Parola «Eginardo» [ Frequenza = 11 ]

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 Eginardo ad onore specialmente di questi ultimi innalzò colà una sontuosa chiesa e vi fondò una celebre abazia dei PP. Benedettini.

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 Sotto l'Impero di Lodovico detto il Pio, figlio di Carlo Magno, viveva Eginardo, scrittore assai celebre di quel tempo tanto per l'importanza delle cose che narrò, quanto per la sagacia, prudenza e verità con cui scrisse.

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 Nel rimetterle a Ratleico lo avvertì, come queste reliquie dovessero tenersi nella stessa venerazione che quelle dei Ss. Marcellino e Pietro, perchè gli uni e gli altri di questi santi, erano di egual merito presso a Dio; e che facilmente Eginardo vi avrebbe creduto, quando i nomi ne avesse conosciuto.

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 Quali fossero nol volle dire a Ratleico, riservandosi di farli egli stesso conoscere ad Eginardo quando si sarebbe recato da lui, come fece di lì a non molto.

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 Riguardo ai Ss. martiri Mario, Marta, Audiface ed Abaco è da ricordare, come al momento in cui Ratleico stava per partire da Roma con seco i corpi de' Ss. Marcellino e Pietro, il Diacono Deusdona gli consegnò un involto, contenente altre reliquie di santi martiri, destinate pure ad Eginardo.

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 Era questo il luogo fissato per le sante reliquie che dovevano riporre nella chiesa recentemente da Eginardo costrutta, ed in cui aveva destinato di conservarle.

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 Per la qual cosa Eginardo ordinato questo trasporto processionalmente con gran concorso di popolo li accompagnò al sito indicato e ve li ripose il 17 gennaio dell'anno 827.

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 Tale però non era la volontà di Dio, ed i santi martiri apparsi a varie persone in differenti guise fecero conoscere chiaramente che volevano essere collocati non in questo luogo, ma in Mulinheim superiore, altra terra situata sul Meno ove un'altra chiesa vi aveva eretta Eginardo.

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 L'importanza di questo fatto è tale, che è meglio udirlo dallo stesso Eginardo, scritto nel capitolo quinto della sopracitata storia.

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 «Dipartitomi adunque (dice Eginardo), mi recai alla Corte Imperiale: poichè l'Imperatore {53 [109]} Lodovico, che in quel tempo dimorava nel palazzo di Aquisgrana (Aix la chapelle) vi aveva nel cuore dell'inverno radunato il consiglio dei Grandi, a cui io pure doveva cogli altri intervenire.

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 Poco dopo quello stesso Ratleico che aveva portato da Roma quelle sacre ceneri, si recò da me con un libro che conteneva molti capitoli, e dissemi esser egli venuto, perchè quel cieco di cui si parlò gli aveva imposto, a nome di questi martiri, di scrivere quei capitoli e di portarmeli {56 [112]} affinchè ne prendessi conoscenza, e li leggessi allo stesso Imperatore.» (Fin qui Eginardo nel suo libro, De Historia Translationis Ss. Marcellini et Petri.





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