Carissimo P. Rettore.
Torino, li 26 Settembre 1867.
Con quanto vivi e sinceri sensi di gioia e di compiacenza visitai mesi sono il vostro Collegio Nazareno, con altrettanto e maggior dolore ho inteso la terribile Sciagura che ha colpito la Città d'Albano, dove il Collegio stesso, erasi ridotto in quel suo magnifico locale, a temperare gli estivi calori di Roma, ed a passarvi, secondo il costume, le ferie autunnali. Non so dirvi, amico mio, come avessi ferito profondamente il cuore da sì infausta novella, anche perchè prevedevo nella necessità, in cui vi trovaste di sciogliere il Collegio, quanti {1 [303]} mai frutti di virtù e di sapienza si sarebbero per mala ventura perduti. Ma riavutomi alquanto da quello sbigottimento, nel ripensare alle provvide istituzioni ed all'eccellente disciplina, che regolava il vostro Collegio: come pure ponendo mente alle sue gloriose tradizioni, ed alle tanto savie ed amorevoli leggi, onde era governato, sta per la parte educativa, sia per la scentifica, ebbi buone ragioni di racconsolarmi, ed al timore successe tosto la speranza di un più lieto avvenire. Talchè al santo e geloso intendimento d'informare il cuore e l'ingegno dei giovanetti alla pietà ed alle lettere, nulla mi parve mancare nel vostro Convitto. Che dirò poi del locale magnifico, spazioso, ventilato come quello che risiede in uno dei punti più elevati del centro di Roma, a cui aggiungono pregio, le nuove sale, colla infermeria, e con altri utili ornamenti, onde l'avete recentemente non senza grave dispendio arricchito? Ma questo sarebbe poco, se nelle mie visite al Nazareno non avessi sopra tutto ammirato l'indole ingenua e modesta sì, ma disinvolta e festiva dei vostri alunni, di guisa che apparivano chiari sul volto di ciascheduno i benevoli affettuosi sensi di un animo sinceramente buono senza orpello e finzione. E questo cuor sulle labbra, che scòrsi in tutti quei giovanetti, con tratti spontanei di candida semplicità e di tenera amorevolezza valse a provarmi sempre meglio quanto è soave {2 [304]} l'esercizio detta virtù se non è imposto dalla severità, ma consigliato dalla dolcezza. Anche le altre parti dell'educazione morale e civile mi parvero ottimamente ordinate. Ed a mostrarne la piena soddisfazione che ne ebbi, ed il gran piacere che ne sentii, ve ne sia buona prova il ragionarne che feci con molti in Roma stessa, ed anche col Santo Padre, che ne ebbe sincera consolazione per quell'amore che so che Egli porta al vostro Collegio. Dirò inoltre che l'insegnamento non è la parte meno considerevole del Nazareno, avendovi trovato buoni metodi e nobili eccitamenti, e ciò che più monta, uomini molto sapienti, che fui ben lieto di conoscere, come fra gli altri mi piace ricordare il P. Taggiasco, il P. Farnocchia, ed il P. Rolletta, ed alcuni di chiara fama come il P. Chelini, di cui l'Università di Bologna dolora sempre la perdita, avendone ammirato il perspicace e profondo ingegno.
Vedete or dunque, amico mio, quanti giusti motivi avete di riconfortarvi dell'animo per le sciagure che incolsero al vostro Collegio nel colera d'Albano, e quanta speranza dovete nutrire che esso per sua propria virtù riprenda forza e vigore. E di ciò vi dee essere pure argomento la costante e ben meritata reputazione, che il Nazareno ha goduto finquì, ed il gran numero degli alunni accorsivi da ogni parte d'Italia, ed'valorosi {3 [305]} uomini che vi produsse. Molti dei quali, fatti poi segnalatissimi per alte dignità, per cospicui ufficii sostenuti, per fama di scienza e di lettere (a testimonio di preclare virtù) hanno meritato d'ornare di se l'Aula grande del Nazareno. E ben mi sovviene che in quei cari giorni passati in Collegio, forte mi stupii nel trovare in bell'ordine disposti i ritratti di ben quaranta Cardinali, l'ultimo dei quali l'Eminentissimo Morichini, il cui solo nome è uno splendido elogio. Come fra gli scenziati e letterati di grido vidi, se ben mi rammento, i ritratti del Paradisi, del Verri Pietro, del Barlocci, del Labindo, di Cesare Lucchesini, di Angiolo Maria Ricci, del Senatore Patrizi, di Giovanni Marchetti, e d'altri assai di chiara nominanza.
Mi persuado pertanto, come vi dicevo più sopra, che tutte queste ragioni varranno a sgombrare dall'animo vostro ogni dolore e timore, e che preso nuovo coraggio proseguirete a ben meritare dell'Istituto vostro, e della pubblica morale, massime in tempi sì tristi e sconsigliati, ed a corrispondere in pari tempo alle benefiche intenzioni del Sommo Pontefice Pio IX, che vi elesse a codesto assai scabro e rilevante ufficio, e che memore di essere stato un dì alunno delle Scuole Pie, le ama e protegge, e che segnatamente al vostro Collegio ha dato in mille guise solenni testimonianze e d'anima benevolo, e di sovrana Clemenza. Come {4 [306]} appunto in altri tempi onorarono il Nazareno del loro patrocinio i gloriosi Pontefici Urbano VIII, Clemente XI, Benedetto XIV, Pio VI, e Pio VII, e per ultimo Gregorio XVÌ, ciò che potei conoscere dalle iscrizioni in marmo esistenti in Collegio.
Vi prego finalmente a ricordarvi di me e del mio povero Istituto, ed a conservarmi sempre la vostra cara benevolenza.
Vostro affezionatissimo amico
D. Giovanni Bosco. {5 [307]}
Tip. Calasanz. dir. da A. Ferroni. {6 [308]} {7 [309]} {8 [310]}