Raccolte dal Sacerdote GIOVANNI BOSCO
Aedificavit sibi domum. Prov. c. IX, v. 1.
Maria si edificò Ella stessa una casa.
TORINO
TIP. DELL' ORATORIO DI S. FRANC. DI SALES.
1868. {1 [193]}
PROPRIETA' LETTERARIA. {2 [194]}
INDEX
Capo I. Maria riconosciuta con simboli aiuto del genere umano.
Capo III. Maria manifesta nelle nozze di Cana il suo zelo e la sua potenza presso suo figlio Gesù.
Capo IV. Maria eletta aiuto dei Cristiani sul monte Calvario da Gesù moribondo.
Capo V. Divozione de' cristiani primitivi alla Santa Vergine Maria.
Capo VI. La B. Vergine spiega a s. Gregorio i misteri della fede. - Castigo di Nestorio.
Capo VII. Maria favorisce chi lavora per la fede; mentre Dio punisce chi oltraggia la Santa Vergine.
Capo VIII. Maria protettrice degli eserciti che combattono per la fede.
Capo IX. Battaglia di Lepanto.
Capo X. La liberazione di Vienna.
Capo XI. Associazione di Maria Ausiliatrice in Monaco.
Capo XII. Convenienza della festa di Maria Ausiliatrice.
Capo XIII. Instituzione della festa di Maria aiuto dei cristiani.
Capo XIV. Ritrovamento dell'immagine di Maria Auxilium Christianorum di Spoleto.
Capo XV. Divozione e progetto di una chiesa a Maria A. in Torino.
Capo XVI. Principio dell'edifizio e funzione della pietra fondamentale.
Capo XVII. Continuazione e termine dell' edifizio.
Capo XVIII. Ancona maggiore. Dipinto di s. Giuseppe - Pulpito.
Capo XIX. Mezzi con cui fu edificata questa Chiesa.
Inno pel vespro della festa di Maria A.
I. Antico uso della consacrazione delle chiese.
II. Spiegazione delle principali cerimonie che si usano nella consacrazione delle chiese.
Inno letto nella solenne benedizione della pietra angolare.
Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice.
I. Grazia ricevuta da Maria SS. Ausiliatrice.
II. Maria Ausiliatrice Protettrice delle campagne.
IV. Maria Ausiliatrice libera un suo divoto da forte mal di denti.
V. Alcune maraviglie di Maria Ausiliatrice.
Signore, Dio onnipotente, che permettete il male per ricavarne il bene, ascoltate le nostre umili preghiere, colle quali Vi domandiamo di restarni fedeli in mezzo a tanti assalti, e perseverare fedeli fino alla morte. Nel resto dateci forza colla mediazione di Maria Ssma. di poter sempre uniformarci alla Vostra Ss.ma Volontà.
Il S.Padre il 15 giugno 1862 concesse 100 giorni d 'indulgenza da lucrarsi una volta al giorno. {1 [192]}
Per ubbidire ai decreti di Urbano VIII mi protesto, che a quanto si dirà nel libro di miracoli, rivelazioni, o di altri fatti, non intendo di attribuire altra autorità, che umana; e dando ad alcuno titolo di Santo o Beato, non intendo darlo se non secondo l'opinione; eccettuate quelle cose e persone, che sono state già approvate dalla S. Sede Apostolica. {3 [195]} {4 [196]}
Il titolo di Auxilium Christianorum attribuito all'augusta Madre del Salvatore non è cosa nuova nella Chiesa di Gesù Cristo. Negli stessi libri santi dell' antico testamento Maria è chiamata Regina che sta alla destra del suo Divin Figliuolo vestita in oro e circondata di varietà. Adstitit Regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietate: salmo 44. Questo manto indorato e circondato di varietà sono altrettante gemme e diamanti, ovvero titoli con cui si suole appellare Maria. Quando pertanto chiamiamo la Santa Vergine aiuto dei cristiani, non è altro che nominare un titolo speciale, che a Maria conviene come {5 [197]} diamante sopra i suoi abiti indorati. In questo senso Maria fu salutata aiuto dei cristiani fino dai primi tempi del Cristianesimo.
Una ragione per altro tutta speciale per cui la Chiesa vuole negli ultimi tempi segnalare il titolo di Auxilium Christianorum è quello che adduce Monsignor Parisis colle parole seguenti: « Quasi sempre quando il genere umano si è trovato in crisi straordinarie, fu fatto degno, per uscirne, di riconoscere e benedire una nuova perfezione in questa ammirabile creatura, Maria SS. che quaggiù è il più magnifico riflesso delle perfezioni del Creatore. » (Nicolas, pagina 121).
Il bisogno oggi universalmente sentito di invocare Maria non è particolare, ma generale; non sono più tiepidi da infervorare, peccatori da convertire, innocenti da conservare. Queste cose sono sempre utili in ogni {6 [198]} luogo, presso qual siasi persona. Ma è la stessa Chiesa Cattolica che è assalita. È assalita nelle sue funzioni, nelle sacre sue istituzioni, nel suo Capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa Cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli.
Ed è appunto per meritarsi una speciale protezione del Cielo che si ricorre a Maria, come Madre comune, come speciale ausiliatrice dei Re, e dei popoli cattolici, come cattolici di tutto il mondo!
Così il vero Dio era invocato Dio di Abramo, Dio d'Isacco, Dio di Giacobbe e tale appellazione era diretta ad invocare la divina misericordia a favore di tutto Israele e Dio godeva di essere in questa guisa pregato, e portava pronto soccorso al suo popolo nelle afflizioni.
Nel corso di questo libretto vedremo come Maria è veramente stata costituita {7 [199]} da Dio aiuto dei Cristiani; e come in ogni tempo tale siasi dimostrata nelle pubbliche calamità specialmente a favore di quei popoli, di quei Sovrani, di quegli eserciti che pativano o combattevano per la Fede.
La Chiesa pertanto dopo aver più secoli onorata Maria col titolo di Auxilium Christianorum, in fine istituì una speciale solennità in cui tutti i cattolici si uniscono con una sola voce a ripetere le belle parole con cui è salutata questa augusta Madre del Salvatore: Terribilis ut castrorum acies ordinata, tu cunctas haereses sola interemisti in universo mundo.
La Santa Vergine ci aiuti tutti a vivere attaccati alla dottrina ed alla fede, di cui è capo il Romano Pontefice vicario di Gesù Cristo, e ci ottenga la grazia di perseverare nel santo divino servizio in terra per poterla poi un giorno raggiungere nel regno della gloria in cielo. {8 [200]}
Fra i mezzi che adopera Iddio per preparare gli uomini a ricevere qualche grande benefizio è principalissimo quello di annunziarlo molto tempo prima. Per questo motivo la venuta del Messia fu annunziata quattro mila anni innanzi e preceduta da tanti simboli e da tante profezie.
Or bene Maria, l'augusta Madre del Salvatore, vero aiuto dei cristiani, era un benefizio troppo grande perchè non {9 [201]} venisse pronunziata parimenti con figure che rappresentassero agli uomini i diversi favori che ella avrebbe fatti al mondo.
Eva, Sara, Rebecca, Maria sorella di Mosè, Debora, Susanna, Ester, Giuditta rappresentano sotto speciali aspetti le glorie di Maria come insigne benefattrice del popolo eletto, o come raro modello di tutte le virtù.
L'albero della vita, l'arca di Noè, la scala di Giacobbe, il roveto ardente, l'arca dell'alleanza, la torre di Davidde, la fortezza di Gerusalemme, l'orto ben custodito e la fontana sigillata di Salomone, la rosa di Gerico, la stella di Giacobbe, l'aurora mattutina, l'acquedotto di acque limpide, sono alcuni dei molti simboli che la Chiesa Cattolica applica a Maria e con cui si suole spiegare qualche suo celeste privilegio o qualche sua eroica virtù. Noi sceglieremo solamente alcuni di questi simboli colla applicazione che ai medesimi sogliono dare la Chiesa o i più accreditati scrittori delle glorie di Maria. {10 [202]}
Leggiamo pertanto nel libro dell'Ecclesiastico che lo Spirito Santo mette queste parole in bocca di Maria: « Sicut aquaeductus exivi de Paradiso; » come un acquedotto uscii dal Paradiso. (Eccl. 24, 41).
L'acquedotto è un canale che serve a ricevere le acque della fonte e condurle secondo la distribuzione dei rigagnoli ed il bisogno dei fiori ad irrigare il terreno. Ed affinchè l'acquedotto serva al suo scopo, dice s. Bernardo, bisogna che sia lungo per ricevere le acque da una parte ed arrivare a trasmetterle ai fiori; e Maria è un acquedotto lunghissimo ed abbondantissimo perchè sopra ogni altra creatura potè salire fino al trono dell'Altissimo ed attingere al fonte delle grazie celesti e diffonderle copiose in mezzo agli uomini. Ecco il motivo per cui, continua s. Bernardo, mancarono agli uomini i torrenti delle grazie per tanto tempo. Gli è perchè mancava un acquedotto che fosse atto a comunicare con Dio vera fonte delle grazie e spargerle sulla terra. Ma Maria fu appunto {11 [203]} questo canale integerrimo per l'inviolata fiducia, mondissimo per la verginità, occulto per l'amor di solitudine, mirabile per vera umiltà, diffusivo per pietà, abbondante di acque per pienezza di grazia, difeso per la custodia dei sensi, non di piombo, ma piuttosto d'oro per regia nobiltà e carità eccelsa.
Per questo acquedotto, dice Ugone cardinale, si trasmettono le acque delle grazie alla Chiesa; quindi è che il demonio nemico d'ogni nostro bene cerca d'impedire il corso di queste acque salutari col far guerra alla divozione di Maria; nel modo stesso che Oloferne, non potendo espugnare altrimenti la città di Betulia, ordinò di tagliare e divertire il corso del fiume che introduceva le acque nella città.
La beatissima Vergine Maria è anche figurata sotto al tipo di una grande regina dicendo il re Davide ne' suoi salmi: Adstitit regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietate (Sal. 44). E perchè è regina Maria? Perchè stassi a destra di Gesù in veste dorata, circondata {12 [204]} di varietà? Ella è regina per la grande potenza che ha nel cielo come Madre di Dio; ella sta seduta a destra di Gesù per placarne lo sdegno, per aiutarci nelle nostre miserie, per essere nostra ausiliatrice, nostra sovrana avvocata.
Un buon avvocato deve avere diligenza, potere presso il giudice, autorità presso la corte regale e scienza nel trattare le cause. E Davide in quel testo racchiude appunto queste quattro doti in Maria nel grado più eminente. Sta a destra del giudice, adstitit a dextris quasi per invigilare che la divina giustizia non la vinca sulla misericordia, questo è somma diligenza. Adstitit regina, ora ognuno sa che la regina ha indubitatamente gran potere sull' animo del giudice, intercedendo prima che la sentenza sia emanata, ed ottenendone la grazia se è già pronunziata la condanna. In vestitu deaurato, la veste d'oro rende immagine della sapienza di Maria, perchè l'oro rappresenta la sapienza. Circumdata varietate, circondata di varietà, munita {13 [205]} cioè della moltiplicità dei meriti e delle glorie dei santi. Imperciocchè in Maria si trova il colore aureo degli Apostoli, il rosso dei martiri, il celeste dei confessori ed il bianco dei vergini. Tutti questi santi circondano Maria e la proclamano loro regina perchè possedette in altissimo grado le diverse virtù che ebbero questi santi in particolare.
Che se consideriamo Maria già assisa in cielo sopra un trono di gloria, noi la troviamo sollevata alla più alta dignità cui possa elevarsi creatura. Imperocchè non si trova Maria nella classe delle vergini, nell' ordine dei confessori, nelle schiere dei martiri, nel sacro collegio degli Apostoli, nel coro dei Patriarchi e dei Profeti come un semplice membro quasi uno di essi. Ella supera in eccellenza tutte le gerarchie celesti e siede sovra un trono di preziosissimo lavoro a destra del Re del cielo Gesù Cristo suo Figliuolo da vera Regina e signora di tutto il Paradiso.
Daniele Agricola nell' opera detta: {14 [206]} De corona duodecim stellarum, spiegando questo testo di Davide, dice che Maria sta a destra dei cristiani per aiutarli, perchè la parola latina adstare vuol dire stare vicino ad uno per assisterlo. Continua inoltre il medesimo autore a svolgere il testo ed osserva che la parola latina adstare in questo luogo significa pure stare a difesa, e Maria sta a nostra destra per difenderci dai continui assalti che ci muovono i demonii.
S. Girolamo dove nel testo latino si trova la parola varietate, spiega che mentre le altre principesse e regine vanno vestite di sfarzosi abbigliamenti, Maria è cinta e coperta di scudi con cui difende i suoi figliuoli. Questo senso sembra concordare con quell'altro della scrittura: Mille clypei pendent ex ea, omnis armatura fortium.
Il profeta Davide narrando l'uscita del popolo Ebreo dall'Egitto dice che avevano una nuvola che guidava i loro passi di giorno, ed una colonna di fuoco che rischiarava loro il cammino di notte. S. Bernardo applicando a Maria le proprietà {15 [207]} di quella nuvola e di quella colonna, dice che come le nubi ci difendono dall'eccessivo ardore del sole, così Maria ci protegge dal fuoco delle giuste vendette celesti e dalle fiamme della concupiscenza. Ora come la colonna di fuoco spargeva la luce sopra i passi del popolo d'Israele, così Maria illumina il mondo coi raggi della sua misericordia e la moltiplicità de' suoi benefìzi. Che saremmo noi miseri accecati, che faremmo nel buio di questo secolo se non avessimo questa benefica luce, questa luminosa colonna? (D. Ber. Serm. de Nativ. B. M.).
Ma e per tutte le altre miserie non ci dà forse aiuto la dolcissima Regina del cielo? Il beato Giacomo di Varazze applicando a lei le parole dell'Ecclesiastico: In Jerusalem potestas mea, dice che Maria ci porge il suo aiuto in vita, in morte e dopo morte. Tale è la potenza di Maria che può estenderla a questi tre tempi. Se noi abbiamo un amico (argomenta questo scrittore) che ci giovi in vita è certamente un bene per noi; ma se è tale {16 [208]} da giovarci anche in punto di morte, è un bene maggiore; che se poi la sua potenza giunge ad aiutarci ancora dopo morte, allora è un bene massimo. Or dunque Maria ci largisce appunto questo triplice benefizio. Di fatto la santa Chiesa nelle lodi che fa cantare dai fedeli in onore di Maria comprendendo questi tre aiuti esclama: Maria mater gratiae, dulcis parens clementiae; Tu nos ab hoste protege, et mortis hora suscipe. Primo ci aiuta in vita; giacchè in questa vita altri sono giusti ed altri peccatori; ora Maria aiuta i giusti perchè conserva in essi la grazia di Dio, perciò si chiama Mater gratiae madre della grazia; aiuta i peccatori, perchè impetra loro la divina misericordia, quindi è detta dulcis parens clementiae.
In secondo luogo ci aiuta in morte, perchè ci difendè in quel punto dalle insidie del demonio; imperocchè questo nemico è tanto audace, che non viene solo al letto dei moribondi peccatori, ma a quello dei santi eziandio adoperando ogni malizia per farli cadere. {17 [209]} Ma quando muore qualche suo divoto la Beata Vergine accorre con materna sollecitudine, lo protegge e lo difende, perciò prega la Chiesa: Tu nos ab hoste protege, proteggici dal nemico.
In terzo luogo non ci abbandona neppure dopo morte. Talora avviene che alla morte di alcuni santi vengono gli Angeli e conducono le loro anime al cielo, ma quando muoiono i veri divoti di Maria viene essa in persona ed accoglie le anime loro e le introduce nel bel paradiso. Quindi soggiunge Et mortis hora suscipe.
Leggesi nel libro III dei Re che Betsabea madre di Salomone fu pregata da suo figlio Adonia d'intercedere presso al Re per una grazia. Betsabea commossa da quella preghiera si presentò al Re. Salomone appena la vide comparire scese dal trono, andò a riceverla, anzi la fece ascendere al seggio regale e sedere alla sua destra, dicendole: Pete, mater mea, neque enim fas est ut avertam faciem tuam. Or chi oserà pensare che Gesù sul trono di {18 [210]} gloria, alle preghiere che gli presenta Maria abbia da essere verso di lei meno generoso che non fu Salomone verso la madre sua?
Anzi osserva qui il dotto Mendoza che la grazia ed autorità di Maria è tanta, che non solo pei fratelli di Gesù intercede, ma benanco pe' suoi nemici e tutto ciò che domanda certamente ottiene.
Racconta Mosè nel libro dei Numeri che allorquando Maria sua sorella morì vennero meno le acque. Onde il citato padre Mendoza fa osservare che se le acque abbondarono per quarant'anni nel deserto ciò fu pei meriti di quella santa donna; ed applicando questo l'atto a Maria SS. dice, che se non verranno mai più meno nella Chiesa le grazie agli uomini, ciò è dovuto a Maria che prima in terra poi in cielo interpose i suoi meriti dinanzi all'Altissimo. {19 [211]}
Le cose finora esposte vennero raccolte dall' antico Testamento e dalla Chiesa applicate alla Santa Vergine Maria; ora passiamo al senso letterale secondochè è scritto nel s. Vangelo.
L'Evangelista s. Luca al capo I del suo Vangelo racconta che l'Arcangelo Gabriele essendo stato mandato da Dio ad annunziare a Maria SS. la dignità di Madre di Gesù, le disse: Ave, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus. Dio ti salvi, o piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra le donne.
L'Arcangelo Gabriele salutando Maria la chiama piena di grazia. Adunque Maria ne possiede la pienezza.
Sant' Agostino esponendo le parole dell'Arcangelo così saluta Maria: Dio ti salvi, o Maria, piena di grazia, il Signore {20 [212]} è teco; Teco nel cuore, teco nel seno, teco nelle viscere, teco nell'aiuto. Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, tecum in corde, tecum in ventre, tecum in utero, tecum in auxilio. (August. in Serm. de nat. B. M.).
L'angelico dottore s. Tommaso riguardo alle parole Gratia plena dice che dovette avere Maria veramente la pienezza delle grazie e ragiona così: Quanto più uno è vicino a Dio, tanto più partecipa alla grazia di Dio. Di l'atto quegli Angeli in cielo che sono più prossimi al divin trono sono più favoriti e più ricchi degli altri. Ora Maria più di tutti vicina a Gesù per avergli dato la natura umana, più di tutte doveva pur essere arricchita di grazia. (D. Thomas 3, p., qu. 27, act. 5).
Disse benissimo l'Angelo Gabriele, proclamando Maria, piena di grazia, osserva s. Girolamo, perchè quella grazia che agli altri santi si comunica solo per parte, fu profusa in Maria in tutta la sua pienezza.
Dominus tecum. L' Arcangelo per confermare questa pienezza di grazia {21 [213]} in Maria spiega ed amplifica le prime parole gratia plena aggiungendo Dominus tecum, il Signore è con te. Qui cade ogni dubbio di esagerazione sulle parole precedenti. Non è più solamente la grazia di Dio che viene in tutta la sua abbondanza in Maria, ma è Iddio medesimo che viene a riempirla di se stesso e stabilire la sua dimora nel casto seno di Lei facendone il suo tempio, santificando così l'Altissimo il suo tabernacolo: Sanctificavit tabernaculum suum Altissimus.
Così pure secondo il senso della Chiesa commentano s. Tommaso d'Aquino e s. Lorenzo Giustiniani e san Bernardo.
E poichè Maria nella sua profonda umiltà tutta si conturbò e domandò la spiegazione di un sì straordinario annunzio, l'Arcangelo Gabriele confermò quanto aveva detto sviluppandone il senso. Ne timeas, Maria, disse Gabriele, invenisti enim gratiam apud Deum: Ecce concipies in utero et paries filium et vocabis nomen eius Jesum. Non temere, o Maria, imperocchè hai {22 [214]} trovato grazia presso Dio: Ecco che tu concepirai e partorirai un figlio a cui porrai nome Gesù. E volendo spiegare come il mistero si sarebbe effettuato, soggiunse: Spiritus Sanctus superveniet in te et virtus Altissimi obumbrabit tibi, ideoque et quod nascetur ex te Sanctum vocabitur Filius Dei. Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e la virtù dell'Altissimo ti adombrerà, e per questo ancora quello che nascerà di te Santo sarà chiamato Figliuolo di Dio.
Ascoltiamo ora s. Antonino Arcivescovo di Firenze a spiegare queste parole del Vangelo.
« Da queste parole (invenisti gratiam) si fa manifesta l'eccellenza di Maria. L'Angelo nel dire che Maria trovò, la grazia non vuol dire che l'abbia trovata solo allora, mentre che Maria aveva già la grazia prima dell' Annunziazione dell' Angelo; la ebbe fin dalla nascita; dunque non la perdette mai, la trovò piuttosto a conto di tutto il genere umano che l' aveva perduta col peccato originale. Adamo col suo peccato perdette {23 [215]} la grazia per se e per tutti e colla penitenza che ne fece dopo ricuperò solo la grazia per se. Maria poi la trovò per tutti, perchè per Maria tutti ebbero virtualmente la grazia, in quanto che per Maria avemmo Gesù che ci portò la grazia. » (D. Antoninus part. tit. 15, § 2).
Egli è dunque indubitabile quel che insegnano i santi Padri, cioè che Maria trovando questa grazia restituì agli uomini tanto di bene quanto di male ci aveva recato Eva col perdere la grazia.
Quindi Ugone Cardinale prendendo la parola a nome degli uomini si presenta umilmente a Maria e le dice: « Non devi nascondere questa grazia, che hai trovata, perchè non è tua, ma devi metterla in comune affinche quelli che la smarrirono possano riacquistarla come è giusto. Corrano dunque alla Vergine quelli che peccando perdettero la grazia, e trovandola presso Maria dicano con umiltà e con sicurezza: Rendici, o Madre, la roba nostra, che hai trovato. E non potrà negare di averla trovata, {24 [216]} poichè ne fa testimonianza l'Angelo dicendo: Invenisti, l'hai trovata, non comprata, perchè non sarebbe grazia, ma gratuitamente la ricevette, quindi invenisti, l'hai trovata. »
La stessa verità si raccoglie dalle parole che s. Elisabetta disse a Maria. Quando la Beatissima Vergine andò a visitar s. Elisabetta, questa, appena la vide, fu riempita di Spirito Santo, e talmente piena che si mise a profetizzare inspirata: Benedicta tu inter mulieres, et benedictus fructus ventris tui.
Non dobbiamo noi confessare che Maria aveva ricevuta la missione di santificare? E sì che fu proprio Maria che operò questa santificazione di Elisabetta, giacchè s. Luca dice precisamente: Et factum est ut audivit salutationem Mariae Elisabeth exultavit infans in utero eius et repleta est Spiritu Sancto Elisabeth. E avvenne che appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino saltellò nel suo seno, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo. Precisamente allorchè Maria giunta in casa di Lei la salutò ed Elisabetta udì il {25 [217]} saluto. Origene dice che s. Giovanni non poteva sentir l'influenza della grazia prima che fosse a lui presente Colei che portava con se l' autor della grazia. Ed Ugone Cardinale osservando che fu ripiena di Spirito Santo Elisabetta e santificato Giovanni all'udire il saluto di Maria, conchiude: « Salutiamo la perciò sovente, affinchè nel suo saluto ci troviamo anche noi ripieni di grazia, giacchè, di essa specialmente sia scritto: È diffusa la grazia sulle tue labbra, onde la grazia scorre dalle labbra di Maria. Repleta est Spiritu Sancto Elisabeth ad vocem salutationis Mariae: ideo salutanda est frequenter ut in eius salutatione gratia repleamur; de ipsa enim specialiter dietim est: Diffusa est gratia in labiis tuis (Ps. 14) Unde gratia ex labiis eius fluit. ».
Santa Elisabetta secondando l'inspirazione dello Spirito Santo, di cui era stata ricolma, ricambiò a Maria il saluto dicendole: Benedicta tu inter mulieres: Benedetta fra le donne. Con queste parole lo Spirito Santo per bocca {26 [218]} di Elisabetta esaltò Maria al di sopra di ogni altra fortunata donna, volendo con questo insegnare che Maria era stata benedetta e favorita da Dio eleggendola a recar agli uomini quella benedizione, che perduta in Eva erasi sospirata per quaranta secoli, quella benedizione che togliendo la maledizione doveva confonder la morte e darci la vita sempiterna. Alle congratulazioni della sua parente rispose pure Maria con divina inspirazione: Magnificat anima mea Dominum, quia respexit humilitatem ancillae suae, ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes. L'anima mia esalta la grandezza del Signore.... Perchè ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua ancella, conciossiachè ecco che da questo momento beata mi chiameranno tutte le generazioni. (Luc. 1, v. 46 et seqq.).
Perchè l'avrebbero chiamata beata tutte le generazioni? Questa parola non abbraccia solo tutti gli uomini che vivevano a quel tempo, ma quelli ancora che sarebbero venuti dopo sino alla fine del mondo. Ora affinchè la {27 [219]} gloria di Maria potesse estendersi a tutte le generazioni e avessero a chiamarla beata, bisognava che qualche benefizio straordinario e perenne venisse da Maria a tutte queste generazioni; cosicchè essendo perpetuo in esse il motivo di loro gratitudine fosse ragionevole la perpetuità della lode. Ora questo benefizio continuo e mirabile non può esser altro che l'aiuto che Maria presta agli uomini. Aiuto che doveva abbracciare tutti i tempi, estendersi a tutti i luoghi, ad ogni genere di persone. S. Alberto Magno dice che Maria si chiama beata per eccellenza, come dicendo l'Apostolo intendiamo nominare s. Paolo.
Antonio Gistandis, scrittore domenicano, fa la questione come si possa dire Maria benedetta da tutte le generazioni mentre dai Giudei e dai Maomettani non fu mai benedetta? E risponde, che questo fu detto in senso figurativo volendo indicare che di ogni generazione alcuni l'avrebbero benedetta. Perchè, come dice Lirano, in tutte le generazioni si trovarono dei {28 [220]} convertiti alla fede di Cristo che benedissero alla Vergine; e nello stesso Alcorano, che è il libro scritto da Maometto, si trovano parecchie lodi a Maria (Ant. Gistandis Fer. 6, 4 Temp. adv.). Per questo appunto Maria è proclamata beata presso tutte le generazioni: Beatam me dicent omnes generationes.
Ecco con quanta unzione ed abbondanza di sentimenti commenta questo passo il Cardinale Ugone:
« Mi chiameranno beata tutte le generazioni cioè dei Giudei, dei gentili; oppure degli uomini e delle donne, dei ricchi e dei poveri, degli angeli e degli uomini, giacchè tutti per essa ricevettero il benefizio della salute. Furono gli uomini riconciliati, gli angeli riparati, imperocchè Cristo Figliuolo di Dio operò la salute in mezzo alla terra cioè nel seno di Maria la quale in certo modo può chiamarsi il centro della terra. Poichè ad essa rivolgono lo sguardo quei che godono in cielo, e quei che abitano nell'inferno, {29 [221]} cioè nel limbo, e quei che militano nel mondo. I primi per essere risarciti, i secondi per essere espiati, i terzi per essere riconciliati. Dunque beata diranno Maria tutte le generazioni. » E qui esclama nel trasporto della venerazione: « O Vergine beata, perchè a tutte le generazioni desti la vita, la grazia e la gloria: la vita ai morti, la grazia ai peccatori, la gloria agli infelici. » Ed applicando a Maria le parole con cui fu lodata Giuditta le dice: Tu gloria Ierusalem, tu laetitia Israel, tu honorificentia populi nostri quia fecisti viriliter. Prima accorre a lodarla la voce degli angioli, la rovina dei quali per essa è riparata: in secondo luogo la voce degli uomini, dei quali la tristezza per essa è rallegrata; poscia la voce delle donne, di cui l'infamia per opera di lei viene cancellata; finalmente la voce dei morti esistenti nel limbo, i quali per Maria sono redenti dalla schiavitù ed introdotti gloriosi nella patria. {30 [222]}
Nel Vangelo di s. Giovanni troviamo un fatto che dimostra chiaramente la potenza e lo zelo di Maria nell'accorrere in nostro aiuto. Noi riferiamo il fatto quale ce lo narra l' evangelista s. Giovanni al c. II.
In Cana di Galilea vi fu uno sposalizio ed era quivi la madre di Gesù. E fu invitato anche Gesù co' suoi discepoli alle nozze. Essendo venuto a mancare il vino, disse a Gesù la madre: Essi non hanno più vino. E Gesù le disse: Che ho io a fare con te, o donna? non è per anco venuta la mia ora. Disse la madre a coloro che servivano: Fate quello che el vi dirà. Ora vi erano sei idrie di pietra preparate per la purificazione giudaica, le quali contenevano ciascuna da due a tre metrete. Gesù disse loro: Empite d'acqua quelle idrie. Ed essi le {31 [223]} empirono fino all'orlo. E Gesù disse loro: Attignete adesso e portate al maestro di casa. E ne portarono. E appena ebbe fatto il saggio dell'acqua convertita in vino, il maestro di casa, che non sapeva d'onde questo uscisse (lo sapevano però i servi che avevano attinta l'acqua), il maestro di casa chiama lo sposo e gli dice: Tutti servono da principio il vino di miglior qualità, e quando la gente si è esilarata, allora danno dell'inferiore, ma tu hai serbato il migliore fino ad ora. Così Gesù in Cana di Galilea diede principio a far miracoli e manifestò la sua gloria e in lui credettero i suoi discepoli.
Qui s. Giovanni Grisostomo domanda: Perchè Maria aspettò a questa occasione delle nozze di Cana ad invitare Gesù a far miracoli e non lo pregò di farne prima? E risponde, che ciò fece Maria per ispirito di sommissione alla divina provvidenza. Per trent'anni Gesù aveva menato vita nascosta. E Maria che faceva preziosa conserva di tutti gli atti di Gesù, conservabat {32 [224]} haec omnia conferens in corde suo, come dice s. Luca (capo II, v. 19), venerava con rispettoso silenzio quell'umiliazione di Gesù. Quando poi si accorse che Gesù aveva cominciata la sua vita pubblica, che s. Giovanni nel deserto aveva già cominciato nelle sue prediche a parlare di lui e che Gesù aveva già dei discepoli, allora secondò l'avviamento della grazia con quello stesso spirito di unione a Gesù con cui aveva per trent' anni rispettato il suo nascondimento ed interpose la sua preghiera per sollecitarlo a fare un miracolo e manifestarsi agli uomini.
S. Bernardo, nelle parole Vinum non habent, non, hanno vino, ravvisa una grande delicatezza di Maria. Ella non fa una prolissa preghiera a Gesù come Signore, nè gli comanda come a figlio; non fa che annunziargli il bisogno, la mancanza del vino. Coi cuori benefici e propensi alla liberalità non occorre di strappare colle industrie e colla violenza la grazia, basta proporre l' occasione. ( S. Bernardo serm. 4 in cant.) {33 [225]}
L'angelico dottore s. Tommaso ammira in questa breve preghiera la tenerezza e la misericordia di Maria. Imperocchè è proprio della misericordia il reputar nostro il bisogno altrui, giacchè la parola misericordioso vuol quasi dire cuore fatto pei miseri, per sollevare i miseri, e cita qui il testo di s. Paolo ai Corinti: Quis infirmatur et ego non infirmor? Chi è infermo, che non sia io infermo? Or siccome Maria era piena di misericordia, voleva provvedere alla necessità di questi ospiti e perciò dice il Vangelo: Mancando il vino, lo disse la Madre di Gesù a lui. Onde ci anima s. Bernardo a ricorrere a Maria perchè se ebbe tanta compassione della vergogna di quella povera gente e loro provide, quantunque non pregata, quanto più avrà pietà di noi se la invochiamo con fiducia? (S. Bernardo serm. 2 dominiate II Èpif.)
S. Tommaso loda poi ancora la sollecitudine e diligenza di Maria nel non aspettare che il vino fosse del tutto mancato ed i convitati venissero {34 [226]} ad accorgersene con disonore degli invitanti. Appena fu imminente il bisogno trasse opportuno il soccorso secondo il detto del Salmo 9: Adiutor in opportunitatibus, in tribulatione.
La bontà di Maria verso di noi dimostrata in questo fatto splende maggiormente nella condotta che tenne dopo la risposta del suo divin figliuolo. Alle parole di Gesù un'anima meno confidente, meno coraggiosa di Maria, avrebbe desistito dallo sperare più in là. Maria invece per nulla conturbata si rivolge ai servi della mensa e dice loro: Fate quello che egli vi dirà. Quodcumque dixerit vobis, facite (cap. II, v. 4). Come se dicesse: Sebbene sembra che neghi di fare, tuttavia farà (Beda).
Il dotto P. Silbeira enumera un gran complesso di virtù che risplendono in queste parole di Maria. Diede la Vergine (dice questo autore) luminoso esempio di fede, imperocchè sebbene udisse dal figliuolo la dura risposta: Che ho da fare con te, tuttavia non esitò. La fede quando è perfetta, {35 [227]} non esita a fronte di qualunque avversità.
Insegnò la fiducia: imperocchè sebbene udisse dal figliuolo parole che sembravano esprimere una negativa, anzi, come dice il ven. Beda sopracitato, poteva la Vergine credere benissimo che Cristo avrebbe respinto le sue preghiere, tuttavia operò contro la speranza, molto confidando nella misericordia del figlio.
Insegnò l'amore verso Dio, mentre procurò che con un miracolo se ne manifestasse la gloria. Insegnò l'obbedienza mentre persuase ai servi di obbedire a Dio non in questo nè in quello ma in ogni cosa senza distinzione; quodcumque dixerit, qualunque cosa vi dirà. Diede pure esempio di modestia mentre non approfittò di questa occasione per gloriarsi d'essere madre d'un tanto figlio giacchè non disse: Qualunque cosa vi dirà mio figlio; ma parlò in terza persona. Inspirò ancora la riverenza verso Dio col non pronunziare il santo nome di Gesù. Non ho ancora mai trovato, {36 [228]} dice questo autore, nella Scrittura che la beata Vergine abbia pronunziato questo santissimo nome per la somma venerazione che ne professava. Diede esempio di prontezza, imperocchè non li esorta ad udire ciò che avrebbe detto, ma a farlo. Insegnò finalmente la prudenza colla misericordia, poichè disse ai servi che facessero qualunque cosa avesse loro detto affinchè quando avessero inteso l'ordine di Gesù di riempir d'acqua le idrie, non lo avessero imputato una ridicolaggine: era proprio d'una misericordia somma e prudente il prevenire che altri cada nel male (P. Silveira tom. 2, lib. 4, quest. 21).
La più splendida prova che Maria è aiuto dei Cristiani noi la troviamo sul monte Calvario. Mentre Gesù pendeva agonizzante sulla croce, Maria {37 [229]} superando la naturale debolezza lo assisteva con fortezza inaudita. Pareva che nulla più rimanesse a Gesù da fare per dimostrar quanto ci amava. Il suo affetto però gli fece ancora trovare un dono che doveva suggellare tutta la serie de' suoi benefizi.
Dall'alto della croce volge lo sguardo moribondo sulla sua madre, l'unico tesoro che gli rimanesse sulla terra. Donna, disse Gesù a Maria, ecco il tuo figliuolo; dipoi disse al discepolo Gioanni: ecco la madre tua. E da quel punto, conchiude l'evangelista, il discepolo la prese fra i beni suoi.
I santi Padri in queste parole riconoscono tre grandi verità:
1. Che s. Giovanni successe in tutto e per tutto a Gesù come figliuolo di Maria;
2. Che perciò tutti gli uffizi di maternità che Maria esercitava sopra Gesù passarono in favore del nuovo figliuolo Giovanni;
3. Che nella persona di Giovanni Gesù ha inteso di comprendere tutto il genere umano. {38 [230]}
Maria, dice s. Bernardino da Siena, colla sua cooperazione amorosa al ministero della Redenzione ci ha veramente generati sul Calvario alla vita della grazia; nell'ordine della salute tutti siamo nati dai dolori di Maria come dall'amore del Padre Eterno e dai patimenti del suo Figliuolo. In quei preziosi momenti Maria divenne rigorosamente nostra Madre.
Le circostanze che accompagnarono quest'atto solenne di Gesù sul Calvario confermano quanto asseriamo. Le parole scelte da Gesù sono generiche ed appellative, osserva il detto P. Silveira, ma bastano a farci conoscere che qui si tratta d'un mistero universale, che comprende non già un solo uomo, ma tutti quegli uomini ai quali conviene questo titolo di discepolo diletto di Gesù. Sicchè le parole del Signore sono una dichiarazione amplissima e solenne, che la Madre di Gesù è divenuta la madre di tutti i cristiani: Ioannes est nomen particulare, discipulus commune ut denotetur quod Maria omnibus detur in Matrem. {39 [231]}
Gesù sulla croce non era una semplice vittima della malignità dei Giudei, era un Pontefice universale che operava come riparatore a pro di tutto il genere umano. Quindi nella stessa maniera che implorando il perdono ai crocifissori lo ottenne a tutti i peccatori; aprendo il Paradiso al buon ladrone lo apri a tutti i penitenti. E come i crocifissori sul Calvario secondo l'energica espressione di s. Paolo rappresentarono tutti i peccatori, ed il buon ladrone tutti i veri penitenti, cosìi s. Giovanni rappresentò tutti i veri discepoli di Gesù, i cristiani, la Chiesa Cattolica. E Maria divenne, come dice s. Agostino, la vera Eva, la madre di tutti coloro che spiritualmente vivono, Mater viventium; o come s. Ambrogio afferma, la madre di tutti coloro che cristianamente credono; Mater omnium credentium. Maria pertanto diventando nostra madre sul monte Calvario non solo ebbe il titolo di aiuto dei cristiani, ma ne acquistò l'uffizio, il magistero, il dovere. Noi abbiamo dunque un sacro diritto di ricorrere {40 [232]} all'aiuto di Maria. Questo diritto è consacrato dalla parola di Gesù e garantito dalla tenerezza materna di Maria. Ora che Maria abbia interpretato l'intenzione di Gesù Cristo in croce in questo senso e che Egli la facesse madre ed ausiliatrice di tutti i cristiani lo prova la condotta che essa tenne di poi. Sappiamo dagli scrittori della sua vita quanto zelo essa dimostrasse in tutti i tempi per la salute del mondo e per l'incremento e la gloria di santa Chiesa. Essa dirigeva e consigliava gli Apostoli ed i discepoli, esortava, animava tutti a mantener la fede, a conservar la grazia e renderla operosa. Sappiamo dagli atti degli Apostoli come ella fosse assidua a tutte le radunanze religiose che tenevano quei primi fedeli di Gerusalemme, perchè non mai si celebravano i divini misteri senza che ella vi prendesse parte. Quando Gesù salì al cielo ella lo seguì coi discepoli sul monte Oliveto, al luogo della Ascensione. Quando lo Spirito Santo discese sugli Apostoli, il giorno della Pentecoste, ella si trovava nel cenacolo {41 [233]} con essi. Così racconta s. Luca il quale dopo aver nominato ad uno ad uno gli Apostoli radunati nel cenacolo dice: « Tutti questi perseveravano di concordia nell'orazione insieme colle donne e con Maria madre di Gesù. »
Gli Apostoli inoltre e i discepoli e quanti cristiani vivevano in quel tempo in Gerusalemme e nei dintorni, tutti accorrevano a Maria per essere consigliati e diretti.
Dagli stessi fedeli della Chiesa primitiva si faceva un costante ricorso a Maria come potente aiuto dei cristiani. Ciò è dimostrato in modo particolare dalla generale commozione cagionata dalla notizia di sua vicina partenza dal mondo.
Non solo quei di Gerusalemme ma {42 [234]} i fedeli ancora dei dintorni della città si affollarono intorno alla povera casa di Maria, bramosi di contemplare ancora una volta quel volto benedetto. Commossa Maria nel vedersi circondata da tanti figliuoli che le dimostravano colle lagrime l'amore che le portavano e il dolore che sentivano nel doversi separare da lei fece loro le più calde promesse; che li avrebbe assistiti dal cielo, che in cielo alla destra del suo divin Figliuolo avrebbe avuto maggior potere ed autorità e tutto avrebbe adoperato in benefìzio degli uomini. Ecco come s. Giovanni Damasceno racconta questo maraviglioso avvenimento:
Al tempo della gloriosa dormizione della Beata Vergine, tutti i santi Apostoli, i quali percorrevano l'orbe della terra per la salvezza delle nazioni furono in un momento trasportati in Gerusalemme. Quivi giunti apparve loro una visione d'angeli e si fece sentire una soave armonia di podestà celesti, e così Maria circondata di gloria divina rese l'anima santa nelle mani di Dio. Quindi il suo corpo trasportato col {43 [235]} canto degli Angeli e degli Apostoli, fu posto in un feretro e portato a Getsemani, nel qual luogo il canto degli Angeli si fe' sentire per tre giorni continui. Dopo tre giorni il canto angelico cessò. S. Tommaso, che non erasi trovato cogli altri Apostoli alla morte di Maria, giunse al terzo giorno e avendo manifestato vivissimo desiderio di venerare quel corpo che era statò l'abitazione di un Dio, gli Apostoli che là ancor si trovavano, apersero il sepolcro, ma in nessuna parte il sacro corpo di lei poterono rinvenire. Avendo però trovato i pannilini in cui era stato avvolto, i quali esalavano un odore soavissimo, chiusero il tumulo. Sommamente maravigliati di quel miracolo questo solo poterono conchiudere, che Colui, a cui era piaciuto di prender carne da Maria Vergine, farsi uomo e nascere quantunque fosse Dio, il Verbo ed il Signore della gloria e che dopo il parto serbò intatta la verginità di lei, abbia pure voluto che il corpo immacolato di essa dopo la morte, conservatolo incorrotto, fosse {44 [236]} onorato colla traslazione al cielo prima della risurrezione comune ed universale (fin qui s. Giovanni Damasceno).
Un' esperienza di diciotto secoli ci fa vedere in modo luminosissimo che Maria ha continuato dal cielo e col più gran successo la missione di madre della Chiesa ed ausiliatrice dei cristiani che aveva incominciato sulla terra. Le grazie innumerevoli ottenute dopo la sua morte fecero propagare colla massima celerità il suo culto di modo che anche in quei primi tempi di persecuzione, dovunque sorgeva il segno della Religione Cattolica, ivi pure scorgevasi l'immagine di Maria. Anzi fin dai giorni in cui viveva ancora Maria si trovarono già molti divoti di lei che si raccolsero sul monte Carmelo e colà convivendo in comunità si erano dedicati in tutto e per tutto a Maria.
Non ispiaccia al divoto lettore che riferiamo questo fatto quale si trova narrato nell'uffizio di s. Chiesa sotto al giorno 16 luglio, festa della Beata Vergine del monte Carmelo. {45 [237]}
Nel sacro giorno della Pentecoste essendo stati riempiuti dello Spirito Santo gli Apostoli, molti fervorosi fedeli (viri plurimi) eransi dati a seguire gli esempi dei santi profeti Elia ed Eliseo, e alla predicazione di Giovanni Battista si erano preparati alla venuta del Messia. Dopo aver vedute verificate le predizioni che avevano dal gran Precursore udite eglino abbracciarono subito la fede evangelica. Presi poi da speciale affetto verso la Beatissima Vergine, mentre essa tuttora viveva, presero ad onorarla talmente che sul monte Carmelo, dove Elia aveva veduto ascendere quella nuvoletta, che fu un' insigne figura di Maria, costrussero alla medesima Vergine un piccolo santuario. Quivi radunandosi essi tutti i giorni con pii riti, preghiere e lodi la veneravano come singolare protettrice dell'Ordine. Per la qual cosa cominciarono qua e colà a chiamarsi i fratelli della beata Vergine del monte Carmelo. In progresso di tempo i sommi pontefici non solo confermarono questo titolo, ma {46 [238]} concessero eziandio speciali indulgenze. Maria poi diede, ella stessa la denominazione, accordò la sua assistenza a questo instituto, stabili per loro divisa un sacro scapolare, che diede al beato Simone Stok inglese affinchè con quest' abitino celeste si distinguesse quel sacro ordine e venisse protetto da ogni male chi lo portasse.
Appena poi gli Apostoli vennero nelle nostre contrade a portar la luce del Vangelo, non tardò la divozione di Maria a germogliare in Occidente. Quelli che visitano le catacombe di Roma, e ne siamo testimoni oculari, trovano tuttora in quei sotterranei antiche immagini che rappresentano o lo sposalizio di Maria con s. Giuseppe, o l'assunzione di Maria al cielo, ed altre esprimono la Madre di Dio col bambino in braccio.
Un rinomato scrittore dice, che « nei primi tempi della Chiesa ebbesi per man dei cristiani un tipo della Vergine nel modo più soddisfacente che comportar poteva la condizione {47 [239]} dell'arte a quei tempi. Il sentimento della modestia che splendeva, al dir di s. Ambrogio[1], in queste immagini della Vergine, prova che in difetto d'una effigie reale della Madre di Dio l'arte cristiana saputo aveva riprodurre in essa le sembianze dell'anima sua, quella fisica bellezza simbolo della perfezione morale che far non si poteva di non attribuire alla Vergine divina. Questo carattere pure si trova per quanto l' inettitudine degli artefici e la mediocrità del lavoro il comportano in certe pitture delle catacombe, nelle quali la Vergine è dipinta a sedere con Gesù Bambino sulle ginocchia, ora in piedi ed ora in mezza figura sempre in guisa che sembra conforme ad un tipo ieratico[2]. »
« Nelle catacombe di sant'Agnese, scrive il Ventura, fuori la Porta Pia, {48 [240]} in cui si vedono non solo sepolcri, ma oratorii ancora dei cristiani del secondo secolo ripieni di immense ricchezze d'archeologia cristiana e di memorie preziosissime del primitivo cristianesimo, si trovano in gran copia immagini di Maria col divino Infante nelle sue braccia che attestano la fede dell'antica Chiesa intorno alla necessità della mediazione di Maria per ottenere grazie da Gesù Cristo, ed intorno al culto delle sacre immagini che l'eresia ha tentato di distruggere, tacciandole di novità superstiziosa[3]. »
Sebbene la santa Vergine Maria siasi in ogni tempo dimostrata aiuto dei cristiani in tutte le necessità della vita, tuttavia sembra che abbia voluto in {49 [241]} modo particolare far palese la sua potenza quando la Chiesa era attaccata nelle verità di fede o dall'eresia o dalle armi nemiche. Noi raccogliamo qui alcuni de' più gloriosi avvenimenti che tutti concorrono a confermare quanto sta scritto nella Bibbia. Tu sei come la torre di Davide, la cui fabbrica è cinta di bastioni; mille scudi sono sospesi all'intorno ed ogni sorta d'armatura dei più valorosi.[4] Vediamo ora queste parole verificate nei fatti della storia ecclesiastica.
Circa la metà del secolo terzo viveva s. Gregorio detto taumaturgo per la moltitudine de' miracoli che egli operava. Essendo morto il vescovo di Neocesarea sua patria, s. Fedimo Arcivescovo di Amasea, da cui quella era dipendente, pensava di elevare a quel vescovado s. Gregorio. Ma egli riputandosi indegno di quella sublime dignità erasi nascosto nel deserto; anzi per non essere trovato passava di una solitudine {50 [242]} in un'altra; ma s. Fedimo illuminato dal Signore suo malgrado lo elesse vescovo di Neocesarea quantunque assente.
Quella diocesi adorava ancora le false divinità, e quando fu eletto s. Gregorio non contava in tutto che 17 cristiani. Grande sbigottimento provò Gregorio quando si vide costretto ad accettare così elevata e pericolosa dignità, tanto più che in quella città vi erano di coloro che facevano un mostruoso miscuglio dei misteri della fede colle ridicole favole dei Gentili. Gregorio pertanto pregò Fedimo a dargli qualche tempo per meglio istruirsi nei sacri misteri, e passava intere le notti nello studio e nella meditazione, raccomandandosi alla SS. Vergine che è la madre della sapienza, e di cui era assai divoto. Or avvenne una notte che dopo lunga meditazione sui sacri misteri gli apparve un vecchio venerando di bellezza e maestà tutta celeste. Maravigliato a quella vista gli domandò chi fosse e che cosa volesse. Benignamente il vegliardo lo rassicurò {51 [243]} e gli disse esser mandato da Dio per dilucidargli quei misteri che stava meditando. Ciò udito con grande gioia incominciò a guardarlo, e colla mano gli accennò di rimpetto un'altra apparizione in forma di donna che risplendeva qual folgore, e in bellezza superava ogni creatura umana. Viepiù spaventato si prostrò a terra in atto di venerazione. Intanto udiva la donna, che era la Santa Vergine, chiamar quel vecchio col nome di Giovanni Evangelista, ed invitarlo a spiegare a lui i misteri della vera religione. S. Giovanni rispondeva che era prontissimo a farlo, poichè così piaceva alla Madre del Signore. Ed in fatti si mise a spiegargli molti punti della dottrina cattolica, allora non ancora dilucidati dalla Chiesa perciò assai oscuri.
Gli spiegò che vi era un Dio solo in tre persone, Padre, Figliuolo, e Spirito Santo, che tutte tre sono perfette, invisibili, incorruttibili, immortali, eterne; che al Padre si attribuisce specialmente la potenza e la creazione di tutte le cose; che al Figliuolo si attribuisce {52 [244]} specialmente la sapienza, e che si fece veramente uomo, ed è uguale al Padre quantunque generato da lui; che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliuolo ed è la fonte di ogni santità; Trinità perfetta senza divisione o disuguaglianza, che è sempre stata e sarà sempre immutabile ed invariabile.
Spiegate queste ed altre altissime dottrine, la visione svanì, e Gregorio scrisse subito le cose imparate e le insegnò costantemente nella sua Chiesa, nè mai lasciava di ringraziare la Beata Vergine che in modo così portentoso lo aveva istruito[5].
Se Maria dimostrasi aiuto dei Cristiani a favore della fede cattolica in modo prodigioso, Dio fa vedere quanto siano terribili i castighi inflitti verso chi bestemmia contro la fede. Ciò noi vediamo verificato nella fine funesta che toccò a Nestorio vescovo di Costantinopoli. Costui negava che Maria {53 [245]} Vergine fosse propriamente madre di Dio.
I gravi scandali adunque cagionati dalla sua predicazione mossero il sommo Pontefice, che si chiamava Celestino I, ad esaminare la dottrina dell' eresiarca che trovò erronea e piena di empietà. Il paziente Pontefice però da prima lo ammoni, poscia minacciò di separarlo dalla Chiesa se rientrando in se stesso non si ritrattasse de' suoi errori.
L'ostinazione di Nestorio obbligò il papa a convocare un concilio di oltre a 200 vescovi nella città di Efeso presieduto da s. Cirillo in qualità di legato pontificio. Questo concilio che fu il terzo Ecumenico si radunò l'anno di Cristo 431.
Gli errori di Nestorio furono anatemizzati, ma l'autore non si converti, anzi divenne più ostinato. Fu pertanto deposto dalla sua sede, esigliato nell' Egitto, dove dopo molte tabulazioni cadde prigione nelle mani di una banda di masnadieri. A motivo dell'esiglio, della povertà, dell'abbandono, {54 [246]} di una caduta da cavallo, della sua avvanzata età ebbe a soffrire pene atrocissime. Finalmente il suor corpo vivo si risolse in marciume, e la sua lingua, organo di tante bestemmie, imputridi e fu rosa dai vermi.
Così morì colui che osò profferire con ostinazione tante bestemmie contro all'Augusta Madre del Salvatore[6].
Vi fu un tempo in cui, gl'imperatori di Costantinopoli mossero una violenta persecuzione contro a' cattolici perchè veneravano le sacre immagini. Tra questi fu Leone Isaurico. Costui per abolirne affatto il culto uccideva ed imprigionava chiunque fosse {55 [247]} denunziato di aver dato segno di venerazione alle immagini od alle reliquie dei Santi e specialmente della Beata Vergine. Per ingannar poi il semplice popolo fece chiamare alcuni vescovi ed abati e a forza di danaro e di promesse li indusse a stabilire che non si dovessero venerare le immagini di Gesù crocifisso, nè della Vergine nè dei Santi.
Ma in que' tempi viveva il dotto e celebre s. Giovanni Damasceno. Per combattere gli eretici ed anche per dare un antiveleno in mano ai cattolici, Giovanni scrisse tre libri nei quali difendeva il culto delle sante immagini. Gl'Iconoclasti (così chiamavansi quegli eretici perchè sprezzavano le sacre immagini) furono grandemente offesi da tali scritti, perciò l'accusarono di tradimento presso il principe. Essi dicevano che aveva mandate lettere sottoscritte di sua mano per far rompere l'alleanza che esso aveva con principi stranieri, e che co' suoi scritti perturbava la pubblica tranquillità. Il credulo imperatore incominciò a sospettare del {56 [248]} santo, e quantunque fosse innocente, lo condannò al taglio della mano destra.
Ma questa perfidia ebbe un esito molto più felice di quello che egli non si aspettava, poichè la Madonna SS. volle rimunerare il suo servo dello zelo avuto verso di Lei.
Come si fece sera s. Giovanni si prostra avanti l'immagine della Madre di Dio, e sospirando pregò gran parte della notte e diceva: O Vergine SS. pel zelo verso Voi e le sante immagini mi fu tagliata la destra, accorrete dunque in mio soccorso e fate che possa continuare a scrivere le vostre lodi e quelle del vostro figliuolo Gesù. Così dicendo si addormentò.
In sogno vide l' immagine della madre di Dio che lo guardava lietamente e gli diceva: Ecco, la tua mano è guarita. Su adunque levati e scrivi le mie glorie. Svegliatosi trovò effettivamente la mano guarita attaccata al braccio.
Sparsa la notizia di sì grande miracolo ognuno lodava e glorificava la {57 [249]} B. Vergine che rimunera tanto largamente i suoi divoti che patiscono per la fede. Ma alcuni nemici di Cristo vollero sostenere che la mano non si era tagliala a lui, ma ad un suo servo, e dicevano: non vedete che Giovanni sta in casa sua cantando e sollazzandosi come se si celebrasse un festino da nozze? Fu adunque nuovamente arrestato Giovanni e condotto al principe. Ma qui un nuovo prodigio. Mostrando la destra si vedeva in essa come una linea rilucente che dimostrò verissima l'amputazione.
Stupito il principe a questo prodigio, gli domandò qual medico gli avesse resa la sanità, e qual medicina avesse adoperata. Egli allora ad alta voce narrò il miracolo. È il mio Dio, dice, medico onnipotente che mi restituì la sanità. Il principe allora si mostrò pentito del male operato, e lo voleva innalzare a grandi dignità. Senonchè il Damasceno avverso alle umane grandezze amò meglio la vita privata, e finchè visse impiegò il suo ingegno a scrivere e a pubblicare la {58 [250]}potenza dell'augusta Madre del Salvatore[7].
Se Dio spesse volte concede grazie straordinarie a chi promuove le glorie dell'augusta sua Genitrice, non di rado però punisce terribilmente anche nella vita presente coloro che sprezzano Lei o le sue immagini.
Costantino Copronimo, figliuolo di Leone Isaurico salì al trono paterno al tempo del sommo Pontefice s. Zaccaria (741-75). Costui seguendo le empietà di suo padre proibì di invocare i santi, di onorare le reliquie, e di implorarne l'intercessione. Profanava le chiese, distruggeva i monasteri, perseguitava ed imprigionava i monaci, invocava con notturni sacrifizi l'aiuto degli stessi demonii. Ma il suo odio era specialmente rivolto contro la Santa Vergine. Per confermare quanto diceva era solito di prendere in mano una borsa piena di monete {59 [251]} d'oro, e la mostrava ai circostanti dicendo: Quanto vale questa borsa? Molto, dicevan quelli. Gettatone poi l'oro, nuovamente domandava di qual prezzo fosse la borsa. Rispondendo essi che niente valeva, così tosto ripigliava quell' empio, cosi è della Madre di Dio; per quel tempo, che aveva Cristo in sè, era grandemente da onorarsi, ma dal punto che lo diede in luce niente più differisce dalle altre donne.
Queste enormi bestemmie meritavano certamente un esemplare castigo che Dio non tardò a mandare all'empio bestemmiatore.
Costantino Copronimo venne punito con vergognose infermità, con ulceri che si cangiarono in pustole infuocate, che gli facevano mandare alte grida, mentre un' ardentissima febbre lo divorava. Così smaniando e gridando come se fosse arso vivo, mandò l'ultimo respiro.
Il figlio seguì le pedate del padre. Egli si compiaceva molto delle gemme e dei diamanti e vedendone le {60 [252]} molte e belle corone che l'imperatore Maurizio aveva dedicate alla Madre di Dio ad ornamento della chiesa di santa Sofia in Costantinopoli, le fece prendere e se le pose sul capo e portolle nel proprio palazzo. Ma sull' istante la sua fronte fu coperta da pestiferi carbonchi che di quel medesimo giorno trassero a morte colui che osò sporgere la sacrilega mano contro l'ornamento del vergineo capo di Maria[8].
Ora diamo un rapido cenno sopra alcuni fatti che riguardano alla speciale protezione che la santa Vergine ha costantemente prestato agli eserciti che combattono per la fede. {61 [253]}
Giustiniano imperatore ricuperò l'Italia oppressa da sessant'anni dai Goti. Narsete suo generale era avvisato da Maria quando doveva scendere in campo e non prendeva mai le armi senza i cenni di lei. (Procopio, Evagrio, Niceforo, e Paolo Diacono. Baronio all'anno 553).
Eraclio imperatore riportò una gloriosa vittoria contro i Persiani e s'impadronì delle ricche loro spoglie, riferendo il prospero esito delle sue armi alla Madre di Dio cui si era raccomandato. (Ist. Greca art. 626).
Lo stesso Imperatore l'anno dopo trionfò ancora dei Persiani. Una grandine spaventosa lanciata nel campo dei nemici li scompigliò e li mise in fuga. (Ist. Greca).
La città di Costantinopoli venne un'altra volta liberata dai Persiani in una maniera affatto prodigiosa. Mentre durava l'assedio videro i Barbari sul far del mattino una nobile matrona scortata da un corteggio di Eunuchi uscire dalla porta della città. Credendo essi che fosse la moglie dell'Imperatore {62 [254]} e si recasse dal marito per implorar la pace le lasciarono libero il passo. Come poi la videro recarsi dall' Imperatore le tennero dietro fino ad un luogo detto del vecchio sasso, dove scomparve dai loro occhi. Allora suscitossi fra loro un tumulto, si batterono a vicenda e fu così terribile la strage che il loro generale fu costretto a levar l'assedio. Si crede che quella matrona fosse la Beatissima Vergine. (Baronio).
L'immagine di Maria portata processionalmente intorno le mura di Costantinopoli liberò questa città dai Mori che la tenevano da tre anni assediata. Già il condottiero nemico disperando di vincere domandò per favore di poter entrare a veder la città promettendo di non osarvi alcuna violenza. Mentre i suoi soldati entravano senza difficoltà, giunto il suo cavallo alla porta detta del Bosforo, non fu verso di farlo andare avanti. Allora il barbaro guardando in su vide sulla porta l'immagine della Vergine che egli aveva poco prima bestemmiato. {63 [255]} Rimosse allora il passo e prese il cammino verso il mare Egeo dove fece naufragio. (Baronio anno 718).
Lo stesso anno i Saraceni portarono le armi contro Pelagio Principe degli Asturi. Questo pio generale ricorse a Maria ed i dardi e le saette lanciate contro di lui si ritorcevano contro i nemici della fede. Ventimila Saraceni rimasero estinti, e sessanta mila perirono sommersi nelle acque. Pelagio insieme coi pochi suoi erasi rifuggiato in una spelonca. Riconoscente poscia a Maria della vittoria riportata fece edificare in quella spelonca un tempio alla beatissima Vergine. (Baronio).
Andrea generale di Basilio Imperatore di Costantinopoli sconfisse i Saraceni l'anno 867. Il nemico aveva in questo conflitto insultato a Maria scrivendo ad Andrea: Vedrò ora se il figliuol di Maria e sua Madre ti potranno salvare dalle mie armi. Il pio generale prese l' insolente scritto, lo appese all'immagine di Maria dicendo: Vedi, o Madre di Dio: vedi, o Gesù, quali insolenze pronunci contro il tuo {64 [256]} popolo questo barbaro arrogante. Ciò fatto sale in arcione ed intimata la zuffa mena di tutti i suoi nemici sanguinosissima strage. (Curopalate ann. 867).
L'anno 1185 il sommo Pontefice Urbano II mise le armi dei Crociati sotto gli auspici di Maria, e Goffredo Buglione alla testa dell'esercito cattolico liberava i luoghi santi dal dominio degli infedeli.
Alfonso VIII re di Castiglia ottenne sopra i Mori una gloriosa vittoria portando nel campo di battaglia l'immagine di Maria sui vessilli. Duecento mila Mori rimasero in campo. A perpetuare la memoria di questo fatto la Spagna celebrò ogni anno al giorno 16 luglio la festa della santa Croce. Lo stendardo poi su cui era impressa l'immagine di Maria, che aveva trionfato dei nemici, si conserva tuttora nella chiesa di Toledo. (Ant. de Balimghera).
Alfonso IX re di Spagna sconfisse pure col soccorso di Maria duecento mila Saraceni. (Idem die XXI junii).
Giacomo I re di Aragona strappò {65 [257]} dai Mori tre nobilissimi regni e sconfisse dieci mila dei loro. Riconoscente di questa vittoria innalzò vari templi a Maria. (Idem die XXI julii).
I Carnotesi assediati nella loro città da una banda di corsari esposero sopra di un'asta a modo di vessillo una parte della veste di Maria che Carlo Calvo aveva portato da Costantinopoli. I barbari avendo lanciato contro questa reliquia i loro dardi rimasero ciechi d'improvviso, nè poterono più fuggire. Di che avvedutisi i divoti Carnotesi presero le armi e ne fecero strage.
Carlo VII re di Francia ridotto alle strette dagli Inglesi ebbe ricorso a Maria, e non solo potè in più battaglie sconfiggerli, ma liberò ancora una città dall'assedio e ne ridusse molte altre sotto il proprio dominio. (Lo stesso al giorno 22 luglio).
Filippo il Bello Re di Francia sorpreso dai nemici e abbandonato dai suoi ricorre a Maria e si trova incontanente circondato da una prodigiosa schiera di guerrieri pronti a combattere in sua difesa. In breve trentasei {66 [258]} mila nemici sono atterrati, gli altri si arrendono prigionieri o si danno alla fuga. Riconoscente di tanto trionfo a Maria, le innalzò un tempio e quivi appese tutte le armi di cui si era servito in quel conflitto. (Idem XVII aug.).
Filippo Valesio re di Francia sconfisse con un pugno d'uomini venti mila nemici. Reduce trionfante in quello stesso giorno in Parigi si recò tosto alla cattedrale dedicala alla Vergine. Quivi offerse alla sua generosa Ausiliatrice il suo cavallo e le regie sue armi. (Idem XXIII aug.).
Giovanni Zemisca imperatore dei Greci sbaragliò i Bulgari, Russi, Sciti ed altri barbari, i quali insieme collegati in numero di trecento trenta mila minacciavano l'impero di Costantinopoli. La Beatissima Vergine vi mandò il martire s. Teodoro, il quale comparso sopra un bianco cavallo ruppe le file nemiche; onde Zemisca edificò un tempio in onore di s. Teodoro e fece portare in trionfo l'immagine di Maria. (Curopalate).
Giovanni Comneno aiutato dalla protezione {67 [259]} di Maria vinse un'orda di Sciti ed in memoria del fatto ordinò una pubblica festa in cui l'immagine della Madre di Dio venne portata trionfalmente sopra d'un carro trapuntato di argento e di preziosissime gemme. Quattro cavalli bianchissimi guidati dai Principi e famigliari dell'Imperatore traevano il carro; l'Imperatore camminava a piedi portando la croce. (Niceta ne' suoi Annali).
I cittadini di Ipri assediati dagli Inglesi e ridotti agli estremi ricorsero colle lacrime all'aiuto della Madre di Dio, e Maria apparsa visibilmente li consolò e pose in fuga i nemici. Il fatto avvenne nel 1383 e gli Ipresi celebrano ogni anno la memoria della loro liberazione con una festa religiosa la prima domenica di agosto. (Maffeo lib. 18, Cronaca Univers.).
Simone conte di Monforte con ottocento cavalieri e mille pedoni sconfìsse presso Tolosa cento mila Albigesi. (Bzovio Annali anno 1213).
Vladislao re di Polonia poste le sue armi sotto la protezione della Vergine {68 [260]} sconfisse cinquanta mila Teutoni e prese le loro spoglie le portò in trofeo al sepolcro del martire s. Stanislao. Martino Cromero nella sua storia di Polonia racconta che questo santo martire fu veduto, finchè durò la battaglia, vestito di abiti pontificali in atto di animare i Polacchi e di minacciare i nemici. Credesi che que sto santo vescovo fosse stato mandato dalla Vergine in aiuto ai Polacchi, i quali prima della pugna eransi raccomandati a Maria.
Nell'anno 1546 i Portoghesi assediati da Mamudio re delle Indie invocarono il soccorso di Maria. Contava il nemico oltre sessanta mila uomini peritissimi nella guerra. Durava da sette mesi l'assedio e già si trattava della resa, quando un'improvvisa costernazione invase i nemici. Una nobile matrona circondata di celeste splendore erasi mostrata sopra una chiesuola della città, e faceva sfolgorare tanta luce sugl'Indiani, che non potendosi più distinguere fra loro si {69 [261]} diedero a precipitosa fuga. (Maffeo lib. 3 Stor. delle Indie).
L' anno 1480 pugnando i Turchi contro la città di Rodi erano già riusciti a piantare i loro vessilli sulle mura, quando apparve la beata Vergine armata di scudo e di lancia col precursore s. Gio. Battista e con una schiera di guerrieri celesti armati. Allora si scompigliarono i nemici e si trucidarono a vicenda. (Giacomo Bosso St. dei cav. di Rodi).
Massimiliano duca di Baviera ridusse al dovere un' orda di ribelli eretici Austriaci e Boemi. Sul vessillo del suo esercito aveva fatto imprimere l'effigie della Vergine colle parole: Da mihi virtutem contro hostes tuos. Dammi forza contro a' tuoi nemici. (Jeremias Danelius. Trimegisti cristiani lib. 2 cap. 4, § 4).
Arturo re d'Inghilterra portando l'imagine di Maria sul suo scudo si rese invulnerabile nelle battaglie; ed il Principe Eugenio col nostro Duca Vittorio Amedeo, i quali la portavano sullo scudo e sul petto, vinsero con {70 [262]} un pugno di prodi l'esercito francese forte di 80 mila uomini sotto Torino. La maestosa Basilica di Soperga fu innalzata dal suddetto Duca poi Re Vittorio Amedeo in segno di gratitudine per questa vittoria.
Esposti così di volo alcuni de' molti fatti che confermano in generale quanto Maria protegga le armi dei cristiani quando combattono per la fede, passiamo ad altri più particolari che hanno dato motivo alla Chiesa di appellare Maria col glorioso titolo di Auxilium Christianorum. Principale tra essi è la battaglia di Lepanto.
Alla metà del secolo XVI la nostra Penisola godette alquanto di pace quando una nuova insurrezione dalla parte di Oriente venne a mettere lo scompiglio fra i cristiani.
I Turchi che da oltre cento anni si {71 [263]} erano stabiliti a Costantinopoli vedevano con rincrescimento che i popoli d'Italia, e segnatamente i Veneziani, possedessero isole e città in mezzo al vasto loro impero. Cominciarono pertanto chiedere ai Veneziani l'isola di Cipro. La qual cosa essendo loro rifiutala, diedero mano alle armi e con un esercito di ottanta mila fanti, con tre mila cavalli e con formidabile artiglieria, guidati dallo stesso loro imperatore Selimo II, assediarono Nicosia e Famagosta che erano le città più forti dell'Isola. Queste città dopo eroica difesa caddero ambedue in potere dei nemici.
I Veneziani allora ricorsero al Papa affinchè volesse venire in loro soccorso per combattere ed abbassare l'orgoglio de' nemici del cristianesimo. Il Romano Pontefice, che allora era s. Pio V, nel timore che i Turchi se fossero riusciti vittoriosi avrebbero portato fra i cristiani desolazione e rovina, pensò di impegnare la potente intercessione di colei che santa Chiesa proclama terribile come un {72 [264]} esercito ordinato a battaglia: Terribilis ut castrorum aeies ordinata. Ordinò pertanto pubbliche preghiere per tutta la cristianità: ricorse al re di Spagna Filippo II e al duca Emanuele Filiberto.
Il re di Spagna messo in piedi un poderoso esercito lo affidò ad un fratello minore detto D. Gioanni d' Austria. Il duca di Savoia mandò di buon grado un numero scelto di prodi, i quali unitisi al rimanente delle forze italiane andarono a congiungersi cogli spagnuoli presso a Messina.
Lo scontro dell'esercito nemico ebbe luogo vicino a Lepanto città della Grecia. I cristiani assalgono ferocemente i Turchi; questi fanno gagliardissima resistenza. Ogni vascello volgendosi d'improvviso tra vortici di fiamme e di fumo pareva che vomitasse il fulmine da cento cannoni di cui era armato. La morte pigliava tutte le forme, gli alberi ed i cordami delle navi spezzati dalle palle cadevano sopra i combattenti e li stritolavano. Le grida strazianti dei feriti si frammischiavano {73 [265]} al rumoreggiar dei flutti e dei cannoni. In mezzo al comune sconvolgimento Vernieri, condottiero dell'armata cristiana, si accorge che la confusione comincia entrare nelle navi turche. Subito egli fa mettere in ordine alcune galere basse e piene di artiglieri destrissimi, circonda i bastimenti nemici, e a colpi di cannone li squarcia e li fulmina. In quel momento crescendo la confusione fra i nemici si eccita grande entusiasmo fra i cristiani e da tutte le parti si leva un grido di vittoria! vittoria! e la vittoria è con loro. Le navi turche fuggono verso terra, i Veneziani le inseguono e le fracassano; non è più battaglia, è un macello. Il mare è sparso di vesti, di tele, di frantumi di navi, di sangue e di corpi sbranati; trenta mila turchi sono morti; dugento delle loro galere vengono in potere dei cristiani.
La notizia della vittoria recò nei paesi cristiani una gioia universale. Il senato di Genova e di Venezia decretarono che il dì 7 ottobre fosse {74 [266]} giorno solenne e festivo in perpetuo perchè in cotal giorno nell'anno 1571 era succeduta quella grande battaglia. Fra le preghiere che il santo Pontefice aveva ordinato pel giorno di quella grande battaglia fu il Rosario, e nell'ora stessa che si compieva quell'avvenimento, lo recitava egli stesso con una schiera di fedeli con lui raccolti. In quel momento gli apparve la santa Vergine rivelandogli il trionfo delle navi cristiane, il quale trionfo s. Pio V annunziò tosto per Roma prima che alcuno avesse in altra guisa potuto portare quella notizia. Allora il santo Pontefice in riconoscenza a Maria, al cui patrocinio attribuiva la gloria di quella giornata, ordinò che nelle Litanie Lauretane si aggiugnesse la giaculatoria: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Maria aiuto dei cristiani, pregate per noi. Il medesimo Pontefice, affinchè fosse perpetua la memoria di quel prodigioso avvenimento, institui la solennità del SS. Rosario da celebrarsi ogni anno la prima domenica di ottobre. {75 [267]}
L'anno 1683 i Turchi per vendicare la sconfitta di Lepanto formarono il disegno di portare le loro armi al di là del Danubio e del Reno, minacciando così tutta la cristianità. Con un esercito di dugento mila uomini, avanzandosi a marcie forzale, vennero a porre l'assedio davanti alle mura di Vienna. Il Sommo Pontefice, che allora era Innocenzo XI, pensò di fare ricorso ai principi cristiani eccitandoli a venire in soccorso della cristianità minacciata. Pochi peraltro risposero all'invito del Pontefice: per la qual cosa egli ad esempio del suo antecessore Pio V deliberò di porsi sotto alla protezione di colei che la Chiesa proclama terribilis ut castrorum acies ordinata. Pregava egli, ed aveva invitati i fedeli di tutto il mondo a pregare con lui.
Intanto a Vienna la costernazione {76 [268]} era generale, il popolo temendo di cadere nelle mani degli infedeli usciva dalla città, ed ogni cosa abbandonava. L'imperatore non avendo forze da opporre abbandonò la sua capitale. Il principe Carlo di Lorena, che a stento aveva potuto raccogliere trenta mila tedeschi, era riuscito di entrare in città per tentarne in qualche modo la difesa. I borghi vicini furono incendiati. Il 14 di agosto i Turchi aprirono le loro trincee dalla porta principale, ed ivi si accamparono malgrado il fuoco degli assediati. Stringendo poi di assedio tutte le mura della città, appiccarono il fuoco e misero in fiamme parecchi pubblici e privati edifizi. Un caso doloroso aumentò il coraggio dei nemici e diminuì quello degli assediati.
Appiccossi il fuoco alla chiesa degli Scozzesi, consumò quel superbo edifizio, e giungendo all'arsenale, dove erano le polveri e le munizioni, stava per aprire la città ai nemici se per una protezione specialissima di Maria Santissima, nel giorno della sua gloriosa {77 [269]} Assunzione, il fuoco non si fosse spento, dando così tempo a mettere in salvo le munizioni militari. Quella sensibile protezione della Madre di Dio riaccese il coraggio dei soldati e degli abitanti. Al ventidue dello stesso mese i Turchi tentarono di abbattere altri edifici lanciando gran quantità di palle e di bombe, con cui fecero grandissimo guasto, ma non poterono impedire gli abitanti di implorare giorno e notte i soccorsi del cielo nelle chiese, nè i predicatori di esortarli a riporre, dopo Dio, tutta la loro fiducia in quella che loro aveva tante volte dato potente aiuto. Il 31 gli assedianti spinsero i lavori a segno, che i soldati delle due parti si battevano corpo a corpo.
La città era un mucchio di rovine, quando il giorno della natività di Maria V. i cristiani raddoppiando le loro preghiere ricevettero come per miracolo avviso di vicino soccorso. Infatti l'indomani, secondo giorno dell'ottava della Natività, videro la montagna, che sta dirimpetto alla città, {78 [270]} tutta coperta di truppe. Era Gioanni Sobieschi re di Polonia, che quasi solo fra i principi cristiani, cedendo all' invito del Pontefice, veniva coi suoi prodi in soccorso. Persuaso che col piccolo numero de' suoi soldati gli sarebbe stata impossibile la vittoria, ricorse egli pure a colei che è formidabile in mezzo ai più ordinati ed agguerriti eserciti. Il 12 di settembre si portò in chiesa col principe Carlo, ed ivi udirono la santa messa, che egli stesso volle servire tenendo le braccia distese in forma di croce. Dopo essersi comunicato, ed aver ricevuto la santa benedizione per sè e per tutto il suo esercito, quel principe si levò, e disse ad alta voce: Soldati, per la gloria della Polonia, per la liberazione di Vienna, per la salute di tutta la cristianità, sotto alla protezione di Maria noi possiamo con sicurezza marciare contro ai nemici e nostra sarà la vittoria.
L'esercito cristiano discendendo allora dalle montagne avanzossi verso il campo dei Turchi, i quali dopo aver {79 [271]} combattuto per qualche tempo si ritirarono dall'altra parte del Danubio con tanta precipitazione e confusione, che lasciarono nel campo lo stendardo ottomano, circa cento mila uomini, la maggior parte dei loro equipaggi, tutte le loro munizioni da guerra, con cento ottanta pezzi di artiglieria. Non fuvvi mai vittoria più gloriosa e che abbia costato tanto poco sangue ai vincitori. Si vedevano i soldati carichi di bottino entrare nella città, cacciandosi davanti molte greggie di buoi, che i nemici avevano abbandonato.
L'imperatore Leopoldo, udita la disfatta dei Turchi, tornò a Vienna in quello stesso giorno, fece cantare un Te Deum colla più grande solennità, e riconoscendo poi che una vittoria così inaspettata era totalmente dovuta alla protezione di Maria, fece portare nella chiesa maggiore lo stendardo che si era trovato nella tenda del Gran Visir. Quello di Maometto, più ricco ancora, e che si inalberava in mezzo del campo, fu mandato a Roma e presentato al Papa. Quel santo Pontefice {80 [272]} egli pure intimamente persuaso che la gloria di quel trionfo fosse tutta dovuta alla grande Madre di Dio, e desideroso di perpetuare la memoria di quel benefizio, ordinò che la festa del SS. Nome di Maria, già da qualche tempo praticata in alcuni paesi, fosse per l' avvenire celebrata in tutta la Chiesa nella domenica che si trova fra l'ottava della sua Natività.
La vittoria di Vienna accrebbe maravigliosamente nei fedeli la divozione verso Maria e diede occasione ad una pia società di divoti sotto il titolo di Confraternita di Maria Ausiliatrice. Un padre Cappuccino che con gran zelo predicava nella chiesa parochiale di s. Pietro a Monaco di Baviera, con fervorose e commoventi espressioni esortava i fedeli a mettersi essi pure {81 [273]} sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, e ad implorare il patrocinio di lei contro ai Turchi che da Vienna minacciavano di invadere la Baviera. La divozione alla SS. Vergine Ausiliatrice si accrebbe talmente che i fedeli vollero continuarla anche dopo la vittoria di Vienna sebbene i nemici fossero già stati costretti ad allontanarsi dalla loro città. Fu allora che per eternare la memoria del gran benefizio ottenuto dalla Santa Vergine venne istituita una Confraternita sotto il titolo di Maria Ausiliatrice.
Il duca di Baviera, che aveva avuto il comando d'una parte dell' esercito cristiano, mentre il re di Polonia ed il duca di Lorena comandavano il rimanente della milizia, per secondare quanto si era fatto nella sua capitale, chiese al sommo Pontefice Innocenzo XI l'erezione della suddetta Confraternita. Di buon grado il Papa accondiscese e accordò l'implorata istituzione con una Bolla in data del 18 agosto 1684, arricchendola d'indulgenze. Così addì 8 settembre dell'anno successivo, mentre {82 [274]} quel principe stringeva d' assedio la città di Buda, s'instituì per suo ordine con gran solennità nella chiesa di s. Pietro a Monaco l' anzidetta Confraternita. D'allora in poi i confratelli di quella Associazione, uniti di cuore nell'amore di Gesù e di Maria, si radunano a Monaco ed offrono a vicenda preghiere e sacrifizi a Dio per implorare la infinita sua misericordia. Mercè la protezione della Vergine SS. questa Confraternita si è diffusa rapidamente, sicchè i più grandi personaggi furono solleciti di farvisi inscrivere per assicurarsi l'assistenza di questa grande Regina de' cieli nei pericoli della vita e specialmente in punto di morte. Imperatori, re, regine, prelati, sacerdoti, ed un'infinità di popolo di tutte parti di Europa reputano tuttora a grande ventura l'esservi inscritti. I Papi concedettero molte indulgenze a chi è in quella Confraternita. I sacerdoti che sono aggregati possono aggregare gli altri. Migliaia di Messe e di Rosari si recitano durante la vita e dopo la morte per quelli che ne sono membri. {83 [275]}
I fatti che abbiamo finora esposti in onore di Maria aiuto dei cristiani fanno chiaramente conoscere quanto Maria gradisca di essere invocata sotto a questo titolo. La Chiesa cattolica ogni cosa osservava, esaminava, approvava guidando ella stessa le pratiche dei fedeli, affinchè nè il tempo nè la malizia degli uomini travisassero il vero spirito di divozione.
Richiamiamo qui quanto abbiamo sparsamente detto intorno alle glorie di Maria aiuto dei cristiani. Nei libri santi è simboleggiata nell'arca di Noè, che salva dall'universale diluvio i seguaci del vero Dio nella scala di Giacobbe che si solleva fino al cielo; nel roveto ardente di Mosè; nell'arca dell'alleanza; nella torre di Davide, che difende da ogni assalto; nella rosa di Gerico; nella fontana sigillata; nell'orto {84 [276]} ben coltivato e custodito di Salomone; è figurata in un acquedotto di benedizioni; nel vello di Gedeone. Altrove è chiamata stella di Giacobbe, bella come la luna, eletta come il sole, iride di pace; pupilla dell' occhio di Dio; aurora portatrice di consolazioni, Vergine e Madre e Genitrice del suo Signore. Questi simboli ed espressioni che la Chiesa applica a Maria, fanno manifesti i disegni provvidenziali di Dio che voleva farcela conoscere prima della sua nascita come la primogenita fra tutte le creature, la più eccellente protettrice, aiuto e sostegno del genere umano.
Nel nuovo Testamento poi cessano le figure e le espressioni simboliche; tutto è realtà ed avveramento del passato. Maria è salutata dall'arcangelo Gabriele che la chiama piena di grazia; rimira Iddio la grande umiltà di Maria e la solleva alla dignità di Madre del Verbo Eterno. Gesù Dio immenso diventa figliuolo di Maria; da lei nasce, da lei è educato, assistito. E il Verbo Eterno fatto carne sottomettesi in tutto {85 [277]} all'ubbidienza dell'augusta sua Genitrice. A richiesta di lei Gesù opera il primo de' suoi miracoli in Cana di Galilea; sul Calvario è costituita di fatto Madre comune dei cristiani. Gli Apostoli se la fanno guida e maestra di virtù. Con lei si raccolgono a pregare nel cenacolo; con lei attendono all'orazione, e in fine ricevono lo Spirito Santo. Agli Apostoli dirige le sue ultime parole e se ne vola gloriosa al Cielo.
Dall' altissimo suo seggio di gloria va dicendo: Ego in altissimis habito ut ditem diligentes me et thesauros corum repleam. Io abito il più alto trono di gloria per arricchire di benedizioni quelli che mi amano e per riempiere i loro tesori di celesti favori. Onde dalla sua Assunzione al cielo cominciò il costante e non mai interrotto concorso de' cristiani a Maria, nè mai si udì, dice s. Bernardo, che alcuno abbia con fiducia fatto ricorso a lei che non sia stato esaudito. Di qui si ha la ragione per cui ogni secolo, ogni anno, ogni giorno e possiamo dire ogni momento {86 [278]} è segnalato nella storia da qualche gran favore concesso a chi con fede l'ha invocata. Di qui pure si ha la ragione per cui ogni regno, ogni città, ogni paese, ogni famiglia ha una chiesa, una cappella, un altare, una immagine, un dipinto o qualche segno che ricorda una grazia concessa a chi fece a lei ricorso nelle necessità della vita. I fatti gloriosi contro i Nestoriani e contro agli Albigei; le parole da Maria dette a s. Domenico allora che gli raccomandava la predicazione del Rosario, che la stessa Beata Vergine nominò magnum in Ecclesia praesidium; la vittoria di Lepanto, di Vienna, di Buda, la Confraternita di Monaco, quella di Roma, di Torino e molte altre erette in vari paesi della cristianità, fanno abbastanza conoscere quanto sia antica e diffusa la divozione a Maria Ausiliatrice, quanto questo titolo torni a lei gradito e quanto vantaggio arrechi ai popoli cristiani. Sicchè poteva ben con ragione Maria profferire le parole che le mette in bocca lo Spirito Santo: In omni gente {87 [279]} primatum habui. Sono riconosciuta padrona presso a tutte le nazioni.
Questi fatti cotanto gloriosi alla Santa Vergine facevano desiderare l' intervento espresso della Chiesa a dare il limite e il modo con cui Maria potesse invocarsi col titolo di aiuto dei cristiani, e la Chiesa era già in certo modo intervenuta coll' approvazione delle confraternite, delle preghiere e di molte pratiche di pietà cui sono annesse le sante indulgenze, e che per tutto il mondo proclamano Maria Auxilium Christianorum.
Una cosa mancava ancora ed era un giorno dell'anno stabilito per onorare il titolo di Maria Ausiliatrice, che è quanto dire, una festa con rito, Messa, Officio dalla Chiesa approvato, e si fissasse il giorno di tale solennità. Affinchè i Pontefici si determinassero a questa importante istituzione ci voleva qualche fatto straordinario che non tardò molto a farsi manifesto agli uomini. {88 [280]}
Il modo maraviglioso con cui Pio VII fu liberato dalla sua prigionia è il grande avvenimento che ha dato occasione alla istituzione della festa di Maria aiuto dei cristiani.
L'Imperatore Napoleone I aveva già in più guise oppresso il sommo Pontefice, spogliandolo de' suoi beni, disperdendo Cardinali, Vescovi, Preti e Frati, privandoli parimenti de' loro beni. Dopo ciò Napoleone chiedeva al Papa cose che egli non poteva concedere. Al rifiuto di Pio VII l'Imperatore rispose colla violenza e col sacrilegio. Il Papa venne arrestato nel proprio palazzo e col Cardinal Pacca suo segretario tradotto in viaggio forzato a Savona dove il perseguitato, ma sempre glorioso Pontefice, passò oltre a cinque anni in severa prigionia. Ma siccome dove c' è il Papa là vi è il {89 [281]} Capo della religione e quindi il concorso di tutti i veri cattolici, così Savona divenne in certo modo un'altra Roma. Tante dimostrazioni di affetto mossero ad invidia l'Imperatore, che voleva umiliato il Vicario di Gesù Cristo; e perciò comandò che il Pontefice fosse traslocato a Fontainebleau, che è un castello non molto distante da Parigi.
Mentre il Capo della Chiesa gemeva prigioniero separato da' suoi consiglieri ed amici, ai cristiani altro più non rimaneva che imitar i fedeli della Chiesa primitiva quando s. Pietro era in prigione, pregare. Pregava il venerando Pontefice e con lui pregavano tutti i Cattolici implorando l' aiuto di Colei che è detta: Magnum in Ecclesia praesidium: Grande presidio nella Chiesa. Si crede comunemente che il Pontefice abbia promesso alla Santa Vergine di instituire una festa per onorare l' Augusto titolo di Maria aiuto dei Cristiani, qualora egli avesse potuto ritornare a Roma sul trono Pontificio. Intanto tutto sorrideva al terribile conquistatore. {90 [282]} Dopo aver fatto risuonare il temuto suo nome in tutta la terra camminando di vittoria in vittoria aveva portate le sue armi nelle regioni più fredde della Russia, credendo trovare colà nuovi trionfi; ma la divina Provvidenza invece gli aveva preparato disastri e sconfitte.
Maria mossa a pietà dai gemiti del Vicario di Gesù Cristo e dalle preghiere dei suoi figliuoli cangiò in un momento le sorti d'Europa e di tutto il mondo.
Il rigor dell' inverno nella Russia e l'infedeltà di molti generali francesi delusero tutte le speranze di Napoleone. La maggior parte di quel formidabile esercito perì assiderato dal gelo o sepolto nella neve. Le poche truppe risparmiate dai rigori del freddo abbandonarono l'Imperatore ed egli dovette fuggire, ritirarsi a Parigi e consegnarsi nelle mani degli Inglesi, che lo tradussero prigioniero nell' isola d'Elba. Allora la giustizia potè fare di nuovo il suo corso; il Pontefice venne tosto messo in libertà; Roma l'accolse col massimo entusiasmo, e {91 [283]} il Capo della Cristianità fatto libero e indipendente potè ripigliare l' amministrazione della Chiesa universale. Fatto così libero Pio VII volle tosto dare un pubblico segno di gratitudine alla Beata Vergine dalla cui intercessione tutto il mondo riconosceva l'inaspettata sua libertà. Accompagnato da alcuni Cardinali andò a Savona dove incoronò la prodigiosa immagine detta della Misericordia che si venera in quella città; e con inaudito concorso di popolo in presenza del re Vittorio Emanuele I e di altri Principi fu fatta la maestosa funzione in cui il Papa pose una corona di gemme e di diamanti sul capo della veneranda effigie di Maria.
Ritornato di poi a Roma volle compiere la seconda parte della sua promessa instituendo nella Chiesa una festa speciale, che attestasse alla posterità quel gran prodigio.
Considerando egli adunque come in ogni tempo la santa Vergine fu sempre proclamata aiuto dei cristiani, appoggiato a quanto s. Pio V aveva fatto {92 [284]} dopo la vittoria di Lepanto ordinando d'inserire nelle Litanie Lauretane le parole: Auxilium Christianorum ora pro nobis; spiegando e dilatando ognor più quarto aveva decretato il Pontefice Innocenzo XI quando instituì la festa del nome di Maria; Pio VII per rendere perpetuala memoria della prodigiosa liberazione sua, dei Cardinali, dei Vescovi e della libertà ridonata alla Chiesa, e perchè ne esistesse perpetuo monumento fra tutti i popoli Cristiani instituì la festa di Maria Auxilium Christianorum da celebrarsi ogni anno al giorno 24 maggio. Fu scelto quel giorno perchè appunto in esso l'anno 1814 Egli era stato fatto libero e potè ritornare a Roma fra i più vivi applausi dei Romani[9]. Il glorioso Pontefice Pio VII finchè {93 [285]} visse promosse il culto verso Maria; approvò associazioni e Confraternite a Lei dedicate, concedette molte Indulgenze alle pratiche di pietà che a onore di Lei si fossero fatte. Valga per tutti un solo fatto per dimostrare la grande venerazione di questo Pontefice verso Maria Ausiliatrice.
L'anno 1817 era compiuto un dipinto che doveva essere collocato in Roma nella chiesa di s. Maria in Monticelli diretta dai Sacerdoti della dottrina cristiana. All' 11 maggio quel dipinto fu portato al Pontefice in Vaticano affinchè lo benedicesse, e gli imponesse un titolo. Appena egli vide la divota immagine, provò sì grande emozione di cuore, che senza prevenzione alcuna, proruppe all' istante nel magnifico preconio: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. A queste voci del Santo Padre fecero eco i Figli divoti di Maria e nel primo scoprimento di quello ( 15 dello stesso mese ) vi fu un vero trasporto di popolo, di gioia e di divozione. Le offerte, i voti e le fervorose preghiere {94 [286]} hanno continuato fino al giorno presente. Così che si può dire che quella immagine è continuamente circondata dai divoti che dimandano ed ottengono grazie per intercessione di Maria aiuto dei cristiani.
Nel raccontar la storia del ritrovamento della prodigiosa immagine di Maria Auxilium Christianorum nelle vicinanze di Spoleto noi trascriviamo letteralmente la relazione che n' ha fatto Monsignor Arnaldi Arcivescovo di quella città.
Nella Parochia di s. Luca tra Castelrinaldi e Montefalco Archidiocesi di Spoleto nell'aperta campagna lungi dall'abitato e fuori di strada esisteva sul culmine di una piccola collina un'antica immagine di Maria SS. dipinta {95 [287]} a fresco in una nicchia nell'atteggiamento di abbracciare il Bambino Gesù. Di fianco a questa appaiono pure alterate dal tempo quattro immagini rappresentanti i ss. Bartolomeo, Sebastiano, Biagio e Rocco. Esposte da lunga pezza all'intemperie hanno perduto non solo la loro vivacità, ma sono quasi interamente scomparse. La sola veneranda immagine di Maria e del Bambino Gesù si è conservata benissimo. Sussiste tuttora un avanzo di muro che fa vedere esservi esistita una chiesa. Del resto da oltre a memoria d'uomo era questo luogo totalmente dimenticato, ed era ridotto a covile di rettili e particolarmente di serpi.
Già da vari mesi questa veneranda immagine aveva eccitato in qualche modo il suo culto per mezzo di una voce più volte udita da un fanciullo non ancora di cinque anni, nominato Enrico, chiamandolo per nome e col darglisi a vedere in maniera non bene espressa dal fanciullo medesimo. Tuttavia non attirò l'attenzione del pubblico {96 [288]} se non ai 19 marzo dell' anno 1862.
Un giovane contadino di quei dintorni dell'età di anni trenta aggravato successivamente da molti mali, divenuti cronici, abbandonato dai medici, sentissi inspirato di recarsi a venerare la suddetta immagine. Egli dichiarò che, dopo essersi raccomandato alla SS. Vergine in detto luogo, si senti tutto rinfrancato nelle perdute forze, ed in pochi giorni senza uso di alcun naturale rimedio è ritornato in perfetta sanità. Altre persone ugualmente, senza sapere spiegare il come ed il perchè, hanno sentito un naturale impulso di recarsi a venerare questa santa immagine e ne riportarono segnalate grazie. Questi avvenimenti richiamarono a memoria e a discussione fra quei terrazzani la sopita voce del sopraccennato fanciullo, al quale non si era dato naturalmente, come dovevasi, alcun credito ed importanza. Fu allora che in ordine al fanciullo medesimo si potè risapere come la madre nella circostanza della supposta apparizione {97 [289]} lo avesse smarrito, nè lo potesse trovare, e finalmente lo rinvenne da presso alta diroccata chiesolina. Si riseppe pure come una donna di buona vita tribolata da Dio con gravi afflizioni, nella sua morte avvenuta da un anno indietro, annunziasse che la Vergine SS. in quel luogo voleva riscuotere culto e venerazione, che si sarebbe costrutto un tempio e vi sarebbero accorsi in gran copia i fedeli.
È vero in fatti che affollatissimo popolo non solo della Diocesi, ma delle altre circonvicine, Todi, Perugia, Fuligno, Nocera, Narni, Norcia ecc. vi accorre e cresce di giorno in giorno specialmente nei di festivi a cinque in sei migliaia. Questo è il più gran portento veramente segnalato, poichè non si vede l' eguale in altri scoprimenti prodigiosi.
Il gran concorso dei fedeli che accorrono da tutte le parti quasi condotti da un lume e da una forza celeste, concorso spontaneo, concorso inesplicabile ed inesprimibile è il miracolo {98 [290]} dei miracoli. Gli stessi nemici della Chiesa, gli stessi claudicanti nella fede sono costretti di confessare non potersi spiegare questo sacro entusiasmo dei popoli.....Molti sono gli infermi che diconsi risanati, non poche le prodigiose e singolari grazie largite, e quantunque bisogni procedere colla massima cautela per discernere le voci e i fatti, pure sembra indubitato che una civile donna giacesse afflitta da malattia mortale e risanò coll' invocazione a quella sacra immagine. Un giovinetto della Villa di s. Giacomo affranto nei piedi dalle ruote di un carro è costretto a reggersi colle stampelle; visitata la ss. effigie sentì tale miglioramento, che gettate le stampelle potè ritornare a casa senza di esse, ed è libero perfettamente. Così pure avvennero altre guarigioni.
Non si deve ommettere che taluni increduli essendosi recati a visitare la ss. immagine dileggiandola, giunti al luogo, contro ogni loro idea si sono sentiti il bisogno di inginocchiarsi e pregare, e sono ritornati con {99 [291]} tutt'altri sentimenti, parlando pubblicamente dei prodigi di Maria. Il cambiamento prodotto in queste persone corrotte di mente e di cuore ha prodotto una santa impressione nei popoli. (Fin qui Mons. Arnaldi).
Questo Arcivescovo volle recarsi egli stesso con numeroso Clero e col suo Vicario al luogo della immagine per accertarsi della verità dei fatti, e vi trovò migliaia di divoti. Prescrisse il restauro dell'effigie alquanto fessa in varie parti, ed essendosi già raccolta fino d'allora in pie oblazioni là somma di seicento scudi, commise a valenti artisti il disegno di un tempio, instando perchè se ne gettassero le fondamenta colla massima sollecitudine.
Per promuovere viemaggiormente la gloria di Maria e la divozione dei fedeli a tanta Madre, dispose che si coprisse in modo provvisorio ma decente la nicchia ove si venera la taumaturga immagine e vi si ergesse un altare per celebrare la santa Messa.
Queste disposizioni sono state d'indicibile consolazione ai fedeli, e d'allora {100 [292]} in poi ogni giorno andò sempre crescendo il concorso d'ogni ceto di persone.
La divota immagine non aveva alcun titolo proprio, e il pio Arcivescovo giudicò che fosse venerata sotto il nome di Auxilium Christianorum come parve più adatto all'attitudine che presentava. Provvide parimenti che si trovasse sempre un sacerdote in custodia del Santuario od almeno un qualche laico di conosciuta probità.
La relazione di questo prelato finisce col racconto di un nuovo tratto della bontà di Maria operato dietro l'invocazione a' pie' di questa immagine.
« Una giovane di Acquaviva trovavasi probanda in questo Monastero di s. Maria della Stella, ove doveva vestire l'abito di conversa. Un' affezione reumatica generale la invase per maniera che, paralizzate tutte le membra, fu costretta ritornare alla propria famiglia.
« Per quanti rimedi si adoperassero dai provvidi genitori non si potè mai raggiungere la guarigione; e volgevano {101 [293]} quattro anni da che giaceva sempre in letto, vittima di un cronicismo. All'udire le grazie di questa taumaturga effigie mostrò desiderio di esservi condotta sopra d'un carro; ed appena trovossi innanzi alla veneranda immagine conobbe un notabile miglioramento; di li a poco si senti a prosciogliere le membra in modo che se ne tornò a piedi alla paterna casa. Altre grazie singolari si raccontano ottenute da persone di Fuligno.
« La divozione verso Maria va sempre crescendo in maniera al mio cuore consolantissima. Sia sempre benedetto Iddio che nella sua misericordia si è degnato ravvivare la fede in tutta l'Umbria con la prodigiosa manifestazione della sua gran Madre Maria. Sia bendetta la Vergine Santissima che con questa manifestazione si è degnata segnalare a preferenza l'Archidiocesi di Spoleto.
Sia benedetto Gesù e Maria che con questa misericordiosa manifestazione {102 [294]} aprono il cuore dei cattolici a più viva speranza.
Spoleto, 17 maggio 1862. »
V GIOVANNI BATTISTA ARNALDI.
Così la veneranda immagine di Maria Ausiliatrice presso Spoleto dipinta nell'anno 1570, rimasta quasi tre secoli senza onore, è salita a' nostri tempi ad altissima gloria per le grazie che la Regina del cielo comparte in quel luogo a' suoi divoti: e quell'umile luogo è divenuto un vero santuario, dove concorre gente da tutte parti. I divoti e beneficati figli di Maria diedero segni di gratitudine con vistose oblazioni, cui mercè si poterono gettare le fondamenta di un maestoso tempio che giungerà quanto prima al termine desiderato. {103 [295]}
Prima di parlare della chiesa eretta in Torino ad onore di Maria Ausiliatrice stimo bene di notare, come la divozione dei Torinesi verso di questa celeste Benefattrice rimonta a' primi tempi del cristianesimo. S. Massimo primo vescovo di questa città ne parla come di un fatto pubblico ed antico.
Il santuario della Consolata è un maraviglioso monumento pariante di quanto diciamo. Ma dopo la vittoria di Lepanto i Torinesi furono de' primi ad invocare Maria sotto al titolo speciale di Ausiliatrice. Il cardinale Maurizio principe di Savoia ha grandemente promossa questa divozione, e sul principio del secolo decimo settimo fece costrurre nella chiesa di s. Francesco di Paola una cappella con altare e con una bellissima statua dedicata a Maria Ausilialrice, di marmo prezioso ed {104 [296]} elegante. La Vergine è presentata tenente in mano il Divin Fanciullo.
Questo principe era fervoroso divoto di Maria Ausiliatrice, e siccome vivendo faceva sovente l'offerta del cuore alla sua celeste Madre, così morendo lasciò per testamento che appunto il cuore, qual pegno più caro di se stesso, fosse deposto in una cassa e collocato nel muro a destra dell'altare[10].
Il tempo avendo logorato e resa questa cappella alquanto abbietta, il re Vittorio Emanuele II ordinò che ogni cosa fosse a sue spese ristorata. {105 [297]}
Così il pavimento, la predella, e lo stesso altare furono come rinnovati.
Osservando i Torinesi il ricorso a Maria Ausiliatrice essere mezzo efficacissimo per ottenere grazie straordinarie, cominciarono ad aggregarsi alla Confraternita di Monaco in Baviera, ma pel numero stragrande dei confratelli fu instituita in questa medesima chiesa una Confraternita. Essa ebbe l'apostolica approvazione del Pontefice Pio VI, che con rescritto 9 febbraio 1798 concedeva molte indulgenze con altri favori spirituali.
Così andava ognora più dilatandosi la divozione dei Torinesi all'augusta Madre del Salvatore, e ne provavano i più salutari effetti, quando fu ideato il progetto di una chiesa da dedicarsi appunto a Maria Ausiliatrice in Valdocco popolatissimo quartiere di questa città. Qui adunque abitano molte migliaia di cittadini senza chiesa di sorta fuori quella di Borgo Dora, la quale tuttavia non può contenere più di 1500 persone[11]. {106 [298]}
In questo distretto esistevano le chiesette della Piccola Casa della divina Provvidenza e dell' Oratorio di s. Francesco di Sales, ma si l'una che l' altra appena bastavano al servizio delle rispettive loro comunità.
Nel vivo desiderio pertanto di provvedere all'urgente bisogno degli abitanti di Valdocco, e dei molti giovani che nei di festivi vengono all'Oratorio dalle varie parti della città, e che non possono più contenersi nella chiesetta attuale, si deliberò di tentare la costruzione di una chiesa abbastanza capace per questo doppio scopo. Ma un motivo tutto speciale della costruzione di questa chiesa era un bisogno {107 [299]} comunemente sentito di dare un segno pubblico di venerazione alla B. Vergine Maria, che con viscere di Madre veramente misericordiosa aveva protetto i nostri paesi scampandoci dai mali cui tanti altri soggiacquero.
Due cose si presentavano davanti per dar mano alla pia impresa; il luogo dell'edifizio, il titolo sotto cui dovesse consacrarsi. Affinchè si potessero secondare i disegni della Divina Provvidenza, questa chiesa doveva edificarsi nella via Cottolengo in sito spazioso, libero, nel centro di quella grande popolazione. Venne pertanto scelto un'area posta fra la detta via Cottolengo e l'Oratorio di s. Francesco di Sales.
Mentre poi si stava deliberando intorno al titolo sotto cui porre il novello edifizio, un incidente sciolse ogni dubbio. Il sommo Pontefice il regnante Pio IX, cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla Religione, informato della necessità di una chiesa nel luogo sopra indicato, mandò la sua prima graziosa offerta di franchi 500, facendo sentire che Maria Ausiliatrice {108 [300]} sarebbe stato un titolo certamente gradito all'augusta Regina del cielo. Accompagnava poi la caritatevole offerta con una speciale benedizione agli oblatori aggiungendo queste parole: « Questa tenue offerta abbia più potenti e generosi oblatori che cooperino a promuovere la gloria dell'augusta Madre di Dio in terra, e così accrescasi il numero di quelli che un giorno le faranno gloriosa corona in cielo. »
Stabilito così il luogo e il nome dell'edifìzio, un benemerito ingegnere, cav. Antonio Spezia, ne concepì il disegno, lo sviluppò in forma di croce latina sopra una superficie di 1200 metri quadrati. In questo tratto di tempo nacquero non piccole difficoltà, ma la Santa Vergine, che voleva questo edifizio a sua maggior gloria, dileguò, o meglio allontanò tutti gli ostacoli che si presentavano allora e che più gravi ancora si sarebbero in appresso presentati. Laonde non si pensò più ad altro che a dar cominciamento al sospirato edifizio. {109 [301]}
Fatti gli scavi all'ordinaria profondità, eravamo in procinto di gettare giù le prime pietre, e la prima calce, quando ci siamo accorti che le fondamenta appoggiavano sopra terreno di alluvione e perciò inetto a sostenere le basi di un edifizio di quella fatta. Si dovettero perciò approfondare di più gli scavi, fare una forte e larga palificata corrispondente alla periferia della progettata costruzione.
Il palificare e scavare a notabile profondità fu cagione di maggiori spese sia per l' aumento dei lavori, sia per la copia di materiali e di legnami che dovevano collocarsi sotto terra. Ciò nonostante i lavori furono alacremente continuati, e il 27 aprile 1865 si poterono benedire le fondamenta e porre la pietra angolare.
Per comprendere il significato di {110 [302]} questa funzione conviene osservare essere disciplina della Chiesa cattolica che niuno debba incominciare la fabbrica di un sacro edifizio senza espressa licenza del vescovo, sotto la cui giurisdizione ritrovasi il terreno che si vuole destinare a questo scopo. Aedificare ecclesiam nemo potest, nisi auctoritate dioecesani[12].
Conosciuta la necessità della Chiesa e stabilitone il luogo, il vescovo in persona o per mezzo di un suo incaricato va a porre la pietra fondamentale. Questa pietra figura Gesù Cristo che ne' libri santi è detto pietra angolare, ovvero il fondamento di ogni autorità, di ogni santità. Il vescovo poi con quell'atto indica che egli riconosce la sua autorità da Gesù Cristo, cui quell'edificio appartiene, e da cui deve dipendere ogni esercizio religioso che sia per farsi in avvenire in quella chiesa, mentre il vescovo ne prende possesso spirituale mettendo la pietra fondamentale. {111 [303]}
I fedeli della Chiesa primitiva, quando volevano fabbricare qualche chiesa, ne contrassegnavano prima il luogo colla croce per dinotare che quel sito, destinandosi al' culto del vero Dio, non poteva più servire ad uso profano.
La benedizione poi si fa dal vescovo ad esempio di quanto fece il patriarca Giacobbe allora che in un deserto alzò una pietra sopra cui fece sacrifizio al Signore: Lapis iste, quem erexi in titulum, vocabitur domus Dei.
È pur bene qui di notare che ogni chiesa, ed ogni culto che in quella si esercita è sempre rivolto a Dio, cui ogni atto, ogni parola, ogni segno è dedicato e consacrato. Questo atto religioso si dice Latria ossia culto supremo, o servizio per eccellenza che si presta solamente a Dio. Le chiese soglionsi anche dedicare ai santi con un secondo culto che si dice Dulia, che vuol dire servizio prestato ai servi del Signore.
Quando poi il culto è indirizzato alla Beata Vergine dicesi Iperdulia, vale a dire servizio sopra eminente a {112 [304]} quello che si rende ai santi. Ma la gloria e l' onore che si tributano ai santi ed alla B. Vergine non si fermano in loro, ma per loro mezzo vanno a finire in Dio che è il termine delle nostre preghiere e delle nostre azioni. Quindi le chiese sono tutte consacrate primieramente a Dio Ottimo Massimo, poi alla B. Vergine; quindi a qualche santo a beneplacito dei fedeli. Così leggiamo che s. Marco Evangelista in Alessandria d' Egitto consacrò una chiesa a Dio ed al suo maestro s. Pietro apostolo[13].
Conviene eziandio osservare intorno a queste funzioni, che talvolta il vescovo benedice la pietra angolare e qualche distinto personaggio la depone al suo posto, e mette sopra la prima calce. Così abbiamo dalla storia che il Sommo Pontefice Innocenzo X l'anno 1652 benedisse la pietra fondamentale della chiesa di s. Agnese in Piazza Navona, mentre il principe {113 [305]} Pamfili Duca di Carpinete la depose giù nelle fondamenta.
Così nel nostro caso Monsig. Odone di f. m. vescovo di Susa era incaricato di fare la funzione religiosa mentre il Principe Amedeo di Savoia collocava a suo posto la pietra angolare, e vi metteva sopra la prima calce.
Pertanto il giorno 27 aprile 1865, alle due di sera si cominciò la religiosa funzione. Il tempo era sereno, una moltitudine di gente, la prima nobiltà torinese ed anche non torinese era intervenuta. I giovanetti appartenenti alla casa di Mirabello in quella occasione erano venuti a formare coi loro compagni torinesi una specie di esercito.
Il venerando Prelato dopo le preci e i salmi prescritti asperse con acqua lustrale le fondamenta del disegnato edifizio, di poi si portò presso al pilastro della cupola nel lato del Vangelo, il quale sorgeva già al livello dell'attuale pavimento. Qui fu redatto un verbale di quanto si faceva, e si lesse ad alta voce nel tenore seguente: {114 [306]}
« L'anno del Signore mille ottocento sessantacinque, il ventisette aprile, ore due di sera; l'anno decimonono del Pontificato di Pio IX, de' Conti Mastai Ferretti felicemente regnante; l' anno decimosettimo di Vittorio Emanuele II; essendo vacante la sede arcivescovile di Torino per la morte di Monsignor Luigi dei Marchesi Franzoni, Vicario Capitolare il Teologo Collegiato Giuseppe Zappata; curato della Parochia di Borgo Dora il Teologo Cattino Cav. Agostino; direttore dell'Oratorio di san Francesco il sacerdote Bosco Giovanni; alla presenza di S. A. R. il Principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta; del conte Costantino Radicati Prefetto di Torino; della Giunta Municipale rappresentata dal Sindaco di questa città Lucerna di Rorà marchese Emanuele, e dalla Commissione promotrice di questa chiesa[14] da dedicarsi a Dio Ottimo {115 [307]} Massimo ed a Maria Ausiliatrice, Monsignor Odone G. Antonio vescovo di Susa, avuta l' opportuna facoltà dall'Ordinario di questa Archidiocesi, ha proceduto alla benedizione delle fondamenta di questa chiesa e collocazione della pietra angolare della medesima nel pilastro grande {116 [308]} della cupola nel lato del Vangelo dell'altare maggiore. In questa pietra sono state chiuse alcune monete di metallo e di valore diverso, alcune medaglie portanti l'effigie del Sommo Pontefice Pio IX e del nostro Sovrano, una iscrizione in latino che ricorda l'oggetto di questa sacra funzione. {117 [309]} Il benemerito ingegnere architetto cav. Spezia Antonio, il quale ne concepì il disegno e con ispirito cristiano prestò e presta tuttora l'opera sua nella direzione dei lavori.
La forma della chiesa è di croce latina, della superficie di mille duecento metri; motivo di questa costruzione è la mancanza di chiese fra i fedeli di Valdocco, e per dare un pubblico attestato di gratitudine alla gran Madre di Dio pei grandi benefizi ricevuti, per quelli che in maggior copia si attendono da questa celeste Benefattrice. L' opera fu cominciata, e si spera che sarà condotta a felice termine colla carità dei divoti.
Gli abitanti di questo Borgo di Valdocco, i Torinesi ed altri fedeli da Maria beneficati, riuniti ora in questo benedetto recinto, mandano unanimi al Signore Iddio, alla Vergine Maria, aiuto dei cristiani, una fervida preghiera per ottenere dal cielo copiose benedizioni sopra i Torinesi sopra i cristiani di tutto il mondo, {118 [310]} e in modo particolare sopra il Capo supremo della Chiesa cattolica, promotore ed insigne benefattore di questo sacro edifizio, sopra tutte le autorità ecclesiastiche, sopra l'augusto nostro Sovrano, e sopra tutta la reale Famiglia, e specialmente sopra S. A. R. il Principe Amedeo, che accettando l'umile invito diede un segno di venerazione alla gran Madre di Dio. L'augusta Regina del Cielo assicuri un posto nella eterna beatitudine a tutti quelli che hanno dato o daranno opera a condurre a termine questo sacro edifizio, o in qualche altro modo contribuiranno ad accrescere il culto e la gloria di Lei sopra la terra. »
Letto ed approvato questo verbale, fu sottoscritto da tutti quelli che furono sopra nominati e dai più illustri personaggi che trovavansi presenti. Di poi fu piegato e fasciato col disegno della chiesa e con qualche altro scritto, e riposto in un vaso di vetro appositamente preparato. Chiuso questo ermeticamente venne collocato nel cavo fatto in mezzo alla pietra {119 [311]} fondamentale. Benedetta ogni cosa dal vescovo, fu sopra posta altra pietra, e il Principe Amedeo vi pose la prima calce. Dopo i muratori continuarono il loro lavoro fino all'altezza di oltre un metro di costruzione.
Compiuti ancora gli altri riti religiosi, i prelodati personaggi visitarono lo stabilimento, di poi assistettero ad una rappresentazione dei giovani stessi. Loro si lessero varie poesie di opportunità, si eseguirono diversi pezzi di musica vocale ed istrumentale con un dialogo, in cui si dava un cenno storico sulla solennità del giorno[15].
Terminato il piacevole trattenimento chiudeva la giornata una divota azione di grazie al Signore colla benedizione del SS. Sacramento. S. A. R. col suo corteggio lasciavano l' Oratorio alle ore 5 12 mostrandosi ognuno pienamente soddisfatto.
L'Augusto Principe fra gli altri segni {120 [312]} di gradimento offerì la graziosa somma di fr. 500 della sua cassetta particolare, e regalò gli attrezzi di sua ginnastica ai giovani di questo stabilimento. Poco dopo l'Ingegnere era decorato della croce de' santi Maurizio e Lazzaro.
Sembra che la santa Vergine abbia di fatto esaudita la preghiera fatta pubblicamente nella benedizione della pietra angolare. I lavori proseguirono colla massima celerità, e nel corso del 1865 l'edifizio fu condotto fino al tetto, coperto, compiuta la volta, ad eccezione del tratto compreso nella periferia della cupola. L' anno 1866 si compiè la cupola, il cupolino, mentre ogni cosa venne coperta di rame stagnato.
L'anno 1867 fu terminata la statua rappresentante Maria madre di misericordia {121 [313]} in alto di benedire i suoi divoti. A piè della statua avvi questa iscrizione: Angela e Benedetto coniugi Chirio in ossequio a Maria Ausiliatrice FF. Queste parole ricordano i nomi dei benemeriti oblatori di questa statua che è di rame battuto. L' altezza è di circa quattro metri, sormontata da dodici stelle dorate che fanno corona sopra il capo della gloriosa Regina del cielo. Quando la statua venne collocata al suo posto era semplicemente bronzata: la qual cosa rilevava assai bene i lavori dell'arte, ma a qualche distanza diveniva appena visibile, laonde si giudicò bene di indorarla. Una pia persona già per molti titoli benemerita s'incaricò di quella spesa.
Ora risplende luminosa, e a chi la guarda di lontano al momento che è battuta dai raggi del sole, sembra che parli e voglia dire:
Io sono bella come la luna, eletta come il sole: Pulcra ut luna, electa ut sol. Io sono qui per accogliere le suppliche de' miei figli, per arricchire {122 [314]} di grazie e di benedizioni quelli che mi amano. Ego in altissimis habito ut ditem diligentes me, et thesauros eorum repleam.
Finiti i lavori di fregio e di ornamento della statua fu essa benedetta con una delle più divote solennità.
Monsignor Riccardi nostro veneratissimo Arcivescovo assistito da tre canonici della Metropolitana e da molti Sacerdoti si compiacque di venire Egli stesso a fare quella sacra funzione. Dopo breve discorso diretto a dimostrare l'uso antico delle immagini presso al popolo Ebreo e nella Chiesa primitiva, si compartiva la benedizione col Venerabile.
Coll'anno 1867 i lavori vennero quasi ultimati. Il rimanente dell'interno della chiesa fu fatto nei cinque primi mesi dell'anno corrente 1868.
Sono pertanto cinque gli altari tutti di marmo lavorato con disegni e con fregi diversi. Per preziosità di marmi primeggia quello della cappella laterale a destra, che contiene verde antico, rosso di Spagna, alabastro orientale {123 [315]} e del malachita. Le balaustre sono eziandio di marmo; i pavimenti ed i presbiteri sono l'atti in mosaico. Le pareti interne della chiesa furono semplicemente colorite senza pittura pel timore che la recente costruzione delle mura potesse contraffare la specie dei colori.
Dalla prima base alla maggiore altezza sono metri 70; i basamenti, i legami, gli stillicidi, i cornicioni sono di granito. Nell' interno della chiesa e della cupola vi sono ringhiere in ferro per assicurare quelli che dovessero ivi eseguire qualche lavoro. Nell'esterno della cupola ve ne sono tre con una scala, se non molto comoda, certamente sicura per chi desiderasse salire fino al piedestallo della statua. Vi sona due campanili sormontati da due statue dell'altezza di due metri e mezzo caduno. Una di queste statue rappresenta l'Angelo Gabriele in atto di offerire una corona alla Santa Vergine; l'altro s. Michele che tiene una bandiera in mano, su cui è scritto in caratteri grossi: Lepanto. E ciò per {124 [316]} ricordare la grande vittoria riportata dai Cristiani contro i Turchi presso Lepanto ad intercessione di Maria SS. Sopra uno dei campanili avvi un concerto in Mi bemolle di cinque campane che alcuni benemeriti divoti hanno promosso colle loro offerte. Sopra le campane sono incise parecchie immagini con analoghe iscrizioni. Una di queste campane è dedicata al supremo Gerarca della Chiesa Pio IX, un'altra a Monsig. Riccardi nostro Arcivescovo.
Nella crociera a sinistra avvi l'altare dedicato a s. Giuseppe. Il quadro del santo è lavoro dell'artista Tomaso Lorenzone. La composizione è simbolica. Il Salvatore è presentato in età fanciullesca nell'atto che porge un canestro di fiori alla santa Vergine quasi dicendo: flores mei, flores honoris et honestatis. L'Augusta sua Madre dice di offerirlo {125 [317]} a s. Giuseppe suo sposo, affinchè per mano di esso siano regalati ai fedeli che a mani levate li stanno attendendo. I fiori figurano le grazie che Gesù offre a Maria, mentre essa ne costituisce s. Giuseppe assoluto dispensiero, come appunto lo saluta Santa Chiesa: constituit eum dominum domus suae.
L'altezza del dipinto è di metri 4 per 2 di larghezza.
Il pulpito è assai maestoso; il disegno è parimenti del cav. Antonio Spezia; la scultura con tutti gli altri lavori sono opera dei giovanetti dell' Oratorio di san Francesco di Sales. La materia è di noce lavorata e le tavole sono ben connesse. La posizione del medesimo è tale, che da qualunque angolo della chiesa si può vedere il predicatore.
Ma il più glorioso monumento di questa chiesa è l'ancona ossia il gran dipinto che sovrasta all' altare maggiore in coro. Esso è parimenti lavoro del Lorenzone. La sua altezza è di oltre a sette metri per quattro. Si presenta allo sguardo come una comparsa di Maria Ausiliatrice nel modo seguente: {126 [318]}
La Vergine campeggia in un mare di luce e di maestà, assisa sopra di un trono di nubi. La copre un manto che è sostenuto da una schiera di Angeli, i quali facendole corona le porgono ossequio come loro Regina. Colla destra tiene lo scettro che è simbolo della sua potenza, quasi alludendo alle parole da Lei proferite nel santo Vangelo: Fecit mihi magna qui potens est. Colui, Dio, che è potente, fece a me cose grandi. Colla sinistra tiene il Bambino che ha le braccia aperte offerendo così le sue grazie e la sua misericordia a chi fa ricorso all'Augusta sua Genitrice. In capo ha il diadema ossia corona con cui è proclamata Regina del cielo e della terra. Da una parte superiore discende un raggio di luce celeste che dall' occhio di Dio va a posarsi sul capo di Maria. In esso sono scritte le parole: virtus altissimi obumbrabit tibi: la virtù dell' Altissimo Iddio ti adombrerà cioè ti coprirà e ti fortificherà.
Dall' opposta parte superiore calano altri raggi dalla colomba, Spirito Santo, che vanno eziandio a posarsi sul capo {127 [319]} di Maria con in mezzo le parole: Ave, gratia plena: Dio ti salvi, o Maria, tu sei plena di grazia. Questo fu il saluto fatto a Maria dall'Arcangelo Gabriele quando a nome di Dio le annunziò che doveva diventar Madre del Salvatore.
Più in basso sono i santi Apostoli e gli Evangelisti s. Luca, s. Marco in figura alquanto maggiore del naturale. Essi trasportati da dolce estasi quasi esclamando: Regina Apostolorum, ora pro nobis, rimirano attoniti la Santa Vergine che loro appare maestosa sopra le nubi. Finalmente in fondo del dipinto avvi la città di Torino con altri divoti che ringraziano la S. Vergine dei benefizi ricevuti e la supplicano a continuare a mostrarsi madre di misericordia nei gravi pericoli della presente vita.
In generale il lavoro è ben espresso, proporzionato, naturale; ma il pregio che non mai perderà è l'idea religiosa che genera una divota impressione nel cuore di chiunque la rimiri. {128 [320]}
Quelli che hanno parlato o udito a parlare di questo sacro edifizio avranno desiderio di sapere donde siansi ricavati i mezzi che in complesso superano già il mezzo milione. Io mi trovo in grave difficoltà di rispondere a me stesso, perciò meno in grado di soddisfare agli altri. Dirò adunque che i corpi legali diedero da principio belle speranze; ma in pratica giudicarono di non concorrere. Alcuni agiati cittadini scorgendo la necessità di questo edifizio, fecero promessa di vistose largizioni, ma per lo più cangiarono divisamento e giudicarono meglio di impiegare altrove la loro beneficenza.
E vero che alcuni benestanti divoti avevano promesso oblazioni, ma a tempo opportuno, cioè avrebbero fatte oblazioni quando avessero avuto certezza dell' opera ed avessero veduti i lavori inoltrati. {129 [321]}
Coll'offerta del Santo Padre e di qualche altra pia persona si potè far acquisto del terreno e non altro; sicchè quando si trattò di cominciare i lavori io non aveva un soldo da spendere a questo scopo. Qui da una parte vi era certezza che quell' edifizio era di maggior gloria di Dio, dall' altra contrastava l'assoluta mancanza di mezzi. Allora si conobbe chiaro che la Regina del Cielo voleva non i corpi morali, ma i corpi reali, cioè i veri divoti di Maria dovessero concorrere alla santa impresa, e Maria volle essa medesima porvi la mano e far conoscere che essendo opera sua Ella stessa voleva edificarla: Aedificavit sibi domum Maria.
Io adunque intraprendo il racconto delle cose come sono succedute, e racconto coscienziosamente la verità, e mi raccomando al benevolo lettore di darmi benigno compatimento se trova qualche cosa che a lui non torni gradita. Ecco adunque. Gli scavi erano cominciati, e si avvicinava il giorno di quindicina quando appunto si doveano pagare gli zappatori, e non si aveva {130 [322]} danaro di sorta; quando un fortunato avvenimento apri una via inaspettata alla beneficenza. A motivo del sacro ministero fui chiamato al letto di persona gravemente inferma. Giaceva immobile da tre mesi, travagliata da tosse e febbre con grave sfinimento di stomaco. Se mai, ella prese a dire, potessi riacquistare un poco di sanità, sarei disposta a fare qualunque preghiera, qualunque sacrifizio; sarebbe per me un gran favore se potessi anche solo alzarmi di letto.
- Che cosa intenderebbe di fare?
- Quanto mi dice.
- Faccia una novena a Maria Ausiliatrice.
- Che cosa dire?
- Per nove giorni reciti tre Pater, Ave e Gloria al SS. Sacramento con tre Salve Regina alla Beata Vergine.
- Questo lo farò; e quale opera di carità?
- Se giudica bene e se otterrà un vero miglioramento alla sua sanità, farà qualche offerta per la chiesa di {131 [323]} Maria Ausiliatrice che si sta cominciando in Valdocco.
- Sì, sì: ben volentieri. Se nel corso di questa novena io otterrò solamente di potermi alzare di letto e fare alcuni passi per questa camera, farò un'offerta per la chiesa di cui mi parla ad onore della Santa Vergine Maria.
Si cominciò la novena ed eravamo già all'ultimo giorno; io doveva dare in quella sera non meno di mille franchi ai terrazzieri. Vado pertanto a visitare la nostra ammalata, nella cui guarigione erano tutte le mie risorse, e non senza ansietà ed agitazione suono il campanello dell' abitazione di lei. La fantesca mi apre e con gioia mi annunzia che la sua padrona era perfettamente guarita, aveva già fatte due passeggiate ed era già andata in chiesa per ringraziare il Signore.
Mentre la fantesca in fretta quelle cose raccontava, si avanza giubilante la stessa padrona dicendo: Io sono guarita, sono già andata a ringraziare la Madonna Santissima; venga, ecco {132 [324]} il pacco che le ho preparato; è questa la prima offerta, ma non sarà certamente l'ultima. Prendo il pacco, vado a casa, lo verifico, e ci trovo cinquanta napoleoni d'oro, che formavano appunto i mille franchi di cui abbisognava.
Questo fatto, primo di questo genere, io tenni gelosamente celato; nulladimeno si dilatò come scintilla elettrica. Altri e poi altri si raccomandarono a Maria Ausiliatrice facendo la novena e promettendo qualche oblazione se ottenevano la grazia implorata. E qui so io volessi esporre la moltitudine dei fatti, dovrei farne non un piccolo libretto, ma grossi volumi.
Male di capo cessato, febbri vinte, piaghe ed ulceri cancrenose sanate, reumatismi cessati, convulsioni risanate, male d'occhi, di orecchi, di denti, di reni istantaneamente guariti; tali sono i mezzi di cui servissi la misericordia del Signore per somministrarci quanto era necessario a condurre a termine questa chiesa.
Torino, Genova, Bologna, Napoli, {133 [325]} ma più di ogni altra città, Milano, Firenze, Roma furono le città che, avendo in modo speciale provata la benefica influenza della Madre delle grazie invocata sotto al nome di aiuto dei cristiani, dimostrarono eziandio la loro gratitudine colle oblazioni. Anche più remoti paesi come Palermo, Vienna, Parigi, Londra e Berlino ricorsero colla solita preghiera e colla solita promessa a Maria Ausiliatrice. Non mi consta che alcuno sia ricorso invano. Un favore spirituale o temporale più o meno segnalato fu sempre il frutto della dimanda e del ricorso fatto alla pietosa Madre, al potente aiuto dei cristiani. Ricorsero, ottennero il celeste favore, fecero la loro offerta senza esserne in alcun modo richiesti.
Se tu, o lettore, entrerai in questa chiesa, vedrai un pulpito per noi di elegante costruzione; è una persona gravemente inferma, che ne fa promessa a Maria Ausiliatrice; guarisce ed ha compiuto il suo voto. L'altare elegante della cappella a destra è di una {134 [326]} matrona romana che lo offre a Maria per grazia ricevuta.
Se gravi motivi, che ognuno può di leggeri supporre, non persuadessero differirne la pubblicazione, potrei dire paese e nome delle persone che da ogni parte fecero ricorso a Maria. Anzi potrebbesi asserire che ogni angolo, ogni mattone di questo sacro edifizio ricorda un benefizio, una grazia ottenuta da questa augusta Regina del cielo.
Persona imparziale raccoglierà questi fatti, che a tempo opportuno serviranno a far conoscere alla posterità le maraviglie di Maria Ausiliatrice.
In questi ultimi tempi la miseria facendosi in modo eccezionale sentire, noi pure andavamo rallentando i lavori per attendere tempi migliori alla continuazione dei medesimi; quando altri mezzi provvidenziali vennero in soccorso. Il coléra morbus che infieriva tra noi e ne' paesi confinanti commosse i cuori più insensibili e spregiudicati.
Fra le altre una madre vedendo un {135 [327]} suo unico figliuolo strozzato dalla violenza del male, lo invitò a fare ricorso a Maria SS. aiuto dei cristiani. Nell'eccesso del dolore egli profferì queste parole: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis. Col più vivo affetto del cuore la madre ripetè la medesima giaculatoria. In quel momento si mitigò la violenza del morbo, l'infermo diede in un copioso sudore a segno che in poche ore restò fuori di ogni pericolo, e quasi intieramente guarito. La notizia di questo fatto si dilatò, altri e poi altri si raccomandarono con fede in Dio onnipotente e nella potenza di Maria Ausiliatrice con promessa di fare qualche offerta per continuare la costruzione della sua chiesa. Non si sa che alcuno abbia in questo modo ricorso a Maria senza essere stato esaudito. Avverandosi così il detto di s. Bernardo, che non si è mai udito al mondo che alcuno sia con fiducia ricorso invano a Maria. Mentre scrivo ricevo (maggio 1868) un'offerta con una relazione di persona di molta autorità, che mi annunzia come un {136 [328]} paese intiero fu in modo straordinario liberato dall' infestazione del colèra mercè la medaglia, il ricorso e la preghiera fatta a Maria Ausiliatrice. In questa guisa sopravvennero oblazioni da tutte parti, oblazioni, è vero, di piccola entità, ma che messe insieme bastarono al bisogno.
Neppure è da passarsi sotto silenzio altro mezzo di beneficenza per questa chiesa, quale è l'offerta di una parte del profitto del commercio, o del frutto delle campagne. Molti, che da parecchi anni non ricavavano più alcun frutto dai bachi da seta e dalle vendemmie, promisero di dare il decimo del prodotto che ne avrebbero ricevuto. Ne furono straordinariamente favoriti; contenti perciò di mostrare alla loro celeste benefattrice speciali segni di gratitudine colle loro offerte.
Così noi abbiamo condotto questo per noi maestoso edifizio con un dispendio sorprendente senza che alcuno abbia mai fatto questua di sorta. Chi lo crederebbe? Un sesto della spesa fu coperta con oblazioni di persone {137 [329]} divote; il rimanente furono tutte oblazioni fatte per grazie ricevute.
Ora vi sono ancora alcune note da saldare, alcuni lavori da ultimare, molti ornamenti e suppellettili da provvedere, ma abbiamo viva fiducia in questa augusta Regina del cielo, che non cesserà di benedire i suoi divoti e concedere loro grazie speciali, così che per divozione verso di lei e per gratitudine dei benefizi ricevuti continueranno a porgere la loro mano benefica per condurre la santa impresa al termine totale dei lavori. E così, come dice il supremo Gerarca della Chiesa, si accrescano i divoti di Maria sopra la terra e sia maggiore il numero dei fortunati suoi figli, che un giorno le faranno gloriosa corona nel regno de' cieli per lodarla, benedirla e ringraziarla in eterno. {138 [330]} {139 [331]}
Te Redemptoris, Dominique nostri
Dicimus Matrem, speciosa virgo,
Christianorum decus et levamen
Rebus in arctis.
Saeviant portae licet inferorum,
Hostis antiquus fremat, et minaces,
Ut Deo sacrum populetur agmen,
Suscitet iras.
Nil truces possunt furine nocere
Mentibus castis, prece, quas vocata
Annuens Virgo fovet, et superno
Robore firmat.
Tanta si nobis faveat Patrona
Bellici cessat sceleris tumultus,
Mille sternuntur, fugiuntque turmae,
Mille cohortes.
Tollit ut sancta caput in Sione
Turris, arx firmo fabricata muro,
Civitas David, clypeis, et acri
Milite tuta. {140 [332]}
TRADUZIONE.
Vergin Madre del Signore,
Nostr' aïta e nostro vanto,
Dalla valle ria del pianto
T' imploriam con fede e amore.
Dalle porte dell'inferno
Frema l'oste minacciando,
Tu pietosa stai vegliando
Con lo sguardo tuo superno.
Le sue furie scatenate
Passeran senz'onte e danni,
Se di casti cuor sui vanni
Son le preci a Te innalzate.
Te Patrona, in ogni guerra
Diventiam gli eroi del campo;
Della tua possanza il lampo
Mille schiere fuga e atterra.
Sei baluardo che circonda
Di Sion le case sante;
Di Davidde sei la fionda
Che percote il fier gigante. {141 [333]}
Virgo sic fortis Domini potenti
Dextera, caeli cumulata donis,
A piis longe famulis repellit
Daemonis ictus.
Te per aeternos veneremur annos,
Trinitas, summo celebrando plausu,
Te fide mentes resonoque linguae
Carmine laudent. Amen.
INNO
per le lodi.
Saepe dum Christi populus cruentis
Hostis infensis premeretur armis,
Venit adiutrix pia Virgo coelo
Lapsa sereno.
Prisca sic Patrum monumen la narrant,
Tempia testantur spoliis opimis
Clara, votivo repetita cultu
Festa quotannis.
En novi grates liceat Mariae
Cantici laetis modulis referre
Pro novis donis, resonante plausu,
Urbis et orbis. {142 [334]}
Sei lo scudo che respinge
Di Satanno il brando ignito,
L'asta sei che il risospinge
Nell'abisso dond'è uscito.
TRADUZIONE.
Quando il nemico accerrimo
Ad assalir fu visto
Con l'armi più terribili
Il popolo di Cristo,
Sovente alle difese
Maria dal ciel discese.
Colonne altari e cupule
Onuste di trofei,
E riti e feste e cantici
Fur dedicati a Lei.
Oh quante le memorie
Di tante sue vittorie! {143 [335]}
O dies felix memoranda fastis,
Qua Petri Sedes fidei Magistrum
Triste post lustrum reducem beata
Sorte recepit!
Virgines castae, puerique puri,
Gestiens Clerus, populusque grato
Corde Reginae celebrare caeli
Munera certent.
Virginum Virgo, benedicta Iesu
Mater, haec auge bona: fac, precamur,
Ut gregem Pastor Pius ad salutis
Pascua ducat.
Te per aeternos veneremur annos,
Trinitas, summo celebrando plausu,
Te fide mentes, rcsonoque linguae
Carmine laudent. Amen. {144 [336]}
Ma nuove grazie rendansi
Ai nuovi suoi favori;
Tutte le genti uniscansi
Ed i superni cori
In armonia divina
Con la Città regina.
La Chiesa inconsolabile
Rasserenato ha il ciglio;
Il dì spuntò che reduce
Da lungo tristo esiglio
Di Pietro all'alma Sede
Tornava il Sommo Erede.
Le vereconde giovani,
I casti adolescenti
Col Clero e con il popolo
Cantin sì fausti eventi:
Gareggino in omaggio
D'affetti e di linguaggio.
O Vergin delle vergini,
Madre del Dio di pace,
Possa il Pastor dell' anime
Col labbro sì verace
E l' alta sua virtute
Guidarci alla salute.
Teol. PAGNONE {145 [337]}
Fabbricata che sia la chiesa, non si possono ivi cantare i divini uffizi, celebrarvi il santo sacrifizio e le altre ecclesiastiche funzioni, se prima non venga benedetta o consacrata. Il vescovo colla moltiplicità delle croci e colle aspersioni dell'acqua benedetta intende purgare e santificare il luogo cogli esorcismi contro ai maligni spiriti. Questa benedizione può eseguirsi dal vescovo o da un semplice sacerdote, ma colla diversità dei riti. Ove intervenga l'unzione del sagro crisma e dei santi olii la benedizione spetta al vescovo, e chiamasi solenne, reale e consecutiva perchè ha il compimento di tutte le altre, e molto più perchè la materia benedetta e consacrata non può convertirsi in uso profano; perciò rigorosamente dicesi consagrazione. Se poi in tali cerimonie si fanno solo alcune orazioni con riti e cerimonie analoghe, la funzione può essere eseguita {146 [338]} da un sacerdote, e suole chiamarsi benedizione.
La benedizione può essere fatta da qualunque sacerdote, colla licenza però dell'Ordinario, ma la consagrazione spetta al Papa, ed al solo vescovo. Il rito di consagrare le chiese è antichissimo non che pieno di gravi misteri, e G. Cristo ancor bambino ne santificò l'osservanza, mentre la sua capanna ed il presepio cangiaronsi in tempio nell'offerta che fecero i Re Magi. La spelonca perciò divenne tempio, ed il presepio un altare. S. Cirillo ci avvisa che dagli apostoli fu consacrato in chiesa il cenacolo ove avevano ricevuto lo Spirito Santo, sala che raffigurò anche la Chiesa universale. Anzi secondo Niceforo Calisto, hist. lib. 2, cap. 33, fu tale la sollecitudine degli apostoli, che in ogni luogo ove predicavano il vangelo consacravano qualche chiesa od oratorio. Il Pontefice s. Clemente I, creato l'anno 93, successore non meno che discepolo di san Pietro, tra le altre sue ordinazioni decretò, che tutti i luoghi di orazione fossero a Dio consagrati. Certamente al tempo di s. Paolo le chiese erano consagrate, come vogliono alcuni dottori, scrivendo ai Corinti al c. III, aut Ecclesiam Dei contemnitis? S. Urbano I, eletto nell'anno 226, consacrò in chiesa la casa di santa Cecilia, come scrisse Burius in vita eius. S. Marcello I, creato l'anno 304, consagrò la chiesa di s. Lucina, come racconta il Papa s. Damaso, Vero è per altro che la solennità della pompa, con cui si {147 [339]} compie oggidì la consacrazione, si aumentò in progresso di tempo, dopo che Costantino nel ridonare la pace alla Chiesa fabbricò sontuose basiliche. Anche i templi dei Gentili, già abitazione dei falsi numi, e nido di menzogna, si convertirono in chiese colla approvazione del pio imperatore, e furono consagrati colla santità delle venerande reliquie dei martiri. Laonde il Pontefice san Silvestro I a seconda delle prescrizioni dei suoi predecessori ne stabilì il rito solenne, il quale fu ampliato e confermato da altri Papi, massime da s. Felice III. Si rileva che s. Innocenzo I stabilì che le chiese non si consacrassero più di una volta. Il Pontefice s. Gio. I nel recarsi a Costantinopoli per le cose degli Ariani consacrò in cattoliche le chiese degli eretici, come si legge nel Bernini[16].
Lungo sarebbe descrivere le mistiche spiegazioni che i santi Padri e i Dottori danno ai riti e alle cerimonie della consacrazione della chiesa. Il Cecconi ne parla ai capi {148 [340]} X e XI, ed il P. Galluzzi al capo IV, da cui ricaviamo compendiosamente quanto segue.
I sacri Dottori pertanto non dubitarono di asserire, che la consacrazione della chiesa è una delle più grandi funzioni sacre ecclesiastiche, come ricavasi dai sermoni dei santi Padri, e dai trattati liturgici dei più celebri autori dimostrando la eccellenza e nobiltà che racchiude sì bella funzione tutta diretta a far rispettare e venerare la casa di Dio. Si premettono le vigilie, i digiuni e le orazioni a fine di preperarsi agli esorcismi contro il demonio. Le reliquie rappresentano i nostri santi. E perchè gli abbiamo sempre in mente e nel cuore si ripongono nella cassetta con tre grani di incenso. La scala per la quale ascende il vescovo all'unzione delle dodici croci ci ricorda che l'ultimo e primario nostro fine è il Paradiso. Le dette croci e le altrettante candele significano i dodici Apostoli, i dodici Patriarchi, e i dodici Profeti che sono la guida e le colonne della Chiesa.
Inoltre nell'unzione delle dodici croci in altrettanti luoghi distribuite sulla muraglia consiste formalmente la consacrazione, e diconsi la chiesa e le sue mura consacrate, come nota s. Agostino, lib. 4, Contra Crescent. Si chiude la chiesa per figurare la celeste Sionne, ove non si entra se non purgali da ogni imperfezione, e colle diverse preghiere s'invoca l'aiuto dei santi, e il lume dello Spirito Santo. Il girare che fa tre volle il vescovo, in un col clero per la chiesa, {149 [341]} vuoisi alludere al giro che fecero i sacerdoti coll'arca intorno alle mura di Gerico, non perchè cadano le mura della chiesa, ma perchè venga fiaccata la superbia del demonio e la sua potenza mediante l'invocazione di Dio, ed alla replica delle sacre preghiere assai più efficaci delle trombe degli antichi sacerdoti o leviti. Le tre percosse che dà il vescovo colla punta del pastorale alla soglia della porta, ci dimostrano la podestà del Redentore sopra la sua Chiesa, non che la dignità sacerdotale che il vescovo esercita. L'alfabeto greco e latino figura l'antica unione dei due popoli prodotta dalla croce del medesimo Redentore; e lo scrivere che fa il vescovo colla punta del pastorale, significa la dottrina ed il ministero apostolico. La forma poi di questa scrittura indica la croce che deve essere l'ordinario e principale oggetto di ogni scienza de' cristiani fedeli. Significa inoltre la credenza e fede di Cristo passata dai Giudei ai Gentili, e da questi trasmessa a noi. Tutte le benedizioni sono ripiene di gravi significati, come lo sono tutte le cose che adoperansi nell'augusta funzione. Le sacre unzioni colle quali s'imbalsamo l'altare e le pareti della chiesa significano la grazia dello Spirito Santo, che non può arricchire il mistico tempio della nostra anima, se prima non è mondata dalle sue macchie. Termina la funzione colla benedizione secondo lo stile della santa Chiesa, la quale sempre incomincia le sue azioni colla benedizione di {150 [342]} Dio, e con esse le termina, giacchè tutto principia da Dio e in Dio finisce. Si compie col sacrifizio non solo per eseguire il pontificio decreto di s. Igino, ma perchè non è consacrazione compita ove colla Messa non si consuma interamente anche la vittima.
Dall'imponenza del sacro rito, dall'eloquenza della sua mistica significazione, facilmente possiamo rilevare quanta importanza le attribuisca la santa Chiesa nostra madre e quindi quanta importanza dobbiamo darle noi. Ma ciò che deve accrescere la nostra venerazione verso la casa del Signore, è il vedere quanto questo rito sia fondato e informato dal vero spirito del Signore rivelato nell'antico Testamento. Lo spirito che guida oggi la Chiesa a circondar di tanta venerazione, i templi del culto cattolico, è lo stesso che inspirava a Giacobbe di santificar coll' olio il luogo dove aveva avuta la visione della scala; è lo stesso che inspirava a Mosè ed a Davidde, a Salomone ed a Giuda Macabeo di onorar con riti speciali i luoghi destinati ai divini misteri. Oh quanto questa unione di spirito dell'uno e dell' altro Testamento, dell' una e l' altra Chiesa ci ammaestra e ci consola! Esso ci dimostra quanto gradisca Dio di essere adorato ed invocato nelle sue chiese, perciò quanto volentieri esaudisca le preghiere che in esse gli rivolgiamo. Quanto rispetto per un luogo, la profanazione del quale armò di flagello la mano di un Dio e lo cambiò di mansueto agnello in severo punitore! {151 [343]}
Accorriamo pertanto al sacro tempio, ma con frequenza, giacchè quotidiano e il bisogno che abbiamo di Dio; interveniamovi, ma con fiducia e con religioso timore. Con fiducia, giacchè vi troviamo un Padre pronto ad esaudirci, a moltiplicarci il pane delle sue grazie come già sul monte, ad abbracciarci come il figlio, prodigo, a consolarci come la Cananea, nei bisogni temporali come alle nozze di Cana, nei bisogni spirituali come sul Calvario; con timore, giacchè quel Padre non cessa di esserci giudice, e se ha orecchi da sentire le nostre preghiere, ha pur occhi da vedere le nostre irriverenze, e se tace ora agnello paziente nel suo tabernacolo, parlerà con voce tremenda nel gran giorno del giudizio. Se lo offendiamo fuori di chiesa, ci resterà ancora la chiesa di scampo per averne il perdono; ma se lo offendiamo dentro la chiesa, dove andremo per essere perdonati?
Nel tempio si placa la divina giustizia, si riceve la divina misericordia, suscepimus divinam misericordiam tuam in medio templi tui. Nel tempio Maria e Giuseppe trovarono Gesù quando lo ebbero smarrito, nei tempio lo troveremo noi se lo cercheremo con quello spirito di santa fiducia e di santo timore con cui lo cercarono Maria e Giuseppe. {152 [344]}
Copia della inscrizione chiusa nella pietra angolare della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Valdocco.
D. O. M.
Ut voluntatis et pietatis nostrae solemne testimonium posteris extaret in Mriam Agustam genitricem christiani nominis potentem templum hoc ab inchoato extruere Dvina Povidentia unice fretis in animo fuit quinta tandem cal. Mai. An. MDCCCLXV dum nomen christianum regeret sapientia ac fortitudine PIus Papa IX Pontifex Maximus angularem aedis lapidem Ioan. Ant. Odo episcopus Segusinorum Deum precatus aqua lustrali rite expiavit et Amadeus Allobrogicus v. Emm. II filius eam primum in loco suo condidit magno apparatu ac frequenti civium concursu salve o Virgo Parens volens propitia tuos clientes maiestati tuae devotos e superis praesenti sospites auxilio
I. B. Francesia scripsit. {153 [345]}
Traduzione.
A solenne testimonianza messo i posteri della nostra benevolenza e religione verso l'augusta Madre di Dio Maria Ausiliatrice abbiamo deliberato di edificare cotesto tempio dalle fondamenta addì XXVII aprile dell'anno MDCCCLXV governando la Chiesa Cattolica con sapienza e fortezza il Pontefice Massimo Pio IX secondo i riti religiosi si benedisse la pietra angolare della chiesa da Giovanni Antonio Odone vescovo di Susa ed Amedeo di Savoia figlio di vittorio e. II la collocò per la prima volta a posto in mezzo a grande apparato e numeroso concorso di popolo salve, o Vergine Madre, soccorri benevola a' tuoi cultori alla tua maestà devoti e difendili dal cielo con efficace aiuto. {154 [346]}
Quando il cultor degli idoli
Mosse a Gesù la guerra,
Di quanti mila intrepidi
S'insanguinò la terra!
Da fiere lotte incolume
Di Dio la Chiesa uscita
Propaga ancor sua vita,
Dall'uno all'altro mar.
E vanta pur suoi martiri
Quest'umile vallea,
Quivi fu morto Ottavio,
Qui Solutor cadea.
Bella immortai vittoria!
Sulle sanguigne zolle
Dei Martiri s'estolle
Forse il divino altar.
E qui l'afflitto giovane
Aprendo i suoi sospiri,
Un refrigerio all'anima
Trova ne' suoi martiri;
Qui la sprezzata vedova
Dal cuor devoto e santo
Depone l'umil pianto
In seno al Re dei Re, {155 [347]}
E a te che suoli vincere
Più che non mille spade,
A Te che vanti glorie
In tutte le contrade,
A Te potente ed umile
Cui tutto il nome dice,
MARIA AUSILIATRICE,
Tempio innalziamo a Te.
Dunque, o pietosa Vergine,
Si grande a' tuoi cultori,
Sopra di loro in copia
Deh ! versa i tuoi favori.
Già con pupilla tenera
Il giovin PRENCE mira,
Che a' tuoi allori aspira,
Oh Madre al Bedentor !
Egli di mente e d'indole,
Di nobile sentire,
A Te si dona, o Vergine,
Degli anni in sul fiorire;
Egli con vece assidua
Ode a Te sacro carme,
Ed or desia dell'arme
Il solito fragor.
Ei di Amedeo la gloria,
Le gran virtù d'Umberto
Nutre nel cuor, e memora
Il celestial lor serto;
E dalle bianche nuvole,
Dalle celesti squadre
Della beata Madre
Ascolta il pio parlar. {156 [348]}
Caro e diletto PRincipe,
Schiatta di santi eroi,
Quale pensier benefico
Ti mena qui fra noi ?
Uso alle aurate regie,
Del mondo alto splendore
Del miser lo squallore
Degnasti visitar?
Bella speranza al popolo,
In mezzo a cui tu vieni,
Possa tuoi giorni vivere
Calmi, dolci e sereni:
Mai sul tuo capo giovane,
Sull'alma tua secura
Non strida la sventura,
Non surga amaro dì.
Saggio e zelante Presule,
E nobili Signori,
Quanto all'Eterno piacciono
I santi vostri ardori ?
Beata vita e placida
Vive chi pel decoro
Del Tempio il suo tesoro
O l'opera largì.
O dolce e pio spettacolo !
O giorno memorando !
Giorno più bello e nobile,
Qual mai si vide e quando?
Ben mi favelli all'anima:
Di questo ancor più bello
Giorno fia certo quello
Che il Tempio s'apra al ciel. {157 [349]}
Nella difficil opera
Benefici dorate,
E presto giunti al termine,
Con gioia in Dio posate;
E allor sciogliendo fervido
Sulla mia cetra un canto:
Lode diremo al Santo
Al Forte d'Israel. {158 [350]}
FILOTICO, BENVENUTO, CRATIPPO E TEODORO.
Filot. Bella festa è quella di quest'oggi.
Crat. Festa bellissima; io sono da molti anni in quest'Oratorio, ma festa pari non vidi mai, e difficilmente potremo farne altra simile in avvenire.
Benv. Mi presento a voi, cari amici, pieno di maraviglia: non so darmi ragione.
Filot. Di che?
Benv. Non so darmi ragione di quello che ho veduto.
Teod. Chi sei tu, donde vieni, che hai veduto?
Benv. Io sono forestiere, e sono partito dalla mia patria per venire a far parte dei Giovani dell'Oratorio di S. Francesco di {159 [351]} Sales. Giunto in Torino dimando di essere qua condotto, ma appena entrato vedo vetture regalmente fornite, cavalli, staffieri, cocchieri tutti adornati con grande magnificenza. Possibile! dissi fra me, che questa sia la casa che io, povero orfanello, vengo ad abitare? Entro di poi nel recinto dell'Oratorio, vedo una moltitudine di giovanetti che van gridando inebbriati di gioia e quasi frenetici: Viva, gloria, trionfo, benevolenza da tutti e sempre. - Alzo lo sguardo verso il campanile e vedo una piccola campanella agitarsi in tutti i versi per produrre con ogni suo sforzo un armonioso scampanio. - Pel cortile musica di qua, musica di là: chi corre, chi salta, chi canta, chi suona. Che cesa è mai tutto questo?
Filot. Ecco in due parole la ragione. Oggi fu benedetta la pietra angolare della novella nostra chiesa. Sua Altezza il Principe Amedeo si degnò di venire a deporvi sopra la prima calce; Sua Eccellenza il Vescovo di Susa ne venne a fare la religiosa funzione; gli altri poi sono una schiera di nobili personaggi e d'insigni nostri Benefattori, che intervennero a fine di prestar omaggio al Figlio del Re, e nel tempo stesso rendere più maestosa la solennità di questo bellissimo giorno.
Benv. Ora comprendo la cagione di tanta allegria; ed avete ben motivo di celebrare una gran festa. Ma, se mi permettete una osservazione, sembrami che voi l'abbiate sbagliala nella parte principale. In un giorno {160 [352]} così solenne per fare la debita accoglienza a tanti insigni personaggi, all'Augusto Figlio del nostro Sovrano, voi avreste dovuto preparare grandi cose. Voi avreste dovuto costrutte archi trionfali, coprire di fiori le strade, inghirlandare ogni angolo di rose, ornare ogni parete di eleganti tappeti, con mille altre cose.
Teod. Hai ragione, caro Benvenuto, hai ragione, questo era nostro comune desiderio. Ma che vuoi? Poveri giovanetti, come siamo, ne fummo impediti non dalla volontà, che in noi è grande, ma dall'assoluta nostra impotenza.
Filot. A fine di ricevere degnamente questo nostro amato Principe, pochi giorni or sono ci siamo tutti radunati per trattare quanto era da farsi in un giorno cotanto solenne. Uno diceva: Se io avessi un regno vorrei offerirglielo, poichè ne è veramente degno. Optime, risposero tutti; ma, poverini, abbiamo niente. Ah, i miei compagni soggiunsero, se non abbiamo un regno da offerirgli, possiamo almeno costituirlo Re dell'Oratorio di s. Francesco di Sales. Noi fortunati ! tutti esclamarono, allora cesserebbe tra noi la miseria, e vi sarebbe una festa perenne. Un terzo poi, vedendo senza fondamento le altrui proposte, conchiuse, che noi potevamo farlo Re dei nostri cuori, padrone del nostro affetto; e poichè parecchi nostri compagni sono già sotto a' suoi comandi nella milizia, offerirgli la nostra {161 [353]} fedeltà, la nostra sollecitudine, qualora venisse il tempo in cui noi dovessimo militare nel reggimento da lui diretto.
Benv. Che risposero i tuoi compagni?
Filot. Tutti accolsero con gioia quel progetto. In quanto poi agli apparecchi del ricevimento abbiamo detto unanimi: Questi Signori vedono già cose grandi, cose magnifiche, cose maestose a casa loro, e sapranno dare benigno compatimento alla nostra impotenza; e noi abbiamo motivo di tanto sperare dalla generosità e dalla bontà del loro Cuore.
Benv. Bravo, hai detto bene.
Teod. Benissimo, approvo quanto dite. Ma intanto non dobbiamo almeno loro in qualche modo manifestare la nostra gratitudine, e rivolgere loro qualche parola di ringraziamento ?
Benv. Sì, miei cari, ma prima vorrei che appagaste la mia curiosità intorno a parecchie cose riguardanti agli Oratorii ed alle cose che in essi si fanno.
Filot. Ma noi faremo esercitare di troppo la pazienza a questi amati Benefattori.
Benv. Credo che tal cosa tornerà loro eziandio di gradimento. Imperocchè siccome essi furono e sono tuttora nostri insigni Benefattori, ascolteranno con piacere l'oggetto della loro beneficenza.
Filot. Io non sono in grado di fare tanto, perchè è appena un anno dacchè sono qui. Forse Cratippo, che è de' più anziani, sarà in grado di appagarci; non è vero, Cratippo? {162 [354]}
Crat. Se giudicate che io sia capace di tanto, volentieri mi adoprerò per appagarvi. - Dirò primieramente che gli Oratorii nella loro origine (1841) non erano altro che radunanze di giovanetti per lo più forestieri, che nei giorni festivi intervenivano in siti determinati per essere istruiti nel Catechismo. Quando poi si poterono avere locali più opportuni, allora gli Oratorii (1844) divennero luoghi in cui i giovani si radunavano per trattenersi in piacevole ed onesta ricreazione dopo avere soddisfatto ai loro religiosi doveri. Quindi giocare, ridere, saltare, correre, cantare, suonare, trombettare, battere i tamburri era il nostro trattenimento. - Poco dopo (1846) vi si aggiunse la scuola domenicale, di poi (1847) le scuole serali. - Il primo Oratorio è quello ove noi ci troviamo, detto di S. Francesco di Sales. Dopo questo se ne aprì un altro a Porta Nuova; quindi un altro più tardi in Vanchiglia, e pochi anni sono quello di S. Giuseppe a S. Salvano.
Benv. Tu mi racconti la storia degli Oratorii festivi, e questa piace assai; ma io vorrei sapere qualche cosa di questa casa. Di quale condizione sono i giovanetti accolti in questa casa? In quale cosa sono essi occupati?
Crat. Sono in grado di poterti soddisfare. Fra i giovani che frequentano gli Oratorii, ed anche di altri paesi, se ne incontrano alcuni, i quali o perchè totalmente abbandonati, o perchè poveri o scarsi di beni di {163 [355]} fortuna li attenderebbe un tristo avvenire, se una mano benefica non prendesse di loro cara paterna, ed accoltili, loro non somministrasse quanto è necessario per la vita.
Benv. Da quanto mi dici, pare che questa casa sia destinata a poveri giovanetti, e intanto io vi vedo tutti così ben vestiti che mi sembrate tanti signorini.
Crat. Vedi, Benvenuto, attesa la festa straordinaria che oggi facciamo, ciascuno trasse fuori quanto aveva o potè avere di più bello, e così possiamo fare, se non maestosa, almeno compatibile comparsa.
Benv. Siete molti in questa casa?
Crat. Siamo circa ottocento.
Benv. Ottocento! ottocento! E come soddisfare all'appetito di tanti distruggitori di pagnotelle?
Crat. Di questo noi non ci occupiamo; ci pensi il panattiere.
Benv. Ma come far fronte alle spese che occorrono ?
Crat. Dà uno sguardo a tutti questi personaggi che con bontà ci ascoltano, e tu saprai chi e come si provvede quanto occorre per vitto, vestito, ed altro che sia all'uopo.
Benv. Ma la cifra di ottocento mi sbalor disce! In qual cosa si possono mai occupare, tutti questi giovani e di giorno e di notte!
Crat. È cosa facilissima occupargli di notte. Ciascuno a letto dorme il fatto suo e sta in disciplina, ordine e silenzio sino al mattino. {164 [356]}
Benv. Ma tu celii.
Crat. Dico questo per secondare la celia che mi proponesti. Se poi vuoi sapere quali siano le nostre giornaliere occupazioni, te le dirò pure in poche parole. Essi dividonsi in due principali categorie - Una di Artigiani, l'altra di Studenti. - Gli Artigiani sono applicati ai mestieri di sarti, calzolai, ferrai, falegnami, legatori, compositori, tipografi, musici e pittori. Per esempio, queste litografie, questi dipinti sono lavoro de' nostri compagni. Questo libro è stato stampato qui, e fu legato nel nostro laboratorio.
In generale poi sono tutti studenti, perchè devono tutti frequentare la scuola serale, ma coloro che manifestano maggior ingegno e miglior condotta sogliono dai nostri superiori essere applicati esclusivamente allo studio. Per questo noi abbiamo la consolazione di avere fra i nostri compagni alcuni medici, altri notai, altri avvocati, maestri, professori, ed anche parroci.
Benv. E questa musica è tutta dei giovani di questa casa?
Crat. Sì, i giovani che testè cantarono o suonarono sono giovani di questa casa; anzi la stessa composizione musicale è quasi tutta roba dell'Oratorio; imperciocchè ogni giorno ad ora determinata vi è scuola apposita, e ciascuno oltre ad un mestiere od allo studio letterario, può avanzarsi nella scienza musicale.
Per questo motivo noi abbiamo il piacere di aver eziandio parecchi nostri compagni {165 [357]} che esercitano luminose cariche civili e militari per la scienza letteraria, mentre non pochi sono addetti alla musica in vari reggimenti, nella Guardia Nazionale, nel medesimo Reggimento di S. A. il Principe Amedeo.
Benv. Questo mi piace assai; così quei giovanetti che sortirono dalla natura perspicace ingegno possono coltivarlo, e non sono costretti dalla indigenza a lasciarlo inoperoso, od a fare cose contrarie alle loro propensioni. - Ma ditemi ancora una cosa: entrando qui ho veduto una chiesa bella e fatta, e tu mi hai detto che se ne vuol fare un'altra: che necessità avvi di questo?
Crat. La ragione è semplicissima. La chiesa di cui ci siamo finora serviti era specialmente destinata ai giovanetti esterni che intervenivano nei giorni festivi. Ma pel numero ognor crescente di giovanetti accolti in questa casa, la chiesa divenne ristretta, e gli esterni ne sono quasi totalmente esclusi. Dimodochè possiamo calcolare che nemmeno un terzo de' giovani che interverrebbero possono aver posto. - Quante volte si dovettero respingere schiere di giovanetti e permettere che andassero a fare i monelli nelle piazze per la sola ragione che non eravi più posto in chiesa !
Si aggiunga ancora che dalla chiesa parochiale di Borgo Dora fino a s. Donato esiste una moltitudine di case, e molte migliaia di abitanti, nel cui mezzo non avvi nè chièsa, nè cappella, nè poco, nè molto {166 [358]} spaziosa: nè pe' fanciulli, nè per gli adulti che pure v' interverrebbero. Era pertanto necessaria una chiesa abbastanza spaziosa per accogliere i fanciulli, e che somministrasse anche spazio per gli adulti. A questo pubblico e grave bisogno tende a provvedere la costruzione della chiesa che forma l'oggetto della nostra festa.
Benv. Le cose così esposte mi danno una idea giusta degli Oratorii e dello scopo della chiesa, e credo che ciò torni anche di gradimento a questi Signori, che così conoscono dove vada a terminare la loro beneficenza. Mi rincresce per altro molto di non essere un eloquente oratore od un valente poeta per improvvisare uno splendido discorso, od un sublime poema sopra quanto mi hai detto con qualche espressione di gratitudine e di ringraziamento a questi Signori.
Teod. Io pure vorrei fare altrettanto, ma appena so che in poesia la lunghezza delle linee deve essere uguale e non più; perciò a nome dei miei compagni e dei nostri amati Superiori solo dirò a S. A. il Principe Amedeo e a tutti gli altri Signori che noi fummo contentissimi di questa bella festa; che faremo una iscrizione in carattere d'oro in cui si dica:
Viva eterno questo dì!
Prima il sole dall'Occaso
Fia che torni al suo Oriente;
Ogni fiume a sua sorgente {167 [359]}
Prima indietro tornerà,
Che dal cuor ci si cancelli
Questo dì che fra i più belli
Tra di noi sempre sarà.
A voi poi in particolare, Altezza Reale, dico che noi vi portiamo grande affetto, e ci avete procurato un grandissimo favore col venirci a visitare, e che ogni qualvolta avremo la bella ventura di vedervi per la città o altrove, oppure ascolteremo parlare di voi, sarà sempre per noi oggetto di gloria, di onore, di verace compiacenza. Prima per altro che parliate da noi, permettete che a nome de' miei amati Superiori e de' miei cari compagni vi domandi un favore; ed è che vi degniate ancora di venire altre volte a vederci per così rinnovarci la gioia di questo bel giorno. Voi poi, Eccellenza, continuateci quella paterna benevolenza che ci avete finora usato. Voi, o Signor Sindaco, che in tante guise prendeste parte al nostro bene, continuateci la vostra protezione, e procurateci il favore che la via Cottolengo venga rettificata di fronte alla novella chiesa; e noi vi accertiamo, che raddoppieremo verso di voi la profonda nostra gratitudine. Voi, signor Curato, degnatevi di considerarci sempre non solo come parochiani, ma come cari figli che in voi ravviseranno ognora un tenero e benevolo padre. A tutti poi ci raccomandiamo affinchè vogliate continuare ad essere, come lo foste nel passato, insigni {168 [360]} benefattori specialmente per compiere quel santo edifizio che forma l'oggetto dell'odierna solennità. Esso è già cominciato, già sorge fuori terra, e col fatto porge egli stesso la mano ai caritatevoli perchè lo conducano a compimento. In fine mentre vi assicuriamo che rimarrà grata ed incancellabile ne' nostri cuori la memoria di questo bel giorno, unanimi preghiamo la Regina del cielo, a cui è dedicato il novello tempio, che vi ottenga dal Datore di tutti i beni vita lunga e giorni felici. {169 [361]}
Correva l'anno del Signore 1866 quando la mia consorte nel mese d'ottobre fu colta da una gravissima malattia, vale a dire da una grande infiammazione congiunta con una gran costipazione, e con mal verminoso. In questi dolorosi frangenti si fece in prima ricorso ai periti dell'arte i quali non stettero molto a dichiarare che la malattia era pericolosissima. Vedendo io che il male molto più s'aggravava, e che a poco o nulla giovavano i rimedii umani, suggerii alla mia compagna che si raccomandasse a Maria Ausiliatrice, e che ella certamente le avrebbe conceduto la salute se era necessaria per quella dell'anima; aggiunsi {170 [362]} nello stesso tempo la promessa che se avesse ottenuto la sanità, appena terminata la chiesa, che si sta facendo in Torino, di portarci ambidue a visitarla e farvi qualche oblazione. A tal proposta essa rispose che poteva raccomandarsi a qualche Santuario più vicino per non aver poi l'obbligo di andar così lontano; a quella risposta io le dissi che non bisognava guardar tanto il comodo, quanto la grandezza del benefizio che si spera.
Allora essa si raccomandò, e promise quanto si proponeva. O potenza di Maria! non erano ancora 30 minuti dacchè essa aveva fatto la promessa quando interrogata da me come stava ella mi disse: sto molto più bene, ho la mente più libera, non ho più oppresso lo stomaco, sento abborrimento al ghiaccio che poco prima tanto desiderava, e son più vogliosa di brodo che poco prima tanto abborriva.
A queste parole io mi sentii nascere a nuova vita, e se non fosse stato di notte sarei subito uscito di camera a pubblicare la grazia ricevuta da Maria SS. Il fatto sta che essa passò la notte tranquilla, ed al mattino seguente comparendo il medico la dichiarò immune da ogni pericolo. Chi la risanò se non Maria Ausilialrice? Infatti essa dopo pochi giorni abbandonò il letto, ed intraprese le faccende domestiche. Ora aspettiamo anziosamente che si compia la chiesa a lei dedicata, per quindi adempir la promessa fatta. {171 [363]}
Ho scritto questo, qual figlio umile dell'una, santa, cattolica ed apostolica Chiesa, e desidero che al medesimo si dia tutta quella pubblicità che si giudicherà bene per la maggior gloria di Dio e dell'augusta Madre del Salvatore.
COSTAMAGNA LUIGI
di Caramagna.
Mornese è un paesello della diocesi di Acqui, provincia di Alessandria, di circa mille abitanti. Questo nostro paese, come tanti altri, era tristamente travaglialo dalla crittogama che da oltre venti anni divorava quasi tutto il raccolto dell'uva che è la nostra ricchezza principale. Avevamo già usato altri ed altri specifici per allontanare quel malanno, ma inutilmente. Quando si sparge la voce che alcuni contadini dei paesi confinanti avendo promesso una parie del frutto dei loro vigneti per la continuazione dei lavori della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Torino furono maravigliosamente favoriti ed ebbero uva in abbondanza. Mossi i Mornesini dalla speranza di migliore raccolto e più ancora animati dal pensiero di concorrere ad un'opera di religione, determinarono di offerire per questo scopo la decima parte {172 [364]} delle nostre vendemmie. La protezione della santa Vergine si fece sentire tra noi in modo veramente pietoso. Abbiamo avuto l'abbondanza dei tempi più felici, e fummo ben lieti di poter scrupolosamente offerire in genere o in danaro quanto avevamo promesso. All' occasione che il Direttore dei lavori di quella chiesa invitato venne tra noi per raccogliere le offerte vi fu una festa di vera gioia e di pubblica esultanza.
Egli apparve profondamente commosso per la prontezza e disinteresse con cui erano fatte le offerte, e per le cristiane parole con cui le accompagnavano. Ma un nostro patriota a nome di tutti diede ad alta voce ragione di quanto avveniva. Noi, esso prese a dire, siamo debitori di grandi cose alla santa Vergine Ausiliatrice. L'anno scorso molti di codesto paese dovendo andare alla guerra si posero tutti sotto alla protezione di Maria Ausiliatrice, mettendosi per lo più una medaglia al collo andarono coraggiosamente, e dovettero affrontare i più gravi pericoli, ma niuno restò vittima di quel flagello del Signore. Inoltre nei paesi confinanti fu strage del colèra, della grandine, della siccità, e noi fummo affatto risparmiati. Quasi nulla è la vendemmia dei nostri vicini, e noi siamo stati benedetti con tale abbondanza che da venti anni non si è più veduta. Per questi motivi noi siamo lieti di poter manifestare in tal modo la incancellabile nostra gratitudine verso la grande Protettrice del genere umano. {173 [365]}
Credo di essere fedele interprete de' miei concittadini asserendo che quanto abbiamo fatto ora, lo faremo eziandio in avvenire, persuasi così di renderci sempre più degni delle celesti benedizioni.
25 marzo 1868
Un Abitante di Mornese.
Il giovanetto Bonetti Giovanni di Asti nel collegio di Lanzo ebbe il favore seguente. La sera dei 23 di dicembre ultimo scorso entrò improvvisamente in camera dei Direttore con passo incerto e col viso stravolto. Gli si avvicina, appoggia la sua persona a quella del pio Sacerdote, e colla destra si stropiccia la fronte e non dice parola. Maravigliato egli di vederlo così convulso, lo sorregge, e ponendolo a sedere lo richiede che cosa desideri. Alle replicate domande il poveretto non rispondeva che con sospiri sempre più stentati e profondi. Allora lo fissa più attentameute in fronte, e vede che i suoi occhi erano immobili, le labbra pallide, ed il corpo consentendo al {174 [366]} peso della testa minacciava cadere. Vedendo allora in qual pericolo della vita stesse il giovanetto si manda tosto pel medico. Intanto il male peggiorava ad ogni istante, la sua fisonomia erasi contraffatta, e non sembrava più quella di prima, le braccia, le gambe, la fronte erano gelate, il catarro lo soffocava; il respiro sempre si faceva più breve, ed i polsi non si sentivano più che leggermente. Durò in questo stato cinque penosissime ore.
Giunse il Dottore, applicò varii rimedi, ma sempre con nessun risultato. È finito, disse addolorato il medico, prima di domattina cotesto giovanetto sarà morto.
Sfidato così delle speranze umane il buon Sacerdote si rivolse al cielo, pregando che se non era suo volere che il giovanetto vivesse, almeno gli concedesse un po' di tempo per confessarsi e comunicarsi. Prese quindi una piccola medaglia di Maria Ausiliatrice. Le grazie già ottenute dalla invocazione della Vergine con quella medaglina erano molte, ed aumentarono la speranza di ottenere aiuto dalla celeste Protettrice. Pieno adunque di fiducia in Lei si inginocchiò, gli mise sul cuor la medaglia e con altre pie persone accorse si dissero alcune preghiere a Maria ed al SS. Sacramento. E Maria ascoltò le preghiere che con tanta confidenza Le erano innalzate. Il respiro del piccolo Giovanni diventò più libero, gli occhi, che erano come impietriti, si volsero caramente intorno a mirare e a {175 [367]} ringraziare gli astanti delle cure pietose che gli facevano. Nè il miglioramento fu cosa di breve durata, anzi ognuno tenne certa la guarigione. Il medico stesso sbalordito dell'avvenuto ebbe ad esclamare: - Fu la grazia di Dio, che operò la salute. Nella mia lunga carriera ho veduto un gran numero di ammalati e moribondi, ma nessuno di quelli che si trovarono al punto del Bonetti vidi riaversi. Senza l'intervento benefico del cielo, è questo per me un fatto inesplicabile. E la scienza, usa oggidì a rompere quel mirabile vincolo che la unisce a Dio, rese umile omaggio a Lui giudicandosi essa impotente ad ottenere quello che solo Iddio compì. Il giovanetto che fu oggetto di gloria della Vergine, continua tuttora a stare molto e molto bene. Dice e predica a tutti che la sua vita la deve doppiamente a Dio ed alla potentissima sua Madre, dalla cui valida intercessione ottenne la grazia. Egli si crederebbe ingrato di cuore se non rendesse pubblica testimonianza di gratitudine, ed invitare così altri ed altri infelici che in questa valle di lagrime soffrono e vanno in cerca e di conforto e di aiuto.
(Dal giornale: La Vergine). {176 [368]}
In una casa d'educazione di Torino eravi un giovinetto di 19 o 20 anni, che già da parecchi giorni soffriva acerbissimi dolori ai denti. Tutto quello che l'arte medica suole in tali casi suggerire erasi già usato senza alcun felice esito. Onde il povero giovane era a tal punto di esacerbazione ridotto, che destava la pietà in tutti quelli che lo sentivano. Se il giorno gli pareva orrido, eterna e sciaguratissima la notte, in cui non poteva chiudere l' occhio al sonno che ad istanti interrotti e brevissimi. Che stato deplorabile era mai questo suo ! Continuò così per qualche tempo; ma alla sera delli 29 aprile il male parve diventar furiosissimo. Gemeva il giovanetto nel suo letto senza posa, sospirava ed altamente gridava senzachè lo potesse qualcuno alleviare. I compagni inteneriti sulla condizione di lui infelice andarono a farne parte al Direttore che volesse degnarsi di venirlo a confortare. Ci venne, e tentò a parole di ridonargli la calma tanto a lui necessaria e a' suoi compagni perchè potessero riposare. Ma tanto era il furore del male, che egli sebben obbedientissimo, non potè cessare il lamento; dicendo che non sapeva se pur anche nell' inferno stesso si potevano soffrire {177 [369]} più crudeli dolori. Il superiore allora pensò bene di collocarlo sotto alla protezione di Maria Ausiliatrice, al cui onore si solleva pur anche in questa nostra citta maestoso tempio. C' inginocchiammo tutti, e facemmo breve preghiera. Ma che ? L'aiuto di Maria non si fece molto aspettare. Nell'atto che il sacerdote compartiva al desolato giovane la benedizione, sull' istante ebbe calma, e prese placido e profondo sonno. In quell'istante ci balenò alla mente un terribile sospetto; che cioè il povero giovane fosse soccombuto al male, ma no, egli erasi già profondamente addormentato, e Maria aveva udita la preghiera del suo divoto, e Dio la benedizione del suo ministro.
Passarono più mesi, e il giovane soggetto al male de' denti non ne fu più molestato.
(Dallo stesso).
Credo che il vostro nobile periodico farà buon viso ad alcuni avvenimenti succeduti tra di noi, che io espongo ad onore di Maria Ausiliatrice. Ne trascelgo solamente alcuni di cui sono stato testimonio in questa città, ommettendone molti altri che si raccontano ogni dì. {178 [370]}
Il primo riguarda ad una signora di Milano che da cinque mesi si andava consumando da una polmonite congiunta ad una totale prostrazione dell'economia vitale.
Passando da queste parti il Sac. B........ venne da esso consigliata a fare ricorso a Maria Ausiliatrice, mercè una novena di preghiera ad onore di lei, con promessa di qualche oblazione per continuare i lavori della chiesa, che appunto sotto il titolo di Maria aiuto dei cristiani si va innalzando in Torino. Questa oblazione per altro era soltanto da farsi a grazia ottenuta.
Maraviglia a dirsi ! In quel giorno stesso l'inferma potè ripigliare le sue ordinarie e gravi occupazioni, accomodarsi a qualsiasi genere di cibi, andare a passeggio, entrare e uscire da casa liberamente, come se non fosse mai stata ammalata. Quando poi si terminava la novena, ella trovavasi nello stato di florida sanità, quale non si ricordava mai aver in addietro goduta.
Un'altra Signora da tre anni pativa un male di palpitazione, con molti incomodi che a questo male vanno congiunti. Ma la venuta di qualche febbre e di una specie di idropisia l'avea resa immobile in letto. Il suo male era giunto a tal segno, che quando il mentovato sacerdote le dava la benedizione, il marito di lei dovette alzarle la mano, affinchè potesse fare il segno della santa croce. Fu parimente raccomandata una novena ad onore di Gesù Sacramentato e di Maria Ausiliatrice, con promessa di {179 [371]} qualche oblazione pel sopra citato sacro edifizio, ma a grazia compiuta. Nel giorno stesso, in cui terminavasi la novena, la inferma era libera da ogni male, e potè ella medesima compilare la narrazione del suo male, in cui leggo quanto segue:
« Maria Ausiliatrice mi ha fatto guarire da una malattia, per cui reputavasi inutile ogni ritrovato dell' arte. Oggi, ultimo giorno della novena, io sono libera da ogni male, e vado a mensa colla mia famiglia, cosa che da tre anni non aveva più potuto fare. Finchè vivrò, non cesserò di magnificare la potenza e la bontà dell'augusta Regina del cielo, e mi adopererò per promuovere il culto di lei, specialmente nella chiesa che si sta costruendo in Torino. »
Aggiungo ancora un altro fatto, che è altresì più maraviglioso degli antecedenti.
Un giovinetto sul fiore degli anni si vedeva aperta una delle più luminose carriere per la via delle scienze, quando fu colpito da crudo male ad una mano. Malgrado ogni cura, ogni sollecitudine dei medici più accreditati non si poterono ottenere miglioramenti, nè poteva arrestarsi il progresso del male. Tutte le conclusioni dei periti dell'arte concorrevano a dire doversi venire all'amputazione, per impedire la totale rovina del corpo. Spaventato egli a questa sentenza, volle fare ricorso a Maria Ausiliatrice, mettendo in opera i medesimi rimedii spirituali, che altri con tanto frutto {180 [372]} avevano praticato. L'acutezza dei dolori cessò sull'istante, le piaghe si mitigarono, e in breve tempo apparve compiuta guarigione. Chi volesse soddisfare alla propria curiosità potrebbe rimirare quella mano che presenta le tacche ed i fori delle piache cicatrizzate, che ricordano la gravezza del suo male e la maravigliosa guarigione del medesimo. Esso volle andare a compiere in persona la sua oblazione a Torino, per dimostrare viepiù la sua gratitudine verso l'augusta Regina del cielo.
Ho ancora molti altri racconti di questo genere, che vi esporrò con altre mie lettere, se giudicherete questa essere materia opportuna pel vostro periodico. Vi prego di omettere i nomi delle persone, cui i fatti si riferiscono, per non esporle ad importune dimande ed osservazioni. Valgano tuttavia questi fatti a ravvivare ognor più fra i cristiani la fiducia nella protezione di Maria Ausiliatrice, per accrescerle i divoti in terra, e per avere un giorno più gloriosa corona dei suoi divoti in cielo.
(Dalla Vera Buona Novella di Firenze).
Con approvazione Ecclesiastica. {181 [373]}
Al lettore |
pag. 5 |
Capo I. Maria riconosciuta con simboli aiuto del genere umano |
9 |
Capo II. Maria dimostrata aiuto dei Cristiani dall'Arcangelo Gabriele nell'atto di annunziarla madre di Dio |
20 |
Capo III. Maria manifesta nelle nozze di Cana il suo zelo e la sua potenza presso suo figlio Gesù |
31 |
Capo IV. Maria eletta aiuto dei Cristiani sul monte Calvario da Gesù moribondo |
37 |
Capo V. Divozione de' cristiani primitivi alla Santa Vergine Maria |
42 |
Capo VI. La B. Vergine spiega a s. Gregorio i misteri della fede. Capo Castigo di Nestorio |
49 |
Capo VII. Maria favorisce chi lavora per la fede; mentre Dio punisce chi oltraggia la Santa Vergine |
55 {182 [374]} |
Capo VIII. Maria protettrice degli eserciti che combattono per la fede pag. 61 |
|
Capo IX. Battaglia di Lepanto |
71 |
Capo X. La liberazione di Vienna |
76 |
Capo XI. Associazione di Maria Ausiliatrice in Monaco |
81 |
Capo XII. Convenienza della festa di Maria Ausiliatrice |
84 |
Capo XIII. Istituzione della festa di Maria aiuto dei cristiani |
89 |
Capo XIV. Ritrovamento dell'immagine di Maria Auxilium Christianorum di Spoleto |
95 |
Capo XV. Divozione e progetto di una chiesa a Maria A. in Torino |
104 |
Capo XVI. Principio dell'edifizio e funzione della pietra fondamentale |
110 |
Capo XVII. Continuazione e termine dell'edifizio |
121 |
Capo XVIII. Ancona maggiore. Capo Dipinto di s. Giuseppe. Capo Pulpito |
125 |
Capo XIX. Mezzi con cui fu edificata questa chiesa |
129 |
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Inno pel vespro della festa di Maria Ausiliatrice |
140 |
Inno per le lodi |
142 {183 [375]} |
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Appendice di cose diverse. |
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I. Antico uso della consacrazione delle chiese pag. 146 |
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II. Spiegazione delle principali cerimonie che si usano nella consacrazione delle chiese |
148 |
Copia della inscrizione chiusa nella pietra angolare della chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice in Valdocco |
153 |
Inno letto nella solenne benedizione della pietra angolare |
155 |
Rimembranza della funzione per la pietra angolare della chiesa sacrata a Maria Ausiliatrice il giorno 27 aprile 1865 |
160 |
Grazie ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice |
170 |
I. Grazia ricevuta da Maria SS. Ausiliatrice |
ivi |
II. Maria Ausiliatrice Protettrice delle campagne |
172 |
III. Pronta guarigione |
174 |
IV. Maria Ausiliatrice libera un suo divoto da forte mal di denti |
177 |
V. Alcune meraviglie di Maria Ausiliatrice |
178 {184 [376]} {185 [377]} {186 [378]} |
[1] S. Ambros. de Virg., 1. II, c. 2. Ut ipsa corporis facies simulacrum fuerit mentis, figura probitatis.
[2] Raval-Rochette. Catacombe di Roma c. VI.
[3] Ventura. Bellezze della fede. Lettura § 10.
[4] Cant,. IV, 4
[5] V. Bufino - s. Gregorio Niseno nella vita del Taumaturgo. Baronio nell'an. 233.
[6] V. Orsi, Evagrio, Socrate, Niceforo.
[7] V. Gio. Patriarca di Ger. Baronio all'anno 727.
[8] V. Teofane e Niceforo contemporanei. Baronio an. 767.
[9] Chi volesse instruirsi di più intorno a quanto abbiamo qui brevemente esposto può consultare Artaud: Vita di Pio VII. Moroni articolo Pio VII. P. Carini: Il sabbato santificato. Carlo Ferreri: Corona di fiori ecc. Discursus praedicabiles super litanias Lauretanas del P. Giuseppe Miecoviense
[10] Alla morte di quel principe il conte Tesauro fece la seguente epigrafe, che venne scolpita nel pavimento dell'altare.
D. O. M.
SERENISSIMlS PRINCEPS MAURITIUS SABAUDIAE
MELIOREM SUI PARTEM
COR
QUOD VIVENS
SUMMAE REGINAE COELORUM LITAVERAT
MORIENS CONSECRAVIT
HICQUE AD MINIMOS QUOS CORDE DILIGERAT
APPONI VOLU1T
CLAUSIT ULTIMUM DIEM
QUINTO NONAS OCTOBRIS MDCLVII.
[11] Questo quartiere si chiama Valdocco dalle iniziali Val. Oc. Vallis Occisorum ossia valle degli uccisi, perchè essa fu innaffiata dal sangue dei santi Avventore ed Ottavio, i quali qui riportarono la palma del martirio.
Dalla chiesa parochiale di Borgo Dora tirando una linea fino alla chiesa della Consolata ed a quella di Borgo s. Donato; di poi volgendo alla regia fucina delle canne sino al fiume Dora, avvi uno spazio coperto di case, ove hanno stanza oltre a 35,000 abitanti, tra cui non esisteva alcuna pubblica chiesa.
[12] Concilio Aurelian. dist. l, De consacr.
[13] Vedi Moroni, articolo Chiese.
[14] MEMBRI DELLA COMMISSIONE PROMOTRICE DELLA LOTTERIA PER QUESTA CHIESA.
LUCERNA DI RORA' March. Emanuele Sindaco della città di Torino Presidente onorario.
SCARAMPI DI PRUNEY March. LODOVICO Presid.
FASSATI March. DOMENICO V. Presidente.
MORIS Comm. GIUSEPPE Consigliere Municipale V. Presidente.
GRIBAUDI sig. GIOVANNI Dott. in Med. e Chir. Segretario.
OREGLIA DI S. STEFANO Cav. FEDERICO Segr.
COTTA Commendatore GIUSEPPE Senatore del Regno Cassiere.
ANZINO Teol. Can. VALERIO Cappel. di S. M.
BERTONE DI SAMBUY Conte ERNESTO Direttore dell'esposiz.
BOGGIO Bar. GIUSEPPE Dirett. dell'esposiz.
BOSCO DI RUFFINO Cav. ALERAMO.
BONA COMRNEN. Direttore gen. delle ferrovie meridionali.
BOSCO sac. GIOVANNI Direttore degli Oratorii
CAYS DI GILEITA Conte CARLO Diret. dell'esp.
DUPRA' Cav. GIO. Batt. Ragioniere alla Camera dei Conti.
DUPRÈ Cav. GIUSEPPE Consigliere Munic.
FENOGLIO Commendatore PIETRO Econ. gen.
FERRARI DI CASTELNUOVO March. EVASIO.
GIRIODI Cav. CARLO Dirett. dell'espos.
MINELLA sac. VINCENZO Dirett. dell'espos.
PERNATI DI MOMO Cav. Comm. Min. di Stato, Senat. del Regno.
PATERI Cav. ILARIO Prof. e Consig. Munic.
PROVANA DI COLLEGNO Conte ed Avvocato ALESSANDRO.
RADICATI Conte COSTANTINO Prefetto.
REBAUDENGO Comm. Gio. Segr. Gen. del Min. della Casa Reale.
SCARAMPI DI VlLLANUOVA Cav. CLEMENTE Dir. dell'espos.
SOLARO DELLA MARGHERITA Conte ALBERTO.
SPERINO Comm. CASIMIRO Dottore. in Medic. e Chirurgia.
UCCELLETTI sig. CARLO Dirett. dell'espos.
VOGLIOTTI Cav. ALESSANDRO Can. Teol. Pro-Vicario Gener.
VILLA DI MOMPASCALE Conte GIUSEPPE Dirett. dell'espos.
VIRETTI sig. Avvoc. MAURIZIO Dirett. dell'esp.
[15] Una delle poesie col dialogo e colla iscrizione si possono leggere nell'Appendice posta in fine del libretto.
[16] Compendio delle eresie pag. 170. Sui templi dei gentili convertiti in chiese, vedasi il Butler Vite, novembre, p. 10.