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  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

APPARIZIONE DELLA BEATA VERGINE SULLA MONTAGNA DI LA SALETTE CON ALTRI FATTI PRODIGIOSI

RACCOLTI DA PUBBLICI DOCUMENTI PEL SACERDOTE GIOVANNI BOSCO

 

TORINO

TIP. DELL'ORATORIO DI S. FRANC. DI SALES

1871. {2 [401]}

 

Proprietà dell'Autore. {3 [402]}

 

 

 

 

INDEX

Protesta dell’Autore. 2

Al lettore  2

Apparizione della B. Vergine sulle montagne della Salette  2

Segreto dei due pastorelli. 5

Concorso alla Salette. 5

Altra apparizione della santa Vergine in Francia  7

Relazione di Monsig. Pietro Losanna vescovo di Biella  9

Maravigliosa efficaccia di una processione. 12

Prodigiosa manifestazione di Gesù nella ss. Eucaristia. 12

Gesù predica agli infedeli. 13

S. Giuseppe salva dai briganti. 14

Conversione ottenuta per intercessione di s. Giuseppe. 14

S. Giuseppe salva una fanciulla da morte. 15

Repentina guarigione dalla sordità per intercessione di Maria Ausiliatrice. 16

Una medaglia di Maria Ausiliatrice. 17

Avvenimento prodigioso di soriano. 19

Guarigione da una cancrena. 20

Indice  21

 


Protesta dell’Autore.

 

            Per ubbidire ai decreti di Urbano VIII mi protesto, che a quanto si dirà nel libro di miracoli, rivelazioni, o di altri fatti, non intendo di attribuire altra autorità, che umana; e dando ad alcuno titolo di Santo o Beato, non intendo darlo se non secondo l'opinione; eccettuate quelle cose e persone, che sono state già approvate dalla S. Sede Apostolica. {4 [403]}

 

 

Al lettore

 

            Un fatto certo e maraviglioso, attestato da migliaia di persone, e che tutti possono anche oggidì verificare, è l'apparizione della beata Vergine, avvenuta il 19 settembre 1846[1].

            Questa nostra pietosa Madre è apparsa in forma e figura di gran Signora a due pastorelli, cioè ad un {5 [405]} fanciullo di 11 anni, e ad una villanella di 15 anni, là sopra una montagna della catena delle Alpi situata nella parochia di La Salette in Francia. Ed essa comparve non pel bene soltanto della Francia, come dice il Vescovo di Grenoble, ma pel bene di tutto il mondo; e ciò per avvertirci della gran collera del suo Divin Figlio, accesa specialmente pei tre peccati: la bestemmia, la profanazione delle feste e il mangiar grasso ne'giorni proibiti.

            A questo tengono dietro altri fatti prodigiosi raccolti eziandio da pubblici documenti, oppure attestati da persone la cui fede esclude ogni dubbio intorno a quanto riferiscono.

            Questi fatti valgano a confermare i buoni nella religione, a confutare quelli che forse per ignoranza vorrebbero porre un limite alla potenza e alla misericordia del Signore dicendo: Non è più il tempo dei miracoli.

            Gesù disse che nella sua Chiesa si sarebbero operati miracoli maggiori che Egli non operò: e non fissò nè tempo nè numero, perciò finchè vi sarà la {6 [406]} Chiesa, noi vedremo sempre la mano del Signore che farà manifesta la sua potenza con prodigiosi avvenimenti, perchè ieri ed oggi e sempre G. C. sarà quello che governa e assiste la sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli.

            Ma questi segni sensibili della Onnipotenza Divina sono sempre presagio di gravi avvenimenti che manifestano la misericordia e la bontà del Signore, oppure la sua giustizia e il suo sdegno, ma in modo che se ne tragga la sua maggior gloria e il maggior vantaggio delle anime.

            Facciamo che per noi siano sorgente di grazie e di benedizioni; servano di eccitamento alla fede viva, fede operosa, fede che ci muova a fare il bene e a fuggire il male per renderci degni della sua infinita misericordia nel tempo e nella eternità. {7 [407]}

 

 

Apparizione della B. Vergine sulle montagne della Salette

 

            Massimino, figlio di Pietro Giraud, falegname del borgo di Corps, era un fanciullo di 11 anni: Francesca Melania figlia di poveri parenti, nativa di Corps era una giovinetta di anni 15. Niente avevano di singolare: Amendue ignoranti e rozzi, amendue addetti a guardare il bestiame su pei monti. - Massimino non sapeva altro che il Pater e l'Ave; Melania ne sapeva poco più, tanto che per la sua ignoranza non era ancora stata ammessa alla s. Comunione.

            Mandati dai loro genitori a guidare il bestiame nei pascoli, non fu se non per puro accidente che il giorno 18 {9 [409]} settembre, vigilia del grande avvenimento, s'incontrarono sul monte, mentre abbeveravano le loro vacche ad una fontana.

            La sera di quel giorno, nel far ritorno a casa col bestiame, Melania disse a Massimino: «Domani chi sarà il primo a trovarsi sulla Montagna?» E all'indomani, 19 settembre, che era un sabato vi salivano insieme, conducendo ciascuno quattro vacche ed una capra. La giornata era bella e serena il sole brillante. Verso il mezzogiorno udendo suonare la campana dell'Angelus, fanno breve preghiera col segno della s. Croce; di poi prendono le loro provvisioni di bocca e vanno a mangiare presso una piccola sorgente, che era a sinistra d'un ruscelletto. Finito di mangiare, passano il ruscello, depongono i loro sacchi presso una fontana asciutta, discendono ancora qualche passo, e contro il solito si addormentano a qualche distanza l'uno dall'altro.

            Ora ascoltiamo il racconto dagli stessi pastorelli tal quale essi lo fecero la {10 [410]} sera del 19 ai loro padroni e di poi le mille volte a migliaia di persone.

            «Noi ci eravamo addormentati... racconta Melania, io mi sono svegliata la prima; e, non vedendo le mie vacche, svegliai Massimino dicendogli: Su andiamo a cercare le nostre vacche. Abbiamo passato il ruscello, siamo saliti un po’in su, e le vedemmo dalla parte opposta coricate. Esse non erano lontane. Allora tornai giù a basso; e a cinque o sei passi prima di arrivare al ruscello, vidi un chiarore come il Sole, ma ancor più brillante, non però del medesimo colore, e dissi a Massimino: Vieni, vieni presto a veder là abbasso un chiarore[2].

            «Massimino discese subito dicendomi: Ov'è questo chiarore? E glielo indicai col dito rivolto alla piccola fontana; ed ei si fermò quando lo vide. Allora noi vedemmo una Signora in mezzo alla luce; essa sedeva sopra un mucchio di sassi, col volto tra le

{11 [411]} mani. Per la paura io lasciai cadere il mio bastone. Massimino mi disse: tienlo il bastone; se la ci farà qualche cosa, le darò una buona bastonata.

            «In seguito questa Signora si levò in piedi, incrocicchiò le braccia e ci disse: Avanzatevi, miei ragazzi: Non abbiate paura; son qui per darvi una gran nuova.» Allora noi passammo il ruscello, ed essa si avanzò sino al luogo, dove prima ci eravamo addormentati. Essa era in mezzo a noi due, e ci disse piangendo tutto il tempo che ci parlò (ho veduto benissimo le sue lagrime): «Se il mio popolo non si vuole sottomettere, sono costretta dì lasciar libera la mano di mio Figlio. Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla.

            «È gran tempo che soffro per voi! Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, debbo pregarlo costantemente; e voi altri non ne fate conto. Voi potrete ben pregare, ben fare, giammai non potrete compensare la sollecitudine, che mi sono data per voi. {12 [412]}

            «Vi ho dati sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo. Questo è ciò che rende tanto pesante la mano di mio Figlio.

            «Se le patate si guastano, è tutto per causa vostra. Ve lo feci vedere 1'anno scorso (1845); e voi non avete voluto farne caso, e, trovando patate guaste, bestemmiavate mettendovi frammezzo il nome di mio Figlio.

            «Continueranno a guastarsi, e quest'anno per Natale non ne avrete più (1846).

            «Se avete del grano non dovete seminarlo: tutto ciò che voi seminerete, sarà dai vermi mangiato; e quello che nascerà andrà in polvere, quando lo batterete.

            «Verrà una grande carestia[3]. {13 [413]}

            «Avanti che venga la carestia, i fanciulli al di sotto dei sette anni saranno presi da un tremore e moriranno tra le mani delle persone che li terranno: gli altri faranno penitenza per la carestia.

            «Le noci si guasteranno, e le uve marciranno...[4]

            «Se si convertono, le pietre e gli scogli si cambieranno in mucchi di grano, e le patate verranno prodotte dalla terra stessa.»

            «Quindi ci disse: {14 [414]}

            «Dite voi bene le vostre orazioni, o miei ragazzi?

            «Noi rispondemmo entrambi: Non troppo bene, o Signora.

            «Ah miei fanciulli, dovete dirle bene la sera e la mattina. Quando non avete tempo dite almeno un Pater ed un'Ave Maria: e quando avrete tempo ditene di più.

            «Alla Messa non vanno che alcune donne vecchie, e le altre lavorano alla Domenica tutta 1'estate; e all'inverno i giovani, quando non sanno che fare, vanno alla Messa per mettere in ridicolo la religione. In quaresima si va alla macelleria a guisa di cani.

            «Quindi ella disse: Non hai tu veduto, o mio ragazzo, del grano guasto?

            «Massimino rispose: Oh! no,Signora. Io, non sapendo a chi facesse que¬sta domanda, risposi sotto voce.

            «No, Signora, non ne ho ancora veduto.

            «Voi dovete averne veduto, mio ragazzo (rivolgendosi a Massimino), una volta verso il territorio di Coïn con vostro {15 [415]} padre. Il padrone del campo disse a vostro padre che andasse a vedere il suo grano guasto; voi ci siete andati entrambi. Prendeste alcune spighe nelle vostre mani, e strofinate andarono tutte in polvere, e voi vi ritornaste. Quando eravate ancora una mezz'ora distanti da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane, e vi disse: Prendi, o figlio mio, mangia ancora del pane in quest'anno; non so chi ne mangierà l'anno venturo, se il grano continua a guastarsi in questo modo.

            «Massimino rispose: Oh! si, Signora, ora me ne ricordo; poco fa non me ne sovveniva.

            «Dopo ciò quella Signora ci disse: «Ebbene, miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo.

            «Indi ella passò il ruscello, ed a due passi di distanza, senza rivolgersi verso di noi, ci disse di nuovo: Ebbene, miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo.

            «Ella salì di poi una quindicina di passi, sino al luogo ove eravamo andati per cercare le nostre vacche; {16 [416]} ma essa camminava sopra l'erba; i suoi piedi non ne toccavano che la cima. Noi la seguivamo; io passai davanti alla Signora e Massimino un poco di fianco, a due o tre passi di distanza. E la bella Signora si è innalzata così (Melania fa un gesto levando la mano di un metro e più); Ella rimase così sospesa nell'aria un momento. Dopo Ella rivolse uno sguardo al Cielo, indi alla terra; dopo non vedemmo più la testa... non più le braccia... non più i piedi... sembrava che si fondesse; non si vide più che un chiarore nell'aria; e dopo il chiarore disparve.

            «Dissi a Massimino: È forse una gran santa? Massimino mi rispose: Oh! se avessimo saputo ch'era una gran santa, noi le avremmo detto di condurci con essa. Ed io gli dissi: E se ci fosse ancora? Allora Massimino slanciò la mano per raggiungere un poco del chiarore, ma tutto era scomparso. Osservammo bene, per iscorgere se non la vedevamo più.

            E dissi: Essa non vuol farsi vederem per non farci sapere ove sen vada. Dopo ciò andammo dietro alle nostre vacche.»

            Questo è il racconto di Melania; la quale interrogata come quella Signora fosse vestita rispose:

            «Essa avea scarpe bianche con rose attorno... ve ne erano di tutti i colori; aveva le calze gialle, un grembiale giallo, una veste bianca tutta cospersa di perle, un fazzoletto bianco al collo contornato di rose, una cuffia alta un poco pendente avanti con una corona di rose attorno. Aveva una catenella, alla quale era appesa una croce col suo Cristo: a diritta una tanaglia, a sinistra un martello; all'estremità della Croce un'altra gran catena pendeva, come le rose intorno al suo fazzoletto da collo. Aveva il volto bianco, allungato; io non poteva riguardarla molto tempo, perchè ci abbagliava.»

            Interrogato separatamente Massimino fa lo stessissimo racconto, senza variazione alcuna, nè per la sostanza {18 [418]} e neppure per la forma; il quale perciò ci asteniamo di qui ripetere.

            Sono infinite e stravaganti le insidiose domande che loro si fecero, specialmente per ben due anni, e sotto interrogatorii di 5, 6, 7 ore di seguito coll'intento di imbarazzarli, di confonderli, di trarli in contraddizione. Certo è, che forse mai nessun reo fu dai tribunali di giustizia investito così con tante difficoltà e interrogazioni intorno ad un delitto imputatogli.

 

 

Segreto dei due pastorelli.

 

            Subito dopo 1'apparizione, Massimino e Melania, nel far ritorno a casa, s'interrogarono tra di loro, perche mai la gran Dama dopo che ebbe detto «le uve marciranno» ha tardato un poco a parlare e non faceva che muovere le labbra, senza far intendere che cosa dicesse?

            Nell'interrogarsi su di ciò a vicenda, diceva Massimino a Melania «A me essa ha detto una cosa, ma mi ha proibito {19 [419]} di dirtelo.» S'accorsero entrambi d'aver ricevuto dalla Signora, ciascuno separatamente, un segreto colla proibizione di non dirlo ad altri. Or pensa tu, o lettore, se i ragazzi possono lacere.

            È cosa incredibile a dirsi quanto siasi fatto e tentato per cavar loro di bocca in qualche modo questo secreto. Fa meraviglia a leggere i mille e mille tentativi adoperati a quest'uopo da centinaia e centinaia di persone per ben vent'anni. Preghiere, sorprese, minaccie, ingiurie, regali e seduzioni d'ogni maniera, tutto andò a vuoto; essi sono impenetrabili.

            Il vescovo di Grenoble, uomo ottuagenario, si credette in dovere di comandare ai due privilegiati fanciulli di far almeno pervenire il loro segreto al santo Padre, Pio IX. Al nome del Vicario di Gesù Cristo i due pastorelli ubbidirono prontamente e si decisero a rivelare un segreto, che fino allora nulla aveva potuto strappar loro di bocca. L'hanno dunque scritto essi medesimi (dal giorno dell'apparizione {20 [420]} in poi erano stati messi alla scuola, e ciascheduno separatamente); quindi piegarono e suggellarono la loro lettera; e tutto ciò alla presenza di persone ragguardevoli, scelte dallo stesso vescovo a servir loro di testimonii. Indi il vescovo inviò due sacerdoti a portare a Roma questo misterioso dispaccio.

            Il 18 luglio 1851 rimettevano a S. S. Pio IX tre lettere, una di Monsignor vescovo di Grenoble, che accreditava questi due inviati, le due altre contenevano il segreto dei due giovanetti della Salette; ciascun di essi aveva scritto e sigillata la lettera contenente il suo segreto alla presenza di testimonii che avevano dichiarato 1'autenticità delle medesime sulla coperta.

            S. S. aprì le lettere, e cominciata a leggere quella di Massimino, «Vi ha proprio, disse, il candore e la semplicità di un fanciullo.» Durante quella lettura si manifestò sul volto del Santo Padre una certa emozione; gli si contrassero le labbra, gli si gonfiarono {21 [421]} le gote. «Trattasi, disse il Papa ai» due sacerdoti, trattasi di flagelli, di» cui la Francia è minacciata. Non» essa sola è colpevole, lo sono pure» 1'Allemagna, 1'Italia, 1'Europa» intiera, e meritano dei castighi. Io» temo assai l'indifferenza religiosa» ed il rispetto umano.»

 

 

Concorso alla Salette.

 

            La fontana, presso alla quale erasi riposata la Signora, cioè la V. Maria, era come dicemmo, asciutta; e, a detta di tutti i pastori e paesani di quei contorni, non dava acqua se non dopo abbondanti pioggie e dopo lo scioglimento delle nevi. Ora questa fontana, asciutta nello stesso giorno dell'apparizione, il giorno dopo cominciò a zampillare, e da quell'epoca l'acqua scorre chiara e limpida senza interruzione.

            Quella montagna nuda, dirupata, deserta, abitata dai pastori, appena quattro mesi dell'anno, è divenuta il teatro di un concorso immenso di {22 [422]} gente. Intere popolazioni traggono da ogni parte a quella privilegiata montagna; e piangendo per tenerezza, e cantando inni e cantici si vedono chinare la fronte sopra quella terra benedetta, dove ha risuonato la voce di Maria: si vedono baciare rispettosamente il luogo santificato dai piedi di Maria; e ne discendono pieni di gioia, di fiducia e di riconoscenza.

            Ogni giorno un numero immenso di fedeli vanno divotamente a visitare il luogo del prodigio. Nel primo anniversario dell'apparizione (19 settembre 1847), oltre a settanta mila pellegrini d'ogni età, d'ogni sesso, d'ogni condizione ed anche d'ogni nazione coprivano la superficie di quel terreno...

            Ma ciò che fa sentire vie più la potenza di quella voce venuta dal Cielo, è che si produsse un mirabile cambiamento di costumi negli abitanti di Corps, di La Salette, di tutto il cantone e di tutti i dintorni, e in lontane parti ancora si diffonde e si propaga... {23 [423]} Hanno cessato di lavorare la Domenica: hanno dismessa la bestemmia... Frequentano la Chiesa, accorrono alla voce dei loro Pastori, si accostano ai santi Sacramenti, adempiono con edificazione il precetto della Pasqua fino a quel momento generalmente negletto. Taccio le molte e strepitose conversioni, e le grazie straordinarie nell'ordine spirituale.

            Nel luogo dell'apparizione sorge ora una Chiesa maestosa con vastissimo edifizio, dove i viaggiatori dopo di aver soddisfatta la loro divozione possono agiatamente ristorarsi ed anche passarvi a gradimento la notte.

 

            Dopo il fatto di La Salette Melania fu inviata alle scuole con maraviglioso progresso nella scienza e nella virtù. Ma si sentì ognora sì accesa di divozione verso alla B. V. Maria, che determinò di consacrarsi tutta a Lei. Entrò di fatto nelle carmelitane scalze tra cui, secondo il giornale Echo de Fourvière 22 ottobre 1870, sarebbe {24 [424]} stata dalla s. Vergine chiamata al cielo. Poco prima di morire scrisse la se guente lettera a sua madre.

 

11 settembre 1870.

 

            «CARISSIMA ED AMATISSIMA MADRE,

 

            «Che Gesù sia amato da tutti i cuori. - Questa lettera non è solo per voi, ma è per tutti gli abitanti del mio caro paese di Corps. Un padre di famiglia, amorosissimo verso i suoi figli, vedendo che dimenticavano i loro doveri, che disprezzavano la legge loro imposta da Dio, che diventavano ingrati, si risolvette di castigarli severamente. La sposa del Padre di famiglia dimandava grazia, e nello stesso tempo recavasi dai due più giovani figli del Padre di famiglia, cioè i due più deboli e più ignoranti. La sposa che non può piangere nella casa del suo sposo (che è il Cielo) trova nei campi di questi miserabili figliuoli lagrime in abbondanza: essa espone i suoi timori e le sue minaccie, se non si torna indietro, se non si osserva {25 [425]} la legge del Padrone di casa. Un piccolissimo numero di persone abbraccia la riforma del cuore, e si mette ad osservare la santa legge del Padre di famiglia; ma ahimè! la maggioranza rimane nel delitto e vi si immerge sempre più. Allora il Padre di famiglia manda dei castighi per punirli e per trarli da questo stato di induramento. Questi figli sciagurati pensano di poter sottrarsi al castigo, afferrano e spezzano le verghe che li percuotono, invece di cader ginocchioni, domandar grazia e misericordia, e specialmente promettere di cambiar vita. Infine il padre di famiglia, irritato ancor di più, da mano ad una verga ancor più forte e batte e batterà infino a che lo si riconosca, si umiliino e domandino misericordia a Colui che regna sulla terra e nei cieli.

            «Voi mi avete capito, cara madre e cari abitanti di Corps: questo Padre di famiglia è Dio. Noi siamo tutti suoi figli; nè io nè voi 1'abbiamo amato come avremmo dovuto; non abbiamo {26 [426]} adempito, come conveniva, i suoi comandamenti: ora Dio ci castiga. Un gran numero dei nostri fratelli soldati muoiono, famiglie e città intere son ridotte alla miseria; e se non ci rivolgiamo a Dio, non è finito. Parigi è colpevole assai perchè ha premiato un uomo cattivo che ha scritto contro la divinità di Gesù Cristo. Gli uomini hanno un tempo solo per commettere peccati; ma Dio è eterno, e castiga i peccatori. Dio è irritato per la moltiplicità dei peccati, e perchè è quasi sconosciuto e dimenticato. Ora chi potrà arrestare la guerra che fa tanto male in Francia, e che fra poco ricomincerà in Italia? ecc. ecc. Chi potrà arrestare questo flagello?

            «Bisogna 1o che la Francia riconosca che in questa guerra vi è unicamente la mano di Dio; 2° che si umilii e chiegga colla mente e col cuore perdono de'suoi peccati; che prometta sinceramente di servire Dio colla mente e col cuore, e di obbedire ai suoi comandamenti senza rispetto umano. Alcuni pregano, domandano a {27 [427]} Dio il trionfo di noi Francesi. No, non è questo che vuole il buon Dio: vuole la conversione dei francesi. La Beatissima Vergine è venuta in Francia, e questa non si è convertita: è perciò più colpevole delle altre nazioni; se non si umilia, sarà grandemente umiliata. Parigi, questo focolare della vanità e dell'orgoglio, chi potrà salvarla se fervorose preghiere non s'innalzano al cuore del buon Maestro?

            «Mi ricordo, cara madre e carissimi abitanti, del mio caro paese, mi ricordo, quelle divote processioni, che facevate sul sacro monte della Salette, perchè la collera di Dio non colpisse il vostro paese! La S. Vergine ascoltò le vostre fervide preci, le vostre penitenze e tutto quanto faceste per amor di Dio. Penso e spero, che attualmente tanto più dovete fare delle belle processioni per la salvezza della Francia; cioè perchè la Francia ritorni a Dio, perchè Dio non aspetta che questo per ritirare la verga, di cui si serve per flagellare il suo popolo ribelle. Preghiamo dunque molto, {28 [428]} sì, preghiamo; fate le vostre processioni, come le faceste nel 1846 e 47: credete che Dio ascolta sempre le preghiere sincere dei cuori umili. Preghiamo molto, preghiamo sempre. Non ho mai amato Napoleone, perchè ricordo la intiera sua vita. Possa il divin Salvatore perdonargli tutto il male che ha fatto; e che fa ancora!

            «Ricordiamoci che siam creati per amare e servire Dio, e che fuori di questo non vi ha vera felicità. Le madri allevino cristianamente i loro figliuoli, perchè il tempo delle tribulazioni non è finito. Se io ve ne svelassi il numero e le qualità, ne restereste inorriditi. Ma non voglio spaventarvi; abbiate fiducia in Dio, che ci ama infinitamente più dì quello che noi possiamo amarlo. Preghiamo, preghiamo, e la buona, la divina, la tenera Vergine Maria sarà sempre con noi: la preghiera disarma la collera di Dio; la preghiera è la chiave del Paradiso.

            «Preghiamo pei nostri poveri soldati, preghiamo per tante madri desolate {29 [429]} per la perdita dei loro figliuoli, consacriamo noi stessi alla nostra buona Madre celeste: preghiamo per questi ciechi, che non vedono che è la mano di Dio, che ora percuote la Francia. Preghiamo molto e facciamo penitenza. Tenetevi tutti attaccati alla santa Chiesa, e al nostro S. Padre che ne è il Capo visibile e il Vicario di Nostro Signor Gesù Cristo sulla terra. Nelle vostre processioni, nelle vostre penitenze pregate molto per lui. Infine mantenetevi in pace, amatevi come fratelli, promettendo a Dio di osservare i suoi comandamenti e di osservarli davvero. E per la misericordia di Dio voi sarete felici, e farete una buona e santa morte, che desidero a tutti mettendovi tutti sotto la protezione dell'augusta Vergine Maria. Abbraccio di cuore (i parenti). La mia salute è nella Croce. Il cuore di Gesù veglia su di me.

 

MARIA, DELLA CROCE, vittima di Gesù. {30 [430]}

 

 

Altra apparizione della santa Vergine in Francia

 

            Altra apparizione che sembra presagire cose più consolanti è quella avvenuta in Francia il 17 gennaio 1871. Noi ci serviamo delle stesse parole con cui è raccontato dal giornale La Frusta di Roma, 7 marzo e dalla Décentralisation giornale di Francia.

 

            Racconto di un'apparizione della SS. Vergine accaduta nel villaggio di Pont-Min, comune di Saint-Ellier, cantone di Landivy, dipartimento della Mayenne in Francia, al 17 gennaio 1871.

 

            «Un ragazzo di 11 anni, era occupato a pestare la biada pel suo cavallo in compagnia di suo padre in un granaio del borgo. {31 [431]}

            «Essendo uscito verso le sei della sera, egli considerava il tempo, che gli sembrava assai bello, quando fu tutto ad un tratto preso da stupore e di ammirazione nel vedere al di sopra della casa del signor Lecoq, una donna alta e bella, vestita con una sottana turchina seminata di stelle, acconciato il capo di un velo sormontato da una corona.

            «Il fanciullo chiama subito suo padre, che accorre, ma non vedendo nulla, si burla di suo figlio e lo rimanda al lavoro.

            «La curiosità peraltro ricondusse il piccolo ragazzo nel luogo ove egli avevi veduto la Signora colle scarpe e colla corona di oro. La maravigliosa apparizione continua ad incantarlo. Esso chiama sua madre, che al pari di suo marito non potendo vedere niente sgrida il povero fanciullo e lo tratta da insensato.

            «Allora egli grida a suo fratello dell'età di 9 anni, di venire presto accanto a sè e questo pure distingue perfettamente l'immagine aerea radiante {32 [432]} di bellezza. Invano i parenti stupefatti dubitano ancora... I due fanciulli sostengono di avere la Signora innanzi agli occhi e ne fanno la medesima descrizione.

            «Grande agitazione regna in questo umile villaggio; un assembramento si forma subito e cresce sempre più intorno a quei piccoli ragazzi che raccontano così belle cose.

            «Due monache istitutrici, uscendo dalla loro scuola, maravigliate di questo assembramento, si avvicinano e si informano dell'avvenimento che può attrarre tanta gente e cagionare una tale emozione. Esse interrogano i fanciulli e ricevono con pio incanto le loro dichiarazioni persistenti; ma è invano che esse tengono i loro occhi fìssi verso il luogo dell'apparizione, non vedono niente.

            «Rientrate nel loro convitto, le Monache ancor tutte commosse, invitano tre delle loro scolari di andare a vedere presso ai giovani ragazzi al di sopra dell'abitazione di Lecoq. Tre piccole fanciulle 1'una di 12 anni, {33 [433]} l'altra di 9, e 1' ultima di 8 anni e mezzo, si affrettano di rendersi al luogo della visione celeste.

            «Appena arrivate, la più avanzata in età esclama: - È la Madonna SS. Oh! quanto è bella!

            «Essa è alta come suor Vitaliana, disse 1'altra di 9 anni.

            E le due piccole fanciulle fanno una descrizione simile del tutto a quella de'piccoli ragazzi.

            «Allora l'emozione e la maraviglia raddopiano in presenza delle affermazioni sempre più precise di questi giovani testimonii, che, così fortuitamente riuniti, non possono veramente essere nè gli autori, nè i complici di una soperchieria di questa natura.

            «Il fatto diventa seriissimo ed allora si manda a chiamare il Curato, venerando vecchio, che conduce ed edifica quella parochietta da 37 o 38 anni.

            «Senza dare molta importanza a queste prime informazioni, egli giudica, e con ragione, di andare ad esaminare ciò che accade, e verificare {34 [434]} da se medesimo ciò che vi può essere di vero in questi rumori, e di fondato in queste relazioni.

            «Appena arrivato al luogo, i fanciulli esclamavano: - Una croce rossa si forma sul petto della Madonna Santissima! - Allora il buon curato disse ai suoi parochiani: - Figli miei, preghiamo e recitiamo la corona.

            «Nel mentre che si recitavano le Ave Maria, le stelle si moltiplicavano sulla veste di Maria, era al dire dei fanciulli, come un formicaio di scintillette dorate.

            «Dopo la recita della corona, si cantò il Magnificat: allora si sviluppò uno stendardo lungo dieci metri incirca e largo un metro.

            «Tutto ad un tratto un'asta dorata si formò sullo stendardo, e nel mentre che si cantavano i versetti del Cantico della SS. Vergine appariva l'iscrizione seguente.

            «Sulla medesima riga... - Mais priez, mes enfants, Dieu vous exaucera eh peu de temps. Ma pregate, figli miei, Iddio vi esaudirà fra poco tempo! poi {35 [435]} un punto dorato rosso come il sole e al disotto: Mon fils se laisse toucher! Mio figlio si lascia placare! - E la linea si termina da una grande balza rossa.

            «Nel mentre che si recitava il Rosario, avevano fatto venire un altro fanciullo di sei anni che vide anche egli benissimo 1'apparizione.

            Ciò che testimonierebbe irrefutabilmente della realtà del prodigio, sarebbe l'attitudine e le mosse d'un fanciullo di 18 mesi. Quando la madre lo voltava dalla parte opposta egli faceva visibili sforzi per essere rivoltato verso la splendida apparizione.

            «Dopo il Magnificat si cantò l’Inviolata. Nel mentre la Madonna SS. alzò un poco gli occhi e sorrise ai fanciulli.

            «In seguito s'intuonò la Salve Regina. Allora Maria Santissima ravvicinò e riunì le sue mani chiuse come per portare una bandiera.

            «Una croce rossa venne a collocarvisi. Un Crocifisso più rosso era collocato sulla Croce ed al posto dell’iscrizione {36 [436]} INRI si trovava in lettere lunghe di 10 centimetri: Iésus Christ.

            Si recitarono ancora più Cantici e le Litanie. Allora intorno alla Madonna Santissima si formò un'aureola azzurra che l’inviluppò interamente. All'altezza de'piedi e delle spalle apparirono nell'aureola medesima quattro ceri cortissimi. Poi una stella sembrò uscire dai piedi della Santissima Vergine ed accese successivamente i due ceri dei piedi, e i due delle spalle e venne a collocarsi sulla corona.

            «Infine la Vergine sembrò prendere dietro a sè un gran velo bianco di cui si coprì tutta intera. Non si vide più altro che l'alto della corona ed il tutto sparì. {37 [347]}

 

 

Relazione di Monsig. Pietro Losanna vescovo di Biella

 

            INTORNO AL FATTO AVVENUTO NELLA CAPPELLA DELLA MADONNA D'OROPA

 

            Il 28 luglio 1869

 

            La istantanea guarigione ottenuta per l'intercessione di Maria SS. d'Oropa dalla giovane Vittoria Maria Meinardi di Carignano ha meritamente commossi i fedeli di questa nostra Diocesi, e tutti i devoti di quel Santuario, che sappiamo vivamente desiderosi di conoscere da quali circostanze fosse accompagnato quel mirabile fatto. Crediamo pertanto opportuno, appoggiati anche all'unanime parere di una Commissione di dotti e pii Teologi e Sacerdoti, presso noi espressamente {38 [438]} convocati, di pubblicare la presente notificanza a sfogo della comune pietà.

            L'Amministrazione del R. Ospizio di Carità della città di Carignano che suole annualmente concedere uno o due giorni di diporto alli poveri ricoverati, aderiva nello scorso luglio alle vive istanze dei medesimi, di permettere loro quest'anno una visita al Santuario d'Oropa. Fra i ricoverati avvi una povera giovane, per nome Vittoria Meinardi, nata il sette maggio mille ottocento trentasei, orfana fin da tenera età d'amendue i genitori, ed entrata in quell’Ospizio il 23 agosto 1842. Sugli undici anni essa fu colpita da gravi dolori ai piedi e da forti artriti, che in breve tempo la ridussero nell'impossibilità di camminare, neppur colle gruccie, e neanco di star ginocchioni. Il medico dell'Ospizio, sig. Bionda, ora defunto e il quale allora la visitò, a nulla riuscendo ogni rimedio, la dichiarava incurabile. Lo stato dell'infelice era veramente miserevole. Essa non è alta che un {39 [439]} metro e tre centimetri, totalmente rachitica, con un apparato muscolare esilissimo, un'ossatura universalmente disgraziata, e gibbosità alla colonna vertebrale; da oltre vent'anni ovunque dovesse trasferirsi, o alla chiesa o al dormitorio o a mensa e via dicendo, bisognava che alcuna delle compagne di peso ve la portasse, e nell'atto del trasporto la regione sua lombare cadeva inerte fuor delle braccia della portante, essendo essa fin costretta ad aggrapparsi al collo della medesima onde tenervisi, come i due medici attuali dell'Ospizio di cui l'uno la conosce da 20 anni e 1'altro da 18, espressamente attestano.

            Molti di Carignano lo sanno ed han dichiarato, che la conoscevano e la visitavano, massime per motivo dei lavori in cui è valente assai, come sa pure molto bene leggere e scrivere.

            La buona Vittoria saputo della progettata visita all'insigne nostro Santuario, supplicò caldamente di esservi pure condotta per chiedere la grazia della guarigione alla Madonna in cui da {40 [440]} lungo tempo aveva riposto una singolare fiducia. L'Amministrazione in vista del gran desiderio della medesima e conoscendone la vivissima fede e pietà, glie lo concedeva. Partirono da Carignano alle due antimeridiane del 27 luglio 1869 in numero di oltre 80 persone, tra cui il M. Rev. Rettore dell'Ospizio e quattro Suore di carità, dette Figlie di s. Vincenzo, alle quali è affidato il regime interno del pio stabilimento. Verso le ore dieci del mattino stesso già erano a Biella, donde non guari dopo si avviarono alla volta d'Oropa parte a piedi e parte in vettura, tra cui la Vittoria. La quale con amabile e pia ingenuità nella relazione, che ne scrisse poi, racconta, come lungo quel viaggio di quando in quando si rivolgesse con confidenza alla Madre delle misericordie, supplicandola di volerle fare quella grazia, e per questo ancora si astenesse dal guardar alcun paese od altra curiosità, e ad ogni immagine della Vergine che per via incontrava, le rivolgesse al medesino le più ferventi preghiere. {41 [441]}

            Al Santuario quella sera nulla avvenne di notevole, se non il racconto fatto dal Sacerdote Collegiale cui spettava di predicare, come suol farsi ogni giorno nell'estate. Egli prese appunto a parlare delle grazie singolarissime ottenutesi per intercessione di Maria SS. di Oropa e fra molti altri ricorda specialmente il fatto di quel fanciullo da quattro anni, incapace di camminare, e portato dalla madre sua in quella stessa Basilica, dove a suggerimento di lei avendo proferto quelle parole: Vergine Santissima, vi prego di farmi guarire, sull'istante guarì.

            Cominciò egli tosto a camminare per la chiesa con universale maraviglia; il quale racconto fece sovra la povera Vittoria sì profonda impressione, e le inspirò tanta confidenza, da tenersi già sicura di conseguire essa pure la desiderata grazia. Onde quella sera e la seguente mattina non cessava mai di ripetere quella preghiera medesima.

            Il mattino del mercoledì, 28 luglio, quasi tutta la Comunità accostossi alla s. Comunione, e vi fu portata anche {42 [442]} la Vittoria, e quindi dopo la refezione recaronsi alla visita delle Cappelle in gruppi distinti: nell'ultimo, insieme colla madre superiora suor Luigia Chiattone, eravi la nostra giovane con alcune caritatevoli compagne che se la trasmettevano a vicenda. Lesse ella medesima quasi tutte le considerazioni e preghiere apposite, supplicando in ciascuna delle cappelle, come essa racconta, la Santissima Vergine di ottenermi dal suo e mio Gesù la grazia di guarire.

            Verso le 2 1/2 pomeridiane del giorno stesso, la comunità si raccolse nella chiesa pel canto delle Litanie. Vittoria fu seduta nel banco prossimo all'altare di s. Filippo, rimpetto alla cappella della Madonna. Ecco il momento, disse allora a Maria, nel quale mi farete questa grazia; tutti pregano per me, fate conoscere a tutti la grande vostra potenza e misericordia; non avete da dir altro a Gesù che un voglio, e subito è fatto, e andava ripetendo: Vergine Santissima, fatemi guarire, fatemi guarire, con altre simili invocazioni. {43 [443]} Cantate le Litanie, una delle compagne per nome Domenica Brusa, avvicinatasi a lei, Vittoria, le disse, vieni, ora ti porto dentro nella cappella, ma non voglio più portarti via. Giuntevi, essa volle esser posta a terra, ove potè stare inginocchiata a gran stupore delle compagne. Rivoltasi quindi alla superiora, signora madre, le disse, guardi Vittoria è in ginocchio, che le era prima del tutto impossibile. Qui essa a'piedi dell'altare rinnova le sue fervide preghiere, e votasi a Maria, promettendole, se guarisce, e i superiori il permettano, di tornare un altro anno al Santuario con una guernitura di propria mano per l'altare di Lei. La superiora intenerita in vederla così ginocchioni, le si pone accanto e le dice all'orecchio, Vittoria, prega, Vittoria abbi fede... E poco stante, alzati Vittoria, alzati... Ed ella; non so se posso. La madre l'aiuta, e già Vittoria è in piedi; e quella insistendo, Vittoria coraggio, cammina, cammina... essa, giunte le mani, fissa un istante la Statua della Vergine, quindi {44 [444]} rivolta alla superiora, la Madonna mi ha ottenuta la grazia, afferma con sicurezza, e porgendole la madre un dito della sua sinistra mano, essa il prese e si fa per camminare verso la porticina della cappella, e di fatto sull'istante cammina, esce, discende il gradino... Prodigio, prodigio, esclama, non potendo più contenere la sua gioia la buona superiora, ed esclamano con lei dentro la cappella, e nella chiesa tutti i presenti, che erano in gran numero, e non pure dell'Ospizio di Garignano, ma di altri luoghi assai. La commozione prodotta nel loro animo da questa repentina guarigione non è possibile a descriversi da noi... altro non udivasi, scrive con graziosa e commovente semplicità la stessa Vittoria, che singhiozzi e pianti di consolazione: di me non parlo perchè in quel gran momento non so quel che passava, nè che si operava, ma quello che so certamente, si è che io non poteva camminare ed ora la SS. Vergine d'Oropa mi ha ottenuta la grazia e cammino, e la ricevetti nel giorno 28 luglio. {45 [445]}

            Fu quel di per tutto il Santuario d'Oropa un giorno di festa, di cantici, di lode e ringraziamenti a Dio ed alla Vergine, non saziandosi i fedeli di cercare della Vittoria onde coi loro occhi vederla a camminare e rivolgendo nel tempo stesso a lei ed alle suore mille interrogazioni.

            Noi pure, che del fatto avevamo tosto ricevuto annunzio dal Canonico Rettore, e con grande consolazione il mattino seguente potemmo vedere quella buona giovane nel nostro palazzo, dove i superiori e le suore dell'Istituto con altre signore di Carignano ce la condussero e dove fece alla presenza nostra alcuni passi senza appoggio di sorta. Ci risulta inoltre da autentiche relazioni già rimesseci dietro nostro invito dall'Ospizio di Carignano, che grandissima fn il mattino delli 30 luglio la sorpresa degli amministratori del medesimo, quando videro comparirsi dinanzi camminando sui suoi piedi la Vittoria Meinardi, e fare alcuni giri per la sala senza essere sostenuta. Siccome alta maraviglia {46 [446]} destò l’annunzio di tale guarigione in quanti di quella città l'aveano prima conosciuta, ond'è, che ordinatosi tosto un triduo di ringraziamento nella chiesa dell'Ospizio, v'intervenne, oltre ai ricoverati, numeroso clero e popolo, maravigliati tutti di vedere la Vittoria stessa traversare sovra i suoi piedi la navata della chiesa.

            Essa frattanto continua a camminare; anzi come attesta 1'amministrazione, con sempre maggior facilità e disinvoltura.

            Ora chi ponga mente a tutte le circostanze onde venne preceduto ed accompagnato il fatto in discorso e segnatamente alle sì diverse condizioni della Vittoria prima e dopo la visita al Santuario d'Oropa, per cui mentre da più di 20 anni era inabile a muoversi ora cammina, come attestano i due dottori nella accennata loro relazione, non potrà a meno di affermare che il dito di Maria è qui manifesto.

            Uniamoci pertanto tutti a rendere le più vive grazie all'Altissimo, e prendiamo da tal fatto opportuno argomento {47 [447]} onde celebrare la prossima solennità con più d'entusiasmo, ravvivando nel nostro cuore la pietà e la fiducia nella gran Donna d'Oropa, la s. Madre di Dio, per cui mezzo l'Unigenito suo figliuolo e Redentor nostro si compiace ognora di compiere le più splendide maraviglie della sua misericordiosa onnipotenza. Così sia.

 

Biella, dal nostro palazzo vescovile il 25 agosto 1869.

 

GIO. PIETRO VESCOVO.

 

D. IORIO Segretario. {48 [448]}

 

 

Maravigliosa efficaccia di una processione[5].

 

            Una grande siccità desolava i paesi della Giudea e si temeva che andando perduti i raccolti la fame venisse a decimare quelle infelici popolazioni. I Turchi atterriti dal timore di quel disastro si radunarono nelle moschee a fare suppliche al loro Maometto, ma non essendo stati esauditi fecero ricorso ai padri francescani dimoranti in Aen-Karem, supplicandoli a pregare il Signore Iddio dei cristiani affinchè si degnasse di concedere una benefica pioggia. I religiosi {49 [449]} approfittando delle buone disposizioni di quegli infedeli decisero di fare una pubblica processione di penitenza portando la statua di s. Giovanni Battista dalla chiesa del loro convento a quella di s. Elisabetta fuori dell'abitato. I Turchi avvisati preventivamente dal piissimo curato, P. Avila francescano, spazzarono le vie per le quali doveva passare la processione. Il giorno 23 marzo dell'anno 1870 dopo il lasso di molti secoli si vedeva la prima volta inalberata in quel paese la croce e si udivano per le strade i sacri cantici dei cattolici. Gl'infedeli pieni anch'essi d'entusiasmo sparavano le loro pistole ed i loro fucili in segno di allegria e inchinavano riverentemente all'immagine del gran precursore.

            L'immagine divota rimase nella chiesa di s. Elisabetta dove si andava a pregare ogni giorno per ottenere la sospirata grazia. Il dì seguente, 4 marzo fu visto il cielo annuvolarsi quasi all'istante, e poco dopo cominciò la pioggia che durò due giorni di seguito. {50 [450]} I Turchi riconobbero in ciò un miracolo di san Giovanni, per cui nel giorno 22 dello stesso mese quando la statua fu riportata nella chiesa del convento dei Francescani, raddoppiarono la loro festa e vollero pure penetrare in Chiesa, dove assistettero divoti e silenziosi alla funzione di rendimento di grazie all'Altissimo pel beneficio ricevuto.

 

 

Prodigiosa manifestazione di Gesù nella ss. Eucaristia.

 

            Lo stesso anno, nello stesso paese si fece la solenne processione del SS. Sacramento, nel giorno del Corpus Domini. Le strade per le quali passava erano state ornate ed abbellite dai Turchi, i quali diceano pubblicamente che da quella processione speravano la preservazione delle cavallette, le quali minacciavano la totale distruzione dei frutti della terra, mangiando perfino le radici delle piante e le cortecce degli alberi. Intervennero alla {51 [451]} religiosa processione oltre i Francescani dimoranti di famiglia in s. Giovanni, varii altri del convento del SS. Salvatore e di quello di Betlemme, le monache del monte Sion, le loro alunne in numero di circa ottanta tutte bianco vestite e con bandiere e fiori in mano. Il sacerdote Ratisbona, il famoso Ebreo convertito dalla Regina dei cieli in Roma nella chiesa di s. Andrea delle Fratte, e quanti cattolici si trovavano nei dintorni ci prendevan parte. Il nostro Dio Sacramentato portavasi sotto baldachino dal padre Giuseppe da Iesi Minore Osservante. Questo venerando vecchio dall'alta statura, dai bianchi capelli, dalla candida e lunga barba conosciuto da tutti per la semplicità di colomba e per la santità della vita, risvegliava nella mente di chi lo vedeva l'idea del santo vecchio Simeone.

            I Musulmani usciti tutti dalle abitazioni, disposti a gruppi quinci e quindi lungo le vie per dove passava la processione, miravano il devoto corteggio e stupefatti davano sfogo agli affetti {52 [452]} del loro cuore con frequenti spari di archibugi e con altre dimostrazioni di gioia. Tutti i loro sguardi però stavano rivolti con compiacenza al padre Giuseppe che portava il SS. Sacramento. Ma che cosa vedevano mai quei poveri Turchi nelle mani di quel novello Simeone? Forse le specie Eucaristiche? Forse l'argentea sfera? Niente di tutto questo. Vedevano un bellissimo vivo e raggiante Bambino, che volgendo qua e là le dolci pupille, le piegava amorosamente sopra di quei miseri seguaci dell'Islamismo che nerimaneano maravigliati. Questo Bambino non fu veduto da alcun cristiano, forse perchè Signa dantur infidelibus, non fidelibus.

            I cristiani conobbero la maravigliosa apparizione quando terminata la processione udirono i Turchi uomini e donne che andavano con premura dicendo: Quanto era bello quel Bambino che il P. Giuseppe portava in processione? Dove lo ha trovato? - Ma il padre Giuseppe non portava alcun Bambino! Loro si rispondeva. - Sì che lo ha {53 [453]} portato: l'abbiam veduto noi: il Bambino appoggiava il capo sovra di un braccio e i piedi sull'altro braccio del padre Giuseppe. Ma quale non fu il loro stupore quando furono assicurati dai cristiani che veramente il padre Giuseppe non avea portato alcun Bambino ma lo stesso Uomo Dio vero, vivo e nascosto sotto le specie del pane! Si accrebbe poi al sommo la loro maraviglia quando si seppe da tutti, che nello stesso giorno di quella apparizione di Gesù Bambino, le cavallette si erano allontanate dai confini del loro territorio e che più non si videro.

            Fu in questo modo che Gesù Cristo, dopo molti secoli dalla caduta del regno dei Crociati, ha voluto essere riportato in processione solenne per la prima fiata, per le strade di quella città, dove chiuso tuttavia nel purissimo seno della Vergine Immacolata, si recò, or corre il decimo nono secolo, a visitare il suo Precursore nella casa di s. Elisabetta. {54 [454]}

 

 

Gesù predica agli infedeli.

 

            Nell'anno 1869 duecento Turchi della setta degli Scietlie, abitanti in un sobborgo di Damasco, chiamato Midan si dichiararono cristiani: ad essi poco dopo si aggiunsero oltre cento Scietlie della Celesiria, non che molti di altri paesi e Beduini. Queste conversioni avvennero in seguito a molte apparizioni di Gesù e di Maria sua vergine madre che si degnarono istruire personalmente intorno alla vera religione quei miseri seguaci dell'Islamismo. Più volte Maria SS. fece loro udire queste parole: Fuor di Gesù Cristo non vi ha salvezza.

            In una notte dopo di aver pregato per lungo tempo gli Scietlie si addormentarono, ed il Signore si compiacque di apparire a tutti, ma separatamente, senza saper l'uno ciò che accadeva all'altro. Svegliati che furono ciascheduno raccontava al compagno di aver veduto Gesù Cristo e tutti rispondevano: {55 [455]} anch'io l'ho veduto, anch'io l'ho veduto! In tale visione il Signore li aveva confortati, ed esortati a seguitare la via incominciata; ed essi erano tanto pieni d'allegrezza, gratitudine, fede e amore che non potevano contenersi e volevano uscire per la città a predicare la Divinità di Gesù Cristo. - Un'altra volta con Gesù apparve loro Maria la quale disse. Questo è mio figlio; Gesù è la verità e lo ripete per tre volte.

            Alla conversione di 300 Turchi tenne dietro quella di non poche donne turche tra cui una parente di certo Abdelcader. Cadata in grave malattia essa aveva fatto prova di tutti i mezzi che l'arte può suggerire. Ma un suo figlio che si era già fatto cristiano scorgendo inutile ogni mezzo umano, mosso da viva fede, madre, le disse, Se credi in Gesù Cristo, riacquisterai la salute. L'inferma promise di credere e di farsi cristiana se guariva; e la sua fede la guarì sull'istante. Per corrispondere meglio che poteva alla grazia ricevuta, cominciò tosto ad occuparsi della conversione {56 [456]} delle donne, esercitando l'ufficio di Catechista. Giovata dal divino aiuto riusci a convertire 9 donne, di cui quattro Algerine e quattro Damascene. Il marito di una di esse ne fu altamente sdegnato e nel trasporto del suo sdegno concepì il reo disegno di ucciderla; ma di nottegli apparvero due personaggi, i quali, come egli stesso riferisce, rimproverandolo della sua malvagia intenzione, lo minacciarono severamente e gli misero le gambe nel fuoco, significando che gli stavan pronti peggiori mali se avesse ancora recate altre molestie alla sua moglie per motivo della sua conversione. Atterrito da quelle minacce e dai mali sofferti quel marito non osò più nè dire nè fare cosa alcuna contro alla moglie cristiana.

            Malgrado questi ed altre prodigiose chiamate divine alcuni turchi non sapevano risolversi ad una sincera conversione, ma spaventevoli visioni punirono la loro ingratitudine verso un Dio che in modi cotanto prodigiosi manifestava la sua bontà. I Beduini

{57 [457]} un giorno mentre pregavano udirono diverse volte queste parole: Lasciate Maometto, non vi ha salvezza fuori di Gesù Cristo! Finalmente ebbero ordine dal Signore di venire in Damasco e da Lui stesso fu indicato loro la strada, la casa, il nome di Ibraim capo dei Neofiti[6].

 

 

S. Giuseppe salva dai briganti.

 

            La provincia di Ho-Nan (Cina) nella quale predicava il Missionario Ungaro era infestata orribilmente dai briganti i quali riuniti in eserciti sterminati scorrazzavano ovunque, saccheggiando, uccidendo, rovinando tutto ciò che loro si parava innanzi. Molti pacifici abitanti preferivano darsi da per se stessi la morte anzichè aspettarla da quei masnadieri. {58 [458]}

            Nel marzo del 1866, in preparazione alla festa di s. Giuseppe il Missionario dava gli esercizi spirituali in un villaggio quasi tutto cristiano. Quando ecco un forte allarme e un grido disperato: Fuggiamo, fuggiamo, s'avvicinano i briganti!

            Spaventati i cristiani si affollano intorno al sacerdote ricercando consiglio. Pieno di fede e certamente inspirato così dal Signore, miei figli, disse loro: «Non temete, la festa del nostro gran Patrono s. Giuseppe non è molto lontana. Abbiate fede in lui, fate col massimo fervore la sua novena; non abbiate alcun timore che egli ci salverà nè permetterà che i suoi divoti siano molestati dai briganti.»

            A queste parole si acquietarono e seguitarono a compiere tranquillamente le domestiche faccende: ma dopo alcuni giorni si ripetè l'allarme e si udiva in lontananza il rimbombo del cannone. Il Missionario riposta tutta la sua fiducia in s. Giuseppe si presentò in mezzo ai cristiani e li {59 [459]} assicurò senza esitazione. «Abbiate fede e siate certi che s. Giuseppe ci salverà ed il nemico non ci farà alcun male.» Tutti obbedirono nè alcuno fuggi. La gente dei vicini villaggi che fuggendo passava vicino alle case dei cristiani esortava i fedeli a darsi alla fuga, ma essi stavano sicuri e pieni di fiducia in s. Giuseppe. La festa del gran Taumaturgo si avvicinava. Si prepararono tutti con una buona confessione, e con piena tranquillità di spirito festeggiarono quel gran giorno colla comunione generale.  E san Giuseppe li esaudì. - In tutti i villaggi vicini non vi era più anima viva, che tutti erano fuggiti ed i cristiani tranquilli aspettavano gli eventi. I briganti non giunsero nemmeno dopo la festa, benchè fossero lontani soltanto poche miglia. Sia benedetto il Signore che ha scelto questo suolo per glorificare il suo padre putativo e per additare a noi un potentissimo avvocato. {60 [460]}

 

 

Conversione ottenuta per intercessione di s. Giuseppe.

 

            Un giovane di onesta famiglia sedotto dai compagni fuggì dalla casa paterna per  arruolarsi tra le bande dei masnadieri lasciando nel duolo la vedova madre. Dopo una serie di lacrimevoli vicende tornato a casa cadde infermo e si manifestò in lui una etisia polmonare. All'approssimarsi dell'estate cominciò a decadere in modo che vicina se ne prevedeva la fine. La Pasqua era passata, ma egli non avea potuto o voluto accostarsi ai Sacramenti. Venuta poi l'occasione del Giubileo e vedendosi vicino a soccombere vi fu chi l'esortò a chiamare un prete per confessarsi e comunicarsi. Ma egli si rifiutò dicendo con isdegno che se il Signore volea che facesse il Giubileo gli restituisse la sanità ed allora sarebbe andato da se alla Chiesa.

            Intanto il male aggravandosi la madre, {61 [461]} benchè piangesse amaramente, non avea il coraggio di chiamare il paroco, perchè la malattia del povero figlio, diceva essa, non desse il tracollo. Misera condizione di tanti ammalati, i quali per tal falso pretesto si lasciano morire senza sacramenti!

            Una parente dell'infermo, che più volte era stata a visitarlo, mossa a compassione del suo stato ne parlò con una sua amica divota di s. Giuseppe e detto fatto. Fu deciso di mandargli la reliquia di s. Giuseppe e suggerirgli che pregasse il santo ad impetrargli la salute per poter fare le sue divozioni.

            Accettò egli volentieri la reliquia e l'immagine di s. Giuseppe alle quali cose prese tanto amore che non le volle mai più lasciare finchè visse. Il dì seguente trovatolo meglio disposto la suddetta persona gli propose di permettere che un sacerdote di specchiata virtù lo visitasse e lo benedicesse. Avutone il consenso, tosto il sacerdote fu da lui e in breve dolcemente lo indusse a mondar 1'anima sua colla {62 [462]} confessione, ed a ricevere il S. Viatico. Non è a dire qual cambiamento operassero i Sacramenti nel cuore di quel povero giovane! Divenne tutto mansueto e paziente colle persone di famiglia, e rassegnato nel suo male. Passava le notti recitando la corona ed altre orazioni e quando era stanco si lamentava colla madre di non poter pregare più a lungo.

            Giunto agli estremi il medesimo sacerdote gli amministrò l'olio santo, dopo di che passato ancora alcun tempo nel modo più edificante spirò placidamente l'anima nel bacio del Signore invocando il nome di s. Giuseppe di cui si teneva appeso al collo la reliquia e lasciando in tutti fondata speranza ch'egli sia andato a godere in cielo una vita colma di veri beni che non finiranno mai più.

 

 

S. Giuseppe salva una fanciulla da morte.

 

            Manetta Frassè d'anni 11 del comune di Canopiana (Cremona) il giorno {63 [463]} 28 marzo 1865 facea la sua prima comunione e si aggregava alla congregazione del culto perpetuo di s. Giuseppe. Ritornava la pia giovanetta dalla Chiesa col cuore pieno di santo affetto, stringendo fra le mani l'immagine del s. Patriarca, dispensata dal paroco al popolo in segno delle comunione Pasquale. Entrato in casa, essendo salita per non so quali faccende sul solaio al dissopra del secondo piano, fu colta da vertigine e cadde da quell'altezza sul selciato della sottoposta via. Al colpo accorre la madre, ed oh spettacolo! vede sua figlia immobile e nuotante nel sangue, che in copia le sgorgava dalla bocca. Coll'aiuto dei vicini viene trasportata come cadavere sul suo letticciuolo. La voce corse tosto pel paese che ella era morta. Il paroco si recò tosto a quella casa più per consolare i desolati parenti, che per porgere aiuto a chi si credeva estinta. Entrato nella stanza ove giaceva la giovinetta la esaminò attentamente e si accorse che ella dava ancora qualche segno di vita. La chiamò {64 [464]} replicatamente, invocò s. Giuseppe, la benedisse nel nome di Lui, animandola a confidare nel santo, il quale o l'avrebbe portata in Paradiso, o risanata. Ed oh sorpresa! Dopo qualche momento manda un profondo sospiro,... apre gli occhi lordi di sangue,... li fissa nell'immagine del santo che le era stata posta a fianco,... pronuncia distintamente con voce animata le tre giaculatorie: Gesù, Giuseppe e Maria ecc. Non è a spiegare quanta sia stala la commozione di tutti gli astanti per tale avvenimento. Il paroco parti di là onde nascondere le lagrime di consolazione che gli pioveano dagli occhi, e non aveva ancor messo piede nella casa parochiale, che la figlia era fuori di letto e reggendosi da sè camminava e diremo saltava di gioia lodando Iddio e ringraziando s. Giuseppe pel segnalato benefizio che le aveva ottenuto dall'immensa bontà divina[7]. {65 [465]}

 

 

Repentina guarigione dalla sordità per intercessione di Maria Ausiliatrice.

 

            Chi entra nella chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Torino, ne vede le pareti, la sacra Immagine e l'altare ornati di una svariata quantità di voti che ricordano diversi segnalati benefizi che l'augusta Regina del Cielo ottenne a'suoi divoti. Uno di essi attesta la repentina guarigione dalla sordità del T. Antonio Cinzano prevosto vic. foraneo di Castelnuovo d'Asti.

            Fra i molti incqmmodi che travagliavano la cagionevole sanità di quel buon Pastore era la sordità, che lo rendeva inetto agli affari più importanti della parochia, specialmente 1'assistenza agli infermi e l'ascoltare le Confessioni dei fedeli.

            Dopo diciotto mesi di peggioramento il suo malore giunse a tanto, che udiva nemmeno più la parola pronunciata con tutta gagliardia vicino all'orecchio. {66 [466]} È difficile immaginarsi quale cordoglio cagionassegli un simile stato! Il rincrescimento di non poter compiere i suoi doveri degenerò in tetra malinconia, che finiva di rovinare quel po'di sanità che ancora gli rimaneva.

            Avendo inutilmente fatto prova dei ritrovati dell'arte, pensò di ricorrere all'aiuto del cielo, alla protezione della Vergine Ausiliatrice. Ascoltiamo le stesse sue parole con cui soleva con piacere raccontare quel fatto. Oggi, diceva, voglio raccomandarmi a questa buona Madre nella santa Messa, e se, come tanti ottennero, potrò anch'io essere liberato da questo mio miserabile stato, farò un offerta per la chiesa testè costrutta in Torino.

            Ciò detto si veste de'sacri arredi, va all'altare e comincia: In nomine Patris ecc. Colui che serviva la Messa secondo il solito risponde ad alta voce quanto poteva. Più sottovoce, dice il Prevosto, mi stordisci con queste parole, e continua: Iudica me, Deus ecc. L'altro risponde più piano ma con voce tuttora elevata. Ma il celebrante dice {67 [467]} recisamente: Io odo, parla più sotto voce, la Madonna mi ha fatta la grazia.

            Niuno può farsi giusta idea della commozione che provai nella celebrazione di quella memoranda Messa, narrava con trasporto di gioia. Ora mi cadevano le lagrime, ora innalzava giaculatorie di gratitudine alla santa Vergine Ausiliatrice. Ma il pensiero dominante era di dare a quel fatto tutta la pubblicità possibile affinchè fosse ovunque glorificata l'Augusta Madre del Salvatore ad esempio di chi, trovandosi in gravi tribolazioni, volesse fare a lei ricorso.

            Terminata la Messa e giunto in sacristia le sue prime parole furono: Io sono guarito, Maria Ausiliatrice mi ha fatto la grazia.

            Egli raccontava spesso questo fatto con gran compiacenza e desiderava che venisse quanto prima pubblicato, ma per ragionevoli motivi si giudicò bene di differire quella pubblicazione fino ad ora, che la Divina Provvidenza chiamò all'altra vita il compianto Pastore, che sarà sempre di grata {68 [468]} memoria presso ai Castelnovesi e presso a tutti quanti ebbero opportunità di conoscerlo[8].

            In confermazione di quanto sopra il sacerdote Savio Ascanio, allora viceparoco di Castelnuovo d'Asti, aggiugne quanto segue: La sordità del nostro prevosto era giunta a tal segno, che non udiva più il suono gagliardissimo del campanone. Quando parti dalla casa parochiale per recarsi a celebrar la s. Messa, il giorno della festa degli Angeli Custodi, era afflittissimo ed aveva fatto piangere la fantesca perchè credeva parlasse espressamente a bassa voce per fargli dispetto, mentre ella gridava con quanta ne aveva in gola per farsi capire sebbene inutilmente. {69 [469]} Diceva che ricuperò l'udito tutto ad un tratto nel cominciare In nomine Patris della s. Messa. Reduce dalla chiesa sembrava pazzo per la straordinaria contentezza. Chiamò subito il vicecurato facendo una lunga e così concitata scampanellata che sembrava volesse strappar la fune del campanello. Disceso il vicecurato gli raccontò come la Madonna gli avesse ottenuta la grazia e come era suo fermo proposito di recarsi all'Oratorio di s. Francesco di Sales, ossia alla chiesa di Maria Ausiliatrice per ringraziarla. Ciò che fece quanto prima con molta divozione. Quel dì che venne a compire quell’atto religioso sembrava fuor di se per la contentezza. Celebrata la santa messa all'altar di Maria Ausiliatrice, non finiva più lungo il giorno di raccontare la grazia ottenuta, magnificando la grande potenza di Maria. Di poi per dare ancora uno sfogo alla sua divozione, volle salire sulla cupola della chiesa per toccare e baciarvi i piedi della statua dorata che rappresenta colei che la Chiesa proclama potente

{70 [470]} aiuto dei cristiani. Ciò cagionò grande maraviglia atteso la sua avanzata età e la sua sanità da molto tempo cagionevole. È poi degno di osservazione che fino a tanto che visse godeva sempre assai quando aveva qualche occasione di parlare della Madonna, incoraggiando tutti a fare con fede ricorso a lei nei bisogni della vita.

 

(Fin qui il sac. Savio Ascanio).

 

 

Una medaglia di Maria Ausiliatrice.

 

            Se grande è la bontà divina quando concede qualche segnalato favore agli uomini, deve essere grande altresì la gratitudine di essi nel riconoscerlo, manifestarlo ed anche pubblicarlo ove possa tornar a sua maggior gloria.

            In questi tempi, è forza di proclamarlo, Dio vuole con molti eccelsi favori glorificare l'augusta sua Geninitrice invocata col titolo di AUSILIATRICE. {71 [471]}

            Il fatto che avvenne a me stessa è prova luminosa di quanto asserisco, liricamente adunque per dar gloria a Dio e dar vivo segno di gratitudine a Maria aiuto dei cristiani, testifico che nell'anno 1867 fui assalita da terribile mal d'occhi. I miei genitori mi posero sotto la cura dei medici, ma peggiorando vie più il mio male divenni come cieca, così che dal mese di agosto dell'anno 1868 mia zia Anna dovette condurmi per circa un anno sempre a mano alla chiesa per udire la santa Messa, cioè fino al mese di maggio del 1869.

            Al vedere poi che tutte le cure dell'arte più a nulla giovavano, mia zia ed io, avendo inteso come già a non pochi altri facendo preghiere a Maria Ausiliatrice avevansi ottenute grazie segnalate, piena di fede mi feci condurre al Santuario a lei testè dedicato in Torino. Giunti a quella città, passammo dal medico che aveva la cura de'miei occhi. Dopo attenta visita, sotto voce disse a mia zia: di questa zitella c'è poco a sperare.

            Come! rispose spontaneamente mia {72 [472]} zia, V. S. non sa che cosa sia per fare il Cielo. Essa parlava così per la grande fiducia che aveva nell'aiuto di Colei che tutto può presso Dio.

            Finalmente giungemmo alla meta del nostro viaggio.

            Era un sabato di maggio 1869, quando in sulla sera io veniva a mano condotta alla chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino. Desolata perchè priva affatto dell'uso della vista andava in cerca di conforto da Colei che è chiamata Aiuto dei Cristiani. - Aveva la faccia tutta coperta di panni neri, con un cappello di paglia; la detta zia e la nostra compaesana, maestra Maria Artero, m'introdussero in sacrestia. Noto qui di passaggio, che oltre alla privazione della vista pativa mal di capo e tali spasimi di occhi, che un solo raggio di luce bastava per farmi delirare. - Fatta breve preghiera all'altare di Maria Ausiliatrice, mi fu impartita la benedizione ed incoraggiata ad aver fiducia in Colei, che la Chiesa proclama Vergine potente che dà la vista ai ciechi. - Dopo il sacerdote {73 [473]} m'interrogò così: «Da quanto tempo avete questo male d'occhi?» «È molto tempo che soffro, ma che vedo più poco son circa tre anni, ma che vedo più niente è quasi un anno.» «Non avete consultati i dottori dell'arte? Che ne dicono essi? Avete usati rimedi?» «Abbiamo, disse mia zia, usato ogni sorta di rimedi, ma non potemmo ottenere alcun vantaggio. I medici dicono che essendo guasti gli occhi, non possono più darci speranza...» Dicendo queste parole si mise a piangere. «Non discerni più gli oggetti grossi dai piccoli?» Dissemi il Sacerdote. «Non discerno più niente, risposi.»

            In quel momento mi furono tolti i panni dalla faccia: di poi mi fu detto: Rimira le finestre, non puoi distinguere la luce di esse, dalle mura che sono totalmente opache?

            «Misera me? Non posso distinguere niente.

            «Desideri di vedere?

            «S'immagini quanto lo desidero? Lo desidero più che ogni altra cosa {74 [474]} del mondo. Io sono una povera fanciulla, la cecità mi rende infelice per tutta la vita.

            «Ti servirai degli occhi soltanto a vantaggio dell'anima, e non mai ad offendere Dio?

            «Lo prometto di tutto cuore. Ma povera me! Io sono una giovane sventurata!... Ciò detto proruppi in pianto.

            «Abbi fede, la s. Vergine ti aiuterà.

            «Spero che mi aiuterà, ma intanto io sono affatto cieca.

            «Tu vedrai.

            «Che cosa vedrò?

            «Dà gloria a Dio ed alla beata Vergine, e nomina l'oggetto che tengo tra mano.

            «Io allora facendo uno sforzo cogli occhi, li fissai; Oh sì, esclamai con sorpresa, io vedo.

            «Che?

            «Una medaglia.

            «Di chi?

            «Della s. Vergine.

            «E da quest'altro lato della medaglia che vedi? {75 [475]}

            «Da questo lato vedo un vecchio col bastone fiorito in mano; è s. Giuseppe.

            «Madonna SS., esclamò mia zia, dunque tu vedi?

            «Ma sì che ci vedo. O mio Dio! La s. Vergine m'ha fatta la grazia.

            In questo momento volendo colla mano prendere la medaglia, la spinsi in un angolo della sacrestia in mezzo ad un genuflessorio. La mia zia voleva tosto andarla a prendere ma ne fu proibita. Lasciate, le fu detto, che la vada a prendere la nipote stessa; e così farà conoscere che Maria le ottenne perfettamente la vista. La qual cosa io feci prontamente senza difficoltà.

            Allora io, la zia, colla maestra Artero empiendo la sacrestia di esclamazioni e di giaculatorie, senza più nulla dire a quelli che erano presenti, senza nemmeno ringraziare Dio del segnalato favore ricevuto, ce ne siamo partiti in fretta quasi deliranti per contentezza; io camminava avanti colla faccia scoperta, le due altre dietro.

            Ma di lì a pochi giorni ritornammo {76 [476]} a ringraziare la Madonna ed a benedire il Signore per l'ottenuto favore, e in pegno di questo abbiamo fatto un'offerta alla Vergine Ausiliatrice. E da quel beato giorno fino ad oggi non ho mai più sentito alcun dolore negli occhi e continuo a vedere come non avessi mai sofferto nulla. La mia zia poi asserisce che da lungo tempo pativa un violento reumatismo nella spina dorsale, con dolori al braccio destro e mal di capo, per cui era divenuta inabile ai lavori campestri. Nel momento che io acquistai la vista ella rimase eziandio perfettamente guarita. Sono già trascorsi due anni e nè io, come già dissi, nè mia zia avemmo a lamentare i mali da cui fummo per sì lungo tempo travagliate.

            A questa religiosa scena fra gli altri erano presenti Genta Francesco da Ghieri, sac. Scaravelli Alfonso, Maria Artero maestra di scuola.

            Gli abitanti di Vinovo poi, che prima erano soliti a vedermi condurre alla chiesa per mano, ed ora andare da me stessa, e leggendo in essa libri di {77 [477]} divozione pieni di maraviglia mi domandano: chi fece mai questo? ed io rispondo a tutti: È Maria Ausiliatrice che mi ha guarita. Perciò io ora a maggior gloria di Dio e della beata Vergine sono assai contenta che questo fatto sia ad altri raccontato e pubblicato, affinchè tutti conoscano la grande potenza di Maria, alla quale niuno mai fece ricorso senza essere esaudito.

 

            Vinovo 26 marzo 1871.

 

MARIA STARDERO.

 

 

Avvenimento prodigioso di soriano.

 

            Ecco ciò che scrive il Rev.mo P. Jandei Generale dell'Ordine dei PP. Predicatori intorno al prodigioso avvenimento di Soriano ai provinciali del suo ordine.

            «Memori delle divine parole, con cui lo Spirito Santo ci avvisa, che le {78 [478]} opere di Dio hanno a promulgarsi, perchè rendongli onore (Tob. c. 12), era Nostro desiderio sin dallo scorso settembre parteciparvi un prodigioso avvenimento, con cui Dio volle ancora una volta illustrare il famoso santuario del nostro s. Patriarca in Soriano di Calabria. Ma in consimili eventi non essendo prudente consiglio di prestar piena fede alle prime voci diffuse dalla fama, che spesso illude e travede, abbiamo differito sino a che il Pastore di quella diocesi avesse, dietro nostra preghiera, fatto procedere ad una regolare inchiesta, la quale in questi giorni ci venne da Lui stesso per mezzo del P. Provinciale di Calabria trasmessa, e della quale ci affrettiamo a comunicarvi il risultato.

            «A voi tutti è ben noto il Santuario di Soriano dedicato al P. s. Domenico, la cui antica immagine sia per l'origine che le viene attribuita, sia per le grazie che di continuo si ottengono, riscuote la più alta venerazione non solo di quella provincia, ma eziandio delle vicine e lontane. {79 [479]} Il giorno 15 di settembre che in tutto l'Ordine è sacro alla commemorazione di quella immagine, quivi si festeggia con maggiore solennità, la quale è terminata da divota processione con una statua scolpita in legno di naturale grandezza. Ora in quest'anno, essendo esposta alla pubblica venerazione al lato sinistro dell'altare la predetta statua, mentre compiute le sacre funzioni, circa trenta persone poco prima del mezzogiorno pregavano, d'improvviso si vide il sacro simulacro, come se vivo fosse, muoversi all'innanzi, quindi retrocedere, alzare e poi deporre il braccio destro e corrugando la fronte accompagnare questi moti con isguardi or severi e minacciosi verso gli astanti, ora mesti ed ora dolci e riverenti quando verso la Vergine del SS. Rosario volgevali a quella guisa, come ci vien riferito, che gli evangelici banditori adoprano dal sacro pergamo.

            «Quali si rimanessero a quella vista le persone che pregavano, non si potrà di leggieri immaginare o concepire: {80 [480]} il timore e la maraviglia quinci e quindi saccedendosi dentro di loro, le rese attonite e vacillanti, cosicchè sulle prime non prestarono fede a'loro medesimi occhi. Ma poichè dal vicendevole ed unanime consenso si avvidero non essere illusione, ma realtà, risuonò altamente la chiesa di voci che gridavano: s. Domenico, s. Domenico! Miracolo, miracolo! nè altro poteano o sapean pronunciare.

            «Il prodigioso avvenimento, come era ben naturale, colla rapidità del lampo si diffuse, ed in men che non si dice, l'intiera popolazione abbandonata ogni domestica faccenda trasse in folla al santuario, cosicchè ben duemila persone poterono essere spettatrici del prodigioso movimento del santo simulacro, che perdurò lo spazio di un'ora e mezza incirca. Intanto tra i presenti, ed i sopravvegnenti moltiplicavansi le preghiere, le lagrime, le acclamazioni, le maraviglie.

            E quantunque sì gran numero di spettatori, che ad una voce constatavano il prodigio, togliesse ogni sospetto {81 [481]} d’inganno o di frode, nondimeno si volle soddisfare a chi o per prudente dubitazione o per ispirito di incredulità non ne fosse pienamente convinto: e ciò tornò a maggior conferma, ed evidenza del prodigio, dissipandosi così ogni ombra, che poscia avrebbe potuto offuscarlo. Quindi per compiacere chi sospettava di qualche ottica illusione, si tolsero alcuni ornamenti di carta dorata, che in arco circondavano, senza però toccarlo, il sacro Simulacro: si discoprì la mensa che sostenevalo per assicurare taluno che aveva volto il pensiero a qualche frode od inganno. Altre minori riflessioni furono disciolte dal comune consenso dimostrandosi, che niuna naturale cagione come quella del forte vento che in quel giorno soffiava, poteva muovere in maniera si pronunciata ed espressiva una statua di legno di non mediocre peso, quando i ceri non si estinguevano, ed altri oggetti leggieri si rimanevano immobili, cosicchè ogni prova tornò a maggior certezza del prodigio. Perciò, questo {82 [482]} cessato, il divoto e grato popolo Sorianese volle si recasse in processione nelle ore pomeridiane quel portentoso simulacro, siccome prima delle luttuose vicende, che afflissero l'Italia, costumavasi dai nostri religiosi custodi del Santuario.

            «È questo, M. R. P. Provinciale, il prodigioso avvenimento, del quale prima ci pervennero da private lettere unanimi ragguagli, oggi confermati dal M. R. Vicario Foraneo di Soriano, il quale per ordine di S. E. Mons. Vescovo di Mileto ne distese autentica relazione sottoscritta con giuramento da trenta testimonii oculari scelti tra le persone più capaci ed oneste del paese, sebbene innumerevoli altri, come ivi si dice, avessero attestato la verità del prodigioso movimento.

            «A noi non è lecito investigare i giudizi di Dio, che solo dobbiamo umilmente adorare, ed è perciò che non possiamo sentenziare sull'intenzione de'suoi altissimi fini che sono a'mortali impenetrabili: quis cognovit sensum Domini, aut quis Consiliarius {83 [483]} eius fuit? Tuttavia sappiamo che tutte le vie del Signore sono misericordia e verità: universae viae Domini, misericordia et veritas: e quindi le luttuose circostanze del tempo in cui è accaduto quel prodigio ci permettono di legittimamente supporre, che Iddio abbia voluto dar questo segno per avvisarci, che i peccati del mondo hanno ricolmo il calice dell'ira sua, e per animarci a raddoppiare di fervore a fine di disarmare la sua vendicatrice giustizia. Comunque ella sia M. R. P. a questo avvenimento, che possiam chiamare domestico, scuotendo la nostra tiepidezza accendiamoci di santo zelo, animiamoci a calcare da buoni figli le vestigia del s. Patriarca, e coll'assidua preghiera imploriamo la divina misericordia affinchè, placato lo sdegno, conceda alla santa Chiesa ed alla società giorni di tranquillità e di pace.

            «Attesa la pressochè generale dispersione dei Religiosi in causa delle attuali vicende, non abbiamo diretta la presente a tutti come sarebbe stato {84 [484]} nostro desiderio, persuasi che la P. V. penserà a farla conoscere ai suoi religiosi.

            «In questa dolce lusinga benediciamo nel Signore la P. V. e tutta la sua Provincia e ci raccomandiamo alle orazioni di tutti.

            «Roma dal Conv. di S. M. sopra Minerva li 8 dicembre 1870.

 

Fr. A. VINCENTIUS JANDEL.

Mag. Ord. Praedicatorum.

 

            (Dai periodici: Il Divin Salvatore e la Buona Settimana).

 

 

Guarigione da una cancrena.

 

            Fra gli ameni e strepitosi fatti che si raccontano a gloria di Dio e ad onore di Maria Ausiliatrice, avvene uno succeduto nella persona di certa Castello Maria di Villastellone. Ella stessa ha voluto fare l'esposizione, che letteralmente {85 [485]} trascriviamo. Io era, ella dice, da tre anni travagliata da una pustola maligna al naso, che i medici qualificavano cancro-erpetico. Non ho mai risparmiato cosa che l'arte abbia potuto suggerirmi, ma senza alcun vantaggio. La piaga, dopo aver consumata la maggior parte del naso e del labbro superiore, cominciava a dilatarsi internamente al cervello: le stesse facoltà mentali cominciavano già a turbarsi. Priva affatto di speranza negli aiuti umanismi sono rivolta al Cielo, alla gran Madre di Dio, che nel nostro paese aveva già concessi straordinarii favori. Aveva udito a raccontare, come ad intercessione di Maria Ausiliatrice, alcuni miei patrioti avevano ottenuto abbondante raccolto dei bozzoli, altri la pioggia per le campagne e la cessazione dalla mortalità del bestiame, la sistemazione di affari o il termine di liti rovinose.

            Ognuno soleva ricorrere facendo una novena di preghiere con promessa di qualche limosina pel decoro della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in {86 [486]} Torino, dove ogni giorno hanno luogo particolari esercizi di cristiana pietà, per invocare la clemenza di questa celeste benefattrice a favore di chi trovasi nelle tribolazioni.

            Animata pertanto da questi fatti, e spinta dal male che prendeva proporzioni ognor più minacciose, mi risolsi di ricorrere anch'io a Colei che ogni giorno è chiamata aiuto dei cristiani. Promisi pertanto di recitare alcune preghiere per un tempo determinato con una offerta a quella chiesa se otteneva la grazia.

            In modo sensibile e, a giudizio dei medici, prodigioso, cominciò in quello stesso giorno a mitigarsi la crudezza del male a segno, che in pochi giorni fui totalmente guarita.

Chi mi rimira in faccia, giudica di veder un naso artefatto per la varietà della carnagione e del colore; ma è opera del Signore, che, facendomi in modo prodigioso guarire, mi ha in certo modo nuovamente creata quella parte del volto mio. A suo tempo mi sono recata a compire la mia obbligazione, {87 [487]} accostandomi eziandio ai Sacramenti della confessione e comunione, ed affinchè ognor più si accresca fra i cristiani la confidenza nel patrocinio di Maria Ausiliatrice, sono assai contenta che questa relazione sia ad altri raccontata, e se ne dia anche pubblicità in quel modo che si giudicherà tornare a maggior gloria di Dio e della Madre della Misericordia. Chi poi volesse viepiù accertarsi del fatto, rimiri la cicatrice che tuttora apparisce, e conoscerà chiaramente quanto profondo e inveterato fosse il male, da cui per intercessione della B. V. Maria sono stata guarita.

 

            Villastellone 15 ottobre 1870.

 

MARIA CASTELLO. {88 [488]}

            Con permissione ecclesiastica. {89 [489]}

 

 

Indice

 

            PROTESTA DELL'AUTORE

 pag. 3

            AL LETTORE.

 5

            APPARIZIONE DELLA B. VERGINE SULLE MONTAGNE DELLA SALETTE

 9

            Segreto dei due pastorelli

 19

            Concorso alla Solette

 22

            Altra apparizione della santa Vergine in Francia

 31

            Relazione di Monsig. Pietro Losanna vescovo di Biella intorno al fatto avvenuto nella cappella della Madonna d’Oropa il 28 luglio 1869

 38

            Maravigliosa efficacia di una processione

 49

            Prodigiosa manifestazione di Gesù nella SS. Eucaristia

 51 {90 [491]}

            Gesù predica agli infedeli

 pag. 55

            S. Giuseppe salva dai briganti.

 58

            Conversione ottenuta per intercessione di s. Giuseppe

 61

            S. Giuseppe salva una fanciulla da morte

 63

            Repentina guarigione dalla sordità per intercessione di Maria Ausiliatrice

 66

            Una medaglia di Maria Ausiliatrice

 71

            Avvenimento prodigioso di Soriano

 78

            Guarigione da una cancrena

 86 {91 [492]}

 

 



[1]Su questo fatto straordinario si possono consultare molte operette e parecchi giornali stampati contemporaneamente al fatto e segnatamente:

1.     Notizia sull'apparizione di Maria SS. (Torino, 1847).

2.   Santo officiale dell'apparizione, ecc. (1848).

3.   Il libretto stampato per cura del sac. Giuseppe Gonfalonieri (Novara, presso Enrico Grotti).

[2]Erano tra le due e le tre ore dopo mezzogiorno.

[3]Avvenne difatto una grande carestia in Francia, e sulle strade si trovavano grandi torme di pezzenti affamati, che si recavano a mille a mille per le città per questuare: e mentre che da noi in Italia incarì il grano in sul far della primavera 1847, in Francia per tutto l'inverno del 46 - 47 si patì gran fame. Ma la vera penuria di alimenti, la vera fame fu provata nei disastri della guerra del 1870-71. In Parigi da un grande personaggio fu imbandito ai suoi amici un lauto pranzo di grasso nel venerdì Santo. Pochi mesi dopo in questa medesima città i più agiati cittadini furono costretti a nutrirsi di vili alimenti e di carni dei più sozzi animali. Non pochi morirono di fame.

[4]Nel 1849 le noci andarono a male da per tutto; e quanto alle uve tutti ne lamentano ancora il guasto e la perdita. Ognuno rammenta il guasto immenso che la crittogama cagionò all'uva in tutta l'Europa per lo spazio d'oltre a venti anni dal 1849 al 1869.

[5]Dalle corrispondenze di Terra santa pubblicate dal giornale di Roma. Il Divin Salvatore ricaviamo le seguenti notizie.

[6]Le notizie riguardanti i fatti testè esposti sono più a lungo esposti nel giornale di Roma, Il Divin Salvatore nei numeri 1°, 2°, 4° 1870.

[7]I tre fatti antecedentemente esposti furono estratti dal periodico intitolato: Il Divoto di J. Giuseppe.

[8]Il T. Antonio Cinzano in età di anni 66, dopo aver esemplarmente governata la parochia di Castelnuovo d'Asti per anni 38, con generale rincrescimento cessava di vivere il 6 di marzo 1870. - Dio mandò un ottimo successore nel sacerdote Rossi, che in breve tempo seppe guadagnarsi l'affetto de'suoi parochiani, pel cui bene consacra il suo zelo e le sue fatiche.




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