In essa egli espose la sua dottrina in confutazione di Sabellio e di tutti i suoi seguaci.

 Per l'opposto furono condannati i suoi accusatori e tutti quelli che professavano la dottrina di Sabellio.

 Ivi espone la dottrina della Chiesa intorno alla divinità di Gesù Cristo, di poi con argomenti e ragioni cavate dalla bibbia confuta Sabellio e tutti i suoi seguaci.

 Questo errore era simile a quello di Sabellio, già condannato dalla Chiesa.

 Faticò anche non poco a sedare le questioni religiose che durante il suo pontificato nacquero in vari paesi e nel tempo stesso a combattere l'errore, specialmente l'eresia di Sabellio e di Paolo Samosateno.

 Scrisse una lettera a s. Massimo vescovo di Alessandria, d'Egitto ed al suo clero per avvisarli di tenersi saldi nella dottrina cattolica; notò loro di guardarsi dai {32 [370]} seguaci di Paolo Samosateno che come Sabellio negava la divinità di Gesù Cristo.

 La prima cosa che occupò lo zelo del novello Pontefice fu l'eresia de' Sabelliani, cosi detta da Sabellio che ne fu l'autore.

 La cosa che occupò assai il suo zelo fu l'eresia de'Sabelliani, così detta da Sabellio che ne fu l'autore.

 I padri greci usarono questa parola per confutare l'eretico Sabellio, il quale diceva non esservi in Dio tre persone distinte, ma una persona sola.