. Il Parroco D. Giovanni Bozzolini commosso dalle sventure de'suoi parochiani si rivolse al cuore sensibile del Sommo Pontefice, sempre pronto dov'è infortunio a porvi il balsamo della carità. Nè tardò il soccorso. Per ordine di Sua Santità il Card. Antonelli disponeva, il di 4 settembre, a vantaggio dei danneggiati di Castelleone lire mille.

            Nel settembre 1871 uno spaventevole incendio gettava sul lastrico molte famiglie di Torino. Il santo Padre senza esserne pregato, malgrado le strettezze in cui si trova, mosso da quel sentimento di compassione e di carità che è tutto proprio del suo gran cuore, destinò a sollievo dei danneggiati la somma di lire duemila. La è cosa maravigliosa a considerare che dopo la spogliazione del Sommo Pontefice, le sue elargizioni, invece di cessare, crescono più numerose ed abbondanti. Ciò vale a dimostrare due cose: l'affetto dei cattolici verso il gran Pio che non lo lasciarono povero e non {326 [376]} permisero che fra tanti dolori soffrisse quello acutissimo di vedere grandi miserie e non poterle soccorrere; e la generosità del Papa stesso, il quale si vendica col benedire e col soccorrere gli Italiani. Ecco il Vicario di Gesù Cristo.

 

 

CXVII. Punizione istantanea di alcuni bestemmiatori.

 

            È sparso fra il popolo un libro che ha per titolo: Casi che non sono casi e contiene una lunga enumerazione di casi spaventosi, di morti subitanee, che colpirono uomini iniqui che sfidarono colle loro bestemmie e imprecazioni lo sdegno di Dio, e che proruppero in parole ingiuriose contro la Chiesa e la sacra persona del Sommo Pontefice. Questi casi o piuttosto queste terribili punizioni di Dio sono, assai frequenti. Noi qui ne accenneremo alcuni avvenuti testè in Roma, a salutare ammaestramento di tutti. {327 [377]}

            Nel rione Monti in via de'Serpenti, trovasi un'osteria divenuta celebre dopo il 20 settembre 1870. Fra le altre cose il proprietario non lasciava mai di maledire alle cose più sacre di nostra santa Religione e di offenderne il Capo Augusto. Correva il giorno 3 del luglio passato. L'oste esultava banchettando cogli amici, e le più fiere bestemmie ed imprecazioni si scagliavano contro il Santo Padre, aggiungendosi agli accidenti la soddisfazione diabolica che tutto era finito pel papato! Giusto giudizio di Dio! Questa stessa imprecazione ripetutamente scagliata contro il Sommo Pontefice colpiva lui medesimo. L'oste dopo avere desinato andò a riposare in letto, pregando i suoi che lo destassero all'ora dei fuochi artificiali, per godersi quelle nazionali allegrezze. Sul far della notte si corse a svegliarlo, ma egli era già freddo cadavere. L'aveva colto un accidente, e per lui tutto era finito!

            Il giorno sette dello stesso luglio un gruppo di otto giovinastri percorrevano {328 [378]} il Trastevere alternando cogli inni patriottici le più feroci imprecazioni e le più orrende bestemmie. Dopo d'aver gridato morte ai neri, ai preti, al Papa; uno più indemoniato degli altri si pose a gridare: Morte a Cr... Fu l'ultima parola! che nell'istesso punto cadde fulminato da Dio e restò in terra cadavere. Il terrore prodotto da questo fatto fu grande in tutta Roma.

            In una via attigua alla piazza di Montorio, la sera del 21 luglio facevasi un baccano veramente infernale all'osteria. Il principale tra i chiassosi declamatori era un vetturino troppo ben conosciuto in Roma. Quest'empio proferiva le più esecrande bestemmie contro Dio, la Vergine, i Santi, contro tutto ciò che avvi di più santo. Di repente al baccano subentrò un profondo silenzio. Si cominciò a susurrare: Un prete, un prete. Un sacerdote che era là vicino fu pregato a venir ad assistere un infelice che all’improvviso era rimasto come stupido. Accorse il sacerdote, {329 [379]} ma si avvide che quel miserabile era stato colto da uno stravaso di sangue, che gli usciva per le narici e per le orecchie. Avendo perduto ogni sentimento fu trasportato all'ospedale, dove dopo due ore moriva!

            L'ultimo fatto che citiamo avvenne parimenti in Roma il di 7 settembre. L'ingegnere Morelli si recò a visitare la fabbrica in via Larga, ove devesi collocare il ministero di Commercio, ed osservati i lavori raccomandò sollecitudine. Alcuni capomastri gli fecero notare che, essendo l'indomani festa della Madonna, molti ricusavano di lavorare. Egli allora montato in furia gridò: «Che Madonna! che Madonna! Domani si lavorerà e chi non vuol lavorare se ne vada.» Poco stante salito su un ponte, mentre con maggior ira ripeteva le stesse invettive, messo un piede in fallo, improvvisamente precipitò a terra, riportando tali lesioni, che pochi minuti appresso non era più che un freddo cadavere.

 

            (Fin qui dal Cronista di Monza). {330 [380]}

 

 

Appendice

 

            Di alcuni altri fatti ameni della vita di Pio IX

 

            I. Pio IX e il pranzo di cacio.

 

            Monsignor Mastai, ora Pio IX, appena fu fatto vescovo non tardò a conquistarsi l'amore e la venerazione della sua diocesi. Gl'infelici lo chiamavano il loro padre, i poveri la loro provvidenza. Più d'una volta come s. Martino egli divise i suoi vestimenti; più d'una volta spogliò la sua casa, allorchè la sua borsa non gli permetteva di far elemosina a coloro, che gli domandavano la carità in nome di Dio. Il suo maggiordomo, vecchio ed onesto servitore, che trovavasi sovente impacciato nel suo governo, una sera pallido e sgomentato si presentò al padrone, dicendogli: I cinquanta scudi che erano stamattina nella vostra cassa sono spariti; non mi resta il più piccolo baiocco per provvedere alle spese di domani. {331 [381]}

            - Di che v'inquietate, gli rispose sorridendo il santo vescovo, il buon Dio che nutrisce gli uccelli dei campi, non ci ha egli promesso il nostro pane di ciascun giorno?

            - È vero, ma V. E. sa pure che siamo in ritardo coi nostri provveditori, e le dico che non ho più un baiocco.

            - Domani è venerdì, giorno di privazione, voi mi darete formaggio a colezione. - Ma che le darò a pranzo?

            - Del lodigiano, rispose il buon prelato.

            Altra volta il suo maggiordomo era nella stessa penuria: e questa volta il Vescovo d'Imola convitava il suo confratello di Spoleto. Vendette l'orologio d'argento per sovvenire alle spese del pranzo.

 

            II. Pio IX e i rifugiati in Grecia.

 

            I giornali di Spagna ci danno la notizia che Monsignor Salvede (spagnuolo) vescovo a Porta Vittoria in Australia, dopo 20 anni di fatiche apostoliche in quelle lontane contrade e dopo grandi studi ed applicazioni, che grandemente interessano la scienza, fece ritorno in Ispagna e ottenne dal governo di fondare nella penisola un collegio-convento di Benedettini per le missioni spagnuole d'oltre mare.

            Per la somma di tremila franchi, che Sua Santità spedì per venire in soccorso alle centinaia di persone rifugiate in Grecia, il comitato per gli esuli cretesi ha indirizzato parole di ringraziamento al Santo Padre, e ben a ragione, dice {332 [382]} l'indirizzo, che Pio Nono fu il primo e forse sarà il solo fra i Sovrani d'Europa, che risparmiando il centesimo nella sua vita privata, si ricorda di coloro che soffrono in qualsiasi parte del mondo. Viva Pio IX.

(Dal Genio cattolico.)

 

            III. Pio IX benefattore universale.

 

            Quella stampa veramente da trivio, che è conosciuta sotto i nomi di moderata e fremente, ha scagliati improperii ed invettive contro il pacifico del Vaticano, accusandolo d'avarizia e durezza di cuore, a proposito del flagello toccato non ha guari ai romani, vo'dire l'innondazione del Tevere. Quanto erronea fosse l'asserzione di questi così detti organi della pubblica opinione, lo dicano i beneficati di Pio IX, alla cui lealtà e riconoscenza faccio caloroso appello.

            L'Unità Cattolica in un suo splendido articolo ci va narrando alcune delle beneficenze elargite da Pio IX, e ci apprende che dalla sua assunzione al Pontificato sino al 1857, cioè nello spazio d'undici anni, il benefico Pontefice aveva dispensate, in tante opere di pietà e carità, UN MILIONE E CINQUECENTO MILA LIRE. Che reduce da Gaeta avendogli la regina di Spagna offerta una tiara del valore di 50 MILA SCUDI, ne fece distribuire altrettanti in elemosina. Che in occasione della carestia mandò 1000 scudi in Irlanda, 1000 fiorini in Ungheria, 1000 scudi a Bologna, 133 mila scudi a Terranova, 500 a Ravenna, 400 a Sinigaglia; che nei giorni del cholera {333 [383]} mandò 1000 scudi a Bologna, 1500 ad Ancona e Macerata, 4000 ad Urbino e Pesaro, 462 a Jesi e Cesena, 500 a Forlì e Recanati, 250 a Cagli e Norcia, 350 a Treia e Porto San Giorgio. Che in un'innondazione di non molta gravità diede 2066 scudi ai Romani, 500 ai Bolognesi, 1700 mandò a Vasso, 2000 a varii comuni delle Marche, 5000 lire a Ferrara, altrettante a Firenze; mandò sussidii a Savona, alla Valle di Po, ai Lombardo-Veneti; 6000 fiorini in Ungheria, 12000 lire in Francia, 10000 in Olanda. Che per danni recati dai terremoti spedì nell'Umbria 500 scudi, 3500 a Norcia, 1000 a Città della Pieve, 3000 ducati nel Regno di Napoli, 500 alla Repubblica Argentina, ecc. ecc. Che per danni prodotti dagli incendi mandò lire 2000 a Torino, lire 1000 ad un paese su quel di Novara, 100 a Borgo di Valsugana, 2000 a Glaris in Svizzera, 1000 a Cracovia, 500 scudi a Magonza, 5000 lire ad Angers.

            E i danneggiati dalle insurrezioni dell'India ebbero lire 2000, e quelli per le stragi di Siria più di lire 10 mila, e per la mancanza del cotone a Lione mandò lire 15,000; a Santo Stefano in Francia lire 5000, nella Senna Inferiore lire 10 mila, altrettante nel Belgio, a Liverpool 2500, ed altrettante a Manchester. (Dal Genio Catt. 1871.)

 

            IV. Pia IX o gli Arabi.

 

            Il S. Padre, che è così povero fino a dover lui pure ricorrere all'elemosina de'suoi figli, per mezzo di Mons. Nunzio Apostolico di Parigi ha mandato all'Arcivescovo d'Algeri 5 mila franchi {334 [384]} per soccorrere quei poveri Arabi nella fame che li desola. E pur quegli Arabi sono infedeli! Eppoi si proseguirà a dire intollerante Pio IX ed il cattolicismo! - Anche le isole Filippine per mezzo del governo spagnuolo hanno ricevuto dal munificentissimo Pio IX 19 mila reali da darsi in soccorso agli sventurati danneggiati.

 

            V. Offerta di una povera donna a Pio IX.

 

            Il S. Padre gode perfetta salute, e nel di 30 di dicembre passa il tempo del più lungo pontificato dopo s. Pietro, che fu quello di Pio VI morto in esilio a Valenza (regnò an. XXV m. VI g. 14). A lui nulla sfugge: e prende cura delle cose grandi e delle piccole. Non ha guari una pia donna venuta da Frosinone dimandò di baciare il piede al S. Padre. Fu ammessa all'onore, e dopo disse: Santo Padre: siamo ambidue poveri: colle mie privazioni ho raggranellato uno scudo: eccolo e benedici i miei figliuoli. Il Papa gradì l'offerta: e in ricambio donò alla pia donna una moneta d'oro. Quella ricusava; ma il Papa con amorevole sguardo le fece capire che s'acquietasse, e sen andasse colla benedizione del Signore. Un contadino dell'Emilia per mezzo del suo vescovo mandò al Papa uno scudo per una messa: ed il sommo Pontefice per lo stesso mezzo ha ringraziato il contadino Namonti Tosi, assicurandolo della celebrazione della messa. {335 [385]}

 

            VI. Munificenza di Pio IX.

 

            Discorreremo un poco distintamente i fatti dell'alluvione del Tevere, raccogliendo le notizie dei più sensati diari romani. Lo scopo del nostro lavoro è ordinato alla gloria della Chiesa cattolica; perche nella grandissima sventura sofferta dal popolo romano, il presidio più possente non è stato dai declamatori di filantropia, e di umanità, sibbene dalla carità cattolica che regnava negli animi dei preti, e dei buoni laici che gareggiando si sono slanciati al soccorso. Nell’alluvione del 1846 il governo pontificale spese un milione e ducento mila scudi per sollevare il popolo oppresso.

            Di presente che il Papa vive anch'Egli coll'obolo della carità dei fedeli, non è venuto meno al bisogno. E non poteva venir meno, perchè non vi è Principe che abbia tanto illustrato il suo reame colla beneficenza quanto Pio IX. In fatti, senza punto gravar di un soldo i fondi erariali, egli ha distribuito nel tempo del suo pontificato per occasioni di tremuoti, alluvioni, pesti ed altre sventure, alla Spagna, all'Ungheria, alla Francia, alla Siria, all'America, alla Toscana, alla Sardegna non meno di 2,260,000 franchi.

 

            VII. Pio IX e il Generale Randon.

 

            Si legge nel Veterland di Vienna, del 2 marzo: Da lungo tempo io voleva scrivervi della morte edificante del maresciallo Randon, ma appena {336 [386]} oggi ne trovo 1'esatto rapporto nella Semaine catholique di Tolosa, scritto dall'abate Beaulieu vicario di Ginevra. È noto che il maresciallo Randon era protestante, ma galantuomo, ed amico del retto e della giustizia. Pio IX sapeva bene, che fra tutti i ministri di Napoleone, il protestante ministro di guerra maresciallo Randon seriamente desiderava la conservazione del suo principato temporale. Il maresciallo era solito di dire, «Come io non voglio lasciar prendere la mia vigna nel Dipartimento della Còte «d'or, così il Papa ha ancora il diritto di non «lasciarsi strappare il suo dominio temporale.» Egli stesso scrisse qualche volta al cardinal Antonelli ed agli altri Prelati, e ricevette le risposte più amichevoli. Nell'anno 1865, Pio IX esternò il suo desiderio di vedere la sua fotografia e quando un abate Cistercense gliene presentò una, il santo Padre vi scrisse subito queste parole: Dominus det tibi gratiam, ut sis mecum in eadem charitate.

            Questa fotografia fu spedita al maresciallo, il quale ne sentì tanto piacere, che la teneva sempre presso di sè per le parole scritte dal Papa. Anche vicino alla morte teneva avanti gli occhi quelle cifre del santo Padre, il cui desiderio fu effettuato.

            In dicembre 1867 Randon emise in mano del Vescovo di Ebron (Mons. Mermillod di Ginevra) in Parigi, l'abiura dell'eresia e fece la professione della fede cattolica; e dopo quel tempo si diceva sempre felice di aver fatto quel passo.

            Mi chiamano (scrisse egli una volta al Cardinale {337 [387]} Antonelli, quando ancora era protestante) clericale, ma assicuro vostra eminenza che colla lingua francese più scioccamente non potrebbesi scrivere che dare nome di clericale ad un protestante, perchè vuole la giustizia.

            Se si fosse operato secondo il consiglio del maresciallo, Pio IX non si troverebbe ora prigioniero nel Vaticano, e la sanguinosa guerra non sarebbesi accesa fra la Prussia e la Francia. Egli dopo la battaglia di Sadowa consigliò la guerra contro la Prussia, e quando Napoleone gli rispose: «aspettate qualche anno» replicò Randon: «Maestà, dopo sei mesi sarà troppo tardi». Ma Napoleone disse, «Io voglio che si formi una grande potenza protestante, per intimorire i clericali che mi sono di fastidio.» Randon poco prima della sua morte erasi ritirato col suo amico il Vescovo di Ginevra, ed ivi si preparò in maniera edificantissima al gran viaggio dell'eternità.

 

            VIII. Pio IV e i danneggiati di Parigi.

 

            La religione del sommo Pontefice non ha solo in mira la tutela della fede e de'costumi: la sua religione è tutto carità ed amore, perciocchè oltre alle opere di beneficenza co'vicini, si stende anche ai lontani: e perciò per mezzo del suo Nunzio in Francia ha spedito ai Francesi danneggiati 30000 franchi: i quali saranno distribuiti da una commissione diretta dal Potere esecutivo: 30000 sono poca cosa se si guardi {338 [388]} la moltitudine de'danneggiati: ma seno gran cosa per chi è spogliato di tutto, e vive affidato alla divina provvidenza ed alla carità de'fedeli.

 

            IX. Pio IX e due poveri giovanetti.

 

            Una signora della classe media, essendo, non ha molto tempo, restata vedova con molti figli, pensò di collocare un maschio ed una femmina, ambidue in età ancora tenera, il primo in un collegio, l’altra in un monastero. Nel giorno destinato all'ingresso nei due istituti, la religiosa donna volle presentare i due orfani al santo Padre affinchè li benedicesse nella nuova vita che intraprendevano, ed esso ebbe per tutti i più acconci consigli e loro impartì la paterna benedizione.

            I due giovani furono rinchiusi, e la madre sborsò anticipatamente, com'è costume, la dozzina mensile non meno che tutte le altre spese necessarie in siffatte bisogne: sacrifizio certo assai sensibile per una vedova priva di cospicue rendite, gravata del peso di numerosa prole e che s'induceva a quella spesa solo in vista dell'educazione de'suoi figli. Se non che in Roma v'ha un cuore che sa soccorrere a tutti gli estremi. Un bel giorno arrivò alla madre un avviso con cui le si partecipava che smettesse ogni pensiero pel mantenimento dei due figli. Il santo Padre avea provvisto ad ambedue. {339 [389]}

 

            X. Pio IX e i danneggiati dal terremete della repubblica dell’Equatore.

 

            La carità di Pio IX inesauribile, siccome quella del Divin Redentore, di cui Egli è in terra Vicario, trova sempre di che soccorrere gli infelici, dovunque essi si trovino. Così alla colletta di limosine in favore de'danneggiati dalle recenti innondazioni in Italia, da Lui aperta con offerta generosa, voglionsi aggiungere i soccorsi spediti ai poveri superstiti dallo spaventoso tremuoto, che tante migliaia di vite ha mietuto sulle coste delle repubbliche dell'Equatore e del Perù, e l'altro sussidio, di cui parla in questi termini il Giornale di Roma: «La Santità di Nostro Signore, commosso dallo stato lacrimevole, cui per le innondazioni testè sofferte sono ridotte alcune contrade della Svizzera, volendo adoperare verso tanti infelici nella stessa guisa, che in somiglianti circostanze fece verso agli abitatori di altre regioni, ha per il pietoso scopo rimesso all'incaricato di Affari della Santa Sede in Lucerna quel soccorso che al suo cuore benefico è stato consentito dalle sue strettezze economiche.»

 

            XI. Pio II e la rosa d'oro alla Spagna.

 

            Provvido e benigno, com’è, il Vicario di Gesù Cristo non lascia senza corrispondenza di paterno affetto ogni attestato di figliale dilezione, {340 [390]} sia che gli venga dall'altezza del trono, sia che gli giunga dal più umile fedele. Così abbiamo veduto presentare, in nome suo, ad Isabella di Spagna la Rosa d'Oro per la incrollabile devozione di quella Regina verso la Santa Sede. Del quale magnifico dono leggemmo nel Giornale di Roma de'ventisei febbraio: «Alcuni giornali, nel render conto del presente, che recentemente la Santità di nostro Signore ha fatto a Sua Maestà Cattolica la Regina di Spagna coll'inviarle la Rosa d'Oro, hanno asserito che l'ultimo invio di tal dono fosse precedentemente diretto alla Regina di Napoli nel 1849. Questa asserzione se non una volontaria menzogna, è certo un assoluto equivoco: giacchè 1'ultima volta in cui il Santo Padre credette di usare quest'atto di paterno affetto, fu per Sua Maestà l'Imperatrice de'Francesi, quando nel 1856 diè onorevole incarico a Sua Em. R.ma il Signor Cardinale Patrizi di condursi a Parigi con vari Prelati per rappresentarlo nella grande cerimonia del Battesimo del Principe Imperiale.»

 

            XII. Pio IX e il vicerè d'Egitto.

 

            Il Santo Padre, volendo mostrarsi grato verso il Vicerè d'Egitto, Ismail Pascià, pe'favori accordati a'cattolici.di quelle regioni gli ha ultimamente inviato un dono, simile a quello che avea fatto presentare al Gran Sultano per la protezione accordata a'cattolici di Turchia. Furono incaricati di questa missione Monsignor Gregorio Jussef, Patriarca greco melchita, e {341 [391]} Monsignor Ciurcia, Arcivescovo di Irenopoli, Vicario Apostolico di Egitto pe'Latini e Delegato Apostolico per gli Orientali. Il dono veramente reale di Sua Santità consiste in un ricchissimo cofanetto, contenente nove cammei, di pietra preziosa, incassati d'oro finissimo. Codesti cammei, cesellati con sommo magistero d'arte, rappresentano vari emblemi allegorici della corazza di una magnifica statua, trovata di recente in Roma negli scavi di Campo di Fiori, e che per universale consentimento degli archeologi, ritrae le sembianze di Cesare Augusto. Sua Altezza, che per ricevere gli inviati del Pontefice, erasi trasferito a bella posta nel suo palazzo di Csar-El-Nil, espresse a'due Prelati i sentimenti della profonda riconoscenza pel Santo Padre, pregandoli a far conoscere a Sua Santità quanto egli rimanesse commosso dall'affettuoso attestato di benevolenza dimostratogli. Il Vicerè si trattenne in seguito lungamente con que'degni Vescovi, dirigendo la parola in francese a Monsignor Ciurcia e in arabo a Monsignor Jussef.

 

            XIII. Pio IX amico degli Infelici.

 

            Pio IX, l'uomo della Provvidenza, il più grande degli Italiani, l'immortale Pontefice del Sillabo, dell'Immacolata, e del Concilio, l'Angelico come lo chiamiamo noi figli devoti, riscuote l'applauso più entusiasta anche dal Figaro.

            «Havvi al mondo più di un Papa: il Gran Sultano, lo Czar, il Re di Prussia, la Regina {342 [392]} d'Inghilterra,» dice il Figaro, de'quali descrive i caratteri, i costumi e la parte che sostengono come capi della religione del loro paese. Il quadro è pur tetro e miserabile! «Il Papa moscovita (scrive con tutta sincerità quel giornale) fa fucilare un popolo inginocchiato, che chiede il suo Dio, i suoi altari, la sua nazionalità, la sua lingua, le sue leggi, i suoi focolari. I cittadini sono impiccati, le donne battute a colpi di staffile. Tratto tratto i nemici di Roma parlano e perorano in favore della Polonia, ma quella nazione in lutto non ha che un protettore, il quale abita nel Vaticano»... «Sì (esclama il Figaro con accento commosso), il nemico, il solo nemico de'moderni Scribi, è il Papa di Roma, è quel Papa, Re d'appena un milione d'uomini, è quell'augusto vegliardo, che ad ottant'anni mena la vita più rigorosa che un prete abbia mai vissuto. È quel Santo che non celebra che le feste di Colui, del quale Egli è qui in terra l'infallibile Vicario, che si alza a sei ore, assiste al consiglio de'suoi Ministri, lavora dieci ore del giorno, si riposa assistendo a tutte le cerimonie della Religione, e chiude la sua giornata dando udienza e benedicendo a tutti coloro che da'quattro angoli dell'universo accorrono per vederlo: cattolici, protestanti, giudei, maomettani. Il nemico, è quel meraviglioso vegliardo, che chiamasi Pio IX, e cui la Chiesa non avrà d'uopo di canonizzare perchè egli si canonizza di per sè colle virtù più sublimi, virtù che non sono di questo mondo. E voi, voi tutti che l'avete visto, che l’avete udito parlare, non rimaneste forse estatici, come i {343 [393]} discepoli di Emmaus, per quel non so che di dolce, di persuasivo, di divino, che lo circonda di un'aureola celeste!».

            Magnifica idea, così conchiude l’Ancora, la quale come forma la gloria del Nostro Santo Padre Pio IX, forma puranco la consolazione di noi tutti suoi figli.

 

            XIV. Pio IX e un libero pensatore.

 

            L'augusto Pontefice, provvedendo così a'presenti bisogni della sua Roma, e fermo restando a difendere i suoi diritti, nuovo titolo glorioso ha acquistato alla riconoscenza ed all'ammirazione di tutti. Un libero pensatore che protesta e riprotesta di non credere alla verità del Cattolicismo, non potè fare ameno, in un convito, di bere alla salute di Pio IX. E perchè il Diritto Cattolico di Modena avea con plauso riferito quel brindisi di un miscredente, ecco lui stesso scrivergli in questa guisa:

 

            Signore,

 

            Questa volta mo'bisogna proprio che io prenda in mano la penna per risponderle. Sappia dunque e faccia il piacere di annunziare a'suoi devotissimi lettori, nonchè alle venerabili sue leggitrici (se ne ha) che il brindisi a Pio IX nel Banchetto politico seguito all'Albergo Reale il primo dell'anno, io lo proposi non solo per la ragione verissima che Ella ha detto, ma per un'altra ancora che V. S. si è dimenticata di manifestare. {344 [394]}

            Io ho bevuto, dunque, alla salute del vostro (sic) Sommo Pontefice, non solo per rendere omaggio alla nobile sua tenacità di propositi e alla dignitosa coscienza della propria missione che egli manifesta col suo contegno rispetto a'miserabili ed a'codardi che in cuor loro lo detestano o deridono, e a parole in pubblico lo supplicano vergognosamente e invocano la sua benedizione; ma perchè sono profondamente convinto: che senza la ostinazione esemplarissima di Pio IX nel respingere sdegnosamente le assurde proposte di conciliazione e le stupide profferte di accordi fattegli dal Governo Italiano, a quest'ora l'Italia si troverebbe nella più triste e deplorabile delle condizioni.

            Io benedico alla fermezza del vostro Supremo Gerarca nell'insegnare al Governo della Rivoluzione Italiana ciò che il Governo della Rivoluzione Italiana non si è fin qui mostrato degno di comprendere: la dignitosa coscienza e netta (come direbbe Dante) della propria origine e del proprio ufficio!

            Saluterò sempre in Pio IX, se si manterrà, come spero, in questa gloriosa e ammirabile sua attitudine, uno de'salvatori della causa liberale; perchè considero, che dove a Pio IX fosse disgraziatamente piaciuto di scendere ad accordi vituperosi e disonesti con la Dinastia di Savoia, dove gli fosse sembrato utile e buono adulterare il Cattolicismo con turpi transazioni ed accomodamenti politici, avrebbe trionfato in Italia la setta de'Conciliatori dell'Inconciliabile, la fazione del così detto Cattolicismo liberale. Ora per me la vittoria di codesta generazione {345 [395]} di politici e filosofi eunuchi significa: vittoria dell’equivoco e della menzogna. Dunque: Viva Pio IX, che ci ha salvati dal dominio di codesti sepolcri imbiancati.

            Rappresentata dal Vostro santo Padre in tutta la genuina schiettezza delle sue antiche e non mutabili dottrine, la Chiesa Cattolica potrà, o combattersi, come faccio io secondo la misura delle mie forze, o prendersi a norma delle proprie religiose credenze. Ma nell'uno come nell’altro caso ognuno avrà almeno la consolante certezza di sapere ciò che si dice quando si parla e ciò che si fa quando si opera; la certezza o di avversare o di seguitare la vera e non sofistica Chiesa di Roma. La quale io fermamente credo, che deva essere, e mostrarsi, così come è, come si rivela negli atti del Papa e negli scritti della Civiltà Cattolica, o non essere.

            Voi, cattolici senza timori e senza contraddizioni, insegnando a'popoli ed a'Re il coraggio della propria convinzione, perseverando, mentre da ogni parte vi sfugge la potenza materiale, a combattere colla fede della forza morale de'vostri principi, salvate a un tempo le ragioni della umana dignità e i dirittti imprescrittibili della logica e della ragione; mentre il Governo Italiano e gli apostoli della Chiesa Riformata calpestano e tradiscono la santa causa dell'una o dell'altra. Così la penso; e con questo pensiere gridai, griderò ancora: Viva Pio IX. - Modena, lì 5 Gennaio 1871.

 

            Devotissimo suo - PIETRO SBARBARO {346 [396]}

 

            XV. PIO IX e la Chiesa al Constantinopoli.

 

            La carità che divampa nel cuore del Vicario di Cristo qui in terra, ha aggiunto nuovo titolo alla riconoscenza degli Orientali verso Pio IX. Questo Pontefice, sempre grande nelle opere sue, benchè perseguitato, spogliato, povero e ridotto a vivere delle limosine de'suoi figli, veduto lo stato lagrimevole della Chiesa di Costantinopoli per gli enormi debiti, ond'era per diverse circostanze aggravata, ha inviato a quella Sede, per mezzo del suo straordinario Ambasciatore presso la Porta, Monsignor Franchi più di un milione di lire, perchè sieno pagati immediatamente tutti debiti di quel Vicario Apostolico. Ecco a quale santissimo scopo il Pontefice impiega 1'Obolo che i cattolici gli offrono, onorando nella sua persona san Pietro!

 

            XVI. PIO IX e gli innondati nell'alta Italia.

 

            Le dirotte piogge e sterminate che su lo scorcio del passato Settembre, e al cominciar d'Ottobre, caddero a rovesci sulle Alpi cagionarono tale piena e straripamenti di fiumi e di torrenti e tali disastri nell'Alta Italia e nella Savoia, che mai a memoria d'uomo, si ricorda alcun che di simile. I diari di colà ne riportarono dolorosissimi ragguagli. Non v'era d'uopo di tanto a commuovere il cuore del S. Padre, pronto sempre ad accorrere dove è un'opera grande da compiere, sventure da consolare; ò perciò, che per mezzo del Cardinale Antonelli indirizzò al Direttore {347 [397]} dell'Unità Cattolica, in data 10 Ottobre 1868 il seguente viglietto.

 

            «Ill.mo signore,

 

            «Il cuore paterno di Sua Santità non potè non essere vivamente commosso nel conoscere le desolanti innondazioni che afflissero i varii paesi dell'Alta Italia. Anelando il pietoso Pontefice a procacciare quel maggior sollievo che si possa agli infelici percossi da tale calamità, desidera che per cura della S. V. Illustrissima sia quanto prima aperta nel suo giornale una caritatevole sottoscrizione a loro vantaggio. Al quale effetto ha egli destinato per la sua parte la somma di lire cinquemila, dolendogli che le angustie, in cui versa, non gli permettano di estendere il suo soccorso in maggior proporzione al bisogno ed in misura più conforme all'impulso della sua paterna carità.

            «Vien ella pertanto autorizzata a desumere la suddetta somma dall'Obolo di s. Pietro per applicarla all'uopo indicatole. Che se per avventura non si trovasse presso lei disponibile siffatta quota vorrà rendermene avvisato per poterlesi da me fare prontamente la rispettiva trasmissione.

            «In questa intelligenza mi è grato di confermarle i sensi della mia più distinta stima.

 

            Di V. S. III.ma

            Roma, 10 Ottobre 1868

 

Servitor vero

G. CARD. ANTONELLI»

 

            Con approvazione della Revisione Ecclesiastica. {348 [398]}

 

 

Indice.

 

AL LETTORE

3

I. Pio IX prima del suo pontificato .

7

II. Pio IX e gli orfanelli

9

III. Pio IX e la comparsa di una colomba

14

IV. Carità del cardinale Mastai .

17

V. Elezione di Pio IX .

20

VI. Pio IX e il giorno della prima sua messa .

28

VII. Pio IX all'altare

29

VIII. Il viatico dell'esule

31

IX. Divozione di Pio IX a Maria

34

X. Divozione di Pio IX a Maria ss. Immacolata

40

XI. Gloria tributata a Maria Immacolata da Papa Pio IX

43

XII. Preghiera da recitarsi nelle presenti circostanze .

50

XIII. La Madonna di Pio IX

51

XIV. Pio IX protetto da Maria

53

XV. Pio IX e sue oblaz. ai santuari i di Maria

58

XVI. Divozione di Pio IX a Maria Ausiliatrice in Torino

61

XVII. Amore di Pio IX pei fanciulli

63

XVIII. Un poverello premiato dal Papa

65

XIX. Pio IX al sacro cuore in Roma

66

XX. Lettera di un poverello al Papa

67

XXI. Il piccolo peruviano consol. da Pio IX .

70

XXII. Pio IX benedice i fanciulli .

72

XXIII. Lettera di un fanciullo

74

XXIV. Prima comunione di una villanella .

80

XXV. Prima com. delle bambine Fischer

82

XXVI. Amore dei fanciulli a Pio IX

90

XXVII. I premi donati al Papa

91

XXVIII. Offerta dei poveri orfanelli al Papa .

92

XXIX. Il bambino caritatevole .

94

XXX. Prima messa di Pio IX .

97

XXXI. Altre prove del suo affetto ai poveri .

102 {349 [399]}

XXXII. Pio IX Padre del popolo .

104

XXXIII. II Papa e il regalo di un cavallo

106

XXXIV. L'insalata di Sisto V e l'elisire di Pio IX

107

XXXV. Il padre dei poveri

114

XXXVI. Bontà di Pio IX per gli ebrei

115

XXXVII. Pio IX e il povero pellegrino .

118

XXXVIII. Pio IX e sua bontà ineffabile

120

XXXIX. Pio IX e i colerosi

124

XL. Memorie di un coscritto

126

XLI. Il carnevale santificato

130

XLII. Il divertimento del Papa

131

XLIII. Pio IX e la paralitica .

132

XLIV. Pio IX e sua bontà coi peccatori .

133

XLV. Pio IX e la peccatrice morente

135

XLVI. Pio IX e i prigionieri .

136

XLVII. Conversione d'un gran peccatore .

137

XLVIII. Pio IX e suo spirito di preghiera .

139

XLIX. Bisogna pregare pel Papa

143

L. Pio IX e la sua fiducia in Dio

147

LI. Dopo la battaglia di Solferino .

149

LII. L'arma del Papa .

153

LIII. La Politica di Pio IX .

155

L1V. Consiglio del Papa ai predicatori della quaresima

156

LV. Due serve di Dio glorificate da Pio IX .

158

LVI. Severa rimostranza

162

LVII. Pio XI oratore .

164

LVIII. Pio IX con Luigi Veuillot

170

LXI. Pio IX e i vescovi della Polonia .

175

LX. I sacerdoti polacchi ai piedi di Pio IX

178

LXI. Amore dei polacchi a Pio IX

184

LXII. L'obolo dei preti polacchi

192

LXIII. L'eletto di Dio

196

LXIV. Una vendetta di Pio IX

198

LXV. Insorti disarmati

200

LXVI. Perdono evangelico

201

LXVII. Pio IX offre la vita pe'suoi nemici .

202 {350 [400]}

LXVIII. La casa paterna di Pio IX .

203

LXIX. Le Immagini della madre di Pio IX

207

LXX. Pio IX e suo fratello di latte

209

LXXI. Pio IX fra i vescovi

211

LXXII. Il più accessibile dei sovrani

214

LXXIII. Le lagrime di compassione

217

LXXIV. Il pane del soldato

219

LXXV. Pio IX col basso popolo

221

LXXVI. Il bicchiere d'acqua fresca .

225

LXXVII. I presciutti offerti al Papa .

227

LXXVIII. Vera popolarità

230

LXXIX. La donna centenaria e Pio IX

232

LXXX. Buon umore di Pio IX

233

LXXXI. La barca di s. Pietro

235

LXXXII. Pio IX e il breviario del curato di campagna

236

LXXXIII. Giovialità del Papa .

238

LXXXIV. La cannonata di Pio IX

240

LXXXV. Motti spiritosi di Pio IX

241

LXXXVI. Il buon capo d'anno a Pio IX

244

LXXXVII. Il danaro della vedova

245

LXXXVIII. La questua del Papa

247

LXXXIX. Tutte le fibbie al Papa

248

XC. La doppia d'oro d'un pazzo .

250

XCI. Generosità di Pietro il mendicante

253

XCII. L'anello nuziale .

255

XCIII. Consolantissima conversione

256

XCIV. Gli irlandesi

261

XCV. I canarini del Papa

262

XCVI. Carità di Pio IX

263

XCVII. I soldati francesi al Vaticano .

270

XCVIII. Generosità del Papa

271

XCIX. Il rosario dell'armata .

274

C. Preghiera pei soldati defunti

275

CI. Messa celebrata dal Papa per un soldato francese

276

CII. Pio IX preconizzato da sante religiose .

278

CIII. Pio IX profetizzato da Pio VII

282 {351 [401]}

CIV. Guarigione miracolosa .

284

CV. Quanto giovi la benedizione del s. Padre

286

CVI. Pio IX e il medico protestante .

289

CVII. La calotta di Pio IX .

290

CVIII. Virtù dell'immagine di Pio IX .

294

CIX. Efficacia della parola del Papa

297

CX. Pio IX e i giovani degli oratori di Torino

300

CXI. Sentimenti del S. Padre a favore di detta offerta

303

CXII. Solennità delle corone

306

CXIII. Un fatto di Pio IX inudito nei fasti della Chiesa

309

CXIV. Il giubileo pontificale del 16 Giugno del 1871

313

CXV. Il ventitre di Agosto

318

CXVI. Alcuni atti benefici di Pio IX

322

CXVII. Punizione istantanea di alcuni bestemmiatori

327

 

APPENDICE DI ALTRI FATTI AMENI DELLA VITA DI PIO IX.

 

I. Pio IX e il pranzo di cacio

331

II. Pio IX e i rifugiati in Grecia

332

III. Pio IX benefattore universale

333

IV. Pio IX e gli Arabi

334

V. Offerta di una povera donna a Pio IX

335

VI. Munificenza di Pio IX

336

VII. Pio IX e il Generale Randon

ivi

VIII. Pio IX e i danni di Parigi

338

IX. Pio IX e i due poveri giovanetti .

339

X. Pio IX e i danneggiati dal terremoto della repubblica dell’Equatore

340

XI. Pio IX e la rosa d'oro alla Spagna

ivi

XII. Pio IX e il vicerè d'Egitto

341

XIII. Pio IX amico degli infelici

342

XIV. Pio IX e un libero pensatore

344

XV. Pio IX e la Chiesa di Costantinopoli .

347

XVI. Pio IX e gli innondati nell'Alta Italia

ivi {352 [402]}

 



[1]L'opera intitolata Spirito e cuore di Pio IX è lavoro del celebre p. Hughet. L'originale è francese, ma fu tradotto in italiano e stampato in duo volumi in Modena dalla tipografia dell'Immacolata Concezione. Una parte notabile di questi racconti fu ricavata da questo autore.

[2]In mezzo alle tempeste che agitavano la città di Roma, Pio IX era incerto sul partito da prendere, quando la sera del 22 novembre, gli fu consegnata una lettera del tenore seguente:

                Santissimo Padre,

                «Durante le peregrinazioni del suo esiglio in Francia e sopratutto a Valenza, dove poi morì, e dove riposano il suo cuore e le sue viscere, il glorioso Pio VI portava la santissima Eucaristia sospesa al petto o su quello dei prelati domestici che erano nella sua carrozza. Nell'augusto sacramento egli attignea luce alla sua condotta, forza nelle sue traversie, sollievo pe'suoi dolori, in quella ancora che aspettava trovarvi il viatico per la sua eternità.

                «Io sono possessore, di una maniera certa ed autentica, della piccola pisside che serviva a un uso così santo, così tenero e memorabile: oso farne un omaggio alla Santità Vostra.

                «Erede del nome, del trono, delle virtù e quasi pure delle tribolazioni del glorioso Pio VI, voi forse potreste nutrire qualche affezione alla modesta sì ma preziosa reliquia da me posseduta, la quale, voglio sperare di tutto cuore, non vorrà avere lo stesso fine. Peraltro chi conosce i disegni di Dio nelle prove che la sua provvidenza tien preparate a Vostra Santità?»

                La lettera di Monsignor Chatrousse, vescovo di Valenza, fu un lampo di luce, un messaggio del cielo pel travagliato Pio IX. Gli si svelò l'avvenire, voglio dire, il suo esiglio. Egli stesso colla calma del giusto fu il primo ad annunciare la sua volontà di abbandonar Roma.

[3]Si veda dunque come un semplice decrto di un Romano Pontefice relativo a verità dell'ordine spirituale è fecondo di opere profittevoli ancora al commercio e alle arti meccaniche e liberali. Chi potesse fare il bilancio solo delle cere arse nelle feste solennissime celebrate per tutto il mondo alla. Vergine Immacolata, dopo l'esempio di Roma, si vedrebbe salir la somma a non pochi milioni. Oh! dicono che il Catolicismo è moribondo. Eppure quale altra Religione produce in oggi si potenti effetti, senza ordinanze coercitive che li movano, essi mostrano anzi una vitalità che cresce tanto più d'intensione, quanto più si dilunga nel corso dei secoli l'esistenza della nostra fede, la quale resterà sino alla fine dei secoli fiorente di quella vigorosa gioventù nella quale nacque a pie del Calvario.

                Dopo tuttociò che ha potuto produrre un solo accento di Pio IX: che cosa sono mai le tanto decantate Esposizioni mondiali di Parigi e di Londra. Ah, la capitale morale dei mondò non è Parigi nè Londra!. ma è sempre Roma, la Roma dei Consoli, la Roma dei Cesari e per ultimo la Roma dei Pontifici, dei Ascari di Cristo.

[4]Racconti aneddotici sopra Pio IX dell'abate Dumax antico segretario di Monsignor di Segur a Roma.

[5]Roma, dell’abate Boulanger.

[6]Edmond Lafont.

[7]Pio IX di Alfonso di Sant'Albino. La traduzione del discorso di cui qui è parola è cavata egualmente dall'istessa opera.

[8]Parfum de Rome, édition in 8.

[9]Roma nel 1848-49-50.

[10]Lettere di un pellegrino.

[11]Così sappiamo per ragguagli forniti da un giornale protestante:

                «In una Corrispondenza del Temps leggiamo ragguagli pieni d'interesse circa la vita privata del Santo Padre. Il corrispondente del Temps confèssà ingenuamente come ei pensasse che il Sommo Pontefice non si occupasse per nulla delle faccende de'suoi Stati e che quanto alle cure dell'amministrazione le scaricasse tutte sul Cardinale Segretario di Stato. Ebbene, dice, non v'è cosa più contraria di questa alla verità delle cose.

                «Non vi ha questione, sia pure di secondaria importanza, della quale la Santità Sua non venga interpellata, sulla quale non abbia proferita la sua parola. Il segretario di Stato ogni mattina ne viene a trattare con lui, come appunto Colberto con Luigi XIV, ma con questo divario solo che il Santo Padre conosce ogni cosa ne'suoi particolari che ci lavora di buona lena, che ha tutti gli elementi di controllo, che vi spende quasi le nove ore del giorno, che non caccia, non giuoca, che dà udienza un passeggiando, che fa una vita sorprendentemente attiva più di ogni altra attivissima de'palagi reali o ministeriali da un capo all'altro d'Europa.

                «Ecco ciò che era mio debito rettificare sopra le inesattezze delle abitudini della vita che si mena nel Vaticano.

                «Il Papa non è padrone di sè che dalle sei alle otto del mattino e dalle due alle tre e mezzo pom. Gli resta tanto poco per leggere, che una delle sue gioie è quando l'udienza vaca a cagione di qualche Santo, ed è solo di tre o quattro volte al mese, e può ridursi coi più giovani prelati al casinetto del giardino ed ivi prendere un bagno di lettura. La somma di s. Tommaso, Dante; le grandi opere sintetiche, piuttostochè le opere di erudizione e di critici, sono i libri suoi favoriti.

                Il Temps viene poi specificando il sistema delle udienze papali. «Pio IX, una volta almeno per settimana s'intrattiene con ciascuno de'ministri, con ciascuno de'cardinali prefetti di Congregazione, con ciascun prelato segretario di qualche istituzione religiosa, con ogni personaggio infine avente una qualunque morale responsabilità. In mezzo ad una vita così affogante che abbraccia il governo dell"universo intiero, Pio IX conserva una calma, una serenità che ricolma di ammirazione tutti quelli che lo avvicinano.»

[12]A Roma 1'ubbidienza non avvilisce mai, perchè una sola è la personalità che si guarda, quella di Gesù Cristo, come dice stupendamente il famoso vescovo di Poitiers.

                Le più piccole gesta di Pio IX sembrano dire: «Come vicario di Cristo io sono vostro padre, vostro re, vostro dottore, vostra forza: mu come uomo, sono vostro fratello e il servo dei servi di Dio.» Del resto nessun monarca, nessun uomo eziandio, è di Lui più accessibile. In Lui si uniscono il sommo della maestà e il sommo della dimestichezza paterna.

[13]Per consueto quando il Papa passa nelle contrade di Roma, non e più di se stesso, è del popolo: si potrebbero contare mille aneddoti curiosissimi. I Trasteverini specialmente, nel loro amore dismisurato gli dicono talora anche improperii, che essi credono gentilezze da dame e cavalieri. Sotto Papa Gregorio, uno de'Trasteverini, fattosi ressa intorno alla carrozza del Papa, mise la testa dentro a vedere il Papa, e a volerlo baciare in volto. Gregorio così per celia gli lasciò andare un buffetto, e il Trasteverino discendeva tutto allegro come avesse ricevuto la gran Croce di s. Gregorio e portarsi il moccichino al viso e dire: Oh, oh! Gregorio mi badato uno schiaffo! io non vuo'più lavarmi da questa guancia sulla quale me 1'ha stampato. Insomma il Papa in istrada è il s. Gennaro dei Romani.

[14]Nelle sue passeggiate, unica ricreazione che si permetta (e molte volte anche queste hanno uno scopo di carità), egli ferma i bimbi, li ricerca sul catechismo e s'informa sui bisogni di lor famiglia. Le sue elemosine sorpassano ogni immaginazione. Dalla sua elevazione al Pontificato nel 1846 sino all'anno 1857, in undici anni, avea speso in opere di pietà e di carità un milione cinque cento mila scudi romani, somma che sembrerà favolosa, se si consideri la mediocrità delle sue risorse private, che ammontano a quattro mila scudi all'anno, circa 25,000 fr.

                Ma la maggior parte di quella somma era stata trasportata da Gaeta, dove affluivano le offerte della cristianità. Nondimeno anche per questo uso il Papa non accetta senza guardare allo scopo ed alle provenienze. La politica gli ha offerto danaro, ed egli non l'ha voluto. Qualche anno fa una persona ricchissima legò in testamento circa 5,000,000 all'amima sua cioè nella fondazione di tante messe. Era una persona di mala fama. Il Papa permise che si facesse causa contro il testamento. «Ma questo è un usuraio, disse, la Chiesa non deve imbrattarci di doni siffatti. Sarebbe stato meglio distribuire ogni cosa ai poveri.»

[15]L'ordine dei Trinitarii si è incaricato della domanda della causa della venerabile Anna-Maria Taigi. Questa donna così singolare pei doni conferitile da Dio, era del terz'ordine dei Trinitari. Molti pensano che Anna-Maria Taigi, una volta come sia conosciuta e lo sarò fra poco, resterà la sorpresa del mondo, ed eserciterà sulle anime, per propria intercessione, una delle più prodigiose influenze.

                Il Venerabile Monsignor Natali Raphael stato depositario per vent'anni delle rivelazioni della Santa ci disse che: Maria Taïgi non si era mai ingannata in tutto quello che avea predetto.

[16]Il racconto portato qui sopra ci fu comunicato dal R. P. priore del convento delle Agostiniane a Genazzano.

[17]Mons. Antonucci, allora Nunzio Apostolico in Torino, ora è arcivescovo cardinale d'Ancona.

[18]La tabacchiera di Pio IX toccò ad una signora spagnuola.




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