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Fingendo di prendere sul serio l'accusa che Don Bosco fosse un politicante, mossagli pure da giornali torinesi, l'autore dice a un certo punto: "E noi... noi tre volte meschini, che in tanti anni che coabitammo con quell'uomo misterioso, noi, che ne ascoltammo le migliaia di volte le parole di carità, noi, che potemmo le mille volte sorprendere i suoi segreti maneggi in favore della triste politica, che fa tremare i grandi della terra; noi meschinissimi, che non ci avvedemmo di nulla! Noi semplici, che abbiam sempre creduto e crediamo che l'unica politica di Don Bosco fosse di trovar modo da far bollire la tradizionale pentola dell'Oratorio, fosse di rendere alacri e volenterosi a lavorare nella vigna del Signore i cento e cento, che la voce di un tal maestro chiamava a coadiuvarlo nelle gravi cure di un apostolato vasto e diffìcile assai; fosse d'ispirare in cuore dei mille e mille alunni, che entrarono, si fermarono ed uscirono da quest'ostello di benedizione e di pace un salutare timore del male, un disinteressato amore del bene, una sana prudenza nella condotta, una franca indipendenza nel carattere; - ripeto, noi meschini tre volte, che non sapemmo vedere come tutto questo affannarsi nel bene non era per Don Bosco che un mezzo sicuro per raggiungere i suoi fini politici!".
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