INDEX
[Nuova Chiesa in Torino nel borgo Dora]
Beneficenza di Pio IX per la costruzione della chiesa di Valdocco
Chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco.
Dialoghi intorno all'instituzione del Giubileo.
[Nuova Chiesa intitolata a Maria Ausiliatrice]
[Commedia latina col titolo: Larvarum victor]
Don Bosco e l'Oratorio di s. Francesco di Sales.
Orfani fatti dal cholera ricoverati da D. Bosco.
Statua colossale della Madonna.
Avviso per estrazione di lotteria.
Estrazione della lotteria di Valdocco.
Una commedia latina nell'Oratorio di D. Bosco.
La statua dell'Immacolata sulla chiesa di D. Bosco.
Messa solenne a grande orchestra.
Ottavario per la dedicazione della nuova chiesa consacrata in Torino a Maria Ausiliatrice.
Quarant'ore nella chiesa di Valdocco.
Vita di San Pietro Principe degli Apostoli pel sacerdote Bosco Giovanni.
Collegio Convitto di Mirabello.
La biblioteca della Gioventù Italiana.
Biblioteca della gioventù italiana.
Biblioteca della gioventù italiana.
Associazione in onore di Maria Ausiliatrice.
Biblioteca della gioventù italiana.
Collegio-convitto di Cherasco.
Offerte al s. P. Pio IX in omaggio ed in aiuto al Concilio Ecumenico.
I Concili generali e la Chiesa cattolica.
Biblioteca della gioventù cattolica.
Drammi scelti di Pietro Metastasio.
Novelle scelte di Giovanni Boccio.
Novelle scelte di G. Boccaccio.
Solennità di Maria Ausiliatrice in Torino.
Al papa spogliato gli spogliati sacerdoti d'Italia.
Il giovane provveduto per la pratica dei suoi doveri.
Una solennità artistico-religiosa in Torino.
Biblioteca della gioventù italiana.
Collegio-convitto di Cherasco.
Piccolo Seminario di San Carlo in Borgo San Martino.
Biblioteca della gioventù italiana.
Prose scelte di Niccolò Machiavelli.
Novelle scelte di Giovanni Boccaccio,
Antonio, ossia Il ritorno di un soldato.
Ai divoti di Maria Santissima.
Apparizione della B. Vergine sulla montagna di La Salette.
Collegio-convitto municipale di Alassio.
Collegio-Convitto, o Piccolo Seminario in Borgo San Martino.
Il vero amico delle madri cristiane,
Collegio-convitto municipale di Varazze.
Liceo nel Collegio-convitto di Alassio.
Bibliografia. - Il giorno e scelte poesie liriche di G Parini.
Storia ecclesiastica ad uso della gioventù.
La ruota della fortuna nell'Oratorio di D. Bosco.
Il mese di giugno consacrato al Sacro Cuor di Gesù.
Festa di Maria Ausiliatrice a Torino.
Festa di Maria Ausiliatrice in Torino.
Biblioteca della gioventù italiana.
Il centenario XV di Sant'Eusebio il Grande e le Chiese dell'Italia occidentale.
Poesie scelte dalle opere sacre del P. Antonio Cesari.
Collegio-convitto di Borgo San Martino presso Casale Monferrato.
Collegio-Convitto municipale di Alassio
Prose scelte dalle opere sacre del Padre Antonio Cesari,
Collegio-Convitto comunale di Lanzo Torinese.
Collegio-Convitto di Varazze (Liguria).
Piccolo Seminario di San Carlo in Borgo San Martino (Casale).
Gli ultimi tre giorni di carnovale
Cristoforo Colombo e la scoperta dell'America,
Cenni sulla vita di San Gregorio VII.
Collegio Convitto Valsalice in Torino.
Un buon Istituto per le ragazze.
Precetti elementari di letteratura
Della vera scuola per ravviare la società,
L'Etimologista. Novella di TOMMASO VALLAURI.
Novena e solennità di Maria Ausiliatrice.
Un po' di ritiro per i secolari.
L'aritmetica e il sistema metrico portati a semplicità per le classi elementari
L'Antiquario della Valle di Maira. Novella di TOMMASO VALLAURI,
Thomæ Vallaurii de optima ratione instaurando latinttatis acroasis
Le signore di Firenze a Maria Ausiliatrice.
Le meraviglie di Maria Ausiliatrice.
Il Cuor di Gesù nel secondo centenario dalla sua rivelazione,
Opera di Maria Ausiliatrice in servizio del clericato.
Collegio-convitto municipale di Alassio.
Sancti Hieronimi de Viris illustribus liber singularis vitæ
I salesiani di don Bosco nella Repubblica Argentina
I missionari salesiani di don Bosco in udienza del Santo Padre.
Partenza di missionari per Buenos Ayres.
Partenza dei missionari salesiani per la Repubblica Argentina.
Da torino a Buenos Ayres. Lettere dei missionari salesiani.
Lettere inedite di Silvio Vellico a suo fratello Luigi,
Da torino a Buenos Ayres. Lettera seconda dei missionari salesiani.
Da torino a Buenos-Ayres. Lettera 3a dei missionari salesiani.
Da torino a Buenos Ayres. Lettera 4a dei missionari salesiani.
Da torino a Buenos Ayres. Lettere dei missionari salesiani.
Da torino a Buenos Ayres. Lettere dei missionari salesiani.
Vocabolario italiano-latino compilato ad uso delle scuole
Lettera 7a dei missionari salesiani.
Lettera 8a dei missionari salesiani
Lettera 9a dei missionari salesiani
Lettera 10a dei missionari salesiani
Lettera 11a dei missionari salesiani
Lettera 12a dei missionari salesiani
Lettera 13a dei missionari salesiani
Lettera 14a dei missionari salesiani
L'epistolario di Silvio Pellico
L'inaugurazione del collegio dei salesiani in s. Nicolas.
Festa di Maria Vergine Ausiliatrice. - Invito sacro
Lettera 15a dei missionari salesiani
Lettera 16a dei missionari salesiani
Un'accademia plautina presso i Salesiani di Torino.
Lettera 17a dei missionari salesiani
Lettera 17a dei missionari salesiani
Lettera 18a dei missionari salesiani
Missione salesiana nella Repubblica Argentina.
I ministri a Lanzo e d. Bosco.
Origine delle feste cristiane e delle istituzioni ecclesiastiche,
Le missioni salesiane in Patagonia.
Distribuzione dei premi all'Oratorio Salesiano.
I missionari salesiani nella Repubblica Argentina.
I salesiani di d. Bosco in s. Nicolas.
Compendio della Storia d'Italia per le scuole ginnasiali, tecniche e magistrali,
Partenza dei missionari salesiani.
Partenza dei missionari salesiani.
I missionari salesiani al Vaticano.
Pio IX e la missione salesiana.
I salesiani di Montevideo al loro superiore d. Bosco.
Il collegio Pio IX nella Repubblica Argentina.
I salesiani nell'Argentina ed in Patagonia.
Oratori del mese mariano in Torino nell'anno 1877.
Offerte al S. Padre Pio IX nel suo giorno natalizio dei 13 maggio 1877.
Il mese di maggio consacrato a Maria Santissima Immacolata ad uso del popolo
Festa di Maria Ausiliatrice celebrata al Torrione.
L'Arcivescovo di Buenos-Ayres in Torino.
Nuovo concorso di lire mille per un libro popolare su san Pietro.
Le missioni della Patagonia ed il cacico Queupumil.
Il Vescovo di Rio Janeiro in Torino.
Chiesa ed ospizio di san Giovanni Evangelista.
Collegio-Convitto municipale di Alassio.
Nuova spedizione di salesiani in America.
Scuole elementari ginnasiali a Magliano-Sabino.
Marc'Antonio Carattino e il Collegio-Convitto di Varazze
L'Oratorio Salesiano e monsignor Ceccarelli prelato pontificio.
Il concorso sulla vita di s. Paolo
Distribuzione dei premi al Collegio Val Salice presso Torino.
Partenza di missionari per l'Uruguai e per la Repubblica Argentina.
Benedizione per la partenza di missionari.
Partenza di nuovi missionari salesiani per l'America del Sud.
Biblioteca della gioventù italiana.
I missionarii salesiani ai piedi di Pio IX.
Il Galantuomo e le Letture Cattoliche di Torino.
Lettere di Santa Caterina da Siena, scelte ed annotate ad uso della gioventù
Un libro che fa e farà gran bene.
Opere di San Francesco di Sales.
I funerali di Pio IX nel collegio Valsalice.
Un ottimo libro per le giovani cristiane.
La festa di Maria Ausiliatrice in Torino.
Funerali a Pio IX e febbre gialla nella Repubblica dell'Uruguay.
Una dimostrazione a Lucca contro i Salesiani.
Il nostro concorso sulle vite di s. Pietro e di s. Paolo.
Ospizio e chiesa di San Gio. Evangelista.
Collegio-Convitto municipale di Alassio.
Convitto-Collegio Manfredini in Este.
La fine dell'anno e la benedizione di Maria Ausiliatrice.
La chiesa di San Giovanni Evangelista in Torino.
Concorso a premio per le vite dei ss. Apostoli Pietro e Paolo.
L'Arcivescovo di Torino e gli Istituti di D. Bosco.
L'opera di don Bosco a Marsiglia.
La seconda conferenza dei cooperatori salesiani di Roma.
Il Mese di Maria Ausiliatrice.
Un nuovo figlio di Maria ss. Ausiliatrice.
La chiusura delle scuole nell'ospizio del sac. D. Bosco.
La chiusura delle scuole nell'ospizio del sacerdote don Bosco.
Lettere sulle scuole di d. Bosco.
La questione delle scuole don Bosco.
Una lettera di don Bosco ed il suo istituto paterno.
Don Bosco ai piedi di Leone XIII.
D. Bosco e la chiesa del Sacro Cuore in Roma.
Partenza di missionari salesiani.
Il comm. Strambio, console italiano a Marsiglia.
La chiesa ed ospizio del s. Cuore in Roma.
La conferenza dei salesiani in Roma e un discorso dell'emin. Cardinale Alimonda.
Una festa di famiglia all'Oratorio Salesiano.
Il conte Carlo Cais, sacerdote salesiano.
La consacrazione in Torino della chiesa di san Giovanni Evangelista.
La festa di s. Francesco di Sales e la conferenza dei cooperatori salesiani in Torino.
Don Bosco a Parigi e il trionfo della carità cattolica.
Un discorso di don Bosco nella chiesa di s. Agostino di Parigi.
Lettera di d. Bosco ai suoi cooperatori e cooperatrici.
Arrivo di d. Bosco a Torino e la conferenza dei cooperatori salesiani.
Don Bosco e due orfani di casamicciola.
I missionari salesiani e le suore di Maria Ausiliatrice nell'America del Sud.
L'addio dei missionari salesiani.
Conferenza dei cooperatori salesiani e discorso del cardinale Alimonda.
La festa di Maria Ausiliatrice in Torino.
L'industriosa carità di don Bosco.
La missione de' salesiani in Patagonia ed una lettera di d. Bosco a' suoi cooperatori.
La partenza da Torino di nuovi missionari per l'America.
23 marzo 1864
Nel fascicolo del corrente marzo delle Letture Cattoliche del Sacerdote Bosco Giovanni vediamo con piacere annunciato, come abbia in questo mese principio il duodecimo anno di vita di questa associazione. Davvero che in mezzo a tanta abbondanza di libri pessimi ci consola il vedere che la pubblicazione dei buoni si continui e si accresca ogni giorno per combattere i nemici della cattolica religione.
Il soggetto trattato in detto fascicolo è un'amena conversazione di due giovanette, cattolica una e l'altra protestante, che dopo avere in vari trattenimenti discusso sulle verità della fede cattolica e sugli errori degli evangelici, infine la giovinetta protestante, riconosciuti i suoi errori li abiura, e si converte. Operetta questa del zelantissimo Mons. Devie, Vescovo di Belley, tradotta per cura del Sac. Bosco Giovanni.
Noi raccomandiamo caldamente a tutti i cattolici di associarsi a queste Letture, che pel tenue prezzo di anticipate L. 2,25 annue si possono da ognuno ricevere franche di posta per tutto lo Stato, e più caldamente ancora raccomandiamo a quelli che le ricevono di farle ancheleggere a quanti più possono di amici e dipendenti, perchè in ciò consiste il merito principale dell'associato.
A impedire gli inconvenienti possibili si prevengono tutti quelli che avranno lettere, pieghi, domande di associazione o vaglia postali da ricapitare per questo scopo, di volere d'ora in avanti rivolgere ogni cosa alla Direzione delle Letture Cattoliche nell'oratorio di S. Francesco di Sales in Torino-Valdocco, dove si è traslocato l'ufficio, affine di facilitare le operazioni sotto l'immediata direzione del prelodato fondatore delle medesime. Ai signori associati residenti in Torino si spediranno regolarmente i fascicoli a domicilio, pur che si compiacciano di far tenere all'ufficio in Valdocco l'indirizzo preciso di loro abitazione.
(MB 7,631)
13 aprile 1864
Si sta per mettere mano alla costruzione di una nuova Chiesa in Torino nel borgo Dora, e precisamente nel piano tra via Cottolengo e l'Oratorio di San Francesco di Sales, del sacerdote don Giovanni Bosco. Ed è appunto questo benemerito sacerdote il quale divisò di ergere la nuova Chiesa in quel borgo, dove hawene grandissimo bisogno, e perciò, coll'aiuto di generosi benefattori, comprò già il terreno, preparò il disegno e un buondato di materiali. Non dubitiamo punto che l'inesauribile carità dei Torinesi accorrerà in aiuto del zelante sacerdote del Signore, e gli somministrerà i mezzi onde effettuare il pio divisamente.
(MB 7,651-652) {67 [67]}
1 maggio 1864
S. S. Pio IX sempre pronto a porgere la mano benefica ove scorga il bisogno, appena intese la necessità e il divisamente di una Chiesa in Valdocco, mandò tosto la vistosa somma di L. 500, accompagnandola con queste parole: «Questa piccola ma cordiale offerta abbia più generosi emulatori, e la Santa Vergine dal cielo moltiplichi le sue benedizioni sopra tutti coloro che danno mano per edificare la Casa del Signore o promuovono le cose che al divin culto riguardano». Si spera che nel mese di maggio verranno gettate le fondamenta del sacro edifizio, il quale sarà dedicato a Maria Auxilium Christianorum, sia per rendere grazie all'Augusta Madre di Dio pei benefizi ricevuti, sia per meritare ognor più la sua efficace protezione in avvenire. Chi volesse fare qualche offerta per questo oggetto potrebbe con vaglia postale o con altro mezzo a lui più comodo farla pervenire al sacerdote Bosco Giovanni.
(MB 7,659)
4 febbraio 1865
Fra i quartieri della città di Torino, che da pochi anni divennero popolarissimi, certamente devesi annoverare quello di Valdocco. Hawi qui presentemente una superficie abitata circa da trentacinque mila abitanti, fra cui non si scorge alcuna Chiesa nè poco nè molto spaziosa, dove abbiano luogo pubbliche sacre funzioni.
Per provvedere al bisogno che facevasi ognor più grave sentire, l'ottimo sacerdote Don Bosco, mosso dalla necessità e dall'aiuto di alcune caritatevoli persone, comperò un terreno posto tra la via Cottolengo e l'attuale Oratorio di S. Francesco di Sales. Un benemerito ingegnere (signor Spezia) compì il disegno di una Chiesa e nella scorsa state se ne gettarono le fondamenta.
L'area della Chiesa è di mille ducente metri quadrati, ha forma di croce latina; la spesa monterebbe circa dugento mila franchi.
Gli scavi dovettero farsi profondi, tuttavia le mura sorgono già circa due metri fuori di terra ed è presso che compiuta la vòlta che ne formerà il pavimento.
Il sacro edifizio sarà dedicato a Maria Auxilium Christianorum.
Il Sommo Pontefice Pio IX, appena conobbe il bisogno di una chiesa e la mancanza di mezzi per edificarla, mandò la graziosa somma di franchi cinquecento con queste parole: «Questa tenue offerta abbia generosi emulatori che colla loro carità zelando il decoro della casa del Signore accrescano il numero dei devoti della Madre di Dio e così le benedizioni di lei discendano ognor più copiose sopra la terra». {68 [68]}
Il medesimo beneficentissimo Pontefice poco fa incoraggiava la continuazione di questi lavori benedicendo chi ci dava mano ed offerendo parecchi preziosi doni per farne lotteria, qualora si fosse a questo scopo iniziata.
(MB 8,22-23)
11 marzo 1865
Sotto questo titolo si è pubblicato testè il secondo fascicolo delle Letture Cattoliche di Torino. Scopo principale di esso è di dare una giusta idea del Giubileo e di farne conoscere ai cristiani la vera origine. Inoltre, come per appendice, si aggiungono alcune pratiche religiose che possono servire per la visita delle tre Chiese, secondo che viene prescritto dal Romano Pontefice nel promulgare il presente Giubileo. Questo fascicolo per la sua dicitura piana, e per lo stile semplice e famigliare si raccomanda ad ogni ceto di persone. - Si vende presso alla Tip. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, prezzo L. 0 15.
(MB 8,2)
27 aprile 1865
Oggi (27) ha luogo la posa della prima pietra della nuova Chiesa intitolata a Maria Ausiliatrice che il sacerdote Giovanni Bosco fa costruire in Valdocco. S. A. R. a principe Amedeo metterà la prima calce, e monsignor Vescovo di Casale farà la funzione religiosa. La funzione comincierà ad un'ora pomeridiana, e si avrà adito dalla via Cottolengo. Dopo avrà luogo un piccolo trattenimento con brevi rappresentazioni, concerti musicali ecc.
29 aprile 1865
Giovedì ebbe luogo la solenne cerimonia per la collocazione della prima pietra della chiesa sotto il titolo Aiuto dei cristiani in Valdocco. La funzione religiosa non venne fatta da Monsignor Vescovo di Casale, come annunziava la lettera d'avviso a stampa, ma da Monsignor Oddone, Vescovo di Susa.
18 maggio 1865
Oggi (18) gli allievi dell'Oratorio di S. Francesco di Sales reciteranno per la seconda volta la bellissima commedia latina col titolo: Larvarum victor. Questa commedia scritta dal valoroso latinista il P. Palombo della compagnia di Gesù è stampata coi tipi dell'Oratorio stesso.
(MB 8,120) {69 [69]}
19 luglio 1865
Già più volte abbiamo raccomandato alla pietà dei nostri lettori la Chiesa, che si sta edificando in Torino in onore di Maria Auxilium Christianorum. Ora ne piace annunziare la Lotteria già iniziata per questo effetto nell'oratorio di S. Francesco di Sales, esortando i buoni cattolici a voler promuovere colle loro oblazioni un'opera incoraggiata dalla Santità di Pio IX, e posta sotto la speciale protezione della Reale Famiglia. Sarà accolto con grande riconoscenza qualunque oggetto d'arte e d'industria, e verrà stampato in un catalogo il nome del donatore. Il prezzo di ciascun biglietto è fissato a cent. 50. - Cogliamo quest'occasione per dire ad un cotale che scrive da Roma proponendoci una certa lotteria, che una legge richiede per le lotterie la facoltà speciale del Governo, che noi non abbiamo nè intenzione di domandare, nè speranza di ottenere.
(MB 8,139)
3 agosto 1865
Del magnetismo animale e dello spiritismo è il titolo del fascicoletto del mese di luglio delle Letture cattoliche di Torino, scritto con molto sapere e leggiadria da un dottore torinese in medicina e chirurgia. Chi vuole farsi una giusta e chiara idea di quest'argomento legga il libretto che ora noi con piacere annunziamo. Si vende presso la tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales per centesimi 25.
30 agosto 1865
Da qualche tempo alcuni giornali, appoggiati ad un'asserzione della Gazzetta del popolo, si sono occupati e si occupano a sparlare intorno allo stato d'igiene, di nettezza e di troppa agglomerazione di giovanetti nell'oratorio di S. Francesco di Sales. Noi siamo già stati più volte a visitar questo stabilimento, e non ci fu mai dato di notare alcuno di sì fatti sconci. Anzi sappiamo che poco fa vi andò il principe Amedeo accompagnato dal Sindaco di Torino, dal Prefetto e da altri autorevoli cittadini, i quali, dopo aver visitato lo stabilimento ne diedero i più cordiali segni di soddisfazione, e noi ne eravamo intimamente persuasi, imperocchè ogni anno v'è una visita medica; nè il Ministero, la Questura, il medesimo Municipio di Torino invierebbero colà ragazzi, come sappiamo aver fatto, se vi fossero inconvenienti a temersi.
Tuttavia, spinti dalla diceria, abbiamo voluto recarci sul luogo e visitare questo stabilimento sotto all'aspetto sanitario, numerico e di nettezza, ed {70 [70]} abbiamo avuto il piacere di poter confermare di presenza quello di cui prima eravamo già persuasi: vale a dire:
1° Essere ottimo lo stato di sanità di quei giovanetti, mentre consta che, non ostante il numero di circa ottocento, passano cinque ed anche sei mesi senza che un fanciullo vada per male nell'infermeria; se si eccettua il male dell'appetito che è grandissimo;
2° Abbiamo osservato i grandi sforzi per provvedere alle cose necessarie, e nulla avvi a desiderare per la nettezza per quanto è possibile per una casa che vive di beneficenza;
3° In quanto al numero, è vero che è grande, mentre in via ordinaria va circa agli ottocento, ma il locale ci sembra competente.
Tuttavia dobbiamo lodare la preveggenza di D. Bosco, che appena cominciarono a farsi sentire i tristi effetti del cholera in paesi a noi vicini, egli sul finire dello scorso mese di luglio collocò altrove una vistosa parte dei suoi ricoverati, a segno che il loro numero da ottocento venne ora ridotto a circa trecento.
Da ciò noi possiamo arguire che coloro che hanno propagate notizie ostili a questo stabilimento o furono male informati, e dovrebbero rettificarle, o furono di quei calunniatori cui gode l'animo quando loro è dato di poter deprimere qualunque opera che non torni di loro gusto. Costoro dovrebbero almeno riflettere che è un'opera ove sono raccolti a centinaia i poveri figli del popolo. Qui, mercè i continui sacrifici di Don Bosco e dei suoi colleghi, imparano a vivere da buoni cristiani ed apprendono un'arte con cui possono a suo tempo guadagnarsi il pane della vita coll'onesto lavoro delle loro mani.
Opere di questa fatta, da chi ha un cuore in petto, devono essere aiutate, promosse, e solamente i nemici del vero bene sono capaci di deprimerle e calunniarle.
(MB 8,188-189)
1 febbraio 1866
Vediamo con piacere che queste letture continuano a prosperare e a diffondersi fra di noi. Esse contano già XIV anni di vita sempre mai vegeta e rigogliosa. E non è molto che abbiamo letto una pastorale di monsignor Gentile, Vescovo di Novara, indirizzata ad animare il suo Clero ed il popolo a lui affidati a leggere e far leggere questi cari librettini, ed in vista del vero bene che essi fanno fra il popolo a cui sono destinati, noi vorremmo vederli sempre più moltiplicati fra di noi. H primo fascicolo dell anno corrente tratta dei santi martiri torinesi Solutore, Avventore ed Ottavio, scritto da non meno pia che dotta mano. L'associazione di queste pie letture è all'Oratorio di San Francesco di Sales al tenuissimo prezzo annuo di lire 1 80 all'uffizio e di lire 2 25 per la posta.
(MB 8,293-294) {71 [71]}
21 febbraio 1866
Con nostro stupore abbiamo ieri visitata la chiesa posta in costruzione in questa nostra città in Valdocco e dedicata a Maria Ausiliatrice. Al 27 aprile scorso compievasi la benedizione della pietra fondamentale, ed ora l'edilìzio è già coperto, terminati i grandi archi, preparati i punti che occorrono per la vòlta e per la cupola. Il disegno è ameno, sviluppato con maestria. La superficie è di metri 1200, quindi capace di quattro a cinque mila persone. Il nostro Santo Padre Pio IX fu il primo ad incoraggiare ed a fare offerte per quest'impresa, mandò la sua benedizione agli oblatori, e speriamo che ogni cosa sarà condotta a felice compimento a gloria di Torino e ad onore dell'augusta Madre del Salvatore.
29 aprile 1866
Illustrissimo signor Direttore,
Mosso dalle molte cose, che ogni giorno leggo a favore della nostra cattolica religione nel pregiatissimo giornale di V. S., mi feci animo a porgerle preghiera di volere nelle colonne del medesimo pubblicare la seguente relazione di guarigione straordinaria, direi quasi miracolosa, che io ottenni ad intercessione di Maria Ausiliatrice. Da nove mesi travagliato da un malore che aveva aspetto di ossificazione cancrenosa, io giaceva in un letto consumato dal morbo e da acuti dolori. Una parte del capo e la guancia sinistra era venuta preda del morbo vorace. Medicine d'ogni genere, valenti medici in particolare ed in consulto erano stati da me richiesti, ma tutto inutilmente. La cosa in cui i periti dell'arte si accordavano era questa: se il male veniva in suppurazione, locchè già si riconosceva inevitabile, sarei morto istantaneamente, altrimenti avrei dovuto fra breve egualmente soccombere alla violenza del male. Pertanto, in mezzo ai dolori ed alla tristezza, io vedeva la morte che a grandi passi mi si andava ogni giorno avvicinando senza speranza di farle ritardare l'arrivo fatale.
In quel tempo per tratto di bontà l'ottimo sacerdote don Bosco venne a visitarmi, e dopo aver intesa la narrazione della malattia mi disse che alcuni si erano raccomandati a Maria Ausiliatrice ed avevano ottenuti non ordinarli favori, e mi suggerì di fare una novena a questa Madre Celeste; e se da Maria otterrà la guarigione, mi diceva, porterà poi qualche oblazione per continuare i lavori della chiesa posta in costruzione in Valdocco, appunto sotto il nome di Maria Ausiliatrice. Non avendo più speranza nei mezzi umani, di buon grado mi appigliai a quel suggerimento, e per nove giorni la mia famiglia, amici ed io, per quanto il male me lo permetteva, pregavamo all'uopo di disporre in mio prò per intercessione della B. V. la clemenza divina.
L'ultimo giorno della novena il prelodato sacerdote si compiacque di rinnovarmi {72 [72]} la sua visita sempre confortandomi nella speranza di Maria SS., e prima di lasciarmi dopo breve preghiera mi die' la benedizione e mi soggiunse che al domani avrebbe celebrata la messa per me.
All'indomani alle sette ed un quarto del mattino si cominciò la messa, da quanto mi venne narrato, e noi pregavamo in famiglia, ed alle sette e mezzo mi sento un'esarcerbazione del male, e mentre lo spasimo mi faceva temere funeste conseguenze, mi accorgo che comincia una violenta suppurazione. Il miglioramento comincia subito sensibile ed è perseverante. L'allegrezza si spande per tutta la famiglia, ed in breve, potrei dire istantaneamente, mi trovo perfettamente guarito; e mi trovai guarito da un malore che a detta dei medici era incurabile e qualora anche si fosse trovato metodo di cura, avrebbe richiesti mesi ed anni di dolorosa e difficile convalescenza.
Ora io non solamente sono perfettamente guarito, ma godo di uno stato di salute tale che anche prima della mia malattia non godeva. Questo favore lo riconosco da Dio, ottenuto dall'augusta sua Madre sotto il titolo di Maria Ausiliatrice.
La prima cosa che feci fu di ringraziare Iddio di un così segnalato favore, e tosto andai a compiere la mia promessa con una oblazione per il novello tempio che maestoso si va elevando in questa città nella regione di Valdocco.
Quale omaggio alla verità desidero che la presente relazione sia letta o pubblicata nel modo che sembrerà tornare a maggior gloria di Dio e ad onore della Beata Vergine Maria.
Torino, il 29 marzo 1866.
Morelli Giuseppe
già sindaco di Caselle.
Visto per la stampa,
Can. Al. Vogliotti, R. Ecclesiastico.
(MB 8,369)
21 settembre 1866
Di questi giorni arrivarono da Ancona sei orfanelli, e furono raccolti nell'Oratorio di S. Francesco di questa città, i quali uniti ai cinque prima, lasciati pur orfani dall'ultima invasione del cholera, fanno undici giovanetti che la carità tolse di mezzo alle vie del vizio ed indirizza sul sentiero della virtù. Così pure la carità cristiana facendosi tutta a tutti raccoglie i suoi figli di qualunque paese essi siano.
29 settembre 1866
Il giorno 24 del corrente mese ebbe luogo il collocamento dell'ultimo mattone sopra la cupola della chiesa dedicata a Maria ausiliatrice in Valdocco. - Sonò appena due anni da che il nostro Santo {73 [73]} Padre Pio IX faceva la sua prima oblazione ed inviava l'apostolica benedizione a tutti quelli che in qualche modo avessero contribuito alla pia impresa. - La benedizione del Pontefice sortì il suo effetto. L'opera fu cominciata e non sono ancora diciassette mesi da che S. A. il principe Amedeo poneva la pietra fondamentale e testè il marchese Fassati di S. Severino già collocava sulla cupola l'ultimo mattone. - Speriamo che, continuando il concorso dei divoti di Maria, la chiesa sarà aperta al pubblico culto alla metà dell'anno prossimo. Notiamo con vera soddisfazione che la maggior parte de' mezzi finora usati sono oblazioni fatte per grazie non ordinarie ottenute per intercessione dell'augusta Regina del cielo.
17 novembre 1866
Abbiamo veduto la bella statua di rame rappresentante la Madonna, la quale sarà posta sopra la cupola della chiesa che sta fabbricando in Torino l'egregio sacerdote D. Bosco, intitolata a Maria SS. Auxilium Christianorum. La statua è alta quasi quattro metri e fatta di rame, cui venne data una vernice di colore del bronzo finchè si possa far indorare. La statua venne modellata dall'Argenti di Novara ed eseguita dal cavaliere Ignazio Boggio in Torino, parte colla galvanoplastica, parte col martello e cesello. Il condurre tali lavori colossali, dice Benvenuto Cellini, è impresa difficilissima per le proporzioni straordinarie. Ed è opera difficile il giudicare da vicino tali opere che devono esser vedute in lontananza. Il nostro parere quindi intorno a questo lavoro è sottomesso all'appello, cioè all'effetto che farà la statua posta all'altezza di 46 metri dal suolo; mentre abbiamo dovuto giudicarla alla distanza di due o tre metri, essendo molto infelice il luogo in cui è esposto. Delle otto principali vedute d'una statua, come direbbe il Cellini, se ne possono qui avere appena cinque e da vicino. E però alcuni difetti che ora si possono notare spariranno quando la statua sarà veduta in alto; e viceversa alcuni difetti ora non osservati potranno essere visibili. Ciò posto, diciamo che nell'insieme la statua ci è sembrata assai bella, e specialmente la testa ci parve bene modellata e meglio eseguita. Il volto è assai maestoso ed insieme pieno di dolcezza, massime riguardato dal profilo di destra. Il difetto principale che ci diede all'occhio sono le spalle e le anche troppo piccole e non proporzionate alle altre parti colossali. E il difetto delle spalle rende difettosa l'attaccatura del braccio destro alzato in atto di benedire, il quale sembra appiccicato al torso e non alla spalla. Torniamo a ripetere, è un bel lavoro, che è forse il primo di questo genere eseguito in Torino, e fa onore al cavaliere Boggio dalla cui officina è uscito. Ognuno può recarsi a vedere la statua in via Bettola, n° 39, poco prima di giungere alla chiesa che si sta costruendo.
(MB 8,515-516) {74 [74]}
8 gennaio 1867
La mattina del giorno dell'Epifania nell'Oratorio di S. Francesco di Sales venivano battezzati tre giovanetti fratelli americani, di religione anglicana. Essi provengono da Nuova York; il loro genitore occupò un posto eminente in quella setta, motivo per cui ne tacciamo il nome. Moriva ostinato nell'errore lasciando in tetra miseria tre figlioletti. D. Bosco, mosso a compassione del loro stato, li accolse nel suo Oratorio, e dopo averli convenientemente istruiti, ben volontieri acconsentì al loro desiderio di essere battezzati, sotto condizione ed ammessi in seno della Chiesa cattolica. Il reverendissimo monsignor vescovo Balma ne fece la funzione e diresse loro in quella circostanza un breve ma eloquente e commovente discorso. Il conte Luigi Giriodi poi si degnava di far lor da padrino. Si diede loro il nome: al primo di Luigi, all'altro di Giuseppe e di Giovanni al terzo; ma per l'affetto particolare che già portavano a Maria Santissima tutti e tre vollero avere anche il nome di Maria. Ecco il motivo per cui li abbiamo chiamati figli di Maria. Se tutti i giovanetti, che numerosi sono ricoverati in quell'Oratorio, si possono chiamare col nome di figli di Maria per la speciale divozione che essi hanno a questa loro amorosissima madre, ben più a ragione si dovrà dare un tal nome a questi fortunati neofiti che in modo tanto straordinario furono da essa chiamati a far parte dei tesori della Chiesa cattolica. Faccia Iddio che essi si conservino sempre degni figli di tanta Madre.
22 gennaio 1867
pel sacerdote Giovanni Bosco. Tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Torino. Prezzo centesimi 40. - Molto opportunamente il sacerdote Bosco Giovanni pubblicava nel primo fascicolo delle Letture cattoliche di Torino questo libretto, dove brevemente e con stile facile ed adatto alla capacità di tutti viene esposta la vita di questo santo Apostolo, arricchita di memorie storiche corroborate dall'appoggio dei più accreditati autori sacri e profani. L'importanza della materia, la profondità e chiarezza con cui è trattata, ed il mitissimo prezzo a cui si vende, rendono preziosissimo questo libro, e noi lo raccomandiamo caldamente ai buoni cattolici come istruttivo ed acconcio a promuovere il culto e la divozione al principe degli Apostoli nella ptesente ricorrenza del Centenario della sua morte. A compimento dell'ope-retta fa seguito un triduo di considerazioni e preghiere in preparazione alla festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo. {75 [75]}
23 gennaio 1867
Riceviamo la lettera seguente: «L'estrazione dei biglietti vincitori della lotteria a favore degli Oratorii di San Francesco di Sales in Valdocco, di San Luigi a Porta Nuova e del Santo Angelo Custode in Vanchiglia, con decreto di questa prefettura in data 15 gennaio 1867, venne irrevocabilmente fissata pel giorno 1° aprile prossimo, alle ore 10 antimeridiane, nel palazzo municipale di questa città. Essendo necessario che questa notizia venga nel maggior modo e minor tempo possibile divulgata onde giunga a cognizione di tutti i ritentori di biglietti della medesima, la Commissione dirigente prega V. S. illustrissima e molto reverenda a volersi degnare di concederle un posto nell'ottimo suo giornale, come pure fa preghiera a tutti gli altri giornali italiani di voler accordare nelle loro colonne la ripetizione di questo avviso a beneficio di tutti gli interessati».
12 marzo 1867
raccolta dai più accreditati autori, colla novena in preparazione alla sua festa. Cent. 25. Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales a Torino. - Questo librettino, oltre ad essere prezioso perchè porge ai cristiani belle cognizioni sulla vita di un santo che a tutti è per mille motivi carissimo, ne rende anche più facile e più estesa la divozione. Tutti possono spendere 25 centesimi e con sì poca spesa tutti possono imparare e conoscere il più valido protettore dopo Maria presso il nostro Redentore Gesù. L'essere uscita fra le Letture cattoliche di Torino, redatte dal sacerdote Bosco, è guarentigia sufficiente della bontà dell'operetta e del frutto che ne potrà derivare a chi lo leggerà.
(MB 8,724)
26 marzo 1867
Col 1° aprile termina il tempo della pubblica esposizione dei doni offerti per la lotteria di Valdocco, ed avrà luogo l'estrazione dei numeri vincitori. Siccome rimane ancora notabile quantità di biglietti, così chi volesse concorrere ad una vera opera di carità e di pubblica beneficenza potrebbe acquistare o spacciare alcune di quelle cartelline che sono al tenue prezzo di mezzo franco caduna. Il provento è specialmente destinato a sollevare i poveri giovanetti che in numero di circa ottocento sono raccolti nella casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales, ed a continuare i lavori della chiesa ivi posta in costruzione in onore di Maria Ausiliatrice.
(MB 8,728) {76 [76]}
19 marzo 1867
Giovedì, 16 corrente, nell'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino venne recitata una commedia in versi latini dai giovani studenti di quell'istituto. Intervennero a quella rappresentazione i monsignori Gastaldi, Vescovo di Saluzzo; monsignor Gaietti, Vescovo di Alba, e monsignor Formica, Vescovo d Cuneo, e con esso loro molti professori delle università, dei licei e dei ginnasti. Tutti restaron maravigliati del modo con cui que' vispi ed intelligenti giovani seppero fare la parte loro. Quest'esercizio che viene rinnovato varie volte nell'anno da questi bravi giovani è sommamente proficuo per ogni lato; e sarebbe un buon esempio da imitarsi in tutti gli istituti d'educazione. Anche il canto eseguito ottenne l'applauso dei numerosi ed intelligenti spettatori, i quali porsero le più sincere congratulazioni a chi con tanto amore ed assennatezza dirige quella cara gioventù.
(MB 8,782)
23 novembre 1867
Venne in questi giorni scoperta la statua colossale dell'Immacolata Concezione, eretta sulla cupola della nuova Chiesa al titolo Auxilium Christianorum dell'oratorio di D. Bosco. È opera lodevolissima del signor G. Soave, già allievo di quel medesimo oratorio. È in atto di benedire alla città di Torino, verso la quale è rivolta. Ha in capo la mistica corona di dodici stelle, composta in modo da poter essere illuminata con fiammelle a gaz. A giudizio dei periti, questa statua può figurare fra i bei capi d'arte della nostra città.
30 novembre 1867
Riguardo alla statua dell'Immac. Concezione, testè eretta sulla nuova chiesa dell'Oratorio di don Bosco, siamo pregati di pubblicare la seguente rettifica: «La statua dell'Immacolata Concezione eretta sulla cupola della nuova chiesa dell'Oratorio di don Bosco è opera del signor cavaliere Ignazio Boggio e non del signor G. Soave, il quale ebbe solo l'incarico di dorarla».
10 giugno 1868
Questa mattina (mercoledì 10), alle ore 10, nella nuova chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco, si eseguirà per la prima volta la Messa appositamente scritta per quest'occasione dal maestro {77 [77]} Giovanni De Vecchi. L'orchestra sarà formata da oltre settanta strumenti. I cantori saranno circa 150. Agli allievi dell'Oratorio si unirono molti maestri, artisti e dilettanti di musica, che prestarono volentieri l'opera loro per rendere più splendida e decorosa la sacra funzione.
21 giugno 1868
Nel mattino dello scorso mercoledì terminavasi il sacro ottavario per la solenne consacrazione della nuova chiesa eretta qui in Torino a Maria Ausiliatrice. Quanto era stato annunziato nel programma tutto fu eseguito colla più grande esattezza e grandiosità. Il concorso fu più che straordinario, la chiesa era sempre piena zeppa di gente; specialmente poi nel giorno del Corpus Domini e nella domenica seguente, pareva che tutta la popolazione della città si fosse riversata in Valdocco; per le vie che conducono alla chiesa, a stento potevano passare le vetture, tanto erano esse occupate continuamente dalla divota popolazione che alla chiesa in folla accorreva. E non i soli Torinesi vollero prendere parte a tanta solennità, ma concorsero da tutti i paesi vicini e anche da lontani; da Genova, da Milano, da Firenze, da Bologna e fin anche da Roma partirono insigni personaggi e si recarono a Torino per assistere alla dedicazione della nuova chiesa. E non era la sola curiosità che affollasse tanta gente, che lo spirito di divozione compariva in sul volto di tutti; nel mattino in modo particolare si vedeva la divozione dei Torinesi verso Maria Ausiliatrice, poichè, cominciando dall'aurora fino verso il mezzogiorno, era continua la frequenza ai santissimi sacramenti: dal calcolo che si è potuto fare, si può affermare senza pericolo di esagerazione che le comunioni fatte nella nuova chiesa in detto ottavario oltrepassarono il numero di dodici mila.
Spendidissime poi riuscirono tutte le sacre funzioni. Ogni mattina un Vescovo diceva la messa per la comunione generale e quindi pronunziava un discorso adatto alla circostanza. Pontificalmente poi si celebrava la messa solenne e si cantavano alla sera i vespri, dopo i quali un Vescovo faceva la predica ed impartiva la benedizione col santissimo Sacramento. I Vescovi, che presero parte a tanta solennità, furono monsignor Riccardi vescovo di Torino, monsignor Ferrè vescovo di Casale, monsignor Balma vescovo di Tolemaide, monsignor Ghilardi vescovo di Mondovì, monsignor Gastaldi vescovo di Saluzzo, monsignor Galletti vescovo d'Alba; era aspettato anche monsignor Rota, vescovo di Guastalla, a porre il termine a tanta solennità, ma nel giorno istesso, in cui aveva stabilito di partire dalla sua diocesi, venne disturbato dall'apostata Gavazzi.
Rendea solennissimi i pontificali la musica e istrumentale e vocale, che non mancò mai in nessuna funzione nè del mattino, nè della sera; cosicchè nulla {78 [78]} si potè desiderare per rendere solennissime e oltremodo decorose le sacre funzioni di tutto l'ottavario. Mirabile fu ancora, che in tanto concorso di gente non avvenne il minimo disordine, ma ogni cosa procedette colla più grande tranquillità. Sia dunque lode al sacerdote D. Bosco e lode a tutti gli oblatori che l'aiutarono ad erigere sì magnifico tempio, lode specialmente a Maria, che in tempi sì tristi e malvagi vuole farci conoscere più chiara e più sensibile la sua protezione ed il suo aiuto.
(MB 9,286-287)
14 luglio 1868
In occasione delle prime quarant'ore nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco in Torino il Sommo Pontefice concede indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e comunicati nei giorni 15, 16, 17 visiteranno questa chiesa, pregando secondo l'intenzione del medesimo Sommo Pontefice. La sera vi sarà la predica fatta da Monsignor Vescovo d'Alba.
(MB 9,314)
26 luglio 1868
In questi tempi, in cui ogni cattolico più strettamente che mai deve tenersi unito alla Santa Sede apostolica, torna certamente opportuna la 3a edizione della Vita di S. Pietro Apostolo, scritta dal sacerdote Bosco Giovanni. Scopo dell' autore non fu solo di narrare le gloriose azioni del Santo, ma specialmente di dare nelle mani del popolo come un trattatello di religione, facendo conoscere nella vita di questo primo Vicario di Gesù Cristo su quali incrollabili basi si fondi la fede cattolica. Nelle due precedenti edizioni, per amor di brevità, si era giudicato di omettere le citazioni che non fossero state veramente necessarie, ma, siccome presso a taluni nacquero dubbi ed anche equivoci sull'autenticità di alcuni fatti, così in questa edizione si sono dati tutti gli schiarimenti opportuni facendo conoscere di quali accreditati scrittori si è servito l'autore pel suo lavoro, scrittori che certamente non possono lasciar luogo a sospetto, quali sono monsignor Martini, il Baronio, il Moroni, il Santorio ed il Cuccagni, i quali in Roma stessa furono più volte pubblicati coll'approvazione del Maestro del sacro palazzo. Furono inoltre modificate quelle espressioni che avessero potuto ad alcuno cagionare minimo dubbio, cosicchè nulla si ha più a desiderare in questa terza edizione della Vita del Principe degli Apostoli. Si vende alla tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales alprezzodi centesimi 40 franco per posta. {79 [79]}
8 settembre 1868
Oggi, 8 settembre, alle 6 pomeridiane, si fa la distribuzione dei premii ai giovanetti studenti dell'Oratorio di S. Francesco d Sales, con varii trattenimenti che renderanno, come al solito, molto gradevoli quella festa.
7 ottobre 1868
Fra le case di educazione che di buor. grado raccomandiamo ai genitori cattolici, ci è grato di annoverare il collegio convitto che porta il titolo: Piccolo Seminario di S. Carlo in Mirabello presso Casale; l'amenità del sito, lo zelo dei superiori, l'assistenza del zelante Vescovc della diocesi e il buon risultato ottenuto da molti anni fra gli allievi sono garanzia che nulla manca di quanto può contribuire al profitto scientifico, morak e sanitario degli allievi. L'insegnamento è tutto in analogia coi programmi governativi, e si estende alle quattro classi elementari ed alle cinque ginnasiali. Vi sono due pensioni: una a 24, l'altra a 35 franchi mensili. Le dimande si fanno a Sua Eccellenza il Vescovo di Casale, oppure al direttore del collegio sopranominato. Si va a questo paese per la ferrovia Alessandria Vercelli, facendo stazione a Giaroli. Qui hawi omnibus che in meno di un quarto d'ora trasporta regolarmente viaggiatori ed equipaggi a destinazione.
(MB 9,385)
18 novembre 1868
Dalla stamperia editrice di D. Bosco, all'Oratorio di S. Francesco di Sales, si darà principio alla pubblicazione di una Biblioteca della Gioventù italiana, destinata a raccogliere in circa cento volumi i migliori classici italiani, ridotti all'ortografia moderna, e purgata all'uso della gioventù. Ogni volume di 250 pagine costa centesimi 50 agli associati. Ne esce uno al mese: l'associazione è obbligatoria per un anno.
(MB 9,428-429)
30 dicembre 1868
Sua Altezza reale il principe Amedeo duca d'Aosta, informato delle strettezze eccezionali in cui versano i poveri giovanetti dello stabilimento di S. Francesco di Sales, inviava la graziosa limosina di franchi 200 della sua cassetta particolare. Per questo beneficio e per molti altri già concessi, {80 [80]} coll'animo pieno di gratitudine i beneficati gli porgono i più cordiali ringra1-ziamenti, invocando copiose le benedizioni dal cielo sopra di lui e sopra l'augusta di lui consorte.
(MB 9,446)
9 gennaio 1869
Abbiamo ricevuto la prima dispensa di questa pubblicazione mensile, della quale riferimmo a suo tempo il programma. Essa contiene la conosciuta e lodatissima Storia della letteratura italiana del cavaliere Giuseppe Maffei, compendiata e riveduta. Era giusto che la Biblioteca cominciasse con un'operetta che abbracci tutta quanta la letteratura nostra, e ne desse ai lettori l'idea generale. Per comodità di tutti e per la viva brama di procacciare molti associati a quest'utile pubblicazione, riproduciamo i patti d'associazione. La Biblioteca conterrà 100 volumi di pagine 250 caduno. Il prezzo di associazione è annuale di lire 6. Chi procura otto copie avrà la nona gratuita. Le domande ed i vaglia si indirizzano al Direttore della tipografia di San Francesco di Sales in Torino. L'edizione è di un formato tascabile, di caratteri nitidi e bella carta.
21 marzo 1869
È uscito il terzo volume della Biblioteca della gioventù italiana, che compie l'Istoria d'Europa di Pierfrancesco Giambullari, opera tanto stimata dagl'intelligenti per l'insuperabile eccellenza della lingua e dello stile. Lo scopo degli editori di detta Biblioteca è di porre in mano alla studiosa gioventù tutte le opere classiche italiane, purgandole di quel solo che può offendere il buon costume e le religiose credenze onde i giovani vi attingano il bello stile e la buona lingua senza correre pericolo di guastarsi la mente e il cuore. Noi crediamo che, per l'utilità e nobiltà del fine, per l'amore della patria lingua e per la modicità del prezzo, questa Biblioteca si raccomandi da sè a tutte le famiglie italiane. Esce un volume al mese di 200 pagine e vi si associa per l'anno con 6 lire soltanto all'Oratorio di D. Bosco in Torino.
10 maggio 1869
Con decreto della Curia arcivescovile di Torino veniva canonicamente eretto con appositi statuti un sodalizio nella chiesa sacra a Maria aiuto dei cristiani in questa città col titolo di Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice. Il nostro Santo Padre, con cuore veramente paterno, accoglieva la nuova istituzione, e, per animare i {81 [81]} fedeli dell'uno e dell'altro sesso a porsi in cotal modo sotto alla speciale protezione dell'augusta Regina del cielo, con apposito Breve concèdeva parecchie indulgenze agli aggregati.
14 settembre 1869
Questa utile impresa dell'Oratorio Salesiano procede con mirabile alacrità. Ecco il volume del mese di settembre, che comprende Le vite di S. Paolo e di S. Antonio, volgarizzate dal Cavalca. Il professore D. Durando, che ha corredato di note il prezioso libretto, ha mostrato di essere un dotto giovane e di assai buon gusto. Le sue avvertenze riusciranno utilissime agli studiosi, e stimiamo debito nostro dargliene amplissima lode. Una sola cosa non approviamo, ed è la seguente. Il Durando a carte 17 avverte il lettore, come egli alla voce demonia, che sovente ricorre nel testo, ha surrogato quella di demoni. Noi crediamo che gli antichi testi di lingua si hanno a stampare senza mutamento di sorta. Bastava avvisare il lettore, che la detta voce è disusata. Desideriamo che il valoroso editore si arrenda al nostro consiglio nei volumi che si stamperanno per lo innanzi. I giudici più competenti gliene sapranno buon grado.
26 settembre 1869
Nella città di Cherasco pel prossimo anno scolastico sarà aperto alla studiosa gioventù un collegio-convitto, che abbraccia le quattro classi elementari e le cinque ginnasiali. L'insegnamento è pareggiato; perciò gli insegnanti, la disciplina, i programmi sono in conformità agli istituti governativi. La direzione e l'amministrazione è affidata al sacerdote Giovanni Bosco, che è rappresentato dal sacerdote Francesia, dottore in belle lettere, che ne è direttore locale. I buoni successi ottenuti nelle altre scuole dirette da D. Bosco sono ampia garanzia che nel novello collegio nulla mancherà di quanto potrà contribuire alla moralità, sanità e profitto scientifico degli allievi. Vi sono due qualità di pensioni: una di lire 24, l'altra di lire 35. La stazione più vicina della ferrovia è quella di Bra, donde un pubblico servizio in meno di mezz'ora trasporta i viaggiatori al collegio. Le domande si fanno al direttore del collegio o al delegato scolastico mandamentale in Cherasco.
13 ottobre 1869
Continua anche in quest'anno ad essere aperto quest'Istituto, giudicato così utile e per gli studi e per la moralità. Ci piace anche notare che gli studi elementari e ginnasiali, oltre ad essere conformi ai programmi {82 [82]} governativi, sono sì bene coltivati, per l'impegno di quei maestri, che in quest'anno scolastico ultimo scorso quanti si presentarono nel ginnasio Cavour agli esami di licenza ginnasiale altrettanti furono promossi, e parecchi con onore. Raccomandiamo poi anche ai padri di famiglia che hanno figliuoli meno bene in salute a giovarsi del Collegio di Lanzo come adatto assai per rimetterli a forte complessione e sana, come già l'esperienza ha provato per molti altri. Vi sono due pensioni: una a lire 24 mensili, e l'altra a 35. Per le domande dirigersi al direttore del Collegio di Lanzo torinese.
(MB 9,737)
20 novembre 1869
Da alcuni giorni cominciarono a fioccarci sullo scrittoio gli almanacchi pel 1870. Non è il caso di trattare di ciascuno, perchè non la finiremmo così presto, e poi la maggior parte sono conosciuti dai nostri lettori in quanto che contano già qual più qual meno parecchi anni di vita. Per esempio Don Mentore, che costa centesimi 30, il Caleidoscopio, che ne costa 40, il Musaico, che ne costa 40, Un vero amico, che si può avere con centesimi 15, L'almanacco di famiglia, parimente per centesimi 15, il Galantuomo, per centesimi 20, e fino l'Almanacco dei cani, scritto per confondere certi uomini che si mostrano peggiori delle bestie. Questi almanacchi si trovano in quasi tutte le librerie ove si vendono esclusivamente libri buoni. Vorremmo fare in proposito una piccola osservazione. Questi almanacchi sono più o meno eccellenti; però sono quasi esclusivamente religiosi e morali. Ma vi sarebbe ancora una lacuna da riempiere (secondo la solita frase). Vogliamo dire che bisognerebbe pensare ad almanacchi i quali, senza dimenticare la parte morale, si occupassero delle cose materiali, come a dire del commercio, dell'industria, dei diritti e dei doveri dei cittadini, o della storia naturale, ecc. E ciò per impedire che coloro i quali cercano questi almanacchi, vadano a pigliare quelli che si servono di queste nozioni utili e curiose per insinuare massime perverse contro la religione e contro la morale.
12 dicembre 1869
Riceviamo dal molto reverendo sacerdote Carlo Morandi della diocesi di Cremona una onorevole ritrattazione da lui fatta il giorno 8 dicembre ad onore di Maria Immacolata e del Concilio ecumenico. L'ottimo ministro di Dio ci annunzia nel medesimo tempo la prossima pubblicazione d'un opuscoletto nelle Letture Cattoliche di Torino col titolo: Un ritorno nell'arca santa, anche a riparazione dello scandalo di apostasia da lui dato pel corso di quindici mesi. Ci duole non poter riprodurre per la sua lunghezza la detta ritrattazione, che è tutta piena di bei sentimenti cattolici che {83 [83]} altamente onorano, oltre lo stesso convertito, anche la religione nostra santissima, che sa ispirare il pentimento del fallo e dà la forza di confessarlo e fornisce i mezzi di ripararlo!
(MB 9,763-764)
22 dicembre 1869
Con ottimo consiglio alle Novelle del Sacchetti si fanno succedere quelle del Cesari nella Biblioteca della gioventù italiana. Così frammettendo alle scritture gravi le amene, si ottiene quella varietà che invoglia a leggere anche i più schifiltosi. Questo volume chiude la serie del primo anno; e sulla copertina porge una preghiera agli amanti del bene scientifico e morale della gioventù, perchè vogliano raccomandare e diffondere questa utile pubblicazione. Dirigersi alla Libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino.
28 dicembre 1869
Napoli. Dal sacerdote Giovanni Ma Diamare (lista), lire 300. - Torino, Valdocco. Da D. Rua, prefetto dell'Oratorio di San Francesco di Sales, liste di offerte fatte da quei giovani in occasione del Concilio, lire 205 15. - Napoli. I nuovi ordinati sacerdoti in numero di 54 offrono in detta occasione lire 150. - Diocesi di Squillace, parrocchia di Serra San Bruno. Da D. Bruno Ma Tedeschi (firme 127), lire 101. - Apecchio. Da Genesio Nicolucci (lista), lire 79 06. - Lucca. Dal canonico D. Francesco Saverio Matteucci, sua famiglia e cinque suoi amici, lire 65. - Amalfi. Alcuni devoti che festeggiarono il giorno 8 dicembre offrono lire 66. - Capo d'Istria. D. Bartolomeo Bordon, lire 40 in oro. - P. Antonio Parco, lire 20 in oro. - Diocesi di Monopoli, parrocchia di Fasano. Dal canonico Luigi Guarini (firme 55), lire 53 10. - Diocesi di Benevento, parrocchia di Chianca. Da Ignazio Cecere (firme 28), lire 34 54. - Diocesi di Acqui, parrocchia di San Michele Arcangelo. Dall'avvocato Augusto Cervetti (firme 56), lire 22 35. - Torino. I coniugi E. B. di C., e F. B. di P., in occasione delle feste natalizie implorando la santa benedizione per ottenere speciali grazie, lire 25. - Castelrotto, Canton Ticino. - D. Stanislao Santelli, L. 20. - Gaiba. D. Marcellino Giannini, L. 15. - D. Giovanni Patriani, lire 5. - Diocesi di Modigliana, parrocchia di Portico. Da D. Giuseppe Frassinetti (lista), lire 26. - Diocesi di Parma, Mezzano Superiore. D. Giuppe Montali, lire 10. - Dorotea Manghi, lire 3. - Bercini Maria, {84 [84]} lire 2 50. - Pavia. Gibelli Pietro, lire 10. - Diocesi di Fiesole, parrocchia di San Miniato a Pagnolle. Da Casimiro Onorato Dufour Berte (firme 31), lire 16 40.
(MB 9,771)
29 dicembre 1869
Autore di questa utilissima ed opportuna operetta è il signor don Bosco, quell'uomo di Dio che oramai tutti conoscono. Essa è divisa in quattro conversazioni tra il prevosto di un villaggio ed un buon giovane suo parrocchiano. Non è a dire con quanta solerzia l'egregio Autore abbia adattato questa trattazione sui Concilii all'intelligenza del popolo. Da queste conversazioni anche le persone meno colte possono ricavare una chiara e compiuta cognizione dei Concilii e delle varie questioni che a quelli si riferiscono. Sovra tutti poi è notabile l'ultimo di questi dialoghi, che si aggira sul presente Concilio Vaticano, sul suo scopo, sulla sua opportunità e sull'infallibilità della Chiesa. I reverendi parrochi faranno opera santa promuovendo tra i loro popolani la maggior diffusione possibile di questo libretto, che si vende in Torino dalla libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales.
12 gennaio 1870
Con assai buoni auguri! esordisce il suo anno secondo questa lodata biblioteca. Il volume primo, uscito ai dì passati dalla tipografia, contiene le vite dei più eccellenti pittori e scultori di Giorgio Vasari, scelte ed annotate. Non ci distenderemo a fare l'elogio di quest'opera, che si raccomanda da sè. E ci basterà il notare che i giovani vi apprenderanno non solamente la storia delle arti belle, ma eziandio la nomenclatura che ad esse si riferisce, e che un uomo di lettere non può ignorare senza incorrere nella taccia di rozzo ed incolto. E qui, usando l'opportunità che ci si offre, faremo osservare che appunto leggendo le opere dei grandi scrittori vuoisi imparare la terminologia, non nei pedanteschi e gretti trattatelli di nomenclatura, usciti dalla officina di Alberto degli Scabbiosi e de' suoi compagni. Questo volume, di 291 pagine, si vende in Torino presso la libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales.
15 febbraio 1870
Non solo un grande poeta, ma un solenne filosofo, conoscitore del cuore umano, fu Pietro Metastasio. E certa cosa è che dopo di lui nessun Italiano scrisse drammi per musica, i quali sieno meritevoli di stare accanto all'Achille in Sciro o all'Attilio Regolo tanto per {85 [85]} nobiltà di concetti, quanto per fluidità ed armonia di versi. E più volte abbiamo domandato a noi stessi per qual cagione gli Italiani si mostrino, a questi giorni, tanto ingiusti col Metastasio e non curanti del suo teatro. Per la qual cosa abbiamo visto con piacere la stampa di questo volumetto, che comprende i suoi melodrammi sacri. Con ottimo e fino giudizio ne è stata fatta la scelta, e con molta accuratezza ne fu eseguita la stampa. E questo giova a mantenere alla Biblioteca della gioventù italiana quel pregio che le procacciò fin dal suo nascere il favore dell'universale.
12 aprile 1870
La Biblioteca della gioventù italiana, pubblicata in Torino dalla stamperia dell'Oratorio Salesiano, va acquistando di giorno in giorno maggiore importanza. E non è quindi meraviglia, se cresce a dismisura il favore del pubblico per questa utile collezione di buoni libri. Il sestodecimo volume venuto pur ora alla luce, contiene le Novelle scelte del Boccaccio. Non vorremmo però che i lettori di questo annunzio corressero tosto col loro pensiero alle antiche Trenta novelle del Certaldese, stampate le tante volte senza il corredo di quelle annotazioni, che riescono non che utili, necessarie ai giovani studiosi della classica lingua italiana. Imperciocchè questa nuova Scelta dell'Oratorio Salesiano contiene un numero ben maggiore di novelle; alle quali si aggiunsero ancora le belle introduzioni, che il Boccaccio prepose a ciascuna giornata. Ma quello che accresce assai il pregio del libro, è la solerzia, con cui il dotto prof. D. Celestino Durando seppe risegare tutto ciò che doveva sottrarsi allo sguardo dei giovani, rischiarando con note a pie di pagina specialmente quelle voci e locuzioni, che potevano recare qualche difficoltà ai principianti. Questo primo volumetto è preceduto da una prefazione del predetto professore, in cui il Boccaccio è giudicato con molta verità ed accuratezza. Nel mese venturo si pubblicherà il secondo volumetto, adorno della vita dell'elegante novellatore.
10 maggio 1870
Chi il crederebbe? Quel valoroso latinista, che è il Lanfranchi, tutto gravità e serietà, sa menare a tondo la sferza del Giusti, ed infiora i suoi versi italiani di così amarulenta ironia, che lo si direbbe un Marziale in-folio. E vedete nuovo ghiribizzo, che è caduto nell'animo al nostro poeta! Egli pubblica questi suoi mordacissimi epigrammi nella occasione, che il suo cognato, signor Emilio Billietti, si fa sposo alla damigella Carolina Palmira Balconi. Il libretto comprende ventidue componimenti, i quali al solo titolo mostrano quello che sono. Eccone alcuni: Bisogni sociali - Boria comune - Bibliopea - La politica - La critica - Corbellerie letterarie. Colti lettori dell'Unità Cattolica, scorrete il bel volumetto del Lanfranchi, stampato {86 [86]} dalla tipografia dell'Oratorio Salesiano; e se non vi troverete i più ghiotti bocconi del mondo, a rifar sia di mio. Intanto abbiatevi per antipasto il seguente che ha per titolo: Animali parlanti. Quando era barbaro, - L'uom si credea - Fatto ad immagine - Dell'alta Idea - Or che è sull'apice - D'ogni cultura, - Ai bruti disputa - L'alta natura; - E della scimmia - Ornai si crede - Scodato figlio, - Spelato erede!
Fedele alle sue promesse, l'operoso professore D. Celestino Durando, ha pubblicato pur ora la seconda parte delle Novelle scelte del Boccaccio, che forma il diciassettesimo volume della Biblioteca della gioventù italiana. Non ripeteremo qui le giuste lodi tributate or fa pochi giorni all'editore. Solo ci piace il notare, che questa seconda parte è anche più abbondante, che non era la prima, di note e dichiarazioni in servigio degli studiosi. Il volume si chiude colla Vita di Dante, scritta dallo stesso Boccaccio. E questa offrirà agli intelligenti l'opportunità di osservare la differenza che passa tra il fare largo e fiorito delle Novelle, e lo stile più stringato e grave di una narrazione storica. Il prezzo del libro per gli associati è di cent. 50; pei non associati, i due volumi di queste Novelle purgate ed annotate costano lire 1 20.
22 maggio 1870
Il 24 del corrente mese in questa città è solennemente celebrata là festa di Maria Ausiliatrice nella chiesa a lei dedicata. Indulgenza plenaria a chi visita la chiesa in tale giorno. - Lungo il mattino messe lette e comodità per accostarsi ai santi Sacramenti. Ore 10 1/2 Messa solenne a grande orchestra del maestro G. De Vecchi. Sera, ore 6. Vespro, inno, panegirico, benedizione con Tantum ergo in tre cori a trecento voci. L'inno del Vespro è posto in musica dal sacerdote Cagherò. Noi abbiamo avuto il piacere di assistere alle prove domenica ultima passata, e ci sembra di aver così concepita l'idea dell'autore. Per ritrarre al vivo la battaglia di Lepanto, egli suppone di fronte la flotta cristiana e la flotta turca. Un improvviso squillo di tromba desta allarme generale, mentre i tenori coi bassi annunziano un terribile combattimento. Succedono a questo preludio alcune battute d'incertezza e di silenzio. Un colpo di cannone (imitazione a gran cassa) dalla parte dei nemici rompe questo silenzio; la flotta cristiana risponde con altro colpo; e tosto odonsi distinte le mosse dell'orchestra e dei canti dal grave all'acutissimo con un crescendo incalzato. Impegnata la zuffa nel coro di oltre 100 voci reali, lo suono della campana chiama a pregare, intanto che un coro di 300 soprani incessantemente implora l'aiuto dell'Augusta Regina del cielo. Frattanto i tenori primi prendono il motivo ai tenori secondi, segnando così il sopravvento della flotta cristiana. I Turchi fanno l'ultimo sforzo, quindi, con un diminuendo dall'acuto al grave, si dinota la ritirata dei nemici. Cessa il rumore dell'armi, e soltanto più s'ode un lamentevole morendo dell'orchestra {87 [87]} esprimente l'ultimo sospiro dei morienti. Segue l'annunzio festoso della vittoria, e brilla vivacissima la fanfara del trionfo in lode di Maria Ausiliatrice. Un quartetto a tenore, soprano, contralto, e basso infiorato dal coro reale, e coro soprano di vergini, fanciulli, popolo e Clero ad un solenne ringraziamento a Dio ed a Maria per le ottenute vittorie fino a noi. Ritorna la fanfara per invocare la speciale protezione di Maria sopra il regnante Pio IX. Si termina con un ripieno di tutte le voci che offrono un trofeo di laudi alla divina Triade. A questo concerto prendono parte i giovani dell'Oratorio, molti professori e valenti maestri di Torino, che generosi uniscono l'opera loro a gloria di Maria Ausiliatrice.
31 maggio 1870
Con vero piacere abbiamo assistito alla festa celebrata in Torino nel tempio sacro a Maria Ausiliatrice. Fu un vero trionfo religioso. Folla immensa di cittadini e di forestieri. Dalle quattro del mattino all'una pomeridiana la santa Eucaristia venne quasi senza interruzione dispensata ai divoti da due sacri ministri. Bellissima la musica; ma l'inno di D. Cagliero, che ricorda la famosa battaglia di Lepanto, superò la pubblica aspettazione. Se ne era sparsa voce e molti cittadini avevano chiusi i loro negozi per intervenirvi. Erano le sei di sera; non meno di dieci mila uditori stipavano la spaziosa chiesa, mentre un numero stragrande stava di fuori. Il suono, i bassi, i tenori, le parti obbligate, i cori, i soprani, i contralti e le voci reali erano in modo intrecciate, che, se da un lato pareva dramma guerresco, dall'altro rappresentava al vivo le glorie di Maria nella famosa vittoria di Lepanto, come sta letteralmente descritta nell'inno della solennità. Ci piacque in tutte le sue parti, massime il delizioso quartetto a contralti: Virgines castæ puerique puri, ecc. Durò quaranta minuti, ma parve un momento. Da più parti si fanno istanze perchè quest'atto musicale sia ripetuto. Splendido e divoto il Tantum ergo cantato a basso, tenori con 300 soprani dalla cupola. Chiudeva la bella giornata un'amena evoluzione di fuochi di bengala anche in forma di battaglia, eseguita nel cortile dello stabilimento. Priori di questa festa erano il conte e la contessa Giriodi di Monasterolo.
(MB 9,870-871)
21 giugno 1870
In omaggio al supremo Pastore della Chiesa, il sacerdote Giovanni Bosco co' suoi preti dell'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino, limosina di due messe ciascuno, lire 24. - Sacerdote Giovanni Bonetti co' suoi preti del {88 [88]} piccolo Seminario vescovile di San Carlo in Mirabello, limosina di due messe ciascuno, lire 8. - Sacerdote Giovanni Lemoyne co' suoi preti del collegio dì San Filippo Neri in Lanzo torinese, limosina di due messe ciascuno, lire 8. - Sacerdote Giovanni Francesia co' suoi preti del collegio della Madonna del Popolo in Cherasco, limosina di due messe ciascuno, lire 8. - Diocesi di Brescia, S. Bartolomeo. Da D. Magri Emiramo, lire 21, offerta di diversi. - Golfarenzo. Da D. Luigi Turba, lista di offerte e lire 32. - Firenze. Da P. Rinaldo Tortoli, lista di offerte e lire 32 40. - Lapedona. Da D. Gaetano Ridolfi, lista di offerte e lire 36. - Pieve di Rosa. Da D. Sante Moretti, lista di offerenti e lire 25. - Codroipo. D. Vincenzo Castellani, lire 7. - Montottone. Dal canonico Antonio Savini, lire 34 50. - Torino. N. N., L. 30. - Pordenone. Da D. Gaetano di Montereale Mantica, lista di offerte e lire 26. - Tortona. Teologo avvocato Carbone, D. Pietro Tacchini, D. Stefano Massarelli offrono lire 15; Michele Carbone, L. 10. - Serra S. Bruno. Dal canonico Antonio Tedeschi, lista di offerte e lire 35. - Calenzano. Lista di offerte degli scolari e lire 22 46. - Il Clero di Arquata Scrivia offre lire 2150. - Piano di Sorrento. Il P. Felice da Pomigliano, ministro provinciale dei cappuccini di Napoli, offre lire 26. - Diocesi di Vicenza, Asegliano. D. Giuseppe Pellizzari offre lire 20. - Sorico. Da D. Luigi Bettini, lire 20, offerta di vari sacerdoti. - Cesena. D. Paolo Bentini, lire 20. - Pisa. Don Aurelio Manzetti, due note d'offerte e lire 48 14, raccolte dalla Società di Letture cattoliche. - Castelnuovo di Val di Cecina. Da D. Benini, lista d'offerenti e lire 40. - Rosciate. D. Alberti Andrea, parroco, ed il suo Clero, offrono lire 38. - Popiglio. Da D. Giuseppe Paperini, nota di offerte e L. 20. - Cantalupo. D. Giovanni Angeleri, L. 20. - Bedonia. Da D. Balderacchi Antonio, lire 30 50, offerta di sacerdoti. - Castenaso. Da D. Luigi Franchini, lista di sacerdoti offerenti e L. 28 50. - Monza. Da D. Carlo Piana, lire 31, offerta di otto sacerdoti. - Ovada. D. Tito Borgatta, L. 20. - Minerbio. Da D. Spisani Vincenzo, lire 23, offerta di sei sacerdoti. - Diocesi di Bologna. Lista di sette offerenti e lire 38 50. - Castellaneta. Dal canonico Francesco Meledandri, lista di offerte e lire 32. - Cassacco del Friuli. Da P. Angelo Noacco, lire 38, offerta di diversi. - Campofreddo. Dal canonico Bazzano Enrico, lire 34, offerta dei canonici e sacerdoti della parrocchia. - Ceva. Canonico Giorgio Ferrei, lire 16. - Vestane. Don Guggini Domenico, lire 11; La sua domestica, lire 2. - Casal-grande. D. Pellegrino Lusetti, lire 10. - Cividate al Piano. Da D. Ciriaco Vez-zoli, L. 16 50, e lista di offerte. - Gropello Lomellino. D. Pietro Laboranti con due altri sacerdoti, lire 10. - San Nazario di Narzole. D. Destefanis Francesco, L. 10. - Palestra. Da D. Daffara Antonio, lire 12, offerta di diversi. - Venezia. D. Giuseppe Zuannich e D. Giovanni Battista De-Santa offrono L. 10. - Recale. D. Nicola Cutillo, lire 4; D. Clemente Cutillo, lire 1; Alcuni parrocchiani, lire 5. - Sestri Ponente. D. Giuseppe Astengo, lire 10. - Gubbio. Fr. Venanzio Menichetti, con quattro altri religiosi, offrono lire 12. - Casentino. Da D. Francesco Beni, lire 17 24, offerta sua e di due altre persone. - La Motte. D. Carlo Gras, 2a offerta, lire 10. - Porto S. Giorgio. Il piccolo e {89 [89]} povero Clero offre lire 9. - Capodarco. Il parroco ed altri sacerdoti, lire 6 Una pia persona, lire 1. - Fermo. Canonico Giacomo Ferretti, lire 10. - S Agata di Monte Feltro. Dal canonico Carlo Casotti, lire 10; D. Antonio Ago stini Stefani, lire 2. - Diocesi di Volterra. D. Michele Piazzi e D. Achille Fan fani offrono lire 10. - Pausola. D. Pier Paolo Bartolazzi, lire 10. - Monfc San Biagio. Don Vincenzo Battista, lire 10. - Bagnaria Arsa. D. Giacomo Pie coli, lire 12. - Braida. Da Fr. Giacinto da Cantalupo, lire 15, offerta sua e d due altri religiosi. - Cortemaggiore. D. Luigi Sichel, lire 5; Metilde Rebecch di Cadeo offre lire 7. - Tesserete Pietro Nobile offre al S. Padre lire 12. - Torino. Offerta mensile di lire 20 di Giovanni e Giuseppina Antenero.
(MB 9,883)
27 agosto 1870
Ad invogliare i buon alla lettura di questo libro, basta per nostro avviso il dire, che è fattura di que venerando D. Bosco, che ornai tutti conoscono non meno per le produzion del suo ingegno, che per la bontà del cuore, la quale lo rende tutto carità spe cialmente pei giovani. Questa operetta è divisa in tre parti. Nella prima s addita al giovane la vera via della virtù; nella seconda si propongono molte pratiche divote; la terza contiene l'uffizio della Beata Vergine, i vespri del l'anno e l'uffizio dei morti con alcune canzoncine spirituali. Al che si aggiunge un dialogo intorno ai fondamenti della religione cattolica; dialogo, che vale tant'oro quanto pesa; specialmente perchè risponde ai bisogni dei tempi chi corrono.
Rime di Francesco Petrarca e di altri del Trecento. - Il dottore Francesia l'erudito illustratore del poema dantesco, ha testè arricchito La Biblioteca dell Gioventù italiana delle rime del Petrarca e di altri Trecentisti da lui scelte ed annotate. E noi lodandolo, sì per la prudente scelta dei componimenti, e sì pe la opportunità delle annotazioni, crediamo di rendere un giusto omaggio all'o peroso uomo di lettere, che, occupato in gravissimi uffizi, trova modo di gio vare anche colla penna alla studiosa gioventù. Prezzo del libro centesimi 70.
15 settembre 1870
Martedì, 30 agosto, nella chiesa di Nostra Signora Ausiliatrice ebbe luoge la solenne collaudazione del nuovo organo fabbricato dai pavesi Lingiardi Nonostante la difficoltà della stagione, in cui la maggior parte dei Torinesi {90 [90]} sono in campagna, un eletto concorso di persone intelligenti si deliziava delle armonie del nuovo organo suonato con singolare maestria dall'illustre cav, Petrali, maestro di cappella della Cattedrale di Crema. Sarebbe inutile il prodigare encomii al celebre fabbricatore ed all'egregio maestro, che i loro nomi già abbastanza risplendono nella storia dell'arte italiana. Per ciò che spetta alla parte meccanica del nuovo organo, precisi e semplici ne sono i congegni, e senza attrito e ritardo eseguiscono i movimenti imposti dalla mano o dal piede di chi suona. All'antico sistema pneumatico è sostituito il nuovo di particolare invenzione dei Lingiardi, che conduce il vento alle casse dei somieri colla massima uniformità ed esuberanza, per cui l'organo riesce scevro dalle menome oscillazioni o difetti di asma. Nello stesso somiere principale il fabbricatore introdusse una cassa armonica che ottiene l'identico effetto dell'antica eco, e risparmiando complicazioni di meccanismo, economizzando lo spazio, ottenne le più graduate sfumature dal pianissimo al forte, e diede un'ammirabile espressione alle voci. Sorprendente è la forza del ripieno, in cui non che esservi confusioni di voci è dato a tutti di distinguere la chiarezza e soavità di tutte le voci e suoni che lo compongono. Perfetta è l'imitazione della banda; mirabile l'effetto degli strumenti a corda, nei quali è difficile il poter comprendere come con una semplice piva si possa imitare il fregamento dell'archetto, senza togliere la trasparenza e l'espressione delle più difficili note; completa poi è l'illusione delle voci umane, che con tanta perfezione imitano la natura, che ti par quasi di udire articolare le parole. Sarebbe troppo lungo lo esaminare parte per parte il nuovo organo-orchestra del Lingiardi; basti il dire, che i suoi lavori formano sempre un pregio della chiesa che li accoglie. Quanto al collaudatore Petrali, non ismentì la sua riputazione: niente di teatrale e profano nella sua musica; continua è in lui la vena dell'ispirazione; egli sempre sa accoppiare il sublime al popolare, presentando all'intelligenza di chi ascolta nuove armonie, difficoltà musicali, mirabili effetti. La solennità durò due giorni, e sempre più ci siamo dovuti convincere che se le istituzioni di don Bosco sono nuovi monumenti della carità cattolica nel nostro paese, nelle città lombarde pur si mantengon vive le tradizioni dell'arte cristiana.
(MB 9,904)
24 settembre 1870
Il volume vigesimo primo di questa eccellente raccolta di classici italiani, venuto pur ora alla luce, contiene: Le bellezze dell'Orlando Furioso. Tutti gli uomini di lettere conoscono quale scrittore sia Lodovico Ariosto, e con quante cautele questo suo poema si abbia a porre nelle mani dei giovani. Ebbene, con questo volume che annunziamo, si è provveduto egregiamente al vantaggio letterario e morale degli studiosi, che si applicheranno alla lettura del poeta ferrarese. E di questo importante servizio reso alle nostre scuole secondarie, dobbiamo saper grado al valoroso professore {91 [91]} Vincenzo Lanfranchi, dottore aggregato nella Università torinese. Questi, guidato da quel buon gusto e da quel fino giudizio, che lo fecero già conoscere in Italia e fuori, seppe ordinare questa Crestomazia in guisa, che ne riuscì un eccellente libro in acconcio dei principianti, che vorranno gustare senza pericolo le bellezze del poema ariosteo. Il volume è stato corredato dal Lanfranchi di una elegante vita del poeta e di erudite ed utili annotazioni. Si vende in Torino al prezzo di centesimi 70 dalla libreria dell'Oratorio Salesiano, via Cot-tolengo, numero 32.
13 ottobre 1870
Questo Collegio continua ad essere aperto a favore della gioventù studiosa. Della bontà dell'insegnamento che vi s'impartisce s'ebbe luminosa prova nell'esame di licenza ginnasiale che varii alunni del medesimo subirono in Alba con felicissimo esito e con molti encomii esternati al direttore del Collegio. Si hanno tutti i motivi di sperare che nell'anno scolastico che si sta per cominciare, non essendo minori le sollecitudini dei superiori, non minore sarà pure il profitto degli allievi. Invitiamo perciò quei padri di famiglia che desiderano di dare ai loro figliuoli una cristiana educazione ed una solida istruzione, a dirigersi al Collegio di Cherasco, sicuri che saranno consolati d'un'ottima riuscita. Vi sono due gradi di pensione: l'una di lire 24 mensili, l'altra di 35. Le domande si fanno al dottore sacerdote Francesia, direttore del Collegio.
15 ottobre 1870
Il giorno 20 ottobre ricominciano le scuole elementari e ginnasiali nel Collegio-convitto di San Filippo in Lanzo Torinese, che da ben sette anni si è aperto con tanto frutto degli allievi e con tanta soddisfazione dei genitori. Son rari i Collegi che godano al par di questo di una posizione così bella e romantica, ed in cui si possa respirare un'aura così pura e benefica allo sviluppo fisico ed intellettuale della gioventù. Con quanta sollecitudine e con quanto amore ivi vengano educati alla scienza ed alla virtù i giovani affidati, ne fanno chiara testimonianza e gli splendidi risultati avuti annualmente negli esami, e gli elogi della Commissione esaminatrice, che ebbe a constatare i progressi mirabili che vi fecero specialmente nel decorso anno scolastico. A rassicurare poi dal lato morale i padri di famiglia che avessero figliuoli da collocarvi, basti il ricordare che la direzione è affidata alle cure di quel zelante sacerdote, di quel padre della gioventù che è don Giovanni Bosco. {92 [92]}
20 ottobre 1870
Il piccolo Seminario di San Carlo da Mirabello, dove esisteva da sette anni, venne traslocato vicino a Casale in Borgo San Martino. Lo scalo della ferrovia a brevissima distanza dal Collegio, un magnifico palazzo, vasti cortili, deliziosi boschetti e viali ombrosi molto adatti alla ricreazione rendono il locale sommamente ameno e pregevole. Tali cose, che difettavano nel sito finora occupato, furono cagione di questo trasferimento. Il Seminario è posto sotto la protezione di monsignor Ferrè, Vescovo della diocesi. La piena soddisfazione provata da quei genitori, che negli anni scorsi vi collocarono i loro figliuoli, è caparra che nulla sia per mancare di quanto può contribuire al bene sanitario, morale e letterario degli allievi. Vi sono due gradi di pensioni, di lire 24 mensili l'una, di 35 l'altra. Le domande si fanno al Vescovo, oppure al professore sacerdote Bonetti Giovanni, direttore del Seminario.
29 ottobre 1870
Di quanto vantaggio sia per riuscire ai giovani italiani l'opera del Vasari, intitolata: Le vite dei più eccellenti pittori, scultori ed architetti, già si è detto quando ne annunziammo i primi tre volumi. Ci restringeremo perciò a dire che questo quarto ed ultimo volume è di massima importanza, perchè, oltre al contenere la vita di Michelangelo Buonaroti, si chiude coll'indice alfabetico e colla spiegazione dei termini tecnici per le tre arti del disegno. Si vende dalla stamperia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino al prezzo di cent. 80 pei non associati, e si manda franco per la posta in tutto il Regno.
23 novembre 1870
Di questa comedia lo stesso Plauto scrive, che ad pudicos mores est facta. E si può dire con verità, che è la più pudica di tutte le comedie dell'antico teatro latino. Laonde assai bene si consigliò la tipografia dell'Oratorio Salesiano di stamparla ad uso del licei. Il dotto professore Vincenzo Lanfranchi, che ebbe il carico di curare questa edizione, si valse principalmente dei Captivi emendati da F. E. Bothe, introducendovi quelle varie lezioni che sono proposte dalle più riputate edizioni moderne, e spezialmente da quella del Fleckeisen, pubblicata in Lipsia nel 1864. Dobbiamo però dire, a giusta lode del dottore Lanfranchi, che egli si astenne molto accortamente dalle avventate lezioni che l'editore tedesco, senza autorità di codici, innestò ne' suoi Captivi. Di tutte queste cose rende ragione la bella prefazione latina del Lanfranchi, il quale volle che la comedia fosse preceduta dalla dissertazione con cui il Vallami combatte vittoriosamente l'utopia del Ritschl intorno {93 [93]} ai nomi di Plauto. Questo volumetto di pagine 80 in 8° si vende in Torino al prezzo di cent. 50 dalla tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, via Cottolengo, numero 32, e si manda franco per la posta in tutto il Regno.
23 novembre 1870
In questo volume di pagine 200 si contengono i principii della grammatica latina ad uso delle classi ginnasiali inferiori. E se dal rapido spaccio di un'opera si può giudicare della sua bontà, basterà dire che questo libro, compilato dall'egregio professore D. Celestino Durando, ebbe tre edizioni nello spazio di un anno. Si vende in Torino al prezzo di cent. 80 dall'Oratorio Salesiano, e in Napoli presso Agostino Pellerano, via Trinità Maggiore, n° 11.
[...]
Biblioteca della Gioventù italiana. - Ecco il volume ventesimo terzo, in cui si contiene la Secchia Rapita del Tassoni, che occupa, come ognun sa, un posto così eminente fra i poemi eroicomici. Quindi non ci distenderemo a farne l'elogio. Non vogliamo però tacere che questo poema è castigato in servigio della costumata gioventù per cura del chiarissimo P. Gobio barnabita, il quale corredò ciascun canto di erudite note dichiarative. Si vende dalla stamperia dell'Oratorio Salesiano in Torino al prezzo di centesimi 80.
5 marzo 1871
Il titolo stesso di questo volume deve persuadere i padri di famiglia che i loro figliuoli non vi leggeranno cosa che possa appannarne l'innocenza o nuocere ai sani principii della morale e della religione. Il dotto uomo, che presiedette alla compilazione di questa raccolta, volle bensì che i giovani avessero in questi brani del Machiavelli un perfetto esemplare di elegante lingua italiana; ma badò principalmente a non contravvenire al divieto della Chiesa. Laonde egli ristampò quasi per intiero il libro primo delle Storie fiorentine; ristampò intera la Vita di Castruccio Castracani; scelse quegli altri luoghi in cui si contengono gli avvenimenti principali della Storia d'Italia, e tenne modo che i giovani avessero in questo volume eccellenti modelli dello scrivere narrativo, descrittivo ed oratorio. E così egli fornì ai professori il mezzo di ubbidire ai programmi del Ministero, ed arricchì la Biblioteca della Gioventù italiana di un bello ed utile volume di pagine 304, il quale si vende al prezzo di centesimi 80 dalla libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, e si manda franco per la posta. {94 [94]}
25 marzo 1871
purgate ed annotate dal sacerdote professore Celestino Durando. Seconda edizione. - Torino, tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1871; 2 voi. di pag. 208-262.
Stimiamo superfluo il ripetere le lodi, con cui abbiamo, or fa pochi mesi, annunziato la stampa di queste Novelle. Solo diremo, che lo spaccio rapidissimo, che si fece di tutti gli esemplari della prima edizione, ha indotto la tipografia dell'Oratorio salesiano a pubblicare questa seconda edizione, migliorata per quel che riguarda l'esattezza tipografica. Quanto è a noi, vediamo assai di buon grado il favore, con cui gl'Italiani e spezialmente i professori dei ginnasii e dei licei accolgono questi volumi della Biblioteca della gioventù italiana. Imperciocchè, per l'intima conoscenza che abbiamo dei valorosi che la dirigono, possiamo entrare mallevadori del vantaggio che sarà per ridondare alle nostre scuole dalle ben purgate e dottamente annotate opere dei classici italiani. Questi due volumi si vendono in Torino dalla libreria dell'Oratorio salesiano, via Cottolengo, numero 32, al tenue prezzo di lire 1 20; e in Napoli da Agostino Pelerano.
26 marzo 1871
Tutti sanno quali massime si vadano talora disseminando da alcuni soldati, che compiuto il servizio militare se ne tornano in patria. Ad ovviare al male che certi loro discorsi spargono massimamente fra gli abitanti dei Comuni rurali, è stato scritto questo libro dal pio sacerdote Celestino Faggiani. Questi, usando la profonda conoscenza che ha delle condizioni in cui si trovano le popolazioni dei piccoli villaggi, ha ingegnosamente ordito questo racconto in forma di romanzo, in cui si ribattono i sofismi immorali e irreligiosi, che sovente passano dai quartieri nelle campagne. Laonde noi avvisiamo, che farebbero opera santissima i parrochi i quali diffondessero questo salutare antidoto tra i loro popolani. Questo volumetto di pagine 225 è il terzo fascicolo delle Letture cattoliche di quest'anno; e si vende al tenue prezzo di centesimi 30 dalla libreria dell'Oratorio salesiano in Torino, via Cottolengo, n° 32.
5 aprile 1871
Fra i più notabili scrittori italiani del cinquecento risplende il Firenzuola sì per le molte opere da lui composte, e sì per 1 eleganza e leggiadria della lingua. Questo primo volume comprende: La prima veste dei discorsi degli animali, un'Epistola in lode delle donne, ed alcuni Ragionamenti o Novelle. In tutti questi componimenti si ammira lo scrittore almeno, piacevole, arguto, e per le Novelle in ispezie gli è dovuta singolarissima {95 [95]} lode; talchè meritamente il Gobio nella sua Storia della letteratura italiana le chiama il più garbato e fiorito novelliere del suo secolo. Il presente volume che è il XXVI della Biblioteca della gioventù italiana, contiene una breve notizia intorno alla vita ed alle opere del Firenzuola, e fu debitamente purgato e accresciuto di utilissime note a pie di pagina dall'egregio professore D. Celestino Durando, a cui sta massimamente a cuore, che la gioventù studiosa cresca pia, pudica ed innocente. Si vende in Torino centesimi 80 dalla libreria dell'Oratorio salesiano, e in Napoli da Agostino Pelerano, strada Trinità Maggiore, numero 11.
13 aprile 1871
Oltre al merito intrinseco di una vasta dottrina, esposta in modo semplice e adatto alla intelligenza popolare, questo libro del dotto Padre Secondo Franco ha eziandio il merito della opportunità. A' nostri giorni, in cui le eretiche dottrine del Döllinger tendono ad allontanare dalle sincere credenze cattoliche i fedeli, questa istruzione del Franco è un salutare antidoto, che i capi degl'Istituti educativi dovrebbero spargere tra i giovani, e i parrochi tra i loro popolani. Noi ce ne auguriamo un gran bene; e lo raccomandiamo perciò caldamente a' nostri lettori. Il presente volumetto è il fascicolo IV delle Letture Cattoliche di quest'anno, e si vende in Torino 35 centesimi dalla stamperia e libreria dell'Oratorio Salesiano, via Cottolengo, n° 32.
26 aprile 1871
Pochi volgarizzatori ebbero la fortuna, che toccò al Firenzuola. E vogliamo dire della lode che meritamente gli viene attribuita, di aver superato nella versione dell'Asino d'oro di Apuleio i pregi dell'originale. E questa bella versione, che si raccomanda per amenità di concetti e forbitezza di lingua è contenuta nel presente volume secondo delle Prose del Firenzuola. Certamente molte cose s'incontrano tanto nel testo latino, quanto nella traduzione italiana, le quali non si potrebbero mettere convenientemente nelle mani dei giovani. Ma per la diligente cura dell'oculatissimo professore Durando queste parti sono interamente scomparse nella presente edizione; ed i padri amanti della cristiana educazione hanno il modo di fare ai loro figliuoli un caro ed utile regalo. Il volumetto, corredato di opportune annotazioni, si vende centesimi 80 dalla libreria dell'Oratorio Salesiano in Torino, e da Agostino Pelerano in Napoli, strada Trinità Maggiore, n° 11. {96 [96]}
4 maggio 1871
Fra tanti libri, che si stamparono ad onore di Maria Santissima, ad uso popolare, è difficile trovarne uno così completo come quello che annunziamo sotto il titolo di Nuovo manuale pel pratico esercizio della divozione a Maria Santissima, ove, oltre un bel nucleo di preghiere alla SS. Vergine, vi trovi un metodo pratico di sentire la S. messa in suo onore, tutte le novene con ispeciali orazioni in preparazione delle feste di Lei, più il mese di maggio con belle considerazioni, che potrebbero anche riuscire molto utili a quei sacerdoti che durante questo mese avessero a tenere conferenze sulla B. Vergine. Il volume, che comprende più di 500 pagine, si vende al tenue prezzo di L. 1 25 alla tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales.
10 maggio 1871
Già molte operette si sono stampate intorno a questo fatto prodigioso, e parecchi giornali francesi ed italiani ne parlarono. Il reverendo D. Bosco ha raccolto in questo librettino quanto basta per provare la verità del miracoloso avvenimento, e vi aggiunge la narrazione di altri fatti prodigiosi, atti massimamente a ravvivare la fede nel popolo e promuovere la divozione verso la Gran Madre di Dio. Prezzo, centesimi 15.
(MB 10,207)
7 settembre 1871
emendato ed annotato dal sacerdote dottore Francesco Cerniti. Torino, Tip. dell'Orat. Sales., 1871, in-16°, di pag. 214. Prezzo centesimi.60.
Sarebbe superfluo lo spendere molte parole a lodare quest'opera del Trecento; e chi ne desidera particolarizzate notizie, legga la bella prefazione del dottore Cerruti, che pose molta cura nell'emendare il libro e corredarlo di dotte ed acconcie annotazioni. Al Cerruti, come al Francesia ed al Durando, sono dovute molte lodi per l'opera diligente che egli presta alla Biblioteca della Gioventù italiana, alla quale auguriamo la continuazione del favore di cui gode meritamente.
14 settembre 1871
Situato nel centro dell'amena riviera di Ponente fra Genova e Nizza, questo Collegio-convitto, aperto Tanno scorso da quel benemerito sacerdote che è Don Bosco Giovanni, ha già dato {97 [97]} lodevole saggio non meno di soda istruzione classica che di educazione eminentemente religiosa. Le testimonianze di stima che si ebbero dai parenti degli alunni, l'ottimo risultato che conseguirono gli allievi delle classi sì elementari come ginnasiali negli esami finali, risultato pubblicamente e con encomi riconosciuto e proclamato da insigni professori nella solenne distribuzione dei premi, l'esito infine così soddisfacente che ottennero gli alunni della quinta classe ginnasiale negli esami di licenza al regio ginnasio Monviso in Torino, fanno prova della veracità di quanto asseriamo. Al che se si aggiunga l'amenità e salubrità veramente rara del clima, la deliziosa posizione del locale e la modicità della pensione, non possiamo a meno di raccomandarlo vivamente a tutti quei parenti che desiderano veder i loro figli istruiti e ad un tempo stesso forniti di una vera educazione religiosa e civile. Vi sono due gradi di pensione. Alla prima si corrispondono franchi 35 mensili, alla seconda 24. Ad Alassio si va per la ferrovia di Genova-Savona-Mentone, di cui a giorni si attende l'inaugurazione. La stazione ferroviaria di Alassio è a pochi passi dal Collegio. -Per le domande rivolgersi al sacerdote Francesco Cerruti, dottore in lettere.
16 settembre 1871
Uno dei più sentiti bisogni delle famiglie e della moderna società si è di allevarsi una gioventù studiosa morigerata. E perciò con nostro piacere che annunziamo e proponiamo un Istituto, il cui scopo si è d'impartire ai giovanetti l'istruzione elementare e ginnasiale a norma dei programmi governativi, non punto disgiunta dalla morale e religiosa. È questo il Collegio-Convitto, o Piccolo Seminario in Borgo San Martino, stazione sulla ferrovia Alessandria-Casale. Il modico prezzo della pensione (di lire 24 mensili per l'ordinaria e di lire 32 per una speciale, a chi la desidera), la salubrità e amenità del sito, lo scalo della ferrovia presso al Collegio, e specialmente la direzione affidata allo zelante don Giovanni Bosco, amico e padre affettuosissimo della gioventù, è quanto possa desiderarsi da un buon padre di famiglia. - Per le domande rivolgersi al Direttore del Collegio.
20 settembre 1871
per Francesco Della Valle, canonico prevosto in Alassio. Tip. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
È questo un libro che, piccolo di mole, è tanto più grande e degno d'essere letto per le belle cose che vi si contengono. In questa guerra accanita che si muove ogni giorno contro i buoni, guerra che ornai cagionò tanti mali a quelle medesime famiglie, le quali prima mantenevansi così salde nella fede e ne' costumi, era pur necessario che vi fosse chi, accingendosi a porvi qualche rimedio, pigliasse a svellere il male dalla radice, educando e santificando colei, {98 [98]} cui Dio diede la maggior influenza nella famiglia. E questo è ciò che fece il dotto e zelante prevosto di Alassio nel libro che qui annunziamo, in cui i saggi ammaestramenti alle madri cristiane sono conditi di una certa qual grata unzione, ed esposti in una lingua nitida e pura, ed in uno stile semplice ad un tempo e dignitoso. Per la qual cosa noi raccomandiamo caldamente la lettura di questo libro alle madri, ed a tutti quelli cui sta veramente a cuore l'educazione cristiana delle famiglie, persuasi che molto vantaggio ne sarà per ridondare alla società. Si vende a cent. 60 la copia a beneficio del Santuario della Madonna della Guardia presso Alassio.
20 ottobre 1871
Lungo il litorale tra Genova e Savona nella città di Varazze, con approvazione dell'autorità scolastica, è aperto un collegio-convitto a favore della studiosa gioventù. L'edificio è situato vicino alla stazione della ferrovia, nel luogo più salubre, più elevato e più ventilato della città, con dirimpetto l'amena vista del mare. L'insegnamento, che abbraccia le quattro elementari, il corso tecnico e le cinque ginnasiali, è approvato; cioè gli insegnanti saranno patentati, le materie e le discipline scolastiche in tutti i rami d'istruzione saranno in analogia coi programmi e regolamenti governativi. Si assicurano le più vive sollecitudini, affinchè agli allievi nulla manchi di quanto può contribuire al loro profitto morale, sanitario e scientifico. - Vi sono due gradi di pensione. Alla prima si corrispondono lire 35 mensili, ed hawi pane a volontà, vino, minestra e due pietanze a pranzo; pane come sopra, minestra, vino ed una pietanza a cena; pane, caffè e latte o frutta a colezione, pane a merenda. Alla seconda pensione, lire 24 al mese. In essa hawi pane a colezione e merenda; pane a volontà, minestra, una pietanza e vino a pranzo; pane come sopra, minestra, vino, oppure frutta a cena. A chi nella seconda pensione desiderasse caffè e latte al mattino il Collegio lo fa somministrare a lire 3 50 al mese. Per evitare la perdita di tempo e il disturbo della scuola cagionati dai ritardi, è fissata l'entrata nel Collegio dal 15 al 18 ottobre. Col giorno 18 comincia a decorrere la pensione anche per coloro che vi ritornassero dopo. Le domande si fanno al cav. Bonora canonico prev. vie. for. di Varazze, oppure al direttore locale del Collegio, sac. Giovanni Francesia, dottore in lettere.
24 ottobre 1871
Per soddisfare alle molte dimande di famiglie che desiderano di collocare i loro figliuoli in licei dove fosse tutelata la scienza e la moralità, il sacerdote Giovanni Bosco ha divisato di aprire in quest'anno, sotto la direzione del sacerdote Francesco Cerruti, dottore in {99 [99]} lettere nel Collegio-convitto di Alassio, una scuola liceale. Per quest'anno saranno insegnate soltanto le materie del primo corso. La pensione è di lire 35 mensili. Si dovrà pur pagare un minervale annuo di L. 60.
4 novembre 1871
Veggiamo con singoiar piacere, che valorosi letterati anche non piemontesi, concorrono col loro ingegno e colla loro dottrina ad accrescere i pregi di questa Biblioteca della gioventù italiana. E ne abbiamo una pruova nelle note, delle quali il professore G. Gobio, barnabita, corredò le poesie del Parini. Queste note dell'egregio professore lombardo mirano per lo più a chiarire la significazione di alcuni versi, che riuscirebbero oscuri ai giovanetti; ma non mancano quelle, che pongono sott'occhio agli studiosi i brani degli scrittori latini, ai quali ebbe l'occhio il poeta della Brianza. E di questo vogliamo particolarmente lodare il benemerico P. Gobio, perchè è un tacito ammaestramento, che egli porge ai giovani lettori, che i sommi scrittori italiani d'ogni età posero il loro studio negli antichi. Questo volumetto, che è il 34° della collezione, si vende anche separatamente al prezzo di centesimi 80 dalla libreria dell'Oratorio Salesiano in Torino, e dal libraio Pellerano di Napoli.
17 dicembre 1871
Novella di Tommaso Vallauri. Torino, Tipografia dell'Oratorio Salesiano, 1871, in 16°, di pag. 55.
Un pedante milanese, vuoto di dottrina e pieno di orgoglio, erasi cacciato in capo di essere il più gran latinista dell'età sua, perchè aveva abborracciato una grammatica, e compilato un'antologia latina. E, tutto fumo e boria, non faceva mai fine al millantarsi, talchè era di noia insopportabile a chiunque l'udiva. Ora, siccome le immagini del dì si sogliono rappresentare all'animo nel sonno, così una notte fra le altre parve in sogno al nostro pedante di godersi gli applausi dei rappresentanti delle varie contrade d'Italia, convenuti per congratularsi con lui. Quand'ecco che tutto ad un tratto, mutata scena, egli è chiamato a render conto di sè, e condannato come plagiario. Questo è il nudo argomento della novella che l'autore seppe ordire ingegnosamente da par suo, rallegrandola qua e là con nuovi casi inaspettati, che tengono desta l'attenzione e la curiosità del lettore. Quando si tratta di una scrittura del Vallauri stimiamo superfluo il dire che in essa sono svolti i principii della più sana morale, e sono fatte segno a libèralissimi frizzi certe utopie e certe magagne dei nostri tempi, le quali non possono essere infrenate dal rigor delle leggi. Ma quello che non ci stanchiamo di ripetere a giusta lode del nostro professore torinese, è che questa novella, non altrimenti che tutte le altre da lui pubblicate, ci {100 [100]} richiama alla memoria le più belle pagine dei nostri trecentisti, vuoi per la sua schietta semplicità ed eleganza, vuoi per la singolare festività che vi si ammira» dal principio insino al fine. Laonde noi giudichiamo di promuovere la buona educazione dei nostri giovani, raccomandando caldamente la lettura di questa novella, che è ad un tempo un semenzaio di ottime massime ed un aureo modello del puro e classico scrivere italiano. Si vende in Torino dalla libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, via Cottolengo, num. 32, e si manda franco per la posta al prezzo di cent. 25.
4 febbraio 1872
La S. Chiesa piange in questi giorni al vedere tanti de' suoi figliuoli correre dietro le vanità e le follie del secolo, con darsi ai divertimenti illeciti del carnovale, ai teatri, ai balli, alle intemperanze con danno immenso delle anime loro; ma assai più è addolorata questa buona Madre per le gravi ed innumerevoli offese che riceve il suo sposo divino Gesù Cristo, offese che, quali spine, gli circondano e trafiggono il cuore. Si invitano pertanto le anime fedeli ed amanti della loro Madre la Chiesa e devote al cuore dolcissimo di Gesù a voler procurare un po' di consolazione, un conforto a questa Madre ed a questo cuore divino, con santificare in particolar modo questi giorni e specialmente gli ultimi tre di carnovale, e così disporsi al tempo accettevole, ai giorni di salute, ai giorni di grazie e benedizioni, la quaresima. A tal uopo si è stampato dalla tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales un libretto intitolato: Gli ultimi tre giorni di carnovale consacrati alla considerazione dei dolori di Gesù e la quaresima cristiana. Si vende al prezzo di centesimi 25 la copia; cento copie lire 20.
25 aprile 1872
Se il rapido spaccio di un'opera è sovente una pruova del pregio in cui è tenuta dagli intelligenti, nessuno certamente vorrà negare una lode singolarissima a questo libro del venerando D. Bosco, del quale si fecero in breve tempo quattro edizioni di parecchie migliaia di esemplari. Questa quinta edizione poi vuole essere in particolar modo lodata per essere stata notabilmente migliorata dall'autore, e approvata e raccomandata dal dotto Arcivescovo di Torino. Certamente non si poteva ristampare altro libro più utile per questi tempi, in cui l'empietà e la impudente ignoranza pare si sieno collegate a danno della Chiesa di Cristo. Per la qual cosa noi preghiamo caldamente i parrochi, ì rettori de' Collegi, i maestri, e tutti coloro che hanno a cuore l'educazione cristiana della gioventù, a voler far conoscere e spargere nel popolo questo Compendio della storia ecclesiastica, il quale per la sanità della dottrina sarà di efficacissimo antidoto contro i velenosi libri, che si vanno disseminando da tenebrose sètte, e per essere {101 [101]} scritto con bellissimo ordine e con istile chiaro e semplice, riuscirà utile ad ogni genere di persone. Si vende in Torino dalla Libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales al prezzo di cent. 80.
(MB 10,399-400)
14 maggio 1872
Oggi, 14, comincia la novena per la solennità di Maria Ausiliatrice nella chiesa dell'Arciconfraternita a lei dedicata nell'Oratorio di San Francesco di Sales, la quale solennità, in quest'anno, per facoltà speciale avuta dal Santo Padre, si celebrerà il 23, e non il 24. Ogni giorno della novena vi sarà alle ore 7 del mattino la messa, comunione e pratiche diverse di pietà; alle ore 7 di sera discorso e benedizione del Santissimo Sacramento. Predicherà in tutta la novena D. Massimiliano Bardesono.
19 maggio 1872
Oggi, festa di Pentecoste, alle sei di sera, nel grande cortile dell'Oratorio di San Francesco di Sales, dopo le funzioni della novena di Maria Ausiliatrice, sarà inaugurato il gran padiglione detto la Ruota della Fortuna, con maestoso concerto musicale, nel quale si eseguirà la fantastica composizione del maestro De-Vecchi La notte e il giorno. La Ruota della Fortuna poi consiste in un'urna piena di biglietti bianchi e scritti. Si distribuiscono tutti piegati; gli scritti vinceranno; il premio corrisponde al numero estratto. Ogni biglietto costa centesimi 10; chi ne acquista una decina avrà l'undecimo gratis. Nei tre seguenti giorni della novena e nel giorno della festa continuerà il trattenimento della Ruota della Fortuna con una piccola fiera a totale benefizio della chiesa di Maria Ausiliatrice e dell'Oratorio. Qualunque oggetto di chincaglieria, qualunque lavoro in metallo, in legno, in ricamo, in tela, in commestibili, in libri è accolto dal direttore dell'Istituto colla massima gratitudine, e servirà ad aumentare il numero dei doni destinati alla fiera.
22 maggio 1872
Riceviamo due libretti per la pia pratica del mese di giugno consacrato al Sacro Cuore di Gesù; ambedue divotissimi e bene adatti ad eccitare l'amore nostro verso questo Cuore adorato. Il primo ci viene dal libraio Binelli, via Doragrossa, Torino, e costa cent. 30; contiene trentuna considerazioni tutte sul Cuor di Gesù, con giaculatorie e pratiche per ciascun giorno. L'altro è scritto dal padre Seconde Franco d. C. d. G., e trovasi presso l'Oratorio di S. Francesco di Sales a {102 [102]} medesimo prezzo di centesimi 30. È importante che questa divozione si ptì$ paghi ogni volta più, e specialmente in quelle diocesi che, come la nostra, furono solennemente consecrate al Cuore adorabile di Gesù: quanto bene ne risulterà per le singole famiglie e per tutta la società!
24 maggio 1872
Per dispensa ottenuta con Breve Pontificio, l'Oratorio di San Francesco di Sales di Torino anticipò di un giorno la festa di Maria Ausiliatrice, celebrandola ai 23. Ieri dunque, con grande concorso di fedeli e coll'intervento di vari Collegi, tutti affidati alle cure del plauditissimo sacerdote D. Giovanni Bosco, si solennizzò questa sempre carissima festa. Numerosissime furono le comunioni in tutto il mattino. Alle ore 10 si ebbe messa pontificale, accompagnata dal canto di ben 300 voci. Dopo i vespri solenni fu cantata l'antifona Sancta Maria, succurre miseris, del sacerdote Giovanni Cagherò; grandioso concerto a tre cori distinti, come il Tu es Petrus, cantatosi a Roma nel 1867.
(MB 10,328)
26 maggio 1872
Per lo straordinario concorso nella festa di Maria Ausiliatrice, celebrata giovedì scorso nella chiesa a lei dedicata in questa città, avvenne che molti non hanno potuto aver accesso per prendere parte né alle religiose funzioni, né ai varii concerti musicali. Affinché pertanto ognuno possa essere appagato, oggi (26) si rinnoveranno le funzioni. Lo stesso abate Bardesono farà la predica alle quattro pomeridiane. Dopo le pratiche religiose, nell'interno dello stabilimento continuerà la così detta Ruota della Fortuna con musicali concerti e con altri ameni trattenimenti.
3 luglio 1872
Questo Collegio nel prossimo anno scolastico sarà aperto, come per lo addietro, alla studiosa gioventù. E, senza mutare scopo, passa sotto la direzione ed amministrazione del sacerdote Don Giovanni Bosco. Posto in ameno sito, presso la città di Torino, offre ai padri di famiglia piena sicurtà per la salute dei loro figliuoli. Il prezzo della pensione mensuale è, come per lo passato, di lire 90 per ogni allievo del corso elementare; di lire 100 pel corso ginnasiale; di lire 110 pel corso liceale. Nella predetta somma è compresa ogni spesa occorrente pel vitto, pel vestito, pei libri e per la istruzione. Le pruove, che i Collegi di Don Bosco hanno fatto e fanno tuttavia in {103 [103]} Piemonte e nella Liguria, danno siffatta guarentigia, che i genitori possono ben affidare i loro figli al Collegio di Valsalice con animo tranquillo. Noi, certamente, crediamo di poter dire con tutta verità, che in questo Collegio niente è omesso di quanto può promuovere il vantaggio sanitario, morale e letterario degli alunni. E per quel che riguarda l'andamento degli studi, non vogliamo intralasciare di far conoscere al pubblico, che questi saranno diretti dal valoroso professore Don Celestino Durando, autore del Nuovo Donato (principii di grammatica latina). Le domande si indirizzino in Torino al sacerdote Don Giovanni Bosco, ovvero al professore Francesco Dalmazzo, direttore del Collegio di Valsalice.
(MB 10,345-346)
12 luglio 1872
È stato pubblicato nel maggio scorso il secondo volume delle lettere di Giuseppe Baretti ai suoi fratelli, e in sullo scorcio di giugno una scelta delle poesie liriche di Gabriello Chiabrera. Tanto nell'uno quanto nell'altro volume si offre ai giovani italiani una lettura utile, varia, dilettevole, sicché viene accresciuto il pregio di questa Biblioteca che non ci stanchiamo di raccomandare caldamente ai direttori e maestri dello scuole italiane.
8 agosto 1872
Torino, tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1872.
È un grazioso ed erudito opuscoletto regalatoci dal eh. D. Giovanni Bosco all'occasione che Vercelli celebra il XV centenario del Santo suo protettore. Con uno stile chiaro e forbito ci dà a conoscere compendiosamente non solo la vita del Santo, ma anche la storia dell'età in cui visse. Prezzo centesimi 35.
(MB 10,399)
9 agosto 1872
Ecco il volume 43mo della Biblioteca della gioventù italiana, il quale contiene la vita di Gesù Cristo. Dire quali e quanti sieno i pregi delle scritture del Cesari, sarebbe un dir cosa che tutti sanno. Staremo per ciò contenti a lodare le note dichiarative che l'editore stampò a pie di pagina; e chiuderemo questo annunzio colle parole che si leggono in fine al capo xm di questo volumetto. Raccomandiamo la lettura {104 [104]} di quest'aurea operetta del Cesari «in questo tempo infelice, nel quale non mancano maestri di errore, che anche gli artigiani e le donne si adoperano di sedurre e svolgere dalla ubbidienza di Pietro, cioè smembrar dalla Chiesa, affievolendo la sua autorità e loro insegnando sprezzare gli ordinamenti e le bolle del Papa». Questo volume si vende in Torino, dalla libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, al prezzo di cent. 60.
17 agosto 1872
Questo Collegio, situato sulla ferrovia di Alessandria-Vercelli, provveduto di vasti cortili, viali ombrosi e delizioso boschetto, merita che noi lo facciamo conoscere ai padri di famiglia, che desiderano far impartire ai loro figliuoli una buona educazione. Esso comprende le classi elementari e ginnasiali. Vi sono due gradi di pensione: la prima di L. 32 mensili, la seconda di lire 24. Gli insegnanti sono patentati; l'istruzione religiosa è eminentemente cattolica; la letteraria in tutto conforme ai programmi proposti dal Governo. Gli alunni, che in questo anno scolastico ascesero al bel numero di 160, potrebbero, per la vastità del locale, giungere sino a 180. Pel programma e l'accettazione dirigersi a S.E. Rev.ma Monsignor Pietro Maria Ferrè, Vescovo di Casale, oppure al sacerdote professore Bonetti Giovanni, direttore del Collegio in Borgo S. Martino.
6 settembre 1872
Corso liceale, ginnasiale-tecnico ed elementare. - Questo Collegio diede, in pochi anni di vita, felicissimi risultati. Era naturale, giacché vive sotto la direzione del tanto benemerito don Bosco. Cresciuto notevolmente di alunni, non crebbe meno nella soddisfazione dei parenti, lietissimi che, mentre vi si provvede interamente all'istruzione scientifica e letteraria, si coltivi in modo speciale la moralità e la religione. Lodevolissimo poi fu il risultato degli esami che vi sostennero gli alunni, specialmente del Liceo, che, per dare agio ai giovani di compiere quivi tutti i loro corsi, primarii e secondiarii, fu aggiunto al Ginnasio. Gli insegnanti sono tutti patentati, e le materie d'insegnamento conformi, in tutte le classi liceali, ginnasiali-tecniche ed elementari, ai programmi e regolamenti governativi. II clima saluberrimo, deliziosa la posizione, la ferrovia alle porte del Collegio. Vi sono due gradi di pensione, l'una di 24 e l'altra di 35 franchi mensili, la quale ultima è obbligatoria per gli alunni del Liceo, coll'aggiunta di lire 60 a titolo di minervale. Per le domande rivolgersi al sacerdote Cerruti Francesco, preside e direttore del Collegio.
(MB 10,377) {105 [105]}
26 settembre 1872
volume secondo. Torino, tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1872, in-16°.
Non ripeteremo qui le cose già dette a lode del primo volume di queste prose; e staremo contenti ad offrire le nostre congratulazioni al reverendo D. Rua per le ben considerate ed utili note di cui volle corredare i due volumetti, che si vendono al prezzo di una lira tutti due insieme dalla libreria dell'Oratorio Salesiano in Torino.
28 settembre 1872
I genitori, che amano dare ai loro figli un'educazione sodamente religiosa, morale e letteraria, non hanno che a collocarli in questo Collegio, che da parecchi anni, in un paese dei più salubri ai piedi delle Alpi, fu aperto dall'infaticabile Don Bosco, con molto vantaggio della gioventù in esso educata ed istruita. Il felice esito ottenuto ogni anno negli esami di licenza, ed il numero sempre crescente degli alunni, per cui si dovette costrurre un nuovo grandioso locale, che può ora contenerne oltre a trecento, fanno abbastanza conoscere come le speranze dei genitori, che al Collegio di Lanzo affidarono i loro figli, non furono mai delusi. L'insegnamento abbraccia l'intero corso elementare e ginnasiale; vi sono due gradi di pensione, a lire 24 e lire 35 mensili.
(MB 10,377-378)
8 ottobre 1872
Questo Collegio, che conta ben cento alunni convittori, fu aperto appena l'anno scorso sotto l'alta direzione del tanto benemerito sacerdote D. Bosco, il quale, coadiuvato da una eletta schiera di giovani maestri e professori, informati al suo medesimo spirito, si adopera di instillare nel cuore della gioventù i principii di una cristiana educazione. Noi raccomandiamo caldamente questo Collegio ai padri di famiglia i quali desiderano che i loro figliuoli coltivino la scienza non disgiunta dalla pietà. L'insegnamento abbraccia il corso elementare ed il corso tecnico-ginnasiale misto, impartito a norma dei programmi governativi. Gl'insegnanti sono patentati. Vi hanno due gradi di pensione: l'uno di 24, l'altro di 35 franchi mensili, pagabili per trimestre anticipato. D locale del Collegio è posto su di un piccolo rialto a pochi passi dalla ferrovia Genova^Savona. Gode a mezzodì della vista del mare, ed è cinto a settentriotìe da amenissime collinette d'aranci {106 [106]} ed oliveti. Per le domande dirigersi al direttore del Collegio, sacerdote Francesia, dottore in lettere, oppure alla Direzione dell'Oratorio di San Francesco di Sales in Valdocco, Torino.
(MB 10,378)
11 ottobre 1872
Da alcuni anni fu aperto questo piccolo Seminario in una posizione molto amena, e a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Un locale ampio ed elegante, cortili spaziosi e ventilati, giardini ridenti per una viva vegetazione rendono quel soggiorno salubre ed allegro. Esso è sotto la dipendenza del sacerdote don Bosco, e viene diretto ed amministrato dal sacerdote don Giovanni Bonetti, professore, e da parecchi altri professori e maestri scelti dal sullodato don Bosco. L'insegnamento comprende il corso elementare e ginnasiale, e si impartisce a norma dei programmi governativi. - Le pensioni sono due: una di lire 32 e l'altra di lire 24 mensili. - Per l'accettazione conviene dirigersi al sovramen-zionato sacerdote don Giovanni Bonetti, direttore.
(MB 10,378)
15 febbraio 1873
Pubblichiamo di buon grado il seguente invito ai signori padri di famiglia: «Suole spesso avvenire che giovanetti di nobile e civile condizione, per la tenera loro età, o per motivi di salute, debbano passare l'invernale stagione colle loro famiglie, e venuta la primavera non trovino nei Collegi classe d'istruzione corrispondente al loro bisogno, essendo a quel tempo i corsi scolastici già di molto inoltrati. Ne deriva quindi il grave danno di percorrere il rimanente dell'anno con poco profitto ne' loro studii. A sì fatto inconveniente, dietro l'invito di alcuni padri di famiglia ed il consiglio di autorevoli personaggi, si pensò rimediare coll'aprire in questo Collegio col primo marzo prossimo venturo un nuovo corso elementare inferiore che si continuerà fino verso la metà di settembre. Le diligenti e premurose cure che si presteranno ai giovanetti che vi prenderanno parte e l'insegnamento appropriato alla loro capacità intellettuale, danno fondata speranza, che essi potranno in tale spazio di tempo compiere regolarmente l'annuale corso scolastico. Il Collegio trovasi presso a Torino a poca distanza dal ponte in ferrò sul Po ed in sito molto salubre ed ameno. L'insegnamento che ivi si dà abbraccia il corso liceale, ginnasiale ed elementare. La pensione mensile è di lire 90, comprese pure le spese di vestiario e di cancelleria. Per l'uso della lettiera in ferro e del pagliericcio elastico, per le cure ordinarie del medico e chirurgo, {107 [107]} pel parrucchiere, bucato, soppressatura, ecc., si pagano ogni anno lire 80. Per le dimande di accettazione e per maggiori schiarimenti rivolgersi al direttore del Collegio, sacerdote professore Francesco Dalmazzo. Torino, 10 febbraio 1870».
26 febbraio 1873
consecrati alla considerazione dei dolori di Gesù e la quaresima cristiana; 2a edizione, lire 0 25. Copie 100, lire 20. - Amiamo Gesù, per G. Frassinetti; La SS. Comunione, per monsignor Ségur; Il figlio divoto di Gesù sacramentato; La figlia devota di Gesù sacramentato. Centesimi 10 ogni copia, cento copie lire 8.
Furono suggeriti molti mezzi per riparare lo scandalo che dalle bestemmie contro Gesù Cristo si proffersero in Roma. Ci pare che sopra ogni altro valga il propagare tra i buoni la divozione a Gesù in sacramento ed alla sua augusta madre, massimamente in questi ultimi giorni di carnovale, in cui le profanazioni al santo nome di Gesù, le bestemmie e le scostumatezze si commettono senza numero. - È con questo intendimento che raccomandiamo caldamente di servirsi e di spargere in gran numero fra il popolo le operette qui sopra annunziate, le quali serviranno mirabilmente a questo scopo. - Si vendono dalla libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, via Cottolengo, n°32.
4 aprile 1873
pel sacerdote Lemoyne G.B., direttore del Collegio di Lanzo. Torino, tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1873.
Dalla tipografia dell'Oratorio salesiano di Torino, che testé pubblicava nella sua Biblioteca della Gioventù Italiana i Viaggi di M. Polo[1], esce ora il Cristoforo Colombo del sacerdote G.B. Lemoyne, direttore del Collegio di Lanzo. Molti, per vero, illustrarono la vita e le peregrinazioni dell'immortale Genovese; ma, o si perdettero in sottili ricerche per accontentare gli eruditi, o lasciarono troppo libero il campo alla fantasia per sorprendere gli svogliati lettori; oppure, per evitare questi eccessi, si ridussero ad una fedele sì, ma sfuggevole narrazione, che ricorda e non imprime i fatti nella memoria di chi li ricerca a diletto ed istruzione. Il Lemoyne conobbe la via da percorrere, e, fattosi padrone di quanto vi ha di rilevante nei lavori stampati sopra il suo illustre compaesano, di lui porse in quarantacinque capi tale un ritratto, da riuscire accetto a coloro che già sentono addentro nella storia, e graditissimo ai giovanetti, in servizio dei quali spese queste sue fatiche.
Noi vorremmo che il Cristoforo Colombo dell'ingenuo Lemoyne entrasse in {108 [108]} tutte le case di educazione, e si facesse un posto nel sacrario istesso delle famiglie, dove, pur troppo, incontra che si leggano anche scopertamente racconti permalosissimi alla mente ed al cuore; e facciam voti che lo si assegni in premio nelle scuole agli alunni diligenti e studiosi. Ora che tanto si ragiona di grandi uomini italiani, mette bene che i giovanetti si avvezzino ad affidarsi in quelli che, essendo stati propriamente tali, ci porgono il modello del vero cristiano e dell'utile cittadino.
Il Cristoforo Colombo del Lemoyne Vendesi lire 1 all'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino.
26 aprile 1873
Torino, tipografia e libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1873. - Un volume in ottavo di pagine 187.
Ecco un libro opportunissimo in apparecchio alla festa solenne di San Gregorio Settimo, che la Chiesa celebrerà il dì 25 prossimo maggio. Coloro i quali impaurano alla lotta che ora la Santa Sede sostiene col mondo e colla politica che lo governa, e che, in veggendo imperversare la empietà sì negli ordini alti della società, come nel popolo minuto, si accasciano sfiduciati dell'avvenire, leggano questi cenni sulla vita del Magno Gregorio, che noi lieti annunziamo. Essi si persuaderanno che la navicella di Pietro trovossi già tra marosi ben più fieri di quelli che oggi attraversa; e che appunto quando pare più terribile la burrasca, suole Iddio mandarle il navicellaio atto a sostenerla e condurla a salvamento. Gregorio Settimo fu il Pio Nono del secolo undecimo; e le vittorie del primo ci sono caparra certa dei trionfi del secondo.
I cenni che di San Gregorio Settimo ci porge il libro testé uscito dalla tipografia dell'Oratorio Salesiano di Torino sono ricavati dalla Vita che ne scrisse il celebre protestante Voigt. L'autore si valse eziandio della storia ecclesiastica del Rohrbacher e del dizionario del Moroni; aggiungendovi di suo una esposizione ordinata e chiara, in istile spigliato ed ameno. Vendesi all'Oratorio suddetto al prezzo di centesimi 40.
14 maggio 1873
Giovedì prossimo, 16, comincerà nella chiesa di Valdocco la solenne novena in preparazione alla festa di Maria ausiliatrice. Il celebre oratore padre Secondo Franco predicherà ogni sera dei {109 [109]} giorni feriali alle ore 7, ed alle 4 nei giorni festivi; la sua predicazione sarà fatta in forma di esercizi spirituali, come suolsi nel dar le missioni, il che apporterà maggior vantaggio spirituale.
22 maggio 1873
Con grandissima solennità sarà celebrata sabbato, 24, la festa di Maria Ausiliatrice nella chiesa di Valdocco. Ecco l'orario delle sacre funzioni: nel mattino alle ore 7 messa per la comunione generale; alle ore 10 messa pontificale, e verrà eseguita la grandiosa messa a piena orchestra del valente maestro De-Vecchi. Alla sera alle 6 vespri solenni con nuova musica del sacerdote Cagliero, in fine dei quali sarà cantata l'antifona Sancta Maria a tre cori distinti, come il Tu es Petrus, eseguitosi a Roma nel 1867. Dopo i vespri vi sarà il panegirico, e quindi la benedizione col Santissimo Sacramento con un grandioso Tantum ergo a 300 voci. Nel giorno 25 poi vi sarà ancora grande solennità in onore di San Gregorio. Per rendere più amena la festa, nelle ore libere dalle sacre funzioni avranno luogo nel cortile dello stabilimento concerti musicali, e, cominciando dalla sera del giovedì sino alla sera della domenica, si terrà a totale benefizio della chiesa e dell'Istituto una piccola fiera, in cui i padri di famiglia troveranno qualche regaluccio da fare a' loro figliuoli, compiendo nel tempo medesimo un'opera di cristiana beneficenza.
7 agosto 1873
per la pratica de' suoi doveri negli esercizi di cristiana pietà per la recita dell'Ufficio della Beata Vergine, dei Vespri di tutto l'anno, e dell'Uffizio dei morti, con una giunta di scelte laudi sacre, pel sacerdote Giovanni Bosco, edizione XXXIII, accresciuta. - Torino, tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1873.
Un libro che conta già trentatrè edizioni non abbisogna, certo, di molte parole per essere raccomandato. Il Giovane provveduto del sacerdote Giovanni Bosco è penetrato in ogni istituto di educazione, in ogni casa di lavoro, in ogni famiglia cristiana d'Italia; e tutti trovano che di tanti eucologi, di tanti manuali di preghiera fin qui venuti alla stampa, questo di D. Bosco meglio soddisfa alla intelligenza, ai bisogni, alla pietà universale. La disposizione e ricchezza delle materie, la maniera semplice e non disadorna di connettere e spiegare quanto essenzialmente risguarda la pratica della religione cattolica; e in fine, diciamolo pure, la tinta di pietà vera che da ogni linea dell'opera si manifesta, fanno del Giovane provveduto uno di quei libri che si vorrebbero sempre a noi dappresso, come un carissimo amico. La presente ultima edizione ha poi sulle altre il pregio di alcune importanti aggiunte. Fra queste meritano special menzione le {110 [110]} cose che il pio e dotto autore, per maniera di dialogo, discorre in quindici capitoli intorno ai fondamenti della cattolica religione. E noi vorremmo che questa trentesima terza edizione ancora più delle altre si diffondesse nel popolo, il quale, in mezzo a tanto pervertimento di mente e di cuore, troppo abbisogna di essere rischiarato circa i fondamenti della Chiesa, circa l'autorità e infallibilità del Sommo Pontefice, e di essere premunito contro gli errori dei protestanti. Il sacerdote Giovanni Bosco, al pari di noi, altro non desidera che di essere letto e meditato dal popolo per onore e gloria di Dio, e pel bene che dall'onore e dalla gloria di Dio ridonda alla società.
Vendesi il Giovane provveduto in Torino all'Oratorio di S. Francesco di Sales.
(MB 10,721)
20 settembre 1873
Avvertimenti raccolti da un membro della biblioteca circolante cattolica torinese; Torino, Tipografia e libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, al prezzo di centesimi 20. - Molto giudiziosi e pieni di buono spirito sono questi Avvertimenti sulla religione, sul Papa, sulla stampa, sull'amor di patria, sulla frammassoneria, sulle Società cattoliche ed altre cose dei tempi. Si vede che chi li ha scritti non è cattolico per metà, né dei cattolici così detti liberali, cioè che patteggiano più o meno coi nemici di Dio; e fortunato il lettore che, facendo suoi tutti i sentimenti di questo libro, si unisce anche per esso al centro di tutti gli insegnamenti, la cattedra di san Pietro. Raccomandiamo caldamente la diffusione di quest'ottimo libro, specialmente alle Società cattoliche italiane, ed a quanti amano formarsi una breve, ma sugosa e chiara idea della condizione in cui si trova un cattolico nel secolo presente.
28 settembre 1873
Crediamo di-fare utilissima cosa a quei padri di famiglia che già pensano di collocare i loro figli in Collegio, ove nulla s'abbia a temere e molto a sperare, col suggerire ad essi quello che da un anno circa fu aperto in Valsalice sotto la sorveglianza del venerando D. Bosco e la direzione del sacerdote professore Dalmazzo. Gli esperimenti avuti lungo l'anno testé passato, le prove degli esami di licenza ginnasiale, che furono bellissime, fanno sperare a quel Collegio quasi ancora nascente, un lieto avvenire. Nulla di fatto manca per farnelo più lusinghiero; qui trovi in tutti i professóri gran zelo a diffondere quella «luce intellettuale piena d'amore» che giova a guadagnarsi l'anima de' giovanetti e sollevarla alle scienze ed alle virtù; e, posto com'è in amenissimo luogo, vi si possono godere i comodi {111 [111]} della città senza i suoi disturbi, e le delizie della campagna senza le noie ed i fastidi. Abbiamo noi con piacere voluto assistere alla distribuzione dei premi fatta agli alunni che si segnalarono per istudio e buona condotta, e fummo pur soddisfatti per i loro saggi di musica, di poesia e di declamazione. La bella corona di parenti e di altre persone accorse attestava la sua approvazione con molti e cordialissimi applausi. Il cav. dottor Bacchialoni, professore di lettere greche nel liceo, disse un breve ma assennato discorso sull'Educazione del cuore, ove si manifestò un'altra volta per quel vero oratore detto da Quintilliano Vir bonus dicendiperitus. Il Collegio comprende il corso elementare ginnasiale e liceale. La rata mensile è di lire 90. Abiti e libri a carico del Collegio. Per ispeciali schiarimenti rivolgersi al direttore del Collegio professore sacerdote Dalmazzo Francesco.
1 ottobre 1873
In Mornese, saluberrimo paese della diocesi di Acqui, fu aperto l'anno scorso dalla grande carità del sacerdote Gio. Bosco un Istituto nel quale potessero essere accolte e cristianamente educate quelle ragazze che per ristrettezza di mezzi di fortuna non possono entrare in altre case di signorile educazione. I frutti che si raccolsero in quest'anno superarono la comune aspettazione, e ne fecero solenne testimonianza i professori che da Torino si recarono in sul principio di questo mese a dar l'esame a quelle allieve. Monsignor Sciandra, vescovo di Acqui, volle onorare di sua presenza questo Istituto, esaminare le allieve nella lingua francese ed assistere alla distribuzione dei premi, la quale fu rallegrata da poesie, canti e suoni che diedero anche ottima prova del progresso fatto da quelle ragazze nella musica. Anche nel tempo delle vacanze resta aperto l'-Istituto di Mornese. La mensile pensione è di lire 20. Per maggiori schiarimenti rivolgansi le domande al direttore D. Domenico Pestarino in Mornese (Acqui).
20 novembre 1873
pubblicati dal sacerdote professore CELESTINO DURANDO, edizione 2a. Torino, tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1873.
I libri destinati a porgere i precetti del bello scrivere vogliono essere sugosi e bene ordinati; cosicché chi li ha una volta impressi nella mente possa all'uopo ricordarli a suo vantaggio. Tali erano quelli che, scritti latinamente, una volta usavansi nelle due retoriche in Piemonte; e tale sembraci questo italiano del sacerdote Celestino Durando, professore nell'Oratorio Salesiano di Torino. Chiaro nelle definizioni, accorto negli avvedimenti, parco, ma opportuno negli esempi, egli dà in due parti a'suoi alunni quanto basta perché del {112 [112]} parlare proprio e figurato, dello stile e dei varii generi di componimento si facciano un intero concetto. Che se il testo incontrerà un sagace maestro, il quale a viva voce ne dichiari le varie parti, non può fare che non raggiunga lo scopo per cui l'ha ripubblicato il modesto e dotto autore. - Vendesi alla tipografia e libreria del suddetto Oratorio a centesimi 60.
Almanacco pel 1873. - Come i tristi valgonsi delle strenne e degli almanacchi per viziare il mondo, è ben fatto che cogli almanacchi e colle strenne i buoni si accingano a diffondere i sani principii della morale e della religione, contrapponendo alle virtù pagane ed alle tendenze ai godimenti terreni i modelli della virtù cristiane e le pure aspirazioni alla felicità del cielo.
Il Galantuomo, uscito testé dalla stamperia dell'Oratorio Salesiano di Torino, corre da ventitré anni per questa lodevole strada; e, parlando al popolo come parlano i galantuomini, cioè chiaro, secondo verità, e non senza un cotal garbo, cerca di fargli passare una mezz'oretta di ritaglio con diletto e vantaggio.
Vendesi in Torino alla suddetta tipografia, via Cottolengo, numero 32, per centesimi 15.
8 gennaio 1874
pel teologo missionario apostolico BELASIO ANTONIO MARIA, direttore spirituale del Seminario di Vigevano. - Torino, tipografia e libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1874.
Il teologo Antonio Maria Belasio, già noto per altri pregiati lavori, volle coll'opuscolo presente mostrare quale debba esere il fondamento dell'istruzione ed educazione pubblica e privata. Egli ha ragione di levar la voce contro il paganesimo antico e moderno delle scuole, e di stabilire che, per ravvivare la società data al materialismo e indifferente a quanto più tocca da vicino l'uomo ed i suoi destini, è mestieri far ritorno aMa Chiesa cattolica. Questa buona madre fu la sola che mantenne viva la fiaccola del sapere in mezzo alle tenebre del medio evo; essa fu che preparò co' suoi insegnamenti la coltura dei tempi moderni: e il volere ora allontanarsi da lei è un dare nuovamente addietro verso la ignoranza e la barbarie.
L'operetta del Belasio è scritta con brio ed atta a persuadere ogni uomo di retto intendimento. Il dottissimo Arcivescovo della nostra Diocesi, dopo averla letta, vi pose in capo la sua autorevole approvazione. - Vendesi all'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino al prezzo di sessanta centesimi. {113 [113]}
12 febbraio 1874
Queste letture, a cui altri si può associare presso la libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales al tenuissimo prezzo di lire 2 25 all'anno, sono entrate nell'anno XXII della loro pubblicazione, e accennano a diventare sempre più gradite e diffuse tra il popolo. Dell'ultimo fascicolo dell'anno scorso, la Gran Bestia, se ne spacciarono in pochi mesi 15,000 esemplari, e s'è dovuto imprendere la terza edizione, lasciando inalterato il prezzo a centesimi 30 per copia. Il primo fascicolo poi del 1874, intitolato Massimino, ossia Disputa fra un giovanetto cattolico e un protestante sul Campidoglio, raccontato dal sacerdote Giovanni Bosco, ha destato un vivo interesse, specialmente nella città dove i protestanti cercano di pervertire le popolazioni. È uscito il fascicolo di febbraio, col titolo San Giuseppe, del sacerdote Frassinetti (centesimi 30 per copia e lire 24 il 100); il solo nome dell'autore basta a invogliare ognuno a farne l'acquisto. Per l'occasione poi del Centenario di San Tommaso d'Aquino e delle feste che si celebreranno a Milano in onore di Sant'Ambrogio, già sono in corso di stampa la vita di San Tommaso d'Aquino, del sacerdote Bonetti, e la vita di Sant'Ambrogio, desunta dalla Cronaca di Paolino, per cura del teologo Chiuso, segretario arcivescovile della diocesi di Torino. E dopo questi fascicoli sarà pure nelle Letture cattoliche pubblicata la vita di Martino Lutero, scritta dal sacerdote Lemoyne, l'autore della vita di Cristoforo Colombo.
(MB 10,1352-1353)
12 febbraio 1874
Torino, Tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, in-8°, di pag. 32.
Tutti sanno oramai che le Novelle di Tommaso Vallauri sono frizzanti satire, in cui egli morde certe taccherelle della nostra età, e quelle massimamente che si riferiscono all'educazione della gioventù. E in questa che annunziamo i lettori vedranno come il novelliere torinese sappia rendere amena e festiva la trattazione di materie che sono per loro natura aride e spinose. Qui uno sfegatato etimologista fiorentino, per cui tutto lo scibile umano consiste nel rintracciare l'origine dei vocaboli, viene con finissima ironia esposto agli scherzi de' suoi concittadini. E ad un tempo si tocca di certi metodi che, male usati, riducono l'insegnamento letterario a meschine puerilità. Nel che il nostro novellatore merita lode anche per la nobiltà e cortesia de' suoi modi. Imperciocché, confutando una disciplina che egli crede perniziosa alle scuole secondarie, non discende mai a parole o concetti che possano offendere menomamente le persone. A questo modo il professore Vallauri, mentre insegna dalla cattedra colla gravità e serietà che gli sono naturali, nelle novelle combatte col ridicolo i vizi che non di rado s'abbarbicano anche alle cose migliori del mondo. {114 [114]} E, ciò facendo, non perde di vista lo scopo principale che egli si propone in tutte le sue scritture, che è quello di spargere nel pubblico le sane massime ed il buon gusto in opera di lingua e di stile. Questa Novella si vende in Torino dalla libreria dell'Oratorio Salesiano, e si manda franco per tutta Italia al prezzo di cent. 40.
4 marzo 1874
Sono usciti alla luce i due fascicoli di febbraio e di marzo, di cui l'uno contiene una serie di meditazioni intorno a S. Giuseppe protettore della Chiesa universale, operetta inedita del compianto sacerdote Frassinetti, già parroco di S. Sabina in Genova; l'altro fascicolo contiene un compendio della vita di S. Tommaso d'Aquino, desunto dal Rohrbaker, dal Moroni dal Gibelli per cura del sacerdote Bonetti, direttore del collegio-seminario di Borgo San Martino. Ambedue queste pubblicazioni non potrebbero tornar più acconcie in questi giorni nei quali da tutta la Chiesa si celebra il mese di San Giuseppe, e si sta, massime in Italia, per festeggiare il sesto centenario di S. Tommaso d'Aquino. Lo stile popolare ed ameno con cui sono scritti, e la copia di santi affetti che ne traspira, ci fanno desiderare che questi due libretti corrano per le mani di tutti i fedeli che certo ne ritrarranno grande utile e conforto, quindi di buon grado ne diamo qui l'annunzio. Mitissimo ne è il prezzo, cent. 30 per copia e lire 24 al cento la Vita di S. Giuseppe del Frassinetti (cui è pure unito l'altro opuscoletto dello stesso autore, Amiamo San Giuseppe), e cent. 25 per copia e lire 20 al cento la Vita di S. Tommaso d'Aquino. Rivolgere le dimande alla libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, oppure alla libreria dell'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena.
18 marzo 1874
Quinta edizione riveduta ed accresciuta dall'autore. - Torino, Tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1873, in-8°, di pagine 419. Prezzo L. 2,50.
Già più volte parlando noi di queste Novelle pubblicate dal Vallauri alla spicciolata, ne abbiamo lodato il fare festivo, brioso ed il dettato elegantissimo. Ora annunziandole tutte raccolte insieme in un bel volume, crediamo di non potere far meglio, che recando in mezzo due brani dell'ingegnosa, dotta e forbita prefazione del chiarissimo cav. Osvaldo Berrini: «L'intenzione dell'autore, scrive egli, fu di tórre semplicemente a prestito la forma della novella a servizio della satira, per modo che il rispetto epico viene ad essere subordinato al satirico. Per la qual cosa non devesi in queste Novelle cercare gran copia, varietà ed intreccio di azione, ma piuttosto una censura di costumi, fatta con quella giovialità che è propria di Luciano. Che se al Lucianesco sembrerà mescolarsi {115 [115]} talvolta qualche sprazzo di Aristofaneo e di Menippeo, non parrà strano chi guardi la condizione dei tempi, più degni della bile di Persio e di Giovenale, che della lepidezza di Orazio... Questo, o cortese lettore, ti ho voluto dire affinché tu potessi giudicare a dovere l'intenzione dell'autore di queste Novelle. Ora non aggiungerò più parola. Leggi e vedrai quanto giovaneggiare e frizzare di stile in un uomo, che conta meglio di mezzo secolo di pubblico insegnamento; che arricchì la repubblica letteraria di tanti volumi, gravi di varia e profonda erudizione, dotò le nostre scuole di numerosi ed elegantissimi libri di testo, e ci diede i commenti di tanti classici latini, fra cui quello di Plauto, il quale, compiuto che sia, non lascierà più alcun desiderio agli studiosi del commediografo Sarsinate; che si è mostrato oratore così eloquente in tante concioni inaugurali, tenute nel nostro Ateneo; che con una fecondità inesauribile e felice mantiene l'epigrafia latina in quel grado, cui la recarono i Mor-celli ed i Boucheron; che conserva, per confessione universale, all'Italia il primato nella filologia romana; che presenta finalmente, in mezzo a tanta generale fiacchezza, col fermo volere e colla operosità indefessa un così imitabile esempio di vita».
Questo giudizio, che il professore Berrini reca intorno al Vallauri come novelliere, come storico, come filologo e scrittore latino, mostra ad un tempo l'acume del valoroso critico e l'affetto del discepolo pel suo antico maestro. E noi di buon grado approviamo le lodi giustamente tributate all'illustre professore torinese, che poc'anzi ebbe da tutta Italia una splendida testimonianza di onore, fatta più notabile dal maraviglioso consentire di uomini diversi di studi, di credenze religiose e di opinioni politiche.
5 aprile 1874
Chi è che non ricorda nella nostra città il teologo Giovanni Borei, quell'infaticabile e santo ministro di Dio, che nelle carceri, negli istituti, nelle missioni consacrò la sua vita per la salute delle anime? La sua memoria durerà benedetta in mezzo a noi, e il profumo delle sue virtù, e soprattutto del suo zelo apostolico, e della sua ammirabile semplicità, e della sua gioviale amabilità lascierà lunga traccia di sé, a modello del clero e ad edificazione del popolo cristiano. Fu quindi ottimo il pensiero dei sacerdoti dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino di farne ritrarre le care sembianze in un quadro, che venne di poi fotografato, e che, per essere stato fatto dopo la morte del servo di Dio, ritiene abbastanza bene le linee di quel volto, improntato di tutto il candore della santità; sotto la fotografia un breve suo motto autografo colla sua firma. Chi desiderasse avere in questo bel ritratto una preziosa memoria del santo uomo, potrà procurarselo presso il medesimo Oratorio al prezzo di cent. 25 la copia. {116 [116]}
19 maggio 1874
Quest'oggi, martedì, nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco, ha cominciamento la novena in preparazione alla grande solennità che si celebrerà quest'anno il giorno 28. Ogni giorno al mattino, alle 7 1/2, vi sarà la messa per la comunione generale, con particolari esercizi di pietà, e lungo tutto il mattino grande comodità di messe e di accostarsi ai santissimi Sacramenti della confessione e comunione. Alla sera, alle ore 7, predica e benedizione, con litanie e Tantum ergo in musica. Numerosi, vogliamo sperare, interverranno i divoti Torinesi ad onorare Maria, per acquistarsene il potente patrocinio.
8 luglio 1874
Edizione 2a. Torino, tipografia e libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales.
Questo nuovo opuscolo delle Letture cattoliche che si stampano in Torino sotto la direzione del sacerdote Giovanni Bosco, è come una appendice dell'altro già da noi annunziato col titolo: La gran bestia; ed è lavoro dell'istessa aurea penna del P. Martinengo, scrittore nato fatto per allettare ed istruire la gioventù. Se del primo in pochi mesi si spacciarono ben ventimila esemplari, lo stesso certo avverrà di questo secondo, il quale si continua nell'argomento del rispetto umano con tale gaiezza di stile, opportunità di massime e svago di racconti, che tu ti senti tirato a leggere dalla prima fino all'ultima pagina senza pure awedertene. Insomma, la è una di quelle code a modo, la quale può stuzzicare la curiosità poniamo anche del più codinofobo di questo mondo. Mentre noi la annunziamo, già trovasi alla seconda edizione; e la si spedisce franca di posta, come si fece della Gran Bestia, per centesimi 30 dalla libreria e tipografia suddetta dell'Oratorio di San Francesco di Sales, via Cottolengo, n° 32.
23 agosto 1874
Nel collegio-convitto di Lanzo, per cura dell'infaticabile don Bosco, si darà una muta di esercizi spirituali, dal 7 al 12 prossimo venturo settembre, onde aderire al desiderio manifestato più volte da non pochi professori e maestri di scuola, ai quali non resta altro tempo che questo delle vacanze per un po' di ritiro. Chi desiderasse prendervi parte, si rivolga per lettera al sacerdote Giovanni Bosco, a Torino. Partendo con la ferrovia Torino-Ciriè si avrà qualche agevolezza sui prezzi.
(MB 10,829) {117 [117]}
24 ottobre 1874
pel sacerdote GIOVANNI BOSCO. Sesta edizione, Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales. Centesimi 40. - Don Bosco anche matematico? Questa domanda ci uscì spontanea dalla bocca quando ci capitò nelle mani il libro testé indicato. E dovemmo convincerci che sì, allorché, avendo esaminato questo trattatello, il trovammo condotto con tanta semplicità, chiarezza d'idee e popolarità, che il crediamo il più acconcio per le scuole elementari, in servizio delle quali in questa nuova edizione l'egregio autore ha aggiunto in fine quelle elementari nozioni di geometria prescritte dai programmi governativi.
(MB 10,1351)
22 novembre 1874
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales. In-8° di pagine 38. Prezzo cent. 40.
Uno dei più ingegnosi e più dotti alunni del Vallauri, che è il professore Osvaldo Berrini, nella stupenda prefazione che pose in fronte alla quinta edizione delle Novelle del suo maestro[2], scriveva: «Leggi, e vedrai quanto giovaneggiare e frizzar di stile in un uomo che conta meglio di mezzo secolo d'insegnamento». Queste verissime parole ci tornarono alla mente al leggere questa nuova Novella vallauriana, in cui si racconta come un ricco medico della Valle di Maira, presso Cuneo, dottissimo di archeologia, verso la metà del secolo scorso contraffacesse maestrevolmente antiche iscrizioni, medaglie e monete romane; come, accusato al governatore di Cuneo per monetario, sia stato sostenuto alcun tempo in prigione, e come, conosciuta finalmente la sua innocenza, siagli stato fatto grandissimo onore. L'autore nello svolgere questo argomento seppe ritrarre con tanta vivacità di colori la vita che fa il medico nei paesucci montuosi, che altri non potrebbe desiderare una pittura più vera, né più aggraziata. Poi i fortunosi casi dell'Antiquario sono descritti con quella festività che lo scrittore trae dalla profonda conoscenza del cuore umano e dalle invidiuzze e discordie che agitano massimamente gli abitanti delle terricciuole. I lettori hanno un bel tipo di galantuomo, dato agli studi, ma un po' ambizioso, nel protagonista della Novella; un vivo ritratto di probità e fedeltà in Bastiano, fabbro ferraio, ed in Gianni, servitore del medico; un notabile esempio di donne curiose e linguacciute in Maria, Maddalena e Lisa; e veggono nel governatore di Cuneo figurato un uomo di cuore e giusto, il quale sa riparare generosamente ad un fallo, in cui cadde per malizia ed ignoranza altrui. Non mancano le spuntonate a certi giornalisti, che mirano soltanto a recar acqua al loro mulino; non mancano le note erudite, argute e dichiarative. {118 [118]} E una di queste contiene una lettera francese di Federico Ritschl a Napoleone III, in cui dà il suo giudizio intorno alla Storia Romana di Teodoro Mommsen, chiamandola una meschina esposizione, ripiena di fiele. Non parliamo della lingua e dello stile. Tutti sanno oramai come il Vallauri scriva le sue Novelle. Questa, che annunziamo, è preceduta da una lettera all'illustre archeologo G. Fiorelli, la quale mostra nel Vallauri l'uomo gentile e giusto estimatore del merito altrui.
6 dicembre 1874
con cenni sui principali avvenimenti delle altre nazioni d'Europa. - Parte la, medio-evo (1492). Torino, tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 1874.
Chi trascorre un poco i compendii di storia moderna ammaniti per le scuole, di leggieri si avvede che i compilatori di essi sogliono mirare più presto ad adulare il nostro tempo ed a riempiere il borsellino, che a dire la verità delle cose e ammaestrare la gioventù. Quindi, allo apparire della Storia d'Italia del sacerdote Giovanni Bosco, la fu salutata come una benedizione e diffusa a migliaia di esemplari in tutta Italia. Ma il libro del benemerito nostro Piemontese essendo scritto per la istruzione del popolo, molte cose necessariamente ommette risguardanti la riposta origine di certi fatti e certe conseguenze dei medesimi; né troppo si dimora in osservazioni di politica e di letteratura, che sorpassino la comune intelligenza.
A compiere, dirò così, quello che a bello studio si intralascia nella storia di Don G. Bosco, esce ora il volume sopra annunziato; il quale, svolgendo con ampiezza la materia segnata dai programmi governativi alle scuole secondarie, può con frutto e diletto essere tolto per guida dagli alunni aspiranti alla licenza liceale. L'autore si è umilmente riparato all'ombra dell'anonimo; ma la economia del lavoro, la sicurezza dei giudizi e infine la maniera classica del narrare, fanno veduto che, anche senza camminare per la maggiore e strombazzare il proprio nome ai quattro venti, uno può benissimo comporre un libro di testo, e comporlo da galantuomo, cioè bene.
Vendesi questa Storia d'Italia lire due in Torino alla tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, e si spedisce franca di posta ai richiedenti. {119 [119]}
5 gennaio 1875
facta studiis auspicandis litterarum latinarum in atheneeo taurinensi, VI. Cal. decembr., an. MDCCCLXXIIII. Aug. Taurin. ex offic. Ascet. Sales. an. MDCCCLXXV, in -8°, di pag. 20.
A quanti lessero l'anno scorso la Prolusione del Vallauri De causis neglectæ latinitatis dee naturalmente riuscire grata quella che ora annunziamo intorno al miglior modo di ristorare questa latinità, che fu già una gloria tutta italiana. Dei mezzi che il professore torinese propone come utili a questo scopo, alcuni riguardano le scuole secondarie, altri le universitarie. Nelle prime il Vallauri censura anzi tutto quella soverchia abbondanza di materie, che è la disperazione dei professori ginnasiali, e tortura il cervello degli scolari, inculca un più accurato studio della grammatica; riprova certi metodi germanici, con cui si vorrebbe ridurre l'insegnamento grammaticale al solo studio delle etimologie, e condanna il distrarre che alcuni fanno gli scolaretti di grammatica alla comparazione di molte e diverse lingue. Tocca poi di parecchi vizi che si notano nei programmi dei ginnasii e dei licei; come, tra gli altri, quello di bandire dalle scuole la versificazione latina e lo studio dei poeti drammatici. E finalmente, venendo alle Università, mostra quanto gioverebbe a tener vivo l'amore delle lettere latine, se latino fosse l'insegnamento di alcune discipline che derivano da fonte romano. Queste sono, per sommi capi, le cose trattate in questa Prolusione. Del modo con cui il professore svolse il suo argomento non diremo noi. Chi è che non conosca oramai il modo di scrivere del decano dell'Università torinese?
Si vende in Torino dalla libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales al prezzo di centesimi 40, e si manda franco per la posta.
1 maggio 1875
Libri IV, del venerabile uomo di Dio GIOVANNI GERSEN, abbate dei Benedettini di Santo Stefano in Vercelli, secondo l'antico volgarizzamento toscano. - Torino, tipografia e libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1875, (pag. LXXXVI-264).
Diamo il benvenuto a questo nuovo volumetto della Biblioteca della Gioventù italiana, che si pubblica all'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino, e ci affrettiamo di annunziarlo ai nostri lettori. Esso contiene il volgarizzamento dell'impareggiabile libro De Imitatione Christi, volgarizzamento del buon secolo, che vide la luce del 1522 in Firenze, e fu poscia ultimamente a corretta lezione ridotto dal valente filologo Marcantonio Parenti. I tipi della Civiltà Cattolica ce ne avevano dato una ristampa bellina in -24mo del 1866; ma la ebbe in breve così grande spaccio, che si penerebbe ora ad averne. Questa dell'Oratorio Salesiano di Torino esempla fedelmente la romana, ed appagherà {120 [120]} certo il desiderio dei divoti ed eleganti lettori, anche pel ritratto dell'umile e sublime Benedettino che porta in fronte, e per l'erudito commento che vi premise il reverendo P. Camillo Mella vercellese.
15 maggio 1875
Novena e solennità in onore di Maria Ausiliatrice nella chiesa dell'arciconfraternita a lei dedicata in Torino-Valdocco. Festa settennale dalla consecrazione della chiesa. Indulgenza plenaria a chi confessato e comunicato visiterà questa chiesa nel corso della novena o nel dì della festa. - Orario delle sacre funzioni. - La novena comincierà sabbato 15 di maggio. In ciascun giorno lungo il mattino fino a mezzodì celebrazione di messe lette e comodità per chi desidera accostarsi ai santissimi sacramenti della confessione e comunione. - Giorni feriali. Ogni mattina alle ore 7 1/2 messa e comunione, con particolari esercizi di pietà. Tutte le sere alle 7 canto di lodi sacre, predica, benedizione col Santissimo Sacramento. - Domenica 16, solennità di Pentecoste. Mattino, alle ore 7 messa e comunione generale, alle ore 10 messa solenne. Sera, alle ore 3 1/2 vespri, predica e benedizione. - Giorno 23, festa della Santissima Trinità. Come nel giorno di Pentecoste. - Giorno 24, solennità di Maria aiuto dei cristiani. Mattino, alle ore 7 messa e comunione generale, alle ore 10 messa solenne, nella quale verrà eseguita ad organo-orchestra la grandiosa messa a sei parti del sacerdote teologo Giovanni Cagherò. Sera, alle ore 6 vespri solenni, panegirico, Tantum Ergo a tre cori, benedizione. - N.B. Dopo i vespri solenni si eseguirà l'inno detto la Battaglia di Lepanto, produzione del sacerdote teologo Giovanni Cagliero. L'autore ebbe in mira di rappresentare con note musicali la famosa battaglia vinta dai cristiani a Lepanto col?aiuto di Maria Ausiliatrice. - Il giorno 25, alle 7 1/2 del mattino, vi sarà messa, comunione, con altre pratiche di pietà pei defunti confratelli dell'arciconfraternita. Ogni volta che si assiste in questa chiesa alla funzione del mattino si acquista un'indulgenza di tre anni. Così pure si acquistanto 300 giorni d'indulgenza ogni volta che si ascolta la predica od il catechismo colla recita dell'Ave Maria prima e dopo. Tali indulgenze, applicabili ai fedeli defunti, furono concesse da S.S. Papa Pio Nono con decreto del 26 febbraio 1875. Chi desidera farsi ascrivere nell'arciconfraternita di Maria Ausiliatrice troverà persona appositamente incaricata nella sagrestia della chiesa. La limosina che gli aggregati od altri divoti giudicheranno di fare in quest'anno è destinata a pagare le spese per la nuova sagrestia. Nella vigilia e nel giorno della festa si farà la piccola fiera come negli altri anni nell'interno del pio istituto. {121 [121]}
23 maggio 1875
Fra i molti segni di sincera divozione che le nobili signore fiorentine danno all'augusta Regina del cielo, awene uno che fa grande onore alla loro pietà. - Una scelta di loro si costituirono in una specie di Società, provvidero a loro conto quanto era mestieri e lavorarono un elegante tappeto, che spedirono alla chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino. L'opera lascia niente a desiderare per finitezza. Costa più anni di lavoro e di sollecitudine, e cuopre tutto il presbitero di questa chiesa, dove forma uno dei più belli ornamenti dell'attuale settennaria solennità. - Le patrizie torinesi mandano un saluto di gratitudine alle loro sorelle fiorentine.
11 giugno 1875
Tra i fascicoli delle Letture Cattoliche che produssero sensazione nel pubblico merita menzione quello tèste uscito alla luce, Maria Ausiliatrice venerata nella chiesa di Valdocco in Torino, col racconto di alcune grazie ottenute nel primo settennio dalla sua consacrazione. - Sembrerà strano che in un secolo come questo si osi stampare un libretto pieno per 200 pagine di racconti di grazie ottenute da persone tuttora viventi; eppure possiamo assicurare che non vi è riportato che un numero minimo di tali grazie, essendo che la maggior parte non si è potuta pubblicare o perché erano grazie tutte spirituali, o perché chi le ricevette espresse il desiderio non si rendessero di pubblica ragione. La narrazione poi del modo con cui fu edificata la suddetta chiesa di Valdocco (di cui si dà una particolareggiata descrizione) è per se stessa una sequela di grazie provvidenziali che colpiscono il lettore e lo eccitano ad una tenera confidenza verso della Beata Vergine Ausiliatrice. Sia dunque lodato Iddio, che, in mezzo a questo secolo d'indifferenze e di guerra alla Chiesa, ha voluto una volta più dimostrare che il suo braccio non è abbreviato su di noi, purché si ricorra all'intercessione della sua divina Madre, che Egli vuole in questi tempi così specialmente onorare sotto il bel titolo di Madre Auxilium Christianorum. - Il prezzo del fascicolo è appena di centesimi 60, vendibile presso la libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, via Cottolengo, numero 32.
11 giugno 1875
pel sacerdote Giovanni Bonetti della Congregazione Salesiana. Torino, tip. e libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1875.
Tra le varie operette stampate per eccitare la divozione al Sacro Cuore di Gesù, questa del sacerdote Giovanni Bonetti si raccomanda per economia di {122 [122]} lavoro, unzione e semplicità di dettato. L'autore seppe dedurne dai santi Vangeli quanto gli abbisognava per dimostrare come il buon Gesù sia l'amico di tutti; e noi osiamo dire che i colori e le immagini da lui adoperati per aiutare il pio lettore a celebrare degnamente il secondo centenario della rivelazione del Sacro Cuore, siano appropriatissimi a cosiffatte scritture popolari, le quali rifuggono dalle sottigliezze dell'ascetica mistica e sublime. Il libretto si chiude con la formola per consacrare il proprio cuore a quello di Gesù, e con le litanie in onore del medesimo. Un esemplare costa cent. 50; chi ne acquista cento, avrà in regalo venticinque libretti a scelta fra i numeri 30, 65, 115, 131, 140, 149, 150, 157, 185, 192, 229 del catalogo delle Letture Cattoliche. Chi poi, oltre i cento esemplari del libro su narrato, comperasse mille copie del Ricordo del mese di giugno, litografato coll'atto di consacrazione, approvato dalla S. Congregazione dei Riti, si avrà ben cinquanta dei libretti suddetti a sua scelta, sol che ne faccia domanda alla libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino, o si diriga all'Ospizio di S. Vincenzo de' Paoli in Sampierdarena.
10 settembre 1875
I tempi difficili che attraversiamo e la recente legge sopra la leva militare fanno molto temere che quinci innanzi abbiano a scarseggiare i candidati al sacerdozio. A questo rivolgendo il pensiero il venerando nostro sacerdote Giovanni Bosco, fondatore dell'Oratorio salesiano di Torino, concepì il disegno di una istituzione acconcia alle presenti necessità della Chiesa, la quale istituzione da Maria Ausiliatrice piglia il nome. Essa consiste nel raccogliere a vita comune i giovani d'ogni condizione dai sedici ai trenta anni, i quali: 1° siano svincolati dall'obbligo della milizia, oppure abbiano qualche buona speranza di andarne esenti; 2° Abbiano percorse le scuole elementari della lingua italiana; 3° Presentino commendatizie di vita costumata, e mostrino attitudine al sacerdozio. Essi sotto la disciplina di dotti professori compiranno il corso degli studi letterarii, e giunti alla filosofia rimarranno liberi della loro scelta, ossia che loro piaccia aggregarsi al clero diocesano, o preferiscano, sentendosi tale vocazione, dedicarsi alle missioni estere. La retta mensile per ciascun alunno sarà tenue, non oltrepassando lire 24.
Ora, potranno tutti gli aspiranti avere a suo agio questa, benché piccola somma, ogni mese? Inoltre l'istituto con quali altri mezzi potrà andare incontro alle molte spese che si richieggono a fine di provvedere quanto è mestieri alla compiuta educazione ed istruzione degli alunni? Don Bosco ben se le ha fatte queste interrogazioni; ma egli mette la presente, come ogni altra sua impresa, nelle mani della Provvidenza e nella carità dei fedeli. L'epoca nostra si rassomiglia non poco alla primitiva del cristianesimo; egli quindi, come i {123 [123]} successori dei discepoli di Gesù Cristo, confida nella liberalità dei buoni cattolici, e si aspetta di ricevere da ogni parte conforti ed aiuti. Gli si mandi denaro, gli si faccia avere biancheria, legna da ardere, tutto insomma che il desiderio di promuovere un'opera santa può suggerire, egli accoglierà tutto a grande riconoscenza, e pregherà e farà pregare per tutti i suoi donatori. Chi farà l'offerta di 300 franchi avrà diritto di mandare all'Istituto un giovane per un anno; chi poi sborserà lire 800 gli assicurerà vitto e vestito durante il corso letterario.
Il sacerdote D. Bosco, ridotta in iscritto questa presente istituzione, di cui noi qui diamo un sunto, per assicurarle la benedizione del cielo, la sottopose al supremo giudizio del Santo Padre Pio Nono, il quale, esaminatala, la trovò nata fatta per le esigenze del tempo, come quella che apre una nuova via per ripopolare i seminari ed accrescere il numero degli aspiranti agli ordini religiosi; e, lodatosene coll'autore, incuorollo alla impresa e lo benedisse. Noi siamo sicuri che in cosiffatta materia niuno la penserà diversamente dal Sommo Pontefice, e che però, facendo lieto viso a così opportuna istituzione, terrà modo che si conosca e si promuova nelle varie diocesi. Con tale certezza noi fin d'ora avvertiamo che chi desidera il programma dell'Opera di Maria Ausiliatrice, e farvi inscrivere allievi, può rivolgersi al prelodato sacerdote D. Bosco in Torino, ovvero dirigersi al sacerdote Paolo Albera, direttore dell'ospizio di S. Vincenzo in S. Pier d'Arena, dove, a Dio piacendo, si aprirà la Casa dell'Opera di Maria Ausiliatrice.
18 settembre 1875
Annunziamo con vero piacere la condizione ognor più felice di questo Collegio, il quale, nei cinque anni che conta di esistenza, prese uno sviluppo tale da riuscire uno dei più fiorenti Istituti, sicché nell'anno testé decorso noverava ben 170 convittori. Ciò è dovuto principalmente allo zelo instancabile del venerando don Bosco, da cui dipende, e de' suoi collaboratori, i quali non risparmiano a fatica perché i loro alunni acquistino ad un tempo e l'istruzione necessaria a compiere lodevolmente i loro studi, e quell'educazione religiosa e morale di cui tanto abbisogna la gioventù ai nostri giorni. La salubrità poi del clima, la deliziosa posizione, l'amenità della spiaggia che rende così facile e giovevole alla sanità l'uso dei bagni,e la modicità della pensione, sono anche esse una raccomandazione ai signori parenti, ora specialmente che con la costruzione d'un nuovo grandioso locale attiguo all'antico Collegio diverrà capace di un numero assai maggiore. L'insegnamento è dato in conformità dei programmi governativi, ed abbraccia il corso liceale, ginnasiale-tecnico ed elementare. Sonvi due gradi di pensione, al primo dei quali si corrispondono franchi 35 mensili, al secondo franchi 24. Per altri schiarimenti e per le domande rivolgersi al sacerdote dottore Francesco Cerniti, preside e direttore del Collegio. {124 [124]}
26 ottobre 1875
S. Pauli primi eremitæ, S. Hilarionis eremitæ, Malchi monaci, et Epistolæ selectæ cum adnotationibus Ioannis Tamiettii, sac. politior. litterar. doctoris. - Augustæ Taurinorum ex officina Asceterii salesiani, anno M.DCCC.LXXV.
Alla economica Biblioteca della gioventù italiana, che da sette anni va diffondendo in ogni provincia i più purgati classici nazionali, il nostro sacerdote Giovanni Bosco aggiunge per vantaggio degli studiosi una economica Biblioteca di classici latini cristiani. Questa Biblioteca, che era già nel desiderio di molti, si fece indispensabile oggi, che, risolta da profondissimi pensatori la grave quistione intorno all'insegnamento dei classici nelle scuole, la Santità di Pio IX degnossi di apporvi, come disse, il suggello, inculcando, secondo l'uso costante della Chiesa, il promiscuo studio degli autori pagani e degli ottimi scrittori sacri, e impromettendosene grande frutto.
La pubblicazione di don Bosco conterrà il fiore di quanto uscì dalla penna dei più insigni autori latini cristiani dal IV al XII secolo; e il testo riscontrato sulle migliori edizioni sarà dichiarato da professori, i quali alla dottrina sacra e profana congiungano perizia e gusto di lingua latina. Il primo volume che abbiamo sott'occhio si è augurio del buon riuscimento dell'impresa. Esso incomincia con una semplice, ma eziandio elegante prefazioncella del su lodato don Bosco, dove dimostrasi l'uopo del lavoro di cui si è messo a capo. Seguono gli opuscoli di San Gerolamo, ciò sono De viris illustribus, libro unico; le vite dei santi eremiti Paolo, Ilarione e Malco; e infine alcune lettere scelte risguardanti specialmente l'istruzione e l'educazione cristiana e religiosa. Gli opuscoli furono rivisti e postillati dal diligente e forbito dottore in lettere sacerdote Giovanni Tamietti, dell'Oratorio salesiano. Noi, che rileggemmo la edizione del Tamietti, e riscontrammo alcuni luoghi controversi o mutili del testo con le edizioni di Erasmo e Vallars, potemmo persuaderci della eccellenza del suo lavoro, e gliene tributiamo qui i nostri rallegramenti.
Certi che ogni Istituto di buona istruzione classica troverà il suo acconcio in questa opportuna biblioteca, affrettiamo la Tipografia dell'Oratorio a publicare tosto il secondo volume di essa, contenente la storia sacra dell'aureo Sul-pizio Severo. - Vendesi il presente volume (di pagine 330) all'Oratorio di San Francesco di Sales di Torino, per una lira, franco di posta.
30 ottobre 1875
Annunziamo con vivissimo piacere la prossima partenza di una missione di Salesiani, ossia di preti dell'Oratorio di San Francesco di Sales, da Torino per {125 [125]} la Repubblica Argentina (America del Sud). Già è buona pezza, il commendatore Giovanni Gazzolo, console argentino a Savona, presentava, a nome della Repubblica e dell'Arcivescovo di quei luoghi, un progetto al molto reverendo D. Giovanni Bosco, fondatore dell'Oratorio suddetto, a fine di avere sacerdoti docenti, i quali in quelle contrade si recassero a diffondere i semi della fede e della civiltà. Il nostro don Bosco, che nelle cose di grande rilievo sempre ha ricorso ai lumi del Vaticano, non tardò di sottoporre il divisamente dell'egregio signor Gazzolo al sommo giudizio di Sua Santità Pio Nono; il quale, avendo già innanzi che fosse assunto al Pontificato rivolto a quelle regioni le sue apostoliche fatiche, e più d'ogni altro conoscendone i bisogni, molto lodossi della pia impresa, e con la effusione del suo cuore paterno la benedisse. Non pochi ostacoli in vero parevano frapporsi all'eseguimento di sì grande disegno, vuoi per parte della Repubblica, vuoi eziandio per parte dell'Oratorio stesso, che aveva da scegliersi, preparare e fornire del necessario i missionari. Ma ora ogni difficoltà è appianata, sonosi conchiuse finalmente le trattative; e già l'Arcivescovo zelantissimo dell'Argentina a braccia aperte sta attendendo i novelli operari per la messe della sua estesissima diocesi.
Undici sono i valorosi sacerdoti di Don Bosco, i quali, dopo ottenuta dalla Santità di Pio IX la pontificia benedizione, l'11 novembre prossimo faranno vela alla volta dell'America del Sud, ed è loro capo il teologo Giovanni Cagherò, il simpatico maestro di musica sacra dell'Oratorio salesiano D. Cagliero, che, con le sue invidiate note musicali, riempì di dolcezza e di pietà cristiana tanti cuori in tante chiese d'Italia. Essi a Buenos-Ayres, capitale dello Stato, apriranno un Ospizio di istruzione e di educazione, e porranno a S. Nicolas de Los Aroyos le fondamenta di un Collegio delle missioni. Lo zelo di Don Bosco non si arresterà lì del sicuro; a queste succederanno altre case in altri luoghi, ed egli, man mano, saprà poi trovar la strada alla vicina Patagonia, ossia terra di Magellano, paese quasi estraneo all'Europa, dove, pur troppo, non potè ancora penetrare alcun barlume di Vangelo né idea di commercio o di altro elemento incivilitivo.
È la prima volta che dalla nostra Torino, e forse anco dal Piemonte, parte uno stuolo di dotti e coraggiosi sacerdoti per arrecare in quella remota parte del mondo l'opera della carità cristiana. Ragion dunque vuole che noi segniamo tra i più fausti e felici il dì undici novembre prossimo, e che con fervide preghiere e voti accompagniamo nel lungo viaggio questi nostri benemeriti patrioti. Noi ne daremo presto i nomi, indicando l'ora della loro solenne partenza dal tempio di Maria Ausiliatrice in Valdocco. {126 [126]}
5 novembre 1875
Il primo novembre, festa d'Ognissanti, i reverendi missionari, dei quali abbiamo fatto parola nel nostro numero di sabbato, portatisi a Roma ad unico fine di ricevere l'apostolica benedizione del Vicario di Gesù Cristo, furono ricevuti in particolare udienza dal Santo Padre.
Sua Santità degnossi di ricevere in privata udienza il capo dei novelli missionari, sacerdote teologo Giovanni Cagliero, il quale esprimeva vivi sentimenti di gratitudine pei benefizi grandi recati alla nuova Congregazione, e facevagli nota la grande affezione di tutti i figli di Don Bosco verso la Santità Sua, la quale, accordate le grazie e gli speciali favori richiesti, passava nell'attigua sala, ove era aspettato dal piccolo drappello dei Salesiani. Il supremo Gerarca, ansioso di vedere i coraggiosi missionari, con voce di paterna bontà: «Ecco, disse, un povero Vecchio, ed ove sono i miei piccoli Missionari? - Voi dunque siete i figli di Don Bosco, che andate in terre lontane a portare la luce del Vangelo: bene, ed ove andrete? - Nella Repubblica Argentina. - Colà voi starete bene certamente, perché le autorità sono buone. Voi sarete vasi pieni di buona semente, e certamente lo siete, essendo stati scelti dai vostri superiori a questa prima missione; spanderete in mezzo a quei popoli le vostre virtù e farete molto bene. Desidero che cresciate molti, perché grande è il bisogno». - Poscia rivolse a ciascuno benevole parole, ed, interrogando i singoli coadiutori del loro mestiere, diede a baciare a tutti la sua santa mano, e tutti infine con affetto benedisse. - S.E. Reverendissima il cardinale Antonelli con somma bontà degnavasi ammettere a particolare udienza, il giorno innanzi, il sacerdote Giovanni Cagliero e l'illustrissimo signor commendatore Giovanni Battista Gazzolo, console della Repubblica Argentina in Savona, promotore di questa missione, e, ricevendo pure con isquisita bontà i novelli missionari, rivolse loro parole di somma benevolenza.
11 novembre 1875
Riceviamo la seguente comunicazione: «Benemerito signore, - Sono lieto di partecipare alla Vostra Signoria illustrissima che nel prossimo giovedì (11 corrente) avrà luogo una speciale funzione religiosa nella chiesa di Maria Ausiliatrice. Al mattino si riceverà l'abiura di un giovane valdese ed alla sera i nostri missionari faranno la loro consacrazione all'Augusta Regina del cielo per impetrare l'efficace di lei patrocinio sopra la novella missione. Mentre poi le raccomando la pia impresa alla carità delle sue preghiere, le fo rispettoso invito di onorare tale funzione di sua presenza, professandomi con gratitudine - Della S.V.B. - Umile servitore sacerdote {127 [127]} Giovanni Bosco. - Orario della giornata. - Mattino, ore 7 1/2 Esercizio della buona morte - Ore 10. Abiura e battesimo sub conditione di un giovane valdese. - Sera, ore 4 1/2. Vespro della B.V. Ausiliatrice, sermoncino di opportunità, benedizione del santissimo Sacramento, benedizione ai missionari, saluto fraterno ai confratelli e partenza».
11 novembre 1875
pel teologo professore missionario apostolico A. M. Belasio, da Sartirana. - Torino, tipografia e libreria dell'Oratorio di San Francesco di Sales, (voi. in-16°) di pagine xx-424.
Questo volume, da tanto tempo aspettato, delle pastorali fatiche di quell'apostolico predicatore che è il teologo Antonio M. Belasio, direttore spirituale del seminario vigevanese e missionario apostolico, forma il quarto delle opere del medesimo, e tiene dietro alle Conferenze per i bisogni del popolo, alla Madre Chiesa nelle sue relazioni con Dio e coi suoi figli nella santa messa, alle Prediche per meditazioni ai popoli. Alcune di queste opere furono encomiate da ben 29 Vescovi, ed altre riscossero il plauso di uomini competentissimi, fra cui quell'insigne decoro della Chiesa genovese, che è monsignor Gaetano Ali-monda. Ai tre volumi suaccennati devono succedere le spiegazioni del catechismo, ossia le istruzioni parrocchiali, e prime fra queste le istruzioni sui principali doveri verso Dio, e gli esercizi spirituali per i fanciulli e giovinetti, ora usciti alla luce. Come nelle altre sue opere, in questa l'egregio autore si mostrò anima innamorata di Dio, anima bella. Semplicità, far lesto e spigliato, ingegnosi rilievi, conoscenza profonda dei nostri tempi, generosi sfoghi del cuore, come osservava un illustre oratore parlando di altro libro del Belasio, anche qui rapiscono, trascinano, incielano.
Saviissime considerazioni fa l'Autore nella prefazione intorno ai temi, al metodo, allo stile da usarsi nella predicazione: in eloquenti pagine, indirizzate al cuore dei sacerdoti e delle madri, accenna ai bisogni della società, e come sia compito urgentissimo del sacerdozio cattolico lo adoperarsi per la salvezza delle crescenti generazioni. «Per noi sacerdoti nella educazione dei figli è questione di salvare l'anima nostra», esclama nel suo zelo, e, ispirandosi alla tenerezza di una madre, viene spezzando il pane della dottrina in modo consentaneo ai bisogni della loro età. «La gioventù è l'età dei fiori, e bisogna trattarla coi fiori. Quanto più sono distanti da noi, bisogna che noi ci degniamo di abbassarci». Queste parole dicono il concetto del eh. Autore. La sua modestia gli fa soggiungere che tenta in queste istruzioni una prova. Noi possiamo a nostra volta dire che ci pare vi sia riuscito. {128 [128]}
14 novembre 1875
Giovedì, 11 corrente, siccome già si era annunziato, avveniva la partenza dei missionari salesiani per la Repubblica Argentina nell'America Meridionale. La commovente funzione chiamava alla chiesa di Maria Ausiliatrice un gran concorso di gente, fra cui in bel numero gli amici dei missionari, a cui si desiderava dare un ultimo abbraccio e augurare felice il lungo viaggio e prospero l'esito della missione. Essi erano in numero di dieci, di cui cinque sacerdoti, un chierico e quattro laici, membri tutti della Congregazione di San Francesco di Sales, la quale, nata testé, va gareggiando per numero di soggetti, per vastità d'imprese, per vigore di spirito, colle più provette istituzioni.
I novelli missionari, reduci da Roma, dove il primo novembre erano stati paternamente accolti e benedetti dal Sommo Pontefice Pio IX, aveano pure avuto la mattina del giorno 11 la consolazione di un'amorevole accoglienza per parte di S.E. reverendissima monsignor Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino, il quale con tutta l'effusione del suo cuore paterno diede loro, nel suo privato oratorio, la pastorale benedizione e con essa un prezioso ricordo da portare nella loro lontana missione. Verso la sera del medesimo giorno, essendo già la chiesa di Maria Ausiliatrice affollata oltre all'usato, collocatisi essi, in abito già di partenza, in luogo distinto nel presbitero, insieme al commendatore Giovanni Battista Gazzolo, promotore precipuo di questa missione, rivestito delle sue insegne di console della Repubblica Argentina, cominciò la funzione con alcune brevi ed opportunissime parole del loro superiore e padre, don Giovanni Bosco, il quale nella sua eloquenza facile ed affettuosa congedava i suoi figli, loro indicando l'origine dell'apostolato cristiano e lo scopo speciale di quella missione, i bisogni di quei nostri lontani fratelli e mostrando speranza che alla prima spedizione altre ne succederebbero, e che l'azione apostolica dei Salesiani si sarebbe col tempo dalla Plata distesa alle regioni vicine e massime in quelle, come la Patagonia, che sono ancora quasi inesplorate dalla religione e per conseguenza dalla civiltà; egli terminò commendando alle loro preghiere i confratelli che restano, ed alle preghiere di questi raccomandò i missionari, affinché sieno sostenuti nelle loro apostoliche fatiche, e continui in unità di spirito a progredire la salesiana famiglia.
Datasi poi la benedizione del SS. Sacramento, s'intuonò il Veni Creator, dopo il quale il molto reverendo Superiore D. Bosco recossi all'altare, e disse quelle sempre care orazioni che la Santa Chiesa mette in bocca de' suoi figli, allorché si accingono ad un viaggio, e prendono nome di Itinerarium clericorum, le quali si chiusero colla benedizione data dallo stesso D. Bosco ai novelli missionari. Si fu allora che cominciò la parte più commovente della funzione, che sollevò in tutto il tempio singulti e pianti, e vinse la stessa serenità dei giovani apostoli, poiché non è virtù il non sentir pietà; che la religione cristiana {129 [129]} non ismorza gli affetti, ma dà il coraggio a superarli, perché non ci trattengano dall'eseguire la volontà di Dio; il missionario che parte reca con sé l'amore alla patria e alla famiglia, ma nobilitato e perfezionato, né ci vuole meno d'un cuore sensibilissimo per rinunziare ai propri comodi, alle più geniali affezioni, alla vita stessa, affine di portare a lontani fratelli il beneficio incomparabile della fede.
Un coro di giovanetti cantava, sull'orchestra, il Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in sæculum, mentre nel presbitero si procedeva al bacio ed all'abbraccio dei confratelli viaggiatori; fu un punto di sublime commozione, la quale crebbe ancora quando i dieci missionari, usciti per la balaustra, ebbero non poco a fare per isbrigarsi della folla che si precipitava sui loro passi, e li abbracciava e baciava con tanta tenerezza da ricordarci il magnus fletusfactus est omnium et procumbentes super collum Pauli osculabantur eum..
Fuori della chiesa aspettavano le carrozze che condussero i missionari alla stazione ferroviaria, donde partirono la sera stessa per Genova. Ieri s'imbarcarono essi col sullodato comm. Gio. Battista Gazzolo ed una squadra di suore di N.S. della Misericordia di Savona, alla volta della Repubblica Argentina. Sia loro propizio il viaggio e coronato di esito felice l'eroico sacrifizio!
16 novembre 1875
Pubblichiamo il nome dei missionari che oggi partono da Genova per la Repubblica Argentina (14 novembre 1875). - Cagliero sacerdote Giovanni, dottore in teologia, capo di conferenze morali, autore di varie produzioni musicali. - Fagnano sacerdote Giuseppe, professore in belle lettere. - Tomatis sacerdote Domenico, professore in belle lettere. - Cassinis sacerdote Valentino, professore di scuole normali. - Baccino Giovanni Battista, sacerdote professore di metodo superiore. - Allavena sacerdote Giacomo, maestro di scuola. - Scavini Bartolomeo, maestro falegname. - Molinari Bartolomeo, professore di musica vocale ed istrumentale. - Gioia Vincenzo, maestro calzolaio. - Belmonte Stefano, per l'economia domestica. - Tutti inoltre conoscono la lingua spagnuola, la musica vocale ed istrumentale, e sono esercitati nel fare scuola o catechismo ai fanciulli. Il benemerito commendatore Giovanni Battista Gazzolo, console della Repubblica Argentina in Savona, li accompagnerà fino al luogo della fissata loro dimora. {130 [130]}
20 gennaio 1876
I.
Buenos Ayres, 14 dicembre 1875.
Giunti appena ieri nella capitale della Republica Argentina, fu unanime il nostro desiderio di presentarvi, chiarissimo signor direttore, i nostri più vivi ringraziamenti per la benevolenza usataci nel parlare di noi e dei nostri deboli sforzi per una missione nella vastissima Repubblica Argentina.
In quella che vi esprimiamo la nostra gratitudine, non vi sarà discaro un ragguaglio del nostro viaggio da Torino fino a questa città, ed affinché non appaia troppo lungo il racconto, lo divideremo in altrettante lettere quante furono le nostre fermate. E sia la prima
DA TORINO A MARSIGLIA.
Il giorno 11 di novembre, ricevuta la benedizione dal nostro superiore, ed invocato l'aiuto di Maria Ausiliatrice, demmo l'addio ai nostri confratelli e ai nostri amici, e, senza più rientrare nell'Oratorio, partimmo direttamente alla volta di Genova, dove giungemmo alla mezzanotte. Due giorni furono impiegati a portare il corredo in battello e a completare le interminabili pratiche dei passaporti.
Al mattino del 14, al momento di recarci a bordo, ci capitò fra le mani un giornale, i cui dispacci annunziavano essersi affondato un bastimento colla perdita di parecchi missionari. Unanime fu la nostra voce nel dire: - Questo ci fa coraggio. Quei degni ministri ottennero in breve tempo un gran premio: sono morti per la fede, felici loro! -
Alle ore 9 del mattino salimmo a bordo del vapore Savoie della Compagnia de' trasporti marittimi di Marsiglia, da cui abbiamo ricevuto tutti i riguardi ed agevolezze immaginabili. Oltre ad un posto riservato in prima classe per tutti noi con divisione di sala da tutti gli altri passeggeri, ci fu data libertà di celebrare tutti i giorni la santa messa, avendone la Compagnia ottenuta la facoltà dal Papa, pel che tiene a bordo l'altare e gli arredi necessari, armonium, ecc. Fummo meravigliati di trovarvi imbarcati ben 700 passeggeri; il Savoie poi, piroscafo di tremila tonnellate, e misurante una lunghezza di 130 metri su 34 di larghezza, è veramente un magnifico vapore e degno di solcare il vasto Atlantico. Don Bosco, nostro amato superiore, ci accompagnò fino a bordo, e la sua presenza rinfrancava il coraggio di tutti, quantunque i battiti del nostro cuore segnassero con ansia ogni minuto che ci avvicinava alla separazione. E questo momento giunse ben tosto! Alle 11 fu dato il segnale che ogni persona non appartenente ai viaggiatori dovesse ritirarsi. Allora ci stringemmo attorno al nostro amato Padre, e inginocchiati ricevemmo la sua benedizione. {131 [131]} Fu quello un momento che solo può immaginarsi chi ha dato una volta un addio per sempre al padre ed alla madre.
Alle ore 2 pomeridiane furono levate le ancore e il vapore cominciò a solcare le onde, mentre i nostri occhi avidamente si fissavano sulla riva, donde i rimasti a terra ci mandavano l'ultimo saluto. - Circa alle 4 passavamo in vista di Varazze e poi di Alassio, donde altri figli di Don Bosco spiavano il momento del nostro passaggio e coi loro cuori mandavanci un saluto, un augurio di felice navigazione. Il tempo ci fu favorevole fino alla sera. Essendo tutti sul ponte a godere il zeffiro marino e la luce di una chiarissima luna, ci ponemmo a cantare laudi alla Stella del mare, Maria. In un momento fummo attorniati dall'ufficialità e da tutta la gente di bordo, ansiosi di sentirci a cantare. Piacquero in modo speciale la lauda Vivo amante di quella Signora sull'aria del Nabucco ed il Marinaio di D. Cagliero. Il dottore di bordo, persona compitissima, che conosceva già il nostro D. Cagliero per altre opere musicali, si trattenne con noi sino alle ore 10 sul ponte. Il lunedì (15) mattino si celebrò la messa da D. Fagnano e da D. Tomatis. Nel dopopranzo arrivammo a Marsiglia col mare assai agitato pel vento furioso che mandavaci il golfo di Lione.
Marsiglia, l'antica Massalia o Massilia, fondata dai Focesi 600 anni prima dell'era volgare, la più antica città della Francia, la rivale di Bisanzio e di Alessandria pel commercio coll'Oriente, i cui pesci salati erano così lodati da Plinio, e la cui famosa Accademia le meritò da Cicerone il titolo di Atene delle Gallie, Marsiglia è di presente una bellissima città di trecento mila abitanti, fra cui 20 mila Piemontesi. Il suo magnifico porto è il più fiorente della Francia, e il suo commercio si estende alle Americhe, al Mar Nero, all'Africa, alle. Indie dell'Australia. Noi però a queste glorie di Marsiglia anteponevamo in cuor nostro la gloria di essere stato l'asilo di San Lazzaro, suo primo Vescovo, di Marta e di Maddalena: - il porto donde nei secoli xi e XII erano salpate tante schiere di crociati per la conquista di Terra Santa e donde presentemente partono missionari per tutte le parti del mondo.
Nel camminare per le vie di Marsiglia, i ragazzi, vedendoci col cappello ed abito nostro, si dicevano: Voilà des prètres espagnols! Il martedì mattino, essendo il vapore ancorato nel porto, celebrammo tutti la santa messa nella nostra bella cappelletta. Tutte le suore con cinquanta viaggiatori vi fecero la santa comunione, mentre molte famiglie francesi assistevano con religioso contegno alla messa e alle nostre preghiere di comunità - quasi non ci pareva di essere fuori dell'Oratorio.
Abbiamo già fatto conoscenza a bordo con una cinquantina di ragazzi, e si sta combinando col comandante per poter far loro il catechismo, e agli adulti, la maggior parte Bergamaschi e Napoletani, un po' d'istruzione. Tutto l'equipaggio si trova contento di poter fare questo lungo viaggio con noi, massime «perché finalmente, dicono taluni di loro, dopo anni ed anni possono almeno ascoltare la santa messa».
Dimenticava di notare un episodio grazioso. Quasi appena giunti a bordo, uno dei missionari si pose a suonare, gli altri a cannare. Alla vista della moltitudine {132 [132]} che ascoltava, don Cagliero indicò silenzio e indirizzò agli astanti un grazioso e commovente sermoncino, parte italiano, parte spagnuolo e parte francese, giacché gli uditori appartenevano a queste tre nazioni. Ognuno ne fu meravigliato, e subito molti passeggieri domandarono di potersi confessare.
Il 16, alle 10 antimeridiane, partimmo per Barcellona. Ma di questa seconda parte del nostro viaggio faremo tema in un'altra lettera.
21 gennaio 1876
pubblicate dal sacerdote professore Celestino Durando. - Torino, Tipografia e Libreria dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1875.
Bellissimo dono pel capo d'anno fece la Biblioteca della gioventù italiana a' suoi associati col pubblicare negli ultimi di dicembre le lettere inedite di Silvio Pellico a suo fratello Luigi. È un volumetto di 269 pagine, che vale tant'oro di coppella quanto pesa. I manoscritti ceduti all'Oratorio Salesiano di Torino da persona gentile e pia furono ordinati e licenziati alla stampa dal solerte e dotto professore D. Celestino Durando; il quale, ad intelligenza del testo, pre-misevi alcuni cenni su Luigi Pellico e la natura delle epistole che a lui sono dirette.
Chi vuole passare una mezz'ora con utile e diletto si procuri questo piccolo volume. Ivi giudizi sugli uomini e sulle cose degli ultimi nostri tempi alla buona, ma giusti; ivi avvedimenti di politica e di morale, che, letti, ti si scolpiscono per sempre in mente; ivi poi impari quella tolleranza delle umane pecche, e quell'amore del prossimo, a qualunque ordine sociale appartenga, che l'autore dei Doveri e delle Prigioni attinse alla divina fonte del Vangelo. Che dire inoltre del suo affetto fraterno? delle cure amorose che ei mise in opera per sollevare l'animo sofferente e menanconioso del suo Luigi? Molto bene qui osserva il Durando nella sua prefazione: - «Se in tutte le famiglie fossero tali legami di affetto e cristiana pietà, quali furono nella famiglia Pellico, che pace, che consolazione regnerebbe nel mondo!».
Anche lo studioso dello stile epistolare qui ritrova il fatto suo, non vi avendo alcuno scrittore più abile del Pellico a significare quello che si sente o si pensa con efficacia e con semplicità di forma; semplicità che par da fanciullo, ed è invece dote dei sommi. Egli fu, se non c'inganniamo, dei primi a dare alla nostra prosa moderna quell'andamento, che, senza allontanarsi dalle esigenze dell'arte, più si avvicina alla maniera del comune favellare; epperò i suoi libri, tutto che ripieni di sublimi concetti, riescono intelligibili alla maggior parte della nazione. Questo stile schietto e naturale riluce specialmente nelle sue lettere finora venute in luce, ma più ancora in queste al fratello Luigi, che oggi per la prima volta sono fatte di pubblica ragione. Il volumetto costa pei non associati alla Biblioteca suddetta centesimi 75; chi poi desidera avere alcuno degli autografi delle presenti lettere sarà accontentato, solo che spedisca lire quattro all'editore prof. D. Celestino Durando, via Cottolengo, N. 32. {133 [133]}
25 gennaio 1876
DA MARSIGLIA A SAN VINCENZO
(Is. CAPO VERDE).
Partiti da Marsiglia il 16 novembre, giungemmo a Barcellona il 17. Toccando la terra spagnuola, ci si stringeva il cuore nel pensare alle lotte e alle calamità che da tanti anni pesano su questa infelice nazione. Possano i santi, di cui, dopo l'Italia, fu la patria più feconda, un Domenico, un Ignazio, una Teresa, un Giovanni di Dio, un Raimondo, un Pietro d'Alcantara e tanti altri santi suoi protettori ottenerle quella pace e tranquillità che vanno sospirando tante buone famiglie spagnuole esuli e raminghe per l'Europa o viventi nel terrore e nello spavento nella Spagna stessa.
Salutata la patria di S. Eulalia, patrona della città di Barcellona, e la tomba di S. Raimondo da Pennafort, movemmo dall'antica Faventia alla volta di Gibilterra; e i venti ci furono proprio favorevoli. Il capitano signor Guiraud non finiva di ringraziare la Provvidenza di averci a bordo, perché, dopo la nostra venuta in bastimento, come egli dice, il mare si è fatto tranquillo e quasi in bonaria. E sì che quando ci siamo imbarcati a Genova parecchi marinai masticavano tra i denti: «Abbiamo imbarcato dei religiosi, avremo certamente qualche burrasca». Né la previsione era tanto fuor di proposito, se si pensi che nei giorni addietro i telegrammi annunziavano naufragi e disgrazie, e la stessa Savoie avea dovuto appoggiare al Capo Corso per diciotto ore a fine di ripararsi dall'infuriar dei venti e delle onde nel suo tragitto da Napoli a Genova. Ora invece gli stessi marinai dicono il contrario, ed anch'essi constatano con piacere che dal primo giorno che siamo con loro il mare si mantiene placidissimo, cosa, secondo tutti, rarissima in questa stagione.
Il 19, venerdì, approdammo a Gibilterra, porto magnifico e fortezza inespugnabile degl'inglesi, che la possedono dal 1704 in poi. Discesero a terra Don Fagnano ed il commendatore Gazzolo per fare provvista di cera ed ostie. Trovarono il Vescovo di questa città cortesissimo e pieno d'interessamento per la nostra missione, e disse che ardentemente desiderava avere dei figli di Don Bosco in Gibilterra per l'insegnamento nella sua diocesi, o, meglio, città. Quivi sono pochi protestanti, e frequentano tutti le scuole cattoliche. Poco ci fermammo a Gibilterra. Alle sette di sera entrammo nello Stretto; alle 10, stando sul ponte, salutammo l'ultimo faro di Europa. Voltatici ad Oriente, ci si parò innanzi un altro faro, ma era della costa africana; perdemmo di vista anche questo, e ci accorgemmo di essere entrati nell'Oceano Atlantico; avevamo passato le famose Colonne d'Ercole, che in sostanza non sono altro che due enormi massi di roccie di 400 a 470 metri d'altezza, chiamati Abyla e Calpe, separati tra di loro dallo Stretto, non più largo di 22 chilometri.
L'Adantico ha un moto ondulatorio da Occidente ad Oriente, che cagiona {134 [134]} un'altalena non da prora a poppa come nel Mediterraneo, ma da un fianco all'altro del vapore. Il mattino seguente contemplavamo le coste dell'Africa, e precisamente del Marocco, e vedemmo ad occhio nudo la bella città del Mazagan con le mura di altra città più sotto, e ciò in grazia del bel tempo che avevamo, poiché diversamente i marinai tengono più il largo; ed un viaggiatore diceva che di sette viaggi fatti era quella la prima volta che vedeva le coste del Marocco. Il capitano ci faceva da cicerone, ed imprestavaci i cannocchiali del suo studio. Verso sera perdemmo di vista la terra. Alla domenica mattina, 21, per tempo, era un affaccendarsi dell'equipaggio o personale di servizio per preparare una cappella sul ponte, acciocché tutto l'equipaggio ed i passeggeri potessero ascoltare la santa messa; così avevamo combinato col comandante, sempre con noi gentilissimo, e per giunta buon cristiano. Fu improvvisata una cappella di ben 20 metri di lunghezza e 10 di larghezza, verso la poppa, e si tappezzò tutta di bandiere di Francia, Spagna, Italia, Brasile, Inghilterra e della Repubblica argentina. Sopra dell'altare stava un bel padiglione con una bandiera che aveva in mezzo una larga stella, simbolo della stella del mare, Maria!
La cappella improvvisata era così ben adorna che non lasciava nulla a desiderare. Di fianco stava l'harmonium con la musica apparecchiata. Da un lato tutte le donne, e dall'altro i sedili per le monache, un posto riservato pel capitano e l'ufficialità di bordo, più oltre i viaggiatori di prima e seconda classe, e di dietro tutti i passeggieri uomini e la gente d'equipaggio, un 700 persone in tutto. Alle 8 e mezzo, avendo già noi celebrato quattro messe, entrò nella nuova cappella il comandante col dottore di bordo in tenuta solenne, e dietro ad essi tutta l'ufficialità, e, preso posto con religioso contegno, D. Baccino cominciò la messa solenne, mentre noi al suono dell'harmonium intonavamo il Sit nomen Domini benedictum. Dopo cantammo il quartetto del Cor admirabile, il Laudamus te della Messa di Maria Ausiliatrice, ed il Qui tollis con istupore di noi stessi, e con visibile soddisfazione dei passeggieri. Terminata la messa, udita con silenzio e religioso raccoglimento da tutti, ognuno si ritirò, e in un batter d'occhio i marinai sparecchiarono la cappella, che diventò di bel nuovo il ponte di un bastimento. Avevamo percorso circa sette miglia nel tempo che durò la messa, filando il piroscafo ben 11 nodi all'ora. Ci trovavamo allora al 31° 10 di latitudine nord, e 13° 23 di longitudine ovest del meridiano di Parigi.
Verso le due D. Cagliero da una parte e la superiora delle monache dall'altra giravano per tutto il ponte a raccogliere i ragazzi e le ragazze pel catechismo. Don Fagnano e D. Baccino ne avevano venticinque caduno; le monache una quarantina; e fatta per un'ora e mezzo di dottrina cristiana, si andò da tutti a pranzo. Era una vera consolazione pei padri e per le madri di famiglia il vederci tanto interessati pel bene dei loro figliuoli. Gli adulti avrebbero desiderato anch'essi un po' di catechismo, ma non si potè trovare un posto a ciò. Don Fagnano fece il suo catechismo in tre lingue: italiana, francese, spagnuola; così pure le monache.
Lunedì, 22 novembre, traversammo le isole Canarie. Quelle di Madera {135 [135]} eran passate senza poterle vedere. Così solo domenica ci trovammo per la prima volta tra cielo ed acqua.
Martedì e mercoledì, 23 e 24, restammo tra cielo ed acqua senza altro incontrare che un bastimento a vela, che per giubilo si mise a suonare a festa le sue campanelle, e noi tutti ci ponemmo a ricambiare cordialmente i saluti. Avevamo pure di quando in quando graziose visite dei delfini, che, vedendoci da lontano, ci correvano dietro con una rapidità meravigliosa; e mentre alcuni stavano dietro, altri correvano avanti, i più piccoli facendo salti mortali fuor d'acqua, e gli altri (grossi alcuni come vitelli) mostrandoci il muso e la colossale loro schiena!
La sera del mercoledì, 24, abbiamo invitato a pranzo con noi il comandante, il medico di bordo, il comandante in secondo ed il signor Varela, deputato argentino, e loro abbiamo dato a gustare i vini del Piemonte, che trovarono eccellenti. Fu una vera festa di famiglia. Dopo abbiamo invitati tutti quei di prima classe nella nostra sala a bere il Caluso, che gustarono molto, e gli Spagnuoli: Esto es bueno, eso me gusta mucho, es verdadero vino! Avremmo invitati anch'essi a pranzo, ma più di trenta coperti non potevano stare nella nostra sala. Non mancarono i brindisi, nei quali si toccò che la religione può stare con la onesta allegria, ecc., ecc. Allora il deputato Varela, ancora giovane e di spiriti ardenti, si alzò a benedire all'educazione che avremmo data a los niños della Repubblica Argentina, dandoci per principio: Dios y la libertad! e sorse tosto don Cagliero ad accettare i suoi augurii: Con que fuese aquella libertad que nos libre del pecado, del diablo y del error, e piacque a tutti la distinzione, anche al proponente.
E, per verità, fin dal punto che avevamo messo piede sul bastimento, avevamo potuto toccar con mano la necessità di tale educazione religiosa. Un giorno due ragazzi calabresi, di 9 anni l'uno e di 10 l'altro, malgrado il divieto di venire sul ponte di prima classe, corsero a chiederci la benedizione, perché dalle loro parti, essi dicevano, si bestemmiava tanto tanto! Mostravano una cara ingenuità.
Li abbiam tenuti lì con noi per molto tempo, invitandoli di nuovo al catechismo per domenica! Se avessimo già un ospizio in Buenos-Ayres, sarebbe il caso di toglierli dall'aria morbosa del mondo, e peggio dell'aria di bordo di 3a classe!
Giovedì, 25 arrivammo a S. Vincenzo, isola del Capo Verde, con un tempo il più bello, e con la fronte grondante di sudore. E la ragione si è che, passato il Tropico del Cancro, fin dal 23 sera eravamo entrati nella zona torrida. Respirammo con una specie di frenesia l'aria che ci veniva di terra. Oh! come il cuore si allarga quando, entrati nell'immenso Oceano, s'incontra terra dopo essere stati per giorni e giorni tra cielo ed acqua!
Verso le dieci pomeridiane, ora in cui eravamo soliti a dire il S. Rosario e le orazioni, il vapore manovrava per entrare in porto.
Alle 8 mattino del 26, celebrate le messe, scendemmo a terra per visitare le orride bellezze di S. Vincenzo. {136 [136]}
26 gennaio 1876
DA S. VINCENZO A RIO JANEIRO.
Nell'atto di scrivervi questa terza lettera, con grande piacere ci giunge l'Unità Cattolica, che ci porta notizie d'Europa, e sono le prime che riceviamo dopo la nostra partenza. Vi assicuro che abbiamo passato una mezz'ora deliziosa, massime per le notizie che vi leggemmo del buono stato di salute del S. Padre. Sia ringraziato Iddio, e riprendiamo il nostro racconto.
La notte sopra il 26 novembre, restammo ancorati nel porto di S. Vincenzo, una delle isole che compongono il gruppo di Capo Verde, appartenente al Portogallo. S. Vincenzo non è un punto importante per altro che per la provvista che vi fanno di carbone le navi che dall'Europa si dirigono verso l'America del Sud e verso le colonie portoghesi ed inglesi della costa occidentale d'Africa e del Capo di Buona Speranza.
Una barca di mori, comandata da un Piemontese (come tale subito riconosciuto perché lasciava sfuggire frequenti contac), unico Italiano residente in quell'isola, ci portò a terra. Una turba di ragazzi e di ragazze ci attraversò la via per avere chi una medaglia, chi un crocifisso od un'immagine. Vedemmo la chiesuola povera, un bel palazzo municipale, un centinaio di case, e tutto finisce lì. La popolazione è composta più di mori che di Portoghesi. Il parroco, moretto anch'egli, ci accompagnò, parlando in francese che noi intendevamo, e noi in ispagnuolo, che egli intendeva, ma non sapeva parlare. Nel bel mezzo della nostra passeggiata, e mentre ci rischiarava un magnifico sole, d'improvviso ci sopraggiunse un terribile acquazzone (cosa frequente in queste regioni tropicali). Una cortese persona ci aprì momentaneo asilo nella sua casa, dopo di che ritornammo a bordo.
La sera del 26 levammo le àncore e per undici giorni non vedemmo più che cielo ed acqua. Per verità questa fu la parte più dolorosa del nostro viaggio. Quantunque traversassimo tutta la zona torrida, non per tanto più che il caldo (eccedeva i 40 gradi) ci molestò il vento, il quale, assalendoci or da prora or da poppa or dai fianchi, ci fé' dondolare con non poca violenza. Eccetto D. Fagnano, D. Tomatis, Gioia e Scavini, gli altri tutti soffersero, chi più chi meno.
La prima e seconda domenica dell'Avvento (28 novembre e 5 dicembre) abbiamo con solennità celebrata la messa sopra il ponte, coll'intervento di tutta l'ufficialità di bordo e dei passeggieri, i quali vi assistettero con religioso contegno. La cappella improvvisata dai marinai era pavesata di tutti i segnali di bordo, essendosi omesse le bandiere, per evitare ogni suscettibilità di primato che ognuno pretendeva possedere.
Il giorno prima «Spassare la linea, e precisamente il 30 novembre, al grado {137 [137]} 4° dall'Equatore, avvenne una disgrazia non potuta riparare.
Un bell'uomo piemontese, di Scalenghe, sui trent'anni, preso forse da nostalgia, si gettò in mare. Fu un grido solo! Il comandante ordinò di fermare la macchina, fu lanciato il salva vita, quattro marinai corsero tosto con una barchetta per salvarlo. Fino a questo punto si era veduto a nuotare gagliardamente, - ma quando giunse la barca egli era scomparso, divorato dai pesci.
La sera antecedente in un momento di lucido intervallo egli era venuto a confessarsi da D. Cagliero. Qui è proprio il caso di ammirare la illuminata bontà del Santo Padre che, nel congedarci a Roma, ci diede facoltà di ascoltare la confessione quocumque Ecclesiæ loco. Il capitano aveva messo questo infelice sotto sorveglianza, ma il mattino seguente egli deluse la diligenza dell'infermiere e il vasto Oceano divenne sua tomba! Fu un giorno di costernazione per tutti.
L'indomani, 1° dicembre, avendo passato la linea, la scena cambiò, e fu giorno di festa, nel quale hawi l'usanza di dare il battesimo a tutti quelli che per la prima volta entrano nel nuovo mondo. Di buon mattino il dottor Varel-la, deputato, e D. Fagnano si erano già, amichevolmente, gettata addosso una secchia di acqua di mare, mentre gli altri passeggieri si battezzavano a secchie correndosi dietro l'un l'altro. E vi furono molti che dovettero cambiarsi fino a cinque volte. I passeggieri di prima classe avevano concertato di battezzare solennemente il superiore dei missionari, ma il povero D. Cagliero, non istando in quel giorno niente bene, fu rispettato. Peraltro venne il comandante con una boccetta d'acqua e versatogliene nella manica gli diede la fede di battesimo scritta da lui stesso, e con ciò fu liberato da ogni molestia delle secchie. Così pure il comandante liberò la superiora delle suore della Misericordia. Dopo, in tutto il giorno, festa solenne, con pranzo magnifico, e la sera illuminazione a fuochi di Bengala. Anche gli elementi concorsero alla festa, la luna colla sua argentea luce, ed il vento favorevole che ci permetteva di camminar fin 260 miglia (481 k.tri) al giorno. Il sabbato, 4 dicembre, il caldo fu così soffocante, che una povera giovane di sedici anni ne impazzì.
Il 6 dicembre poi temevamo di dover cuocere dal sole, che avevamo proprio allo zenit; ci toccò invece un mare grosso e un vento di prua così freddo, che ci pareva proprio d'essere in Piemonte.
Domenica, 7, vigilia dell'Immacolata, salutammo per la prima volta la terra americana, questa terra, che d'ora innanzi sarà la nostra patria terrena, il luogo dove, coll'aiuto della divina grazia, consumeremo le nostre forze, finché a Dio piaccia riunirci con tutti i nostri cari lassù nella gran patria, il cielo!
Alle 9 del mattino entravamo nel porto di Rio Janeiro, la gran capitale del Brasile. E bisogna confessare che è uno dei più bei porti del mondo. Così dicono i viaggiatori e così giudicammo anche noi relativamente ai porti che già avevamo veduti. Però l'uomo vi ha fatto poco: tutto ciò che vi ha di bello, di affascinante nella veduta di Rio Janeyro e del panorama che presenta dalla parte del mare, tutto l'ha fatto la natura, tutto l'ha fatto Dio. Un pittore italiano, che stava al nostro fianco, mirando estatico le bellezze delle colline verdeggianti {138 [138]} che circondano il porto, usciva in queste espressioni: «In Italia non vidi mai bellezza simile!».
Ma ohimè! quanto poco l'interno corrisponde all'esterno! Di questo però in altra lettera!
28 gennaio 1876
A RIO JANEYRO.
Nell'ultima mia vi parlai del nostro arrivo a Rio Janeyro, detta pure San Sebastiano, e del magnifico suo panorama dal lato del mare. Ora vi darò un cenno intorno a questa maravigliosa e compassionevole capitale dell'Impero brasiliano.
Il 7 dicembre, alle 10 mattina, scendemmo a terra per visitare la città. Vi trovammo gran movimento, essendo uno dei porti più commercianti dell'America, e contando la città un 300 mila abitanti. Di questi ve n'ha di tutti i colori e di tutte le nazioni, negri, mulatti, bianchi, gialli, Francesi, Inglesi, Olandesi, Portoghesi, Tedeschi, Italiani, ecc. La statura degli indigeni è regolare, ma il loro color giallo, simile a quello degli affetti da itterizia, la sporcizia delle vie e la noncuranza dei cittadini fanno sgradevole effetto a chi non vi ha l'occhio avvezzo.
Per altro le vie della città sono larghe, regolari, ben lastricate e con marciapiedi di granito. Visitammo la chiesa della Candellaria e quella di San Francesco, di Sant'Antonio e di Santa Teresa. Ma per la sua bella posizione in luogo elevato distinguesi la cattedrale dedicata a San Sebastiano, patrono della città. Vi è annessa la cappella imperiale della madonna del Carmine, elegante nel suo esterno e ricca d'ornati nell'interno. Quando entrammo nella basilica, essa era parata a festa per il battesimo di un Principe imperiale neonato. Vi abbiam veduto magnificenze! Tra le altre un tappeto solo, che, cominciando dalla porta della vasta chiesa, terminava dietro al coro, entrando in tutte le cappelle laterali.
Usciti dalla Cattedrale, salimmo sopra una deliziosa collinetta a visitare nel suo palazzo vescovile Don Pedro Maria De Lacerda, Arcivescovo di quella vastissima archidiocesi. È una cara e simpatica persona sui 40 anni. Egli fece una accoglienza straordinaria alle suore, ma con noi si mostrò dapprincipio assai freddo e riservato, perché diffida assai de' preti secolari che provengono dall'Europa. Quando poi seppe che appartenevamo alla Congregazione Salesiana, ad una Congregazione cioè che tiene i suoi membri nella povertà e nell'ubbidienza, allora le sue gentilezze non ebbero più limite. Ci trattenne la bagattella di tre ore, ci fece servir tutti, religiosi e religiose, di dolci a profusione e di birra; ci condusse egli stesso nel suo giardino ed a visitare l'episcopio, {139 [139]} modesto anzichenò in tutto il suo insieme; ci regalò libri, medaglie, fotografie, reliquie, una infinità di cose per attestarci la sua riconoscenza per la nostra visita.
La ragione di questo suo improvviso mutamento a nostro favore è facile a spiegarsi. Egli si trova in una capitale che gli dà grandi fastidi. Ha due milioni di abitanti nella sua diocesi, ed intanto non ha in seminario che cinque soli chierici. Non trova vocazioni allo stato ecclesiastico fra i Brasiliani, e deve provvedere alla diocesi con preti stranieri, varii dei quali, o perché non possono acconciarsi agli usi locali, o perché si sono colà recati al solo scopo di trovar fortuna, riescono invisi alla popolazione, e possono far poco bene. Sonvi di presente nella diocesi molte parrocchie abbandonate, e non solo senza parroco, ma senza sacerdote, che pur di lontano possa portar loro soccorso. «Se il vostro superiore, esclamò tutto commosso e con infocate parole (egli parla stupendamente l'italiano), se mai il vostro superiore mi inviasse cinquecento o mille Salesiani, sarebbe inestimabile tesoro pe' miei diocesani, e tutti li terrei quali amatissimi figli». Così, senza essere peranco giunti al nostro posto, abbiam già avuto argomento e prova della gran necessità di missionari nell'America del Sud.
Nel congedarci, egli ci regalò ancora parecchi suoi ritratti, di cui uno da inviarsi a Don Bosco, co' suoi saluti, e noi in contraccambio gli presentammo una fotografia dei primi missionari salesiani. Avremmo desiderato di poter celebrare la messa sulla terra americana il giorno 8, festa dell'Immacolata Concezione, e 34° anniversario della fondazione del nostro Oratorio di Torino, ma non si credette opportuno stante le condizioni religiose di quella capitale. Esse pur troppo sono lagrimevoli. Basti dire che, in una sola chiesa di detta città (che pur supera in vastità tre volte Torino), si dice messa e si fanno comunioni alla festa. Il vizio poi passeggia spudorato, la feccia del popolo non ha alcun ritegno, noi fummo fischiati una dozzina di volte nel giro di poche ore che vi rimanemmo, e lo stesso Arcivescovo, a quanto mi fu detto, deve spesso raccomandarsi alla polizia per tutelare la propria persona.
Noi pertanto abbiamo celebrato in porto; ed una parte notabile dei passeggieri fece la santa comunione. In quella cara solennità, giunti oramai quasi al termine del nostro viaggio, sentimmo il bisogno di fare speciali voti e preghiere per il nostro principale benefattore Pio Nono, l'incomparabile Pontefice dell'Immacolata, per quei ritiri e per quelle caritatevoli signore e signori che coll'opera delle loro mani e colle oblazioni concorsero a formarci quel corredo che Dio buono ci conservò in questa lunga navigazione e che noi speriamo di consumare lavorando nei vasti campi della Repubblica Argentina. Né ci dimenticammo di voi, chiarissimo Direttore, cui ci sentiamo legati da indelebili sensi di gratitudine e stima, né dei nostri amici e confratelli, parenti e congiunti, cui fu tanto dolorosa la nostra partenza.
Nella prossima lettera vi diremo del nostro arrivo e delle accoglienze fatteci in Buenos-Ayres. {140 [140]}
3 febbraio 1876
DA RIO JANEIRO A BUENOS-AYRES.
Una grande consolazione in questo momento (ultimo giorno del 1875) hanno ricevuto i Salesiani, e tutti i nostri amici, che numerosi ci usano benevolenza in questa città. È un pacco di lettere, le prime che riceviamo dall'Europa: è un Breve del Santo Padre, con cui costituisce i Salesiani missionari apostolici, concedendo tutte quelle facoltà e quei privilegi che possono tornare necessari ed opportuni in queste regioni lontanissime dal Capo della cristianità. In altro Breve l'incomparabile Pio Nono con espressioni più da padre che da Pontefice ricorda con piacere la visita fattagli a Roma prima della nostra partenza, ci rinnova la sua benedizione, ci anima nella incominciata impresa evangelica; approva l'Opera di Maria Ausiliatrice, che fa sperare buoni preti per le diocesi, candidati per gli Ordini religiosi, operai per le missioni estere. Abbiamo fatto una vera festa. Più volte abbiamo baciato la sempre cara e venerata signatura del Santo Padre. Il nostro Arcivescovo, che in nostro favore ricevette nello stesso piego una lettera del Cardinale Antonelli, ne fu ebbro di gioia, e con lui godettero il suo Vicario generale con altri di questo clero, che ci trattano colla massima cordialità. Credetelo, signor Direttore, ogni cosa che venga da Roma qui è accolta con vero entusiasmo, anche da quelli che non sono ferventi cattolici.
Dato così uno sfogo al nostro cuore, io ripiglio la narrazione del nostro viaggio. Dopo esserci fermati 24 ore a Rio Janeiro, nel pomeriggio dell'8 dicembre ci rimettemmo in cammino alla volta di Montevideo. Costeggiammo il litorale brasiliano, e, rasentando le isolette San Sebastiano, Santa Caterina e una parte dell'Uruguay, il 13 mattina gittammo le ancore nel porto di Montevideo. Questa città, di cui tanto si parla in Italia come campo delle glorie del vostro Garibaldi, si presenta all'occhio del viaggiatore come un maestoso anfiteatro. Essa è detta anche San Felipe, ed è appunto fabbricata sul declivio di una piccola penisola, che, avanzandosi alquanto dal lato del mare, sembra che faccia un cortese saluto ed un benevolo invito ai passeggieri di venirla a visitare. Il suo vasto porto è uno dei migliori dell'America meridionale, sebbene sia esposto ai terribili venti detti pamperos. Grande è il suo commercio, e ci si disse che in otto anni vi approdarono più di 150 mila emigranti. La popolazione della città non sembra però debba eccedere i 110 mila abitanti. Discesero a Montevideo varii passeggieri coi quali avevam fatto il viaggio dall'Europa, e fra essi varii Spagnuoli, che si separarono da noi con grande rincrescimento. L'Uruguay anticamente faceva parte della Repubblica Argentina, indi del Brasile, ma in seguito a lunghe discordie e sanguinose guerre, si emancipò dal Governo argentino e da quello del Brasile, per fare Repubblica da sé, scegliendosi MontesUeo per capitale. Non essendo più soggetta all'archidiocesi {141 [141]} di Buenos-Ayres, la Santa Sede vi stabilì un Vicario apostolico, il quale ha cura dei cattolici di questo Stato.
Abbiamo avuto cordialissima accoglienza da varii personaggi ecclesiastici ed anche laici di quel luogo. Potemmo eziandio farci da essi il concetto del gran bisogno che vi è colà di operai evangelici, bisogno reso vieppiù sentito per le tristi conseguenze che portarono seco le lotte intestine e le guerre che dal 1800 in qua l'Uruguay sostenne coll'Inghilterra, col Portogallo, col Brasile; lotte e guerre che sembrano sopite ma non terminate.
A dirla di passaggio, se finora trovammo buona accoglienza all'estero come Italiani, ciò fu unicamente perché si continua dagli stranieri a considerare l'Italia come la sede del cattolicismo, e gli Italiani come compatrioti di Pio Nono, che certamente per migliori ragioni si può chiamare l'eroe dei due mondi. Difatto questo straordinario Pontefice è il primo Papa che esercitò il suo ministero ecclesiastico in America innanzi di salire sulla Cattedra di Pietro. Di questa rimembranza qui si parla sempre con trasporto di gioia. Pio Nono nel recarsi alla sua missione del Chili passò per Montevideo, e questa coincidenza del nostro col suo viaggio ne aprì il cuore alle più liete speranze. Vero è che egli col nunzio apostolico monsignor Muzzi dovette traversare le inospiti pianure dei Pampas in mezzo alle più dure fatiche ed al continuo pericolo di essere sorpreso dai selvaggi, pernottando talvolta a ciel sereno, mentre noi finora non incontrammo che rose sul nostro cammino!
A Montevideo abbiamo potuto trattenerci breve ora con un certo Brin Francesco, nostro Piemontese, che, come farmacista, ha fatto grande fortuna. Egli ha già inviato due suoi figli nel collegio di Valsalice; due altri condurrà nel prossimo autunno. «Spero, egli diceva, che i miei figli troveranno in quel collegio moralità ed istruzione che difficilmente potrei trovare altrove».
In questa medesima città di Montevideo ricevemmo, con grande nostra sorpresa e consolazione, lettere del dottor sacerdote Pietro Ceccarelli, modenese, vicario foraneo della città di S. Nicolas, zelante promotore della nostra missione. Impaziente di sapere del nostro arrivo, c'invitava a spedirgli un telegramma appena fossimo giunti a Montevideo.
Il 13 sera ci rimettemmo in viaggio. Da Montevideo a Buenos Ayres difficilissima è la navigazione, dovendosi tagliar la corrente del Rio della Plata e schivare varii scogli e banchi mobili di sabbia, che sono il terrore dei naviganti, per cui è duopo abbandonare il timone a' piloti del luogo. La Plata vuol dire argento, onde il nome di Repubblica Argentina. Esso è il maggior fiume del mondo dopo quello delle Amazzoni. Ha un corso della lunghezza di 2800 chilometri, vale a dire due volte la distanza dal Moncenisio al Capo Leuca; la sua foce poi è così larga, che rassembra ad un mare; per traversarlo noi percorremmo la bella tratta di 220 chilometri. Furiosi venti provenienti dalle sterminate praterie dei Pampas traversano talvolta il fiume accompagnati da lampi e tuoni assordanti.
Nel 1793 questi venti soffiarono per tre giorni con sì spaventevole violenza che trasportarono quasi tutte le acque del Rio fuori del suo letto, allagando le {142 [142]} opposte pianure per un tratto di circa 500 chilometri in lunghezza e di 50 in larghezza, e lasciando scoperti dei vascelli che da 30 anni giacevano in fondo al fiume.
Durante quel sovvertimento si raccolsero dall'alveo grandi ricchezze; cessati i venti dopo tre giorni, le acque rientrarono nel loro letto colla massima violenza.
Il 14 dicembre alle 6 mattina un colpo di cannone annunziava il nostro arrivo a Buenos Ayres.
4 febbraio 1876
ARRIVO A BUENOS-AYRES.
Quando al nostro giungere a Buenos-Ayres udimmo uno sparo d'artiglieria, provammo una grande agitazione, perché eravamo molto stanchi e bisognosi di riposo. Ci alzammo tutti frettolosi, temendo minaccie di guerra o che so io. Ma il nostro sgomento convertissi in lieta gioia appena potemmo conoscere la vera causa di quello sparo. - «Non isgomentatevi, ci venne a dire il capitano, è un saluto che si fa ai missionarii salesiani».
Poco di poi, stando noi ancorati a dieci miglia dalla città, vedemmo appressarsi due vaporini. Uno era quello della Società, nell'altro trovavasi il grande nostro amico dottor Ceccarelli, che veniva ad invitarci a scendere con lui per andare in città, dove eravamo ansiosamente aspettati. Egli fece colazione con noi a bordo, di poi partimmo verso la capitale.
Più di duecento Italiani, con parecchi antichi allievi dell'Oratorio, informati del nostro arrivo, ci aspettavano al porto. Quando ci condussero in carrozza al nostro alloggio molte persone ci salutavano e ci applaudivano. L'Arcivescovo, monsignor Federico Aneyros, ci attendeva colà, impaziente di vederci, ed appena smontati al quartiere preparato per la nostra momentanea dimora, colà ci accolse colla massima amorevolezza, ci abbracciò tutti, si sedette in mezzo a noi e ci trattenne lunga pezza in sua compagnia.
Quando poi ci recammo in arcivescovado a restituirgli la visita, erano con lui i vicarii generali, fra cui D. Antonio Espinosa, che tanto si adoperò per la nostra Missione, e tutta la Curia. Monsignore ci venne incontro egli stesso, ci condusse a visitare tutto, facendoci da guida con una affabilità e premura che incantava; ci menò poscia in sala dove volle udirci suonare e cantare, né voleva più lasciarci partire. Egli chiamò più volte fortunate le diocesi in cui esistono Case salesiane. «Ringrazio il Signore, egli disse, che mi abbia concessa tanta benedizione, ed oggi stesso scriverò una lettera di ringraziamento al vostro superiore». -- «Io ne scriverò un'altra, soggiunse il Vicario generale, per assicurarlo che voi avete fatto buon viaggio, che siamo soddisfattissimi di voi, e {143 [143]} che nulla vi lascieremo mancare». E non solo l'Arcivescovo, ma tutti i superiori degli Ordini religiosi ci mostrarono grande benevolenza ed affezione.
Secondo l'etichetta americana, vennero a farci visita, che noi come nuovi arrivati restituiremo loro appena avremo preso un po' di riposo. I parrochi da veri amici ci offrono il loro appoggio e ci mostrano la loro benevolenza.
Si vede che noi eravamo qui aspettati da lunga pezza, e che fummo preceduti da tal fama e credito, che ci toccherà sudare non poco per tenerci in gamba, ossia per non venir meno alla comune aspettazione. Ben più! Mentre noi ci pensavamo di passare a Buenos-Ayres, e di là recarci alla nostra destinazione di S. Nicolas de los Arroyos, trovammo che durante il nostro viaggio si era qui combinato e disposto tutto perché al nostro arrivo noi ci assumessimo il servizio della chiesa di nostra Signora della Misericordia detta anche l'iglesia de los Italianos, i quali nella Repubblica Argentina sorpassano i trecento mila, di cui trenta mila nella sola città di Buenos-Ayres. Al punto in cui già erano le cose non potemmo a meno di accettare, dividendo per ora il nostro personale fra Buenos-Ayres e S. Nicolas, in attesa di altri missionari dall'Oratorio. - Immaginatevi che tanto era vivo ed universale il desiderio che prendessimo possesso di detta chiesa, che la Confraternita degli Italiani già aveva stabilito di venire in numero di parecchie centinaia al porto per condurci di là alla chiesa processionalmente, e non fu che dietro più prudente consiglio del signor don Ceccarelli che si limitò a venirvi la sola Commissione.
Un'altra consolazione ci attendeva al nostro arrivo a Buenos-Ayres, e fu l'accoglienza fattaci dal sindaco di S. Nicolas, sefior don Francisco Benitez, venuto espressamente da S. Nicolas a Buenos-Ayres, dove tiene un magnifico palazzo, nel quale parte di noi fummo provvisoriamente alloggiati. Figuratevi un venerando vegliardo sugli 80 anni, ma vegeto e robusto della persona, già governatore e generale d'armata, dotto letterato che maneggia la lingua latina con una eleganza e facilità sorprendenti, dotato di memoria ferrea, sì che recitò una lunga poesia in castigliano su San Francesco di Sales, di cui gode portare il nome e di vederlo portato dalla nostra Congregazione. Aggiungete una profonda umiltà, una cordialità tutta patriarcale e vi avrete un'idea di don Francisco, che ci accolse a braccia aperte, dicendosi nostro amigo e che fin dal primo istante chiamammo e salutammo nostro padre. Egli è tutto in moto per preparare il corredo della nuova cappella del Collegio di San Nicolas e ci condusse a vedere il disegno dell'altare che costerà qualche migliaio di lire. Di più chiese licenza al padre Cagliero (e potete immaginare se ne avesse bisogno!) di collocare nella cappella tre belle statue, una dell'Immacolata, l'altra di San Giuseppe e la terza di S. Francesco di Sales, triade che non avremmo potuto noi scegliere la migliore. Al pari dell'Arcivescovo non rifiniva di chiederci notizie del Santo Padre, dal quale avevamo avuto la bella sorte di esser benedetti prima di partire per la nostra missione, e che egli bramerebbe vivamente di vedere una volta in vita sua; però: Los años, soggiungeva, no lo permiten ni al uno, ni al otro.
Non chiuderò questa mia senza notarvi una graziosa particolarità del {144 [144]} nostro viaggio. Voi ricorderete che la nostra missione ebbe principio costì la sera dell'11 novembre p.p. ai piedi dell'altare di Maria Ausiliatrice, e che il 14 alle 9 1/2, giorno in cui si celebrava in Genova il patrocinio di Maria SS., noi lasciavamo l'Europa. Precisamente un mese dopo, il 14 dicembre, alle 9 1/2 noi giungevamo felicemente a Buenos-Ayres, durando il nostro viaggio tutto il mese Mariano che qui si celebra in questo tempo. Maria presiedette alla nostra partenza da Torino e da Genova; a Maria furono indirizzati i nostri primi canti e le prime parole sul Savoie; la vigilia dell'Immacolata ponemmo piede per la prima volta sulla terra americana a Rio Janeiro, e la nostra navigazione si chiudeva a Buenos-Ayres colla chiusura del mese di Maria. Non è quindi a stupire se ebbimo così prospera navigazione, e se così felici sono gli auspizi con cui aprimmo qui la nostra missione.
Colla più prossima partenza di piroscafo spero potervi mandare un sunto storico di questa celebre capitale e delle prime prove fatte dai poveri Salesiani, che il misericordioso Iddio volle fin dal principio ricolmare di sue benedizioni.
6 febbraio 1876
dal professore Celestino Durando. - Torino, tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1876.
Nel por mano ad un nuovo Dizionario per le scuole secondarie, il professore sac. Celestino Durando, dell'Oratorio Salesiano di Torino, si propose di compiere, in acconcio della gioventù studiosa, un'opera la quale, evitando le pecche dei lessici finora adoperati, e non eccedendo in mole, potesse ad un tempo accontentare e gli scuolari ed i maestri. Questo scopo ci pare abbia egli raggiunto e nel Lexicon latino-italicum da noi e da molti giornali di peso nel 1872 encomiato, e più ancora in questa seconda parte del suo lavoro, che contiene il Vocabolario italiano-latino. Chi ha una qualche pratica di cosiffatti libri di leggieri si avvede essersi il compilatore prudentemente giovato delle fatiche di chi lo precedette nel difficile compito, ma avere specialmente riempiute le lacune che negli anteriori lessici, traducendo dalle due lingue, lamentavano i discenti.
Noi poi vogliamo alla nostra volta fare al valente e modesto filologo dell'Oratorio Salesiano questo merito, di avere cioè coli'accortezza propria di un savio educatore cessato onninamente dal suo Vocabolario quelle dizioni e voci, le quali, inserite nel corpo di un Lessico, non lo arricchirebbero che a spese del decoro e della morale. V'ha di certe parole cui monsignor Della Casa vieta a gentile persona di profferire; e ve ne ha di certe altre che interpretare non si potrebbero senza iniziare la tenera età nei misteri della scienza del male. Il Durando, a rifacimento delle tolte lordure, ci diede una copiosissima appendice di nomi geografici; ed a suo posto intercalò bei fiori di lingua e tutte quelle peculiari maniere di dire che meglio si addicono a significare le cerimonie, i riti religiosi, le cariche civili e militari e le scoperte dell'età moderna. In {145 [145]} questo egli fece suo pro degli scritti immortali di A. Stefano Morcelli, del Boucheron e segnatamente del suo venerato maestro Tommaso Vallauri, al quale, com'ei si esprime nella prefazione, «nessuno negherà il vanto di sapere più avanti che ogni altro in significare colla lingua di Livio e Cicerone i trovamenti delle arti e della odierna coltura».
Il presente Vocabolario italiano-latino a due colonne, di pagine 948, costa lire sette; ed i due volumi si spediscono dalla tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales per lire 13 50.
15 febbraio 1876
IN BUENOS-AYRES.
3, gennaio 1876.
Siamo sul campo della missione! Dio e la sua Santissima Madre già hanno dato prova che i Piemontesi erano scelti a fare del bene alle anime dell'America del Sud. All'indomani del nostro arrivo noi eravamo già aspettati nella chiesa degli Italiani consacrata alla Madre della Misericordia, e, muniti di tutte le facoltà necessarie da Mons. Arcivescovo, abbiamo tosto cominciato ad esercitare il nostro ministero. Fin dal primo nostro arrivo abbiamo avuto la consolazione di passare in confessionale fino ad otto ore al giorno e di amministrare la S. Comunione a molte persone. I giornali pubblicarono che Don Cagliero in quel dì avrebbe predicato, e la domenica, 19 dicembre, la chiesa era gremita di folla incredibile di gente, la maggior parte Italiani. Per darvi un'idea della benevola accoglienza fatta alla nostra predicazione, vi spedisco il giornale El Catolico Argentino, che nel suo numero del 25 dicembre si trattiene alquanto delle cose nostre[3].
Alla vista di tanto trasporto per ascoltare la parola di Dio, si giudicò opportuno un triduo di preparazione al Santo Natale, e la bella e vasta chiesa fu costantemente stivata di uditori. E come la fede incomincia e progredisce ex auditu, la frequenza fu tale da non bastare i due soli Don Cagliero e Don Baccino rimasti a Buenos Ayres, essendo gli altri già partiti per San Nicolas. Per supplire al difetto di persone si protrasse questa specie di missione a tutta l'ottava del Santo Natale. Un numero stragrande delle popolazioni circonvicine a questa capitale corrono in folla ad accrescere la nostra udienza. Gli Italiani formano la parte più notabile della popolazione, e non avevano un prete che si occupasse espressamente di loro! I Francesi hanno i loro cappellani, gli Alemanni pure, gli Inglesi cattolici lo stesso; solo gli Italiani, che sono in maggior numero di tutti (30 mila nella sola Buenos-Ayres, e 300 mila in tutta la Repubblica), mancavano di sacerdoti. Abbiamo visto barbe bianche e barbe nere a piangere di consolazione e dire: «Finalmente abbiamo chi pensa all'anima nostra!». Ed ai sacramenti gli uomini concorsero in modo meraviglioso. {146 [146]}
I confratelli e veri fedeli ascritti a questa confraternita sono un 600. Con la maggior parte abbiamo fatto conoscenza, e sono tutti pieni di ammirazione pei missionari piemontesi che vedono occupati con zelo per la salute loro spirituale. Questo per ciò che riguarda agli adulti. Pei ragazzi poi, nostra special cura, oh che messe abbondante! Sono molti moltissimi che corrono a salutarci, italiani, argentini e mori: Padre, su benedicion! - Su benedicion, Padre! e giungono le manine. Altri si inginocchiano sul nostro passaggio, anche in mezzo alla strada, finché il padre dice: «Addio, figlio mio, addio - Dio ti guardi! - Io ti aspetto alla chiesa degli Italiani. - Sì padre! verrò. - Davvero? - Senza dubbio, padre, senza dubbio vi andrò. - E non mancano alla promessa. - È indispensabile un Oratorio; i ragazzi non mancheranno. Ma dove prendere mezzi per fabbricare chiese, ospizi e collegi?
Noi speriamo che quei pietosi benefattori, i quali colla loro carità già aiutarono noi e i nostri ospizi in Europa, vorranno, come li preghiamo di tutto cuore, estendere la loro beneficenza fin qui. Noi siamo pronti e diamo volontariamente la vita per la fede, e da loro chiediamo un po' di danaro per sostenerci. La prima cosa che abbiamo fatto fu di iniziare l'Opera di Maria Ausiliatrice, cotanto benedetta e raccomandata dal Santo Padre, ed abbiamo già la consolazione di avere con noi quattro giovani adulti indigeni, i quali hanno già incominciato il corso di latino per abbracciare lo stato ecclesiastico. Né mancano richieste per le religiose di Maria Ausiliatrice.
Questo popolo ha un fondo di religione buono. I ragazzi nascono con l'istinto religioso, massime della razza mora, che qui abbonda, e da piccini salutano, giungendo le manine e chiedendo la benedizione. Divenuti grandicelli, subiscono l'influenza dei cattivi, se non si porge loro pronto soccorso. Giovedì 30 dicembre abbiamo cominciato a fare il catechismo in castigliano. Domenica scorsa ne avevamo un duecento al catechismo in età dai dodici ai diciotto anni; ma tutti bisognosi all'estremo di istruzione religiosa, proprio rudimenta fidei. I confratelli della chiesa degli Italiani per ora ci somministrano tutto quanto occorre pel vitto; in seguito la Provvidenza ci aiuterà.
Quanto alla messe spirituale ci si apre un campo immenso. Già è venuto a parlarci il Cura della città di Dolores, verso il Sud, città importante, e priva affatto di collegio, che perciò ci accoglierebbe a braccia aperte. Sarebbe per noi un primo passo verso la Patagonia, regione ancora inesplorata alle missioni cattoliche. Il nostro superiore con questa missione argentina mirava di venire in aiuto dei numerosi Italiani stanziati in queste, regioni, e vi è fondata speranza di raggiungere lo scopo. La seconda cosa che formava l'oggetto della venuta era di fare la prova di penetrare nella Patagonia e per questo andiamo preparando terreno. D. Cagliero aspetta appunto il commissario del Gubierno della Patagonia, per trattare di questo affare, che presentemente è divenuto della massima importanza, perciocché gli Inglesi fanno progresso ed il Governo ne teme l'influenza politica, e vorrebbe che nelle nuove colonie i commissari fossero accompagnati da missionari cattolici, perché inspirino colla religione lo spirito del paese. Le nuove colonie sono a sei giorni di cammino {147 [147]} da Buenos-Ayres. Altre proposte ci vennero fatte per aprire un collegio a Montevideo, capitale dell'Uruguay, e a Cordoba, capitale della provincia del centro, e seconda città della Repubblica dopo Buenos-Ayres, indipendente però da questa provincia. Come vedete, messis multa, operarti autem non solo pauci, ma nulli in confronto del bisogno. Rogate ergo, ecc.
Qui abbiamo trovato un giovane dell'Oratorio C... musico, e per qualche tempo guardia urbana in Torino. - Strabiliò al vederci - ora frequenta la nostra chiesa e stamane vi fece la S. Comunione. Abbiamo pure trovato un venditore ambulante di libri buoni, nativo di Alessandria, che in base all'esperienza acquistata ci espresse la grande necessità di una biblioteca italiana per la diffusione di buoni libri.
Il nostro D. Cagliero è infaticabile e incontra la simpatia di tutti. E come l'essere doctor in sacris già gli tornò ben utile lungo il viaggio, quando eravamo a bordo con persone di cui l'una vantava scetticismo e materialismo, l'altra ateismo, altri si diceva seguace di Moleschott, altri di Confucio, ecc. ecc. ecc., così pure qui il suo titolo di teologo, maestro e compositore di musica, dottore e superiore de los Saleses gli attirano la stima e l'attenzione di tutti. Facciano Iddio e la nostra protettrice Maria Ajudatrix de los cristianos che le cose procedano come sono incominciate, e qualche po' di bene si farà anche qui; e la benedizione dataci dal S. Padre fruttificherà su questi lidi, ove 50 anni or sono egli ci ha preceduti.
20 febbraio 1876
NOTIZIE SU BUENOS-AYRES.
Adempio alla promessa fattavi nelle penultima mia di darvi un po' di storia e di descrizione di questi paesi, dove la Provvidenza ci ha chiamati. Mi varrò per questo delle osservazioni fatte sul luogo, confrontate con quelle che ho potuto desumere dagli storici più accreditati, che in copia ho trovato nella ricca biblioteca dell'Università.
Una città così popolata e commerciante qual è Buenos-Ayres, non par vero che solo quattrocento anni fa non avesse che poche capanne abitate da selvaggi. Due o tre anni dopo che Colombo aveva scoperta l'America (1492), lo spa-gnuolo Diaz Solis approdava su questo lido, ma, preso dagli indigeni, periva egli ed i suoi compagni, mangiato da quei cannibali. {148 [148]}
Più fortunato di lui fu il veneziano Sebastiano Cabotto. Suo padre, recatosi in Inghilterra per ragione di commercio, era stato incaricato da quella nazione di fare diversi viaggi, discoperte di terre incognite, del che era allora una mania presso tutti i Governi, visto il buon esito dei viaggi di Colombo. Ciò avveniva l'anno 1496. Sebastiano, sebbene in età di soli 19 anni, aiutò molto suo padre in quelle navigazioni: dopo la sua morte si mise egli a capo delle navi, e passò la sua vita viaggiando sempre nelle nuove terre d'America, un po' a conto dell'Inghilterra, un po' a conto della Spagna.
Sebbene i suoi viaggi in gioventù fossero stati rivolti sempre all'America settentrionale, in età più avanzata si rivolse all'America meridionale, e dopo essere più volte sbarcato al Brasile, volle cercare dove verso mezzogiorno finisse l'America per trovare così un passaggio che servisse ai naviganti a passare dall'altra parte dell'America stessa.
Arrivato al luogo dov'è ora Montevideo, e dove già l'aveva preceduto Diaz-Solis, si credette d'aver trovato questo passaggio, perché vide un lungo stretto che si estendeva molto verso Occidente. Ma volendo riconoscere quello stretto, s'inoltrò tanto che al fine si accorse che non un tratto di mare, ma un fiume immenso, avente alla sua foce un 300 chilometri di larghezza, gli stava innanzi. Avendovi trovato molti pezzi d'argento, chiamò quel fiume il Rio della Plata (da plata, argento), e terre della Plata od Argentine quelle che stanno a destra del fiume. Invitò poscia Carlo V a mandarvi navi ed uomini per esplorare quelle regioni.
Carlo V trascurò la proposta, e solo nel 1535 Pedro Mendoza di Castiglia vi si recò con 14 navi, 2500 uomini e 8 missionari, e trovato il clima mite, il terreno ubertoso, l'aria buona, si fermò e fondò una città, che chiamò Buenos-Ayres, detta poi anche Santissima Trinità. Quegli otto missionari fecero un gran bene ai selvaggi, e portarono il Vangelo fino a Paraguay; ma, mentre essi faticavano da una parte pel bene delle popolazioni, gli Spagnuoli distruggevano dall'altra, commettendo enormi crudeltà e vessazioni contro gli indigeni, che, alla fin fine, nel 1539 si ribellarono, assalirono gli Spagnuoli fin dentro Buenos-Ayres, distrussero la città, e questa non risorse che nel 1580. Dalla qual epoca andò poi sempre aumentando.
Giace Buenos-Ayres in una vasta pianura su d'una sponda elevata, e si estende per circa 4 chilometri lungo il fiume, che in questo punto ha una larghezza di 55 chilometri. Tra la città e il fiume hawi uno spazio di terreno raramente coperto dalla maree, e piantato di pioppi, che servono di gradita passeggiata. La rada è inaccessibile alle grosse navi, a cagione degli scogli, dei banchi di sabbia e della sua esposizione ai furiosi venti detti pamperos. Le merci si scaricano per mezzo di barche, e le navi si ancorano nella baia di Bar-ragun, distante circa 18 chilometri. Così avvenne a noi quando arrivammo.
L'estensione di Buenos-Ayres è quattro o cinque volte quella di Torino. Le vie sono perpendicolari al fiume, e scendono sulla spiaggia con un rapido pendio. Esse sono lunghe e diritte, per modo che ai crocicchi si vedono gli estremi della città, però in confuso, stante la lontananza. Le case sono di un piano, {149 [149]} eccetto alcune poche di due o tre piani nel contorno della piazza Maggiore. Quasi tutte hanno il tetto a terrazzo al modo orientale. Il patto, ossia cortile, ha d'ordinario il pavimento di mattoni, e talora di marmo, e lungo i muri sono spesso piantate delle viti. Nelle case agiate una tenda stesa da un tetto all'altro sopra il cortile ripara dagli ardori eccessivi del sole. Nella costruzione delle case non si adopera legname; né v'ha alcun camino oltre quello della cucina. A levante del molo sorge il castello o fortezza; dietro il castello avvi la piazza, nella quale s'innalza un elegante obelisco che ricorda l'epoca in cui Buenos-Ayres si sottrasse alla dominazione spagnuola, e si costituì in Repubblica indipendente. Tra le chiese, che saranno una ventina, son vaste e pregevoli: la cattedrale dedicata a San Martino, San Domingo, la Mercede, San Francisco, la Recoletta e la nostra chiesa degli Italiani, la cui prima pietra fu collocata dal chiarissimo signor commendatore Gazzolo, console argentino in Savona. Quasi tutte queste chiese sono da cima a fondo decorate di ricchi fregi; la cattedrale poi ha un portico di architettura mirabile.
Il Vescovado di questa città fu stabilito da Paolo V nel 1620. Sotto il rispetto scientifico nessun'altra città dell'America possiede tanti istituti pel progresso delle scienze. La sua Università è ordinata sul piano dell'antica Università di Francia. La biblioteca che vi è annessa è ricca di un trenta mila volumi. Vi è pure un'Accademia di scienze, lettere ed arti, un'Accademia delle Provincie unite, un'Accademia commerciale, un museo di storia naturale, scuole per le matematiche, altra pel disegno e la pittura, altra pel mutuo insegnamento, ecc., ecc., senza parlare del Collegio dei Gesuiti, ora novellamente ricostrutto, dove assistemmo alla distribuzione dei premi, e dove s'insegna, per così dire, ogni scienza.
Dolcissimo poi è il clima di Buenos-Ayres. Nell'arrivare qui ci trovammo in piena primavera, ed ora siamo entrati nella state; e vi so dire che abbiamo già passato alcuni giorni di un caldo soffocante.
Quanto all'inverno, ci si dice che non gela mai. Il suolo produce ogni sorta di cereali; la frutta è in abbondanza; già ci si portarono pere, albicocche, prune, luglienca, pesche. Si raccoglie pure tabacco, piante medicinali, legni preziosi, cotone e vini prelibati sui poggi di Mendoza.
Ma quello che reca più maraviglia per noi Italiani si è la moltitudine stragrande di cavalli, muli, buoi, montoni che si trovano in questo paese. I cavalli vi furono portati dagli Spagnuoli, e si sono moltiplicati in modo straordinario. Ricchi e poveri qui vanno a cavallo. Ciò avviene per la vicinanza dei pampas o praterie, ove i cavalli pascolano e scorazzano liberamente nello stato selvaggio a torme di dieci mila per volta. Questi cavalli si domano facilmente. Lo stesso dicasi dei buoi selvatici, che sono in gran numero, e che in mano ad un popolo più agricolo, e con un terreno ubertoso come questo, potrebbero diventare una sorgente inesauribile di ricchezza. {150 [150]}
24 febbraio 1876
NOTIZIE SU BUENOS-AYRES.
Continuo a darvi alcune notizie sulle condizioni commerciali e fisiche di questi paesi. Rami principali dell'industria e del commercio della Repubblica Argentina sono le lane, le pelli e le pelliccie, il grasso e la carne salata. L'esportazione va sempre aumentando: nel 1870 era di 150 milioni di lire; nel 1873 era già di 250 milioni. Lo stesso aumento si verifica riguardo alla popolazione. Nel 1630, per esempio, Buenos-Ayres contava 16 mila abitanti; nel 1840 ne contava 60 mila; nel 1869 178 mila; adesso, nel 1876, credo superi i 300 mila. Nel solo anno 1874 sono qui approdati circa 24 mila Italiani. Tutto qui aumenta in misura fuori dell'usato. Ciò si deve in gran parte all'eccezionale posizione di Buenos-Ayres, che, posta per una parte sulla imboccatura del Rio della Plata, e per l'altra sull'Oceano atlantico, può per mezzo di quell'immenso fiume comunicare col centro dell'America meridionale e smerciarne i prodotti con tutti i porti del mondo. Vedeste miscuglio e movimento di uomini e merci d'ogni maniera che esiste in questo porto! Pochissimi però io vidi negri liberi o schiavi; in molto maggior numero sono gli indigeni che compongono le infime classi; essi parlano tutti lo spagnuolo, avendo dimenticata la lingua degli antenati. Molti sono qui Americani di altri Stati, Spagnuoli, Francesi, Inglesi, Svizzeri e Tedeschi; ma più di tutti in numero sono gli Italiani, che, come già vi dissi, nella sola Buenos-Ayres saranno un 30 mila. Non di rado avviene che, passando sulle grandi piazze, s'odono interi crocchi parlare italiano. Né vi avvisiate che qui si stia senza ferrovie. Ce n'è una di 317 chilometri, da Bueneos-Ayres a Dolores; altra di 230 chilometri, di qui a Lobos; ed altre nell'interno fra Rosario e Cordoba, fra Concordia e Monte Caseros, ecc., ecc. Ma la linea più importante, che avrà anzi un'influenza grandissima sui commerci dell'intera Europa, ed in particolare dell'Italia, sarà la linea di ferrovia da Buenos-Ayres al Chili in via di costruzione. Mediante tale ferrovia, che avrà la lunghezza di 1400 chilometri circa, un viaggiatore che partisse per esempio da Genova per Valparaiso vi arriverebbe in 25 o 26 giorni, mentre ora per la via ordinaria di Panama ne impiega 50, od almeno 40 per quella pericolosa del Capo Horn. La spesa poi resterebbe ridotta quasi della metà; si andrebbe cioè al Chili pagando un mille franchi in prima classe, mentre ora ce ne vogliono più di 2000.
Avrei ancora molte particolarità a raccontarvi di questo paese, del Rio della Plata, dei Pampas, della Patagonia, ecc., ma non mi mancherà occasione di farlo nel corso delle altre mie lettere. Frattanto non credo dovervi tacere «l'osservazione che ebbimo a fare nel venir qui riguardo all'ago calamitato. È un'osservazione che avevamo letta bensì nei libri di fisica, ma che non avevamo avuto l'occasione di constatare coi nostri occhi».
Quando sul bastimento fummo sul punto di passare la linea, ossia l'Equatore {151 [151]}
l'ago calamitato della bussola, che tien sempre la sua punta volta al polo, cominciò ad oscillare, «quasi fosse inquieto pel passo che stava per fare, poi le ondulazioni dal basso in alto» si fecero sempre più celeri e vibrate, finché nel punto che passammo l'Equatore, la punta, che prima guardava il polo Artico, si rovesciò interamente, e si volse verso il polo Antartico, dondolò ancora un poco, poi rimase fissa in quella direzione.
Altra curiosità per noi sono pure le stelle, non ne vediamo più nissuna di quelle che eravamo soliti a vedere in Piemonte, né la stella Polare, né la grande e la piccola Orsa, né le Iadi, né le Pleiadi; ne contempliamo invece delle altre affatto nuove per noi, e fra esse alcune nella costellazione della Croce, più risplendenti che non la stella Sirio, che è la più bella di quante si vedono nell'orizzonte italico.
Strano poi gli è per noi il nome di mezzanotte, che qui si dà alla parte in cui batte il sole a mezzodì, e il nome di mezzodì che per lo contrario si dà alla parte ove mai non batte il sole. Avviene questo per un gran motivo astronomico, che siccome gli Asiatici e gli Europei furono i primi a coltivare l'astronomia, essi imposero nomi che a sé convenivano, e gli Americani come ultimi venuti dovettero adattarvisi per non recar confusione nelle scienze. Il primo mattino passato in questa città ci cagionò stupore non leggiero il levar del sole. Chi volge la faccia al mezzodì, cioè verso l'Equatore, non vede quell'astro meraviglioso, perché non nasce, come tra noi in Italia, da sinistra a destra, ma in senso opposto. Così per noi Piemontesi il Monviso segnerebbe la parte donde leva il sole. Altra stranezza per noi è pure la diversità delle stagioni, per cui il mese di gennaio è qui il mese più caldo dell'anno, mentre luglio è il più freddo, e segna il mezzo dell'inverno. Mentre poi a Torino si hanno in maggio i fiori, qui si hanno i frutti, e abbiam la primavera quando per voi altri è l'autunno.
Non crediate però con questo che noi abbiamo giorno quando per voi è notte. Ciò avverrebbe se la longitudine fosse opposta, ma siccome essa è spostata solo di 65 gradi, non ne deriva che una differenza di 4 ore, per cui noi a Buenos-Ayres abbiamo mezzogiorno quando a Torino sono le 4 pomeridiane, e mezzanotte quando a Torino sono le 4 del mattino.
Chiudo col dirvi ancora che Buenos-Ayres è città tranquilla; ad ogni quadra (isolato) sta una guardia vigile; il padre (prete) è ben visto, i soldati lo salutano, e gli stessi ufficiali sogliono usare la stessa cortesia. {152 [152]}
5 marzo 1876
DA BUENOS-AYRES
A SAN NICOLAS DES LOS ARROYOS.
Finora non vi ho parlato che del nostro viaggio da Genova a Buenos-Ayres, e di quel po' di bene che s'è incominciato a fare in quest'ultima città dai missionari don Cagliero, don Baccino, Belmonte. Ora mi immagino che non vi sarà discaro aver notizie anche degli altri missionari, don Fagnano, don Tomatis, don Cassinis, don Allavena, e dei catechisti Molinari, Scavini e Gioia, i quali proseguirono il viaggio fino a San Nicolas de los Arroyos.
Notizie giuntemi or ora mi pongono in grado di soddisfarvi, né io saprei farlo meglio che comunicandovi la lettera stessa che le contiene:
«San Nicolas, 2 gennaio 1876.
Martedì, 21 dicembre, giorno dedicato a San Tommaso Apostolo, primo missionario dell'America, dopo aver lasciati i compagni alla stazione di Buenos-Ayres, salimmo in ferrovia col signor Benitez e con don Ceccarelli, il quale accompagnava due delle suore della Misericordia a prender la direzione del nuovo ospedale di San Nicolas. - Grazie al commendatore Gazzolo, che ci ottenne dal Governo il viaggio gratis, non solo risparmiammo un 100 franchi per testa, ma ci trovammo insediati in vagoni di prima classe col soffitto dorato, stupefatti ed umiliati di trovarci noi poveri missionari in mezzo a tanto lusso. Traversammo diversi paesetti di campagna che presentavano l'aspetto delle Maremme quanto ad estensione e pascoli, ma più ridenti e fertili, con ville che starebbero bene sui colli di Torino. Arrivati alla stazione detta il Tigre, scendemmo di ferrovia e ci imbarcammo sul battello a vapore Lujan che solca il Rio Paranà. - A mezzogiorno suonò il campanello del pranzo, ma appena postici a tavola (e sì che ne avevamo bisogno, non avendo più mangiato da 20 ore) udimmo il fischio della partenza, e uno spettacolo nuovo assorbì tutta la nostra attenzione.
Le onde che solcavamo erano un braccio del Paranà detto Bocca del Capitano. Era una meraviglia! I salici piangenti sulla sponda parevano inchinarsi al nostro passaggio e lambivano leggermente l'orlo del nostro battello.
Dopo un'ora di viaggio il più pittoresco ed incantevole, entrammo nel corso del Paranà. Come sapete, è questo il ramo più importante del Rio della Piata, e si può ben dire che è il Paranà che, dopo aver congiunto alle sue le acque del Paraguay, del Rio Salado e finalmente quelle dell'Uraguay, prende alla foce il nome di Rio della Piata, dopo aver percorso, dal Brasile ove nasce fino al suo sbocco, un tratto di 2440 chilometri, vale a dire due volte la lunghezza dell'Italia. Immensa è l'importanza di questo fiume, essendo l'unico mezzo di comunicazione colle vaste e ricche regioni dell'interno dell'America meridionale. {153 [153]}
Lungo la nostra corsa trovammo varie barche che discendevano cariche di lana e di pelli, gran risorsa di questo paese.
La larghezza del fiume nel punto che si divide in varie bocche è di due miglia circa e la sua profondità varia dai sette ai nove metri, secondo la corrente. Ad ogni due o tre ore di corsa, vale a dire ogni ventidue o trentatrè miglia, il vaporino si fermava per lasciar passeggieri e merci a barche che dai paesi della spiaggia accostavansi al battello. La larghezza poi del fiume dove procede maestoso nel suo letto è di un chilometro circa, in modo che, incontrando vaporini o barche, si possono schivare con facilità.
Nella notte incontrammo cinque vapori della lunghezza di 100 metri circa, che si riconobbero dalle tre lanterne che portavano una sopra l'albero di poppa e le altre due sulle sponde laterali. Il mattino seguente alle 4 1/2 eravamo tutti sulla tolda del battello a contemplare l'aurora ed il levar del sole.
Sulle rive del fiume comparivano torme di cavalli che a migliaia e migliaia pascolavano in libertà. Alle 5 1/2 vedemmo spuntare i due campanili della parrocchia di San Nicolas, indi la croce della cappella del Collegio. La salutammo coll' Angelus Domini, e ci preparammo a discendere col nostro piccolo equipaggio. Il vaporino fischiò e andò a fermarsi presso un molo di legno sul quale salimmo. Trovammo i due curati i quali ci aspettavano insieme ad una eletta di cittadini, e saliti in due vetture fummo condotti a casa del parroco signor D. Ceccarelli, che ne imbandì un sontuoso banchetto, cui prese parte altresì la Commissione.
Cinque di noi restarono con lui, e gli altri furono alloggiati dal signor Benitez, il venerabile Patriarca di San Nicolas, come il popolo qui lo chiama. Ora attendiamo che sia messo a nostra disposizione il Collegio, di cui protettore e proprietario resterà il popolo di San Nicolas e usufruttuaria la nostra Congregazione.
Per ora vi si richiedono ancora molti lavori, ma la Commissione se ne occupa alacremente, e una volta che sia all'ordine sarà veramente un bel Collegio. Esso è fuori della città, dalla quale dista otto quadre al sud-est ed è situato in magnifica posizione sulla destra del Paranà, da cui è separato da una ripa erbosa piantata di alberi. Il terreno concesso per giardino è di circa metri seicento in lunghezza e larghezza. La facciata è chiusa da una cancellata di ferro intermediata da 35 colonne, in mezzo a cui evvi il portone d'entrata.
La cappella coll'atrio è lunga metri 25 su 7,16 di larghezza e 8,60 di altezza. Alla cappella sussegue un salone, che ha nove finestre di fronte, e due porte e tre finestre dalla parte del cortile sotto una galleria lunga metri 37,33 e larga metri 3,68. Il salone, lungo metri 42, largo metri 7,40, è unito ad altro edilìzio, che contiene camere, portieria, sacrestia, cucina, l'asciuga pelli e i laboratorii.
Quanto alla città di San Nicolas, la principale nel dipartimento Nord della provincia di Buenos-Ayres, essa conta diecimila anime, ma, calcolando i sobborghi ed i paesi annessi, oltrepassa i cinquanta mila abitanti; ha un Vicariato ecclesiastico, un ospedale recentemente costrutto ed una succursale della Banca Nazionale ed è capoluogo dei tribunali ciVIII, commerciali e criminali di {154 [154]}prima instanza e di appello pel dipartimento del Nord. Per mezzo poi del suo porto fluviale in uno dei bracci del Rio della Piata, mantiene un attivo commercio colle provincie limitrofe; ogni quindici giorni ha vapori di Europa, e tre volte per settimana arrivi e partenze da e per Buenos-Ayres, da cui dista venti ore. Ottima è la popolazione ed eminentemente cattolica. In occasione della visita pastorale qui fatta in dicembre da Monsignor Arcivescovo di Buenos-Ayres, più di mille uomini e giovani gli andarono incontro a cavallo in gran distanza dalla città. I preti, di cui però avvi molta penuria, sono in gran venerazione, e così pure ogni cosa che riguardi il culto cattolico o l'educazione religiosa della gioventù.
Le vie di San Nicolas sono diritte e parallele con isolati tutti eguali, detti quadras, di un solo piano. È in una buona posizione, però in pianura e con pochi alberi nei dintorni. Vi sono molti cavalli, moltissimi cani e d'ogni razza; dal Paranà poi ascendono milioni di mosquitos, ossia zanzare, che danno non leggera molestia per quasi nove mesi dell'anno.
Suolsi qui fare due pasti al giorno, uno verso le 10, detto almuezzo, l'altro verso il tramonto, detto comida. Inoltre ad ogni ora si beve birra, the, o caffè o mathe. Il vino non si vede che sulla tavola dei ricchi. La frutta scarseggia. In compenso abbonda la carne, che qui ha il prezzo delle rape in Italia. Il pane si usa invece con maggior parsimonia, e la ragione è chiara. Per avere il pane si richiede lavoro e fatica; al contrario il bestiame qui è in abbondanza, e non esige gran pena ad allevarlo».
24 marzo 1876
A SAN NICOLAS DES LOS ARROYOS.
Nelle ultime lettere vi discorsi dell'aspetto fisico e commerciale di questi incantevoli paesi. È tempo che io ritorni a parlarvi dell'opera principale della nostra missione, che è di salvar anime e di lavorare per la gloria di Dio, che fu il motivo della nostra venuta nella Repubblica Argentina. E questo risultato cominciano, la Dio mercè, ad ottenere anche in San Nicolas i nostri missionari che già colà si trovano, né io potrei meglio ragguagliarvi a questo riguardo che comunicandovi nella sua famigliare semplicità una lettera del signor don Fagnano, che, nell'assenza di don Cagherò, ne tiene ora le veci in S. Nicolas:
«S. Nicolas, 10 gennaio 1876.
Deo gratias! Siamo giunti, ed appena giunti il lavoro è incominciato non solo qui, ma anche pel difuori. Sin dai primi giorni infatti vennero a richiederci pel ministero ecclesiastico. Pel primo dell'anno, per esempio, fui chiamato ad andare a dir messa al Ramallo, borgo distante 10 miglia da S. Nicolas. Fu veramente una escursione romantica. Credeva di poter fare la passeggiata a piedi, invece dovetti adattarmi all'uso del paese, e montare a cavallo. {155 [155]}
Fosse almeno stato un somarello di quelli che si adoperano per la salita di Soperga! i miei studi di equitazione asinina avrebbero bastato. Ma baie! era un puledro vispo ed irrequieto che, appena mi sentì in groppa, die' due sbalzi, che poco mancò non rotolassi a terra, poi si die' al galoppo pei campi nitrendo e ridendosi di me e delle mie paure. Ho detto pei campi, perché strade non ce ne sono, od, almeno, coi miei quattr'occhi non ne vidi, e per orizzontarmi dovetti domandare da una stanzia (così chiamansi qui le cascine) all'altra. Partito alle 6 del mattino, giunsi a Ramallo alle 10 tutto sudato. A tutta prima non avendo trovato che quattro case unite, pensava di essermi sbagliato, ma accorse tosto a disingannarmi il maestro del luogo, che cordialmente mi ricevette.
Intanto io cercava cogli occhi la cappella e, non vedendola, il maestro mi fece capire che bisognava servirsi della scuola e preparare in essa l'occorrente. Spesi adunque il pomeriggio nello spostare i banchi e prepararmi l'altare e quanto mi bisognava l'indomani per celebrare la messa ed amministrare il battesimo; perciocché, non avendo qui né chiesa, né parrochi, quando sanno che qualche prete ha da venire, portano con premura i loro bambini onde siano battezzati. Venuta la sera, io era ansioso di sapere dove avrei messo a riposo le mie stanche membra, che ancor si risentivano della cavalcata del mattino; ma, per quanto girassi l'occhio, stanza o letti in libertà non ne vedeva. Finalmente mi tolse di apprensione il mio ospite, che vidi comparire con sulle spalle un letto ossia branda, che depose nella scuola, ov'io avevo predisposto la cappella, invitandomi a prendervi riposo. Stava per secondare la necessità e adagiarmi in un angolo della scuola divenuta chiesa, quando si venne a bussare e a chiedermi se avrei potuto recarmi l'indomani da un malato distante 6 miglia che mi aspettava per confessarsi. Promisi di andarvi.
Tornato alla mia branda, ecco di lì a un poco un nuovo messaggio che mi annunzia che l'indomani, 1° del 1876, prendeva possesso il giudice di pace (sindaco), per cui mi si pregava a dir messa alle 10. Il mattino alle 5 aprii la porta della gran Cattedrale, e mi posi davanti all'altare a recitare le mie orazioni. Ma ben tosto un fracasso infernale mi fece saltar di sbalzo in piedi. Esco fuori a vedere che fosse; era la cosa la più naturale del mondo. Siccome mancavano campanile e campane, si dava fuoco ai razzi pel segnale della messa!
Alle 7 e mezzo cominciai a vedere spuntare all'intorno in lontananza uomini, donne, fanciulli, tutti a cavallo. Mi pareva si avvicinassero adagio adagio, ma invece correvano di galoppo. Giunti vicino alla chiesa, si fermavano, saltavano giù dai cavalli, legavano loro con una correggia le gambe davanti, affinché non potessero allontanarsi, poi li lasciavano nel campo a pascolare. Dopo entravano in chiesa, prendevano l'acqua benedetta, facendo bene quattro segni di croce, fronte, ore, pectore e poi in disteso come noi. In chiesa stanno con molta divozione, ed hanno una vera sete d'istruzione religiosa, perché lontani dieci, venti, trenta ed anche cento miglia dalla chiesa, e, anche frequentandola, non sempre qui si fa istruzione. Coll'occasione che io mi trovava là, parecchi si confessarono. Alle dieci venne il Municipio. Cominciai la messa, {156 [156]} che fu udita col massimo raccoglimento.
Dopo messa il sindaco e la Giunta mi ringraziarono del favore che aveva fatto loro portandomi colà a celebrare la messa, e s'offrirono ai miei ordini, pregandomi e scongiurandomi di ritornare quando poteva. Amministrai il battesimo ad alcuni bambini di tre mesi; pranzai, ed alle tre vennero a prendermi per andar a confessare. Inforco di nuovo il cavallo, e via!
Faceva molto caldo, ed io trafelava a correre a cavallo al galoppo. Tuttavia, per non parer da meno del giovinetto che mi accompagnava, e che trottava sul suo cavallo colla maggior indifferenza, tenni saldo per tre ore, finché, alle sei, giungemmo ad una casa di un piano con due camere ed un fienile, il tutto coperto di paglia. Mi si conduce dal malato, che mi stende le braccia in segno di esultanza, mentre una lagrima gli corre sul ciglio; lo consolo, lo confesso, gli amministro l'estrema unzione, e, mentre mi congedo, lasciandogli una medaglia benedetta dal Santo Padre, mi corrono incontro tutti gli altri della famiglia per chiedermi una medaglia od un crocefisso. Con piacere ne do una a ciascuno con una parola di conforto. Fuor di loro per la gioia, mi fanno mille feste e mi invitano alla comida (cena). Erano le sette e mezzo. Accettai. Oh, che bella cucina. Nell'aia divampava un gran fuoco, e sopra di esso mezzo vitello che arrostiva sopra le brage e le avvampanti fiamme.
La famiglia non aspettava che me. Tolgono dal fuoco il mezzo vitello, lo depongono sopra una pelle secca di bue, e mi danno il coltello in mano affinché mi serva. Povero me! Ne taglio un pezzo, schizzava ancora sangue. Mi ripugnava un po', non essendovi assuefatto, ma pazienza! Me lo pongo alla bocca, ma non poteva masticarlo. Ad ogni modo, con un pezzo di pane, e a forza di masticare, ne arrivai al fine; per bere serviva l'acqua del ruscello (arroyo) che scorreva lì accanto. Stava per partire quando incontrai un signore a cavallo che, sentendomi avviato a Ramallo, mi invitò a passare la notte in casa sua, dicendomi che Ramallo era troppo distante, e che l'indomani mattina mi vi avrebbe fatto accompagnare. Accettai con riconoscenza, perché stanco. Oh! quante novità vidi mai in quella casa o stanzia! Quel signore, quasi un altro Giobbe, aveva sessantamila pecore, diecimila buoi e vacche, tremila cavalli, tutti nel campo attorno alla stanzia.
Al mattino mi alzai alle quattro, e salutato il mio padrone, che s'era già levato, ripartii alla volta di Ramallo. Vi arrivai alle ore 8 1/2. Diedi il segnale della messa - sempre coi razzi - ed alle 10 la chiesuola era piena. Celebrai la messa. Dopo messa, mi si avvicinò un tale a parlarmi. Era il farmacista del luogo. Mi guarda sorridendo, io squadro lui. Era Michele Ricardini da Romano Canavese, che fu antico allievo del nostro Oratorio in Torino. Potete immaginare la sorpresa, la commozione e le lacrime dell'uno e dell'altro! Quante cose ebbe a raccontarmi, dopo sette anni che è in America. Sentì con piacere che D. Cagliero sarebbe venuto a giorni in S. Nicolas. Promise che sarebbe venuto a vedermi ed avrebbe assestato le partite dell'anima sua. Sulla sera feci ritorno a S. Nicolas. Vi assicuro che queste fatiche consolano tanto, e fanno dimenticare la lontananza di D. Bosco e dell'Oratorio. Il Signore benedica {157 [157]} queste nostre fatiche, in attesa che si possa aprire il collegio ed aver giovani da educare ed istruire.
Vostro affezionatissimo in Gesù Cristo
Sac. FAGNANO d. C. S.
25 marzo 1876
Buenos-Ayres, 4 febbraio 1876.
(Corrisp. particolare dell'Unità Cattolica). - Vi scrivo di ritorno da S. Nicolas, dove ci siamo recati a celebrare la festa di San Francesco di Sales. Partimmo il 16 gennaio con don Cagliero e col commendatore Gazzolo, lasciando soli in Buenos-Ayres don Baccino e Belmonte. Il nostro viaggio pel tratto di 60 miglia sulle maestose e tranquille acque del Paranà, fiancheggiate da ridenti sponde smaltate di alberi e fiori, fu dei più deliziosi. Al porto, malgrado l'ora incomoda (cinque del mattino), si trovavano a riceverci i nostri confratelli, il Cura e tutta la Commissione, ossia il Municipio.
Il giornale El Progreso, che si stampa a San Nicolas, avea annunziato con un articolo entusiasta, a nostra insaputa, l'arrivo di don Cagliero. Laonde gli si fece splendido ricevimento qual superiore della Missione, ed ebbe per tutta la settimana il suo da fare a ricevere e restituir visite alle autorità principali, al Iuez de Pax, ovvero prefetto, al commissario regio o capo di polizia, al presidente della Corte d'assisie, al procuratore del Governo, ecc., ecc., ecc. - Convien dire che gli Americani hanno molta venerazione per le Corporazioni religiose, che furono in quei paesi portatrici della religione e della civiltà. Coi forestieri poi si mostrano assai benevoli ed abbondano assai più che da noi in cortesia e sono compitissimi.
Il 30 celebrammo gran festa nella chiesa parrocchiale in onore di San Francesco di Sales, patrono dei Padri salesiani. Intervenne tutta la Commissione in corpo. Il dottor Ceccarelli fece il discorso, e il dottor Cagliero, ritornando semplice maestro di musica, diresse l'orchestra. Si cantarono la messa ed i vespri detti di Maria Ausiliatrice, opera dello stesso D. Cagliero già assai conosciuta in Italia, ed i suonatori erano tutti caballeros valenti in musica. Il violoncello era toccato nientemeno che dal primo magistrato della Corte d'assisie. Gli Argentini hanno una grande attrattiva per la musica, e con fino discernimento sanno apprezzare e gustare le bellezze di quest'arte sublime. Fu questa la prima funzione qui fatta in onore di San Francesco di Sales. - La diocesi non ha ufficio, né commemorazione del Santo, e noi ratione soletnnitatis abbiamo fatto tutto il possibile per farlo qui conoscere ed amare.
Don Francisco Benitez ne era fuor di sé per la gioia. Il 29 ed il 30 sera sulla piazza parrocchiale si fecero i fuochi artificiali e la illuminazione, con banda musicale italiana, il tutto in onore di San Francesco. Stiamo ora occupandoci dell' apertura del Collegio. Già ne furono stampati e pubblicati i programmi. {158 [158]}
Per ora ci limiteremo a tenere tre corpi di scuole, nelle quali in vario grado si insegnerà lettura, dettato, calligrafia, grammatica castigliana, aritmetica, catechismo, storia sacra, geografia, latino, francese, italiano e greco; musica vocale ed istrumentale, quest'ultima per chi lo desidera.
Oltre ai convittori interni potranno intervenire alle scuole anche alunni esterni. Compiuto questo triennio, comincieremo gli studi preparatorii all'Università che qui si fanno in sei anni, i cui due ultimi abbracciano la filosofia. La Commissione lo desidera vivamente, ed è disposta ad aiutarci in tutto, perché in noi ha grande confidenza. Alla Camera dei deputati si parlò del nuovo Collegio di San Nicolas e, naturalmente, dei Padri Salesiani. Tre deputati del distretto di San Nicolas, ed il deputato Varela (che corrisponderebbe al nostro Villa in Italia) fecero il nostro panegirico. Varela poi parlò assai della istruzione ed educazione che diamo in Europa, come la più eccellente; - Sì, ma, gridò uno, sono preti. - Preti, sì, ma rispettabili, disse un altro. - Un terzo: - A me non piace l'insegnamento dei preti. - Un quarto: - Scandalo che si va a suscitare! - Trovate voi un insegnamento migliore. - In sostanza, la votazione ci fu favorevole, ed il Governo ci passò una sovvenzione per le scuole elementari. I giornali hanno già tutti parlato di noi, e tutti in buon senso. Dio voglia che dopo il tempo sereno non si levi qualche tempestoso uragano. Intanto si lavora a terminare l'edificio del Collegio. La sua situazione è incantevole. Una volta terminata la piazza davanti ed il giardino sulla sponda del fiume, diventa il piccolo Parigi di San Nicolas.
Francesco Benitez, il nostro buon papà, malgrado i suoi 80 anni, compiuti il giorno di San Francesco di Sales, viene spesso al Collegio, e colla sua carità ci aiuta a terminare molti lavori. Prima di ripartire da San Nicolas per Buenos-Ayres, abbiamo tenuto conferenza tra noi soci, rileggendo in comune i preziosi avvisi lasciatici in iscritto dal nostro amato superiore Don Bosco prima di partire, e, all'atto di separarci, provammo la commozione già provata quando ci separammo dai nostri in Torino.
Il nostro viaggio di ritorno sul battello fu amenissimo. A sera in sala D. Cagliero si mise a suonare il pianoforte e rimase padrone del campo nella conversazione; sicché ora col canto, ora col suono, tenne in piacevolissima allegria quella rispettabilissima brigata.
Fra gli altri si trovò tuttavia un avvocato di R..., provincia di Santa Fé, che si mise a scherzare sull'ignoranza della sottana nera; ma, messo al crivello della scienza, confessò colle parole e coi fatti che i preti non sono quei gonzi che taluno vorrebbe far credere, e da quella sera tornò nostro amico. Due altri giovinetti, dei quali D. Cagliero si era guadagnato la stima colla sua amena conversazione, gli dissero: - Così ci piace; almeno lei non è un gesuita. - No, signori, non ho l'onore di esserlo, Dio non mi ha fatto ancora questa grazia. Sono però loro amico, e li amo e li stimo molto per la loro scienza e pietà. - Hinc inde inæ, ma alla fine con santa pazienza e con argomenti attinti da Voltaire, Rousseau e Raynal, il travisatore della Storia del Paraguay, in bella maniera riuscì a scemare i loro pregiudizi. Un piacevole incidente contribuì ad {159 [159]} attirarci l'ammirazione dei passeggieri. Un servo di bordo dovendo fare non so che cosa vicino alla sedia di D. Cagherò, per non incomodarlo, gli dice: - Ca staga pura lì, ca bugia nen. - Al che meravigliato, Don Cagherò, squadrandolo, risponde: - Cam daga un po' d'sue neuve. - E l'altro: - I l'eu ciapalu stavolta ant'la ratoira. Ca nega, sa l'è bon, ca sia nen piemonteis?
Nessuno capì che lingua essi due parlassero, anzi giudicavano quella fosse lingua araba, sicché Don Cagherò apparve un famoso linguista. Di fatto l'avevano udito parlare spagnuolo in conversazione, latino coll'avvocato, italiano con alcuni Napoletani che erano a bordo, ed arabo (così parve loro) con quel servo, e non sapevano che dirsi di tanta scienza linguistica. Dissi che il viaggio fu deliziosissimo. Per amor di verità devo però soggiungere che una cosa ci fu molesta: i nugoli di zanzare, mosquitos, che picchiano faccia, mani e gambe in modo da farne sembrar carichi di pustole; il sangue straniero par lor più gustoso, e danno a noi, ancora novizi alle loro punture, un lavoro affatto nuovo.
Il 1° febbraio eravamo nuovamente in Buenos-Ayres a predisporre il necessario per la festa della Purificazione, che nella nostra chiesa si celebra con molta solennità.
16 aprile 1876
Buenos-Ayres, 28 febbraio 1876.
(Corrisp. particolare dell'Unità Cattolica). - Abbiamo ricevuto il vostro caro giornale l'Unità, che ci reca notizie d'Europa a tutto gennaio scorso. Vi potemmo vedere che, mentre noi qui cuocevamo dal caldo, la pianura di Torino era coperta da un tappeto di neve alto 70 centimetri. Non crediate però che il caldo di questo paese sia insoffribile; sovente soffia il vento del Rio della Piata che tempera il calore, anzi talvolta ci porta turbini di polvere che oscurano l'aria, oppure diluvi di acqua, a cui tiene dietro un freddo intenso, per cui è buona precauzione tenersi sempre ben coperti e riparati. Leggemmo con profondo rammarico la morte del canonico Viara di Fossano; quella diocesi ha perduto un buon operaio evangelico. Noi non mancammo da questi lontani lidi di raccomandar la sua bell'anima a Dio nell'incruento sacrifizio. Godemmo invece moltissimo del savio e felice pensiero di monsignor Manacorda di erigere nel Vaticano un monumento al Presidente della Repubblica dell'Equatore Garda Moreno, caduto sotto il pugnale degli assassini; ben lo merita, e questa dimostrazione di onore, resa in Europa ad un Americano, incontra qui il plauso di tutti.
Venendo a noi, le nostre cose procedono ognor più colla benedizione del cielo. Si confessa, si predica, si amministrano i sacramenti, si preparano giovani alla prima Comunione (fra questi, alcuni fanciullini di 25 anni, fecero domenica da noi la loro prima Comunione), né raro è il caso che ci tocchi convalidare {160 [160]} matrimoni illegittimi, come per esempio ci avverrà domani per un matrimonio mal fatto da 18 anni. Nella nostra chiesa della Misericordia, come potrete vedere dalla Prensa che ne dà pubblico avviso, fu pure iniziato un corso di istruzioni catechistiche in forma di dialogo fra D. Cagherò e D. Bacano sulle più importanti questioni religiose del giorno, e questo genere di predicazione, introdotto, se non erro, da S. Filippo Neri, piace assai, e la chiesa è sempre piena zeppa. La funzione comincia coi vespri, a cui segue il dialogo, e termina sempre col canto delle litanie della Beata Vergine e colla benedizione del Santissimo Sacramento. La popolazione, massime la genovese e la piemontese, che ci trova tutte le usanze religiose del luogo natio, ne è molto soddisfatta. Essendo assediati da Italiani, che da tutte parti accorrono alla nostra chiesa, ci tocca parlar più italiano che castigliano; nondimeno il catechismo lo facciamo in lingua madrilena. Vi sono però varie altre chiese in cui valenti predicatori, con buon successo, predicano in puro spagnuolo.
Più che altrove, in Buenos-Ayres è sentito il bisogno di una soda istruzione religiosa. Vi sono molti giornali cattivi, molti libri immorali, e molti incentivi al male. Nondimeno il popolo è molto buono, ed ha tutto il fondo di religione degli antichi Spagnuoli. D'ogni parte che ci volgiamo ci si stringe il cuore al vedere tanta abbondanza di messe, tanta scarsezza di operai! Oltre ai Collegi che già fummo invitati ad aprire, l'uno a Cordoba verso l'Uraguay, l'altro a Dolores presso la Patagonia, ora ci vien fatto premura di stabilirne uno a Montevideo, capitale di 100,000 abitanti, dove si sono già iniziate pratiche relative.
Se poi volgiamo lo sguardo al di là delle città e dei villaggi inciVIIIti, la condizione materiale e spirituale degli Indi, ossia delle tribù dei Pampas e dei Patagoni, ci riempie l'anima di profonda amarezza. I casichi di quelle tribù selvaggie sono in lotta col Governo. Quelli si lamentano di vessazioni ed angherie, eludono le truppe accantonate per reprimerli, scorrazzano le campagne, rubano, ed armati di carabine Remington fanno prigionieri uomini, donne, fanciulli, cavalli e pecore che troppo loro si avvicinano. I soldati del Governo per contro fanno lor guerra a morte, sicché gli animi, lungi dall'awicinarsi, non fanno che sempre più inasprirsi e concitarsi a vicenda. Forse sarebbe ben altra cosa, se, invece di soldati, si mandasse una schiera di cappuccini o di altri missionari: si salverebbero ben molte anime, e la floridezza ed il benessere sociale metterebbe piede fra que' selvaggi, come già un tempo fra quelli del Paraguay. Ben vi sono già alcuni missionari, ma questi sono pochissimi in paragone del gran bisogno, e della vastissima terra abitata dai selvaggi; nello stato di collutazione e di esasperamento in cui si trovano gli Indi contro il Governo, i missionari possono fare poco o nulla.
Né crediate che questi selvaggi siano tanto discosti da noi: non si ha che a camminare un 60 leghe al S.-O. per tosto trovarsi al loro contatto. Pochi giorni fa don Cagliero fu chiamato al letto d'una inferma che era appunto caduta nelle mani de' selvaggi, e che di notte aveva avuto la fortuna di fuggire dalle loro mani. La poverina aveva ancora le piaghe dei ferri onde era stata avvinta, e narrava cose da far pietà. Sono pochi giorni che un selvaggio fu {161 [161]} ammesso ad ascoltar la messa in una chiesa tra' cristiani. In tutto il tempo del divino sacrifizio, non tolse mai lo sguardo dal prete celebrante. I selvaggi che vengono dalla provincia del Nord sono nerognoli, e più ancora lo sono quelli verso la Bolivia, i quali hanno mani e piedi molto piccoli. Mi riservo mandarvi alcune curiose notizie su questi poveri disgraziati.
Intanto vi spedisco una pianta topografica di Buenos-Ayres, da cui vi sarà facile scorgere che essa è come un gran quadrato diviso in migliaia di altri piccoli quadrati, od isole della medesima perfetta ampiezza, intersecate ai quattro lati da vie che vanno in linea retta da un'estremità all'altra della città. Le case essendo quasi tutte composte del solo piano terreno, la città è perciò molto ariosa, sana e chiara, e giustifica il suo titolo di Buenos-Ayres, ossia Buon'Aria. Infelice però, per mancanza di pietre, è il selciato delle vie. Queste in tempo di pioggia diventano melmose ed impraticabili, se non a cavallo, e bene spesso neanche questo mezzo basta, e per esempio, quando viene inondata la parte bassa, è d'uopo camminare in barca per le vie, ogni isolato rimanendo circondato da un rio tutto all'intorno. In compenso di questi svantaggi la città è attraversata per ogni verso da tramwais di molta convenienza e comodità; ogni via è illuminata e adorna di ricchissimi negozi e case signorili, accanto a cui sorge talvolta anche una misera capanna coperta di paglia.
Niuna casa, per bella e ricca che sia, porta il nome di palazzo, all'infuori di quella del Vescovo, che, a dire il vero, è il più bello edifizio della città. Delle chiese vi ho già parlato, non però ancora di quella di Santa Felicita, situata in campagna, vicino alla città. Essa supera in bellezza non solo tutte le altre di Buenos-Ayres, ma ben molte delle più belle d'Italia. Dalla topografia anzidetta osserverete pure come la nostra chiesa della Misericordia si trovi quasi nel centro di Buenos-Ayres.
Dietro di noi vi è la piazza di Lorea in forma di giardino pubblico; al mattino ed alla sera sull'imbrunire vi è un'assai buona musica militare, che ci fa parere di essere a Torino, e ci rallegra molto ad ascoltarla. Qui i musici sono quasi tutti italiani, francesi e spagnuoli. La musica di D. Cagliero qui è molto conosciuta, è cantata nelle chiese, se ne odono pezzi a cantarsi per le vie, e sono uditi con molto piacere. Il vederci coltivare la musica ed occuparci della gioventù anche la più derelitta, son forse le due cose che di più ci attirano la simpatia del paese. E sì che questa simpatia è per noi proprio un tratto della Divina Provvidenza, che vuole appianarci la via in questi nostri primi passi. E dacché siamo arrivati non abbiamo avuto a lamentarci del minimo affronto, del minimo screzio. Dirò di più: gli stessi fogli ostili alla religione non cessarono di profonderci encomii.
La stessa Tribuna, il giornale più furibondo contro la Chiesa, sospese per così dire i suoi colpi, perorò la nostra causa presso le Camere, e con sorpresa di tutti die fuori in nostro favore il più bell'articolo che si potesse immaginare. Se potessimo aprir qui una casa di arti e mestieri, come a Torino e a Sampierdarena, quanto bene si farebbe a tanti abbandonati fanciulli! Non chiuderò questa mia senza dirvi di un fatto che menò gran rumare di questi giorni in {162 [162]} Buenos-Ayres. Essendo fatto pubblico e stampato nei giornali, credo potervelo esporre malgrado la delicatezza del medesimo. Un frammassone di 33 anni, chiamato Escudero di cognome e Agostino di nome, fu ricevuto ieri l'altro dall'Arcivescovo nella comunione cattolica da cui era scomunicato. Aveva fatto i suoi studi in Roma, ed era stato in tutte le parti d'Europa. Come nativo del Messico, si recò colà con false carte, qualificandosi per sacerdote senza esserlo. Essendo molto istruito e di una rara eloquenza, ottenne in breve d'essere fatto canonico, ed era già quasi sul punto di diventare Vescovo, mentre non era neppur chierico! Ma la grazia di Dio inopinatamente gli toccò il cuore. Pentito de' suoi falli e della sua malvagità, fece un'umile e pubblica ritrattazione, con istizza e rabbia grande de' suoi compagnoni. Che più? E entrato come scrittore del giornale cattolico Sud America, ed essendo valente pubblicista, si spera molto da lui. Voglia il Signore dargli coraggio e perseveranza.
Abbiamo ricevuto notizie dei nostri compagni di San Nicolas. Essi hanno fatto il loro ingresso nel collegio fin dai primi di febbraio; però le scuole non comincieranno che in marzo. Abbiamo saputo che hanno già domande di allievi dai paesi confinanti colle tribù selvaggie. Ciò favorisce molto il nostro scopo, che è di prepararci la strada a penetrare negli incolti paesi della Patagonia.
22 aprile 1876
Gli italiani a Buenos-Ayres.
Buenos-Ayres, 15 marzo 1876.
(Corrisp. particolare dell'Unità Cattolica). - Noi eravamo venuti dall'Europa coll'intendimento di aprire un Collegio a San Nicolas, donde farci strada verso i Patagoni, scopo fondamentale della nostra venuta in America, ma ora ci accorgiamo che una parte di noi resta arenata qui a Buenos-Ayres, dove la divina Provvidenza pare ci vada preparando messe copiosa. Atteso il numero stragrande degli Italiani, che sono qui e nei dintorni, Monsignor Arcivescovo, che ci ama come figli, vorrebbe affidarci l'importantissima missione dei nostri compatrioti, dicendola per ora utile, al pari di quella degli Indi! Torna certamente di grande consolazione per noi vederci qui in mezzo a tanti connazionali: negozi, fondachi, agenzie, arti, mestieri, ferrovie, piroscafi sono tenuti o serviti in massima parte da Italiani. Nella sola San Nicolas, per esempio, dove ci sono i nostri compagni, su 1500 forestieri, i quattro quinti sono Italiani. Nel suo piccolo il Collegio vi è servito per verdura da una famiglia di Ponte Decimo composta di trenta persone; per carne e pane da Milanesi; per paste, vino, olio, ecc., da Genovesi; i muratori, pittori, falegnami, fabbri-ferrai, che lavorano pel Collegio sono tutti italiani; italiana pure la banda musicale; Italiani i marinai del porto di San Nicolas. Direi che non vi è su questi immensi {164 [164]} fiumi della Repubblica un solo bastimento su cui non vi siano Italiani, principalmente Genovesi ed Alassini. I barconi poi e le piccole barche in tutti i porti sono tutte di Genovesi o di Napoletani. Ma se da una parte assai ci consola trovarci in questi lontani paesi in mezzo a persone che parlano il nostro linguaggio natio, che hanno le stesse nostre usanze, d'altra parte, guardando alle cose dell'anima, vi è da piangerne e da restarne contristati. Quanti di questi poveri Italiani hanno lasciato Dio in Europa, e non l'hanno più trovato in America!! Eccovene alcuni saggi: - Si viene alla nostra Chiesa ad avvisare che un'inferma dei nostri paesi sta male assai; corre subito uno di noi, ma l'inferma non vuole riceverlo; torna, e lo riceve con insulti; torna una terza volta, e dopo mille sforzi si arrese a ricevere una medaglia, ma di confessione, di sacramenti non vi fu verso. - Una giovane di 29 anni da tre giorni trovavasi come agonizzante per la violenza del male; non volle che si chiamasse il Padre, si mise anzi a deridere preti, sacramenti, religione! Al domani si aggravò il male a segno da toglierle la parola. Buone persone corsero ad avvisarci - in tre minuti Don Cagliero fu nel suo tugurio. - Le parlò in castigliano. Gli dissero: «È italiana, le parli in italiano.» Le parli in piemontese, soggiunse un'altra, perché è delle parti di Torino! - Speravamo tutti che il dialetto natio l'avrebbe scossa! Non meritava più da Dio la sua grazia! Spirò dopo tre quarti d'ora senza alcun conforto di quella religione che aveva disprezzata! - Un'infelice si consuma nel letto senza darsi pensiero dell'anima. Uno di noi andò a trovarla, lo ricevette, disposta a confessarsi, ma non a fare quello che in coscienza era tenuta a fare per aggiustare le partite dell'anima sua. Durò irremovibile nel suo diniego, e la si dovette lasciare in libertà, o meglio tra le catene del demonio! E se questo succede nelle donne, che cosa sarà negli uomini?
Che dico poi degli Italiani che vivono nel campo nelle estancias, ossia cascine lontane dalle città, a modo degli Indiani e dei selvaggi? Essi sono indianizzati anche in fatto di costume e di religione, perché mancano di chiese e di missionari: non mai odono parlare di Dio; più nessuno ricorda loro i doveri e il fine per cui sono quaggiù. Oh quanto sarebbe necessario che ci venissero presto dei compagni dall'Europa e si potessero di qui spedire delle pattuglie per la pampa - e se non in chiesa o in cappella - in qualche stanza o sotto agli alberi, predicare, confessare, catechizzarli. È questo l'unico mezzo per impedire l'eterna rovina di tanti poveri nostri fratelli nazionali. Non crediate però che fra essi non si trovino anche delle anime buone! Anzi abbiamo la grande consolazione di vedere spesso persone che fanno parecchie giornate di cammino disastroso per venire ad ascoltare una messa, od a ricevere i santi sacramenti. Di questi giorni capitò nella nostra chiesa una buona donna a fare le sue divozioni: si trovò tanto contenta e consolata che piangeva di contentezza. Le fu detto: «A rivederci dunque presto.» - «Oh padre, vorrei bene! ma per venire questa volta ho fatto più di sessanta leghe (circa 250 chilometri). Non so se ci potrò venire ancora». Un Bolognese venne pur qui per cose di commerci; nel partire, piangendo per consolazione, disse: «Oh se potesse tutta {165 [165]} la mia famiglia gustare le delizie, che provo in questo momento!» - Gli fu detto: «Che ve ne impedisce?» - «Impedisce la grande distanza. Siamo assai lontani di qui. Ho fatto tre giorni di penoso cammino, e me ne restano da fare altrettanti per ritornare. Che grande fortuna sarebbe per quei paesi se un di loro venisse a passare anche solo qualche settimana per battezzare, confessare e dar la comunione a tanti, che riceverebbero quel prete come angelo mandato dal cielo». E questo ci ripeterono tanti e tanti altri in soli pochi mesi, che siamo qui. Un altro bisogno che preoccupa seriamente Monsignore è quello dell'istruzione religiosa degli Italiani disseminati fra le varie parrocchie di questa metropoli. Colla scusa che essi non intendono il linguaggio dei parrochi, né questi intendono il loro, pochi o nessuno va alle altre parrocchie, e venire alla chiesa di N.S. della Misericordia per molti sarebbe un viaggio ed incomodo troppo gravoso.
Monsignore ed il suo Vicario dottore Espinosa, sempre per noi portatissi-mo, avrebbero quindi divisato che i Padri Salesiani prendessero i punti più centrali ed importanti della città, ed ogni domenica vi aprissero oratorii per gli adulti e fanciulli italiani, unico mezzo per provvedere al bene spirituale di tanti poveretti, che si possono considerare quali pecore erranti lontane dal pastore.
Ma lo scarso numero degli operai evangelici fa che i nostri sforzi siano come piccole goccie d'acqua sopra arsiccio terreno. A questo uopo voi potreste farci un gran bene, adoperandovi nel vostro incomparabile giornale perché ci siano inviati altri missionari. Noi siamo in numero di dieci: tre nella chiesa della Misericordia e per l'annesso Ospizio; sette sono pel collegio, chiesa e scuola di San Nicolas. Ma come provvedere alle scuole che ci sono offerte in tanti paesi? Fateci adunque questo gran favore. Dite a don Bosco che ci mandi quanto prima non meno di dieci Salesiani con trenta suore di Maria Ausilia-trice. È vero che ci vuole gran dispendio. Ma verrà meno la carità dei fedeli in un affare che riguarda direttamente la salvezza delle anime? Non si potrà dalle mani dei ricchi, dai viaggi, dai passatempi detrarre qualche cosa da impegnare per queste anime, che loro chiedono soccorso e pietà? Ad ogni modo, sebbene in così piccolo numero, coll'aiuto di qualche Padre, a Pasqua faremo un esperimento con una muta di spirituali esercizi ai soli Italiani (la prima volta, credo, dopo che è piantata l'America). Dopo Pasqua proveremo ad eseguire il piano di Monsignore.
In mezzo a queste serie preoccupazioni il diavolo volle però anche far ridere noi colle usanze del carnovale, che anche qui ha le sue radici, e nei tre ultimi giorni regna padrone della città. Oh che matti! Vi è l'usanza di rinfrescarsi con acqua, e se la gettano a secchie per le strade e nelle case. E se anche uscisse il Presidente della Repubblica, anche lui sarebbe preso per un pesce, e giù acqua addosso. Noi avevamo appunto allora le quarant'ore dalle suore della Misericordia, e don Cagliero dovette farvisi trasportare in una vettura a doppi vetri... Il resto in un'altra lettera. {165 [165]}
6 maggio 1876
Lettere inedite di Silvio Pellico al Padre Raimondo Feraudi, Domenicano, pubblicate dal sacerdote professore Celestino Durando. - Torino, 1876, tipografia e libreria Salesiana.
La Biblioteca della Gioventù italiana, che stampasi a Torino sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, ha testé regalato a' suoi associati una nuova raccolta di lettere inedite di Silvio Pellico. Essa comprende la corrispondenza epistolare che l'immortale Saluzzese tenne dall'anno 1833 fino allo scorcio del gennaio 1844 col suo compaesano «amico senza pari» (lettera 40a), Raimondo Feraudi, Domenicano, amico eziandio di tutta la famiglia Pellico, affettuoso e benefico a tutta pruova. Chi gustò le epistole di Silvio al fratello Luigi, da noi già annunziate, non abbisogna di troppe parole per indursi a leggere queste al Padre Feraudi, ordinate, come le prime, e date in luce dall'infaticabile e dotto professore sacerdote Celestino Durando dell'Oratorio Salesiano. Qui risplende il medesimo fare inaffettato e gentile, che tanto piace nei fogli diretti al fratello; vi è qui la medesima schiettezza, che noi coli'autore sogliamo denominare Saluzzese (lett. 51a), nel manifestare quel che si sente, si fa o vorrebbesi fatto: la medesima sicura pratica del cuore umano, e la medesimissima carità cristiana, «che tende a vincere il male col bene» (lettera 13a). Hanno però, se non andiamo errati, le lettere all'amico questo vantaggio sopra quelle scritte al fratello, che còl suo Luigi egli, a conti fatti, doveva quasi sempre toccare la medesima corda, a fine di distornarlo dalla abituale e grande melanconia ond'era tormentato; laddove col Feraudi, «uomo di ingegno, di brio, di saviezza e di grazia» (lettera 94a), egli nella effusione dell'amicizia potea liberamente spaziare pel campo delle lettere, della filosofia pratica, ed anche della politica, di cui amendue quei due valenti, ritirati dal mondo, conosciuto avevano gli orpelli, le malizie e i danni.
Il professore Celestino Durando premise al nitido volumetto brevi notizie sopra il Padre Feraudi, avute dalla cortesia del Padre Benedicenti, già provinciale dell'Ordine di San Domenico; ed appose di quando in quando al testo qualche noterella, indispensabile per chi non sa il piemontese, e non è pratico delle cose nostre. Esso poi spedirà volentieri questo o quell'autografo dell'epistolario a chi gliene faccia dimanda, sì veramente che in benefizio dell'Oratorio Salesiano offra lire 4 per ciaschedun manoscritto.
Il presente Vendesi ai non associati alla Biblioteca suddetta, centesimi 75, in Torino, dalla tipografia dell'Oratorio Salesiano; in Sampierdarena, presso l'Ospizio di San Vincenzo de' Paoli, e a Nizza Marittima nella casa del patronato di San Pietro. {166 [166]}
17 maggio 1876
Il Progresso di S. Nicolas, nella Repubblica Argentina, del 29 di marzo, contiene la descrizione della inaugurazione del Collegio ivi aperto sotto la direzione dei missionari salesiani, ed avvenuta la domenica 26 detto marzo. Vi assisteva la porzione più eletta della cittadinanza, venuta a far corona all'Arcivescovo di Buenos-Ayres ed alle autorità municipali e giudiziarie che si trovavano ad onorare colla loro presenza quella funzione.
Dopo la messa solenne, celebrata nella cappella dello stabilimento, gli alunni cantarono un inno appositamente messo in musica per la circostanza dal teologo Cagliero direttore del Collegio; poscia il presidente della Commissione fondatrice, D. Francesco Benitez, diresse al pubblico alcune parole, e, dopo di lui, il segretario della medesima lesse una memoria di quanto venne operato dal giorno della istituzione della Commissione fino a quello in cui, inaugurandosi il Collegio, essa lo consegna alla Congregazione religiosa appositamente chiamatavi dalla nostra Torino.
Fino dal 1871 alcuni benemeriti cittadini di San Nicolas, persuasi della necessità di provvedere alla buona educazione della gioventù, deliberarono di adoperarsi alla fondazione di un Collegio, epperò, tenute diverse riunioni, si diede mano a raccogliere i fondi occorrenti; ed uno dei fondatori, Don José Francisco Benitez, fu largo di 70,000 pesos mie; il Governo provinciale ne regalò 299,500, e 242,018 se ne raccolsero per sottoscrizione popolare; il che prova come fosse generalmente sentito il bisogno di un Collegio. Le spese per l'edifizio raggiunsero l'egregia somma di 658,055.
Dopo la lettura di questi ed altri ragguagli della relazione, sorse il Padre Tomatis, uno dei professori, a dire un forbito discorso circa l'educazione e l'istruzione della gioventù; e se tutti ammirarono la squisitezza dei concetti da lui espressi, rimasero vieppiù meravigliati quelli che sapevano come prima del suo arrivo il Padre Tomatis non conosceva lo spagnuolo. Mostrò egli come origine del progresso umano e la istruzione e l'educazione; e colla scorta della storia fece evidente che però la sola religione cattolica può dirigere a retto fine il progresso. «Onore adunque sia in questo giorno alla città di San Nicolas, la quale, già grande pel suo porto, pe' suoi commerci, per il magnifico Ospizio, pei tribunali, ecc., pensò ad edificare un Collegio come questo, prima e maggior prova della sua benevolenza verso i suoi figli... Questo edifizio che le vostre mani pietose elevarono, ed a suo tempo ingrandiranno; questo edifizio che sarà tempio della scienza e della virtù; questo edifizio che sfiderà la durata dei secoli, parlerà di voi ai vostri discendenti e sarà imperituro monumento del vostro amore al progresso verace».
Una salva di applausi accolse il discorso del Padre Tomatis, dopo il quale parlarono ancora il dottor Ceccarelli, don Demetrio Nunez; e finalmente, eseguiti {167 [167]} diversi pezzi di musica, l'Arcivescovo di Buenos-Ayres chiuse la funzione, rivolgendo, a quanti si adoperarono per la fondazione del Collegio, quelle calorose parole di ringraziamento che prorompono dal labbro di un padre che vede assicurato l'avvenire de' suoi figli.
17 maggio 1876
Novena e solennità in onore di Maria Santissima Ausiliatrice nella chiesa dell'arciconfraternita a Lei dedicata in Valdocco, Torino. - Indulgenza plenaria a chi, confessato e comunicato, visiterà questa chiesa nel corso della novena o nel giorno della festa. - Orario delle sacre funzioni. La novena cominciò lunedì, 15 maggio. In ciascun giorno, lungo il mattino sino a mezzodì, celebrazione di messe lette e comodità per chi desidera di accostarsi ai santi Sacramenti della Confessione e Comunione. - Giorni feriali. Ogni mattina alle ore 7 1/2 Messa e Comunione con particolari esercizi di pietà. Tutte le sere alle 7 canto di una lode sacra, predica, Benedizione col Santissimo Sacramento. - Domenica, 21. Mattino. Alle ore 7, Messa e Comunione; alle ore 10, Messa cantata. - Sera. Alle ore 3 1/2, vespri, predica e benedizione. - Mercoledì, 24. Solennità di Maria Santissima, aiuto dei cristiani. Mattino. Alle ore 7, Messa e Comunione generale; alle ore 10, Messa solenne, nella quale verrà eseguita ad organo-orchestra la grandiosa Messa del maestro Giovanni De-Vecchi. - Sera. Alle ore 6, vespri solenni, panegirico, Tantum ergo a tre cori, benedizione. - Giovedì, 25. Festa dell'Ascensione. Mattino. Alle ore 7, Messa, Comunione; alle ore 10, Messa solenne. - Sera. Alle 3 1/2, vespro, predica, benedizione. - Venerdì, 26. Mattino. Ore 7 1/2, Messa, Comunione con altre pratiche di pietà pei confratelli defunti dell'Arciconfraternita. - NB. Dopo i vespri solenni si eseguirà l'Inno detto La Battaglia di Lepanto, produzione del teologo Giovanni Cagliero. L'autore ebbe in mira di rappresentare con note musicali la famosa battaglia vinta dai cristiani a Lepanto coll'aiuto di Maria Ausiliatrice. Nella solennità del 25 si ripeteranno le stesse produzioni musicali del giorno antecedente. Ogni volta che si assiste in questa chiesa alla funzione del mattino si acquista una indulgenza di tre anni. Così pure si acquistano 300 giorni d'indulgenza ogni volta che si ascolta la predica o il catechismo colla recita dell'Ave Maria prima e dopo. Tali indulgenze, applicabili ai fedeli defunti, furono concesse da Sua Santità Papa Pio Nono con decreto del 26 febbraio 1875. Chi desidera di farsi ascrivere nell'arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, troverà persona appositamente incaricata nella sacristia della chiesa. La limosina, che gli aggregati od altri divoti giudicheranno di fare in quest'anno, è destinata a provvedere sacri arredi. {168 [168]}
21 maggio 1876
Buenos-Ayres, 4 aprile 1876.
(Corrisp. particolare dell'Unità Cattolica). - Dopo il 28 febbraio ultimo scorso più non vi diedi notizie dei nostri compagni di San Nicolas, perché sembravami che taluno avrebbe potuto attribuire a vanagloria il pubblicare ognora quel po' di bene che la misericordia del Signore va per nostro mezzo operando in questa remota regione. Ma, avendomi voi fatto osservare che queste corrispondenze tornare possono di edificazione altrui ed anche di consolazione a color che hanno prestato caritatevole aiuto, così mi sono deliberato di continuare.
Ricorderete come, appena giunti a San Nicolas, non essendo ancora abitabile il Collegio, i nostri dovettero accettare ospitalità dallo zelante don Ceccarelli, che per più di un mese li tenne nella sua Cura, fornendo loro generosamente tutto il necessario.
Sui primi di febbraio, appena fu possibile di approfittare di una parte del Collegio, essi andarono a prendervi stanza e ad incominciarvi lo stesso tenor di vita che tenevano a Torino, salvo, ben inteso, qualche differenza resa necessaria in quei principii.
Dopo il 12 marzo, si potè cominciar a ricevere convittori interni ed allievi esterni, allora le occupazioni variarono, e ciascuno dei confratelli si trovò subito assorbito il tempo dalle cure di istruzione ed assistenza dei giovani.
Una particolarità notevole riguardo ai giovani esterni è questa. Una ventina di essi vengono a scuola a cavallo di lontano un sei ed anche più chilometri. Arrivano alle 7 1/2 del mattino, lasciano il cavallo all'ombra di un albero dietro il Collegio, portano la sella al posto destinato, quindi entrano in chiesa ad ascoltare la santa messa. Vanno a scuola alle 9, ed uscendo alle 11 inforcano di nuovo il loro cavallo e al gran galoppo vanno alle loro case per ritornare alle 2 dopo mezzogiorno. Quanto ai giovani che vengono dalla città, un omnibus li conduce al Collegio mattino e sera e li restituisce alle case loro. I giovani sono buoni, ma di una vivacità straordinaria.
Un po' indietro nelle cose di religione, si meravigliano se vedono uno dopo mezzogiorno o in tempo di merenda recarsi a far visita al Santissimo Sacramento, come si pratica nei nostri Collegi.
Però si mostrano ubbidienti, amano i loro superiori e fanno degli sforzi visibili sul proprio naturale per contentarli ed averne una buona parola. Quanto profitto non se ne potrà trarre appena siano un po' più istruiti in religione!
Anche in chiesa si comincia a lavorare; lungo la settimana viene sempre qualcuno ad accostarsi ai Sacramenti, ed alla domenica si ha sempre un venti o trenta comunioni di persone esterne. Alla festa si tiene Oratorio festivo; don Fagnano fa il catechismo in italiano alle persone adulte, mentre don Cassinis, {169 [169]} don Tomatis, ecc., lo fanno in casigliano ai giovani. Si dà la benedizione all'uso nostro, e i molti del paese che vi intervengono si mostrano soddisfatti. Intanto si lavora a terminare il Collegio, di cui finora non è fabbricata che la quarta parte, e già dalle domande che si hanno si prevede che appena si abbia il locale sarà tosto riempito. Per verità un sito più delizioso per un Collegio non si poteva scegliere.
Dalla parte del Paranà esso trovasi elevato un dieci metri al di sopra di detto fiume, da cui dista un 100 metri, ossia il tratto occupato dal giardino, la cui sponda scende a picco sulle acque. Di lì si vedono a passare tutti i vapori e le barche che solcano il fiume; spingendo poi l'occhio a un chilometro di distanza, vedonsi alcune delle incantevoli isole del Paranà, che, come sapete, hanno densissime foreste piene d'ogni qualità di uccelli, ma inabitate intieramente dall'uomo, in grazia della gran quantità di serpenti che vi albergano, e talora si lascian vedere scherzando aggruppati agli alberi. Dicesi pure vi siano orsi e tigri, e che qualcuna di queste traversi talvolta a nuoto il fiume e venga a far visita all'opposta riva in cui si trova il Collegio. Però in paese non se ne fa gran caso. Ben altre bestie si hanno a temere, e sono i ladri, i quali e a cavallo e a piedi scorrazzano la campagna e i paesi. Vi sono inoltre gli indigeni che per lo più vengono dalle tribù selvagge, e all'intorno danno un bel da fare alle truppe qui mandate per tenerli in freno. San Nicolas soggiace anche ad un terribile flagello piombato da due anni su queste regioni: il flagello delle locuste. La terra in certi tratti si vede talora letteralmente coperta da questi animali, che non solo danneggiano il frutto, ma distruggono l'albero intero, lasciando dopo varie settimane brulla e bianca affatto una campagna, prima ricca e verdeggiante di alberi, che vengon rosicchiati fino al midollo. In mezzo tuttavia a queste calamità della campagna e alla crisi finanziaria del paese, che impedisce alla Commissione di far ciò che vorrebbe pel Collegio, i nostri si trovano bene anche dal lato materiale, grazie soprattutto alla carità del Benitez e di altre buone persone.
27 maggio 1876
(Corrisp. particolare dell'Unità Cattolica). - Per meglio soddisfare alla promessa fattavi nell'ultima mia, vi trasmetto le notizie avute da don Cagliero, recatosi espressamente da Buenos-Ayres a San Nicolas per assistervi all'apertura e festa d'inaugurazione del Collegio:
«San Nicolas, 9 marzo 1876.
Sono giunto felicemente il 6 corrente insieme col dottor D. Ceccarelli e colle quattro suore della Misericordia venute a prendere la direzione dell'ospedale. Le nostre sessanta leghe sul fiume Paranà le facemmo deliziosamente.
Il capitano del vapore, Primero Argentino, era di Genova, il commissario {170 [170]} di Milano, un servo di Torino sotto la parrocchia di S. Margherita.
Durante la mia assenza don Fagnano e compagni hanno lavorato a più non posso. Crescendo ogni giorno le domande di accettazione, si è posto mano a costruire un nuovo comedor, refettorio, per potere convertire l'attuale in dormitorio e così far posto ad una sessantina di convittori interni senza contare i semi-convittori e gli esterni. Per quelli che già vi sono, le scuole sono incominciate dai primi di marzo. La Commissione è contenta e rimane maravigliata dalla disposizione del locale, perché con poco abbiam saputo cavar molto. Certo: questi non hanno da ridere, dovendo insegnar in una lingua che poco fa era ad essi sconosciuta.
15 marzo. - Vi scrivo di ritorno da Pergamino. Il 10 marzo Monsignore è arrivato a S. Nicolas e prese stanza da D. Ceccarelli, che è sempre il nostro braccio destro e si mostra vero Salesiano. Monsignore visitò il nostro Collegio, dimostrò una bontà ed amabilità indicibile, si trattenne famigliarmente coi giovani, passò in cappella e ci regalò 500 pesos m/c (100 franchi), per l'aitar maggiore.
Dopo, con due vetture e otto cavalli, con un fante di cavalleria a due cavalli dato dal Governo per iscorta del viaggio, partimmo pel campo. Accompagnavano Monsignore un cappellano, il suo famigliare, due Padri Predicatori, don Ceccarelli ed io. Fu per me una maraviglia trovarmi in una pianura perfetta ed interminabile. Noi avevamo la linea telegrafica che ci segnava il cammino, diversamente sarebbe come viaggiare senza bussola in mare; nessuno se ne caverebbe i piedi, a meno di riconoscere le capanne (estancias) che sono abitate dai guardiani delle mandre di cavalli, buoi e pecore e che si trovano alla distanza di una lega l'una dall'altra. Dopo cinque ore di strada, arrivammo ad una casa di un solo pian terreno, bella e ricca, attorniata da case di mandriani e servi.
Là ci aspettavano i signori Acevedo. Alla sera, dopo una intiera giornata di cammino, arrivammo al paratido (stazione o fermata) del Pergamino. Vi trovammo ricevimento solenne, con archi trionfali; ci venne incontro un distaccamento di 30 uomini a cavallo armati, e una carrozza a otto cavalli (i cavalli qui abbondano come da noi le mosche). Trovai a Pergamino il parroco D. Dogliani, piemontese di Bra, e coi servi tutti piemontesi. Fu una vera festa per lui il vedermi, perché aveva saputo dai giornali il nostro arrivo. Terminato il poco ch'io poteva fare al Pergamino, presa licenza da Monsignore, mi affrettai a ritornare a San Nicolas per aiutare a preparare pel 25, festa della SS. Annunziata, giorno scelto per l'inaugurazione solenne del Collegio. Per verità questa inaugurazione già era stata fissata al 19, festa del grande San Giuseppe e onomastico del nostro Giuseppe Francesco Benitez; ma, per godere della presenza di Monsignor Arcivescovo, l'abbiam trasportata al 25. Spero sarà una bella festa. I giovani stanno imparando un inno che ho messo in musica alla meglio per quell'occorrenza. Tutte le sere dopo le orazioni dico loro qualche cosa perché pel giorno della festa guardino poi di regalare una comunione a Maria Santissima, ricevendola per mano di Monsignor Arcivescovo. Sono tutti {171 [171]} di una vivacità oltre ogni dire, ma ci vogliono un gran bene e si arrendono facilmente alle nostre esortazioni.
Il nostro sistema di educazione riesce come in Europa; i giovani appena ci vedono ci corrono incontro a chiedere delle nostre nuove con un garbo e un repertorio così ricco di termini che incanta. Gli Americani ci tengono molto a queste esteriorità; tocca a noi coltivare queste doti esterne e riempir loro intanto il cuore di cose più sostanziali. Una di queste sere parlai loro della preziosità dell'anima. Al domani uno dei più grandicelli andava ronzandomi attorno per parlarmi. Accortomi che teneva qualche segreto, portai il discorso su quello che aveva detto la sera antecedente. E mi rispose: «Oh Padre! Ieri ho udito le sue parole, mai aveva pensato alla mia anima, e V.S. disse che è così preziosa e che bisogna salvarla. Come posso io far questo se ho... - Poveretto! fatti animo, hai un rimedio a questi tuoi mali: la santa confessione! - Bene: mi andrò subito a confessare». - Ieri parlai loro delle nostre case e del nostro D. Bosco; stavano immoti e cogli occhi spalancati, palesandosi sul volto di tutti ardente desiderio di poterlo vedere, parlargli, dirgli tante cose... Non potendo, per la distanza, m'incaricarono di mandargli i più cordiali saluti e di scrivergli che, quantunque lontani, lo stimano, lo amano e pregano per lui.
Oggi, 15, parte da San Nicolas il signor commendatore Gazzolo per ritornare in Europa. E ritorna senza D. Cagherò!... Egli però non può più fermarsi, ed io non posso andare senza pregiudicare le cose incominciate. Gli abbiam dato il buon viaggio e con molto rincrescimento. Egli fu l'iniziatore di questa missione, non die' posa finché non fu combinata, ci accompagnò egli stesso dall'Europa fin qui; fu il nostro maestro di spagnuolo, ci ammaestrò degli usi americani, non risparmiò né passi né fatiche per procurarci i trasporti gratuiti di San Nicolas, e in Buenos-Ayres non perdonò a spese e disagi purché riuscisse a dare una stabile posizione a noi e alle buone suore della Misericordia ch'egli pure ha qui condotte dalla sua patria, Savona. Il Signore gli terrà conto della sua carità, e nella Repubblica Argentina e in Italia il suo nome sarà ormai accoppiato a quel po' di bene che si potrà ottenere dai poveri Salesiani.
Spero in altra mia poterti descrivere le feste dell'inaugurazione; intanto, ecc.
Tuo aff° fratello in G. C.
Sac. GIOVANNI CAGLIERO».
4 giugno 1876
Chiameremo con questo nome una rappresentazione drammatica in lingua latina che diedero i giovanetti dell'Oratorio di San Francesco di Sales lo scorso giovedì, 1° di giugno, e a cui assisteva un numeroso e scelto uditorio. Più volte ci avvenne in questo medesimo Oratorio di trovarci a siffatto divertimento, e sempre ci riesci gradevolissimo. Recitavasi la commediuola Larvarum Victor, scritta in puro {172 [172]} stile plautino da quel luminare delle lettere latine che si fu monsignor Rosini, vescovo di Pozzuoli, e in alcuna parte emendata dal Padre Palumbo, della Compagnia di Gesù; l'esercizio della memoria, la declamazione e l'intelligenza perfetta della frase latina si congiungono insieme a rendere difficilissimo questo genere di rappresentazioni; ma quei giovanetti studiosi sanno interpretare la loro parte con franchezza di chi parla il natio linguaggio, dando a vedere, colla grazia del porgere, colla naturalezza dei caratteri, colla prontezza del dialogizzare, di possedere perfettamente la produzione del Rosini, di gustarne tutta la bellezza e di essersi fatti come loro proprii i modi di dire più belli e graziosi della lingua di Plauto. Il che è argomento dei loro progressi nei classici studi, e nel medesimo tempo un mezzo a sempre più progredire; perché i giovanetti che si avvezzano al recitare latino non perdono il loro tempo, come il più sovente avviene nel recitare italiano, ma congiungono ad un onesto divertimento l'inestimabile vantaggio di imparare con somma agevolezza le più pure eleganze del latino idioma. Tale frutto si promisero ed ottennero quegli altri collegi e seminari, come il dementino dei Somaschi ed il Nazareno degli Scolopi a Roma, che rappresentarono le commedie del Rosini, il quale, a dirla di passaggio, sarebbe a desiderarsi che trovasse dei seguaci ed imitatori, che arricchissero il repertorio ancora scarso delle commedie latine ad uso dei collegi, purgando ed anche un poco cristianizzando il comico poeta di Sarsina. Noi intanto ci rallegriamo di tutto cuore coi giovanetti dell'Oratorio e più ancora coi loro pazienti maestri, e godiamo nell'annunziare che l'accademia plautina si ripeterà giovedì venturo, 8 giugno, alle ore 2 pomeridiane.
(MB 12J24)
6 giugno 1876
Abbiamo già ricavato dal giornale El Progreso la relazione dell'inaugurazione di S. Nicolas; ora ne esponiamo i particolari e gli episodii inviati dal teol. G. Cagliero in una sua ultima che qui testualmente riproduciamo.
«Buenos-Ayres, 4 aprile 1876.
I giorni 25 e 26 marzo del 1876 saranno difficilmente dimenticati dai nostri giovani e dal popolo Arroyero. L'inaugurazione solenne del nuovo Collegio era fissata pel giorno della SS. Annunziata. A tal fine erano stati fatti i preparativi nel Collegio, ed erano state invitate le autorità tutte di S. Nicolas. E Monsignor Arcivescovo, chiusa la missione del Pergamino, partendo la vigilia della festa, faceva 20 leghe di cammino per potere assistere personalmente alla nostra funzione.
Al mattino del 25 tutto era preparato: una grande tolda avanti alla cappella del Collegio k ingrandiva in modo da sembrare una piccola Basilica. Un largo strato di ricchi tappeti ne copriva il pavimento e lo spazioso atrio. Le 40 {173 [173]} colonnette che accerchiano il giardino di entrata al Collegio portavano ciascuna una bandiera, secondo l'uso americano; la bandiera argentina e la pontificia occupavano il centro, e facevano a queste nobile corteggio molte altre di Spagna, Francia e Italia. A causa di una tromba di acqua sopravvenuta (cosa frequente qui nella stagione di autunno in cui ci troviamo) non poterono trovarsi né le autorità né il popolo; sicché fu necessario avvisare per giornale che la inaugurazione era trasferita al giorno dopo. Giunse però Monsignor Arcivescovo alle 8 e 1/2 per celebrarvi la santa messa. Lo abbiamo ricevuto sotto all'atrio della cappella, circondati dai nostri sessanta e più collegiali e da molte altre persone che avevano sfidato coraggiosi la ingiuria del tempo. La cappella stava adornata ed illuminata in modo da poter ricevere meno indegnamente il primo Prelato della Repubblica. Fu allora che dopo undici anni di riposo tornai sagrestano! Eh, sì che feci vedere che l'antico valore non era ancor morto!
Tirava soprattutto l'occhio un mazzone di fiori che ci aveva mandato il giudice di pace (sindaco e prefetto) del quale abbiamo il figlio in collegio.
Abbandonato l'altare e Monsignore nelle mani de' suoi famigliari e di altri giovanetti vestiti di talare e cotta, salimmo sopra il coro, io, D. Fagnano, D. Tomatis, D. Cassinis e Molinari ad armonizzare col canto e col suono la sacra funzione. Alla comunione Sua Eccellenza reverendissima fu oltremodo commosso al vedersi l'altare circondato da una bella corona di giovani, ansiosi di ricevere il pane degli angioli, cosa affatto straordinaria, che forse si avverava per la prima volta in questi paesi.
La sorpresa era grande per noi medesimi in veder tanto abbondante il frutto delle nostre prime sollecitudini inverso dei giovani americani. La parola di Dio, che tutte le sere per nove giorni venni suggerendo (in castigliano facile, non sapendo ancora parlar difficile), e l'esempio dei più buoni dei nostri giovani d'Europa, hanno fatto buona prova, e dividemmo con Monsignore la santa consolazione di vederli tutti accostarsi alla santa Eucaristia; quattro vi fecero la prima comunione. Dopo la santa Messa Monsignore passò nell'interno del Collegio, dove lo attendevano alcuni membri della Commissione col nostro Patriarca Don Francisco Benitez. Preso il mate (bibita fatta con erba del vicino Paraguay), si pose in mezzo ai giovani, che cantavano un inno di circostanza ed altro pezzo. A somiglianza del divino Maestro, chiamava a sé i giovanetti, e seduto in mezzo a loro con rara amabilità rispondeva in atti di paterna affezione. Ho visto la scienza e la virtù, sotto il bel manto della semplicità e della modestia! Alle 4 della sera S.E. venne ad assistere i vespri e diede la benedizione col Santissimo Sacramento secondo il rito latino (cosa rara qui, ov'è in vigore il rito toletano), che egli permette solo agli Italiani e Francesi. Non è a dire se ci siamo fatto onore cantando il vespro di Maria Ausiliatrice ed il Tantum ergo (6°) della grande novena.
Dopo la funzione, si trattenne con noi famigliarmente fino all'ora del pranzo, al quale lo avevamo invitato insieme coi membri della Commissione. Alle sei i giovani erano al loro posto in refettorio; dopo di essi Monsignore co' suoi due famigliari ed i membri della Commissione entravano nello stesso {174 [174]} refettorio per due semplici e buone ragioni: la prima perché Monsignore desiderava trovarsi coi giovani, la seconda perché non avevamo altro luogo ad hoc.
Il signor Cura Ceccarelli, dopo averci aiutato a preparare la tavola, dava i posti. Accanto a Monsignore stava Don Francesco Benitez e l'umile scrivente, appresso venivano tutti gli allievi. Notandum, che questo posto sì onorifico l'ho occupato io per conto del superiore generale, di cui sono il rappresentante, quindi, se ho mangiato, non ho mangiato per conto mio! Durante il pranzo, mentre gli altri parlavano del Paraguay e della Bolivia, del Perù e del Chili, che ci stavano poco lontani, io parlava con Monsignore della nostra Casa di Torino, della chiesa di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco. E se non fossi per gloriarmi, direi che Monsignore mi ha fatto gli elogi, tanto era sbrigato nella lingua di Don Chisciotte. È però sempre una lingua, e non bisogna darsi a credere che si possa in due e due quattro parlare correttamente.
Non devo tacere che poco prima del pranzo ci arrivò dalla estancia (casa pastorizia del signor Don Benitez) un piatto il più raro e squisito d'America, El asado con cuero; era un intiero vitello, dei più teneri, cotto sotto e con la sua pelle, locché dà alla carne un sapore e una fragranza sconosciuti in Europa.
Quando i nostri giovani già erano arrivati al rumor gentium, s'alzò il padre Peau, e lesse un bellissimo sonetto, inneggiando ai Padri Salesiani ed al loro nuovo Collegio. Finito il pranzo, i giovani imitarono i nostri dell'Oratorio, e gridarono in coro un fragoroso Viva a Monsignore ed alla Commissione, e passati alla sala di recibo, e di lì alla carrozza, gli demmo la buona notte e hasta mañana.
(Continua)
7 giugno 1876
(Continuazione; vedi numero 132)
Al mattino del 26 marzo il cielo dava ad intendere che avremmo avuto una buona giornata, e pegno ne era un'auretta placida, la quale invitava ad uscire per godere dei freschi madrugali di settembre (al qual mese corrisponde qui il marzo), cosicché alle otto già era un affollarsi di vetture a due, a quattro cavalli dinanzi al collegio, e un andirivieni di gente che cercava posto sotto il gran padiglione. Qui potemmo osservare la gente di campagna nel suo vestir da festa, che è molto originale. Esso è composto di due scialli ed una fascia. Uno sciallo a varii colori, che ha un foro nel mezzo, lo mettono sulle spalle passandoselo per la testa, e questo cuopre la schiena ed il petto. L'altro sciallo lo aggiustano attortigliato alle gambe ed alle reni, alle quali lo stringono con una fascia a uso cintura. Questo sciallo è per ordinario tutto nero, ed aggiustato com'è, a guisa di calzoni turchi, dà molta grazia alla persona; oltre di che {175 [175]} è comodissimo per andare a cavallo, che è la vita giornaliera di questa gente. Alle 9 1/2 usciva la santa messa letta da D. Fagnano, essendo la cappella piena zeppa di signore e l'atrio di signori, e la gran tolda rigurgitante di popolo. Terminata la messa col canto di mottetti, ciascuno si preparava per ricevere monsignor Arcivescovo, il quale arrivò alle 10 1/2, accompagnato dal Cura e da' suoi famigliari. La banda italiana si diede a suonare una bella marcia, mentre scoppiavano in aria razzi e bombe.
Intanto prendevano posto sotto l'atrio riccamente addobbato, e facendo nobile corteggio a Sua Eccellenza, il sindaco, il Municipio, il Presidente del Consiglio scolastico: i giudici di mandamento civile e commerciale, i giudici del tribunale d'appello e il direttore generale delle poste co' suoi impiegati, il console italiano, il capitano del porto e suoi ufficiali, la Commissione dell'Ospedale e la Commissione del Collegio, e tutti in uniforme argentino. Di fronte a questa imponente parata stava il pianoforte e l'armonium, con dietro tutti i giovani del Collegio, professori, direttori, ecc., ecc. Aprì la funzione l'inno cantato da 30 e più voci corali a solo e duetto, inno che strappò i più caldi applausi, perché cantato bene, e che meritò all'autore una corona di bianche rose, vive ed odorosissime. La poesia dell'inno è del signor Guido Spano.
Dopo, l'ottuagenario Benitez, presidente della Commissione, con voce tremola, ma potente: ciudadanos, grida, y pueblo de S. Nicolas, oidme... e diceva al popolo facesse attenzione alla lettura del segretario, che avrebbe dato conto dell'operato dalla Commissione. Don Tomatis lesse quindi un discorso sul tema Istruzione ed educazione in senso morale e religioso; dopo ne lesse un altro il dottore Ceccarelli sul medesimo argomento in senso filosofico e letterario; discorsi che piacquero molto e meritarono agli oratori applausi prolungati, intercalati dalla banda musicale e dal getto di razzi e di bombe. Quindi, secondo l'uso americano, fu fatta facoltà a chi volesse parlare, e parlarono un signore ed uno studente, approvando il primo tema sull'istruzione ed educazione basata sopra la religione, senza cui non si riesce ad edificare nulla di sodo e di durevole. In ultimo prese la parola di chiusa l'Arcivescovo, che improvvisò un magnifico discorso analogo alla solennità scolastica, e terminava felicitando il popolo arroyero per aver innalzato un tempio all'insegnamento ed all'educazione cristiana, ai Padri Salesiani, che con vero trasporto chiamò «la sua avanguardia nell'operare il bene e la salvezza delle anime». All'una dopo mezzogiorno terminava la festa dell'inaugurazione del Collegio con universale contento e soddisfazione.
Alle cinque della sera Monsignore, instancabile nel suo zelo, partiva da S. Nicolas per altra missione. Lo aspettavano al porto sul sciame Paranà tutte le autorità del paese. Arrivato il vaporino, proveniente dal Rosario di Santa Fé, lo salutammo. Egli salì a bordo, ed io, D. Ceccarelli, D. Tomatis corremmo a spron battuto al collegio per andare in fondo al giardino sulla sponda del fiume a veder passare il vaporino. Là trovammo i nostri giovani, che, malgrado una dirotta pioggia, stavano in fila insieme ad una compagnia di soldati, che era stata mandata qua! presidio d'ordine e di onore all'inaugurazione, per salutare {176 [176]} Monsignore al suo passaggio. Il vaporino giunse, divorando le onde. Quando fu ad un 200 passi da noi il grido viva l'Arcivescovo si confuse col rullo dei tamburi e col presentat'arm dei soldati, e Monsignore coi passeggeri, sventolando fazzoletti bianchi, rispondevano alle nostre più di trenta bandiere spiegate, ed in mezzo ad esse eravi la pontificia. Il capitano, in segno di gradimento, faceva alzare ed abbassare tre volte la bandiera di bordo. Monsignore, ritto sul ponte, mirando a noi, ci salutò e ci diede dal bastimento la benedizione.
Frattanto si mise a soffiare per quattro ore continue il pampero (vento del Sud) con tanta violenza, che sembrava volesse schiantare il Collegio. Mali però non ne ha recati né qui né in città, perché le case, tutte di un piano, hanno muraglie spesse, il tetto murato, e le tegole, grandi molto, sono assicurate con fil di ferro ai travi sottostanti. Senza questa precauzione, ad ogni soffiar di questi venti le case rimarrebbero scoperchiate. Ecco come terminò questa giornata, che lasciò in tutti gratissima impressione, ma specialmente in noi, che, lontani dalla patria e dai parenti, abbiamo trovato un compenso nelle cordiali manifestazioni di un'intera popolazione ed un eccitamento a consacrare tutte le nostre fatiche al buon andamento di questo Collegio.
Aff.mo in G. C.
Sac. G. B. CAGLIERO, d. C. S.».
18 giugno 1876
pel sacerdote teologo Marco Pechenino, professore nel R. Liceo Cavour. - Torino, Tipografia-Libreria Salesiana, 1876.
Non vi ha forse studio che più si inculchi nelle scuole mezzane, e che dia meno frutto del greco. Lo incominciano a biasciare i giovanetti nelle due retoriche, seguono a rugumarlo tre anni nel liceo; e poi, quando licenziati vanno alle Università, non pochi di essi, al vedere una linea di Omero o di Platone, bisogna quasi che ripetano il noto: «Grgæcum est, non legitur». Donde mai tanto gettito di tempo attorno ad una lingua così perfetta, artistica, e di agevole apprendimento? Pare che la risposta a noi la dieno sì le grammatiche ed i metodi tedeschi, che di forza si impongono agli Instituti d'Italia, come la mancanza di Lessici, compilati con senno, specialmente per quello che riguarda la parte italiano-greca, che è la più necessaria.
Contro i metodi tedeschi, nati fatti per isfibrare le menti giovanili e renderle inette ad ogni bella ed elevata applicazione, i nostri lettori sanno quanto già disse e stampò quel giudice competente in siffatta materia che è H professore Tommaso Vallauri. A provvedere le classi secondarie di un buon Dizionario, il quale conduca come per mano i discenti dalla lingua italiana alla greca, si accinse con tutte le sue forze il teologo sacerdote Marco Pechenino, professore nel regio Ginnasio Cavour di Torino, cultore delle lettere greche appassionatissimo e benemerito, quanto modesto e disinteressato. {177 [177]}
Ci duole di non potere qui mostrare i pregi di questo Dizionario, sopra cui il Pechenino consumò anni ed anni, e che ora finalmente vede la luce a spese e in benefizio dell'Oratorio Salesiano. Staremo contenti a questo, che è per avventura il primo lessico italiano-greco compiuto, il quale si stampi nel nostro paese; come quello che, fatto senza il sottoposto rigo di nessun altro precedente lavoro, non solamente di tutte e singole parole italiane ci dà le corrispondenti greche, ma eziandio dei neologismi, divenuti indispensabili per le cose di fresco scoperte, ne pone sott'occhio la versione o la perifrasi, giovandosi con parsimonia del greco antico, o adoperando il greco moderno. Ma al chiarissimo compilatore è dovuta ben altra lode. Egli si astenne affatto dallo inserire nelle sue colonne quelle voci e maniere di dire, che, giuocando di turpe anfibologia, o destando chiaramente l'idea di cose disoneste, potrebbero guastare la mente ed il cuore del giovanetto, che, al dire del poeta Venosino, è di cera nel piegarsi al vizio.
Il Pechenino di questa sua dotta e paziente fatica sarà rimeritato da Colui che è la sola mercede sufficiente di ogni umano benfatto; ma non gli fallirà anche quaggiù la schietta lode degli insegnanti di buoni studi e di buona volontà, i quali nel suo volume troveranno avverati i loro voti.
Il presente Vocabolario consta di 718 pagine a due colonne in-4°, stampato sopra carta soda e con nitidi caratteri, messi insieme dal signor Giovanni Sandrone, compositore dell'Oratorio Salesiano, peritissimo in lingua greca sopra quanti professano l'arte sua. Mandasi franco di posta per lire 8 dalla libreria dell'Oratorio stesso, via Cottolengo, numero 32; da San Pier d'Arena, Ospizio San Vincenzo de' Paoli; e da Nizza Marittima, Patronato di San Pietro.
24 giugno 1876
La Settimana Santa a Buenos-Ayres.
Buenos-Ayres, 1° maggio 1876.
(Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica). - Sebbene questa mia sia per arrivarvi quando in Europa è già forse spirato il tempo dell'Alleluia, credo nondimeno non vi giungerà priva d'interesse, per le sue particolarità, la descrizione delle cerimonie della settimana santa, che si usano in Buenos-Ayres.
Si avvicinava la domenica di passione, e già era un affaccendarsi nelle sartorie e nelle famiglie affine di preparare la veste di duolo per le signore americane, le quali in veste nera vanno alle chiese ed alle sacre funzioni in questa circostanza.
Nelle chiese parimente era un lavorìo assiduo per preparare i santi sepolcri, che in verità si fanno quivi più belli, più grandi e degni dell'altissimo mistero che rappresentano. {178 [178]}
Nella domenica delle Palme fu grande concorso a tutte le chiese e parrocchie, dove imponente è stata la processione con palme e rami d'olivo. Al dopo mezzodì poi, un editto, secondo il costume di tutti gli anni, veniva affisso sulle cantonate della città.
In esso il commissario della polizia, ossequente allo spirito religioso della Costituzione fondamentale della Repubblica, dava avviso ai cittadini di Buenos-Ayres che, dalle undici del giovedì alle undici del sabbato santo, tutta la città sospendesse il suo grande traffico ed il suo commercio, e cessassero tutti i rumori di fabbriche, di carri e di cavalli in venerazione dei tremendi misteri di nostra santa religione.
Infatti al suono del Gloria al giovedì santo la città si pose in misterioso silenzio, si chiusero tutte le botteghe, ad eccezione delle farmacie e delle altre di generi di prima necessità.
Del resto, chiuse le officine, le fabbriche, sospeso ogni lavoro.
Le 36 vie longitudinali e le 60 trasversali, che dividono in perfetti quadrati il caseggiato della città con le 12 grandi piazze, erano mute, e solo erano percorse da gente a piedi. - Ad eccezione dei tramways e convogli funebri, non vedevi più un carro, non un cocchio, non un cavallo! Gli stessi tramways dovevano rallentare il corso in passando davanti alle chiese. - Tolta ai cavalli la collana sonaglia e proibito al cocchiere il suono della trombetta.
Fu per noi cosa nuova il vedere in questa circostanza il perfetto accordo tra le autorità ciVIII ed ecclesiastiche. Pel buon ordine stava a ciascuna chiesa un presidio di guardie vigili ed altro di guardia d'onore al santo sepolcro. Al dopo pranzo del giovedì santo fino a notte avanzata le vie erano stipate di signori in abito nero e signore in vesti di lutto, le quali con religioso contegno facevano la visita ai sepolcri adorandovi Gesù in Sacramento.
Rompevano a quando a quando il silenzio delle strade il passo forte e misurato dei soldati, che, divisi in compagnie, con alla testa i loro ufficiali in grande tenuta, facevano essi pure il giro delle chiese, prendendovi la perdonanza.
Chiuse le Camere provinciali e nazionali, chiusi tutti gli uffizi governativi. Gl'impiegati aveano avuto invito ufficiale per accompagnare il Presidente della Repubblica alla visita delle chiese. Che spettacolo non fu il vedere il Capo dello Stato coi ministri, governatori e generali confusi col popolo a darvi pubblica testimonianza di fede e di religione!
La nostra chiesa si trovò piccola in questa circostanza. Avevamo anche noi il Santo Sepolcro bello come tutti gli altri. Sopra tutto tirava l'occhio un'alta montagna, che toccava la volta, dove stava il Calvario con le tre croci. Più abbasso, tra gli ammassi di una roccia, stava il tempietto o sarcofago a sei colonne che conteneva in un'urna il Santissimo Sacramento. Sotto, nello spaccato del sasso, vedevasi un sepolcro con entro la salma del Redentore. Migliaia i lumi, migliaia i fiori e le piante di adorno, che imbalsamavano coi loro profumi la chiesa. A notte il popolo era accorso numerosissimo ad udire il discorso della istituzione del Santissimo Sacramento, annunciato dal diario America del Sud, fatto dal Padre don Baccino. {179 [179]}
Il venerdì santo passò pure in religiosa mestizia; il sole stesso, coperto di un cupo velo, pareva rammentasse quel dì nel quale si era del tutto oscurato.
Pel pomeriggio erano annunciate varie pratiche religiose nelle parrocchie. Nella nostra chiesa tutti aspettavano la predica delle tre ore di agonia, ed era pieno il piazzale e gli anditi laterali. Ma, essendo ammalato don Cagliero, vi supplì il Padre Baccino.
A notte tarda si fece il discorso sulla Soledad, ossia Maria ai piedi della croce; discorso favorito alla pietà degli Americani, che per Maria Addolorata hanno particolare divozione.
Al sabbato santo di mattina tutta la città si rinversava alla Cattedrale per assistervi alla messa del Gloria. Il tempo, che nei giorni precedenti era stato coperto, si presentava allora festoso con un bellissimo sole.
La Cattedrale colle sue tre grandi navate era piena zeppa di fedeli, il suo grande atrio, sorretto da dodici colossali colonne, e la sottostante piazza della Vittoria rigurgitava di popolo.
La truppa era schierata ai lati e tre bande militari con flebili melanconiche note destavano nella numerosa moltitudine che le ascoltava pensieri salutari. Le due grandi fontane che adornano l'obelisco e tante altre sorgenti che scaturiscono in diversi luoghi della gran piazza, nel cui centro elevasi la colossale statua della Vittoria, gettavano fiumi d'acqua nella sottostante erba e fiori, che parea piangessero sui patimenti dell'Uomo Dio! - Ad un tratto muta la scena. (Erano le dodici antimeridiane). Monsignor Arcivescovo aveva intonato il Gloria! Lo sparo delle artiglierie lo annunziava a tutta la città. Si alza la bandiera, non più velata a nero, della Repubblica sopra la torre del vicino palazzo di giustizia. Le bande musicali mutano le note in isquilla di fanfare, mentre dall'alto delle torri di tutte le chiese percorrevano l'aria razzi e bombe, da sembrare un vero bombardamento!
La città prende il suo primiero movimento. Corrono i cavalli, corrono le carrozze, corrono numerosi i carri, i tramwais mettono i sonagli, si aprono le botteghe, e dappertutto si odono ripetuti saluti dell'Alleluia e gli augurii della Pasqua. Sì bello spirito religioso in questa Repubblica suona male alla setta, e si tentò dai malevoli sollevare in parecchie chiese unos alborotes (schiamazzi).
Ma le guardie si trovavano pronte a soffocare ogni subbuglio. Al domani i giornali ingrandivano gli inconvenienti, e chiamavano l'attenzione del Governo perché proibisse queste funzioni, causa di disordini.
Però il Governo conosce lo spirito della maggioranza della popolazione, e speriamo che, per la malevolenza di pochi illusi, Buenos-Ayres non verrà privata di un religioso spettacolo che la rende invidiata e stimata da quanti cattolici vi approdano dal vecchio mondo.
Il giorno di Pasqua la nostra chiesa italiana era stipata di uomini e di donne per compiere il precetto pasquale, e quattro confessori ebbero da lavorare buona parte della notte, tutto il mattino, e, direi, tutta la giornata. {180 [180]}
5 agosto 1876
(Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica). - Non vi ha dubbio che voi altri Europei amate e volete bene al Santo Padre Pio Nono, ma non bisogna credere che siate voi soli! Anche gli Americani amano il Papa, amano Pio Nono! No, lo spirito cattolico non muore nel popolo americano, batte nel petto di tutti, sta in tutti i cuori che credono, che sperano e che amano! Una prova l'hanno data, e solenne, il giorno 21 giugno prossimo passato. Insieme alla festa di S. Luigi Gonzaga, patrono della gioventù, da parecchi anni si celebra con pompa straordinaria l'anniversario dell'incoronazione pontificale del Santo Padre; quest'anno occorreva il raro e singolare suo trigesimo anniversario, perciò rara e singolare doveva essere la sua commemorazione. Monsignor arcivescovo, dottor D. Federico Aneyros, insieme all'alto clero, che degnamente lo circonda, avevano tutto preparato con apposite circolari nelle città e paesi della vastissima diocesi. Il valoroso giornale cattolico L'America del Sud, che in questo giorno usciva inghirlandato e con caratteri dorati e tutto per Pio Nono, aveva invitato molti giorni prima i cattolici bonerensi, che sono la grande maggioranza, a dare questo tributo di amor figliale al grande Pontefice, all'augusto Prigioniero, al martire del diritto e della verità! Già fin dalla vigilia, la cattedrale co' suoi ricchi addobbi nell'interno, e con le sue cento bandiere all'esterno, annunziava qualche cosa di grandioso. Lo stemma e la bandiera papale torreggiavano sul punto più culminante della maestosa facciata.
All'alba del giorno 21 i sacri bronzi della metropolitana rallegravano gli animi dei pii e buoni cattolici che, giubilando, si vestivano a festa. Alle 8 della mattina era stabilita la comunione generale; alle 11 messa solenne con assistenza di monsignor Arcivescovo e discorso in lode di S. Luigi, presenti tutti i canonici e parrochi della città con tutto il clero secolare e regolare. Alle 6 pomeridiane recita del S. Rosaio, canto delle litanie, discorso in lode di Pio IX e benedizione del SS. Sacramento. Durante il giorno, esposizione di Sua Divina Maestà. Era uno spettacolo commovente fin dal mattino vedere i tramways da tutte parti portare gratis (favore concesso dalla Società dietro domanda di Monsignor Arcivescovo) alla cattedrale i numerosi istituti maschili e femminili; lunghe file di giovani collegiali passare frammezzo ad immensa moltitudine che moveva alla piazza della Vittoria, e di lì al vasto tempio! Spettacolo più commovente ancora, volgere l'occhio attorno alla grande Basilica, e vederla gremita nel mezzo da migliaia di giovanetti e giovanette, e le navate laterali piene zeppe di migliaia di parenti accorsi ad unire i loro voti a quelli dei loro cari bimbi! Era un solo il voto di tutti: invocare la protezione divina e dell'angelico san Luigi, sopra dell'angelico Pio Nono! Oh, le molte comunioni di questi innocenti cuori come sono state accette al Cuore di Gesù, qui pascitur inter lilia! Le molteplici preghiere di più migliaia di fedeli salirono certo al trono di Dio, perché ci conservi ad multos annos questo miracolo dì Pontefice. {181 [181]}
Monsignor Arcivescovo dava la santa comunione nell'altare maggiore ai fanciulli ed alle fanciulle, mentre quattro altri sacerdoti la distribuivano negli altari laterali a 260Ò adulti! A velare, come dicono qui, ossia all'adorazione del SS. Sacramento esposto, erano distribuiti per turno dodici collegi e scuole di fanciulli e dodici Congregazioni e scuole di fanciulle, circondati tutto il giorno da numeroso concorso di popolo. I vostri direttori di Collegi ed i vostri Consigli scolastici avrebbero dato vacanza ai loro scolari, per questo santo fine? Qui l'hanno data, e non solo per la festa, anche per la vigilia, affinché i più grandicelli si potessero preparare con la santa confessione alla santa comunione, da farsi per il Santo Padre. E che spettacolo consolante non hanno dato i Collegi di studi superiori! Questi giovani diciottenni, con quale franchezza mostravano i loro sentimenti di pietà e di religione a tutto un popolo intero! Queste cose non si vedono più nei vostri paesi, non è vero?
La messa solenne di mezzo pontificale fu cantata con scelta musica a orchestra dai Collegiali di San Giuseppe, diretti dai Padri Baionesi. Vi furono dei momenti in cui mi sembrava d'essere in Italia fra le nostre belle classiche armonie! Il discorso fu detto dal canonico D. Diego Miller, e seppe unire ed infiorare tanto bene le virtù di Pio Nono e di San Luigi. Dopo fecero udire le melodiose note i giovanetti dell'Asilo degli orfani, ed in tutto il giorno succedevansi cantici in lode di Gesù sacramentato.
Alle 6 di sera (notte, perché siamo nella stagione invernale) era un affluire di gente senza fine che restava colpita alla bella illuminazione che brillava all'esterno del vasto tempio! E qui stupite... fatta a spese del Municipio! I vostri Municipii farebbero altrettanto pel Papa?... A cento erano i doppieri ed a centinaia i loro lumi, che imparadisavano l'interno delle tre navate. La folla immensa, cantate le litanie, stava tutta rivolta al pulpito per ascoltare la voce eloquente del Padre Giordano della Compagnia di Gesù. Romagnolo, parlava in buon casigliano: da vero oratore dipinse Pio Nono crocifisso dagli empii suoi... Tessè la storia del secolo XIX e di Pio, pose il giusto innanzi al delinquente, il diritto innanzi alla forza, la verità di fronte all'onore; e disse tante belle cose, che non vi posso dire, perché tanto voi non potreste dirle ai vostri lettori... Vi fu un momento che la udienza si trovò costretta a dirgli, quantunque sottovoce, un bravo! Nelle Repubbliche, fra tante libertà grame, si ha almeno anche quella di poter dire delle verità buone.
All'ingresso della chiesa eravi inghirlandato un bel dipinto del Santo Padre, e sotto un tavolino, dove ciascuno, senza essere invitato da nessuno, poneva l'obolo che credeva, e, malgrado i tempi critici e terribili, in che si trovano adesso qui, hanno dato pel Danaro di S. Pietro la bella somma di 26,000 pesos. Cantato il solenne Te Deum, Monsignor Arcivescovo intuonava l'Oremus prò Pontifice nostro Pio, ed impartiva all'immensa moltitudine la benedizione del Santissimo Sacramento! Vi hanno alcuni che temono si spenga lo spirito di fede e di religione nel popolo Argentino! Oh uomini di poca fede! Basta vedere l'entusiasmo che hanno pel Santo Padre per stare tranquilli. - Viva Pio Nono! Viva Buenos-Ayres! {182 [182]}
6 agosto 1876
Uno dei motivi principali della spedizione dei Salesiani nella Repubblica Argentina era di fare novella prova di evangelizzare i Patagoni, che finora si tennero ostinati ad ogni principio di civiltà e di religione. Ora pare che Dio cominci a benedire la pia impresa, e prepari il tempo di misericordia a que' popoli. Riceviamo di fatto una lettera da Buenos-Ayres, che ci assicura di quanto segue: Dalla Colonia del Cubut, presso il Rio Negro, ultima terra non affatto selvaggia, due cacic-chi, o capi tribù, della Patagonia, di nome Focel e Ciquecian, hanno fatto indirizzare una lettera al T. Cagliero, chiedendogli un numero di Salesiani, che vadano a predicare il Vangelo tra i loro sudditi, assicurando che saranno ben trattati ed ascoltati. Siccome questo fatto è assai grave ed importante, così Don Cagliero si portò immediatamente a Buenos-Ayres per conferire colle Autorità ciVIII ed ecclesiastiche intorno alle deliberazioni da prendersi. Daremo quanto prima i particolari intorno a questo fatto, che farà epoca nella storia delle missioni.
17 agosto 1876
Assai di buon grado pubblichiamo la seguente lettera che ci scrive un Salesiano relativa agli elogi del Bersagliere sul conto di don Bosco, a cui noi avremmo augurato, pel giorno 6 di agosto, una di quelle momentanee malattie che, in simili circostanze, colgono sempre molto opportunamente i diplomatici, compresi anche i nunzi pontificii:
«Figlio affezionato dell'ottimo signor don Bosco, sono assai mortificato dei mal composti elogi che testé ne pubblicò un giornale di Roma, riferiti nell'Unità Cattolica nel suo numero 187, poiché ben so che, salve poche eccezioni, laudari ab impiis, vituperari est. Laonde, nel timore che i numerosi lettori dell'egregia Unità abbiano a provare una sinistra impressione sul conto dell'amatissimo mio benefattore, desidero che sappiano che l'articolo del giornale romano contiene una esagerazione da capo a fondo, e perciò poco di esatto, molto di falso. Il signor don Bosco, richiesto dal Municipio di Lanzo ad imprestare il locale del Collegio pel déjeûner ai signori ministri, non potè per urbanità rifiutarvisi, tanto più che una parte del Collegio appartiene tuttora al Municipio stesso; ma il buon sacerdote, il quale ne' varii suoi Istituti non solo istruisce, ma, come assicura l'autore dell'articolo, mantiene nove mila fanciulli, ben lungi dal fare spese in profani addobbi, in rinfreschi di vini per le Eccellenze Loro e comitiva, non fece neppure quella del vermouth ghiacciato, che il poetico giornalista chiama eccellente senza averlo assaggiato. Conoscendo il cuore di don Boscoe, e lo zelo che gli arde in petto per k salute delle anime, {183 [183]} posso affermare che egli avrebbe desiderato di avere, ed, avute, avrebbe assai meglio impiegate le dodici mila lire spese dal Municipio pel famoso déjeûner; perché con siffatta somma il buon Padre, senza dover tanto sovente ricorrere ai miracoli della divina Provvidenza, avrebbe potuto somministrare vitto e vestito agli ottocento giovinetti del suo Istituto di Torino, e sarebbesi trovato in grado di inviare qualche Salesiano di più nell'America ad evangelizzare ed inciVIIIre i barbari della Patagonia.
Se poi il signor don Bosco nella sua squisita gentilezza abbia stretta la mano ai signori ministri, io non so, perché non mi trovavo presente; ma, se così fu, sarebbe almeno desiderabile che le Loro Eccellenze gli si mostrassero non meno cortesi, e quindi gli porgessero potente la mano ad impartire ad un numero ognor più grande di fanciulli quella saggia educazione, che non può mancare di essere maschia, perché sinceramente cattolica».
(MB 12,549)
18 agosto 1876
del sacerdote Antonio Zuccarini; Torino, Tipografìa Salesiana, 1876. - È intenzione della Chiesa che i suoi figli prendano viva parte alle solennità, che lungo l'anno va celebrando per ricordar loro i misteri principali della nostra religione e le misericordie di Dio ne' Santi suoi. Giova ad ottenere un tal risultato la cognizione delle feste, epperciò la Chiesa desidera che i Pastori delle anime di tanto in tanto ne tengano discorso alle loro popolazioni. Opportunissimo ci pare pertanto il libro del reverendo Zuccarini, il quale, attingendo ad ottime fonti, e specialmente all'opera classica di Benedetto XIV, De festis, in istile facile e piano, e con molta erudizione discorre delle solennità della Chiesa cattolica, e lo fa con tal dottrina nella materia e semplicità nella forma, che, mentre può servire di facile repertorio a chi ne avesse bisogno per istruzione altrui, riesce di amena ed utile lettura a tutti i fedeli. Vendibile presso la medesima Tipografia Salesiana in Torino, via Cottolengo, 32.
23 agosto 1876
Da un po' di tempo i giornali si occuparono delle Missioni salesiane in Patagonia, come di cosa che deve far epoca nella storia delle Missioni. Noi pertanto crediamo opportuno dare uno stato preciso delle cose, raccogliendo le notizie da autentici documenti che abbiamo sott'occhio.
La Patagonia è una vastissima regione posta alla punta meridionale dell'America del sud, ed occupa tutte le terre che si trowano a mezzodì della Repubblica {184 [184]} argentina e del Chili. Se ad essa si aggiungono le pampas, che le stanno a settentrione e si stendon fino quasi all'equatore, e sono anche abitate da selvaggi, e le isole sparse qua e là intorno a lei, forma un'estensione forse pari all'Europa. Il numero dei Patagoni non si conosce; ma pare molto superiore a quanto finora i geografi hanno assegnato a quelle terre, poiché ora si calcola che possa ascendere a parecchi milioni. Essi sono intieramente selvaggi, senza leggi, senza Governo, senza case.
Fin ora la voce del missionario non potè ancora farsi udire in quelle vastissime regioni, sebbene molti sforzi siansi tentati per evangelizzarla. Fu la ferocia degli abitanti, che mandò sempre a vuoto ogni loro sforzo, perché trucidarono barbaramente ogni missionario che loro si avvicinasse, ed anche ne mangiarono le loro carni.
Ora pare che sia giunto il tempo della misericordia divina e non debba tornare inutile una novella prova di evangelizzazione. Vedendo che il metodo tenuto fin ora non servì che allo sterminio dei missionari, si pensò di agire diversamente. Il nuovo piano fu combinato col Santo Padre. Esso consiste nell'aprire Collegi, case di educazione, ricoveri, orfanatrofii sui confini di questo paese e di attirare così i giovani; e coll'educazione dei figli farsi strada a parlare di religione coi genitori. La qual cosa potrà riuscire in due modi: o che i genitori pel naturale istinto, che porta ad essere benevolo a chi tratta con bontà i proprii figli, o più ancora che, poco per volta crescendo su i figli ben istruiti, vadano essi stessi a portare la buona novella a quei della loro tribù, i quali volentieri accetteranno la parola di Dio bandita da tali predicatori.
Di ciò abbiamo una prova di fatto nei Collegi aperti, ove parecchi indigeni domandano istantemente di farsi missionari. Questo era lo scopo dai Salesiani premeditato quando si recarono ad aprire una casa in Buenos-Ayres ed un'altra in San Nicolas per così avere alcuni centri di comunicazione tra l'Europa e l'America, e tra i selvaggi e popoli inciVIIIti della stessa America.
Il Signore benedisse questo primo passo, e già nel collegio di San Nicolas (distante appena 60 leghe dai selvaggi), si hanno oltre ad un centinaio di giovani, a cui è compartita un'educazione scientifica e religiosa, e tra costoro la divina Provvidenza dispose che si trovino parecchi, le cui famiglie vissero tra i selvaggi.
Mentre si pensava al modo di far passo per nuove case nella Repubblica argentina, favorevoli circostanze concorsero a favore dei disegni sulla conversione della Patagonia. Tre progetti si presentano in questo momento, e ciascuno dà speranza di riuscita.
E prima di tutto l'Arcivescovo di Buenos-Ayres propone d'affidare alla Congregazione salesiana l'ultima parrocchia della sua vastissima archidiocesi,
Mentre si pensava al modo di far passo per nuove case nella Repubblica argentina, favorevoli circostanze concorsero a favore dei disegni sulla conversione della Patagonia. Tre progetti si presentano in questo momento, e ciascuno dà speranza di riuscita.
E prima di tutto l'Arcivescovo di Buenos-Ayres propone d'affidare alla {185 [185]} Congregazione salesiana l'ultima parrocchia della sua vastissima archidiocesi, la quale si trova sui confini della Patagonia. Avuto in mano questo luogo, già cattolico e cotanto inoltrato fra i selvaggi, si può metter quivi un ospizio per ritirare sia i bambini, che i Patagoni nella loro crudeltà non vogliono educare e lasciano morire di stento; sia i giovani abbandonati, che vengono per commercio in detto paese, sia per mezzo di benevolenza accaparrarsi l'amore dei selvaggi, i quali di tanto in tanto fanno escursioni per vendere le loro mercanzie e per acquistare certi oggetti da loro molto cercati. Posto così un centro sui confini settentrionali si potrà facilmente inoltrarsi nell'interno di quella parte. Questo è il pensiero che con sua lettera 1° luglio manifesta monsignor Federico Aneyros, Arcivescovo di Buenos-Ayres. D. Cagherò poi aggiunge: «Il sentimento di questo Prelato sarebbe di darci la cura dei Patagoni Molu-ches, Puel-ches e Che-Che-hest, che si trovano riverecci del Rio Negro, e si estendono fino ai gradi 37mo verso il mare. Il secondo progetto porge anch'esso fondate speranze. Due cacichi dei più influenti avendo udito parlare favorevolmente dei missionari salesiani, mandarono a pregare D. Cagliero che mandasse dei missionari a spiegar loro la religione dei cristiani, promettendo di ascoltarli con docilità e di somministrare loro qualunque cosa abbisognassero». Dopo l'ultima sua lettera, scrive D. Cagliero a D. Bosco, ho quasi dimenticato Buenos-Ayres per occuparmi della Patagonia, ed appunto in questo momento posso darle una notizia veramente consolante. Una lettera del signor Antonio Oneto genovese, commissario della colonia Gallense del Chubut, che si trova al grado 41 di latitudine, e sulle rive dell'Oceano Atlantico, invita me con altri Padri a recarci presso i Patagoni Urli-chez e Cherél-chez, poiché i due cacichi Facel e Cinquecian, capi di quelle tribù, riceverebbero volentieri i missionari, li ascolterebbero con rispetto, somministrando loro quanto è necessario. Ci assicura nello stesso tempo che, amicandoci queste due tribù, potremo farci strada per tutta la Patagonia». - Questo è proprio un tratto provvidenziale. Si vede chiaramente che il Signore vuole quest'opera e per ciò la protegge. Un terzo progetto viene ad aprire una nuova via per la conversione della Patagonia. Il governo argentino vuole stabilire una colonia in un punto affatto opposto a quelli di sopra accennati, e ne affiderebbe la direzione ai Salesiani. Questa colonia si deve fondare a Santa Cruz, che è un porto con un fiume, posti al fondo della Patagonia sulle rive dell'Oceano Atlantico, ai gradi 50, cioè poco prima di entrare nello stretto di Magellana. Molti viaggiatori visitarono questo porto, e lo trovarono atto per mettervi una colonia. Sebbene vi faccia molto freddo, tuttavia è abitabile, e il suo clima assai confacente a noi Europei. Il Governo si propone di somministrare ai Padri Salesiani le sussistenze per loro e per i Patagoni Quiane-Chez e Pilma-Chez. Stabilita una buona scorta di missionari in questo punto, sembra dover tornare assai facile di penetrare nell'interno anche da questa parte, ed in pochi anni tastare tutti i punti della Patagonia.
Lo stesso teologo Cagliero termina la sua lettera dicendo: «Tutti questi Indi sono facili ad essere mansuefatti, ma-pur facili al sospetto, ed allora {186 [186]} ammazzano inesorabilmente. Comunque sia, prepari il personale per i Patagoni, ed i destinati si armino fin d'ora della pazienza, studio, prudenza e coraggio. Con gli Indi, se non si procede cautamente, in un giorno si distrugge l'opera di anni ed anni. Se il missionario loro parla di sommessione a Buenos-Ayres, è ammazzato; se li minaccia con la forza, è ammazzato. Per poter far del bene in una tribù bisogna farsi amici col cacico, regalandolo, e ciVIIIzzarlo colle buone e colla religione, porlo al contatto con qualche buon cristiano: dopo, se gli parli del Governo per aver favori, ma non mai per sottometterlo. Il resto lo farà la Provvidenza».
Tutte queste cose sono in trattative, e si spera che in poco tempo i tre progetti potranno esser messi in esecuzione; intanto sono richiesti non meno di 20 missionari, che si preparano, e mediante la carità dei fedeli si potrà preparare il corredo opportuno, e partire nel prossimo ottobre per Montevideo e Buenos-Ayres. Colà saranno suddivisi ed inviati a cominciare l'opera loro evangelica nei tre punti mentovati, cioè in Patagone, a Santa Cruz e nelle tribù degli Hurli-Chez e Therel-Chez.
(MB 11,65)
5 settembre 1876
Non possiam lasciare sotto silenzio la distribuzione di premi che ebbe luogo giovedì scorso all'Oratorio Salesiano di Torino, alla presenza di augusti pesonaggi, tra cui monsignor Garga vescovo di Gerico e vicario generale di Novara. Dopo alcuni pezzi di musica eseguiti da parecchi degli alunni dell'Oratorio si venne alla lettura dei voti complessivi di studio e di portamento ottenuto da ciascheduno alunno delle cinque classi ginnasiali. Ciò fatto, il professore sac. Francesco Dalmazzo dell'Oratorio direttore del Collegio-Convitto Valsalice sorse a leggere un discorso elegante e sugoso, nel quale mostrava ai giovani come la religione cattolica era la vera inspiratrice delle scienze, lettere, ed arti belle. Niuno poteva trattar questo argomento meglio di lui, il quale sobbarcatosi, per ubbidienza al proprio superiore, al peso della direzione delle scuole del Collegio Valsalice, in tre anni così comportossi, da farle rifiorire a meraviglia di tutti. A detta dei giornali, dei tre alunni presentati ultimamente alla licenza liceale, tutti e tre si meritarono non solo la promozione, ma anche furono reputati degni di premio. Il professore D. Dalmazzo si abbia adunque le nostre congratulazioni sin-cerissime, e con lui sé le abbia Don Bosco, il quale, come del Collegio Valsalice, così di ogni altra casa di educazione da lui qui e qua eretta... è l'anima {187 [187]} e la vita. - La festa dell'Oratorio terminò colla polcha del chiarissimo maestro De-Vecchi intitolata la Fiera di Gianduia e col bellissimo coro Partenza per le vacanze del medesimo.
17 settembre 1876
E circa un anno dacché abbiamo pubblicato la benedizione e la raccomandazione del Santo Padre in favore di un'Opera, che in questi tempi è veramente provvidenziale. Suo scopo si è di raccogliere giovani grandicelli dai sedici ai trent'anni per aiutarli a compiere i corsi secondari, e consacrarsi quindi allo stato ecclesiastico a cui aspirano. All'epoca di entrare nel chiericato si lasciano liberi di ascriversi al clero della rispettiva diocesi, o di entrare in qualche Ordine religioso o di andare nelle missioni straniere, secondo il loro desiderio e le propensioni. Il primo esperimento, fatto in quest'anno, riuscì assai soddisfacente. Per sito opportuno a queste scuole fu scelto l'Ospizio di San Vincenzo in San Pierdarena, dove però potè soltanto raccogliersi un numero limitato, perché non era ancora terminato l'edifizio a quest'uopo messo in costruzione. Per questo motivo alcuni di essi fecero gli studi in altre case della Congregazione salesiana. Il risultato di quest'anno fu come segue:
Totale degli allievi |
N. 100 |
Compirono il ginnasio |
35 |
Di essi aspirano allo stato religioso |
8 |
Aspirano alle missioni estere |
6 |
Ascrivonsi al clero della propria diocesi |
21 |
Sua Santità provò grande consolazione di questi primi frutti di un'Opera, che, coltivata nel suo vero aspetto, può tornare utilissima alla Chiesa; e per dare un segno del suo paterno gradimento e nel tempo stesso incoraggiare i buoni cattolici a promuoverla e sostenerla, aprì i tesori spirituali della Chiesa, e con apposito Breve concedeva molti favori, grazie spirituali ed indulgenze a tutti quelli che con mezzi materiali o morali si fanno promotori di essa. Ecco qui la traduzione del Breve:
PIO PAPA IX
ad eterna ricordanza della cosa.
Essendosi canonicamente istituita, come ci fu esposto, una Associazione di fedeli, ossia, come dicono, Pia Opera, sotto il titolo della B. Maria Vergine Ausiliatrice, i cui membri si proposero di raccogliere i giovani di buona indole inclinati ad abbracciare lo stato ecclesiastico a fine di renderli fermi in questa loro vocazione, istruirli nelle lettere e negli studi ecclesiastici; noi, affinché tale Società prenda ogni dì maggior incremento, per la misericordia di Dio onnipossente, ed affidati all'autorità dei BB. Pietro e Paolo suoi apostoli, a tutti i fedeli dell'uno e dell'altro sesso già iscritti a questa Società o che si ascriveranno {188 [188]} in avvenire, nel punto della morte di ciascuno di loro, se veramente pentiti, confessati e muniti della S. Comunione, o perché non poterono ciò fare, almeno contriti invocheranno divotamente il nome di Gesù colla bocca, se potranno, se no, almeno col cuore, e riceveranno con animo paziente dalla mano del Signore la morte quale castigo del peccato, concediamo indulgenza plenaria; ed anche ai medesimi soci, veramente pentiti e confessati, i quali in un giorno che loro piaccia di qualsivoglia mese, in qualche chiesa od oratorio divotamente visiteranno e quivi innalzeranno pie preghiere a Dio per la concordia dei principi cristiani, per la estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori, per l'esaltazione di S. Madre Chiesa, benignamente nel Signore concediamo parimenti l'indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati. La quale indulgenza per modo di suffragio potranno eziandio applicarsi a quelle anime dei fedeli che, unite a Dio in carità, abbiano già emigrato da questa vita. Inoltre, volendo noi dare un segno di speciale benevolenza ai sopraddetti soci, elargiamo loro tutte le indulgenze tanto plenarie quanto parziali che i Terziarii di S. Francesco d'Assisi possono conseguire, e coll'autorità nostra apostolica concediamo che essi lecitamente e liberamente possano ottenere nelle feste di S. Francesco di Sales e nelle chiese dei preti della Congregazione Salesiana tutte le indulgenze che i Terziarii possano guadagnare nelle feste e nelle chiese di S. Francesco d'Assisi, purché compiano a dovere nel Signore le opere di pietà che sono ingiunte per lucrare tali indulgenze. Non pongono ostacolo a questo tutte le cose che facciano contro. Le presenti lettere hanno vigore per tutto il tempo avvenire in perpetuo. Vogliamo poi che alle copie trascritte od agli esemplari stampati delle presenti lettere, sottoscritte dalla mano di qualche pubblico notaio e munite del sigillo di persona costituita in ecclesiastica dignità, si presti tutta quella fede medesima che si presterebbe alle stesse presenti se fossero offerte o mostrate.
Scritto a Roma appo S. Pietro, sotto l'anello del Pescatore nel dì 9 maggio 1876. Nel dì del nostro Pontificato anno trigesimo.
Luogo del sigillo.
Pel Card. Asquini
DOMENICO IACOBINI, Sostituito.
In altro numero daremo il programma con altre opportune indicazioni.
(MB 11,62-63)
4 ottobre 1876
Due giorni fa la Gazzetta Ufficiale riferiva che alcuni preti e sagrestani italiani nel 1875 emigrarono nella Repubblica Argentina senza dire di più. Or ecco una lettera die ci scrive da Buenos-Ayres uno di quei sacerdoti: {189 [189]}
Buenos Ayres, agosto 1876.
Chiarissimo sig. Direttore,
Mentre in S. Nicolas D. Fagnano co' suoi compagni lavorano attorno ai giovani argentini, e D. Bacino accudisce gli Italiani di Buenos-Ayres, io ho pensato di fare un'escursione in una terra assai estesa presso ai selvaggi, ma popolata da una moltitudine di Italiani; quelle terre sono dette Campo e confinano all'ovest, al sud, al nord cogli Indi, e a levante coll'Oceano.
Dopo tre ore di strada ferrata, mi trovai alla villa di Lujan, popolazione di 6000 anime circa, e con un territorio vasto che ne contiene altrettante. La maggior parte di quegli abitanti sono Spagnuoli ed Italiani. I Padri Lazzaristi vi hanno cura di un santuario[4] e della parrocchia.
Quei religiosi avevano già procurata una missione in lingua spagnola, e il buon successo di quella fece invitare i Salesiani a fare altrettanto pei loro nazionali. I nostri confratelli avendo tutti serie occupazioni fisse, deliberai di venire io solo, e ci venni. Avvisati quelli della villa, che una missione si apriva appositamente per gli Italiani, ognuno studiava il modo d'avvisarne le molte famiglie sparse a larga distanza nelle campagne. Quegli abitanti in massima parte sono coltivatori di legumi e di alberi fruttiferi, altri sono agricoltori, ed hanno cura dei pascoli pei greggi, pei cavalli, per le vacche e pecore. Non essendovi né campane, né altro mezzo per convocare il popolo, si usò un grazioso modo, che si può dire romantico. Una giovanetta americana, ma di padre italiano, novella Giovanna d'Arco per virtù e coraggio, piena di entusiasmo per questa missione, sellato da se stessa il suo cavallo, vi siede sopra, afferra le briglie e via al galoppo da un luogo all'altro e da una cascina all'altra ad avvertire che il missionario italiano da tanti anni sospirato era venuto e li aspettava della stessa sera! Per lo stesso fine due vivacissimi giovanetti divorano le leghe sopra due fieri cavallini in direzione opposta.
Io poi montai sopra un carrozzino di campagna, e andai a fare l'invito personale a molte famiglie piemontesi, lombarde, genovesi, toscane e di Napoli, che mi accoglievano fra l'entusiasmo e le lacrime di commozione. Sembrava a tutti un sogno udire la lingua, l'accento, il costume natio in quei cotanto remoti paesi. Una turba di ragazzi e di ragazze tosto mi assediarono, dimandando medaglie, crocifissi, immagini e simili. Mi hanno vuotato le tasche, ma dovetti dare tutto gratis. Avrei desiderato vincessero il premio col regalarmi qualche risposta di Catechismo; inutile speranza! non lo sanno né in italiano, né in ispagnuolo, sebbene molti passassero i vent'anni. E come possono impararlo, essendo in gran distanza da ogni chiesa, da ogni scuola in campagne deserte, dove non brulicano che animali?!
Alla prima predica non erano molti; ma poi, scossi dalla voce e dall'accento della lingua patria, invogliarono altri e poi altri, sicché al secondo giorno la chiesa era letteralmente stivata di gente, ed io rimasi altamente meravigliato in vedere tanti Italiani in questo paese.
Alla domenica seguente, dopo fatto un sermone per gli Argentini e Spagnuoli, rimasero i soli Italiani in chiesa. La vidi tosto popolarissima di cari {190 [190]} patrioti, uomini, donne, fanciulli venuti da tutte parti. E bisogna dirlo che ascoltarono con vero trasporto la divina parola, mattino e sera. Ebbi da lavorare assai passando più notti intiere al confessionale. Sarebbesi certamente raccolto frutto ancora più copioso, se avessi avuto meco altri missionari, ma io era solo, e per soprappiù, essendo già stato impegnato in altra predicazione, non poteva protrarre oltre nove giorni la mia dimora in quelle terre che ricevevano la parola di Dio come il terreno arsiccio riceve la pioggia del cielo in tempo estivo. Quanto sono da compatire queste colonie poste in paesi a distanze immense come macchie nel deserto! - Li ho veduti anche nelle loro abitazioni. I più ricchi abitano case di mattoni crudi e senza intonacatura o ricciatura di sorta, col tetto di tegole: all'intorno sono due o tre steccati ed un terreno a vista d'occhio, ove pascolano truppe di cavalli, mandre di vacche e greggi di pecore. I più abitano capanne di fango mescolato con erba e coperte di paglia, che si dicono chazas o capanne. Attorno hanno un campicello dove seminano grano e meliga; un cavallo pei viaggi al vicino paese, due buoi o due vacche, e tutto finisce lì! Un passo più in là siamo alla vista degli Indi o selvaggi, cui sono dirette le nostre sollecitudini, e speriamo che la misericordia del Signore ci concederà la grazia straordinaria di poter entro un tempo non tanto lontano far loro risuonare il santo nome di Gesù.
In quanto agli Italiani, debbo dirvi con vera soddisfazione che in molti di loro si è conservata la vera semplicità, ma in moltissimi grande malizia, in tutti poi una crassa ignoranza! E come può succedere diversamente, posto che non possono avere né chiesa né scuola? Eppure gli Italiani, a detta di tutti, sono ancora la colonia più laboriosa e meno viziata! Essi stessi sentono la necessità di missionari italiani: il ricordo della loro patria, la lingua natia e più ancora l'accento del loro paese li scuote, li commuove al punto che con entusiasmo ritornano alla religione negletta e dimenticata!
Avrebbero voluto che mi fermassi fra loro, pronti a qualunque sacrifizio, purché mi occupassi di loro e de' loro figliuoli. Ma con dolore dovetti limitarmi a promettere loro una visita annua di qualche salesiano. Dovunque io vado sono costretto di promettere predicazioni, esercizi, tridui, novene, scuole, ospizi e simili. Ma come mai si potrà provvedere? D. Bosco ci assicura che manderà quanto prima venti missionari in aiuto, ma ditegli pure che, fatta questa spedizione, ne prepari tosto un'altra di trenta. Vi sono, è vero, de' sacerdoti ora secolari, ora regolari che si recano talvolta in questi deserti, ma vi ha sempre tramezzo la lingua spagnuola, e se nei paesi e nella stessa Buenos Ayres è una difficoltà grave, nelle campagne è difficoltà insuperabile. Di spagnuolo non s'impara che a dire buon giorno e buona notte e quei termini che sono pro-prii della compra e della vendita, e fuori della lingua del traffico e del negozio, per loro il castigliano è lingua araba. Quindi la necessità di missionari ambulanti per la campagna e pei soli Italiani. Questa necessità l'aveva prima avvertita, ma ora l'ho toccata con mano; ne sperava già bene ed ora vedo che se ne possono sperare copiosissimi frutti! Non resta che mandare ad esecuzione questo piano su vasta scala ed allora sarà provveduto al bene di tanti nostri fratelli {191 [191]} che la miseria o la sventura portò in terra straniera.
Vorrei ancora pregarlo, benemerito signor teologo, di volere, capitandogliene l'occasione, ringraziare da parte mia la signora marchesa Clotilde Vitél-leschi di Roma per le paramenta ed arredi di chiesa che ci ha inviato a nome di una pia Associazione di matrone romane di cui ella fa parte. Dica che abbiamo ricevuto tutto in buono stato; ogni cosa fu tosto messa in opera, giacché versiamo nella massima penuria. Dai missionari avrà le deboli loro preghiere, da Dio la vera mercede.
Voglia infine, chmo signor teologo, accettare gli omaggi della profonda gratitudine con cui ho il bello onore di potermi sottoscrivere
Di V. S. chiarissima
Obbl.mo servitore
Teol. Gio. CAGLIERO, miss.ap.
4 ottobre 1876
Vivamente desiderando di promuovere la soda istruzione e la sana educazione della gioventù cattolica, annunziamo che tra i Collegi, in cui i padri di famiglia possono collocare tranquillamente i loro figliuoli, quello si è di Borgo S. Martino, presso Casale-Monferrato. Da persone, che da parecchi anni vi tengono i propri figli, sappiamo che vi s'imparte l'istruzione secondo i programmi governativi; e, quello che meglio importa, una educazione non solo civile, ma eminentemente cristiana. L'insegnamento abbraccia le 4 classi elementari, e le 5 ginnasiali, in cui s'insegna altresì la lingua francese. Vi sono due pensioni: la prima di L. 35 mensili, la seconda di L. 24. Pel programma rivolgersi al signor D. Bosco in Torino, o al direttore locale, D. Giovanni Bonetti, Alessandria per Borgo S. Martino. {192 [192]}
6 ottobre 1876
Dall'accreditato giornale intitolato El Progreso, che si stampa in S. Nicolas de los Arroyos, riceviamo le seguenti consolanti notizie riguardanti il Collegio colà fondato dai Padri Salesiani:
«S. Nicolas, 18 agosto 1876.
Graziosa festa.
Martedì sera una numerosa radunanza assistette nel Collegio di S. Nicolas agli esercizi letterarii, ginnastici e musicali che per la prima volta eseguivano in pubblico gli alunni. La festa ebbe luogo per dar maggior risalto alla consegna del Breve e diploma spediti dal S. Padre Pio IX, per cui venne conferito il grado di commendatore dell'Ordine di S. Gregorio il Grande al signor Don Francesco Benitez e di Cameriere di S. Santità al nostro parroco dottor Cec-carelli, premiando in questo modo le opere e la sollecitudine che questi signori prestarono per l'impianto del Collegio di S. Nicolas che tutti già conosciamo.
Gli onori concessi a questi signori non possono essere meglio a proposito, giacché il disinteresse dell'uno e la perseveranza dell'altro hanno avuto questo risultato che noi vediamo il Collegio già attivato, e si può dire che senza di loro sarebbero stati per avventura isterilì i sacrifizi fatti a questo fine dai nostri concittadini.
La funzione ebbe principio alle tre della sera; si cantarono i vespri, poscia vi fu un eloquente sermone sopra l'Assunzione della B. Vergine. Dalla cappella si passò nel cortile, e cominciarono tosto gli esercizi letterari con un dialogo molto bene sostenuto fra i giovani Labrande ed Ibarre, i quali dimostrarono che tanto al signor Benitez quanto al dottor Ceccarelli ben si convenivano i titoli onorifici loro spediti da S.S. il Papa.
Allora si avanzarono sei giovanetti e loro presentarono in due bacili i titoli mentovati. Quattro o cinque altri recitarono in seguito delle composizioni poetiche sentimentali con una incantevole declamazione.
Il giovanetto Alfonzo eseguì un grazioso pezzo musicale sul pianoforte, e quindi un altro accompagnato dal professore Molinari.
Si presentarono otto altri ancora e sostennero un dialogo animato in quattro idiomi, latino, francese, italiano e spagnuolo, il cui contesto era: quale delle scienze umane procuri più felicità all'uomo e a quale debba egli dare la preferenza ne' suoi studi.
Divisi poi in quattro sezioni, i cento e venti alunni diedero principio agli esercizi di ginnastica diretti dal professore Tomatis, e se l'assemblea rimase soddisfatta degli esercizi letterarii, non lo fu di meno al vedere le difficili evoluzioni militari che eseguirono ed i voli che fecero sul passo-volante.
Alle cinque e mezzo della sera ebbe fine questa bellissima funzione, di cui non diamo più altri particolari, giacché la grande adunanza che vi fu farà {193 [193]} conoscere meglio di noi a quelli che non hanno assistito i rapidi progressi che in tutti i rami van facendo gli alunni del Collegio di S. Nicolas e la savia direzione che in esso si osserva.
La folla uscì maravigliosamente sorpresa, giacché nessuno si figurava che in così breve tempo di studio potessero i direttori presentare i discepoli tanto avanzati nell'istruzione e imprimere in loro tanto stimolo allo studio.
I genitori dei convittori studenti e tutta l'adunanza non ebbero parole bastanti per esprimere al dottor Cagliero, ai Padri Fagnano e Tomatis la soddisfazione che sentivano per aver assistito a questi esercizi, i quali dimostrano l'interesse con cui lavorano per educare i giovanetti affidati alle loro cure».
25 ottobre 1876
del professore G. ANTONIO TERRENO; volumi due. Torino, Tipografia Salesiana, 1876. Prezzo del 1° volume L. 1,10, del secondo L. 1,30.
Con questo Compendio viene appagato il desiderio dei molti che lessero la Storia d'Italia per le scuole liceali, dello stesso autore, pubblicata l'anno scorso, della quale favorevolmente abbiamo già parlato nel numero 262. - Nel primo volume comincia il eh. professore Terreno dai primi abitatori d'Italia, conducendo il racconto fino alla caduta dell'Impero romano; e si distingue dai più degli scrittori pei principii che segue e pel metodo. Le lunghe guerre, le battaglie, le vittorie, com'egli osserva, gli esempi di Muzio Scevola, di Orazio Coclite, di Clelia, di Lucrezia, di Attilio Regolo ed altrettali, non sono la storia romana. Chi la narrazione restringe in sì angusti confini, col pretesto di edificare i lettori con fatti splendidi e virtuosi, se da una parte corre rischio di corrompere il criterio dei giovinetti, e di creare una schiera di visionarli, che, sprezzando il presente, sognano di tornare a vita le antiche istituzioni romane, dimentica dall'altra il merito più singolare che abbia Roma verso l'umanità. Il quale è di aver perfezionato la associazione politica e saputo con opportune riforme, con leggi adatte, con ogni maniera di governo tener unita una grande moltitudine d'uomini per lingua, costumi ed abitudini diversi. Questo merito egli fa rilevare, non omettendo le vicende ed i fatti memorabili con brevità, semplicità e chiarezza.
Il secondo volume narra gli avvenimenti del medio-evo e della storia moderna; e ci gode l'animo di affermare che racchiude in piccolo tutti i pregi intrinseci che lodammo nella prima Opera, cioè verità storica, chiarezza di esposizione, convenienza di stile, purezza di lingua. Il chiaro autore incontrò certamente parecchie e non lievi difficoltà: stringere in breve i fatti senza mutilarli, tratteggiarne il racconto e non scemarne l'evidenza, esprimere molto in poco, e non tralasciare acconcie osservazioni, né riuscir troppo stringato, né scarno od oscuro, e vinse felicemente la prova.
Noi siamo pertanto d'avviso che, mentre questo Compendio è sommamente {194 [194]} utile alle scuole ginnasiali, tecniche e magistrali, ed agli istituti di educazione, lo sia altresì, pel secondo volume, al corso liceale, per primo studio e per ripetizione delle materie studiate.
5 novembre 1876
La funzione religiosa per la partenza dei missionari salesiani destinati per l'Arperica del sud avrà luogo nella chiesa di Maria Ausiliatrice il martedì prossimo, 8 corrente. Al mattino i giovani dell'istituto di S. Francesco di Sales faranno l'esercizio della buona morte, accostandosi ai sacramenti della confessione e comunione, come fosse l'ultima volta di loro vita. Alle 5 pomeridiane, vespro, sermoncino di opportunità, benedizione col Venerabile, benedizione pei viaggiatori, l'addio fraterno. Alle 7 partiranno per la ferrovia alla volta di Roma, per trovarsi di poi al giorno 14 a bordo del Savoie, che in quel mattino appunto salperà alla volta dell'Uruguay e della Repubblica argentina.
10 novembre 1876
Anche in quest'anno abbiamo assistito alla partenza dei missionàri Salesiani per l'America del Sud. Erano 23 fra preti, chierici e maestri di arti. Alle 10 ant. del 7 corr. si recarono tutti a far visita a Sua Ecc. Monsignor Lorenzo Gastaldi, il quale li accolse con affetto paterno, li benedisse e loro donò un prezioso ricordo. Alle cinque pomeridiane nella chiesa di Maria Ausiliatrice incominciava la funzione dell'addio. Cantati i vespri, D. Bosco saliva in pulpito e narrava ai numerosi fedeli accorsi ciò che avevano già fatto a gloria di Dio i missionarii partiti l'anno scorso, e quello che dovevano fare coloro che erano per partire. Disse dei collegi aperti a S. Nicolas e a Montevideo, parlò dei ricoveri pei figli abbandonati che doveano erigersi in varie città della Piata e del Chili; di parrocchie che aspettano preti Salesiani per ordine dei rispettivi Vescovi; di missioni già aperte, di quelle da intraprendersi e del gran bene che già operavasi colla predicazione. Consolò l'uditorio coll'annunziare come varii giovani selvaggi della Patagonia e dei Pampas già fossero ricoverati nelle sue case, pronti a recare a suo tempo la luce del Vangelo alle proprie tribù, e come varii Cacicchi dei più potenti si fossero presentati a D. Cagliero, capo della Missione, domandando con istanza molti Salesiani pei loro sudditi, assicurando che sarebbero stati rispettati ed amati come fratelli. Conchiuse col dimostrare come questa impresa dovesse riuscire a buon porto, aiutata come era in modo speciale dalla approvazione e dai soccorsi pecuniari dell'immortale Pio IX, che, nelle strettezze in cui si trova, mandò lire cinquemila per la nuova missione, e dalla benedizione del nostro amatissimo Arcivescovo che {195 [195]} confortò con parole veramente paterne coloro che prima di partire erano andati a visitarlo. - Data la benedizione col SS. Sacramento da monsignor Anglesio, superiore della Piccola Casa della Divina Provvidenza, e recitate le preghiere dell'itinerario dei chierici, si venne all'abbraccio fraterno della partenza. Descrivere questa scena sublime è cosa impossibile. Lo può solo comprendere chi sappia che cosa vuol dire vivere molti anni insieme e poi separarsi coll'idea di non doversi forse rivedere mai più su questa terra. Lo sguardo però sereno di chi partiva e di chi rimaneva dicea abbastanza chiaro: Omnia possum in eo qui me confortat. Traversando la chiesa stipata di popolo, si recarono alle vetture che attendevanli, poiché l'ora era tarda, e salutati da vivi applausi furono alla stazione di Porta Nuova, donde partirono alla volta di Roma per ossequiare il Sommo Pontefice e ricevere l'apostolica benedizione.
Andate, o generosi, e la messe vostra sia tanto copiosa quanto è grande il vostro cuore!
(MB 12,511)
19 novembre 1876
Roma, 12 novembre 1876.
(Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica). - Ritorno in questo momento dal Vaticano, dopo aver assistito ad una delle più graziose udienze del Santo Padre.
Erano le dodici meridiane del 9 corrente mese, ed i missionari salesiani erano tutti schierati in forma di semicircolo nella sala vicina a quella in cui Sua Santità suole fare i ricevimenti privati, quando loro apparve il Santo Padre, accompagnato dagli eminentissimi Asquini, Catterini, Franchi e Di Pietro, da molti Prelati, Vescovi ed Arcivescovi. - Ecco, disse con accento paterno, ecco un drappello di salesiani, che vanno in America. Dio vi benedica, figliuoli miei, e la Santa Vergine vi protegga. - In quel momento i buoni religiosi, come trascinati da una piena di ardenti affetti, si slanciarono verso il Santo Padre per baciargli la mano. - No, no, aggiunse sorridendo, serbate ordinem: io farò il giro, ed ognuno potrà appagare la sua devozione. -
Cominciò allora il giro dal capo della spedizione. - Questi, o Santo Padre, disse Don Bosco, è il sacerdote Bodratto, capo di questa novella spedizione. Costoro che seguono, partono con lui per Buenos-Ayres. - Buenos-Ayres, disse il Santo Padre, è una buona città, dove io sono stato nel 1823; vi è un Vescovo molto zelante. Dio vi accompagni dappertutto. - Costoro sono destinati per San Nicolas, e sono guidati dal sacerdote Remotti. Quel Collegio divenne assai numeroso, ed hawi somma necessità che il personale sia aumentato. - Il Santo Padre: San Nicolas de los Arroyos è una città dove sono passato; colà trovansi molti Italiani; avrete molto da fare; è però l'ultima città {196 [196]} verso ai selvaggi. Colà ci vuole molta pazienza e molta prudenza. - Questo terzo drappello, guidato dal professore Don Luigi Lasagna, si fermerà a Mon-tevideo capitale dell'Uruguay. In quella città non vi è né Seminario, né Vescovo ordinario, né clero. A villa Colon sarà aperto un Collegio, che Vostra Santità vorrà gradire sia chiamato Collegio Pio. - Sì, rispose con ilarità, va bene. Sono stato in questa città, ho veduto quei luoghi, e vi sono molti Italiani, la cui figliuolanza ha bisogno assai di educazione cristiana e di sana istruzione. Molta messe, molta messe. - Questi ultimi sono destinati per Albano. - Anche in Albano, disse il Santo Padre, troverete messe copiosa, ma la popolazione è assai buona e religiosa, presso cui potrete esercitare il vostro zelo e la vostra carità con frutto. Dio vi accompagni. -
Compiuto il giro, e detta ad ognuno qualche parola nell'atto che dava la mano a baciare, si portò di nuovo accanto ai Cardinali, indirizzando ai missionari queste parole: - Mi fa piacere questa nuova spedizione di Salesiani. Dio vi benedica e la Santa Vergine vi protegga. Col santo aiuto divino voi farete gran bene. Si racconta di San Francesco Solano che abbia percorsa a piedi tutta l'America da una parte all'altra. Ciò non può essere avvenuto naturalmente. Credo che gli angeli del Signore lo abbiano portato per un sì lungo e faticoso cammino. Io non dico che voi dobbiate percorrere da una parte all'altra l'America; quello che vi posso assicurare si è che coll'aiuto di Dio voi potrete fare un gran bene. E chi sa quanto possano essere estesi i luoghi, copiosa la messe che Dio vi va preparando? Studiate soltanto di corrispondere alle amorevoli cure della Provvidenza divina, e poi non dubitate che le vostre fatiche produrranno molti frutti. Prego Dio che vi conceda fermezza nei buoni propositi. Dio vi benedica tutti, ed il vostro angelo custode vi accompagni per via, per mare, sul lavoro e sempre. Dio benedica voi, la vostra missione, quelli che già sono in America; benedica il Vescovo di Buenos-Ayres, il Vicario apostolico di Montevideo, benedica tutti i vostri parenti, amici e benefattori. Benedico poi le vostre medaglie, corone e crocifissi, e prego Dio che vi benedica nel tempo e vi renda un giorno tutti felici nella beata eternità. Benedictio, ecc.».
Di poi concedette l'apostolica benedizione con l'indulgenza plenaria a tutti i parenti, affini e consanguinei dei missionari fino al terzo grado inclusivamente.
26 novembre 1876
Marsiglia, 18 novembre.
Poiché l'anno scorso aveste la bontà di accogliere nel vostro accreditato giornale le lettere salesiane, vogliamo sperare che in quest'anno eziandio vorrete usare la medesiama benevolenza con noi, che, coll'aiuto divino, speriamo di poter quanto prima raggiungere i nostri confratelli che già lavorano nell'America {197 [197} meridionale. L'anno scorso partirono 10, e quest'anno siamo partiti in numero di 24. Non si potè però fare una partenza sola, e la metà di noi andranno a prendere imbarco a Bordeaux il giorno 1° dicembre per riunirci poi tutti insieme a Montevideo.
Confortati dalla benedizione del Supremo Gerarca della Chiesa, giungemmo alla mezzanotte del giorno 12 novembre a Sampierdarena. Furono impiegati due giorni ad ultimare le pratiche e mettere ordine a quanto era mestieri per l'imbarco dei bagagli, quindi della partenza. D. Bosco ci accompagnò dappertutto, fino sul bastimento. Povero don Bosco! Sono otto giorni che viaggia e pena senza riposo. Il giorno dell'imbarco ci accompagnò tutti a bordo del Savoie, e minutamente visitò i locali destinati a' suoi cari missionari, per assicurarsi co' proprii occhi che loro niente mancava di quanto fosse tornato necessario per quel lungo cammino. Fece poi le più tenere raccomandazioni al capitano Antonino Guiraud, che già l'anno scorso aveva trattati con bontà squisita i Salesiani della prima spedizione. Per infondere in tutti confidenza e coraggio, D. Bosco accettò l'invito del signor Guiraud e fece con noi il déjûné, indirizzando la parola ora ad uno ora ad un altro, incoraggiando tutti, sebbene più degli altri sentisse la commozione nell'animo. Due ore si fermò a bordo, indi, radunatici tutti intorno a sé, ci diede gli ultimi ricordi, e ci compartì la sua benedizione dicendo: - Andate, non temete, Dio è con voi: Maria vi proteggerà. - Di poi si ritirò col commendatore Gazzolo, console argentino, e con altri che l'avevano accompagnato, per discendere in nave e tornare all'Ospizio in Sampierdarena. Lo accompagnammo coll'occhio e col pensiero sino all'entrata del Ponte Reale di Genova. Ci sovvenne in quel momento lo stato degli apostoli, quando la nube tolse di vista il loro Maestro. Essi però ebbero gli angeli che vennero a consolarli: a noi rimase il solo conforto della preghiera, invocando da Gesù e da Maria forza necessaria per disimpegnare i nostri doveri. Alle due pomeridiane il Savoie salpava alla volta di Marsiglia. Passata la prima emozione, demmo uno sguardo attorno pel bastimento e domandammo del numero dei passeggeri, che sono 15 in prima classe, 22 in seconda, e 700 in terza; di questi 400 napoletani. Salesiani siamo quattordici: nove ecclesiastici, cinque catechisti e capi d'arte. Abbiamo sul bastimento tutta la comodità di celebrare, confessare, catechizzare, predicare a nostro beneplacito. Il popolo in massa è buono; domanda di potere ascoltare la santa messa, e varii domandarono già di confessarsi, non avendolo potuto fare in patria. D. Daniele ha già cominciato il catechismo a' suoi ragazzi. D. Rizzo ha esplorato e scoperto parecchi giovinetti piemontesi coi quali si trattenne parecchie ore. Saranno i suoi clienti. D. Remotti si è inoltrato nel gran camerone di 3a classe a recitare il santo rosario alla sera, ed il direttore D. Bodrato sta disponendo le cose in modo da promuoverne la recita in quello ove sono le donne. Siamo a Marsiglia e fin qui nessuno ha sofferto il mal di mare. Don Bourlot si prenderà la classe francese dopo la partenza da Marsiglia, e, se saranno tanti, li dividerà con don Rabagliati. Questa mattina dovevamo celebrare a bordo, ma l'altare non essendo ancora collocato a suo posto, siamo andati nella magnifica {198 [198]} cattedrale, che fu eretta in quella parte della città detta Marsiglia antica e fabbricata sopra un tempio di Diana.
Mentre eravamo in quel maestoso edificio, mi sovvenni di quanto la storia ecclesiastica racconta intorno al medesimo. La chiesa di Marsiglia venne fondata da S. Lazzaro, risuscitato da Gesù Cristo. I Giudei irritati lo cacciarono da Gerusalemme con Marta e Maria Maddalena sue sorelle, Marcella loro fantesca, S. Massimino, S. Cedoino, che credesi il cieco-nato, Giuseppe d'Arimatea, discepoli di Gesù Cristo. Cacciati tutti in una nave senza timone, senza vele, senza remi, in balìa del mare, approdarono a Marsiglia. Essi separaronsi per andare a predicare il Vangelo nella Provenza; S. Maria Maddalena ritirossi nel deserto di S. Balma (Sainte-Baume), e San Lazzaro fermossi a Marsiglia, di cui fu primo Vescovo. In questa cattedrale si venerano le reliquie di Santa Maria Maddalena in un'arca di porfido, ornata di statue di bronzo, mandata appositamente a Marsiglia dal Papa Urbano VIII. Fummo accolti dal parroco con ogni gentilezza. Detta la sua messa, quel degno ecclesiastico s'inginocchiò vicino a noi a fare il ringraziamento e non si mosse fintantoché non la ebbimo tutti terminata. Non toglieva gli occhi di dosso a noi, volle che facessimo con lui colazione, e quando seppe che eravamo Salesiani, non finiva più di far complimenti ed esibizioni d'ogni genere e di farci visitare ogni rarità che in questa vetusta basilica si trovano.
Non finirò senza parlarvi della ammirazione che si attirano sul bastimento i catechisti secolari. Essi sono a tavola con altri passeggieri, dei quali pochissimi fanno il segno della santa croce. Vedendo che questi pregano modestamente, sia prima, sia dopo il cibo colla franchezza di chi opera per dovere e non per ostentazione, ne restarono altamente meravigliati. Chi lo crederebbe? Il secondo giorno vi furono parecchi, che loro si aggiunsero nella preghiera; ed io me ne sto come certo che non passerà una settimana senza che a poco a poco tutti restino guadagnati dal loro buon esempio.
1 dicembre 1876
La spedizione effettuata or fa un anno dei salesiani in America parea cosa di poco rilievo se si considerava il numero dei missionari ed il vastissimo campo evangelico cui erano inviati. Ma questa è la via ordinaria che tiene la Provvidenza divina nelle opere sue. Cose di niuna entità in faccia agli uomini divengono grandi quando sono in mano del Signore. In questo senso noi appunto vediamo che la missione salesiana prende proporzioni assai più estese di quanto ognuno avrebbe immaginato. Il medesimo Sovrano Pontefice ne fa oggetto di speciale considerazione; e non può essere altrimenti, perciocché una sterminata moltitudine di anime redente dal divin Salvatore giacciono tuttora sepolte nell'ombra di morte senza che raggio di lucè evangelica abbia potuto tra loro penetrare. {199 [199]}
Ma quello che per tanti secoli, e dopo varii esperimenti, sembrò impossibile, al presente porge assai lusinghiero fondamento di buon successo.
Fin dal principio Sua Santità applaudì alla pia e ardita impresa, e fin d'allora se n'era seriamente occupato, ma questa seconda spedizione di 24 missionari meritò certamente assai più seria attenzione e il concorso della inesauribile di lui carità. - Qui ci volevano somme di danaro, ed ognuno sa che don Bosco vive unicamente della pietà dei fedeli, e soltanto col concorso di essi sostiene le opere che la divina Provvidenza gli mette fra le mani. Egli pertanto si trovava non poco impacciato per questa seconda spedizione; anzi era in procinto di doverla differire, se il Capo dei credenti non gli fosse venuto generosamente in aiuto. Ecco il fatto.
L'eminentissimo cardinale Bilio espose la gravità del caso al Santo Padre, che, udite appena alcune parole - Sì, rispose, sì, volentieri, è cosa che mi sta sommamente a cuore, manderò anch'io il mio obolo. - Aprì un cassettino, in cui trovò sei mila franchi, che tosto consegnò al pio Porporato, esprimendo vivo rincrescimento di non poter fare di più per un'opera che egli ama, benedice e desidera che sia promossa e sostenuta. - Dopo di questo incoraggiamento don Bosco potè condurre a termine i preparativi della nuova spedizione, che di fatto si effettuò al 14 di questo mese. In questa maniera saranno aperti cinque Istituti educativi nell'America del sud, che torneranno pure a grande vantaggio di poveri fanciulli appartenenti a famiglie italiane, che numerosissime trovansi disperse in quelle vaste repubbliche. Questo aggiungerà eziandio novella gloria all'Italia, che somministra uomini i quali, mossi unicamente da motivi soprannaturali e dal desiderio di giovare all'umanità abbandonata, lasciarono patria, parenti ed amici, affrontarono viaggi e climi difficili e pericolosi per recarsi in mezzo ai selvaggi dei Pampas e della Patagonia, che è scopo principale della missione salesiana.
Non possiamo a meno anche di lodare in ciò il ministro degli esteri del Regno d'Italia. Avendo egli considerato come le missioni siano un mezzo sicuro per il commercio, per la civiltà tra gli Stati, e per le corrispondenze dei Governi all'estero, considerando eziandio che la missione salesiana, come accertano i fatti, prende cura dei ragazzi italiani, che numerosissimi trovansi in que' remoti paesi, largì la somma di franchi mille pel corredo, viaggi ed altre emergenze ai missionari salesiani.
17 dicembre 1876
Gli Italiani in Buenos-Ayres superano i trenta mila. Hanno una chiesa ufficiata appositamente per loro dai padri Salesiani e dedicata a Maria Santissima sotto il titolo di Madre della Misericordia, e se né Celebrò la festa titolare son pochi giorni. La relazione di essa è cosa che deve interessare tutti noi Italiani, {200 [200]} e la diamo ricavata dal giornale l'America del Sud che si stampa in Buenos-Ayres.
Nelle scorse domeniche, ivi si legge, il nostro cuore restò sommamente commosso allo spettacolo di fede, di pietà e di divozione alla Santissima Vergine, dato dalla Colonia italiana di Buenos-Ayres. Questa colonia, che passa per la più numerosa, per la più attiva e per la più industriale, quasi passerebbe eziandio per la più corrotta, pericolosa ed empia. Ma i fatti ci attestarono che non è così. È necessario in questo, come in tutte le altre cose, saper distinguere il bianco dal nero, il molto dal poco, il buono dal cattivo. Una frazione minima d'Italiani ha dato e continua a dare prova d'indifferenza, di malvagità e corruzione; ma una grandissima maggioranza ha dato e continua a dare prove di buoni sentimenti di fede manifesta e di solida divozione. Nelle domeniche passate si celebrava con pompa e magnificenza la festa titolare della chiesa di Nostra Signora della Misericordia, apparsa ai Savonesi l'anno 1576; per loro era una festa non solo religiosa, ma anche patriotica, come ricordo dei molti e straordinari favori con cui la SS. Vergine ha sempre distinto l'Italia e protetto gl'Italiani. In detta festa la chiesa era troppo piccola e non poteva contenere che una decima parte di quelli che erano andati alla funzione.
Sì, colà l'Italia si incontrava veramente unita: udimmo il bell'accento toscano e la dolce pronunzia romana: udimmo la cadenza del Napoletano armonizzare coll'affettata pronunzia del Siciliano; si distinguevano i varii e difficili dialetti del settentrione, il lombardo ed il genovese, il veneziano ed il piemontese; si vedevano pure uniti gli spiriti e legati tutti i cuori dalla divozione alla Santissima Vergine Madre di Misericordia. Furono frequentati i santi Sacramenti durante la novena e frequentatissimi nelle due domeniche e nella settimana intermedia, e, ciò che è grandemente notabile, più dagli uomini che dalle donne.
Le vie di Belgrano e Moreno, riccamente addobbate, attendevano quest'ultima domenica con impazienza che passasse la devota processione. La statua della Vergine, opera veramente artistica di un Genovese, era portata da 16 giovani dai 20 ai 25 anni, come pure i due colossali crocifissi e lo stendardo di Maria.
Due file interminabili di padri di famiglia ed altri moltissimi adulti con tor-cie accese camminavano raccolti e devoti in mezzo a due ali formate da numerosissimo popolo (si calcolarono 100.000 persone) che mirava commossa questa bella dimostrazione di fede, di pietà e di divozione alla gran Regina del cielo e della terra. Una compagnia di soldati apriva ed un'altra chiudeva la divota processione, mentre la musica degli artiglieri e degli orfani armonizzavano col canto delle Litanie, dell'Ave Maris Stella e del Magnificat.
Un uditorio immenso e devotissimo ascoltò la parola di Dio con santo entusiasmo nelle domeniche in cui predicò il reverendo Padre Cagliero, sopra la giustizia di Dio e la misericordia di Maria. Data la benedizione del SS. Sacramento, il pietoso e numeroso concorso pareva andarsene di mala voglia dal sacro tempio che si vide pieno di gente sino a tard'ora della notte da' fedeli {201 [201]} che sempre avevano una preghiera ed una supplica da presentare a questa celeste protettrice dei mortali. Fu questa una bella riparazione al pazzo ed orgoglioso disprezzo fatto non è molto alla religione ed al buon senso da una dozzina d'Italiani in Cordova ed in Buenos-Ayres.
22 dicembre 1876
Monetavi Piazza, 19 dicembre 1876.
(Corrispondenza partic. dell'Unità Cattolica). - Giungo in questo momento dal paese di Trinità col cuore pieno di care emozioni provate per quanto colà ho veduto. Un amico mio che in quel sito dimora mi parlò con premura delle scuole Dupraz, che eransi poco prima inaugurate e che si dicevano ben avviate. Non potevasi nominare cosa per me più lusinghiera, avendo data tutta la vita mia all'insegnamento. Visitai adunque le scuole serali e ne fui stupito al numero, all'ordine, alla disciplina, che vi regnava. Erano circa cento gli allievi, divisi in tre classi e scuole separate. Una abbraccia gli allievi dai 16 ai 20 anni; l'altra dai 20 ai 30; la terza dai 30 ai 50, e gentili maestri, ma con tale disinvoltura ed amorevolezza, che gli allievi ci stavano come incantati; non un bisbiglio, non un movimento, non uno disattento. Visitate le classi, mi avvicinai ad uno di quei cari maestri e dimandai donde venisse. - Veniamo da Don Bosco, rispose. - Da chi sono stipendiati? - Noi non sappiamo niente. Il nostro stipendio è il profitto dei nostri allievi. - Chi fa le spese per sostenere le classi, l'edifizio e quanto a ciò si richiede? - Sono i signori Dupraz. - Con qual mezzo arcano riuscite ad ottenere tanto silenzio e tanta disciplina in mezzo a sì gran numero di barbuti scolari? - Trovandoci per tempo in classe, parlando poco, non perdendo mai di vista la scolaresca, e tenendo vivo l'insegnamento e lo sguardo sugli allievi.
Il giorno seguente visitai le scuole diurne, divise pure in tre classi, in cui erano raccolti i più poveri del paese dagli 8 ai 16 anni di età. Ivi trovai lo stesso buon ordine e disciplina; gli allievi erano 120. Ancor più amena è la scuola festiva. Erano circa 200. Il mattino è consacrato al culto religioso; lungo il giorno ricreazione la più animata in un vasto giardino disseminato di attrezzi di ginnastica e di trastulli di ogni genere; musica, salti, declamazione occuparono quei giovanetti per l'intiera giornata. La scuola serale compie la giornata festiva e manda a casa gli allievi soddisfattissimi, con non altro desiderio che di cenare, e col sonno andarsi a rifare della stanchezza riportata dall'incessante moto ed occupazione del così detto Oratorio e scuole festive.
Io credo di non dir troppo proponendo questa istituzione per modello di scuole specialmente domenicali e serali, e reputo cosa vantaggiosa assai se col medesimo sistema fossero introdotte in tutti i paesi. Io non conosco i signori Dupraz; ma fo loro le mie più sincere congratulazioni e prego il Cielo che {202 [202]} susciti loro dei seguaci, i quali, facendo pure nobile uso delle loro sostanze, contribuiscano al miglioramento educativo dei figli del popolo, unico mezzo per preparare un felice avvenire alla civile società.
(MB 12,493)
23 gennaio 1877
Spaventosa burrasca.
Amatissimo Padre,
I nostri presagi si avverarono dolorosamente, e sono sei giorni che lottiamo con burrasche non interrotte e spaventosissime. Uomini che consumarono la loro vita sul mare protestano di non aver mai passati momenti più critici e così pericolosi!! Senza l'abilità grandissima del capitano e senza la robustezza del bastimento il più colossale che solchi l'Atlantico, e, noi aggiungiamo, senza un aiuto speciale della S. Vergine Ausiliatrice, saremmo andati perduti. Oh con quale slancio, con quale fiducia in quei terribili momenti ci rivolgemmo a questa Madre pietosa, che appunto ci salvò! Ne sia sempre ringraziata.
Sabbato, due dicembre, alle ore 10 del mattino, lasciavamo con rammarico le amate sponde della città di Bordeaux, dove il Signore ci aveva fatti incontrare tanti cuori amici e caritatevoli, e, scorrendo veloci sulla Gironda, giungemmo in poco tempo a fianco del gran bastimento Iberia. Prestamente tratte su le poche robe nostre, dovemmo in fretta dare addio al console Gazzolo, nel quale abbracciai per l'ultima volta un amico italiano su terra europea! Io, che aveva già accompagnato a bordo i nostri confratelli a Genova, mi maravigliai fortemente nel vedere in questo bastimento, che è inglese, tutto diverso dalle idee che colà mi era formato. A Genova aveva visto i nostri compagni accolti come antichi amici, e tutti consideravano come una provvidenza l'aver la compagnia dei padri Salesiani. Qui la prima classe è piena di forestieri la più parte Inglesi protestanti, che viaggiano per diporto e per cupidigia di guadagno. In Italia poi, chiunque intraprenda l'arte marinaresca, quasi non sarebbe ammesso a fare neppure l'umile ufficio di mozzo, ove non sapesse il francese ed abbastanza l'inglese: e da questo io congetturava che gl'Inglesi dovrebbero al certo sapere il francese e l'italiano. Amaro disinganno! Di quanti ufficiali vi sono a bordo, nessuno capisce il francese, e il capitano stesso non si fa capire che parlando un maccheronico spagnuolo. Chiesto di poter celebrare la messa, non mei negarono, ma assegnaronmi la sala dei fumatori, dalle ore 4 alle 6 antimeridiane.
Eravamo insieme raccolti per decidere sul da farsi, quando dalle scosse e dai sobbugli improvvisi apparve che eravamo usciti dalla Gironda per correre {203 [203]} l'Adantico. Qui cominciarono subito i venti e le tempeste! Il mare era furiosamente adirato; scosse continue si succedevano, ed in poco d'ora tutti i viaggiatori furono costretti a ritirarsi e chiudersi nelle loro stanzette o cabine per isdraiarsi sui loro letti, essendo questa la posizione in cui meno si patisce il male di mare. Anche noi fummo nel nostro lettuccio. All'ingrossar della marea, all'infuriar dei venti e delle tempeste, le vertigini avevano vinto e sopraffatto ogni persona, ed i dolori di stomaco strappavano dolorosi gemiti e grida dolorose. Oh! i poeti hanno buon tempo a dipingere in tempo di burrasca i poveri naufraghi, chi correr di qua, chi di là, chi stender supplici le mani al cielo, chi prostrarsi bocconi a far voti!... Quanto io vidi fu ben diverso, ma non meno desolante. Fuori non si udiva che il fischio del comandante con qualche grido della ciurma che si affannava alle manovre ed ai ripari. Il cielo era oscurissimo, solcato da spessi lampi, accompagnato dal rombo quasi continuo di un cupo e spaventoso tuono.
Il mare bolliva, il vento mugghiava furioso e spingeva senza posa i flutti ad urtare, a flagellare, a scuotere i fianchi della misera nave, che, percossa e ripercossa in mille guise con rabbiosa furia dai venti e dagli enormi marosi, curvava talmente i suoi fianchi, che noi la vedemmo a pelo di capovolgersi in mare; e grandi ondate d'acqua, che versavansi sul ponte, cadevano sotto dove eravamo noi, tanto che si vedeva l'acqua scorrere da ogni parte. Fortuna che questi grossi bastimenti hanno la tolda ben connessa, curvata a modo di volta, di guisa che i cavalloni, soperchiando la nave da una parte, non lasciano cadere tutta l'acqua nel bastimento, ma la maggior parte va a riversarsi dall'altra.
Ora s'immagini come stavano dentro i passeggeri! Né io, né altri vide quanto miserabile fosse lo stato altrui, ma ben si può arguire da quanto si udì. La mia piccola cabina contiene due letti. A Don Fassio era assegnata quella che sovrasta alla mia. Sotto il mio lettuccio aveva posto una cassetta di bottiglie per la messa, sul piccolo sofà la mia valigetta, accanto una cassettina piena di arnesi, e tra gli altri un baule pieno di arredi sacri pel santo sacrifizio. Appena si entrò nell'Oceano (alle 9 pomeridiane), tutto andò a soqquadro; da ogni parte gemiti e ululati e sforzi di vomiti spaventosi. Creda, era un tumulto di lai e di ruggiti. Di poi a quell'altalenare del bastimento, a quell'innalzarsi sulla cresta dei flutti, e poi repentinamente ritirandosi essi, ripiombare negli abissi da loro formati, il respiro ci veniva soffocato, gli arnesi di camera, i bauli, le casse, le valigie, le vesti si arrabbattavano di qua e di là; cozzando insieme, rompendosi con un tafferuglio d'inferno.
Le so dire che il povero scrivente, malgrado il coraggio in ogni tempo dimostrato, rimase come fuori di sé, e, afferrata la sponda del suo lettuccio, si lagnava allora che la cabina fosse troppo stretta pel pericolo, in quegli urti
ed in quello stremo di forze, di vedersi balzato fuori di quel letticciuolo, urtato nelle pareti, e fracassato tutto, ed essere trovato poi il giorno dopo ammucchiato là cogli altri rottami. In quello stato di cose e di sanità e di pericoli,
niente più ci rimaneva che pregare e far frequenti giaculatorie, invocando l'aiuto e la misericordia del Signore. {204 [204]}
Per quattro lunghissimi e penosissimi giorni fummo colla morte alla gola, senza che nessuno in questo tempo potesse prendere un momento di riposo od un po' di cibo; ma tutti in preda ad evoluzioni di stomaco, a vomiti ed a continui sfinimenti. Al terzo giorno della procella, crescendo ognor più il pericolo, il capitano giudicò di potersi salvare ritirandosi nella rada di Cosil. Allora solo mi accorsi che il mio vicino di stanza stava gravemente ammalato. Udii dire così, per aria da qualcuno, dover egli essere Italiano, già mezzo infermiccio quando s'imbarcò, ed ora, malmenato dalle continue agitazioni e sconvolgimenti, essere agli estremi, e varii averlo udito tutta la notte preso come dal rantolo. Immantinenti mi alzai, mi vestii a stento; poi più carponi che a piedi mi affacciai alla sua stanzina. L'infelice era là colla testa penzoloni fuori del suo letto coi capelli e la barba scarmigliati e gocciante sudore. In faccia vidi due signori inglesi, che erano il dottore e l'infermiere, i quali lo guardavano a penare senza nulla dire e nulla fare. - Signori, dissi io, sono Italiano, conosco la sua patria e la sua lignua, e se la mia presenza non è loro disgradevole... - Non mi lasciarono finire, ma, cortesemente fattomi cenno di assidermi, si allontanarono dal povero moribondo, il cui sguardo già invetriato parve rianimarsi alla mia voce ed al mio saluto. Così fra i denti e la bava mi soggiunse che era certo Roba Giuseppe di San Remo, negoziante in liquori e zuccaro, che teneva famiglia e negozio in Valparaiso. Allora gli parlai de' suoi, della sua patria, e, già inoltrato nella sua confidenza, stava per proporgli di confessarsi, quando riapparvero il dottore e l'infermiere; essi non potevano capirlo guari, ed, applicatogli un senapismo in petto, se ne andarono.
Anche a me vennero i sudori freddi; non ci vedeva più per la debolezza e per la commozione. Fu allora che vidi necessario il miracoloso soccorso di Maria Ausiliatrice per entrambi. Caddi in ginocchio, alzai le mani al cielo, e quel che feci e quel che dissi noi so più; il mio corpo riprese vigore, l'anima mia si sentiva tutto zelo. Lo preparai alla meglio a confessarsi, sebbene l'asma ed il catarro non gli permettessero bene di esprimersi, se non con poche e tronche parole. Accorgendomi poi che gli mancavano i polsi, gli diedi l'assoluzione, con segni evidenti e commoventi di contrizione. Le sue ultime parole furono: - Dite ai parenti che sono cristiano e muoio da buon cristiano. - Continuò a profferire colle labbra giaculatorie che gli suggeriva, ed a tutti gli articoli della fede nostra accennò di sì col capo. Dopo un'ora era spirato!
Chiamati intanto i compagni, recitammo insieme le preghiere dei defunti, e ciascuno si ritirò. La mia celletta era divisa dalla sua non per altro che per una paretina di assi, ed in fondo traforata in modo di ringhiera per cambio dell'aria, dovendo io riceverla dalla sua finestra; passai quella notte come Dio volle, tanto più che, ripartito il bastimento, ricominciarono le tempeste e gli orribili sbattimenti. Sul far del giorno ci siamo accorti che tutto l'equipaggio versava in grave pericolo, ed il capitano giudicò che per salvarci era mestieri ripararci ad altra baia detta di Vigo.
Scesi giù in terra, potemmo qui dare sepoltura al caro patriota di San Remo, lo accompagnammo dolenti e pregando finché fu messo nella fossa che {205 [205]} per lui si preparò in quel camposanto. - Riposa in pace, gli dissi, partendo, o caro patriota, noi pregheremo per te colla speranza di raggiungerti un giorno dove, cessando i mali della vita, comincieranno gli eterni godimenti del cielo.
Ieri alle 11 antimeridiane uscimmo dalla incantevole rada di Vigo, disseminata di villette e coperta di stupendi colli per essere di nuovo dati in preda ad una furiosissima burrasca, dopo cui arrivammo mezzo morti a Lisbona... Qui in fretta e a furia le scrissi queste poche notizie e non le aggiungerò che una particolarità. Che vuole? In prima classe non ci danno a bere che acqua! Cosicché, sfiniti come siamo, volendo un poco di vino, i fornitori, che ci speculano sopra, cel fanno pagare un occhio, ed io, che partii leggerissimo di danaro, avendo dovuto spendere a Bordeaux, ora mi trovo alle strette. Faremo per ciò economia tanto che basti, e speriamo di poter giungere fino a Mon-tevideo, ove la Provvidenza divina ci attende. Il vapore riparte subito stasera da Lisbona e fila diritto a Rio Janeiro, facendo un tratto di sedici giorni senza toccar terra, e perciò non vedendo più se non acqua e cielo. Tutti ci aspettiamo ora miglior tempo, e gli intelligenti ce lo accertano. Noi siamo tutti tranquilli e rassegnati e speriamo che sani e salvi il Signore ci guiderà a Montevi-deo, dove potremo fare qualche cosa a maggior gloria di Dio ed a bene del nostro prossimo. La salutiamo tutti indistintamente e chiediamo il soccorso delle sue preghiere e di quelle dei nostri confratelli, amici e benefattori.
Suo aff.mo figlio
Sacerdote LUIGI LASAGNA.
28 gennaio 1877
Roma, 25 gennaio.
Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica. - Da qualche settimana tra noi si parla molto di D. Bosco e dei Concettini, ed io credo opportuno di esporvene il tema e rettificare notizie che possono diffondersi inesatte e forse dannose. Diconsi Concettini i fratelli ospedalieri di Maria Immacolata, che hanno per iscopo l'assistenza agli ammalati, prestando loro i più abbietti servigi. Essi furono fondati da un certo Pezzini Cipriano da Cremona nel 1854 in onore dell'Immacolata Concezione, e fin dal loro principio assistiti, coltivati e consolidati dal P. cappuccino Giovanni Battista Tagliasco da Genova. La loro casa madre è sempre stata l'ospedale di Santo Spirito in Roma; e siccome tra essi non vi sono sacerdoti, anzi sono esclusi gli studi classici e letterari, così la direzione spirituale ne fu per regola affidata ai reverendissimi Padri cappuccini.
Ma, a cagione dei tempi che corrono, e per le incessanti domande che si facevano in varii ospedali per avere dei Concettini, non si era potuto stabilire {206 [206]} un vero noviziato, e quindi nemmeno una regolare osservanza delle loro costituzioni. In questo momento lo stato degli Ordini religiosi non permettendo più ai cappuccini di prestare la necessaria assistenza, l'Istituto dei Concettini si andava sfasciando. Il Santo Padre, che sempre guardò con occhio benevolo questo Istituto pel gran bene che può fare specialmente quando gli ammalati sono in pericolo di vita, volle egli stesso farsi loro protettore. Fatto pertanto chiamare don Bosco, gli espose il suo desiderio intorno alla organizzazione di questi figli di Maria Immacolata, accennando pure come esso, il Santo Padre, avea già fatto appositamente fabbricare una casa in piazza Mastai da destinarsi pel noviziato dei Concettini.
Don Bosco accettò di buon grado la proposta di Sua Santità col nome di visitatore apostolico ad vitam, con pieni poteri, e per mezzo di alcuni sacerdoti salesiani si darà cura di stabilire il voluto noviziato, la vita comune, la cui mercé il novello Istituto potrà conseguire il non mai abbastanza lodato suo scopo, che è di sollevare moralmente e corporalmente la sofferente umanità, massime negli estremi della vita.
(MB 13,49-50)
24 febbraio 1877
Traduciamo dal giornale El Mensajero del Pueblo di Montevideo del 4 gennaio 1877 il seguente articolo relativo al Collegio Pio di Villa Colon:
«È già un fatto compiuto l'apertura del Collegio Pio di Villa Colon, diretto dalla Società educatrice di San Francesco di Sales. I cattolici, quelli che amano e desiderano il vero progresso e benessere della Repubblica, devono rallegrarsi e si rallegrano al vedere che si apre un Istituto di tale importanza qual è quello del Collegio Pio di Villa Colon. Un collegio, nelle condizioni in cui si trova quello di cui parliamo, è certamente della maggior utilità pel paese.
Per una parte la bellissima posizione di Villa Colon, che è una delle più amene, pittoresche e salubri dei dintorni di Montevideo, farà che questo Collegio meriti una preferenza speciale per parte di molti padri di famiglia. Dall'altra parte gli onorevoli precedenti della Società educatrice di San Francesco di Sales e le qualità che distinguono il personale insegnante, composto di scelti giovani animati da vero entusiasmo per compiere debitamente la nobile e santa missione di istruire ed educare la gioventù, ci danno la maggior garanzia che saranno sovrabbondantemente soddisfatti i desiderii, che tutti abbiamo, di vedere che il Collegio Pio di Villa Colon riesca un Istituto modello. Inoltre, le condizioni soprammodo economiche che offre questo Collegio, mettono molte famiglie nella possibilità d'avere i mezzi necessari per dare ai loro figli una compiuta é solida educazione scientifica, morale e religiosa. {207 [207]}
Pubblichiamo più innanzi il programma del Collegio, programma che andrà in vigore nel presente anno; esso è ampio, e nel medesimo tempo non sorpassa i limiti, che permette l'età dei giovani che, secondo il medesimo programma, devono entrare a far parte degli alunni. Prima di terminare desideriamo e dobbiamo dare una spiegazione del nome simpatico, che si è dato al Collegio.
Gli si è dato il nome di Pio pel rispetto e venerazione al gran Pontefice Pio IX, il quale, nell'acconsentire alla domanda fattagliene, manifestò nel modo più espressivo e grazioso con quanto piacere vedesse la fondazione di questo nuovo Collegio cattolico nella città tanto da lui amata e di così grate memorie, Montevideo. E col beneplacito e colla speciale benedizione di Pio IX che si fonda questo nuovo centro di scienza e di virtù, da cui la nostra cara patria raccoglierà senza dubbio ottimi frutti. Presentiamo le nostre sincere congratulazioni ai signori Lerica, Lanuz e Fynn, che vedono finalmente compiuta l'opera per cui tanto si sono adoperati, ed al cui compimento si dedicarono così ingenti somme. Dalla loro generosa donazione la Repubblica riporterà grandi vantaggi, e questi signori avranno la grata soddisfazione d'avervi efficacemente contribuito.
Mercè il concorso prestato dal Governo pel passaggio dei professori che son venuti dall'Europa, e mercè la generosa cooperazione di alcune persone amanti della buona educazione della gioventù, fra breve tutto si troverà disposto per l'educazione degli alunni nel menzionato Collegio. Prima del termine di questo mese già si apriranno le scuole; sappiamo inoltre che già furono fatte moltissime domande».
Il giornale la Tribuna di Montevideo, del 12 gennaio 1877, discorre dello stesso argomento ne' seguenti termini:
«Il Collegio Pio che si aprirà in questi giorni in Colon, promette di divenire in breve tempo uno dei primi dell'America del Sud. Non solamente conta un numero di eccellenti professori, ma ha pure tutti gli elementi necessarii per fondare una scuola d'arti e mestieri. Il Governo accorderà certamente il suo appoggio a questo Istituto»
«Il colonnello Latorre, il quale si occupa del bene generale, presta il suo più decisivo concorso ai direttori di questo Istituto, che sono alcuni giovani sacerdoti pieni di merito e d'intelligenza e che non hanno altra ambizione che di educare il popolo, e salvare dall'abisso dell'ignoranza quegl'innumerevoli ragazzi, che vagano per le nostre vie, senza alcun mezzo di sussistenza».
24 aprile 1877
Nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Val-docco incominciò ieri, 23, la pia pratica del mese mariano, che terminerà con grande solennità il 24 maggio. Ogni giorno al mattino continua celebrazione di messe e comodità di accostarsi ai santi sacramenti della confessione e comunione. {208 [208]} Alla sera nei giorni feriali alle 7 e mezzo, e nei festivi alle 4, predica e benedizione. Durante il mese predicherà uno dei sacerdoti dell'Oratorio Salesiano, e poscia nella novena di Maria Ausiliatrice, che comincierà il 15 maggio, il reverendo Padre Pampino, provinciale dei Domenicani.
27 aprile 1877
Abbiamo già raccontato in altri numeri la speciale benedizione che il Santo Padre Pio Nono diede alla seconda spedizione dei missionari Salesiani, e la loro partenza per la Repubblica Argentina. Ora, ecco quanto dai diarii di Buenos-Ayres ricaviamo intorno all'arrivo ed alle loro prime fatiche in quella porzione tanto bisognosa del gregge di Gesù Cristo.
Ebbero uno dei più felici viaggi che si possano aspettare. Magnifiche accoglienze in ispecial modo furono loro fatte a Rio-Janeiro dall'Arcivescovo di quella città. In Buenos-Ayres, mèta del loro viaggio, le accoglienze non potevano essere migliori. Il teologo Cagliero con altri loro confratelli ed amici vennero ad incontrarli fin sopra il bastimento. L'Arcivescovo con moltissimi altri li aspettavano in porto. Il buon Prelato fece montare con lui in vettura D. Bodrato, direttore della Missione, mentre gli altri padri lo seguivano in altre vetture appositamente apparecchiate; fece condurre tutti al suo palazzo e li trattò proprio da padre amoroso. Diede loro tutte le facoltà necessarie all'esercizio del sacro ministero. Fu contento in modo peculiarissimo che tra i membri della Missione vi fossero anche quattro chierici prossimi ad essere ordinati preti. «Questi, disse, ora sono poi tutti miei. Mi capita di rado di poter dare delle ordinazioni, poiché rare tra noi sono le vocazioni, e la maggior parte vanno perdute per non essere coltivate; ora che ne potrò aver alcune, me le terrò care».
Condotti poi dal teologo Cagliero nel luogo a loro preparato, furono immediatamente invitati in varie località e predicare, confessare ed aprire ora-torii festivi. Il lavoro è immenso. La colonia italiana, che finora non godeva troppo buon nome, ora comincia ad acquistare il titolo di laboriosa, onesta e cristiana.
La Chiesa degli Italiani o la Madre della Misericordia, è assai frequentata, e le comunioni ascendono ad un numero mai visto e, ciò che vai meglio, non sono i ragazzi, le donne od i vecchi i quali accerchiano i confessionali e le balaustre, ma per maggior parte sono uomini e giovinotti sul fior dell'età.
Una delle cose che ora piace di più è che nella loro chiesa tutto cammina all'italiana, anche nelle usanze e nel rito, osservandosi dalle altre chiese il rito Toletano. Da principio stupivano gli Argentini all'udire che si cantavano i vespri, perché colà non eravi siffatto costume, ma ora piacquero tanto che molti, anche per questo, frequentano la chiesa italiana. {209 [209]}
La loro musica fece già parlare tutti i giornali di Buenos-Ayres. Al solo sapere che si canta un mottetto od un Tantum ergo, accorrono tanti da far parer piccola la gran chiesa di Mater Misericordiæ.
Si cominciò da alcune settimane ad aprire un Oratorio alla Bocca del Diavolo, borgo di quella capitale, popolato da oltre dodici mila abitanti, dove specialmente abbondano gl'Italiani. Il bisogno d'istruzione religiosa non poteva essere maggiore. La gioventù qui cresce senza mai andare in chiesa; la maggior parte giunge fino ad età avanzata, e talvolta muore senza conoscere i doveri principali del cristiano. I due sacerdoti che hanno la direzione di quest'Oratorio sono occupatissimi.
Il 1° febbraio, vigilia della Purificazione (colà festa solenne), venticinque giovinastri stesero a terra come morto a colpi di pietra il curato di quella parrocchia. Subitamente molti andarono a raccontare la cosa ai Salesiani ed a domandar loro se avrebbero ancor osato per altre domeniche recarsi a quella chiesa. Gli amici li consigliano a non andarci più, ma indarno, essendo essi intieramente decisi di continuare, colla diversità solo che, se due preti non bastassero più, altri ne sarebbero aggiunti perché quello sgraziato borgo, popolato in gran parte da Italiani, abbia a risentire i benefici influssi della religione cattolica, conosciuta ed osservata.
Sono due mesi che il Governo argentino, col mezzo di 5,000 uomini, avanzò la frontiera verso le Cordigliere, ed ha scavato un gran fosso di 1000 leghe per tenere indietro i selvaggi. Ora ha posto la pietra fondamentale di un paese che si chiama Alssina, così detto in onore del ministro della guerra, che ha ottenuto il risultato di estendere così la frontiera, lontano dagli altri paesi 70 leghe, cioè 360 chilometri. Il detto Governo stabilì di mandare quivi un parroco, un maestro con due catechisti, che insegnino a far di tutto ai selvaggi rimasti, i quali stanno volentieri sotto il Governo argentino. Se i Salesiani possono prender parte alla cosa, si otterrebbe dal Governo qualche aiuto e si avrebbe l'occasione di convertire tutti gl'Indiani abitatori di quel paese, e che verrebbero a vivere vicino.
In questa guisa sarebbe iniziata la grande e vasta impresa dell'evangelizzazione dei Pampas, impresa tante volte benedetta e raccomandata dall'amoroso Pio IX.
29 aprile 1877
Santi Martiri, Rev. P. Giuseppe Franco della Compagnia di Gesù. Introduzione il 30 aprile. A ore 7 1/2 di sera recita del rosario, predica, canto delle litanie in musica, benedizione e canto di lodi. {210 [210]}
Santuario della Consolata. Padre Teodoro Maria, minore osservante, definitore generale. Introduzione il 30 aprile. Alle ore 11 mattina discorso, benedizione solenne, indi altra messa.
San Dalmazio. Roero di Monticelli cavaliere don Salvatore, canonico del Corspus Domini. Introduzione il 30 aprile. A ore 8 mattina messa, discorso e benedizione.
San Filippo. Padre Raffaele Nappo, barnabita, annualista in San Dalmazzo. Introduzione il 30 aprile. Alla mattina a ore 8 messa, discorso e benedizione.
Sacramentine. Padre Emilio Vinai di San Francesco, carmelitano scalzo. A ore 8 mattina messa, discorso e benedizione.
Santissima Trinità. Wench don Prospero, vice-rettore della confraternita della Misericordia. A ore 6 mattina discorso e benedizione col canto di lodi.
Santa Cristina. Ferreri professore don Giuseppe. A ore 5 1/2 mattina discorso e benedizione. - Minella professore don Vincenzo, missionario apostolico, ore 4 pom. predica. Introduzione il 30 aprile.
Santa Teresa. Bonetti professore Don Amedeo. Nei giorni feriali, a ore 6 3/4 di sera, recita del rosario, discorso e benedizione. Nei giorni festivi predica a ore 4 1/2 pomeridiane.
Corpus Domini. P. Pietro da Quinto, cappuccino. Introduzione il 30 aprile, alle ore 8 mattina, messa, discorso, canto delle litanie in musica e benedizione.
San Tommaso. Teologo Bernardino Alasia. A ore 9 mattina, messa, canto di lodi, discorso e benedizione, indi altra messa. - Tutti i giovedì a ore 4 pomeridiane, predica pei fanciulli. Oratore: Bardesono cav. D. Massimiliano.
San Domenico. Padre Lorenzo Pampino, lettore in sacra teologia, dell'Ordine dei Padri Predicatori. Alle 5 mattina, prima messa, rosario, discorso e benedizione, indi seconda messa.
B.V. del Carmine. Borone teologo D. Giacomo. Introduzione il 30 aprile, sul far della sera, nei giorni feriali, rosario, breve considerazione in dialetto piemontese e benedizione; nei giorni festivi, a ore 4 pom.
B.V. degli Angeli. Colli D. Ilario, vicerettore alla Basilica Magistrale. Nei giorni feriali, discorso e benedizione verso sera; nei giorni festivi, a ore 4 pomeridiane.
Chiesa della Visitazione (Missione). Gattini signor Giovanni, prete della Missione. A ore 6 3/4 pomeridiane, recita del rosario, discorso e benedizione.
San Rocco. Bardesono cavaliere D. Massimiliano, da Torino. Introduzione il 30 aprile. Alle ore 7 mattina, messa, canto di lodi, discorso, benedizione, indi altra messa.
Gran Madre di Dio. Casalegno D. Giuseppe vice-rettore alla Santissima Trinità. Nei giorni festivi, predica a ore 3 1/2 pomeridiane, nei giorni feriali, a ore 7 1/2 di sera, susseguita dalla benedizione. Introduzione il 30 aprile.
SS. Simone e Giuda (borgo Dora). Nei giorni festivi, a ore 4 1/2 pomeridiane, Bardesono cavaliere D. Massimiliano; nei giorni feriali, verso le ore otto di sera, vani.oratori.
San Massimmo (borgo Nuovo), Destefanis Giuseppe Maria, missionario apostolico, {211 [211]} canonico onorario della collegiata di Carmagnola. Predica verso sera, indi benedizione.
Oratorio di Sant'Anna (borgo San Secondo). P. Secondo Franco d. C.d.G., predica quotidiana verso sera.
Santa Giulia (Vanchiglia). Anglois don Celestino, professore, predica nei giorni feriali verso sera, e nei festivi a ore 4 pom.
Immacolata Concezione (borgo San Donato) N.N. Nei giorni feriali verso notte, e nei giorni festivi a ore 4 pomeridiane.
Santi Pietro e Paolo (borgo San Salvario). Arpino teologo Maurizio, curato. Nei giorni feriali a ore 7 1/2 di sera, recita del rosario, predica e benedizione; nei giorni festivi predica a ore 4 pomeridiane.
Santa Barbara. Chanaz cavaliere D. Ernesto. Nei giorni feriali, alle ore 7 di sera, recita del rosario, discorso e benedizione; nei giorni festivi, discorso a ore 4 pomeridiane.
Maria Ausiliatrice (Valdocco). Incominciò il 23 corrente la pia pratica del mese Mariano; e terminerà con grande solennità il 24 maggio. Ogni giorno al mattino continua celebrazione di messe e comodità di accostarsi ai SS. Sacramenti della confessione e comunione. Alla sera, nei giorni feriali, alle ore 7 1/2, e nei festivi alle ore 4, predica e benedizione. Predicherà durante il mese un sacerdote dell'Oratorio Salesiano, e poscia nella novena di Maria Ausiliatrice, che comincierà il giorno 15 maggio, il reverendo Padre Pampino, provinciale dei Domenicani.
13 maggio 1877
Torino, parrocchia dei SS. Simone e Giuda. L'Oratorio di San Francesco di Sales, lire 70 35. - Diocesi di Biella, parrocchia di Carisio. D. Viola Annibale, prevosto e vicario foraneo, con altri offerenti lire 24. - Torino, parrocchia della SS. Annunziata. I coniugi Luciano Giacomo, cavaliere mauriziano, e Carlotta Demichelis, offrono lire 10. - Le Figlie di Maria di Dogliani, diocesi di Mondovì, offrono lire 18; essendo a capo di esse la damigella Vassallo Adelaide dei Conti di Castiglione, tesoriera della Compagnia, la quale sottoscrive per lire 5. - Diocesi di Genova, parrocchia di Santa Maria di Bogliasco. Riceviamo un foglio dell'Album con varie firme e lire 125, essendo a capo degli offerenti il reverendo D. Gaetano Mazzini, prevosto, che offre lire 30. - Diocesi di Mondovì, parrocchia di M.V. Assunta di Montaldo. Lista di 21 offerenti e lire 21, essendo a capo don Stefano Serafino, prevosto. - Il rev. P. Bernardo da Messina, rettore della chiesa di Porto Salvo in Messina, ci manda un modulo con molte firme e lire 147 50. - Caraglio. Giuseppe Aime, figlio, cent. 50. - Cison di Val Marino. D. Flotiani Francesco, lire 2. - Diocesi {212 [212]} di Arezzo, parrocchia di San Niccolo a Soci. Il rev. don Beniamino Bravi ci manda un modulo da lui firmato e da altre 60 persone con lire 65 di offerta. - Diocesi di Tortona, parrocchia di Garadossi. Il parroco D. Agostino Panigazzi, ed il curato D. Francesco Campi, colla popolazione, offrono lire 61 50. - Il reverendissimo canonico D. Nicola Migliorini, parroco di Montecchio, nella diocesi di Arezzo, ci manda cinque fogli dell'Album sottoscritti dai fedeli della sua parrocchia e da quelli delle parrocchie limitrofe con lire 89 di offerta.
(MB 13,132)
18 maggio 1877
pel sacerdote Giovanni Bosco. Torino 1877. - Le undici edizioni di questo aureo libretto ci dispensano dall'aggiungere parole per raccomandarlo. Centesimi 30. Torino, libreria Salesiana; San Pier d'Arena, tipografìa e libreria di San Vincenzo de' Paoli; Nizza, patronato di San Pietro; dove pure si trovano le altre pubblicazioni dell'Oratorio salesiano di Torino.
18 maggio 1877
La novena nella chiesa dell'Arciconfraternita a Lei dedicata in Valdocco, Torino. - Indulgenza plenaria a chi confessato e comunicato visiterà questa chiesa nel corso della novena o nel giorno della festa. - Orario delle sacre funzioni. La novena comincia martedì, 15 maggio. In ciascun giorno lungo il mattino sino a mezzodì celebrazione di messe lette e comodità per chi desidera accostarsi ai santi sacramenti della confessione e comunione. Ogni mattina alle 7 e mezzo messa e comunione con particolari esercizi di pietà. Tutte le sere alle 7 canto di una lode sacra, predica e benedizione col Santissimo Sacramento. - Domenica, 20, solennità di Pentecoste. Mattino. Alle ore 7 messa e comunione; alle ore 10 messa solenne. Sera. Alle ore 3 e mezzo, vespro, predica e benedizione. - Mercoledì, 23. Mattino tutto come negli altri giorni. Alla sera alle 6 e mezzo vespro, predica e benedizione. - Giovedì, 24, solennità di Maria aiuto dei cristiani. Mattino. Alle ore 7 messa e comunione generale; alle ore 10 messa solenne. Sera. Alle ore 6 vespro solenne, panegirico, Tantum ergo a due cori, benedizione. - Venerdì, 25. Ore 7 messa, comunione con altre pratiche di pietà pei confratelli defunti dell'arci-confraternita. {213 [213]}
9 giugno 1877
Bordighera, 29 maggio 1877.
(Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica). - Il 27 maggio p.p. sarà mai sempre giorno di cara ricordanza ai Torrionesi per la solennità di Maria Ausiliatrice, celebrata nella chiesuola a lei dedicata sotto questo bel titolo. Non è a dire con qual desiderio fosse da tutti aspettato questo giorno, quale volontà regnasse in tutti i cuori di festeggiarlo solennemente. E come può essere altrimente, quando si ha per protettrice la gran Madre di Dio, Colei che, essendo l'Ausiliatrice del popolo cristiano, in modo speciale venne in aiuto di questa piccola porzione del gregge di Gesù Cristo, a fine di impedire che i seguaci dell'empio e sacrilego Lutero e dell'infame Calvino, riuscissero a farle perdere il dono più prezioso che possa avere un popolo, la fede cattolica? E poiché per celebrare le feste di Maria Santissima in modo che tornino gradite al dolcissimo e materno suo cuore, e valgano assicurarci il suo aiuto, il suo patrocinio sì nei bisogni della vita come nelle angustie di morte, è indispensabile una buona confessione e santa comunione; così grande fu il numero dei fedeli che risposero all'invito loro fatto, accostandosi ai santissimi sacramenti con una divozione e pietà veramente edificante. Bella sovrattutto e commovente fu la comunione degli allievi e delle allieve tutte in velo bianco. Alle 10 la campana, suonata a festa, annunziava la messa solenne, e la chiesuola fu in breve tempo tanto zeppa di gente, che molti dovettero starsene fuori della porta, sotto i caldi raggi del sole.
Che se le funzioni del mattino riuscirono care a tutti i cuori, che dirò poi della meraviglia e consolazione che in loro produsse l'arrivo quasi inaspettato del reverendissimo monsignor Tommaso Reggio, coadiutore di monsignor Biale? Egli fece un bello e cordiale discorso sulla Vergine Ausiliatrice, dopo il quale, cantate le Litanie ed il Tantum ergo in musica dalla ragazze della scuola coli' accompagnamento dell'Armonium, impartì la benedizione del Santissimo Sacramento coll'ostensorio regalato a questa chiesa dal grande Pontefice Pio Nono; e pochi momenti dopo, fra gli applausi della popolazione, partiva per Perinaldo, ove il suo zelo lo portava a compiere un'altra funzione. Il Signore ne lo rimuneri colle più elette benedizioni, e gli conceda gli anni di colui cui venne dato per coadiutore; e Maria sia mai sempre il suo aiuto.
Finita la funzione, ebbe luogo sulla piazzetta la salita dei palloni aereosta-tici, accompagnati dal suono della banda musicale di Torrione. - Fuwi un applaudimento generale, un'ammirazione specialmente pei forestieri, vedendo il quanto si fa in una chiesuola di campagna eretta da poco più d'un anno. - Il desiderio che presto sia posta la prima pietra per innalzare la nuova chiesa era unanime e fervente, e tale sarà finché non sarà desso appagato. {214 [214]}
5 luglio 1877
Nella scorsa settimana abbiamo avuto per alcuni giorni in Torino, ospite illustre e riverito nell'Oratorio di San Francesco di Sales di D, Bosco, l'eccellenza reverendissima di monsignor Leone Federico Aneyros, arcivescovo di Buenos-Ayres, accompagnato dal suo vicario generale e da monsignor Pietro Ceccarelli, parroco di S. Nicolas de los Arroyos, e da parecchi altri pellegrini della Repubblica Argentina, che si erano recati a Roma in occasione del giubileo episcopale del nostro Santo Padre Pio IX. L'illustre Prelato, che ha la consolazione di contare nella sua diocesi zelanti operai nella vigna del Signore, i missionari di D. Bosco, fu accolto con dimostrazioni di grande affetto nella Casa madre di quel religioso istituto. Dopo di essersi fermato alcuni giorni, monsignor Arcivescovo partì alla volta di Genova, per aspettare la partenza del vapore Poitou, che avrà luogo il 14 corrente, a quanto assicura il Cittadino di Genova del 3 luglio.
17 agosto 1877
Pubblicando il concorso promosso nell'Unità Cattolica dal marchese Giulio Merenghi per un libro sopra S. Giuseppe, manifestavamo il desiderio che più tardi qualche buon cattolico aprisse un altro concorso per un libro sopra S. Pietro, Principe degli apostoli. E questo nostro desiderio ottenne una pronta soddisfazione. Noi abbiamo in Torino un illustre avvocato modenese, il quale, abbandonato il foro, entrò nella sacerdotale milizia, e nel centenario di S. Pietro celebrò la santa messa. Egli è monsignor Pietro Ceccarelli, che da Roma andò poi nella Repubblica Argentina, e divenne parroco di S. Nicolas de los Arroyos, ed in quella seconda patria opera prodigi di zelo, acclamato da tutti pel suo ingegno, per la sua eloquenza, per la sua carità. Tornato in Roma coli'Arcivescovo di Buenos-Ayres per prendere parte alle feste del giubileo episcopale di Pio Nono, volle visitare Torino, e passare alcuni giorni con D. Bosco e co' suoi salesiani, che lo stesso monsignor Ceccarelli contribuì ad introdurre nella Repubblica argentina, dove già operarono tanto bene, e si procacciarono tanta riconoscenza ed affetto. Prima di abbandonare Torino l'illustre Monsignore, che dove passa suole lasciar sempre le traccie del suo bell'ingegno, dell'animo suo generoso e della sua operosissima fede, volle egli aprire il concorso sul libro relativo a S. Pietro, è ne dettò i termini e le condizioni nella seguente lettera:
«Chiarissimo signor Teologo,
Dalla città di San Nicolas de los Arroyos, nella Repubblica Argentina, venuto a Roma per ossequiare il Santo Padre, son ben lieto di potere, prima {215 [215]} di ritornare alla mia amata parrocchia, dare un pubblico attestato della mia profonda venerazione verso il Vicario di Gesù Cristo, accettando la bella proposta che la S.V. fece nel suo accreditato giornale il giorno 30 luglio p.p. Io pertanto di buon grado offro un premio di lire MILLE a chi scriverà in modo semplice e popolare il miglior libro su S. Pietro principe degli Apostoli. La semplicità e la popolarità tuttavia non dovrà essere tale da escludere che siano trattate o nel corpo del libro, od in apposite appendici, chiaramente e con solidi argomenti la venuta di S. Pietro in Roma e l'infallibilità pontificia. Ciò posto, ecco le condizioni che io propongo, se a V.S. paiono convenienti:
1° I manoscritti dovranno essere anonimi e segnati da due testi sopra San Pietro, scritturale l'uno, e ricavato l'altro dai Santi Padri.
2° Essi dovranno essere spediti prima del 29 giugno 1878 in Torino al sacerdote Giovanni Bosco, direttore dell'Oratorio di San Francesco di Sales.
3° La Commissione, che sarà incaricata di esaminare i manoscritti, si comporrà di almeno tre dotti personaggi, risiederà in Torino, e darà il suo giudizio prima del 18 di gennaio 1879.
4° Spetterà alla medesima Commissione indicare la tipografìa presso cui dovrassi stampare il manoscritto premiato. Se l'autore vorrà conservare la proprietà dell'opera sua, dovrà pagare le spese di stampa; se cederà la proprietà alla tipografia, essa la stamperà a proprie spese, e ne darà all'autore almeno cinquanta copie.
Accolga, signor Teologo, le espressioni più sincere della mia stima ed affezione, e mi creda sempre
Della S.V. chiarissima
Torino, 12 agosto 1877.
Dev.mo servitore
Teol. Avv. PIETRO CECIARELLI
Cameriere di S. S. Papa Pio Nono,
parroco di S. Nicolas de los Arroyos».
18 agosto 1877
Fin dal primo giorno che i Salesiani deliberarono di recarsi nelle Missioni presso ai Pampas e Patagoni, si è stabilito di non andare immediatamente in mezzo ai selvaggi, per evitar le carnificine a cui purtroppo già molti operai evangelici soggiacquero. Più opportuno si giudicò arrestarsi ai loro confini, fondare case di educazione pei fanciulli negli ultimi paesi inciviliti, sia per conservare nella fede quelli che l'avessero già ricevuta, sia per accogliere quei giovinetti selvaggi che l'abbandono od anche la volontà dei genitori pagani avrebbero colà condotto per istruirsi nella fede, nella moralità e nella scienza. {216 [216]}
Questo progetto, più volte benedetto dal Vicario di Gesù Cristo, fu eziandio benedetto dal cielo. Tre ospizi o collegi vennero già aperti con grande soddisfazione. Uno a San Nicolas de los Arroyos, l'altro a Buenos-Ayres, il terzo in villa Colon, presso Montevideo, nell'Uruguai. In questi tre collegi più centinaia di ragazzi ricevono la cristiana educazione, sono istruiti nella scienza, nella moralità, nella civiltà e nelle arti e mestieri. Cinque chiese sono aperte e prestano pubblicamente comodità pel culto religioso a chi desidera di approfittarne. Ora siamo lieti di annunciare che quanto prima saranno aperti altri e poi altri ospizi in altre città, in altre colonie più vicine e quasi diremo più internate nella Patagonia e nei Pampas, collo scopo di attivare relazioni cogli Indi, e fare che i selvaggi divengano evangelizzatori degli stessi selvaggi. Le prime prove diedero ottimi risultati, e lo stesso Arcivescovo di Buenos-Ayres, d'accordo col Governo argentino, chiese di poter parlare con un capo dei cacichi, detto Queupumil, che è forse il più famoso dei selvaggi. Il venerando Prelato non potendo recarsi in persona, a farne le veci deputò un coraggioso missionario piemontese di nome Paolo Emilio Savino. Il missionario potè avvicinarsi al celebre selvaggio, fu accolto principescamente, secondo l'uso dei barbari; espose i paterni desiderii dell'Arcivescovo, ed anche il desiderio del Governo argentino. Queupumil ascoltò con grande attenzione; egli e i suoi resero grandi onori all'inviato del Signore, lo incaricarono di ringraziare l'Arcivescovo, e affinché il suo buon volere fosse conosciuto in modo chiaro e stabile, il cacico scrisse una lettera in cui espone il suo giudizio sul modo e sulla via da seguirsi per evangelizzare gli Indi, istruirli nella religione, nell'agricoltura e nel commercio. Noi mettiamo qui tradotta quella stessa lettera, che sarà forse il primo documento di questo genere:
LETTERA DEL CACICO QUEUPUMIL
A SUA ECCELLENZA IL DOTTORE D. FEDERICO ANEYROS,
ARCIVESCOVO DI BUENOS-AYRES.
«Rio Colorado, Rincori Grande,
19 febbraio 1877.
«Illustrissimo signore,
Con grande piacere comunico alla S.V. che ultimamente stette a farci visita da parte di V.S. il padre missionario D. Paolo Emilio Savino, che io con tutta la mia gente ricevemmo con quegli onori militari che costumiamo fare alle persone che stimiamo ed amiamo molto. Io, stando a cavallo, porsi al padre la mia destra, e lo stesso fecero tutti i capitani e principali della tribù, e tutti restammo molto contenti. Il Padre ci disse che vivendo noi dispersi per la campagna ed a grandi distanze, era impossibile poterci civilizzare, e dare educazione ai nostri figliuoli, e che pertanto sarebbe necessario, diceva il Padre, che noi ci riunissimo e formassimo una città, dove avremmo la nostra chiesa e la nostra scuola. Così nel tempo che ci occuperemmo a coltivare la terra, potremmo educare i nostri figliuoli e far loro apprendere ciò che sanno i cristiani. Io dissi al Padre che ne sarei contento, ma che il Governo compia {217 [217]} i suoi compromessi verso di noi conforme al trattato che abbiamo fatto, poiché dal momento in cui venimmo dalla Cordigliera, noi compiemmo fedelmente le nostre obbligazioni verso il Governo, difendendo queste frontiere.
Noi, o signore, credevamo che facendo trattati col Governo avremmo migliorato la nostra sorte, ma al contrario ci troviamo peggio che prima, perché costretti a morir di fame. Il Padre è incaricato d'informare V. S. di tutto ciò che noi facciamo e soffriamo in questo deserto, e ci ha promesso che, appena arrivato a Buenos-Ayres, andrà in persona ad esporre al signor presidente ed al signor ministro le nostre necessità ed i nostri richiami circa il modo con cui si compiono le condizioni del trattato riguardo alla razione, al soldo ed a tutto il resto; e per mezzo del medesimo supplichiamo V. S. a voler parlare per noi al Governo, conforme al modo che ci ha detto di fare il Padre, e dirgli che noi gli siamo molto fedeli compiendo con tutta esattezza il nostro compromesso, e che pertanto è giusto che anche il Governo da parte sua compia le sue obbligazioni verso noi, e ascolti le nostre necessità e i nostri richiami. Io e tutta la mia gente siamo disposti a riunirci e formare una città, e fare tutto quanto ci dirà il Padre missionario; e per questo domandiamo al Governo che ci conceda in proprietà venti leghe di terra al sud e lungo il Rio Colorado, dal Sana Bianco fino alla Cordigliera; tanto più che, secondo il trattato fatto col Governo, esso è obbligato a disegnarci un terreno e a darci gli arnesi d'agricoltura e la semente per seminare. In questo modo potremo star sicuri che mai più nessuno verrà scacciarci sotto alcun pretesto da queste terre, nelle quali dimoreremo stabili formando una città. Il medesimo Governo deve convenire che non è molto il domandare venti leghe di terra per la gente che io ho qui, e per numero forse maggiore di persone che al fine di marzo verranno dalla Cordigliera, ove mandai già, da più di un mese, due cacichi miei subalterni per trarre di là più gente e molte altre famiglie. In questo modo compiendo il Governo le sue promesse verso di noi, e concedendoci la proprietà di queste venti leghe di terra che gli dimandiamo, noi ci riuniremo per formare una città, prenderemo a costruir case, come ci diceva il Padre; avremo la nostra chiesa e la scuola per l'educazione dei nostri fanciulli, così potranno a piacimento farsi cristiani quelli che desiderano.
Il Padre in ultimo ci ha detto che V.S. non trascurerà di fare per noi tutto quanto è in suo potere, affinché, se non si ottiene nulla dal Governo, la colpa non l'abbiamo d'apporre né ai Padri Missionarii, né a V.S., ed io gli ho assicurato che se il Governo non vuole avere riguardo ai nostri bisogni e ai nostri reclami, faccia pure, ma sappia che anch'io son generale, ed ho i miei uomini e per certo non mi lascierò prendere e trarre a Martin Gacia, come hanno fatto a tanti altri.
Senza più io con tutta la mia gente saluto V.S. con il più profondo rispetto, con cui mi dico
Di VS. Ill. umilissimo servitore
CACICO QUEUPUMIL».
{218 [218]}
19 agosto 1877
Trovasi in Torino da due giorni Sua Eccellenza monsignor Lacerda Vescovo di Rio Janeiro, venuto in Italia per ossequiare il S. Padre in occasione del suo giubileo episcopale. Egli prese alloggio nell'Oratorio di San Francesco di Sales e dice di non volere allontanarsene finché Don Bosco non gli abbia concesso almeno cinque de' suoi salesiani, che ei condurrà seco in quella vasta diocesi affatto sprovveduta di operai evangelici.
28 agosto 1877
Dopo molte e gravi difficoltà, dopo dodici anni di disturbi e di pratiche, si potè finalmente cominciare la chiesa di San Giovanni Evangelista.
Questo apostolo prediletto del Salvatore non avendo ancora in Torino alcuna chiesa, era ben giusto che a lui venisse innalzato un edifizio vicino al tempio valdese, che follemente vogliono chiamare evangelico o degli evangelisti. Non potevasi scegliere sito più opportuno. Dall'antica piazza d'armi sino al ponte in ferro, circa quattro chilometri, lungo il viale del Re, volgarmente dei Platani, gli edifizi sono continui ed abitatissimi, ma non hawi né chiesa, né scuola fuori del tempio valdese che fu innalzato in quel centro. Esisteva bensì anticamente una cappella detta oratorio di San Luigi, con giardino di ricreazione festiva, ma per l'attuazione della via di San Pio V fu ogni cosa quasi ridotta al niente. Ora il benemerito signor conte Edoardo Mella ne concepì il disegno; il cavaliere ingegnere Antonio Spezia sta alla direzione; l'edifi-zio cuopre una superficie di m.q. 1200, in cui la chiesa risulterebbe lunga m. 50, larga 25; è di stile lombardo, ha tre navate; il campanile sarà verso il viale sulla facciata dell'edifizio secondo l'uso delle chiese romane. I lavori progrediscono alacremente. Già si sono effettuati gli scavi, le fondamenta compiute, le mura compaiono fuori terra e già si comincia la volta pel pavimento. Questo edifizio servirà eziandio per chiesa parrocchiale, essendovene gran bisogno, perché non si trova più area libera se non ad enorme distanza.
Accanto alla chiesa sarà edificato un ospizio per poveri fanciulli, giacché la casa di Valdocco, detta di San Francesco di Sales, sebbene accolga oltre ad ottocento giovanetti, tuttavia è divenuta insufficiente al gran numero di ragazzi che dimandano ricovero per tutelare la loro moralità, l'onore e mettersi al riparo di un tristo avvenire. Il novello ospizio sarà una casa succursale di quella di Valdocco, che potrà dare ricetto ad un trecento allievi interni, ma con locali opportuni per un giardino festivo, scuole domenicali, feriali ed anche serali per quelli del vicinato che ne vogliono approfittare. {219 [219]}
Ma con quali mezzi si condurrà a termine codesta gigantesca impresa? Ognuno sa quali sono i mezzi che possiede D. Bosco. Di preventivo ha niente, confida tutto nella divina Provvidenza, che finora l'ha sempre assistito, e nella pietà dei fedeli, che non gli è mai mancata.
In questo caso però dobbiamo dire che sonovi speciali ragioni per confidare. Si tratta di un Ospizio pei giovanetti che si raccolgono senza distinzione di paese o di nazione.
La chiesa ha uno scopo generale, che è dare cattolica istruzione ai fanciulli ed agli adulti, in mille guise allettati dai protestanti che là vicino hanno tempio, ospizio, asilo infantile, scuole maschili e femminili. Quest'opera pertanto è una protesta contro l'errore, è una salvaguardia per la religione, che deve interessare i cattolici di tutti i paesi, di ogni nazione, e di quanti amano il bene della civile società. Si può concorrere con offerte di danaro, di materiali da costruzione, di mano d'opera, con oggetti d'arte, e con arredi sacri; ed ognuno può indirizzare la sua offerta a D. Bosco o al signor D. Traversa, curato di San Massimo, alla cui parrocchia appartiene il sito del novello edifizio.
Qui crediamo opportuno di unire la bella raccomandazione fatta dall'autorità ecclesiastica di Torino in favore dell'opera che noi abbiamo altamente commendata.
Con grande nostra soddisfazione abbiamo visto ed approviamo l'avanti esposto divisamente dello zelante e pio nostro sacerdote D. Giovanni Bosco, di già benemerito della Chiesa e della civile società per varie sue istituzioni sì religiose che di pubblica beneficenza.
Ci consola che l'Opera salutare sia iniziata, e facciamo voto perché al più presto sia recata a compiuta costruzione. Ma a ciò è indispensabile un generoso concorso di largizioni e limosine: sia pure. Noi siamo persuasi che i fedeli abitanti di questa pia città, e quelli in ispecie delle case adiacenti al Viale del Re, riconoscendo essi pure l'importanza e la somma opportunità di questo nuovo stabilimento, vorranno corrispondere, per quanto a ciascuno lo acconsentano le proprie forze, all'invito loro fatto di concorrere al grande scopo, che quanto prima possa aprirsi alla pubblica spirituale e temporale utilità l'incominciato edifizio. Egli è in tale dolce fiducia che all'Opera intrapresa, a chi l'ha incominciata, a chi sarà per promuoverne il compimento, Noi compartiamo la nostra pastorale, paterna benedizione.
D'ordine ed a nome di S.E. Mons. Arciv.
GIUSEPPE ZAPPATA vicario generale.
{220 [220]}
11 settembre 1877
Alassio, amena e ridente città situata nel centro della riviera di Ponente, ha la fortuna d'avere un Collegio-Convitto che può a buon diritto annoverarsi tra i più fiorenti della Liguria. Si dà in esso l'intero corso secondario e primario, ed abbraccia quindi l'insegnamento elementare, ginnasiale-tecnico e liceale, impartito a norma de' programmi governativi, sicché gli alunni, compiuto colà il loro corso di studio, possono con tutta facilità presentarsi agl'istituti regii superiori a proseguirvi la loro carriera. Ne hanno totalmente la direzione e l'amministrazione i preti della Congregazione Salesiana, il cui superiore D. Giovanni Bosco è ornai ovunque conosciuto pel suo zelo, per la sua carità, e soprattutto per la rara maniera con cui sa allevare nei santi principii religiosi e morali la gioventù italiana da ogni parte ed in mille modi insidiata. E gli alunni così saviamente educati nella religione e nella moralità riescono pure eccellentemente ne' loro studi, come ne fa fede il felice risultato che offrono ogni anno del loro sapere sì nell'interno dell'Istituto come fuori negli esami di licenza liceale e ginnasiale, dove in quest'anno soprattutto si segnalarono assai pel loro ingegno, per la loro diligenza nello studio e per la loro prospera riuscita. Non è quindi a stupire se da tante parti d'Italia molti genitori domandano di collocarvi i loro figli, allettati ancora dall'amenità e salubrità del luogo, dalla grandiosità e adat-tatezza de' locali tanto per l'igiene quanto per la moralità, dal vantaggio de' bagni in quella dolcissima spiaggia e dalla modicità della pensione. Chi desiderasse maggiori schiarimenti, può domandarli al sacerdote professore Francesco Cerruti, dottore in lettere, preside e direttore del Collegio-Convitto di Alassio, da cui ne riceverà eziandio il programma particolareggiato.
13 settembre 1877
Le Missioni dei Salesiani nell'America del Sud offrono uno spettacolo nuovo e commovente; e mostrano ad evidenza la mano del Signore che le guida. Non sono ancora trascorsi due anni dacché parecchi dell'Oratorio Salesiano partirono da Torino colla benedizione del Sommo Pontefice Pio IX per la Repubblica Argentina, e già ben otto Case quivi e nell'Uraguai stanno aperte ad accogliere migliaia di giovanetti, a consolazione delle famiglie e dello Stato. E mentre queste Case si svolgono e fioriscono, altre se ne stanno ordinando in varii luoghi; in guisa che ben presto nuovi dieci asili sorgeranno, dove i ragazzi troveranno istruzione ed educazione conveniente al loro stato. Per tal modo i Salesiani vanno allargandosi in quelle estesissime contrade, piantando man mano innanzi le loro tende, finché non siansi insediati nel cuore istesso della Patagonia. {221 [221]}
Il Brasile, il Paraguai, l'Uraguai, il Chili, gli Indi, i Pampas ed i Patagoni, che ampio campo da coltivare, che larga messe da mietere! Sono milioni di uomini da incivilire, milioni di anime da salvare. Ma per dissodare e rendere fruttifera così estesa vigna occorrono ben molti operai; e quei pochi, che attualmente attorno vi sudano, restano quasi smarriti al grave ed immenso lavoro che si veggono crescere d'attorno. Dall'Oratorio finora non partirono per quelle regioni che trentaquattro missionari; a cui sonosi aggiunti sedici giovani americani, dando così l'esempio ad altri che verranno ad ingrossare le loro file. Ma questo drappello è un nulla in così vasta impresa. Di là ci arrivano spesso preghiere e scongiuri per parte di quei valorosi, perché non li lasciamo così soli: ed alle loro esortazioni si aggiungono eziandio quelle di tante madri, di tanti genitori, che già pregustano il benefizio delle Missioni salesiane. Interprete dei loro sentimenti, è or ora tornato dall'Argentina l'infaticabile teologo Cagliero, duce della prima spedizione; e muove fino alle lagrime l'udire dalla sua bocca le miserie spirituali e corporali di que' nostri remoti fratelli. Egli è ritornato appositamente in Europa a dimandare ed affrettare la partenza di altri evangelici operai, che colà sono sospirati come angeli consolatori. Don Bosco, mosso da così urgente bisogno e tocco dalla morte precoce avvenuta nell'Argentina del Padre Bacino, uno de' più zelanti e robusti sacerdoti della prima Missione, sta presentemente divisando un terzo imbarco, il quale porti in quelle regioni non meno di 40 persone tra Salesiani e Suore di Maria Ausi-liatrice, appartenenti all'Oratorio istesso. Di questi una parte deve salpare verso l'Atlantico nel prossimo novembre; il rimanente poco appresso.
Ora, chi è pratico di cosiffatti viaggi, e conosce il corredo che fa di mestieri ad un missionario, di leggieri saprà fare il calcolo della spesa che dovrà D. Bosco sostenere. Avvezzo egli da lunga mano a mettere ogni sua impresa sotto l'egida di Maria Ausiliatrice, ed a confidare essenzialmente nella Divina Provvidenza, ha una viva fiducia che i cuori dei cristiani, soprattutto dei facoltosi, saranno da Dio mossi a sostenerlo e fornirlo del necessario pe' suoi figli che si strappa proprio dal suo seno, e manda a fare nell'America quello che egli fa qui tra noi. Ma chi scrive porta opinione che anche i filantropi e gli amatori della civiltà rettamente intesa non si faranno in fuori dallo spalleggiare un'opera patriottica ed umanitaria senza paragone. Si tratta di portare a quegli indigeni i nostri miti costumi, il nostro sapere, la gentile nostra maniera di vivere tra gente che non ha costume, è eslege, è ignorante pur anco delle cose più bisognevoli alla vita; tra un popolo che non avrebbe mai una religione, una letteratura, una coltura da farsi annoverare tra le progredite nazioni del mondo. Al postutto non è poi da omettere questo, che in quelle contrade sono eziandio dispersi tanti e tanti Italiani, ivi dalla mutabile fortuna sbalestrati. Ben tre milioni dei nostri connazionali contansi nell'America del Sud; e nella sola Repubblica Argentina i nati in Italia ascendono a trecento mila. - E non è una carità veramente patria il porgere per mezzo dei Salesiani il pane materiale e spirituale ai figliuoli di tanti nostri compaesani?
Non ignoriamo che alcuni non guardano tanto di buon occhio siffatte missioni, {222 [222]} allegando per ragione avervi troppa penuria di sacerdoti tra noi. Del sicuro, oggi i candidati al sacerdozio scarseggiano, sì per le idee libertine che ognora più si diffondono nelle scuole e nelle famiglie e sì per le recenti leggi sulla coscrizione militare, le quali pongono gravi ostacoli ai giovani chiamati a servire l'altare. Ma osservisi semplicemente dapprima, che quando Gesù Cristo fondò la Chiesa non ebbe che dodici apostoli; e che questi non se li tenne ai fianchi in Palestina, ma disperseli a battezzare e predicare in tutto il móndo. Che se più rari che non una volta sorgono tra noi i preti, non sono però dovechessia in numero così piccolo da venir meno alle necessità dei fedeli. Per lo contrario nelle contrade più sopra toccate il vedere una parrocchia, lo avere un ministro di Dio è cosa affatto eccezionale. Fate il vostro conto che per assistere al santo sacrificio della messa si hanno talora da attraversare foreste e lande solitarie di una immensa distanza; e che un missionario per consolare degli ultimi conforti un morente deve più di una volta camminare a cavallo od a piedi i giorni interi pernottando nelle capanne con pericolo di non giungere in tempo al luogo posto, o di rimaner vittima del suo zelo come avvenne al non mai abbastanza compianto nostro P. Bacino. E chi ci sa dire il numero di chi muore senza poter avere i conforti della religione, privo dello stesso battesimo; o di chi, fatto cristiano nei primi giorni della vita, passa i venti, i trent'anni senza mai più sentire a parlare né di Dio, né dell'anima, né dell'eternità?
Da ultimo noi vogliamo pregare i nostri lettori a riflettere come per divina dispensazione il missionario in tutto si assomigli al grano di senapa dell'evangelo. Il suo esempio trae prodigiosamente; e molti, che non si sentono la forza di seguirlo in rimoti lidi, entrano ad occupare nel proprio paese quel posto che ei lascia vuoto. Una persona molto versata nella storia moderna ebbe a ripeterci che ogni missionario spedito all'estero frutta non meno di dieci fratelli, i quali si avviano allo stato sacerdotale, e pigliano posto nella schiera, che quegli abbandonò eroicamente per recare agli infedeli il vangelo.
(MB 13,295)
26 settembre 1877
Col prossimo venturo ottobre nella città di Magliano Sabino, posta sopra un'amena collina a breve distanza dalla stazione di Borghetto, si darà principio presso il Seminario diocesano ad un corso di scuole elementari e ginnasiali. A dette scuole interverrano gli alunni del Seminario e i giovani convittori, i quali, sebbene in locale distinto, avranno tuttavia trattamento conforme ai chierici del Seminario. L'Istituto è diretto dal reverendo signor Don Giovanni Bosco, l'istruzione verrà impartita dai suoi professori patentati a norma dei programmi governativi. Per più particolari notizie si rivolgano al rettore del detto Seminario od al signor Don Giovanni Bosco in Torino. {223 [223]}
28 settembre 1877
(Tipografia di Domenico Botta, 1877). - Il dottor G.B. Francesia, sacerdote salesiano, è, sebbene giovane ancora, già molto conosciuto nella famiglia letteraria, sia per gli eleganti versi latini, cui scrive con grande facilità, sia ancora per il poetare robusto nell'idioma italiano. Egli raffermò la fama, che già meritamente godeva, dando con versi tutti suoi, latini ed italiani, e con un discorso storico, un'applauditissima accademia letteraria nell'occasione della solenne distribuzione dei premi agli alunni del Collegio di Varazze, di cui è degno direttore. Seguendo la consuetudine praticata in molti dei licei italiani, il dottor Francesia prepose ad argomento d'ogni componimento, che recitar si doveva in quell'eletta adunanza, il nome di Marc'Antonio Carattino, gloria di Varazze, il quale, insieme col Morosini e col Chinismare, combattè nel 1686 contro il Turco a difesa della veneziana Repubblica, e perì valorosamente pugnando a Napoli di Malvasia. Noi abbiamo letto con diletto queste pagine, e ne abbiamo ammirata la purezza del dire, non meno che il brio. Ed i suoi versi furono efficaci, imperciocché sappiamo che il Municipio di Varazze tosto decretò una lapide al Carattino, ed una via della città ne prenderà il nome. Ecco come si dimostra d'amare la patria; studiamone le vere glorie e procuriamo che sieno note alla crescente età. - Senza dubbio, non mancheranno di far buona riuscita negli studi e nell'educazione religiosa e morale que' giovani i quali sono affidati a persona così affettuosa e dotta, quale si rivela il Francesia in quest'opera storico-poetica, ed a' suoi colleghi, e noi cogliamo l'opportunità per ricordare quel Collegio-Convitto, in cui si aggiunge il vantaggio pei giovani di poter fare la cura dei bagni, essendo l'edificio in prossimità della marina.
3 ottobre 1877
Addì 2 settembre compievasi nell'Oratorio Salesiano in Torino la solenne distribuzione di premi a quegli egregi studenti. Monsignor Ceccarelli, parroco di S. Nicolas de los Arroyos nella Archidiocesi di Buenos Auyres e cameriere d'onore di S.S., pronunziava sentite parole, le quali vennero ora pubblicate dalla tipografia di quel religioso Istituto. Nelle note al discorso dell'illustre parroco argentino abbiamo letto con piacere l'allocuzione di monsignor Federico Aneyros, arcivescovo di Buenos-Ayres, ai giovani Salesiani. Le parole dell'illustre Pastore e di monsignor Ceccarelli sono dettate dal più sincero affetto alle istituzioni Salesiane. {224 [224]}
6 ottobre 1877
Il reverendissimo Vescovo di Mantova, monsignor Pietro Rota, avendo ricevuto le mille lire che un buon cattolico ha promesse a chi scriverà meglio una vita di San Paolo, le ha spedite a noi, per rimetterle poi a chi vincerà il premio. E siccome, per suggerimento dello stesso veneratissimo Prelato, l'esame dei manoscritti è affidato ad una Commissione scelta e presieduta dal M. Rev. D. Giovanni Bosco, così noi consegneremo le dette lire mille a questo egregio sacerdote, ed egli, nell'atto stesso che comunicherà l'esito del concorso, potrà rimettere al vincitore il premio meritato.
11 ottobre 1877
per don Pietro Beccaria. Edizione quarta. Torino, tipografia e libreria Salesiana. - Allorché uscì la precedente edizione di questa operetta, il chiarissimo Vallauri così ne scrisse nel nostro giornale: «È questo un libro che dovrebbe essere nelle mani di tutti i maestri e di tutti i giovani che usano alle scuole secondarie. Imperciocché si troverebbero raccolte molte avvertenze necessarie per ben imparare la lingua italiana e latina, le quali pur troppo mancano nella maggior parte delle grammatiche adoperate nelle nostre scuole. Inoltre esso insegna agli Italiani qual conto si debba fare di alcuni grammatici e filologi tedeschi, ai quali certe scimmie nostrane si inchinano come ad oracoli infallibili». Altri insigni filologi ne dissero pure bellissime lodi. E noi quindi salutiamo con piacere la quarta edizione del libro, e non dubitiamo che sia per avere uguale spaccio che le precedenti. L. 3 50.
27 ottobre 1877
Giovedì, 25 ottobre, ebbe luogo nel Collegio-Convitto Val Salice presso Torino la distribuzione solenne dei premi ai giovani che maggiormente si distinsero in quel benemerito Istituto, affidato ora alle cure della Congregazione salesiana di D. Bosco. La lieta funzione esordiva con un discorso del professore Bacchialoni, discorso nel quale non si saprebbe cosa meglio ammirare, o la opportunità dei consigli o il sentimento religioso che li informava, o la forma leggiadra colla quale venivano presentati all'udienza, che con grande attenzione pendeva dal labbro dell'oratore. Al discorso del professor Bacchialoni, che speriamo di vedere pubblicato per le stampe, tenne dietro la premiazione alternata coll'esecuzione lodevole di canti e suoni musicali egregiamente scelti. La solennità {225 [225]} era presieduta dal reverendissimo monsignor Ceccarelli, Prelato pontificio e parroco di San Nicolò de los Arroyos, nelTArchidiocesi di Buenos-Ayres, ed a lui facevano corona varii sacerdoti e professori torinesi, nonché le famiglie dei giovani convittori.
30 ottobre 1877
Nel mese di novembre, mentre una schiera di Salesiani salperà coraggiosamente per la lontana America in cerca di anime, varii altri drappelli di loro si dirigono in altre parti di Francia e d'Italia per aprire laboratorii, collegi, scuole ed oratorii festivi a prò della gioventù. Sei sono le nuove Case salesiane che si apriranno tra poco: quattro in Francia, a Saint-Cyr presso Tolone, a Cannes, a Navarre, a Marsiglia; una a Magliano (Sabina), ed un'altra alla Spezia, ove una turba innumerevole di poveri giovanetti, trascurati dai proprii parenti, e spesso insidiati dai protestanti, stanno in pericolo di andare irreparabilmente perduti. Ivi si aprirà un ospizio pei giovani più poveri e più bisognosi, e per tutti scuole diurne e serali, oratorio festivo con appositi trattenimenti e giuochi di ricreazione, onde viemmaggiormente allettarli al bene, e renderli utili a se stessi, alla civile società, e buoni cristiani.
3 novembre 1877
Abbiamo annunziato che ai missionari salesiani si fa ognor più copiosa la messe evangelica nell'Uruguay e nella Repubblica Argentina. Ora si tratta di progredire tra i selvaggi Pampas e Patagoni, perciò si rende indispensabile una spedizione di novelli missionari. - La loro partenza è fissata pel quattordici di questo mese di novembre. Il numero non è minore di quaranta, ma per ora partono solamente ventisei, che saranno accompagnati da monsignor Ceccarelli, parroco di San Nicolas de los Arroyos; gli altri partiranno un po' dopo, sotto la scorta del teologo Cagherò. Prima però della loro partenza si recheranno a Roma per fare ossequio al Supremo Gerarca della Chiesa e ricevere da lui l'apostolica benedizione. Sappiamo che per imprese di questo genere ci vogliono molti mezzi pecuniari, e che il sacerdote Bosco si trova non per poco imbarazzato a far fronte alle spese che occorrono pel corredo e viaggio di quelli che devono partire, e per fare alcune provviste di oggetti indispensabili per le scuole, arti, mestieri ed anche per l'agricoltura. Ma noi abbiamo piena fiducia che la pietà dei fedeli, avendo cominciato quest'opera, non verrà meno
nel continuarla; tanto più che concerne al bene della religione, della civile società, e di venire anche in aiuto morale e materiale ad una moltitudine di Italiani che la miseria o la speranza di fortuna portò ad abitare quelle rimotissime
contrade. {226 [226]}
6 novembre 1877
La sera del prossimo mercoledì, 7 novembre, nella chiesa di Maria Ausiliatrice, si farà la funzione religiosa per la partenza dei missionari salesiani. Si darà principio coi vespri alle ore 4 1/2. Seguirà un sermoncino di opportunità, quindi la benedizione col Santissimo Sacramento e quella pei viaggiatori coll'addio fraterno. Infine i missionari, senza più rientrare nella casa dell'istituto, escono per la porta maggiore della chiesa e si recano alla stazione della ferrovia per partire alla volta di Roma, onde ricevere dal Santo Padre l'apostolica benedizione. Qui dobbiamo notare che per cuoprire le spese di questa spedizione mancano ancora dieci mila lire. Pel che si fa umile appello alla carità dei fedeli. A tale uopo e in quella occasione si farà una questua nella chiesa di Maria Ausiliatrice a totale benefizio dei missionari.
10 novembre 1877
È sempre commovente la separazione di teneri figli dal seno paterno e dei fratelli dagli amati fratelli quando sanno di non aversi a veder più per lungo tempo e forse per sempre! Questa commozione si provava la sera del mercoledì 7 novembre nell'oratorio di San Francesco di Sales e nella chiesa di Maria Ausiliatrice. Siccome avevamo annunziato, partirono in detta sera i novelli missionari salesiani per recarsi prima a Roma a prendere la benedizione del Santo Padre, e quindi per salpare nelle remote terre della Repubblica Argentina, dell'Uruguay e della Patagonia a salvare anime e guadagnarle a Gesù Cristo.
Alle ore 4 1/2, entrati nella chiesa di Maria Ausiliatrice i nuovi missionari, si prostrarono nel presbitero su banchi appositamente apparecchiati; intanto si cantarono i vespri solenni, dopo i quali il reverendissimo D. Bosco, loro superiore, salito in pulpito, rivolse la parola alla numerosa folla di devoti che era accorsa ad assistere alla commovente funzione, ed ai giovani dell Oratorio, i quali pendevano dal suo labbro. Faconde ed eloquenti uscivano le parole di bocca al buon padre, che si disponeva a dar l'addio a' proprii figli.
«Ringraziamo grandemente il Signore, incominciò, ringraziamolo ben di cuore tutti per le cose che si degnò fare tra noi. Due anni or sono, in questi medesimi giorni, da questa medesima chiesa partiva la prima carovana di missionari salesiani. Essi partirono da coraggiosi e da prodi perché si esposero ad un viaggio lunghissimo e pericoloso per recarsi tra persone ignote e di costumi diversi, quasi senza sapere dove avrebbero fissata la loro dimora colà arrivati. Pure, coll'aiuto di Dio, colla fiducia nel possente soccorso di Maria Ausiliatrice, {227 [227]} colla benedizione del Vicario di Gesù Cristo, poterono aprire chiese al divin culto, e collegi in cui educare nella scienza e nel timor di Dio la gioventù. La messe fu tanto copiosa che si rese necessario inviare altri missionari in loro aiuto. Partirono anche questi dai piedi di Maria Ausiliatrice l'anno scorso in questi medesimi giorni; e così si poterono aprire altri collegi, altre chiese, e di più un ospizio in Buenos-Ayres, dove ritirare giovani abbandonati e pericolanti. Ma il lavoro, invece di cessare, crebbe immensamente, e noi dobbiamo lamentare, che, martire del lavoro, sia caduto sulla breccia uno dei missionari. Si pensò adunque ad una nuova spedizione, che è quella la quale deve partire di questa medesima sera».
E, dopo aver accennato alle cose che dovranno fare colà arrivati, ai pericoli da superarsi, soggiunse: «Voi ora partite per Roma, e vi prostrerete ai piedi di quell'impareggiabile nostro benefattore, il Santo Padre Pio Nono; andrete da lui a prendere, non solo la benedizione, ma la missione. Ma sapete che vuol dire andare a prendere la missione dal Santo Padre? Vuol dire che, come Gesù Cristo disse agli Apostoli: Ite in mundum universum, predicate Evangelium omni creaturæ; così il Santo Padre compirà quelle parole, poiché il Salvatore soggiunse: Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus. Il Signore è cogli Apostoli, colla Chiesa, col suo Vicario tutti i giorni fino alla fine del mondo; sino a che sia predicato l'Evangelio a tutte le creature. Voi adunque partirete sicuri di essere mandati da Gesù Cristo, essendo mandati dal suo Vicario».
Parlò a lungo l'oratore della diversità delle missioni cattoliche colla loro sublimità dalle missioni dei protestanti, colla loro freddezza ed interesse. Notò come unitamente ai missionari in questa spedizione partivano anche sei suore di Maria Ausiliatrice, per fare tra le ragazze quanto i salesiani fanno con i giovani; fece vedere i grandi vantaggi che questo nuovo passo arrecherà, poiché è pur certo che un bene grandissimo ne viene alle intere famiglie dalla religiosa educazione delle figliuole, e conchiuse con assicurare i missionari che erano per partire che avranno sempre in lui un padre che li raccomanderà tutti i giorni al Signore, nei confratelli salesiani e nei giovani dell'Oratorio dei fratelli e dei figli, che non li dimenticheranno mai, e nei benevoli Torinesi ed Italiani persone che sapranno sempre apprezzare il sacrifizio che essi fanno pel bene delle tante migliaia di connazionali che si trovano abbandonati in quelle remotissime regioni.
Finito il discorso ed impartita la benedizione col Santissimo Sacramento, ebbe luogo l'abbraccio fraterno, e subito dopo partirono alla volta di Roma, ove riceveranno la benedizione del Santo Padre, la quale li accompagnerà e sosterrà nel loro viaggio ed in mezzo alle loro fatiche. {228 [228]}
11 novembre 1877
È uscito dalla Tipografia Salesiana il fascicolo delle Letture cattoliche per i mesi di novembre e dicembre col titolo Il Gran Passo. Il nome del Martinengo, che ne è l'autore, vale per ogni raccomandazione. Non solo gli associati alle dette Letture, ma innumerevoli altri ebbero tempo fa la consolazione di gustare due altre operette uscite dalla stessa leggiadrissima penna, quali furono La Gran Bestia e la sua Coda. Egli è pure l'autore dell'aureo libro Il Maggio in campagna. Opere tutte premiate nel concorso aperto in questo giornale da un cattolico di Concordia. Basterà quindi il sapere che il Gran Passo è pure lavoro dello stesso chiarissimo autore per invogliare ognuno a procurarsi quest'altra operetta, non meno utile che dilettevole quanto quelle più sopra indicate. Intanto ci congratuliamo colla Direzione delle Letture cattoliche del bene che i suoi fascicoli vanno producendo in mezzo al popolo, e facciamo voti che i medesimi vadano ogni dì più divulgandosi, coll'acquisto di nuovi associati. - Prezzo del detto fascicolo lire 0 50 - Copie 10 lire 4. - Dell'associazione per un anno lire 2 25 - Copie 25 lire 50 franco di posta. - Dirigersi alla Tipografia Salesiana, via Cottolengo, numero 32, Torino.
Fascicoli delle Letture cattoliche pubblicati nell'anno 1877:
Un giovanetto alla moda; di L. Matteucci: |
L. 0,30 |
Il pio scolaro: |
0,30 |
La nuvoletta del Carmelo; del sacerdote D. Gio. Bosco: |
0,25 |
La Repubblica Argentina e la Patagonia; del sac. Barberis: |
0,50 |
Adolfo e Melania, o della perseveranza dopo la prima Comunione: |
0,40 |
Il Tiberio della Svizzera, ossia Gio. Calvino; del sac. Lemoine: |
0,50 |
Il Gran Passo: |
0.50 |
11 novembre 1877
In principio dell'anno scolastico crediamo raccomandare la pubblicazione mensile intrapresa con questo titolo dall'infaticabile sac. torinese D. Bosco, fondatore e superiore generale della Congregazione salesiana. Essa ha per iscopo di pubblicare quei testi di lingua antichi o moderni che possono essere utili alla colta gioventù. - Ogni mese esce un volume di 250 pagine circa. L'associazione per ogni anno, lire 6. Dirigersi al Direttore della Biblioteca della gioventù italiana, via Cottolengo, 32, Torino. - La tipografia Salesiana, non contenta di avere già mandato in luce ventinove volumi di una raccolta di classici latini pagani, purgati ab omni labe, ha messo mano ad una collezione di classici latini cristiani. Le prime due dispense sono tratte dagli scritti di San Gerolamo e di Sulpizio Severo ed annotate opportunamente dal chiarissimo professore Tamietti. Dirigersi alla detta Tipografia. {229 [229]}
16 novembre 1877
Roma, 9 novembre 1877.
(Corrisp. part. dell'Unità Cattolica). - Oggi, poco dopo il mezzogiorno, i missionari salesiani, di cui l'Unità Cattolica annunziava testé la partenza da Torino, ebbero la dolce consolazione di prostrarsi ai piedi di Sua Santità Pio Nono e bearsi del suo aspetto angelico.
Erano schierati in lunga fila nella grande galleria di Raffaello, e dietro a loro trovavansi pure le suore di Maria Ausiliatrice. Il Santo Padre giunse accompagnato dagli eminentissimi Cardinali Bilio, Pacca e Ledokowski, nonché dalla nobile sua anticamera, ove notavansi pure parecchi Prelati stranieri, tra i quali monsignor Pietro Ceccarelli, parroco di San Nicolas de los Arroyos. Il reverendo Don Cagliero, che si trovava in capo dei missionari: «Ecco, Santo Padre, disse, la terza spedizione dei missionarii salesiani, i quali vanno a raggiungere i loro fratelli nel campo delle nostre Missioni americane. Vi sono pure le Figlie di Maria Ausiliatrice, le quali salpano eziandio per la Repubblica dell'Uruguay, per fondarvi la prima loro casa in soccorso delle povere fanciulle abbandonate. Siamo venuti a domandare la vostra apostolica benedizione, benedizione che non solo ci fu di conforto, ma che sperimentammo prodigioso nei due anni che già passammo nelle Missioni delle Repubbliche Argentina ed Uruguayana».
Il Santo Padre rispose: «Sì, cari figliuoli miei, vi benedico ben di cuore». Quindi, dato uno sguardo alla lunga fila dei novelli apostoli, tutto maravigliato esclamò: - E dove li prendete tanti missionari? - È la Provvidenza che ce li manda, Santissimo Padre, rispose Don Cagliero. - Ah sì, la Provvidenza, ripigliò il Papa; dite bene. Ella può tutto, confidiamo sempre in lei. - Dopo riceveva una relazione in iscritto dello stato delle Missioni salesiane in America; una copia stampata dell'inaugurazione del Patronato di San Pietro in Nizza marittima, ed un'altra copia dell'Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni allo stato ecclesiastico.
A questo punto il Santo Padre diede segno di particolare sensazione e disse: - Ah le vocazioni allo stato ecclesiastico; bene, bene. - Passò quindi lentamente davanti a tutti, dando a baciare a ciascuno la sacra destra. Ciò fatto, postosi lor di fronte, con voce franca e robusta, malgrado i suoi 85 anni, così loro parlò:
«Cari figli, ora aspettate da me uh qualche ricordo, che vi sia di conforto nell’avvenire. Ebbene, vi manifesterò un pensiero, che stamane mi si affacciò alla mente durante la santa messa. Nell'introito della santa messa, che oggi abbiamo celebrato della dedicazione della principal chiesa di questa nostra Roma, io leggeva alcune parole, che a prima vista fan meraviglia, e sono: Terribilis est locus iste! Come? interrogai me stesso, come mai la chiesa è un luogo {230 [230]} terribile, mentre è luogo dove noi veniamo a depositare le nostre amarezze, ad elevare la mente ed il cuor nostro a Dio, a domandargli aiuto nelle nostre afflizioni e necessità? E risposi a me stesso: Sì, la chiesa è terribile, ma solo per certuni. Dovete sapere, o cari figli, che vi sono degli uomini, che pur son figli della Chiesa, i quali sono cattivi assai assai. Costoro altro non fanno che affliggere e far piangere questa Chiesa, e se vengono nel luogo sacro, vi vengono solo per portarvi la desolazione ed aumentare gli affanni a questa povera Madre. Or è con costoro appunto che la Chiesa diventa terribile, è a costoro che la Chiesa, santamente sdegnata, manda terribili castighi e pene, come vediamo tuttodì.
Per altra parte la Chiesa non è terribile, ma benigna e dolce per coloro tutti che la amano, ne osservano i santi precetti e le sono devoti. Sta quindi a voi, o cari figli, il fare che questa Chiesa cessi di essere terribile. Voi, armandovi di grande zelo, farete che cessi il peccato, scompaia l'iniquità dalla faccia della terra, trionfi la giustizia, regni l'amor di Dio, della religione, della Chiesa, insomma; voi, santificandovi nella vostra Congregazione, santificherete le genti che vivono in quelle remote regioni; ed allora vedrete questa Chiesa tornare lieta, benigna e pietosissima Madre, e compartire a tutti gioie e benedizioni!!».
Fattosi poscia a riepilogare il suo magnifico discorso, che qui è solo riferito per sommi capi, finì con dire: «Amate, miei cari figli, la Chiesa, difendetene l'onore, fatela amare dai popoli. Ecco il ricordo che vi dà in questo momento solenne il Vicario di Gesù Cristo. Ed affinché il vostro coraggio nel bene operare non venga mai meno, io ben di cuore v'impartisco la mia benedizione. Benedico tutti gli oggetti di divozione che portaste con voi. Benedico in modo speciale il vostro superiore. Benedico i vostri parenti, le vostre anime, le vostre sante imprese, e questa benedizione vi aiuti a santificare voi stessi e tutti quei popoli, cui andate ad evangelizzare. Benedictio Dei, etc».
I giovani missionari partirono da questa udienza pieni di consolazione e di stupore, per aver veduto ed udito a parlare con tanta robustezza il grande Pontefice Pio IX, il quale, mentre si mostra coi buoni così dolce e mansueto, fassi pur vedere terribile ai nemici di Dio dalla stessa sua prigione, da meritare che al Vaticano si applichino le parole della Chiesa: Terribilis est locus iste.
(MB 13,320)
14 dicembre 1877
Un antico amico si presenta anche in quest'anno agli abbonati delle Letture Cattoliche; egli è il Galantuomo, almanacco pel 1878. Da molti anni che egli ha l'ingresso nelle case de' suoi conoscenti, non ha mai mentito al proprio nome. Galantuomo nello scrivere, come nel parlare, egli può portar alta la fronte; ed ei nutre fiducia che chi ne avrà fatto acquisto non sarà per pentirsi giammai della fatta conoscenza. Piccolo di mole, contiene pur molte utili cognizioni; e quando i {231 [231]} lettori, esausta la materia, si troveranno a secco, col desiderio d'averne di più, qual figlio rispettoso delle Letture Cattoliche, si fa un dovere di rammemorarle a coloro che non le conoscessero ancora. Queste in fascicoli mensili possono più abbondantemente assai contentare la bramosìa di leggere; e mentre il Galantuomo si fa garante della loro moralità, invita i suoi lettori a volersene far giudici della utilità, coli'annoverarsi fra i loro abbonati, Il prezzo del Galantuomo è di L. 0,15 per copia, e di L. 10 per cento copie. Il prezzo delle Letture Cattoliche è di L. 2,25 all'anno; per copie 25 L. 50, franco di posta. Sia per l'acquisto del primo, sia per l'abbonamento alle seconde dirigersi alla Direzione delle Letture Cattoliche di Torino, via Cottolengo, N. 32.
22 dicembre 1877
da AUGUSTO ALFANI. - Torino, 1877. - Tipografia e libreria Salesiana. - San Pier d'Arena, Nizza Marittima. - Come in preparazione al quinto centenario, che nel 1888 si farà della gloriosa morte di santa Caterina da Siena, escono dalla tipografia dell'Oratorio Salesiano di Torino alcune lettere di lei, scritte e postillate dal chiarissimo Augusto Alfani. - Questa serafica donna, che fu da Cornelio a Lapide detta il portento di tutti i secoli, conta tra i più colti scrittori del trecento; e le sue epistole sono ad un'ora un gioiello di lingua ed una miniera di notizie risguardanti la vita civile e religiosa del suo tempo. Di che molto va lodato l'Alfani, il quale, sceltone con senno una cinquantina, e corredatele di buone note storiche e filologiche, ora le presenta in dono agli studiosi. Eglino qui attingeranno quei puri sentimenti di patria e religione, che erano così sublimi nello spirito, nel cuore e nella lingua della Santa da Siena; e si avvezzeranno con siffatto esemplare a quella maniera naturale ed italiana di scrivere, di cui oggimai sembra siasi perduto lo stampo. - Il presente volumetto, che è il centesimoquinto della biblioteca della Gioventù italiana, consta di pagine 388, e mandasi ai richiedenti franco di posta per centesimi 80.
23 gennaio 1878
Pregati dalla Direzione della Tipografia Salesiana, avvertiamo i nostri lettori che, la prima edizione del Maggio in campagna del reverendo P. Martinengo essendosi nello spazio di soli due mesi rapidamente esaurita, sospendano di farne richiesta sino al venturo febbraio, in cui sarà pronta la seconda edizione migliorata e corretta dall'autore; e quanto al sesto, carta, caratteri, prezzo in tutto conforme alla prima edizione. Si avvertono pure coloro che, avendo in questi ultimi giorni dimandato copie del libro suddetto, non le avessero ricevute, abbiano la bontà d'aspettare finché la seconda edizione sia pronta, che saranno dei primi ad essere serviti. {232 [232]}
29 gennaio 1878
In occasione delle feste del santo Dottore raccomandiamo le seguenti pubblicazioni, o scritte dal santo Vescovo di Ginevra, o compilate secondo il suo spirito, e venute in luce e vendibili presso la tipografia Salesiana di Torino, via Cottolengo, 32: L'Ape, raccolta di fiori scelti dal giardino salesiano; Le Massime e dottrine tratte dalle opere di San Francesco di Sales, che forma il vol. IX della Collezione ascetica, lire 1; Il cuore della santa baronessa di Chantal offerto all'imitazione delle madri e delle signore del secolo. San Pier d'Arena, tipografia e libreria di San Vincenzo de' Paoli, cent. 25. Ha quest'opuscolo giustamente per epigrafe le parole di San Francesco di Sales: «Io ho trovato in Digione, nella signora di Chantal, quella donna forte che Salomone stentava a trovare in Gerusalemme».
10 marzo 1878
Presso a Torino, in una posizione amenissima, abbiamo un collegio-convitto, retto dai salesiani di D. Bosco, e popolato di giovani saviamente educati alla virtù ed allo studio da professori valentissimi, sotto la direzione dell'egregio dottore sacerdote Dal-mazzo. Quel collegio, come gli altri istituti di don Bosco, è tutto del Papa, e vi si venera ed ama Leone XIII collo stesso cuore con cui si venerava ed amava il gran Pio. All'anima santa di questo ieri pregavasi la pace dei giusti con solen-nissimo funerale, e disse l'elogio funebre del defunto Pontefice l'abate Massimiliano Bardesono. Il quale fu eloquentissimo nel descrivere le virtù, i meriti, le glorie di Pio IX, e dagli occhi di que' cari giovani trasse più d'una lagrima. L'illustre oratore, che per tanti anni avea difeso dal pergamo il nostro Santo Padre, mostravasi lieto di glorificarlo in mezzo alla gioventù già tanto amata e protetta da lui. E gli alunni del collegio, attestando la loro riconoscenza al Padre comune dei cattolici, oltre al soddisfare un dolcissimo dovere di cattolici, imparavano eziandio ad essere più tardi il conforto e la felicità delle proprie famiglie.
24 marzo 1878
Il sacerdote Giovanni Bosco, con quel grande zelo pel bene morale della gioventù che è tutto suo proprio, dopo aver dato ai giovani un libro per le pratiche di pietà (Il Giovane Provveduto), il quale è dei libri di questo genere il più diffuso in tutta Italia, volle provvedere anche le ragazze nella guida delle pratiche religiose. La Figlia Cristiana Provveduta è l'ultimo libro che noi vogliamo far conoscere alle famiglie ed agli istituti. In esso nulla manca di quanto possa una giovane desiderare nelle sue pratiche di pietà è il libro più compiuto che noi conosciamo: in esso {233 [233]} troverà la giovane cristiana pie letture, preghiere, meditazioni, istruzioni religiose, novene, Uffizio della Beata Vergine e dei Morti, Vesperi per tutto l'anno, laudi sacre, ecc., il tutto ottimamente composto ed ordinato. È un bel volume in-16° piccolo di cinquecento pagine, che si vende dalla Libreria Salesiana al tenuissimo prezzo di 60 centesimi, legato in mezza legatura a cent. 80.
(MB 13,863)
5 maggio 1878
Novena e solennità in onore di Maria Santissima Ausiliatrice, nella Chiesa dell'Arciconfraternita a Lei dedicata in Valdocco-Torino. Indulgenza plenaria a chi confessato e comunicato visiterà questa chiesa nel corso della novena o nel giorno della festa. - Orario delle sacre funzioni. La novena comincia mercoledì 15 maggio. In ciascun giorno lungo il mattino sino a mezzodì celebrazione di messe lette, e comodità per chi desidera accostarsi ai santissimi sacramenti della confessione e comunione. Ogni mattino alle 7 1/2 messa e comunione con particolari esercizi di pietà. Tutte le sere alle 7 canto di una lode sacra, predica e benedizione col SS. Sacramento. Giovedì 23. Mattino tutto come negli altri giorni. Alla sera alle 6 1/2 vespro, predica e benedizione. Venerdì 24. Solennità di Maria Aiuto dei cristiani. Mattino. Alle ore 7 messa e comuione generale. Alle 10 messa solenne. Sera. Alle 6 vespro solenne, panegirico, Tantum ergo e benedizione col SS. Sacramento. Sabbato 25. Ore 7 messa, comuione con altre pratiche di pietà pei confratelli defunti dall'Arciconfraternita.
12 maggio 1878
Villa Colon (Montevideo), 4 aprile 1878.
Tutto il mondo restò commosso alla notizia della morte del gran Pio IX. L'antico ed il nuovo continente si consociano a rendere omaggio alla memoria di quell'incomparabile Pontefice. Giovedì, 28 marzo, anche tra noi ebbero luogo nel Collegio Pio di Villa Colon, presso Montevideo, i solenni funerali del nostro gran protettore e titolare del Collegio Pio.
In altri luoghi si saranno fatti ben più sontuosi, ma non più affettuosi. Devo tuttavia premettere che privatamente non si prega per Pio IX, ma si prega Pio IX; poiché tutti lo invocano come santo, persuasi che la sua grand'anima sia già tra i beati in cielo, ad intercedere per la Chiesa e per la travagliata umanità.
La funebre e sontuosa commemorazione cominciò di buon'ora, con grande {234 [234]} frequenza ai SS. Sacramenti di molti forastieri, e circa le 7 1/2 vi fu la comuione generale dei nostri convittori, i quali, se quasi sempre molto divoti, stamane si mostrarono divotissimi. Un po' più tardi i lenti rintocchi della campana chiamavano i fedeli a raccogliersi nel tempio per la messa solenne. Non è a dire come accorressero i villeggianti circonvicini. Bramavano tutti di onorare la memoria di Colui che diede tanto lustro a Villa Colon.
Dalla Direzione della ferrovia si ottenne che un treno espresso partisse di Montevideo e ci portasse i devoti sino alla porta del Collegio, pochi minuti prima che cominciassero le sacre funzioni.
Chi entrava nell'atrio vedeva sopra la porta lo stemma della Chiesa, sotto il quale leggevasi la seguente iscriozone uscita dalla ben temprata penna del dottor Bettinetti, professore di questo Collegio, il quale si fece interprete in questa occasione del sentimento dei nostri cari giovani, diceva così: Pio IX Pontifici Maximo - Cuius nomine - Hoc Ephebeum augebatur - Salesiani Patres - Discipulique - Grati Moerentes. In mezzo della chiesa alzavasi un gran catafalco velato di gramaglie e velluti imprestatici dalla chiesa Matrix di Montevideo, e circondato da una pianta arrampicantesi e da cipressi, il che dava al tutto un aspetto sorprendentissimo. Le sei colonne di mezzo, vestite a lutto con galloni d'oro, parevano sei giganti che vegliassero sul monumento dell'immortale Pontefice. Gli ardevano tutto intorno gran quantità di grossi doppieri, simbolo dell'inestinguibile affetto de' suoi figli. Dai fianchi del feretro pendavano due grandi corone e davanti fu posto un enorme mazzo di fiori di forma ovale che portava scritto in bianco, su fondo violaceo, il semplicissimo, ma espressivo motto - A PIO IX -.
In assenza di monsignor Vescovo, celebrò la santa messa monsignor Conde, parroco dell'Aguada in Montevideo, uno dei personaggi più cospicui della Repubblica. La commozione, che già si era di tutti impadronita all'aspetto del funebre apparato, maggiore a mille doppi fu quando incominciarono le mestissime aromonie della messa di D. Cagliero. Non si era ommessa alcuna cura perché i giovani la imparassero proprio bene. Il canto del Recordare eseguito dalla fleblile vocina d'un nostro alunno produsse un'emozione ineffabile: in quell'alto silenzio, accresciuto dall'oscurità, quella voce penetrava nei cuori, scuotendone le ultime fibre e facendo uscire dal ciglio d'ognuno lagrime di tenerezza e di dolore per l'irreparabile perdita del grande Pontefice.
Non si volle por termine a quella mesta griornata, senza che nel pomeriggio, tra la radunanza di molti invitati, si tenesse una accademica nella quale e in prosa e in verso ed in varie lingue si leggessero varii componimenti in onore dell'incomparabile Pio IX.
Il Collegio va sempre aumentando, molti chiamano di venire fra noi ma quanto prima non potremo più ricevere alcuno, poiché il Collegio sarà completamente pieno. L'abbondanza di domande in questi ultimi giorni è prodotta da una terribile calamità pubblica. Da dieci giorni si è sviluppata la febbre gialla in Montevideo. all'apparire di questa spaventevole epidemia la gente fu presa da un panico indescrivibile; furono chiuse tutte le scuole, tutti i teatri, {235 [235]} tutti i luoghi di convegno, e la gente si buttò con furore alla campagna, dove la febbre non può arrivare, lasciando vuota la capitale. Adesso tutti vedono il vantaggio della posizione che occupa il nostro Collegio immune da ogni.pericolo. Finora il morbo non ha ancor dimostrate vaste proporzioni e si spera che, con le precauzioni già prese e con quelle che si prenderanno e mediante le preghiere dei buoni, il Signore non vorrà far pesare la sua mano su questa infelice Repubblica.
Se Dr LUIGI LASAGNA
dir. del Collegio Pio.
5 luglio 1878
Noi ci siamo più volte occupati dei missionari Salesiani. Ora molti parenti ed amici dei medesimi ansiosamente ce ne chiamano notizie. Si seppe infatti che alcuni di loro da Buenos-Ayres si imbarcarono per la Patagonia ad evangelizzare quei selvaggi senza che si conoscesse per nulla l'esito preciso di quella spedizione. D'altra parte i giornali argentini annunziarono che in quei giorni grandi burrasche avevano flagellato quelle coste per cui passarono, a segno ch'erano andati sommersi non pochi bastimenti con quanti viaggiatori contenevano. A ciò si aggiunsero alcune lettere che davano notizie assai inquietanti. I missionari Salesiani, si diceva, furono respinti con furia dalle onde ed il loro bastimento disparve. Noi siamo oggi in grado di rassicurare i parenti e gli amici loro con quanti di essi si interessano, accertandoli che tutti sono in salvo, sebbene in realtà abbiano dovuto sottostare a pericoli gravissimi. Ci riserviamo a darne più circostanziate notizie nei numeri seguenti, dove pubblicheremo la relazione che uno di loro si compiacque di inviarci.
19 luglio 1878
Il Fedele ce ne dà i seguenti ragguagli: «Domenica decorsa, verso le 4 1/2 pomeridiane, in piazza Napoleone, mentre suonava la banda comunale, si udirono da un angolo alcune grida di “Abbasso il Municipio! Abbasso la scuola dei gesuiti! Viva Trieste italiana”, ecc. Nell'istesso tempo furono innalzate delle bandiere tricolori e dei cartelloni, nei quali erano stampati a grossi caratteri gli stessi “Abbasso” e “Viva”. Fa d'uopo osservare che per iscuola dei gesuiti i dimostranti intendevano l'Oratorio dei Salesiani; che per loro gesuiti e salesiani son tutt'uno! Fecero quindi una passeggiata per la città, ma senza la banda comunale, che si sciolse per non seguirli; e andarono a fare una chiassata sotto le finestre dei Salesiani. I questurini, che seguivano i dimostranti, credettero bene di non disturbarli nelle loro patriottiche grida. Lunedì e martedì mattina poi furono trovate sui muri della città delle iscrizioni stampate, che dicevano: “Abbasso {236 [236]} i paolotti! abbasso la scuola dei gesuiti! abbasso il Consiglio comunale! Viva Trieste italiana”, ecc.».
31 luglio 1878
esposte al popolo e ai dotti nella spiegazione del Credo, e la moderna incredulità confusa dalle scienze moderne, aggiuntovi un trattatello di teologia in servigio della verità della santa parola di Dio, per monsignor Antonio Maria Belasio, missionario apostolico, cameriere d'onore di S. Santità. - Torino, Tip. Salesiana, 1878.
Le rancide novità dell'Enciclopedia risuscitate a' nostri giorni dalla rivoluzione vanno, su pei giornali e negli opuscoli, ritentando la prova contro la incrollabile pietra della Chiesa. Di che, affrontata essa novellamente a nome della scienza, ha mestieri di combattere un'altra volta e sbarattare il nemico colle armi della scienza istessa. Questo intese di fare monsignor Antonio Maria Belasio, missionario apostolico e cameriere d'onore di Sua Santità, in pubblicando le sue dotte e ad un tempo famigliari istruzioni parrocchiali e le spiegazioni del Catechismo. Il volume che annunziamo è il quinto de' suoi lavori, dove Dio e la Santissima Trinità, gli angeli, il demonio, e il magnetismo e lo spiritismo; la creazione del mondo e la eternità della materia; l'ordine della creazione e il caso; l'uomo della Bibbia, e l'uomo selvaggio e preistorico sono messi dinanzi al lettore di maniera che la luce emerge limpidissima dal contrapposto delle tenebre della incredulità. E come i nepotini della rivoluzione francese si fanno un Achille dei progressi che oggi la fisica, chimica, la geologia e panteologia vanno facendo, il nostro autore diedesi a studiare questi progressi con pazienza e capacità non comune sopra i volumi sì dei cattolici, come degli acattolici, non escluso il noto Moleschott; dimostrando trionfalmente esistere una perfetta armonia tra i pronunziati ultimi della scienza e le verità della Chiesa; e quindi avere ragione il cristiano di esclamare col profeta: salutem ex inimicis nostris.
Ciò che poi rende le istruzioni di monsignor Belasio pregevoli ed attraenti è la maniera di concepire e di esporre tutta sua, colorita, immaginosa, nuovissima. Noi siamo di credere che la parola del Belasio faccia molto maggiore impressione all'udirla viva uscire dal suo labbro, che non iscritta, ristretta in periodi e raffrenata dall'arte. Tale era l'eloquenza di san Francesco d'Assisi, tale il predicare miracoloso di sant'Antonio di Padova; e non altra deve essere appunto la legittima e profittevole maniera di evangelizzare il popolo e dotto ed ignorante. Tuttavia, anche stampato, il catechizzare del Belasio farà del gran bene; e noi veggiamo essere del nostro parere i dotti Prelati e le persone di molte lettere, che si rallegrano col nostro autore e lo confortano a comunicare con tutti quei tesori di sapienza cristiana che resterebbero non divulgati, proprietà di pochi, e con questi finirebbero di fruttificare.
Noi raccomandiamo specialmente ai lettori di questo bel volume, che è {237 [237]} dedicato alla Santità del regnante Pontefice Leone XIII, l'appendice, dove in poche pagine sono raccolti e sviluppati i principii e gli avanzamenti della geologia, scienza che, fattasi più popolare, non abbacinerà più in avanti gli occhi dei semplici, e, ridotta al suo vero valore, viemmaggiormente renderà testimonianza alla divina parola della Bibbia.
Vendesi il presente volume di 302 pagine in -8° all'Oratorio Salesiano di Torino per lire 2,50.
3 agosto 1878
Il 1° di agosto, festa di san Pietro in Vincoli, don Bosco, fondatore dei Salesiani, eleggeva i più valenti della sua Congregazione, parte in Torino, parte in Piemonte od in Liguria, per esaminare i quattordici manoscritti che furono consegnati all'Oratorio di San Francesco di Sales, affine di concorrere ai due premii, l'uno proposto da monsignor Ceccarelli sulla vita di san Pietro, e l'altro da un cattolico per mezzo del Vescovo di Mantova sulla vita di san Paolo. I due oblatori dei premii vollero che i sacerdoti salesiani decidessero della vittoria, e don Bosco ha trovato il modo di assegnare ai preti più laboriosi della sua Congregazione un sollievo degno di loro. Distribuì a ciascuno un manoscritto, perché lo esaminassero, studiassero attentamente e ne scrivessero un'accurata relazione dei meriti e dei difetti, secondo le condizioni del programma. Di mano in mano la Commissione dei Salesiani terrà le sue tornate, ed in ognuna di esse si leggerà la relazione di uno dei manoscritti, e vi si faranno sopra le opportune discussioni. E così all'ultimo si verrà a conoscere quali fossero i migliori ed ottenessero il premio, locché verrà detto in un'apposita breve ed accurata decisione. Oh! D. Bosco fa le cose a dovere, e dice con S. Paolo ai Corinti: Omnia autem honeste et secundum ordinem fiant.
Ma ora con questi due ultimi concorsi non v'è più nulla per dare occupazione in ispecie ai sacerdoti ed ai regolari del regno d'Italia. Conviene quindi che qualche buon cattolico, seguitando gli esempi del cav. Gaetano Rem-Picei, del marchese G. Mereghi, di monsignor Ceccarelli, proponga qualche nuovo tema di concorso ed offra qualche premio, almeno di un migliaio di lire. E poiché il nostro Santo Padre porta il bel nome di Gioachino, padre della Vergine benedetta, e la gioventù torinese, guidata dall'ottimo canonico Schiapparelli, ha proposto di solennizzare la festa di questo gran santo, non sarebbe bene che nella ricorrenza di detta festa noi potessimo proporre un concorso per una Vita popolare di S. Gioachino secondo il Vangelo e la tradizione? E oltre S. Gioachino non converrebbe occuparsi e scrivere di Sant'Anna, di cui S. Giovanni Damasceno nella sua orazione della Natività di Maria Vergine esclama: O par beatum loachim et Anna! Vobis omnis creatura obstricta est. E noi confidiamo {238 [238]} appunto in S. Gioachino e in Sant'Anna, che metteranno nel cuore di qualche buon cattolico il pensiero di promuovere questi due concorsi per dare ad un tempo occupazione ai nostri sacerdoti e arricchire di nuove e preziose opere l'agiografia cattolica.
Che se il Santo Padre Leone XIII ha ricevuto nel battesimo il bel nome di Gioachino, egli è pure divotissimo di sant'Anna; e quando nel Concistoro dei 19 gennaio del 1846 gli fu assegnata la sede di Perugia, volle fare il solenne ingresso nella città ai 26 del luglio seguente, festa di sant'Anna, avendo egli scelto tal giorno in memoria della contessa Anna Prosperi Pecci, sua madre dilettissima. Di che egli immensamente gradirebbe, ne siamo certi, che si proponesse al clero italiano di occuparsi di sant'Anna e di san Gioachino, e di scriverci sopra un bel libro che potesse anche servire di rimedio contro l'errore capitale dei tempi nostri, che è la distruzione della famiglia, e ne mostrasse invece le delizie e le glorie nella famiglia della Vergine Immacolata.
13 agosto 1878
Questo edifizio in costruzione tra il Corso Vittorio Emanuele II, la via Pio V e via Madama Cristina in Torino, si eleva già a parecchi metri di altezza, ma non si potè ancora effettuare la benedizione della pietra angolare. Questa funzione avrà luogo domani mercoledì, 14 agosto, vigilia di Maria Assunta in cielo. Padrino, ovvero priore della festa, che metterà la prima calce sopra la pietra benedetta, è il signor barone Giuseppe Ceriana, banchiere. - S.E. Rev.ma Monsignor Lorenzo Gastaldi, nostro veneratissimo Arcivescovo, compirà il sacro rito. La funzione comincierà alle 9 mattino. Attesa la specialità della funzione, speriamo interverranno numerosi i fedeli. La musica viene eseguita dagli allievi dell'Oratorio di San Francesco di Sales. L'ingresso è stabilito dalla parte del Corso Vittorio Emanuele II. - È una bella coincidenza. La vigilia dell'Assunzione di Maria al cielo è inaugurata una chiesa al discepolo prediletto del Salvatore, a quell'Apostolo, a cui Gesù, prima di spirare in croce, affidava l'augusta sua Genitrice.
13 settembre 1878
Salubrità di clima, regolarità di disciplina senza rigore, sodezza d'insegnamento e morale educazione sicura a tutte prove, sono le condizioni alle quali soddisfa pienamente il Collegio-Convitto municipale di Alassio, affidato alla direzione dei preti salesiani. L'insegnamento, oltreché è approvato e pienamente conforme ai programmi e regolamenti governativi, è dato con tal regolarità e diligenza, che nulla si lascia a desiderare. Ne è prova il felice esito degli esami di licenza sì liceale e sì ginnasiale {239 [239]} sostenuti, non ha guari, nei regii licei e ginnasii dello Stato. Per ogni informazione relativa all'ammissione dei giovani in Collegio dirigersi al rettore locale Don Cerniti sac. Francesco, dottore in lettere.
18 ottobre 1878
Il sacerdote Giovanni Bosco, già tanto benemerito dell'educazione della gioventù, aprirà pel nuovo anno scolastico un Collegio-Convitto nella storica città d'Este. Noi lo raccomandiamo vivamente a quei padri che vogliono sia impartita ai proprii figli una sana istruzione ed una educazione religiosa. Per quest'anno vi saranno solamente le quattro classi elementari e la prima ginnasiale. La pensione mensile è di lire 40. Si rivolgano le domande in Torino al signor don Giovanni Bosco, oppure in Este al parroco signor don Agostino Perrin, od al direttore del Collegio, sacerdote Giovanni Tamietti, dottore in lettere.
8 dicembre 1878
Quest'oggi, giorno sacro all'immacolato concepimento della Vergine Santissima, nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Valdocco i missionari salesiani riceveranno solennemente la benedizione prima di partire per l'America del Sud, dove sì gran bene già operano da alcuni anni molti loro confratelli. Alle 3 pomeridiane si canteranno i vespri, finiti i quali il sacerdote Giovanni Bosco rivolgerà alcune parole a' suoi figli che stanno per separarsi da lui; subito dopo si reciteranno le preghiere dell'Itinerario, come prescrive la Chiesa, e si chiuderà la funzione colla benedizione del Santissimo Sacramento. Ben è vero che per particolari circostanze la partenza di questi nuovi missionari non sarà una sola, perché partiranno alcuni il giorno 10, altri il 14 del corrente mese e taluni dovranno aspettare il primo di gennaio; ma si è scelta l'odierna solennità per mettere sotto la protezione della Vergine Immacolata il loro viaggio e tutti quei lavori che vanno ad intraprendere a vantaggio delle anime in quelle lontane regioni.
31 dicembre 1878
La divozione ognor crescente per tutto il mondo cattolico in onore di Maria Santissima Ausiliatrice meritava certamente che questa grande Benefattrice del genere umano fosse con rito speciale onorata ed invocata. Sotto al titolo {240 [240]} di Auxilium Christianorum è invocata ogni giorno dai fedeli nelle litanie Lauretane. Una solennità speciale stabilì la Chiesa pel giorno 24 di maggio. Altari, chiese, confraternite attestano, si può dire, in ogni parte della terra le glorie di Maria invocata sotto al titolo di Aiuto dei cristiani.
Nella chiesa poi eretta in Torino sotto al titolo di Maria Ausiliatrice cresce ogni giorno più concorso dei fedeli, non invano chiedendo sollievo e conforto nei varii bisogni ed afflizioni della vita.
Una formula di benedizione era già piamente usata nella chiesa stessa, ma il sacerdote Bosco, desiderando che ogni cosa si praticasse secondo i riti e l'approvazione della Santa Sede, espose tale formola alla Sacra Congregazione dei Riti, che, esaminatala attentamente, parola per parola, a nome di Sua Santità Leone XIII l'approvò nel modo seguente:
FORMULA
Benedictionis in honorem et cum invocatione Beatæ Marine Virginis sub titulo Auxilium Christianorum.
Sacerdos superpelliceo ac stola indutus, dicit:
- Adiutorium nostrum in nomine Domini.
- Qui fecit cælum et terram.
Ave Maria, ecc.
Sub tuum præsidium confugimus, Sancta Dei Genitrix, nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus nostris; sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta.
- Maria, auxilium christianorum,
- Ora prò nobis.
- Domine, exaudi orationem meam.
- Et clamor meus ad te veniat.
- Dominus vobiscum,
- Et cum spiritu tuo.
Oremus
Omnipotens, sempiterne Deus, qui gloriosæ Virginis Matris Mariæ corpus et animam, ut dignum Filii tui habitaculum effici mereretur, Spiritu Sancto cooperante, præparasti; da, ut cuius commemoratione lætamur, eius pia intercessione ab instantibus malis et a morte perpetua liberemur.
Per eumdem Christum Dominum nostrum.
- Amen.
Et personam benedicendam aspergit aqua benedicta.
Taurinen.
Sacra Rituum Congregatio, utendo facultatibus sibi specialiter a Sanctissimo Domino Nostro Leone Papa XIII tributis, ad enixas preces rev. Domini Ioannis Bosco, rectoris ecclesia ac sodalitatis Beatæ Mariæ Virginis sub titulo Auxilium Christianorum in civitate Taurinensi, suprascriptam benedictionis {241 [241]} formulam, antea a se rite revisam, approbavit atque in usum præfatas ecclesia; et sodalitatis benigne concessit. - Die 18 maii 1878.
Fr. Th. Ma Card. MARTINELLI,
S. R. C. Præf.
PLAC. RALLI, S.R.C. Secr.
1 gennaio 1879
Da un illustre signore, che accoppia nel suo cuore l'amore della religione coll'affetto alle arti belle, abbiamo ricevuto la seguente offerta già consegnata a don Bosco: «Un padre di famiglia che raccomanda alle orazioni dell'oratorio di San Francesco di Sales sé e la sua famiglia, concorre colle unite lire 100 alla erezione della chiesa nuova sul viale dei Platani, in onore di San Giovanni Evangelista. Questa chiesa, disegnata dall'espertissimo conte Mella, sarà un vero modello di architettura medio-evale, siccome l'offerente potè arguire visitandola, epperciò qualsiasi persona amante di monumenti potrà meritamente concorrere alla sua erezione facendo opera santa nello stesso tempo».
16 gennaio 1879
Col giorno 18 corrente gennaio scade il termine stabilito per la pubblicazione del risultato dei due concorsi a premio per le Vite dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, a norma dei programmi enunciati nei numeri 191 e 205 dell'Unità Cattolica dell'anno 1877.
La moltiplicità degli scritti pervenuti alla Commissione, e la mole di non pochi di essi ha portato un lavoro assai più lungo di quello che si sarebbe aspettato; quindi, mentre essa gode dello slancio prodotto dalla nobile proposta, sente più grave il peso della risponsabilità nel profferire la difficile sentenza.
Terminato l'esame parziale dei singoli manoscritti, le resta ancora il compito più delicato, quello cioè del confronto fra i medesimi. Persuasa che un ben ponderato giudicio sia ciò che si aspetta da lei, crede dover suo di ritornare con ripetuto studio sull'esame degli scritti, a fine di formarsene un giusto concetto relativo. Da questo esame potrà giudicare con più prudente maturità quale tra i manoscritti abbia meglio soddisfatto a tutte le parti del programma, e meritato d'essere fra tutti prescelto.
Avendo perciò deliberato di protrarre il suo giudizio definitivo, si fa un dovere di darne pubblico cenno, con riserva di farne noto il risultato ad epoca {242 [242]} più avanzata, non però più tardi della festa dei medesimi Santi Apostoli dell'anno corrente.
14 gennaio 1879.
Per la Commissione
Il segretario D. C. CAYS.
19 gennaio 1879
Marsiglia, 16 gennaio 1879.
M'è grato annunziarle che il grande apostolo di carità Don Bosco è qui da qualche giorno, e non è difficile indovinare quale sia lo scopo del suo viaggio: l'inesauribile sua carità!
Ella saprà che fin dallo scorso mese di luglio si aprì nella nostra città un Oratorio sotto il titolo di San Leone, che è diretto dai preti salesiani di Torino. Questa casa, come tutti gli stabilimenti di Don Bosco, è destinata a raccogliere i ragazzi abbandonati, gli orfanelli, i poverelli.
E una istituzione che mancava a Marsiglia, che abbonda di opere di beneficenza. Sebbene non conti che pochi mesi di esistenza, fa già gran bene alla società, dappoiché vi sono già una ventina di orfanelli. Di più una quarantina di ragazzi poveri intervengono come esterni alla scuola, e soddisfano ai loro doveri religiosi.
Il locale, detto Beaujour (Bel giorno), è vasto e possiede un giardino di ricreazione, ma fin qui non si è ancora potuto dotare di tutti quei vantaggi che godono gli stabilimenti di Don Bosco in Italia ed in America.
Tuttavia si è già formato un laboratorio di falegname, di sarto e di calzolaio, e, coll'aiuto di Dio, si farà piano piano il resto. Ma i mezzi mancano, ed è veramente cosa miracolosa di poter provvedere al vitto e vestito dei poveri meschinelli e dei salesiani che, come ella sa, non posseggono nulla.
E non v'ha dubbio che la venuta del sant'uomo non abbia per iscopo l'incremento di quest'Opera così essenzialmente grande ed utile alla società, ond'io sono sicuro che tutti i buoni cattolici sapranno apprezzare come merita l'opera di Don Bosco, che è un vero bisogno sociale.
G. CANOBI.
27 febbraio 1879
L'Eccellenza reverendissima del nostro Arcivescovo si degnò di onorare i trattenimenti che ne' passati giorni diedero tanto i figli del povero che per la feconda carità-di D. Bosco vivono nell'Oratorio, quanto i figli del ricco, che sotto il suo magistero si educano {243 [243]} alla scienza ed alla virtù nel Collegio Convitto Valsalice. Il nostro Arcivescovo assistè alle rappresentanze degli uni e degli altri, e quanta letizia e riconoscenza que' buoni giovani sentissero per tanto onore, potè conoscere dagli applausi cordialissimi che riscosse.
22 marzo 1879
Leggiamo nella Gazette du Midi, che si stampa a Marsiglia, il seguente articolo, pubblicato il giorno 8 marzo, col titolo L'Oratorio di San Leone, Opera del sacerdote Don Bosco, Rue Beaujour, 2:
«In un secolo in cui i liberi pensatori si sforzano d'ogni maniera a rappresentare la Chiesa cattolica quale la grande osteggiatrice del progresso, è dovere della stampa conscienziosa di far conoscere che gli apostoli di Gesù Cristo sono sempre alla testa delle opere che promuovono il vero interesse sociale.
Fra gli uomini che la Provvidenza ha arricchiti delle virtù e della carità di San Vincenzo de' Paoli, e che illustrano il nostro secolo, primeggia maestosa la nobile figura dell'abate Don Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione dei preti di San Francesco di Sales.
Questo degno ecclesiastico nacque nell'anno 1815, da poveri parenti contadini, nella piccola borgata di Murialdo nella provincia d'Asti. Egli ha consacrata l'intiera sua vita ad ammegliorare la sorte delle classi povere, e, dopo aver fondato dal 1841 in qua e in Italia ed in America settanta e più case, destinate a ricoverare i giovani abbandonati (se ne calcola il numero a 30,000), il santo sacerdote una ancora ne aperse nella nostra città nel giorno 2 luglio ultimo, col titolo di Ospizio di San Leone, dal nome del nostro Santo Padre Leone XIII.
Lo scopo dell'Opera di D. Bosco si è di strappare dall'ozio e dal vagare per le pubbliche vie i ragazzi abbandonati, di raccoglierli, senza distinzione di nazionalità, in apposito ricovero, ed ivi far loro imparare una professione o mestiere.
Di già una vasta sala della casa Beaujour venne trasformata in laboratorii di falegnami, calzolai e sarti; e quei giovani, che dimostrano particolare attitudine, sono avviati allo studio della scienza.
Il numero dei giovani fino ad ora raccolti nella casa Beaujour raggiunge i 60; sgraziatamente la ristrettezza del locale non permette di riceverne di più; e, malgrado le stringenti sollecitazioni di molte madri, le quali si presentano colle lagrime agli occhi ai sacerdoti salesiani a chiedere l'ammissione dei loro figli, si è costretti a rifiutarli.
Come ben si scorge, questa caritatevole istituzione presenta un doppio interesse, e morale e sociale, e sotto questo aspetto si raccomanda alle anime generose e pie, di cui abbonda, la città di Marsiglia; tanto più che i preti salesiani, altro non possedendo che il personale loro sacrificio, mancano dei mezzi {244 [244]} pecuniarii per far fronte ai bisogni quotidiani dei loro piccoli protetti.
Noi facciam plauso all'Opera di D. Bosco, ed esprimiamo i voti più sinceri affinché gli sforzi del santo sacerdote siano coronati da successo, tanto qui fra di noi, come in Italia ed in America».
23 marzo 1879
Roma, 18 marzo 1879.
(Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica). - Ieri, festa di San Patrizio, apostolo della cattolica Irlanda, si tenne in Roma la seconda Conferenza dei cooperatori salesiani. Dietro invito di don Bosco, che si trova da qualche settimana in Roma, si raccolse nella ricca e splendida cappella delle Nobili Signore Oblate di Santa Francesca Romana in Tor de' Specchi, una scelta di persone d'ambo i sessi, non avresti saputo se più illustri per lignaggio o per iscienza e virtù. Fra tutti spiccava l'eminentissimo Cardinal Vicario, che quale cooperatore salesiano si degnò ancor egli di prendere parte, anzi di presiedere alla pia adunanza.
Il signor don Bosco, salito sulla tribuna, colla semplice ed affettuosa sua parola, tenne per circa mezz'ora pendente dal suo labbro il cospicuo uditorio, esponendo quanto col sussidio dei caritatevoli cooperatori e cooperatrici la Congregazione salesiana aveva fatto nel corso dell'anno a vantaggio specialmente dei giovanetti più poveri e derelitti. Più di venti novelle case si sono aperte tra Italia, Francia ed America, che, aggiunte alle precedenti, formano il bel numero di ottanta, nelle quali ricevono una cristiana e civile educazione circa quaranta mila giovani.
Ventiquattro persone, cioè quattordici Salesiani e dieci Suore di Maria Ausiliatrice, furono inviate nel corso dell'anno all'America del Sud, dove nei Collegi ed Ospizi della pia Società si trovano già parecchi figli d'indigeni, cui tarda il momento di potersi consacrare alla salute dei Pampas e dei Patagoni. Mediante l'opera loro si ha ogni motivo a sperare che si avverino le parole pronunziate dal grande Pio IX, quando consigliò le Missioni salesiane di America: Bisogna convertire i genitori per mezzo dei figli. Venendo agli Istituti e scuole attivate in Italia, Don Bosco parlò specialmente delle Case state aperte nei siti più minacciati dalla eresia protestante. E qui, con vera compiacenza di tutti, si fermò a dire delle scuole salesiane incominciate nella città di Spezia dalla liberalità dell'immortale Pontefice Pio IX, e continuate dalla non meno esimia carità del suo degno successore Leone XIII, che le sostiene con un assegno mensile. Consolanti ne furono già i frutti raccolti. Gli alunni che le frequentano sono più centinaia, strappate per questa guisa dalle scuole dei vicini protestanti. {245 [245]}
Passando poscia a rispondere a quelli che ripetutamente gli domandavano perché non apra pur anche in Roma una Casa di arti e mestieri, egli disse che a molti dei poveri giovanetti di Roma e de' suoi dintorni si era finora provveduto coll'accoglierli nell'Oratorio di Torino od in altri Ospizi, in cui presentemente se ne trova un centinaio; che tuttavia desiderava di aprire in Roma altresì un simile Instituto, e coll'aiuto di Dio e col concorso dei benevoli cooperatori e cooperatrici, sperava che ciò si sarebbe tra non molto effettuato. - Voi sapete, egli conchiuse, voi sapete, o benemeriti signori, dove vada a finire la vostra carità. Vi prego pertanto a continuarmi il vostro appoggio materiale e morale, mentre vi prometto l'imperitura gratitudine dei giovanetti da voi beneficati.
Disceso Don Bosco dalla tribuna, vi salì l'eminentissimo Cardinale Vicario, il quale pronunziò un discorso, quale uscir non poteva che dalla bocca di un personaggio che occupa in Roma il primo posto dopo il Papa, e tutto zelo per la salute delle anime. Dopo aver giustamente rimpianto la rovina di tanti insti-tuti di beneficenza eretti in Roma dalla munificenza de' suoi Pontefici, egli con nobili parole eccitò i suoi uditori a supplirvi oggidì con più abbondanti opere di carità, commentando le parole d'Isaia: Frange esurienti panem tuum, et ege-nos vagosque induc in domum tuam; cum videris nudum, coperi eum: et carnem tuam ne despexeris: Rompi il tuo pane al famelico, e i bisognosi ed erranti conduci in casa tua; vedendo un nudo, coprilo; e non avere in dispregio il tuo simile. - Egli confortò i suoi detti con un esempio tratto dalla vita di San Silvestro Papa: «Questo grande e caritatevole Pontefice, così l'eminentissimo Porporato, fece ricercare in Roma e prendere nota di tutti i poveri, degli orfani e miserabili di ogni fatta, e dispose che fossero alimentati e provveduti quotidianamente di quanto abbisognasse alla vita».
Dando poscia la ragione di tanta sollecitudine sua, diceva: «Così far dobbiamo, affinché questi poverelli non abbiano a domandare la carità agli stranieri, i quali, mentre sollevano il corpo, strozzano le anime». Parole son queste ed esempio degno di essere ora più che in altro tempo ricordato tra noi ed imitato.
Imperocché, da qualche anno, in questa città dei Papi si sono installati gli stranieri, vale a dire i protestanti. Questi nemici della fede di Gesù Cristo non solamente hanno qui edificati tempii alla menzogna ed aperte gratuite scuole, ma fabbricati ospizi di carità, e quindi sotto l'aspetto della beneficenza si adoperano a fare proseliti, specialmente tra il basso popolo e tra la inesperta ed abbandonata gioventù. In questo modo cotesti stranieri, mentre sollevano il corpo, strozzano le anime. Per questi empii raggiri o malefiche arti le presenti e le future generazioni sono minacciate di eresia nel centro stesso del cattoli-cismo, ai piedi della stessa Cattedra di verità. Or, qual verace Romano non sentirassi scuotere ogni fibra del cuore a tanto pericolo?».
Durante il suo eloquente discorso, Sua Eminenza fece più volte conoscere quanto sarebbe tornato gradito fa lei ed al Santo Padre un Istituto salesiano in Roma, che avesse per iscopo di ricoverare i giovanetti più poveri ed abbandonati, {246 [246]} e, mediante una morale educazione, mediante un'arte o mestiere, renderli buoni cristiani e savii cittadini.
Ci auguriamo che non solo i cooperatori e cooperatrici, ma tutti i caritatevoli signori, di cui si vanta la città di Roma, facciano tesoro delle preziose parole dell'eminentissimo Cardinale Vicario, e col consiglio e colla mano concorrano ad allontanare o a scemare almeno i gravi pericoli, a cui la tristizia dei tempi e l'arte degl^eretici espongono oggidì tanta gioventù romana.
30 marzo 1879
Leggiamo con piacere nella Civilisation che l'abate Roussel, direttore dell'Orfanotrofio di Anteuil, ha chiamato alcuni Salesiani a dirigere quella bella istituzione. Il giornale di Parigi rende in questa occasione omaggio alle opere apostoliche del nostro D. Bosco, fondatore della Congregazione salesiana e delle suore di Maria Ausiliatrice. E mentre un'istituzione italiana va a stabilirsi nella capitale della Francia, le Piccole Suore dei Poveri, tanto conosciute in quella nazione, fondano in Napoli la prima Casa della loro
Congregazione in Italia.
(MB 13,745)
23 aprile 1879
Oggi, 23 aprile, si comincia in Torino il Mese di Maria nella chiesa dell'Ausiliatrice in Valdocco, che avrà termine colla solennità del 24 prossimo maggio. Al mattino, alle ore 6 ed alle ore 7 1/2, vi sarà messa con canto di lodi sacre e frequenza ai santi Sacramenti. Alle ore 7 pomeridiane canto di lodi, un breve discorso e benedizione col Santissimo Sacramento. - Sono invitati i divoti Torinesi a prendervi parte, a fine di lucrare le sante indulgenze concesse dai Sommi Pontefici, e per ottenere la protezione di Maria, potente aiuto dei cristiani.
25 maggio 1879
In un ospizio valdese presso Ventimiglia trovavasi ancora l'anno scorso un giovanetto, collocatovi da disgraziati genitori, che ora più non sono. D'ingegno svegliato, egli apprese per tempo i primi rudimenti della scienza profana, bevendo insieme a larghi sorsi il veleno dell'eresia che gli propinavano ogni giorno i maestri e i ministri protestanti. Questi, scorgendo il mirabile progresso ch'egli faceva nella loro dottrina, concepivano le più grandi speranze {247 [247]} sopra di lui, e andavano lusingandosi che sarebbe divenuto un giorno un forte sostegno della setta di Pietro Valdo. Così sarebbe stato davvero se una Madre pietosa non avesse vegliato dal cielo sul buon giovinetto, e trattolo come dalla fauci dei lupi.
Giunto ad una certa età, egli incominciò a provare serii dubbii sulla veracità della religione valdese, che cotanto gli magnificavano i suoi maestri sopra la cattolica. I suoi dubbii nacquero donde, umanamente parlando, avrebbero dovuto morire, cioè dall'udire le quotidiane invettive ed ingiurie con cui i ministri dell'errore si scagliavano contro il Papa, i Vescovi, i sacerdoti, ed in generale contro tutti i cattolici; specialmente poi dal modo indecoroso col quale parlavano della Madre di Dio. Il fatto seguente venne un giorno a confermare le sue dubbiezze ed accrescere i suoi timori. Trovandosi in conversazione col direttore dell'Ospizio, colla moglie del medesimo e con altri maestri e compagni, venne a cadere il discorso sulla verginità di Maria, dai protestanti audacemente negata. Il sagace giovanetto li lasciò dire per un poco, e poi soggiunse: - Voi mi volete dare a credere che Maria non sia vergine; ma, se è così, perché mi fate recitare nel Simbolo degli Apostoli che Gesù Cristo nacque da Maria Vergine? - A questa sì giusta riflessione, che parve inspirata dal cielo, la dottoressa, ossia la moglie del direttore, per tutta risposta lasciò scorrere al povero giovanetto uno schiaffo, che fortunatamente andò fallito. «Ma questa non è una ragione», esclamò allora il savio fanciullo, e lasciò confusi i suoi interlocutori.
Crescendo intanto vieppiù i suoi dubbii, e non potendo più aver pace, egli concepì il disegno di rendersi cattolico. Ma come fare ad uscire dalle mani de' suoi istitutori? ed uscitone, dove ricoverarsi essendo orfanello, e non avendo che parenti eretici? - Egli aveva difeso l'onor di Maria, e questa buona madre non gli venne meno. Un bravo cattolico di quelle parti essendo venuto a cognizione del pio divisamento del giovinetto, gli tenne mano ad uscire dalla casa d'inganno, e lo consegnava nelle mani di D. Bosco, che lo accolse qual padre il figlio.
Questo caro giovanetto, che conta 15 anni, nel giorno dell'Ascensione metteva il colmo alla propria gioia. Nella chiesa di Maria Ausiliatrice, tra un popolo immenso, egli faceva solenne abiura de' suoi errori e riceveva il Santo Battesimo sub conditione dalle mani di monsignor Tammi, vicario generale di Piacenza, che da qualche settimana trovasi in Torino, ed entrava così in seno alla Chiesa cattolica sposa di Gesù Cristo. Faceva da padrino il nobile e pio marchese Lodovico Scarampi, e da madrina l'egregia marchesa Maria Fassati. Al neofìto s'imponeva il nome di Leone in ossequio al regnante Pontefice Leone XIII. Ieri, festa solennissima di Maria Ausiliatrice, quest'anima fortunata faceva la sua prima comunione, e si univa coi compagni suoi dell'Oratorio Salesiano e coll'immensa folla di cittadini e di forestieri a cantare le misericordie dell'Augusta Madre di Dio, che conta un figlio di più. {248 [248]}
12 luglio 1879
L'agitazione e il malcontento che si va dilatando pel decreto di chiusura delle scuole dell'Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino ci obbliga ad esporre qui fedelmente lo stato delle cose per tranquillità e norma delle persone oneste e dei parenti dei giovanetti ricoverati in quell'Istituto. Ognuno sa come il sacerdote Bosco da circa 40 anni consacri tutto se stesso in favore della pericolante gioventù. Fra i raccolti nell'Istituto di Valdocco alcuni si danno alle arti e mestieri, altri, o perché atti agli studi, o perché appartenenti a signorili ma scadute famiglie, sono avviati a fare il corso secondario. Questi giovanetti sogliono, finito il corso de' loro studii, dedicarsi al commercio, alla milizia, all'insegnamento, all'arte tipografica e via via.
Negli anni addietro quest'Ospizio fu sempre considerato quale ricovero di poveri fanciulli, opera di carità in cui, secondo le vigenti leggi, i genitori o chi ne fa le veci possono far istruire i loro dipendenti, sciolti da ogni vincolo dell'autorità scolastica.
Le autorità dello Stato, gli stessi nostri Sovrani furono sempre insigni benefattori di quest'opera. Soltanto l'anno passato il signor Provveditore agli studi volle assolutamente che fossero posti maestri patentati in ogni classe.
Era questo un dispendio a danno dei fanciulli ricoverati; tuttavia si ubbidì e furono stabiliti e dati in nota al signor Provveditore i cinque professori patentati, in data 15 novembre 1878.
Ma poco dopo lo stesso Provveditore visitò improvvisamente coteste scuole, ed avendo trovato tre maestri assenti, perché davano la loro lezione in altre ore del giorno, ne fece grave delitto.
Per questo solo motivo il regio Provveditore promosse ed ottenne la chiusura dell'Istituto con un decreto datato 16 maggio, e soltanto comunicato il 23 giugno testé decorso. È da notarsi come don Bosco, che ama quei giovanetti come la pupilla degli occhi suoi, ignaro tuttora del famoso decreto, ma subodorando la trama, si presentasse più volte al prefetto, di poi al Provveditore, ripetendo verbalmente e per iscritto che egli voleva essere ossequioso alla legge, e che, se non si voleva permettere la libertà di orario, egli era disposto a cangiare l'andamento dell'interna sua amministrazione e fare in modo che i suoi professori titolari fossero stabilmente in classe a qualunque orario si volesse fissare, invocando la cortesia del prefetto a volerlo appoggiare presso al Consiglio scolastico provinciale ed anche presso il ministro dell'istruzione pubblica. Tutto invano: parole gettate al vento. La sola risposta fu il mentovato decreto che gli concedeva quattro giorni per dare gli esami e sgombrare la sua casa!
Giunti a questo punto, facciamo alcune considerazioni su questo decreto.
Dal 23 al 30 giugno, togliendo il giorno della comunicazione quello della {249 [249]} partenza e due giorni festivi, come era possibile eseguire l'inesorabile comando contro circa trecento giovanetti, di cui gran parte sono di lontani paesi, e avrebbero dovuto essere inviati in Francia, in Inghilterra e Polonia? E poi a chi consegnarli, se la maggior parte non hanno più persona che prenda cura di loro? Questo decreto poi è illegale, perché, secondo la legge Casati, non si può far chiudere un istituto se non quando è compromesso l'ordine morale, l'ordine sociale, la salute degli allievi (art. 247). Nissuna di queste cause è notata nel decreto. Quando poi intervenissero questi gravi motivi, se ne deve dar comunicazione al capo dell'istituto, perché possa fare le sue osservazioni al Consiglio scolastico provinciale (art. 248). Niente di questo fu fatto.
A quale cagione adunque il signor ministro della pubblica istruzione appoggia il suo decreto? Sulla deliberazione del Consiglio scolastico di Torino, che propone la chiusura del ginnasio privato... e sopra la mancanza di idoneità legale degli insegnanti, e l'inganno in cui il sacerdote Bosco volle trarre l'autorità scolastica, mandando una lista d'insegnanti abilitati, mentre in realtà si serviva di altri non abilitati.
Ma, signor Provveditore, nel vostro ufficio non esiste la nota dei professori muniti di patente legale? Non l'avete voi dichiarato e verbalmente e per iscritto? Dunque la proposta di chiusura è basata sopra l'errore.
Riguardo alla seconda parte dell'asserto giudicherà la storia, e lo giudicheremo anche noi a suo tempo, se Don Bosco abbia voluto trarre in inganno l'autorità scolastica, oppure siansi usate arti subdole per trarre lui stesso in un tranello a danno de' suoi poveri giovanetti.
Diciamo qui soltanto che non vi è alcuna legge che proibisca ad un professore titolare, in caso di bisogno, di farsi supplire nella classe a lui affidata. Tanto più che negli Istituti privati si può stabilire l'orario che torna a maggior comodità degli insegnanti. Perciò Don Bosco poteva in certe ore del giorno impiegare i suoi maestri in alcuni lavori di amministrazione ed alle ore loro possibili dare l'insegnamento alle classi ai medesimi affidate.
In questo stato di cose Don Bosco addolorato si appella al ministro perché sospenda la esecuzione del decreto, tenendo conto dell'errore su cui si appoggiava. Niuna risposta.
Si raccomanda al signor prefetto perché accordi un tempo possibile all'esecuzione del decreto; il signor prefetto risponde, il giorno 28, che, se pel 30 di giugno il decreto non è eseguito, egli userà il rigore delle leggi, che è quanto dire che manderà la forza a disperdere i giovanetti colà ricoverati! Soltanto alle ripetute istanze concedette la dilazione di alcuni giorni. Ma avvi ancora un Torinese di alta autorità, che ha carità ed umanità in cuore: è questi Umberto I. Don Bosco, non avendo più altro mezzo per impedire la dispersione e la rovina de' suoi giovanetti, espone lo stato delle cose all' augusto Sovrano, ed esso, poche ore dopo aver ricevuta la supplica, si degnava di fare scrivere il seguente telegramma, che cortesemente ci fu per breve momento lasciato tra le mani, ed è del tenore seguente: {250 [250]}
«Cav. Crodara-Visconti, direttore Real Casa Torino. Prego avvisare sacerdote Don Bosco, direttore Oratorio San Francesco Sales, che sua istanza, diretta a Sua Maestà, trovasi per ordine sovrano in corso presso Ministero istruzione pubblica. - Il ministro VISONE».
Con questo si toglie l'incubo che opprimeva gli allievi di quel pio Istituto, e si darà tempo alla giustizia di fare il suo corso in vantaggio della civile società e dell'umanità.
(MB 14,171; 14,184)
19 luglio 1879
Il Baretti, giornale scolastico-letterario, nel suo numero 29 dei 12 di luglio discorre su questo argomento e fa le seguenti considerazioni sulla chiusura delle scuole nell'Ospizio del sacerdote D. Bosco:
«Quest'atto, secondo noi, è di quelli che, suggeriti dalla passione partigiana, riescono a sacrificare la carità e l'umanità alla legalità ed alla burocrazia. In questi casi ci pare che il Summum ius, summa iniuria, si possa applicare anche ai signori ministri in genere ed al signor Coppino in ispecie. Egli, che trovò legale ed onesto il godere per dodici anni grado e stipendio di professore ordinario d'Università senza mai fare una lezione, obbligando per di più il Governo a pagargli la supplenza, egli dichiara illegale e, quel che è più, degno di essere, senz'altro, chiuso quell'Istituto privato, nel quale si trovò che qualche insegnante patentato si è fatto talvolta supplire da un altro non patentato. Or bene, in nome di questa parola legge, che i signori ministri hanno sempre in bocca quando trattasi di farla osservare cui essi vogliono, noi chiediamo a chi ha consigliato, a chi ha ordinato ed a chi ha fatto eseguire la chiusura delle scuole sopra dette per la mancanza di patente legale in chi fu trovato un giorno a insegnarvi, noi chiediamo a tutti costoro se in questa stessa Torino tutti gli insegnanti governativi che presentemente insegnano siano muniti di laurea o patente che li autorizzi all'insegnamento! E si noti che questi, che altri chiamerebbe insegnanti illegali al par di quelli delle scuole di don Bosco, ricevono, come è giusto, stipendio, mentre gli altri insegnano per puro e lodevole spirito di carità, come fanno tutti quelli che appartengono a quel pio Istituto. Potremmo ancora aggiungere che da queste scuole illegali di don Bosco uscirono dotti insegnanti, autori di opere e libri pregiati, insigni professori liceali e universitarii; e che ancora presentemente esse danno allievi i quali ai pubblici esami di licenza sono quasi sempre tutti promossi e nei corsi universitari sono sempre tra i più segnalati; ma ce la passiamo. Diremo invece che, trattandosi di un Coppino che giudica e sentenzia in fatto di legalità, noi, per {251 [251]} i troppi esempi che ce ne diede e ce ne dà, non possiamo sempre ammettere la competenza del giudice[5].
«La legge! Gran che! Anche poco fa certi paladini del professore e ministro Coppino sostenevano che il titolo di professore emerito dato a questo modello di insegnante, che si pappò sempre lo stipendio senza fare la scuola, era titolo conferitogli in conformità della legge; ma quando si fece loro conoscere quale fosse lo spirito e il testo della legge da loro invocata, smisero il loro zelo legale e si ridussero a poco onorevole silenzio, dopo che avevano per compassione sorriso di quelli che, ignorando la legge a tale riguardo, parlavano senza sapere che si dicessero! Lo stesso crediamo sia presentemente, e lo ha già dimostrato il citato scritto.
Ma quello che per noi ha non solo dell'illegale, sì bene del brutale, è il pretendere, come fece il signor prefetto Minghelli, che gli allievi di queste scuole, chiuse forzatamente e anzi tempo, siano, senz'altro, mandati alle loro case! E quelli, diciamo noi, che appunto per non aver più né casa, né parenti, né altri che pensi e provveda alla loro sorte, sono per carità ricevuti nel pio Istituto? Saranno essi gettati sul lastrico? Quale legge o civile o morale è rispettata in quest'atto inumano e crudele? Sarà forse un omaggio alla coppiniana legge dell'istruzione obbligatoria?
Speriamo, massime ora che il professore emerito Coppino ha lasciato il seggio ministeriale, che il suo successore vorrà dar prova di più ragionevolezza e umanità, pur rispettando la legge».
27 luglio 1879
III Ed ultima.
Ill.mo signor Direttore,
Eccomi qui a fare alcune altre osservazioni sull'articolo del signor Provveditore agli studi. - Dalle precedenti mie lettere mi pare che risulti chiaramente questo: 1° che quello di Don Bosco non entra nell'ordine degli istituti privati, come vorrebbe il signor Provveditore, e non va soggetto alle leggi di quelli; 2° che, quando anche pi volesse chiamare Istituto privato, le prove recate dal signor Provveditore non dimostrano niente affatto che quell'Istituto {252 [252]} mancasse di professori approvati, come reca il decreto ministeriale, e fosse perciò meritamente chiuso.
Ora vengo alle accuse che fa il signor Provveditore alla persona stessa del signor Don Bosco. Egli dice in un luogo: Il sacerdote Bosco non si diede premura di obbedire a chi, per dovere, lo richiamava all'osservanza della legge. E chiude il suo articolo affermando che l'Autorità scolastica trovò nel sacerdote Bosco una incredibile ostinazione ed un'assoluta mancanza di rispetto verso la legge e verso chi deve farla eseguire.
Queste parole, fatte stampare a termini di legge da un regio Provveditore sopra il più ragguardevole ed il più diffuso dei giornali torinesi, quando fossero rivolte contro un maestrucolo delle Alpi, farebbero senza dubbio pensare al più tristo, al più villano di quanti professano la scienza in questa misera Italia. Ma che sarà quando si dicano di un sacerdote, del capo di un numeroso Istituto, e questo capo si chiami Don Bosco? Io credo che i più di quei che leggono l'Unità Cattolica avranno mandato un fremito di indignazione e buttato là il foglio.
Ma anche uno di quelli che gongolano a sentire qualche male dei sacerdoti, e massime dei migliori, un mangiapreti insomma, solo che leggesse con attenzione il giornale, ed avesse fior di senno, dovea dire che il Provveditore correva le poste. E questo è ciò che io mi propongo di mostrare brevemente. Le parole sopra recate son tutte conseguenze dedotte da ciò che è discorso nell'articolo del Provveditore. - Vediamo dunque se derivino legittimamente dalle premesse.
Dice il signor Rho: Giova sapere che fino dall'anno scolastico 1876-77 si pubblicò e si mandò da questo Consiglio scolastico provinciale a tutti i direttori di Istituti privati, e perciò anche al suddetto sacerdote Bosco, un avviso a stampa, in cui venivano invitati ad uniformarsi al disposto della legge, particolarmente riguardo ai requisiti voluti nei professori e maestri per poter attendere all'insegnamento. E poiché il sacerdote Bosco rispondeva al suddetto invito mandando un elenco di sei giovani chierici sprovvisti di titoli legali, che si dicevano applicati alle classi del ginnasio, gli si dichiarava che per il principio dell'anno scolastico 1877-78 doveva provvedersi d'insegnanti muniti di regolare diploma, se voleva continuare a tener aperto il suo Istituto. - Il sacerdote Bosco non si diede premura di obbedire a chi, per dovere, lo richiamava all'osservanza della legge; lasciò trascorrere tutto l'anno scolastico 1876 e 1877 senza far motto... Fermiamoci qui. Don Bosco riceve un avviso a stampa in cui è invitato ad uniformarsi al disposto della legge riguardo ai requisiti voluti nei professori, ed egli risponde mandando un elenco di sei giovani chierici. Signor Provveditore, se all'appello dell'autorità scolastica Don Bosco rispose mandando un elenco di giovani chierici, mostrò con questo di darsi qualche premura di obbedire. Non ha dato l'elenco de' suoi veri professori? Sì. - Disse, mentendo, che quelli fossero muniti di titoli legali? No. - Dunque ov'è la sua colpa o il poco rispetto alle leggi? - Doveva dare un elenco di professori approvati, secondo il disposto della legge. - Piano. Egli credeva di essere perfettamente d'accordo {253 [253]} colla legge, perché teneva il suo Istituto per un Ospizio di beneficenza. In secondo luogo, egli dava l'elenco dei professori di cui si era servito negli anni passati, ed un avviso a stampa non era indizio sufficiente che fossero mutate a suo riguardo le disposizioni dei superiori; ed infine egli sottoponeva l'elenco de' suoi professori al giudizio dell'autorità competente. Può darsi più rispettoso ossequio alle leggi ed a chi deve farle osservare?
Dopo questo gli si dichiarava che per il principio dell'anno scolastico 1877-78 doveva provvedersi d'insegnanti muniti di regolare diploma... Il sacerdote Bosco... lasciò trascorrere tutto l'anno scolastico 1876 e 1877 senza far motto. - E a chi doveva far motto, ed a che prò? Se le autorità scolastiche gli avevano concesso di starsene in pace per quell'anno, e pensare solamente a provvedersi di professori per l'anno vegnente, era bisogno ch'egli facesse motto ad alcuno? - Troppo fuor di proposito adunque afferma il signor Provveditore che D. Bosco non si desse premura di obbedire a chi per dovere lo richiamava all'osservanza della legge. - Continua il signor Rho: poco prima della riapertura delle scuole per l'anno 1877-78 Don Bosco chiese direttamente al Ministero dell'istruzione pubblica di essere autorizzato almeno per un triennio a valersi dell'opera d'insegnanti sforniti del regolare diploma. Questa domanda... mostra come egli cerchi di sottrarsi alla legge comune, e di ottenere un privilegio, che per certo non è conforme alle nostre istituzioni liberali di concedere a chicchessia. - E che? Crede egli il signor Rho che sia delitto o mancanza di rispetto alle leggi, se alcuno, pur mostrandosi disposto ad ubbidire in ogni caso, domandi alla legittima autorità, cioè a chi ha cura di interpretare le leggi e di applicarle, che veda se mai una legge potesse applicarsi in un modo piuttosto che in un altro, e questo non per suo privato interesse, ma per pubblico bene, e per salvezza di centinaia d'innocenti abbandonati? E che dovrà dirsi nel caso che la legge fosse stata per anni ed anni intesa a quel modo? Non potrà giustamente sospettarsi che il contrario fosse inconsideratezza od arbitrio, piuttosto che legge? Ed il signor D. Bosco avrebbe mancato di rispetto alla legge cercando, non coi soprusi o cogli inganni, ma per la via lecita dei richiami e delle preghiere, di sottrarsi alle avventate od arbitrarie applicazioni di quella?
Ebbe perciò (Don Bosco) in risposta che il Governo non poteva fare eccezioni alla legge e che questo solo era causa che la sua domanda non poteva essere esaudita. Ciò non ostante, continuò il Don Bosco a tenere i maestri non abilitati ali’insegnamento; e l'autorità scolastica locale, che avrebbe potuto e forse dovuto fino da quell'istante promuovere la chiusura di quell'Istituto, trovandosi ad anno scolastico incominciato, si contentò di invitare per la seconda volta il direttore a mettersi in regola colla legge almeno per l'anno scolastico successivo, cioè per il 1878-79.
Certo, se in tutta questa storia vi ha alcuna cosa che possa offendere l'occhio di un uomo poco pratico, gli è quel che si dice in questo ultimo passo. Don Bosco, avuta una risposta del Ministero che non gli concede di servirsi di maestri sforniti del regolare diploma, continua a tenere gli stessi maestri non abilitati all'insegnamento. - Perché? La risposta è semplicissima: perché non {254 [254]} ne aveva degli altri. - Se li provvedesse. - Non poteva per allora, e all'impossibile niuno è tenuto. - Chiudesse le sue scuole. - Adagio. Le scuole erano state legittimamente aperte per 30 anni, e finora non si era fatto nessun decreto di chiusura, e qual è quel moralista che volesse obbligare D. Bosco a un passo di quella natura? - E con questo finisce la storia dei delitti di D. Bosco esposta dal signor Provveditore; che quel che segue o fu già esaminato nella lettera precedente o non ha che fare col nostro proposito. - Or dove sono i fatti, coi quali D. Bosco abbia dimostrato una incredibile ostinazione ed un'assoluta mancanza di rispetto verso la legge e verso chi deve farla eseguire?
Qui avrei finito il mio compito. Ma uscendo un tantino dai limiti, che mi sono proposto, credo opportuno riferire un fatto che dimostra insieme e quanta fosse l'ostinazione di Don Bosco in obbedire alle leggi e la longanimità delle autorità scolastiche verso di lui. Dopo la visita fatta dal Provveditore alle scuole dell'Oratorio di San Francesco di Sales, per ordine del Consiglio scolastico fu scritta una lettera a Don Bosco, in cui si minacciava gravemente se non provvedeva che l'insegnamento nelle scuole fosse dato dai professori approvati. Don Bosco rispose con una supplica al Presidente del Consiglio scolastico, in cui dichiarava essere impossibile che i suoi professori dessero l'insegnamento nel tempo voluto dal Provveditore, e supplicava che si contentasse di lasciarli insegnare nelle ore più confacenti alle altre loro occupazioni. Che se si voleva imporgli un orario, gli si concedesse di valersi almeno per due anni di professori sforniti di titoli legali, e conchiudeva la supplica con queste parole: «Supplico pertanto la S.V. Ill.ma, come padre dei poveri figli del popolo, a volere interporre i suoi buoni uffizi sia presso il Consiglio scolastico della provincia di Torino, e sia, se occorre, anche presso il signor ministro della pubblica istruzione, affinché, non a me, ma a questi miei giovani ricoverati, sia concesso lo spazio di tempo implorato. Spero di ottenere il favore che imploro, ma se ciò non potessi conseguire, per non danneggiare l'avvenire de' miei poveri giovani e gettarli in mezzo ad una strada, mi sottoporrei al grave sacrificio di modificare l'amministrazione dell'Istituto, affinché ogni professore possa trovarsi nella propria classe a quell'orario che si volesse prescrivere». Questa supplica non ebbe altra risposta che il decreto di chiusura.
Queste poche osservazioni ho creduto bene di fare a difesa del mio benefattore e della Casa ove fui allevato. Se l'affetto mi fece alcuna volta usare parole alquanto aspre, si creda che io non intendo dare altra forza al mio scritto, da quella in fuori che hanno le ragioni in esso contenute.
Suo devotissimo servitore
Sac. BERTELLO GIUSEPPE,
Dott. in filosofia ed in teologia.
(MB 14,725) {255 [255]}
5 agosto 1879
Il venerando sacerdote D. Bosco ha scritto alla Gazzetta del Popolo la seguente lettera che la Gazzetta stampa nel suo n° 215, dei 4 di agosto. Don Bosco è l'uomo della carità che vivifica; i suoi nemici sono gli uomini della lettera che uccide. Contro Don Bosco si ripete il grido che fu già lanciato contro lo stesso Gesù Cristo: Nos legem habemus et secundum legem debet mori. Ma la legge è tanto male applicata contro Don Bosco, quanto lo fu contro il divin Redentore. Ad ogni modo, noi mettiamo termine a questa polemica. L'uomo della carità non ama di accendere liti. Dall'altra parte una lettera di un illustre personaggio che riceviamo in questo momento ci annunzia imminente «una favorevole risoluzione della vertenza». Ecco la lettera di D. Bosco:
«Signor Direttore, - Più volte nel suo giornale e segnatamente nel n° 211 si è parlato della chiusura delle scuole dell'Ospizio noto col nome di Oratorio di S. Francesco di Sales. Siccome per onore della verità e per vantaggio dei poveri giovanetti qua ricoverati non poche cose devono rettificarsi, così, a titolo di cortesia, la prego di voler inserire la seguente verace narrazione dei fatti.
In ogni tempo questa Casa fu sempre reputata Ospizio di carità, Ricovero di poveri fanciulli e non mai Ginnasio privato.
Gran numero di essi sono avviati alle arti e mestieri, mentre altri, o perché di svegliato ingegno, o perché appartenenti a civili famiglie decadute, fanno il corso ginnasiale, affinché non vada fallita la loro vocazione agli studi, e non siano violentate le loro propensioni.
La legge-Boncompagni nel 1848 e la legge-Casati nel 1859 favorirono queste scuole, e per trentacinque anni i regii provveditori ed i ministri della pubblica istruzione hanno cooperato al bene di quest'Ospizio, considerandolo qual ricovero di poveri fanciulli, quale istituto paterno, il cui superiore fa veramente le veci di padre, secondo la legge-Casati, articoli 251, 252 e 253. Si noti eziandio che quest'Istituto vive di provvidenza, gli allievi ricevono totalmente gratuita l'istruzione, come pure gratuita prestano gl'insegnanti l'opera loro. Ciò nulladimeno il signor Provveditore volle sottoporre quest'Ospizio alle leggi dei ginnasi privati, e quindi obbligare il superiore con non leggeri sacrifici a mettere in classe dei professori patentati.
Dal canto mio, volendo fare ossequio non alla legge, che ciò non comandava, ma all'Autorità, che così esigeva, vennero scelti cinque professori patentati, cui furono affidati i diversi insegnamenti voluti dalla legge. Articolo 246.
Non sembrò pago di questo il signor Provveditore, ma pretese che gl'insegnanti titolari si trovassero in classe secondo l'orario di suo gradimento! Il che è contro alle leggi, che lasciano ai ginnasi privati la facoltà di stabilire l'orario che torna a maggior comodità dei medesimi.
Egli fu per l'inosservanza del pubblico orario, e perché alcuni titolari si {256 [256]} fecero talvolta supplire, che il Consiglio scolastico della provincia di Torino, dietro relazione del signor Provveditore, propose la chiusura di queste scuole.
Il signor ministro della pubblica istruzione credette tale proposta fondata sul vero, ed emanò il decreto di chiusura il 16 maggio, che ritardò a comunicare fino al 23 giugno.
La legalità di quest'atto sarà da altri giudicata. Io dico soltanto che questa è storica esposizione, che niuno potrà né cambiare, né altrimenti interpretare.
Una cosa poi in questo fatto deve amareggiare gli amatori della giustizia, ed è che non fu udita la parte interessata. Le leggi scolastiche e civili d'Italia e dell'estero concedono all'imputato di fare le sue ragioni: ciò a me non fu concesso, e non fu concesso a danno di quei poveri figli del popolo, che tutti gli uomini onesti dovrebbero proteggere ed occuparsi seriamente per migliorarne la condizione.
Vivo però nella ferma speranza che il novello ministro della pubblica istruzione riparerà ad un atto sì dannoso al pubblico bene, e lo riparerà conformemente a quella libertà d'insegnamento che le vigenti leggi concedono.
La ringrazio anticipatamente, signor Direttore, della cortesia, che spero mi vorrà usare, ed ho l'onore di professarmi colla dovuta stima, di V.S. Ill.ma,
Torino, 2 agosto 1879.
Umile servitore Sac. GIO. BOSCO».
(MB 14,185-186; 188)
10 agosto 1879
Non possiamo stampare più oltre gli articoli che ci vengono mandati su tale questione, giacché il signor D. Bosco ce lo vieta colla lettera seguente, degna proprio di lui. E se taluno vuole ancora dubitare che le scuole di D. Bosco appartengano ad un Istituto paterno, nessuno vorrà disconoscere ch'egli abbia un cuore veramente di padre:
Chiarissimo sig. Teologo,
«La benevolenza che V. S. chiarissima si compiacque di usare a me ed a questi miei giovanetti mi obbliga a professarle i più cordiali rendimenti di grazie anche per parte dei fanciulli beneficati. Ora le chiedo un favore di altro genere sulla vertenza di questo Oratorio col regio signor Provveditore agli studi della provincia di Torino. Il punto legale è stato ad esuberanza discusso, e pare che già si comincii a passare alle personalità.
Avendo pertanto questo Istituto bisogno di tutti e di tutto, d'altro canto desiderando nella mia pochezza di cooperare colle Autorità al pubblico bene, mi fo a pregarla di voler soprassedere da ulteriori questioni sopra tale materia, {257 [257]} per far luogo a quella carità operosa che deve regnare in ogni classe di cittadini.
Giudico però opportuno di notarle l'errore da cui derivò tutta questa disgustosa vertenza. Si volle che esistesse un ginnasio privato annesso a questo Ospizio. Ciò non fu mai. Se gli abitanti di Torino, quelli stessi che dimorano nel nostro Ospizio, fossero richiesti dove si trovi tale ginnasio, niuno il saprebbe indicare, perché non esiste.
Esistono invece delle scuole gratuite, che si fanno caritatevolmente ad una scelta di fanciulli dell'Ospizio, che per ingegno o per condizione di famiglia decaduta sono ammaestrati negli studii secondarii.
Malgrado questa mancanza di fondamento nella proferita sentenza, e sebbene il decreto di chiusura non dovesse estendersi allo sfratto degli allievi, tuttavia, come in passato, non solamente ho ubbidito alla legge, ma eziandio all'autorità. Perciò, uniformandomi interamente al decreto ministeriale, il giorno fissato venne sospeso l'insegnamento secondario, e poco dopo gli allievi furono inviati ai loro parenti, amici o benefattori, che almeno temporaneamente diedero ricetto caritatevole.
Ella, signor Teologo, può difficilmente immaginarsi quanto sia stato amareggiato il mio cuore nel vedere precipitosamente troncati il corso degli studi a circa trecento de' miei figli adottivi, i quali sono da più anni oggetto di incessanti sollecitudini e di non leggeri sacrifizi materiali, e, quello che più monta, doverli disperdere non senza pericolo di un tristo avvenire!
Ho però piena fiducia che l'Autorità scolastica, riconosciuta la posizione in cui questo Istituto si trova in faccia alla legge ed alla civile società, mi permetterà di poter quanto prima raccogliere i miei allievi, per continuar loro quella educazione, che valga a metterli in grado di vivere la vita dell'onesto cittadino e nel tempo stesso guadagnarsi onesto sostentamento.
Intanto ben di cuore continuo ad offerire questo ospizio a quei fanciulli abbandonati che le pubbliche Autorità giudicassero di indirizzare ad imparare arti o mestieri. Conchiudo col rinnovarle i sentimenti della profonda mia gratitudine con cui ho l'onore di potermi professare
Di V. S. chiarissima
Torino, 9 agosto 1879.
Obbl.mo ed umile servitore
Sac. GIO. BOSCO».
(MB 14,190-191) {258 [258]}
9 aprile 1880
Il 5 di aprile a Roma, nella chiesa della eccellentissima casa delle nobili signori oblate di Torre de' Specchi, ebbe luogo con consenso dell'eminentis-simo Cardinale Vicario una Conferenza dei salesiani. L'eminentissimo cardinale Nina, segretario di Stato e protettore della Congregazione salesiana, presiedeva la Conferenza, e l'eminentissimo cardinale Alimonda discorreva sui cooperatori salesiani e sul modo di cooperare. La Conferenza cominciò colla lettura di un capitolo della vita di San Francesco di Sales, poi si cantò un mottetto, quindi il sacerdote Giovanni Bosco, superiore della Congregazione, espose lo stato delle opere raccomandate alla carità dei cooperatori salesiani. L'eminentissimo Alimonda recitò il suo discorso e la funzione ebbe termine con un mottetto e la benedizione del SS. Sacramento. La questua fatta andò a benefizio dei missionari dell'America e specialmente della Patagonia.
Argomento del discorso dell'eminentissimo Alimonda fu il testo di S. Paolo Dei adiutores sumus, e trattò: 1° Del dovere di cooperare alla salute delle anime che al dì d'oggi non hanno solo i sacerdoti, ma i secolari d'ambo i sessi altresì, dovendo essi colmare il vuoto che gli empii hanno portato nelle file del sacerdozio cattolico. 2° Mostrò che tale cooperazione deve aver di mira la santificazione delle anime, facendo della terra quasi un paradiso di Dio, e che questo si ottiene curando dapprima la propria, quindi l'altrui santificazione. E come a pervertire la gioventù miran gli sforzi degl'increduli e dei settari, doversi a questa rivolgersi incessanti e diligentissime cure dai cooperatori salesiani. 3° Additò finalmente i mezzi da adoperarsi per la buona riuscita della commendata cooperazione. Istradare i ragazzi alla Chiesa, al catechismo, alla degna partecipazione dei sacramenti, alle scuole cattoliche, sono le opere principali sviluppate ed inculcate con una tenerezza di accento commoventissima; onde l'uditorio, composto di colte e cospicue persone, ne restò immensamente soddisfatto, ed infervorato a crescere d'impegno per la dilatazione dell'Opera.
15 aprile 1880
Ci scrivono: «Il sacerdote Giovanni Bosco, nella sera del cinque del corrente mese di aprile, ebbe l'alto onore di essere ammesso ad una udienza particolare di Sua Santità Leone XIII. In quella bella occasione il Sommo Pontefice con grande bontà degnavasi compartire la santa ed apostolica benedizione a tutti i benefattori e cooperatori salesiani, a cui prega dal cielo l'abbondanza dei favori celesti spirituali e temporali». {259 [259]}
14 dicembre 1880
Roma, 10 dicembre 1880.
(Corrispondenza particolare dell'Unità Cattolica). - Non voglio tardare a comunicarvi una notizia che da qualche giorno va spargendosi in Roma e che vi tornerà cara. Già vi è noto che fin dal 1878, per iniziativa del Santo Padre Leone XIII, fu stabilita un'apposita Commissione di ragguardevoli personaggi, aventi a capo l'Eminentissimo Cardinale Vicario allo scopo di innalzare in quest'alma Città una chiesa ad onore del Sacro Cuore di Gesù. Per soddisfare ai religiosi bisogni della popolazione, che per l'ingrandimento di Roma va ogni anno crescendo sul monte Esquilino, fu scelto all'uopo un sito bellissimo a Castro Pretorio sulla via di San Lorenzo fuori le Mura, non lungi dalla stazione ferroviaria. La chiesa dovrà servire di parrocchia, ed essere ad un tempo quale un monumento al grande Pontefice Pio IX di venerata memoria. Comperata l'area, furono incominciati i lavori sotto la saggia direzione del nostro illustre ingegnere, il conte Vespignani, e i muri sono oramai fuor di terra.
Ciò posto, si diffonde ora la voce che il Santo Padre abbia affidata la continuazione di questa impresa alla sollecitudine del vostro Don Giovanni Bosco, il quale colla sua attività sorprendente condusse già a fine due altre magnifiche chiese in cotesta vostra Torino. Vedo che le persone dabbene di qui ricevono questa notizia con grande piacere, e tutti vanno convinti che Don Bosco è uomo da ciò.
Persona che credo bene informata mi assicura inoltre che Don Bosco intenda di acquistare eziandio, se già non l'ha acquistato, un terreno ed un fabbricato attiguo alla chiesa; e ciò allo scopo di formarne un Ospizio di carità, capace di accogliervi un 500 giovanetti poveri, di tutte le nazioni, i quali si trovino in Roma pressoché abbandonati. Molti di questi, senza una provvida mano che li raccolga sono oggidì in pericolo evidente di cadere nella irreligione e nel mal costume; e non pochi per oziosità e misfatti vanno tutti i giorni a popolare le prigioni. Quindi un instituto, alla foggia dell'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino, sarebbe per Roma una vera provvidenza, perché, nel tempo stesso che in opportune scuole si darebbe la conveniente istruzione ad un mezzo migliaio di poveri fanciulli, si porgerebbe loro il mezzo di guadagnarsi onoratamente il pane della vita, mediante l'apprendimento di un'arte e mestiere.
Noi Romani facciamo voti che queste voci si avverino. Se il Santo Padre affidò questo incarico a Don Bosco, abbiamo la più grande fiducia di vedere tra non molto una bella chiesa dedicata al dolcissimo Cuore di Gesù, ed una nuova casa di beneficenza in questa Roma, la quale fu e sarà sempre non solo il centro della vera fede, ma il focolare della più accesa carità.
Nella speranza di potervi dare qualche altra notizia in proposito, vi saluto e sono tutto vostro, ecc. {260 [260]}
20 gennaio 1881
Oggi, 20 di gennaio, avrà luogo nella chiesa di Maria Ausiliatrice la partenza di dodici Salesiani e dieci Suore di Maria Ausiliatrice alla volta della Spagna, dell'Uruguay, della Repubblica Argentina e della Patagonia. Nello stesso giorno avrà luogo la Conferenza dei cooperatori salesiani. L'ordine della funzione è come segue: Ore 3 pomeridiane, lettura relativa alle missioni - Ore 3 1/4, mottetto cantato in musica - Ore 3 1/2, discorso di opportunità - Ore 4, Tantum ergo in musica e benedizione col Venerabile. - Benedizione e preghiere per la partenza. I missionari si porranno genuflessi in presbitero accanto all'aitar maggiore. Le Suore saranno genuflesse in un banco preparato presso alla balaustra dello stesso altare. Data la benedizione col Santissimo Sacramento, si canterà: il Veni Creator Spiritus - Benedictus - Responsorii - Oremus pei pellegrini e viaggiatori. - Saluto e partenza. - Il Sommo Pontefice concede una speciale benedizione colla indulgenza plenaria a tutti coloro che interverranno a questa Conferenza. La questua è a totale benefizio delle Missioni salesiane d'America.
25 gennaio 1881
Marsiglia, 19 gennaio 1881.
(Corrispondenza partic. dell'Unità Cattolica).
Debbo darvi la dolorosa notizia della morte del comm. Annibale Strambio, console italiano in questa città. Un trasporto di sangue alla testa lo tolse ieri di vita, dopo tre giorni di malattia, nell'età d'anni 62. Egli visse da cattolico e morì da buon cristiano, munito di tutti i conforti della nostra santa religione, che aveva praticato nel corso della vita. Il signor D. Zirio l'assistette negli ultimi momenti. Ho voluto andarlo a vedere nel suo letto mortuario. Egli teneva il Crocifisso tra le mani. La sua fisonomia era perfettamente inalterata. Si sarebbe detto che stava dormendo. Gli Italiani dimoranti in Marsiglia perdono in lui l'uomo della carità, che non veniva mai meno nei loro bisogni.
24 marzo 1881
Fin dal 1878, per iniziativa dèi regnante Sommo Pontefice, veniva stabilita un'apposita Commissione di ragguardevoli personaggi, sotto la presidenza del-Peminentissimo Cardinale Vicario, allo scopo di innalzare una chiesa al Sacro Cuore di Gesù con Ospizio annesso sul monte Esquilino in Roma. Comperata l'area corrispondente, furono cominciati i lavori sopra un disegno dell'ingegnere {261 [261]} conte Vespignani, i quali progredivano alacremente. Ma, essendo venuti a mancare i mezzi per la fabbrica, il Santo Padre giudicò di affidare al sacerdote Giovanni Bosco di Torino la costruzione, la cura ed amministrazione dell'Opera, e lo autorizzò a ricorrere alla carità di tutti i fedeli cristiani. Questa pia impresa, approvata dal Santo Padre Leone XIII, abbraccia le seguenti opere: 1° Una chiesa da consecrarsi al Sacro Cuore di Gesù, dovrà servire di parrocchia ad una popolazione di 12,000 anime, e di monumento all'immortale Pio IX. 2° Un giardino di ricreazione pei fanciulli nei dì festivi. 3° Scuole serali per gli operai adulti. 4° Scuole diurne pei fanciulli poveri. 5° Un Ospizio in cui siano istruiti nelle arti e nei mestieri quei fanciulli che vagano per le vie, a qualunque nazione appartengano. Quest'Ospizio dovrà essere capace di accogliere circa 500 poveri orfanelli sul modello di quello già esistente in Torino.
Si può concorrere a quest'opera con mezzi pecuniarii e con materiali per fabbricazione. Tutti i cooperatori potranno far pervenire le loro oblazioni in Roma a S.E. il cardinale Raffaele Monaco La Valletta, vicario generale di S.S., od al sacerdote dottore Francesco Dalmazzo, Torre de' Specchi, 36, Roma; oppure al sacerdote Giovanni Bosco in Torino. Gli oblatori ed i collettori godono speciali vantaggi spirituali. - Noi caldamente raccomandiamo questa pia opera a tutti quelli che amano l'incremento della nostra santa religione, il buon costume, il bene della gioventù e di tutta la civile società.
2 maggio 1882
Ieri ebbe luogo nel monastero di Tor de' Specchi la conferenza annuale dei cooperatori salesiani, presieduta da monsignor Vicegerente, e onorata dall'intervento di Sua Eminenza reverendissima il signor cardinale Gaetano Alimon-da, di qualche Prelato, e di una illustre rappresentanza del clero e del laicato romano. La tenera e commovente funzione si esordì con la lettura di un capitolo della vita di San Francesco di Sales, a cui tenne dietro il canto di un mottetto eseguito con molto slancio e sentimento. Quindi saliva su d'un palco appositamente preparato quel venerando sacerdote che è il signor Don Bosco, per dare un ragguaglio del bene operato dai Salesiani nello scorso anno, grazie alla generosità di tanti cooperatori e pie cooperatrici. Giorni sono, diceva Don Bosco, fui ad ossequiare il nostro Santo Padre, e la prima domanda che mi fece fu questa: - E quando terrete la vostra conferenza? - Giovedì prossimo 27, io risposi. Ed il Santo Padre riprese allora: - Dite che si preghi e che si operi. - Preghiamo adunque ed operiamo, continuava D. Bosco, affine di poter rendere onore a Dio e conforto al nostro amatissimo Pontefice.
In quest'anno, con l'aiuto del cielo, i Salesiani han fatto molto. Il numero dei ragazzi, tolti ai pericoli del mondo, ha potuto raggiungere i centomila. {262 [262]} Inoltre i Salesiani vennero benedetti da Dio nelle diverse case di Lucca, Spezia, Marsiglia, Torino, Firenze, Sampierdarena, Vallecrosia e fin nella lontana Patagonia, ecc., avendo potuto sottrarre agli artigli della riforma protestante tanti poveri ragazzi e quindi istruirli ed educarli cristianamente. E a Roma? Qui, soggiungeva Don Bosco, qui a Roma troviamo un osso duro. Voi sapete della nuova chiesa che si sta erigendo all'Esquilino e che sarà dedicata al Cuore di Gesù. Or bene, i protestanti ci hanno circondato con chiese evangeliche, con scuole e giardini, allo scopo di soffocare l'azione del bene su tanta povera gioventù. Quale rimedio opporre? Pregare ed operare. Mancano i mezzi a effettuare grandi cose, e io spero che voi coopererete con le vostre offerte per affrettare la vittoria del cattolicismo sul protestantesimo in questa Roma, capitale del mondo cattolico.
Terminata l'affettuosa allocuzione di don Bosco, l'em.mo Alimonda improvvisava uno stupendo discorso, in cui, rilevato il gran bene che operano i Salesiani, esortò il numeroso e colto uditorio ad aiutare gli operai evangelici. Ecco intanto la sostanza di quell'impareggiabile sermone:
«Un giorno tra i discepoli di S. Giovanni nacque bisbiglio, nacque il dubbio se Gesù fosse il vero Messia; il perché, mandati a Gesù quei discepoli, questi presero ad interrogarlo: - Sei tu quegli che deve venire o ne aspettiamo un altro? - Gesù rispose loro coi fatti; osservate: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, ai poveri si annunzia il Vangelo. Cæci vident, claudi ambularti, leprosi mundantur, surdi audiunt, mortui resurgunt, pauperes evangelizantur.
Questo fatto del Vangelo ha per me un significato eloquente. In molti, che la Congregazione salesiana non conoscono o la conoscono male, è questo dubbio: - Ma è opera buona, è opera secondo lo spirito del Signore? - E bisbigliano... - Il piissimo istitutore dei Salesiani ha testé risposto coi fatti, ed io non farò che commentarli, dimostrando come, quantunque a proporzioni altissime, essi ritraggano tanto del racconto evangelico; e da ultimo farò un appello alla vostra generosità.
La prima parola di Gesù fu questa: Cæci vident. La cecità fisica è simbolo della cecità spirituale. Or bene, quanti poveri fanciulli ciechi ai nostri giorni! Col togliere che si è fatto in molti luoghi l'insegnamento religioso dalle scuole per allevare i fanciulli alla moderna, col laicizzare le scuole, si è tolto il vedere dell'anima e della coscienza; quindi abbiamo ragazzi che sanno di storia, di letteratura, d'aritmetica, e quanto alle nozioni elementari di Dio sono ignoranti, affatto ciechi... Ed in quante fosse cadono questi piccoli ciechi! Oh benedetti i Salesiani! Essi, senza privarli dell'istruzione scolastica, aprono gli occhi dei fanciulli alla vista del cielo, danno loro lo sguardo delle anime pure e sante, e con l'istruirli che fanno nelle cose dell'eternità, preparano in quelle tenere pianticelle il futuro sostegno della religione e della patria. Trovate qui da appuntare i Salesiani? Oh benedetti apostoli! Possano diffondersi in ogni angolo della terra e prosperare: la loro Congregazione è una gran sorgente di bene; Cæci vident! {263 [263]}
Claudi ambulant. E anche gli storpi non mancano nell'età presente! Tolto ai fanciulli l'insegnamento religioso, si guastano in loro i principii stessi della moralità. Quindi massime e idee sovversive. E potrebbe essere altrimenti, se dalle scuole si è tolto l'adorabile Crocifisso? Ed ecco venir fuori una morale nuova: - Ciò che è utile è onesto, ciò che piace è lecito, - e poi una lunga serie di idee travolte e causa di male nella società. - Benedetti i Salesiani! Essi raddrizzano questi storpi della mente con aprir qua e colà case, ospizi e scuole, e nelle loro scuole i fanciulli procedono senza zoppicare. Claudi ambulant. E potrà non parere opera di Dio la loro Congregazione?
Leprosi mundantur. La peggior lebbra, di cui va ricoperta la povera gioventù, è la disonestà. Quanti pericoli, quanti scandali, quanti osceni libri! E poi i teatri... dove, portare i fanciulli e le ragazze, vale il medesimo che portare gli uni e le altre a scuole d'immoralità... - Ebbene, benediciamo un'altra volta ai Salesiani, che mondano e preservano dalla lebbra tanta povera gioventù. Essi si adoprano per far rifiorire il bel costume con ingigliare di purezza il cuore dei fanciulli, con l'innamorarli di Gesù, santo, innocente e non polluto, il quale non permise mai di essere calunniato in simili bruttezze; e poi i Salesiani pongono innanzi ai giovanetti l'immagine di Maria, tutta bella, tutta pura, tutta santa, ed in cotali feste dell'anima la gioventù cresce leggiadra nel costume... Leprosi mundantur! Lode ai Salesiani!
Surdi audiunt. I grandi sordi della nostra età sono quelli che ricusano di ascoltare la parola di Dio e disprezzano la voce della Chiesa. Osservate nei giorni festivi le piazze ingombre di popolo e di fanciulli; osservate nei giorni festivi i carrozzoni delle strade ferrate divenuti quasi paesi volanti... Che significa tutto ciò? È il mondo che si diverte, è il mondo che matteggia. Oh benedetti i Salesiani, che ridonano l'udito a tanti piccoli sordi! Quei fanciulli che stan sulle piazze intenti al giuoco, quei fanciulli che sulle pubbliche vie altercano, essi raccolgono con affetto di madre, e li conducono alla chiesa e fan lor sentire parole di vita eterna. Rallegriamoci, o signori, di tante guarigioni che si ottengono: Surdi audiunt!
Mortui resurgunt. I morti dello spirito sono i peccatori, e, come sempre ve ne furono, così molti sono anche oggi. Il mondo, allontanatosi da Gesù, non vuol più pratiche religiose, né sacramenti; molti non fanno più neanco la Pasqua... Ci è la tavola di salvamento, la confessione, e il mondo la disprezza. Oh, benedetti novellamente i Salesiani! I quali, con l'avvezzare ai Sacramenti i fanciulli, li vanno iniziando alla vita dell'anima, comunicando loro il soffio della risurrezione. Mortui resurgunt!
Pauperes evangelizantur. Gesù Cristo venuto su questa terra non andò battere alle porte dei palazzi, non entrò nelle reggie, ma prese ad amare i poveri e ad evangelizzarli. - Mirate i Salesicani che raccolgono i fanciulli poveri; osservateli qua e colà ministri del bene dappertutto, e fin nella lontana Patagonia...; e quanti sono i diseredati della fortuna, ed essi ne piglian cura amorevole coll'istruirli ed educarli, con dar loro un'arte ed un mestiere onorato... E in un'opera, in un lavoro così apostolico, non vedete la mano di Dio {264 [264]} sopra i Salesiani? Pauperes evangelizantur!
Ed ora io faccio un appello alla vostra generosità. Cooperatori e cooperatrici salesiani: gli operai evangelici non mancano; ma tocca a noi l'aiutarli di forte animo e far sì che la santa istituzione possa crescere e dilatarsi, a incremento di bene, a gloria di Dio e alla salute delle anime! Signori, soccorrete i poveri Salesiani. Io domando l'obolo della vostra carità in nome della Chiesa, la quale ha bisogno di buoni preti; e buoni preti fornisce appunto ai Vescovi la Congregazione salesiana. Oggidì si spreca tanto denaro nel lusso, nella vanità, e, Dio non voglia, anche in divertimenti nefandi. Ah, perché esser prodighi col mondo, avari e tegnenti con Dio? Perché non dare alla Chiesa, larga con noi di tanti beni? Signori, io domando il vostro obolo in nome di Roma cattolica. I protestanti, come avete sentito dal nostro caro Don Bosco, vorrebbero seppellire la Chiesa sotto il trionfo dell'eresia. Ciò non avverrà mai, che la parola di Gesù Cristo è immortale. Ma dal nostro lato adoperiamoci per ottenere la terribile sconfitta; e, con l'aiutare i Salesiani, noi affretteremo la solenne giornata del nostro trionfo!».
Il discorso dell'em.mo Alimonda, ascoltato con la più religiosa attenzione, destò nel cuore dei numerosi uditori un senso di viva riconoscenza verso quell'uomo di Dio che è don Bosco; e le offerte, poco dopo raccolte, salirono ad egregia somma. La funzione ebbe termine con la benedizione del Santissimo, che venne impartita da Monsignor vice-gerente, dopo la quale fu spettacolo di singolare tenerezza il raccogliersi che tutti fecero attorno a don Bosco, il famoso e terribile cospiratore.
Benedetto Iddio se nel mondo fossero di tal fatta e di tale stoffa i cospiratori! Noi non sentiremmo così sovente il piombo omicida fischiare alle orecchie dei Re; noi non troveremmo mine nelle stanze dorate dei potenti: la società stessa non sarebbe alla vigilia di una grande e tremenda catastrofe! Don Bosco è un santo cospiratore e cospira contro il protestantesimo per salvare tanta povera gioventù; cospira contro la rivoluzione con operare meravigliosi atti di carità e di beneficenza: don Bosco cospira col render
... cittadini
Le birbe e i biricchini.
Quest'uomo illustre, oggi perseguitato e fatto sorvegliare, quest'uomo che ha dato tanti sacerdoti alla Chiesa e tanti onesti cittadini alla società; quest'uomo, che ha presentemente l'ingratitudine per premio, avrà, in epoca forse non lontana, gli onori dell'apoteosi!
Roma, 28 aprile 1882.
A.M.
(MB 15,540) {265 [265]}
27 giugno 1882
La vigilia di san Giovanni Battista, cioè dell'onomastico di don Bosco, abbiamo assistito ad una bella e commovente festa di famiglia nell'Oratorio Salesiano. Erano i mille e più giovinetti, che, raccolti da don Bosco per le pubbliche strade, ed educati da lui caritatevolmente al lavoro, alla scienza, alla virtù, gli attestavano la propria riconoscenza con canti, suoni, poesie e prose in varie lingue e dialetti. Ogni classe di quei giovani, per mezzo di un suo rappresentante, leggeva una composizione preparata dai giovani stessi; e due sentimenti ne uscivano: la gratitudine al proprio benefattore e padre, e la promessa di profittare delle cure che ricevevano nell'Oratorio. La funzione fu lunga assai, ma quelle ore passarono ben presto e molto liete. Don Bosco stesso le chiuse con una tenerissima allocuzione. Egli disse a' suoi giovani: - Non posso accettare i vostri ringraziamenti. Io non fo altro che cercare il pane per voi e per me. Ringraziate piuttosto i vostri ed i miei benefattori. Ma il miglior ringraziamento sia mettere in pratica le vostre promesse. - E tra gli evviva a don Bosco si sciolse l'adunanza.
6 ottobre 1882
Una dolorosa perdita hanno fatto il clero torinese e la Congregazione Salesiana, colla morte del Padre Carlo Cais di Giletta e Casellette, avvenuta or sono tre giorni nella nostra città. Avea 69 anni di età, e questi spese nelle opere di religione verso Dio e di carità verso i poverelli. Di nobilissima famiglia, e provvisto di largo censo, il conte Cais nel mondo seppe unire le doti di perfetto gentiluomo a quelle di ottimo cristiano. Carlo Alberto lo nominò membro del Corpo Decurionale di Torino, che prima del 1848 amministrava le cose municipali. Dopo il 1848 egli fé' parte di parecchie legislature, e nella Camera dei deputati pronunziò diversi discorsi, tutti in difesa della religione e della Monarchia, e quando si stabilì in Torino l'Opera delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli, egli fu il presidente della Conferenza dei Santi Martiri, e del Consiglio torinese di quella benemerita istituzione.
I sentimenti religiosi del conte Cais e la sua devozione al Re ed alla Casa di Savoia erano troppo noti perché i rivoluzionari lo lasciassero tranquillo nell'allontanamento in cui si tenne dagli affari politici dopo il 1860. Ed ebbe a sostenere, con meraviglia di quanti lo conoscevano, una perquisizione fattagli nel 1862, col pretesto di ritrovare in lui un cospiratore. La perquisizione riuscì a sfolgorare sempre più l'inettezza dei ministri italiani, i quali, tormentando uomini intemerati, lasciavano impunemente compromettere la dignità del Regno, ma il conte Cais, generoso, perdonò a chi gli aveva fatto simile oltraggio ed era glorioso d'aver potuto soffrire qualche cosa per la causa di Gesù Cristo e del suo Vicario in terra. Dopo qualche anno Iddio lo ricompensò della {266 [266]} sua fedeltà nel propugnarne i diritti in faccia agli uomini, e lo chiamò allo stato ecclesiastico. Entrò nella Congregazione salesiana di D. Bosco, e vi risplendette per umiltà, distaccamento dalle cose di quaggiù, esemplare osservanza della disciplina regolare. I pochi anni del suo sacerdozio, che conseguì nell'anno 64° dell'età sua, furono pieni di sante opere, le quali ora furono da Dio, speriamo, ricompensate colla morte dei giusti. Sia pace alla sua anima.
26 ottobre 1882
Quando la rivoluzione si dilanierà nei Comizi elettorali, i cattolici si raccoglieranno in Torino nella nuova chiesa dedicata all'Apostolo della carità, San Giovanni Evangelista, ed eretta dallo zelo operoso e fecondo del venerando Don Bosco. Egli stesso ha dato la notizia della prossima consacrazione della chiesa colla seguente lettera, indirizzata ai cooperatori salesiani:
«Benemerito Signore,
Con lieto animo sono in grado di dare alla S.V. la consolante notizia che il 28 del corrente ottobre sarà consacrata al divin culto la chiesa di San Giovanni apostolo ed evangelista, eretta in Torino per cura e specialmente per la carità dei cooperatori e delle cooperatrici salesiane. A giudizio dei più ragguardevoli artisti, la chiesa, e per l'architettura e per la decorazione, riuscì uno dei più perfetti ed eleganti sacri monumenti, che arricchiscano la città del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima. Ora è nostro dovere di ringraziare il Signore che ci abbia in tante guise aiutati a superare le varie ed innumerevoli difficoltà incontrate per innalzare questo tempio ad onor suo, e che nella sua pietosa Provvidenza, per mezzo del consiglio, dell'arte e dell'opera di tante pie e benemerite persone, ci abbia fornito i mezzi per riuscire nell'impresa.
Nel tempo stesso dobbiamo pregarlo, che voglia degnarsi di prendere la nuova chiesa sotto la onnipotente sua protezione, e guardare con occhio benigno ed amorevole tutti coloro i quali verranno in appresso ad effondere il loro cuore dinanzi a' suoi altari, ad esporgli le proprie necessità spirituali e temporali, ed implorare il suo possente aiuto. - A questo fine, ed anche perché la dedicazione fosse per riuscire più solenne, sarebbe mio vivo desiderio che vi prendessero parte i nostri cooperatori e cooperatrici non solo di Torino, ma di ogni altra città e paese; ma siccome questo generale intervento non è possibile, così io li invito ad unirsi con noi in quel modo, che a ciascuno suggerirà il proprio cuore. - Qualora V.S. o qualcuno della famiglia, potendo, volesse intervenirvi personalmente, troverà più sotto l'orario delle sacre funzioni, che avranno luogo negli otto giorni della dedicazione.
Ho voluto dare questa comunicazione alla S.V. benemerita, affinché goda nel sapere che la carità sua comincia ad ottenere il santo fine per cui l'ha fatta, {267 [267]} quale si è la gloria di Dio, il vantaggio della religione, la salvezza delle anime. Le lodi, che da quel giorno in poi nella nuova chiesa s'innalzeranno a Dio, le preghiere, che vi faranno tante migliaia di fedeli, la salute, che vi otterranno innumerevoli anime, sono altrettanti beni, che saranno altresì partecipati alla S.V., e dei quali ella riceverà a suo tempo dal Signore una copiosa mercede.
Dal canto mio non cesserò di unire le povere mie preghiere a quelle dei Salesiani e de giovanetti loro affidati, e domanderò ogni giorno al Signore che si degni di spandere sopra la S.V. e sopra i suoi parenti le più elette benedizioni nella vita presente, e che le conceda un premio distinto nella vita futura, secondo queste sue divine parole: “Io non toglierò la mia misericordia a chi edificherà la Casa al mio nome, e gli stabilirò un trono nel regno sempiterno: Misericordiam meam non auferam ab eo; et stabiliam thronum regni eius usque in sempiternum”.
Voglia infine la S.V. continuarmi il valido appoggio della carità sua per le molte opere, che Iddio per sua bontà ci ha posto nelle mani, affinché possiamo fare un po' di bene al nostro prossimo, soprattutto alla povera gioventù abbandonata, mentre con sentimento di profonda gratitudine ho l'onore di professarmi
Di V.S. Benemerita,
Torino, 15 ottobre 1882.
Obbl.mo Servitore
Sac. GIOVANNI BOSCO».
1 febbraio 1883
Lunedì scorso nella chiesa di Maria Ausiliatrice, in Torino, venne celebrata con pompa solenne la festa del Dottore S. Francesco di Sales, patrono dell'Istituto salesiano. Le sacre funzioni, la scelta e la esecuzione della musica e il discorso in onore del Santo riuscirono spendidamente. Quantunque giorno feriale, tuttavia assai edificante fu l'affluire alla chiesa e la frequenza ai Santi Sacramenti, non solo dei giovanetti e dei membri dell'Istituto, ma dei fedeli della città, stati acconciamente preparati colla novena e con un triduo di predicazione.
Giovedì passato, 25 del corrente, abbiamo pure ricevuto una non meno gioconda impressione, assistendo alla Conferenza dei cooperatori e delle cooperatrici salesiane, tenuta nella bellissima chiesa di S. Giovanni Evangelista. Ad un semplice invito, fatto per lettera da D. Bosco, ben 1500 persone, tra cui molti membri del clero e della nobiltà torinese, verso le ore 3 pomeridiane, eransi colà recate per udire dalla sua bocca parole d'incoraggiamento, e per infervorarsi nel bene operare a vantaggio-di tanta povera gioventù. {268 [268]}
Il sant'uomo con un dire semplice descrisse brevemente lo stato miserando, in cui giacciono oggidì migliaia di giovanetti; accennò le continue richieste, che da tutte parti si fanno alle Case Salesiane, specialmente a quella di Torino, affinché si ricoverino fanciulli pericolanti e degni della più alta compassione; esternò il vivo dolore che prova nel vedersi costretto di rispondere che non vi è più posto, e nel dover lasciare nell'abbandono e nella via della perdizione tanti giovani, i quali, se fossero tolti dal pericolo ed avviati per tempo ad una qualche carriera, farebbero la più consolante riuscita.
Venne quindi a discorrere della necessità, in cui s'è trovato di ampliare l'Ospizio di San Francesco di Sales, innalzando un nuovo tratto di fabbrica accanto alla chiesa di Maria Ausiliatrice, per mettersi in grado di dare ricetto ad un maggior numero di derelitti, insegnar loro un'arte o mestiere, renderli capaci di guadagnarsi un giorno onoratamente il pane della vita, istruirli ed educarli nella religione e nella morale, e così impedire che, o spinti dalla miseria o tratti dalle cattive compagnie, si diano al vizio ed al malfare, e cadano forse nella prigione, ad esservi il disonore della famiglia e l'obbrobrio della patria.
Don Bosco passò quindi a trattare di alcuni mezzi da praticarsi per riuscire al nobile intento di giovare oggidì alla religione ed al suo buon costume, e recò a quest'uopo alcuni esempi edificanti e sante industrie di persone caritatevoli di Torino e di altre parti. Rispose ad alcuni quesiti fattigli a proposito della Pia Unione dei cooperatori e delle cooperatrici. Con amabile lepidezza narrò che sovente a voce e per iscritto riceve congratulazioni, per vistose eredità lasciategli da chi egli non sa, eredità fantastiche, inventate da qualcuno di buono o di cattivo umore per far parlare il mondo; disse che due, le quali furono vere, diedero pretesto a tante questioni che alla fine riuscì con sensibile perdita; che una gli venne lasciata poc'anzi, e finora incontestata, ma consistente nella somma di lire una e sessanta centesimi. Egli terminò il suo dire esortando i suoi cooperatori e le sue cooperatrici a fare la carità mentre sono in vita e non aspettare a farla per dopo la loro morte. «Facendola adesso, egli disse, voi cooperate più presto al bene della religione e alla salute delle anime; siete sicuri che le vostre intenzioni non sono contrariate; e poi ne riceverete da Dio una doppia mercede, vale a dire, non solo il premio in cielo, ma ancora il centuplo su questa terra, secondo la promessa del Divin Salvatore: Centuplum accipiet et vitam æternam possidebit».
Le parole di D. Bosco furono ascoltate con molta attenzione ed accolte con rispetto e benevolenza. Esse ci convinsero vieppiù che Don Bosco non è solo un vero amico, un amorevole padre, ma un eloquente avvocato della gioventù; ci persuasero che egli è uno di quegli uomini, i quali, se avessero i mezzi corrispondenti al cuore, allo zelo, all'energia dell'animo, muterebbero faccia al mondo; ci posero fuori d'ogni dubbio che il prestare aiuto alle istituzioni di questo ecclesiastico è fare oggidì un'opera non solamente cattolica, ma filantropica e sociale. No, l'Italia e la Francia, che posseggono molte Case salesiane, non hanno nulla a temere da D. Bosco; anzi se esse lo assecondano ne' suoi {269 [269]} mirabili disegni a vantaggio della gioventù, la prima vedrà a poco a poco scemare di malfattori le sue prigioni e la seconda non avrà più cotanto a temere la dinamite degli anarchisti. Don Bosco, salvando la gioventù, salva ad un tempo la società.
(MB 16,23)
9 maggio 1883
Quel venerando apostolo della gioventù, che è D. Bosco, trovasi da alcune settimane in Francia, ove la sua presenza ha eccitato un vero entusiasmo. Presentemente era andato a Lilla, colà chiamato dai cattolici del Nord, per erigervi un Istituto analogo a quelli, che già lo riconoscono per fondatore. A Parigi, dove si fermò circa una settimana, D. Bosco ebbe di tali dimostrazioni di stima e rispetto, che non si potrebbero desiderare di maggiori. Egli vi giungeva negli ultimi giorni di aprile, e non tardarono ad occuparsi di lui la stampa, il clero, la nobiltà, e tutte le classi della società parigina. Celebrò la messa e predicò nella cappella delle Visitandine, delle Dame ospedaliere di S. Tommaso di Villanova, nella chiesa di S. Sulpizio, alla Maddalena. Dappertutto una folla enorme ingombrava le chiese, ascoltava le semplici parole da lui pronunziate, e rispondeva con magnifiche offerte all'appello, che indirizzava alla carità pubblica.
La Gazette de France pubblicò un sunto del discorso pronunziato da D. Bosco alla Maddalena domenica, 29 aprile, e ne diamo qui un cenno: - «Sono profondamente commosso, disse D. Bosco, alla vista di un'udienza tanto numerosa, e non so come rispondere a tanta premura. È per me una consolazione inesprimibile ad un'assemblea così ragguardevole di buoni cattolici. È della gioventù che noi siamo per intrattenerci. Secondo la parola di uno de' vostri più illustri Prelati, monsignor Dupanloup, la società sarà buona, se date una buona educazione alla gioventù. Se la lasciate trascinare al male, la società sarà pervertita». - In seguito D. Bosco raccontò la storia del suo Oratorio, e diede i seguenti particolari intorno agli Istituti che ha in Francia:
Per non discorrervi che di quanto riguarda la Francia, vi dirò che abbiamo a Nizza un Orfanotrofio di 230 ragazzi. Alla Navarra, cantone di Eran, i 120 giovani ricoverati nell'Orfanotrofio si occupano d'agricoltura. A Saint-Cyr, tra Marsiglia e Tolone, abbiamo un vasto Orfanotrofio di ragazze povere ed abbandonate. Fuori della cappella e della scuola, in cui si trovano riunite queste ragazze, si occupano in lavori proprii della loro condizione. Durante il giorno attendono all'orticoltura, alla sera danno opera al cucire. A Marsiglia il nostro Orfanotrofio racchiuda 300 convittori, ed oltre a 150 giovani già ricevuti come esterni chiedono di essere ammessi. Sgraziatamente {270 [270]} manca lo spazio, benché abbiamo fabbricato un vasto locale».
Queste fondazioni richiedono spese ingenti, e D. Bosco spiegò come vi avea fatto fronte. «Povero, senza mezzi di sussistenza, come ho potuto fondare e sostenere queste Opere? È questo il segreto della misericordiosa bontà di Dio, a cui piacque favorire l'opera mia, perché il bene della società e della Chiesa stanno nella buona educazione della gioventù. La Santa Vergine si è fatta la nostra collettrice, è a lei che dobbiamo la riuscita delle nostre opere, è dessa che ci procurò il mezzo di fabbricare le nostre case e le nostre cappelle. Noi non abbiamo camminato che sotto la sua protezione: essa benedice chi s'occupa della gioventù». E conchiuse il suo discorso invocando queste benedizioni sull'udienza, che intenerita pendeva immobile dalle sue labbra.
22 maggio 1883
Giovedì 17 maggio, in Parigi, nella chiesa di Sant'Agostino, zeppa di fedeli, il nostro don Bosco pronunziava un discorso intorno alle Opere salesiane da lui istituite. Come nelle altre chiese di Parigi, la parola dell'apostolo dei giovani abbandonati venne ascoltata con grande attenzione, e poiché discese dal pulpito tutti volevano avvicinarlo, domandandogli la benedizione, baciargli la mano, confessarsi da lui, chiedergli consigli. I giornali della capitale della Francia si occuparono di don Bosco con articoli eloquentissimi, e il signor Saint-Genest scrisse del venerando sacerdote torinese un magnifico elogio nel Figaro. La Gazette de France mandò alla chiesa di Sant'Agostino un suo stenografo per raccogliere il discorso e qui noi ne diamo la conclusione.
«Per mantenere questi varii stabilimenti di educazione, sia in Italia, in Francia, in Ispagna, in America, fra i selvaggi del Brasile, nell'Uruguay, nella Repubblica Argentina e fino nella Patagonia, ci fu mestieri stabilire dei direttori; questi varii stabilimenti ci diedero abati o preti, ma preti con vera vocazione. Alcuni giovani riuscirono impiegati, dottori in lettere dottori in diritto, dottori in medicina, militari. Fra questi nell'esercito italiano e nell'esercito francese ve ne sono di coloro che salirono ai primi gradi. Sono tutti buoni cristiani, che danno grandi consolazioni ai loro superiori.
Voi mi direte: ma quali sono i vostri mezzi per sostenere quest'Opera? Bisogna chiederli a Dio, alla Provvidenza divina, che invia il sole sulla terra e fa nascere i frutti nei campi. Tuttavia bisogna dire che la SS. Vergine protesse sempre in modo particolare la povera gioventù. L'Opera nostra finora avendo avuto bisogno d'essere aiutata, la SS. Vergine fu la nostra collettrice e principale collettrice. Spero che le pie signore ed i signori di questa città caritatevole di Parigi ci verranno in aiuto per erigere qui una Casa di questo genere. È una cosa che si domanda da tutte le parti. {271 [271]}
Ci si dice: ma è questa un'opera di carità! Si deve fare tutto il bene che si può alla gioventù; perciò ci occorre un'Opera che raccolga gli abbandonati nelle vie e nelle piazze, che li raccolga dappertutto per cercare di farne qualche cosa di buono, dei buoni cittadini, e quindi dei buoni cristiani. Non si potrebbe stabilire in Parigi una Casa come quelle di Marsiglia, Nizza e Torino? Credo che si potrà fondare qui una Casa, che sarà in caso di soddisfare a tutti i bisogni. Non chiedo per ora grandi mezzi; solo domando di essere aiutato nell'acquisto del terreno e nel fabbricare una casa, in cui saranno ricoverati questi poveri ragazzi. È un'opera grande o piuttosto un'opera piccola perché desidero che sia un'opera semplice, che non faccia rumore. Tutti i vagabondi, in un certo momento, sono a carico dell'autorità, ed essendo già piccoli ladri non tardano a diventar grandi. Spero che la città di Parigi, che venne tante volte in aiuto alle nostre Opere, benché erette lontano, questa volta ci darà soccorso per aiutarci ad erigere uno stabilimento, nel quale saranno raccolti i giovani che giorno e notte arrecherebbero molestia agli onesti cittadini.
Dio ricompenserà largamente quanto farete, e la società ve ne sarà grata. Inoltre i giovani, che colle vostre cure saranno salvati, mercé vostra, diventeranno, di ladri che erano, onesti cittadini, e vi benediranno. Quando ci presenteremo a Dio, per essere giudicati, queste anime diranno: - Sono i nostri benefattori: essi impiegarono il loro tempo, denaro per salvare le nostre anime; se siamo salvi lo dobbiamo ad essi. Ebbene ora, gran Dio, usate la misericordia che avete promessa nel Vangelo. Poiché essi ci aiutarono a salvarci, debbono esser salvi.-».
(MB 16,252)
30 maggio 1883
Da Parigi, dove trovasi tuttora, D. Bosco diresse ai suoi benemeriti cooperatori e cooperatrici la lettera seguente: «Partecipo alle SS. LL. che nella chiesa dell'Oratorio di San Francesco di Sales presso il Santuario di Maria Ausiliatrice (in Torino), si terrà la solita riunione, prescritta dal nostro regolamento. Pei signori cooperatori la Conferenza avrà luogo giovedì, 31 del corrente maggio, alle ore 3 pomeridiane; e, per le signore cooperatrici, nel lunedì seguente, 4 di giugno, vigilia della festa di Maria Ausiliatrice, nell'ora e chiesa medesima; Prego umilmente le SS. LL. a voler onorare questa adunanza colla loro prer senza. Ho più cose, di cui desidero dare un breve cenno, alla maggior gloria di Dio e a comune edificazione. Prego Dio che largamente le rimuneri della lor carità, mentre con gratitudine profonda mi professo, - Delle SS. LL. benemerite, - Parigi, 25 maggio 1883, - Obbl.mo servitore - Sac. GIOVANNI BOSCO». {272 [272]}
Certo non son poche le cose che D. Bosco, reduce da Parigi, avrà da dire a' suoi cooperatori. Quali ricordi poi egli abbia lasciato nella capitale della Francia dimostrano le parole che disse di lui il cardinale Lavigerie, nella chiesa di Gros-Caillou, dove Don Bosco fece il suo ultimo discorso. «Quando seppi, disse Sua Eminenza, l'arrivo in questa capitale del San Vincenzo d'Italia, non sentii che un desiderio, quello d'incontrarmi con lui in una delle nostre chiese e raccomandare le sue Opere alla carità dei cattolici. Queste io vidi cominciare in Torino, poscia estendersi, penetrare in Francia e divenirvi come un legame di beneficenza e di pace tra i cattolici delle due nazioni».
3 giugno 1883
Giovedì, 31 maggio, fu giorno di festa e di esultanza nell'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino. Alle ore 9 antim. giungeva D. Bosco dalla Francia, e vi veniva accolto con significazioni di alto onore da varie ragguardevoli persone di Torino, e dell'estero, tra cui il marchese Davila di Spagna, e dai suoi giovanetti ed alunni con tale trasporto di gioia e di entusiasmo, che è più facile immaginare che descrivere. Tra gli evviva, i battimpani e le armonie della banda musicale fu accompagnato sino ai portici dell'Istituto messi a festa e tappezzati. Un'iscrizione altrettanto semplice quanto bella ed espressiva diceva: Caro Padre! la Francia ti onora, Torino di ama! Salito su apposita cattedra, D. Bosco volse poche, ma cordiali parole a tutti i suoi cari, sopra i cui volti si vedeva dipinta la gioia più viva. Sorridendo diede uno sguardo al cappello alla francese, che teneva in mano, e piacevolmente disse: «Forse a voi sempbrerà che con questo cappello francese don Bosco non sia più quello di una volta. Oh! non temete, miei cari, io sono sempre quel desso; sempre quel vostro affezionatissimo amico sino a che Iddio mi lascierà un filo di vita. In Francia io vi ricordava ogni giorno; ogni giorno pregava per voi; riceveva con molto piacere le vostre lettere, le vostre notizie; ed ho pure sperimentato l'efficacia delle vostre preghiere per la povera mia persona. Ed ora, dopo quattro mesi di assenza, godo di trovarmi nuovamente con voi, che siete il mio gaudio, e la mia corona. Io desidero che martedì prossimo, 5 giugno, facciamo una splendida festa in onore di Maria Ausiliatrice, la quale da buona madre ci ha assistiti in questo viaggio, ci ha ottenuto da Dio grazie segnalate, dei favori grandi anche per voi. Ho molte cose a dirvi; ma per ora basta; perché intendo di andare a celebrare la santa messa all'altare di Maria Ausiliatrice in ringraziamento della sua celeste protezione». Qui il sant'uomo si fé' commosso, gli si gonfiarono gli occhi, e versò alcune lagrime, sgorgategli certamente dall'animo pieno di riconoscenza e di amore a Dio ed a Maria Ausiliatrice, da cui riconobbe ogni bene. I giovanetti spontaneamente si recarono ancor essi nel {273 [273]} santuario, dal quale erano usciti solo poco anzi, ascoltarono divotamente la messa di don Bosco, recitarono il Santo Rosario, e infine intuonato il Tedeum ringraziarono il Signore di aver loro ricondotto sano e salvo il loro amatissimo Padre.
Alla sera, come aveva annunziato, D. Bosco tenne la Conferenza a' suoi cooperatori di Torino, accorsi in gran numero, ecclesiastici, nobili e borghesi. Sebbene stanco pel viaggio della notte, egli, salito il pergamo, parlò per ben 50 minuti. Il suo discorso semplice e piano, ma improntato di apostolico zelo, si raggirò a dimostrare che oggidì opera delle più importanti quella si è di attendere alla morale educazione della gioventù, per avere col tempo dei buoni cristiani e dei probi cittadini; lodò gli sforzi, che fanno molti cattolici in tanti paesi, soprattutto in Torino, per conseguire questo santo fine; segnalò il progresso, che, la Dio mercè, e mediante il concorso dei cooperatori e delle cooperatrici, fanno le Opere salesiane in Europa e specialmente nell'America; e discorrendo del suo viaggio in Francia disse come dappertutto e clero e popolo riconobbe e accolse l'Associazione dei cooperatori quale mezzo facile ed efficace, per riuscire alla salvezza della gioventù e quindi delle future generazioni. Dopo di aver ricordate le divine promesse e chi fa del bene ai piccoli; dopo di aver esposti alcuni dei mezzi principali, da potersi facilmente praticare da un cooperatore a prò dei giovanetti, senza punto dover uscire dal seno di sua famiglia o dai confini di sua parrocchia, D. Bosco finì coll'invocare le benedizioni di Dio e della Vergine Ausiliatrice sopra tutti i presenti e le loro famiglie, assicurandoli ad un tempo che egli ed i suoi alunni avrebbero pregato per essi, affinché, dopo il pellegrinaggio di questa vita potessero giungere felicemente al porto dell'eternità.
La mentovata iscrizione dei Figliuoli dell'Oratorio diceva a don Bosco: La Francia ti onora, Torino ti ama. Certamente la Francia non solo ha onorato D. Bosco, ma gli ha pure dato delle invincibili prove d'amore, come testimoniarono giornali d'ogni tinta; ma Torino, ma l'Italia tutta ha il dovere d'amare don Bosco più che Parigi, più che la Francia. D. Bosco è nostro. Egli non ambisce onori; ma non isdegna, desidera anzi d'essere amato, non già nella sua persona, ma nella persona di più migliaia di poveri giovanetti raccolti nelle sue Case; desidera atti di carità per sostenere le sue Missioni; desidera il nostro aiuto morale e materiale per promuovere la buona stampa e per far fiorire le molte Opere di religione e di beneficenza impiantate nei due emisferi. Un tempo lo aiutava il Governo ed il Municipio; ma questi oggidì si limitano ad aiutarlo negativamente, vale a dire, col non mettere incagli alle opere sue. Prendiamo noi il loro posto. Nel corso di oltre quarant'anni Iddio mostrò abbastanza chiaro che è con questo uomo provvidenziale, perché ei lavora unicamente per la sua gloria, pel bene della sua Chiesa, per la ristorazione della sconvolta società; e noi, aiutando don Bosco, aiutiamo ad un tempo la buona educazione di tanta povera gioventù, promuoviamo il cristiano incivilimento tra le tribù selvagge, diffondiamo la buona stampa ed il vero progresso, cooperiamo in una parola a dare alla Chiesa di Gesù Cristo degli zelanti sacerdoti {274 [274]} e dei buoni cristiani ed alla civile società uomini morigerati e probi, di cui tanto abbisogna per non cadere in totale rovina.
(MB 16,283)
10 agosto 1883
La catastrofe dell'isola d'Ischia, oltre le migliaia di vittime, fece pure centinaia di orfanelli, molti dei quali immersi oggidì nella più squallida miseria. Con lodevole premura la direzione del collegio degli Artigianelli di Torino s'incaricò di accoglierne due gratuitamente tra i suoi ricoverati; ed ora ci viene annunziato che altrettanto fece D. Bosco fin dai primi giorni del corrente agosto. Nella speranza che altri istituti d'Italia possano imitare questi atti di carità cristiana, pubblichiamo la seguente lettera, che ci venne or ora comunicata:
«Torino, 4 agosto 1883.
Rev.mo mons. Alessandro Vogliotti,
Vicario generale capitolare,
Desideroso di corrispondere nella mia pochezza all'invito di V. S. rev.ma in favore dei disgraziati di Casamicciola, io mi offro di ricevere, per ora, due giovanetti poveri che si trovino nell'età di dodici a sedici anni. Essi dovranno certamente uniformarsi alla disciplina della Casa, e saranno qui nudriti e vestiti fino a tanto che, o colla scienza acquistata, o con una professione imparata, siano in grado di guadagnarsi altrove il pane della vita. Io vorrei concorrere in più larga proporzione in sollievo di questo pubblico disastro, ma presentemente non posso fare di più. Voglia darci Iddio tempi più felici, tempi di pace e di prosperità. - Prego la sua bontà a voler prevenire il caritatevole monsignor Sanfelice, Arcivescovo di Napoli, per l'invio dei sopra citati orfanelli in quel giorno che si giudicherà opportuno. - Con profonda venerazione ho l'alto onore di potermi professare,
Di V. S. rev.ma,
Obbl.mo servitore
Sac. GIOVANNI BOSCO».
{275 [275]}
3 novembre 1883
Le missioni, che vennero affidate alla Congregazione salesiana del nostro D. Bosco, vanno prendendo maggior incremento. Nuovi operai nel campo evangelico domandano i coadiutori salesiani d'America oppressi sotto il peso di troppe e troppo gravi fatiche nelle varie case colà fondate a vantaggio della fanciullezza e della gioventù pericolante; i nostri missionarii e dalle sponde del Rio Negro e dalle falde delle Cordigliere in fondo alla Patagonia, ove si vedono insufficienti alla coltura di un campo sterminato; e i sacerdoti, i Vescovi ed Arcivescovi di quelle terre vastissime, e le stesse autorità civili e militari, affinché colla luce del Vangelo sia portata la vera civilità a popoli tutt'or selvaggi, e per tal mezzo ammansarli e far cessare tra di essi guerre sterminatrici, contrarie alla religione ed alla umanità, si associano ad una tale domanda.
Il Santo Padre Leone XIII, volendo recare efficace soccorso a tanti bisogni, venne ultimamente nella risoluzione di dividere la Patagonia e le isole andiacenti in tre Vicariati apostolici, affidandoli ai sacerdoti salesiani. Questa pontificia disposizione rende fin d'ora vie più necessario l'invio di nuovi missionarii nelle regioni della Patagonia. Questi missionarii sono necesarii per evangelizzare in ogni parte quella contrada, estesa poco meno che l'Europa intiera; per erigere ed amministrare in varii punti chiese e cappelle a religioso servizio dei nuovi convertiti; per istruire e reggere parrocchie, fondare e mantenere scuole ed istituti pei fanciulli e per le fanciulle degli Indi; per adoperarsi a fare della Patagonia quello, che gli apostoli fecero già del mondo antico, di pagana convertirla in cristiana.
Per contribuire a questo santo fine ben 20 salesiani e 12 suore di Maria Ausiliatrice domandarono generosamente di abbandonare quanto hanno di più caro su questa terra. Eglino sono preparati, e il giorno 12 del corrente novembre, insieme col sacerdote Giacomo Costamagna, di là venuto a sollecitare rinforzi, partiranno da Genova alla volta di Buenos-Ayres, donde saranno distribuiti nella Patagonia.
In una sua circolare ai cooperatori salesiani, nella quale annunzia la prossima partenza di questi missionarii, D. Bosco soggiunge: «Ora ognuno di voi, o benemeriti cooperatori e cooperatrici, può immaginare quanto grandi siano le spese, che richiede una spedizione di tal fatta. Il solo acquisto del corredo personale, dei sacri arredi pel divin culto, e il trasporto per mare importano una somma non minore di 100 mila lire. Giunti poi sul campo dei loro sudori, i missionarii troveranno di che nutrirsi e difendersi dalla fame, poiché il loro vitto in quei luoghi non ha nulla di ricercato, e assai di spesso non è che carne di cavallo abbrustolita ed ancor sanguinante; ma essi non potranno a meno di fabbricare sacri edifizi, ove raccoglierei fedeli, soprattutto dovranno fondare {276 [276]} asili per la innocenza dei fanciulli e delle fanciulle, esposti ai più gravi pericoli per causa della immoralità dominante. Di qui altre spese innumerevoli ed ingenti, che per ora non potrei neppure approssimativamente calcolare».
Noi speriamo che l'appello che il venerando sacerdote fa alla carità pubblica verrà ascoltato dai tanti cattolici, che apprezzano l'importanza dell'apostolato cattolico. La funzione della partenza da Torino dei missionarii e delle suore di Maria Ausiliatrice è regolata dal seguente orario:
Giorno 10 di novembre. - Al mattino verso le ore 7 vi sarà messa letta, celebrata dal reverendo sacerdote D. Giacomo Costamagna, capo della sacra spedizione, colla comunione generale dei giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, e colla recita del Santo Rosario. - Alla sera alle ore 3 si canteranno i vespri; poscia il prelodato D. Costamagna, salito in pulpito, terrà un discorso analogo alla circostanza. - Dopo il discorso si canteranno le litanie della Beata Vergine e il Tantum Ergo in musica, e s'impartirà la benedizione col SS. Sacramento. - In fine i missionarii si disporranno nel presbiterio, e, cantato il Benedictus, D. Bosco reciterà sopra di loro le preghiere dei pellegrinanti; indi i missionarii, ricevuto il fraterno abbraccio e saluto dai loro confratelli, usciranno per la porta maggiore della chiesa e si porteranno alla stazione. Il giorno undici le 12 suore di Maria Ausiliatrice faranno una consimile funzione nella chiesa della loro casa-madre in Nizza Monferrato.
21 novembre 1883
Come era stato annunziato, il giorno 10 del corrente partirono da Torino 20 Salesiani e 12 Suore di Maria Ausiliatrice per le missioni della Patagonia. I Torinesi non vennero meno alla loro pietà, e sebbene fosse giorno feriale, tuttavia pieni di ammirazione si portarono in gran numero nella chiesa di Maria Ausiliatrice a far larga corona ai novelli apostoli e alle coraggiose spose di Gesù Cristo.
Cadeva in quel dì il quarto centenario della nascita di Lutero, il quale, novello Lucifero, nella sua superbia ed empia baldanza, aveva detto che, morendo, avrebbe seco trascinato nella tomba la Chiesa cattolica e il Papa, e in quel giorno appunto i Salesiani di D. Bosco concorrevano ancor essi a dare una solenne mentita al falso profeta. Sono infatti 337 anni dacché quell'empio eresiarca scomparve dalla scena del mondo, e la Chiesa ed il suo Capo visibile, non solamente non sono morti, ma vivono di una vita così rigogliosa, che, per mezzo dei loro prodi missionari, la comunicano ancora a migliaia di popoli, seduti nell'ombra di morte.
Oltremodo commovente fu tutta la religiosa funzione, ma scossero in particolare guisa le fibre di ogni cuore le belle parole dell'addio, pronunziate dal molto rev.do D. Giacomo Costamagna, capo del sacro drappello. Dimostrò egli anzitutto che utile è la loro missione nell'America del sud e nella Patagonia; utile per la grande scarsità di sacerdòti in quei paesi, tra gli stessi cattolici; {277 [277]} utile per convertire e incivilire innumerevoli tribù tuttora selvagge; utile ancora al benessere spirituale e corporale di tante migliaia di poveri Italiani, i quali, abbandonata la patria nella lusinga di trovare una incerta fortuna, giunti in quelle terre d'ignota lingua, si veggono ben sovente in preda a profonda miseria e corrono pericolo di perdere la fede, l'anima, Iddio. - Dopo questo opportuno preludio l'eloquente missionario passò ai saluti, nei quali fu veramente soave e patetico, e diremmo anche sublime. Disse addio ai parenti suoi e a quelli de' compagni, addio ai cooperatori salesiani e ai benefattori della Missione, addio ai giovanetti, ai confratelli, ai superiori, al Santuario di Maria Ausiliatrice, tenendo per oltre a mezz'ora siccome estatica in una ineffabile emozione la numerosa udienza.
Fra gli altri mosse al pianto l'addio dato a Don Bosco. - Addio, così egli, addio, D. Bosco, nostro dolcissimo Padre. Ah! solo Iddio può comprendere tutto il dolore che ci opprime l'anima in questo istante nel separarci da te; Dio solo può lenire la nostra ambascia colle sovrane sue dolcezze. E di addolorarci abbiamo ben donde, o padre. I nostri genitori ci diedero la vita del corpo, ci guidarono nei primi passi, si sono adoperati per procacciarci un bene transitorio; ma tu negli anni più pericolosi dell'età nostra ci hai conservata o ridonata la vita dell'anima con una saggia educazione; tu con illuminati consigli ci fosti luce nel buio delle giovanili passioni; tu cogli amorevoli incoraggiamenti ci fosti sprone negli ardui sentieri della virtù; tu, in una parola, ci hai fatto quello che siamo, strumenti cioè della misericordia di Dio a vantaggio della religione e della civile società. Ben ragionevole è adunque la pena che soffriamo nel dividerci da te, o amico, o benefattore, o padre incomparabile. Ma Dio domanda da noi questo sacrifizio, lo richiede la sua maggior gloria, lo esige la salute d'innumerevoli anime abbandonate; ebbene, noi lo facciamo. Addio, pertanto, o carissimo Don Bosco. Ah! in cielo niun evento ci strapperà più dalle tue braccia.
La funzione in chiesa terminava verso le ore 6, e nella sera stessa i missionari si recavano nell'Istituto Salesiano a S. Pier d'Arena. Al domani ebbero la bella sorte di prostrarsi in Genova ai piedi di Sua Eminenza Rev.ma il cardinale Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, udirne parole d'incoraggiamento e riceverne la pastorale benedizione. Essi andarono poscia ad imbarcarsi in Marsiglia sul piroscafo Bearn, che fece vela il 14, e saranno a Buenos-Ayres verso la metà del prossimo dicembre. Iddio li accompagni, e tenga in bonaccia le onde sotto i loro piedi, che vanno ad evangelizzare la pace.
Conchiudiamo questa relazione con alcuni riflessi. In questi ultimi giorni si diede a Torino il vanto di essere stata la culla della rivoluzione, e per serbarle quest'onore i sedicenti liberali furono persin disposti di farla comparire città scortese ed incivile, promuovendo in nome suo dimostrazioni plateali a sfregio di un Principe di Santa Chiesa, che veniva Pastore entro le sue mura. Or bene, noi siamo certi che la quasi totalità di Torino al vanto di essere stata il focolare della rivoluzione preferisce fin d'oggi la gloria di essere stata già e di essere la culla di prodi missionari della cattolica fede; e la storia dirà in sua {278 [278]} lode che, mentre una mano di settarii stavano per procacciarle il titolo d'incivile, essa mostravasi in quella vece maestra di civiltà e inviava schiere de' suoi figli a portarla alle più remote contrade del mondo. Don Bosco poi dal canto suo procurò a Torino più ambito onore che non gliene abbia procurato la Gazzetta del Popolo e i giornali che le somigliano; e il nome suo e quello de' suoi alunni sarà ancora tra noi ricordato con ammirazione, quando certi giornali non saranno più che in esecrazione presso i nostri più tardi nepoti.
17 febbraio 1884
Conferenza dei Salesiani. - Leviamo da una circolare del nostro D. Bosco ai benemeriti cooperatori e cooperatrici salesiane della città di Torino e de' suoi dintorni: «Secondo la fatta promessa, vi notifico che la Conferenza dei cooperatori, solita a tenersi in principio dell'anno, in onore di S. Francesco di Sales, avrà luogo in Torino martedì prossimo, 19 del corrente, nella chiesa di S. Giovanni Evangelista. La pia radunanza sarà onorata e presieduta da Sua Eminenza Reverendissima il signor Cardinale Gaetano Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, il quale vi pronuncierà altresì un sermoncino, come soleva praticare, con insigne benevolenza, nella varie Conferenze tenute in Roma».
23 febbraio 1884
Merita un cenno la Conferenza dei cooperatori salesiani, tenutasi la sera del 19 corrente nella chiesa di San Giovanni Evangelista in Torino, e presieduta dal cardinale Alimonda, nostro eminentissimo Arcivescovo. Non ostante che la radunanza avesse il carattere di privata e si tenesse in giorno feriale, tuttavia la bellissima chiesa e pel concorso e per la pietà degli intervenuti presentò lo spettacolo di una splendida solennità.
Dopo fervide parole dette in nome di don Bosco da monsignor Giovanni Cagherò, primo Vicario apostolico della Patagonia, colle quali diede relazione d'alcune opere compiutesi e di altre da compiersi, saliva il pulpito l'eminen-tissimo Cardinale Arcivescovo, e teneva ai congregati un discorso di tre quarti d'ora, ricco di così santi pensieri e così affettuoso verso D. Bosco ed i suoi cooperatori, che rivelò tutta la bell'anima dell'illustre Porporato. Egli esordì manifestando il contento, col quale negli anni passati assisteva alla Conferenza dei cooperatori di Roma, e dicendo che ora il suo giubilo era di gran lunga maggiore, perché a Roma egli assisteva alla Conferenza come confratello, in Torino invece vi poteva assistere e presiedere come padre. «In Roma io m'interteneva {279 [279]} a discorrere con vivo interesse dell'Opera salesiana col suo fondatore; ed allora chi l'avrebbe detto, esclamò Sua Eminenza, che la divina Provvidenza mi avrebbe inviato Pastore ed Arcivescovo in Torino, dove quest'Opera medesima è nata e cresciuta, e donde già si diffuse in tante altre parti a vantaggio della società e della religione? Oh! se in Roma io l'amava e la promuoveva come Opera di Don Bosco, qui in Torino io l'amo e l'amerò anche come opera mia». L'Eminentissimo passò quindi ad esporre cinque ragioni, per le quali egli deve amare e promuovere l'Opera dei Salesiani e dei loro cooperatori, traendole tutte dal Santo Vangelo. Le accenneremo per sommi capi.
1° Nostro Signor Gesù Cristo dice nel santo Vangelo che fu inviato dal divin suo Padre ad evangelizzare i poveri: Evangelizare pauperibus misti me Dominus. E Don Bosco fin da principio si circondò di poveri, e non solo di poveri di sostanza, ma poveri di spirito, di mente e di cuore, poveri bisognosi di religiosa istruzione. A vantaggio spirituale e materiale della classe operaia mira tuttora la istituzione dei Salesiani e la carità dei loro cooperatori. Essa è adunque opera evangelica, e bisogna che io l'ami e protegga.
2° Il Vangelo ci descrive le amorevolezze di Gesù Cristo verso i fanciulli, e ci fa risuonare alle orecchie quelle affettuose parole: Sinite parvulos venire ad me: lasciate che i fanciulli mi vengano attorno e che io li accarezzi. - La stessa cosa debbo fare ancor io come Arcivescovo. Ma il mio carattere episcopale mi vieta d'abbracciare fanciulli macchiati di peccato e giovanetti coperti di vizi. Oh! benedetti i Salesiani e i loro cooperatori! Essi si adoperano per conservare nella innocenza la fanciullezza e a rendere virtuosi i giovanetti, affinché io possa stringerli al mio seno puri ed immacolati. Dunque io sono tenuto di amare e proteggere l'Opera Salesiana, che mi procaccia questa avventurata sorte.
3° Pratica altamente raccomandata dal Vangelo è la preghiera, e il divin Redentore assicura che, dove sono adunate in nome suo alcune persone, Egli stesso trovasi in mezzo di loro: Ubi sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum. - Ciò posto, come potrei io non amare e proteggere l'opera del nostro Don Bosco, il quale coll'aiuto de' suoi cooperatori non solo promuove la pratica dell'orazione, ma innalza cappelle e chiese belle come questa, dove migliaia di persone vengono a pregare e a cantare le lodi di Dio? Sì, io l'amo quest'opera salesiana, ed ho ragione di amarla.
4° Nel Vangelo è comandata l'unità di fede e sono condannate le eresie. Il divin Maestro pregava che i suoi discepoli fossero così uniti di mente e di cuore da fare una cosa sola tra loro, come egli e il divin Padre facevano una cosa sola: Ut sint unum sicut et nos. - E l'opera del nostro D. Bosco, l'opera dei Salesiani tende pure ad ottenere questa unità della fede e cerca di frenare la diffusione della eresia. Quindi a Roma, a Firenze, a Spezia, a Ventimiglia e qui in Torino fonda case di istruzione e chiese presso a quelle dei protestanti, a fine d'impedire che questi eretici seminino i loro errori, e pervertano la mente ed il cuore dei cattolici. E qual Vescovo potrà non amare, anzi predi ligere un'opera siffatta? {280 [280]}
5° Finalmente opera eminentemente evangelica sono le Missioni. Nostro Signor Gesù Cristo inviò i suoi apostoli a predicare in tutto il mondo: Euntes in mundum universum predicate Evangelium omni creaturæ. - E così fa pure Don Bosco. Egli manda i suoi Salesiani in varie parti d'Italia, nella Francia, nella Spagna, nell'America e sin nella Patagonai, ripetendo loro le parole del Vangelo: - Euntes docete omnes gentes. Ed ecco perché io amo quest'opera. - Né si dica che, inviando sacerdoti altrove, se ne privano i nostri paesi; imperciocché, se faremo vivere e rinvigorire lo spirito cattolico nelle nostre popolazioni, queste, come già una volta, somministreranno sacerdoti per noi e per inviare ai popoli più lontani, seduti ancora nell'ombra di morte.
Sua Eminenza stimolava in ultimo gli uditori a promuovere le opere dei Salesiani non solo colle parole, ma colle limosine, spendendo per esse quel danaro, che sovente si getta in vani divertimenti e talvolta anche nei peccati.
22 maggio 1884
Sabbato 24 corrente si celebrerà in Torino con solennissima pompa la festa di Maria Ausilitrice nella chiesa a Lei dedicata in Valdocco presso l'Oratorio di San Francesco di Sales. Non solo i Torinesi, ma molti forestieri si porteranno alla visita del Santuario, divenuto oggimai luogo di benedizione, trono, dal quale l'augusta Regina del cielo si compiace di mostrare quanto Ella possa a favore de' suoi divoti, spargendo ogni sorta di grazie spirituali e temporali. Speriamo che lo spettacolo religioso, col quale assistemmo negli altri anni, non sarà in questo né meno splendido, né meno consolante. - La festa sarà onorata dalla presenza di Sua Eminenza Reverendissima il cardinale Alimonda e da monsignor Bertagna, suo Vescovo ausiliare.
La conferenza di D. Bosco. - Il nostro benemerito ed infaticabile Don Bosco avverte che venerdì, 23 del corrente, vigilia della solennità di Maria Ausiliatrice, avrà luogo pei cooperatori salesiani e per le cooperatrici la conferenza prescritta dal regolamento. La pia radunanza si terrà nel Santuario stesso di Maria Ausiliatrice, dove sarà posto per tutti, nello spazio destinato ai giovanetti dell'Istituto salesiano. L'entrata sarà per la porta dello stabilimento. La funzione comincierà alle ore 3,30 pomeridiane. Ognuno può condurre le persone di particolare conoscenza, sebbene non ancora ascritte, purché abbiano volontà di farsi ascrivere alla Pia Unione. «Sua Santità Leone XIII, a' cui piedi, dice D. Bosco, io ebbi la bella sorte di prostrarmi il giorno 9 del corrente, accorda una speciale benedizione a quelli, che interverranno a questa conferenza, e tutti potranno lucrare l'indulgenza plenaria secondo il regolamento». Si farà la questua a beneficio dei due Ospizi, che si stanno ora fabbricando per la povera gioventù abbandonata, l'uno in Roma presso la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, e l'altro in Torino presso la chiesa di San Giovanni Evangelista. D Santo Padre Leone XIII raccomanda in particolar modo queste due opere alla carità dei cooperatori e delle cooperatrici. {281 [281]}
17 gennaio 1885
Il benemerito Don Bosco ha indirizzato da Torino, gennaio 1885, una lettera-circolare del seguente tenore:
«Benemerito e caritatevole signore. - La carità, che è industriosa, va in cerca di tutti i mezzi possibili e leciti, onde correre in sollievo delle umane miserie e giovare al civile consorzio. Sapendo che di sì bella virtù è doviziosamente fornito il nobile animo della S. V., sono persuaso che sarà per apprendere ed usare di buon grado un mezzo facilissimo, che qui le suggerisco, per esercitarla con grande vantaggio del prossimo. Ed ecco di che si tratta.
La S. V. saprà che le ossa, avanzate dalla mensa e generalmente dalle famiglie gettate nella spazzatura come oggetto d'ingombro, riunite in grande quantità, riescono in quella vece utili alla umana industria, e sono perciò ricercate dagli uomini dell'arte e pagate alcuni soldi per miriagramma. Una Società di Torino, colla quale mi sono messo in rapporto, ne acquisterebbe in qualsivoglia quantità. - In vista di ciò, e in conformità di quanto si va già praticando in alcuni paesi a favore di altri Istituti di beneficenza, io sono venuto nel pensiero di ricorrere alle benestanti e benevole famiglie di questa illustre città, e pregarle, che, invece di lasciare che vada a male e torni disutile questo rifiuto della loro tavola, lo vogliano cedere gratuitamente a benefizio dei poveri orfanelli raccolti ne' miei Istituti, e specialmente a vantaggio delle Missioni di Patagonia, dove i Salesiani con ingenti spese e con pericolo della propria vita stanno ammaestrando ed incivilendo le tribù selvagge, per far loro godere i frutti della Redenzione e del verace progresso. Simile ricorso e siffatta preghiera io fo pertanto alla S. V. benemerita, convinto che vorrà prenderli in benigna considerazione ed esaudirli.
A quelle famiglie, che avranno la bontà di aderire a questa umile mia domanda, sarà consegnato un apposito sacchetto, ove riporre le ossa mentovate, le quali verrebbero spesso ritirate e pesate da persona a ciò incaricata dalla Società acquisitrice, rilasciandone un buono di ricevuta, il quale per caso di controllo con la Società medesima sarebbe di quando in quando ritirato.a nome mio. Così alla S. V. non resterà altro da fare che impartire gli ordini opportuni, affinché questi inutili avanzi della sua mensa, che andrebbero dispersi, siano riposti nel sacchetto medesimo, per essere consegnati al raccoglitore, e quindi venduti ed usufruiti dalla carità. Il sacchetto porterà le lettere nuziali O. S. (Oratorio Salesiano), e la persona che passerà a vuotarlo presenterà pure un qualche segno per farsi conoscere dalla S. V. o dai suoi famigli. In siffatta guisa e col mezzo che qui espongo e raccomando alla sua bontà, la S. V. si renderà benemerita delle Opere sopraccennate, avrà la gratitudine di migliaia di poveri giovinetti, e, quello che maggiormente importa, ne riceverà la ricompensa da Dio, promessa a tutti coloro che si adoperano al benessere morale e materiale del loro simile.
Sac. GIOVANNI BOSCO».
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22 ottobre 1886
Torino, li 15 ottobre 1886.
Benemeriti Cooperatori e Cooperatrici,
Mi gode l'animo di poter far giungere fino a voi, o cari Cooperatori e Cooperatrici, le interessanti notizie che mi giungono dalla Patagonia e dalle altre numerose Missioni già aperte nell'America del Sud, ed esporvi in pari tempo i disegni di nuove imprese, cui, per urgenti bisogni di quelle lontante popolazioni, converrà mettere mano quanto prima. Dopo di aver corsa e ricorsa la Patagonia, dall'Oceano Atlantico alle Cordigliere delle Ande, e valicate per ben due volte quelle celebri montagne per giungere fino al Chili, dopo di aver catechizzate e battezzate varie tribù di selvaggi, a prezzo di stenti e pericoli incredibili da parte dei nostri missionari, è giunto il momento di dover pensare seriamente a consolidare e perpetuare il bene fatto fino ad ora. Poiché quelle tribù, pacificate e convertite alla fede, avendo cominciato a gustare le prime dolcezze della vita cristiana e civile, non possono rassegnarsi a veder solamente di tanto in tanto il missionario che li chiamò alla vita sociale ed alla luce del Vangelo. Con giusta ragione essi lo vorrebbero sempre in mezzo a loro, per essere da lui diretti, istruiti e consolati, e più specialmente per essere da lui assistiti nei casi di malattia ed in pericolo di morte. Non è quindi a stupire se a monsignor Cagliero, vicario apostolico della Patagonia, non regga l'animo di rifiutare ai poveri selvaggi, che pure sono suoi carissimi figli in Gesù Cristo, questi religiosi e giustissimi conforti. Ma egli non ha né personale, né mezzi sufficienti per appagare i loro ardenti desiderii. Dovendo stabilire residenze fisse pei missionari nel deserto patagonico, a misura che i selvaggi si riuniscono in colonie o villaggi, egli abbisogna, come ben potete comprendere, di un maggior numero di sacerdoti, di catechisti e di suore, e di molti mezzi materiali che sono indispensabili alla vita sociale ed al culto divino.
Quei poveri neofiti, malgrado il loro buon volere, non possono offrire ai nostri Missionari altro che lo spettacolo di lor miseria lagrimevole. Essi stessi abbisognano di tutto, fin d'essere vestiti e mantenuti, massime in sul principio di lor conversione. Quindi è che le sorti di quelle Missioni dipendono affatto dalla Pia Società Salesiana e dalla carità de' nostri Cooperatori e Cooperatrici. E noi dovremo disanimarci? Oh no! Anzi raddoppieremo gli sforzi, per non lasciar venir meno quelle opere, che già ci costarono tanti sudori e tanti sacrifizi. Oltre a ciò, è bene che sappiate che, per assicurare l'esito della totale conversione della Patagonia, abbiamo già stabilito di aprire una via dalla parte occidentale del Chili, e già un drappello di Salesiani si recano colà per fondare una casa al di là delle Cordigliere, nella città di Concepcion, appartenente alla Repubblica chilena. È di là che dovranno partire colonie di Missionari per {283 [283]} evangelizzare l'Araucania e la Patagonia Occidentale, spargendosi poscia a poco a poco nell'arcipelago di Chiloe e di Magellano, nelle così dette Terre del Fuoco, popolate tutte di innumerabili tribù indigene affatto prive di ogni idea di religione e di civiltà. Don Fagnano in questo momento deve essere già disceso alle Isole Malvine, e di là correrà ad esplorare tutte quelle isole fino al Capo Horn, e vi studierà i punti più strategici e meglio adatti per piantar colà le tende dei nuovi soldati della Croce, che andranno presto a raggiungerlo. Non potrete mai immaginarvi, o cari Cooperatori e Cooperatrici, quante vive istanze e quante suppliche mi giungano di laggiù da parte dei nostri infaticabili Missionari e delle popolazioni stesse, affinché mandiamo colà nuovi e ragguardevoli rinforzi di uomini e di danaro. Ed appunto per far conoscere meglio i bisogni e la condizione, grazie a Dio soddisfacente, delle nostre Missioni di America, è venuto espressamente da quei lontani paesi il nostro missionario D. Luigi Lasagna, il quale non lasciò intentata nessuna via per indurmi a preparare anche questa volta una numerosa spedizione di Missionari Salesiani e di Suore di Maria Ausiliatrice. Ne abbisogna anch'egli di un buon numero per le Missioni, che gli affidai nel vastissimo Impero del Brasile, più esteso di per sé solo che tutta quanta l'Europa, e dove vi sono regioni sconfinate, popolate unicamente di selvaggi, che scorrazzano per immense foreste, sospirando da secoli una mano amica, che vada a sottrarli alla vergognosa barbarie, in cui giaciono sepolti e vi giaceranno ancora chi sa per quante generazioni, se lo zelo di Missionari, sostenuti dalla carità dei fedeli, non apporta loro presto un qualche aiuto. Indotti da questi potenti motivi, abbiamo deciso di preparare per il prossimo novembre la spedizione di un nuovo drappello di Missionari, che raggiungeranno almeno il numero di trenta, e che potranno anche essere di più se i soccorsi dei benefattori ci giungeranno a tempo e copiosi.
Ciò posto, non vi sarà difficile capire, o cari Cooperatori e Cooperatrici, che per allestire la novella schiera di conquistatori di anime e di propagatori del regno di Dio in sulla terra, occorrono gravissime spese di sacri arredi, spese di vestiario e biancheria, spese di suppellettili per Chiesa, scuola ed abitazione e spese urgentissime per i viaggi di mare e di terra. Epperciò non mi resta altro che riporre ogni mia speranza in Dio e nella generosità vostra, o carissimi Cooperatori e Cooperatrici, affinché, come già mi siete venuti in aiuto nelle spedizioni antecedenti, così non indugiate a soccorrermi nella spedizione che attualmente divisiamo, malgrado la grande strettezza di mezzi materiali che ci affligge. Faccio quindi un nuovo appello alla vostra carità; ascoltate anche voi al pari di me la voce dei cari missionari ed il grido che ci mandano tanti poveri derelitti da quelle lontanissime contrade. Pertanto supplico i Cooperatori e le Cooperatrici a renderci possibile la nuova spedizione, soccorrendoci colle ferventi preghiere e colle offerte che potranno fare in tele od oggetti di biancheria, in panni od abiti, in arredi di chiesa od in vasi sacri, e più ancora in denaro, con cui far fronte alle spese di viaggio e trasporti per terra e per mare, in fine con qualsiasi limosina che la pietà loro suggerisca e {284 [284]} le loro forze permettano. All'Oratorio di Torino, donde prenderanno le mosse i nuovi missionari, si riceverà con gratitudine, sia a mano, o per ferrovia, o per posta, quanto la vostra industriosa carità sarà per inviare al nobile intento. Nel giorno poi, che sarà scelto per la partenza dei missionari, prima della funzione di congedo, si terrà apposita Conferenza ai Cooperatori e Cooperatrici nel Santuario di Maria Ausiliatrice, e questo vi sarà per tempo notificato, affinché coloro che lo desiderano, possano intervenirvi, e mentre fin d'ora v'invito, non voglio lasciar di pregarvi ad aver la bontà di cercare pure, tra i vostri conoscenti ed amici, chi volesse eziandio concorrere col suo obolo a questa opera di umanità e di fede. Noi segneremo il vostro ed il loro nome nei registri del nostro pio Istituto, per ricordarli ogni giorno nelle nostre preghiere, per implorare dal Cielo copiose benedizioni sopra di voi e sopra quelli tutti che ci beneficheranno, sopra le loro famiglie e le opere loro, sicuri che Iddio li segnerà nel libro della vita, nel libro dei predestinati, poiché è sentenza del grande Sant'Agostino, che chi procura efficacemente la salute delle anime, mette al sicuro l'anima propria: Animam salvasti, animam tuam predestinasti. Maria SS. Ausiliatrice, che si è costituita protettrice e madre dei nostri missionari e di quei poveri selvaggi, vi ottenga da Dio ogni più eletta benedizione spirituale e temporale.
Vostro aff.mo in Gesù C.
Sac. G. Bosco.[6]
(MB 18,706-709)
30 novembre 1886
Un trenta e più missionari Salesiani partiranno il 2 dicembre per l'America. Prima però avrà luogo una solenne funzione nella chiesa di Maria Ausiliatrice. Il sacerdote D. Giovanni Bosco vi ha invitati i suoi Cooperatori e Cooperatrici colla seguente lettera:
«Benemeriti Cooperatori e Cooperatrici:
Mi sta a cuore di far sapere alle SS. VV. che il 2 del prossimo dicembre è stabilito per la partenza dei nostri Missionari per l'America. Affinché il loro viaggio lungo e pericoloso sia accompagnato dalla benedizione di Dio, è mia intenzione che si compia in quel dì una religiosa funzione, coll'intervento almeno dei nostri Cooperatori e delle nostre Cooperatrici di Torino e di sue vicinanze. La funzione sarà celebrata nella chiesa di Maria Ausiliatrice, e avrà {285 [285]} principio alle ore 3 pomeridiane di detto giorno. Il sacerdote D. Luigi Lasagna, capo dei Missionarii, terrà ai convenuti un discorso di circostanza in forma di Conferenza. Sua Eminenza reverendissima il cardinale Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, ha la grande bontà di onorarla colla sua presenza, impartire la trina benedizione col SS. Sacramento, e recitare sui Missionari le preghiere della Chiesa pei pellegrinanti. Il Santo Padre Leone XIII, agli 11 del corrente mese, ebbe già l'alta degnazione di ricevere benignamente in udienza privata il prelodato sacerdote D. Luigi Lasagna, e benediceva ai Missionari e a tutti coloro che concorressero ad effettuare la nobile impresa. Invito pertanto tutti i Cooperatori e tutte le Cooperatrici, che riceveranno questa lettera, a voler prender parte alla detta Conferenza, e di condurvi altresì quelle persone che giudicheranno a proposito. Stante le ingenti spese richieste per questo invio di operai evangelici nella Patagonia e nel Brasile, si farà una questua in chiesa a favore delle Missioni. Sono lieto infine di cogliere questa nuova occasione per tutti ringraziarvi degli aiuti che mi prestate a compiere quest'opera, e, assicurandovi che, unitamente coi Missionari, colle Suore di Maria Ausiliatrice e con tutti i giovanetti di questa Casa invocherò ogni giorno sopra di voi e sopra delle vostre famiglie le benedizioni del Cielo, ho l'onore di professarmi con profonda gratitudine
Delle SS. VV. BB.
Dev.mo Servitore
Sac. GIOVANNI BOSCO».
(MB 18,724) {286 [286]}
[1] Il Milione, ossia Viaggi in Asia, in Africa e nel mare delle Indie, descritti nel secolo xm da Marco Polo, veneziano. Torino, tipografia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, 1873. - Prezzo centesimi 80.
[2] Novelle di TOMMASO VALLAURI. Quinta edizione. Torino, tipografia e libreria dell'Oratorio Salesiano, 1873; un bello e nitido volume in -8° di pagine 419. Si vendono in Torino dalla libreria predetta e dalla Ditta Paravia al prezzo di lire 2 50.
[3] Ecco le parole del diario argentino: «El presbitero D. Juan Cagliero. - El domingo pasado predicò en la iglesia Mater Misericordiæ este distinguido sacerdote, superior de los Salesianos llegados ùltimamente de Europa...; es un elocuente orador, de palabra fàcil, energica y persuasiva. El tema de su discorso fué la benèfica influencia de la religion en el individuo, en la familia y en los pueblos y probo a si mismo que el catolicismo es la fuente ùnica de la civilisacion y del progreso».
[4] Interessante è la storia di questo santuario. Nel 1630 non esisteva in questo luogo che una casa pastorizia presso un rio, detto Lujan. Ma in quell'anno una statua della Madonna che si trasportava dal Brasile su di un carro, passando in questo luogo, si fermò e lo volle eleggere per sua abitazione. Non ci fu verso di fare procedere 0 cavallo di un solo passo, fin tanto che, discesa la cassa dov'era la statua, subito il cavallo senza strepito potè condurre a sua destinazione l'altra mercanzia. Stupefatti dal miracolo, si elevò quivi una piccola cappella, dove si operarono gran miracoli; ma dopo molti anni essendosi trasportata la statua in altro luogo a varie leghe di distanza, per ben tre volte la Madonna se ne tornò al luogo da essa medesima scelto. Eretto allora un gran santuario, si contarono a migliaia le grazie dalla Beata Vergine elargite a chi l'invocava; e tanto fu il concorso della gente, che in poco tempo sorse attorno al Santuario un paesello che si chiamò villa Lujan, il quale crescendo di giorno in giorno, colle cascine che da lui dipendono, ora conta 12,000 abitanti.
[5] In una corrispondenza, che finora, per mancanza di spazio, non abbiamo potuto pubblicare, un amico nostro, fra le altre dimande di legalità che vorrebbe fossero fatte al Coppino, pone anche questa: «È egli legale, che un professore più o meno emerito, come il Coppino, il quale fu anche ministro, si faccia liquidare la pensione in qualità di ministro dimissionario per potersene beccare la pensione di lire 8000 annue, e che poi ritorni, senz'altro, ministro? È egli legale che egli si goda ora, ad un tempo, pensione e stipendio di ministro, come mi assicurano che faccia appunto il Coppino?...». Che modelli di legalità! (Nota del Baretti.).
[6] I caritatevoli benefattori delle nostre Missioni sono pregati di mandare le loro offerte direttamente a D. Bosco in Torino, via Cottolengo, numero 32.