con appendice SULLE LITURGIE
per cura del Sacer.
BOSCO GIOVANNI
TORINO
TIP. DI G. B. PARAVIA E COMP.
1857 { [19]} { [20]}
INDEX
La direzione ai benemeriti corrispondenti ed ai signori associati.
Conferenza prima sul Purgatorio e sul modo di suffragare i defunti.
Capo I. Occasione di questa Conferenza.
Capo II. Dottrina della Chiesa Cattolica sul Purgatorio.
Capo III. La dottrina del Purgatorio contenuta nella Bibbia.
Capo IV. Il fatto di Giuda Maccabeo.
Capo V. Le sette separate dalla Chiesa cattolica fanno suffragi pei defunti.
Capo VI. Consenso universale pei suffragi de' defunti.
Capo VII. Protestanti ammettono il Purgatorio.
Conferenza seconda. Difficoltà contro al Purgatorio
Capo II. Dove sia il Purgatorio. - Che cosa ivi si soffra. - La liturgia cattolica.
Capo III. La solennità pei fedeli defunti.
Capo IV. Invito a suffragare i defunti.
Appendice. Sulle Liturgie. Autorità ed antichità delle liturgie.
Della liturgia dei nestoriani e di quella degli armeni
Nel chiudere col presente fascicolo il quarto anno delle nostre popolari pubblicazioni le Letture Cattoliche, ci sentiamo un vero bisogno di indirizzare alcune parole agli illustri e benemeriti Corrispondenti ed ai signori Associati.
Non avevamo certamente bisogno di minore incoraggiamento degli uni e degli altri per poterci sostenere e progredire in mezzo ai continui sacrifizi, cui avemmo a sottostare in questi anni critici per tutti.
Mentre pertanto pieno il cuore di riconoscenza ringraziamo umilmente la Divina Provvidenza di aver benedetto le nostre {1 [21]} povere ed umili fatiche, sentiamo pure il dovere di esternare pubblicamente i sentimenti della più viva nostra gratitudine ai signori Corrispondenti di tutte le cure, di tutte le sollecitudini, che si diedero per la propagazione delle Letture Cattoliche, senza badare alle noie, ai disturbi, avendo unicamente di mira il vantaggio del popolo, questa cara ed interessante parte della società per la quale noi scriviamo, e per la maggior gloria di nostra Santa Religione.
Ringraziamo gli Associati, i quali col loro obolo concorsero a sostenere quest' opera, la quale sebbene umile in se stessa, non è però meno importante di qualunque altra clamorosa pubblicazione.
Non si tratta qui di speculazione libraria nè di alcun materiale interesse; essa è opera di zelo, è opera di carità religiosa e sociale, è opera tutta morale.
Si tratta di istruire e di raffermare i buoni nei principii del cattolicismo, di {2 [22]} illuminare e attirare con quella affabilità, con quella dolce carità che era propria e caratteristica del nostro divino Maestro, i traviati alla pratica dei doveri religiosi. Un ardente desiderio di fare qualche poco di bene, o almeno di impedire qualche male, è il solo ed unico scopo delle nostre fatiche. Ora chi sarà tra i buoni e facoltosi colui, il quale voglia rifiutarci il suo efficace concorso ed ajuto?
Oh nessuno! ne siamo certi, nessuno negherà di cooperare con noi, e portiamo anzi sicuranza, che se nel corso di quattro anni abbiamo potuto seminare e porre in mano del popolo oltre a settecento mila fascicoli delle Letture Cattoliche, in più breve tempo potremo, mediante il loro concorso, raddoppiarne il numero, specialmente in vista del grande bisogno prodotto dai tempi che corrono.
Le associazioni o società protestanti si gloriano di spargere tra i cattolici a milioni a milioni i loro opuscoli, i loro {3 [23]} scritti corrompitori della fede e dei costumi, e noi cattolici vorremo lasciarci vincere? permetteremo, che in mezzo a noi venga adulterata la nostra fede, maltrattata la nostra santissima Religione, perduta la moralità, senza che ci adopriamo con ogni mezzo con ogni sforzo a fine di porvi un argine una barriera per impedire tanto male?
In noi poco fidiamo perchè deboli, ma tutta la nostra speranza dopo Dio è posta nell'illustre Episcopato, splendore e gloria del cattolicismo in Piemonte, a Lui perciò ci rivolgiamo, sotto la cui protezione fin dal suo nascere abbiamo posta questa nostra popolare pubblicazione, e umili lo supplichiamo a voler degnarsi di sostenerci co' suoi consigli e co' suoi suffragi.
Preghiamo caldamente i signori Parroci, nelle mani dei quali eziandio sta in gran parte l'esito felice delle Letture Cattoliche, perchè le promovano nelle loro parrocchie {4 [24]} e facciano sì che ogni famiglia sia associata.
Supplichiamo i signori Corrispondenti, già tanto, benemeriti, a volersi adoperare per dilatarle sempre più, ed a farle conoscere ove non lo siano. Finalmente ci raccomandiamo ai signori Associati di rinnovare il loro abbuonamento e di procurare che si associno i loro parenti, i loro amici, affinchè maggiore sorta quel bene per cui tutti ci adopriamo e tutti fondatamente speriamo ampia mercede dal nostro buon Dio. {5 [25]}
La Direzione ha tenuto conto di tutti i consigli e suggerimenti, che tanto gli associati quanto i corrispondenti e gli amici le porsero per quei miglioramenti che sono possibili di introdurre sia nella pubblicazione dei fascicoli, sia riguardo la materia a trattarsi: la medesima sarà sempre riconoscente a coloro che le faranno amichevoli osservazioni.
Preghiamo caldamente quei signori associati i quali non leggono i fascicoli o per mancanza di tempo, o per la semplicità della materia che trattano, di non tenerli inoperosi ed ammucchiati nei loro scaffali, ma bensì di passarli alle mani di coloro che non possono o non vogliono associarsi, a cui però potrebbero {6 [26]} esser utili, essendo ancor più facile che la lettura delle cose semplici possano colpire e portare al bene i lettori.
Intanto annunciamo che d'or innanzi non si pubblicheranno più fascicoli doppi ossia servienti per due mesi. Ma in ogni mese si darà un fascicolo, qualunque sia per essere la mole.
Il prezzo annuo da pagarsi anticipatamente è di lire 1,80.
Per coloro poi che desiderano di ricevere i fascicoli franchi per la posta il prezzo sarà d' or innanzi di lire 2,60.
Coloro che si associano per 50 copie, o fanno centro di 50 associati, riceveranno i fascicoli franchi di porto per mezzo della via ferrata o dei conducenti.
Le domande di associazioni possono farsi o alla Direzione delle Letture Cattoliche, Via di S. Domenico n° 11. in Torino, o nelle provincie presso i seguenti signori Corrispondenti. {7 [27]}
Alba. Presso il rev. P. Pio prete dell'Oratorio di S. Filippo.
Asti. Sig. Martini Can. Luigi Cancelliere.
Albenga. Sig. Vento D. Luigi.
Arona. Sig. Imperatori Vic. Foraneo.
Alessandria. Sig. Marmanzana D. Fedele.
Acqui. Monsignor Modesto Vesc.della Dioc.
Albissola. Sig. Prato Susanna ved. Saettone.
Biella. Jorio D.Giov. Cancelliere Vescovile.
Broni. Del-Bò Sig. Canonico.
Bra. Sig. D. Priotti Priore di S. Andrea.
Borgomanero. Sig. Piana D. Felice Parr.
Buttigliera d'Asti. Sig. Teppati D. Giuseppe Vic. Curato.
Bosconero. Sig. D. Peronino Prevosto.
Carmagnola. Sig. T. Serra Can. Arciprete.
Cavour. Sig.Rovey D. Ignazio Vic. Foraneo.
Casale. Sig. Crova D. Gregorio.
Caselle. Sig. Arciprete Teol. Delluca.
Castelnuovo d'Asti. Sig. Savio Evasio.
Cuneo. Sig. Borgarino D. Bartolommeo,
Chivasso. Sig. Bovio Teologo. {8 [28]}
Camogli. Sig. Schiaffino D. Fortunato.
Caraglio. Sig. D. Bianco Prevosto.
Cannero. Sig. D. Bianchi Prevosto.
Chieri. Sig. D. Beltrami Sacerdote.
Chiavari. Sig. T. Costa prof, in Seminario.
Domodossola. Signor Burdet Rettore del Collegio Mellerio.
Dogliani. Sig. Scher D. Zaveric.
Fossato. Sig. Aragno T. Gioachino Cancel.
Gassino. Sig. Bertoldi D. Antonio.
Genova. Sig.Fulle D. Angelo nel Seminario.
Idem. Sig. Mariconi D. Bartolommeo.
Giaveno. Sig. T. Arduino Can. Prevosto.
Gozzano. Sig. T. Jenghi Canonico.
Garlasco. Sig. Pozzi D. Paolo.
Intra. Sig. D. Guglielmetti Can. Prevosto.
Ivrea. Sig. Avv. Pinoli Can. Vic. Gen.
Iglesias (Sardegna). Monsignor Vesc. della Diocesi.
La Pieve ai Mondovi. Sig. T. Fazio Can. Prevosto.
Lucca. Sig. Baroni Libraio.
Mondavi. Monsignor Vescovo della Diocesi. {9 [29]}
Milano. Sig. Besozzi Libraio.
Mortara. Sig. D. Croscio Camillo Prev. di S.ta Croce.
Novara. Sig. T. Tamiotti Canonico.
Novi. Sig. T. Pavese Can. Arciprete.
Nizza marit. Sig. T. Barraia Canonico.
Ozieri (Sardegna). Pischeddu Vic. Gen.Cap.
Pinerolo. Monsignor Vescovo della Diocesi.
Poirino. Sig. T. Giorda Prevosto.
Piobesi. Sig. D. Bosio Antonio Vice Curato.
Piacenza. Sig. D. Poledri.
Racconigi. Sig. Paschetta D. Giuseppe.
Saluzzo. Sig. T. Guglielmi Can.
Savona. Sig. T. Talassano Canonico.
Savigliano. Sig. T. Turletti Can.
S. Benigno. Sig. Verulfo Sacerdote.
Susa. Sig, T. Borello Segr. Vescovile.
Semiana. Sig. D. Ferrari Pietro Prevosto.
Sassari (Sardegna). Capra Maurizio Franc
Tortona. Sig. Sacerdote Maggi.
Torre-Luserna. Sig. T. Aviena, Cav. Pr.
Trino. Bazzano Sig. D. Carlo.
Varallo. Sig. T Neri Can. {10 [30]}
Vercelli. Sig. T. Carron Can. Luigi in Semin.
Ventimiglia. Sig. Viale D. Emilio Can.
Villafranca Piemonte. Sig. Prialis T. Vic.
Vigevano. Sig. T. Vandone.
Valle Lomellina. Sig. Manfredi Prevosto.
Villastellone. Sig. T. Appendini.
Voghera. Sig. T. Porri Can.
Vanzone. Sig. Garbagna Vic. Foraneo.
Viarigi. Sig. Mellino Gio. Batt. Vic. For.
Villanova di Mati. Sig. D. Kerbaker. Gaet.
Vigone. Sig. T. Castelli Prevosto. {11 [31]}
Nell'ufficio della Direzione trovansi vendibili le seguenti operette già pubblicate nei tre precedenti anni.
Coloro che desiderassero di farne acquisto, le medesime si vendono anche separatamente al prezzo indicato.
Coloro che acquistano cinquanta copie di una medesima operetta avranno 10 copie gratis; e chi ne acquista cento, ne avrà 25 gratis.
Le domande devono essere fatte per lettera affrancata col vaglia postale del prezzo delle opere richieste unicamente alla Direzione centrale delle Letture cattoliche - via S. Domenico, N° 11, a Torino.
Le spese di porto sono a carico dei committenti. {12 [32]}
La Collezione intiera di ciascuna annata |
L. 1 80 |
Il Cattolico, trattenimenti, ecc.; 6 fascicoli legati in un volume |
L 1 35 |
Vita di S. Zita e S. Isidoro |
L 1 10 |
La buona madre di famiglia, 2 fascicoli legati |
L 1 20 |
Esempi di cristiana virtù |
L 1 10 |
L'artigiano secondo il Vangelo |
L 1 15 |
Cenni sulla vita di Luigi Comollo |
L 1 15 |
Catechismo cattolico sulle rivoluzioni |
L 1 10 |
Ai contadini, regole di buona condotta |
L 1 10 |
Conversione di una Valdese |
L 1 20 |
Raccolta di curiosi avvenimenti. |
L 1 20 |
Catechismo intorno al Protestantesimo. |
L 1 20 |
Le sei domeniche e la novena in onore di S. Luigi Gonzaga |
L 1 10 {13 [33]} |
Catechismo intorno alla Chiesa Cattolica |
L 1 20 |
Trattenimenti intorno al Sacrifizio della S. Messa |
L 1 20 |
Del commercio delle coscienze, ecc. |
L 1 20 |
La buona regola di vita, 2 fascicoli |
L 1 25 |
Il Giubileo e pratiche divote, ecc. |
L 1 10 |
Riflessioni sull'immacolato concepimento della SS. Vergine |
L 1 10 |
Maniera facile per imparare la Storia Sacra |
L 1 20 |
I beni della Chiesa come si rubino |
L 1 15 |
Le consolazioni del Vangelo |
L 1 15 |
Conversazioni tra un Avvocato ed un Curato |
L 1 25 |
Conversione d'una nobile e ricca Signora Inglese |
L 1 15 |
Istruzione catechistica sul matrimonio |
L 1 15 |
Cenno biografico intorno a Carlo Luigi Dehaller |
L 1 15 |
Vita di S. Martino, |
L 1 20 |
La forza della buona educazione |
L 1 20 {14 [34]} |
Trattenimenti intorno al SS. Sacramento dell'Eucaristia |
L 1 30 |
Il libro dell'orazione domenicale di S. Cipriano |
L 1 20 |
La Domenica al popolo |
L 1 20 |
La Bestemmia, avvertenze al popolo |
L 1 20 |
Vita di S. Pancrazio Martire |
L 1 20 |
Brevi Considerazioni sulla Conformità con la santa Volontà di Dio |
L 1 20 |
Andrea ovvero la Felicità nella Pietà, Racconto morale |
L 1 20 |
Conversione di Ermanno Cohen israelita ecc |
L 1 20 |
L'Angelo custode dell'infanzia. |
L 1 20 |
Trattenimenti morali intorno ai riti ed alle cerimonie della S. Messa. |
L 1 25 |
{15 [35]} {16 [36]} {1 [37]} {2 [38]}
Nel pubblicare queste due Conferenze debbo pregare il lettore, di non indagare nè il sito nè il nome delle persone tra cui hanno avuto luogo. Le ragioni che m'inducono a non pubblicare i nomi degli individui sono molte, e fra le altre avvi anche quella che essendone stato di ciò richiesto, ho promesso di compiacerli. Del resto quanto ivi si legge è fatto storico. Nell'esporre però la materia ho {3 [39]} giudicato bene di far due cose: ho modificato alcuni modi di parlare degli avversari, per conformarli a quanto dicono altri protestanti ne' loro scritti. Ma le difficoltà si esposero sostanzialmente come furono fatte. Solamente per la lunghezza della conferenza essendosi più volte dette le medesime cose e talvolta ripresi i medesimi argomenti, mi son fatto lecito di seguire ordinatamente la serie delle materie poste in questione, senza tener conto delle ripetizioni. Ho pure stimato bene di ommettere alcune espressioni, le quali per essere o sconce o disdicevoli alle cose sacre, potrebbero cagionare pena all'animo divoto dei nostri lettori.
Se gli argomenti addotti non avranno {4 [40]} esausta la materia sull'esistenza del Purgatorio, avranno almeno abbastanza chiaramente espresso e provato quanto sia fondata e certa la dottrina della Chiesa Cattolica intorno a questo dogma.
Comprendo che alcune delle cose ivi trattate sono alquanto superiori alla capacità del popolo per cui particolarmente scrivo; al che mi sono studiato di supplire colla chiarezza e colla popolarità con cui spero di aver sciolte le difficoltà opposte. Altronde è bene che tutti sappiano quanto dicono i nemici della fede contro al Purgatorio, e quanto siano deboli gli argomenti che gli uomini più eruditi tra i protestanti sono in grado di opporre {5 [41]} alla chiarezza delle verità Cattoliche.
Leggi, o lettore, per tua salutare istruzione, e nel leggere ti unisci con me a pregare Iddio misericordioso che ci doni forza e grazia da vivere in modo, che dopo morte possiamo scampare la gravezza delle pene del Purgatorio e volare immediatamente alla gloria dei beati in cielo. {6 [42]}
Alcuni protestanti eransi più volte recati da un Sacerdote a fine di iniziare dispute con esso lui intorno a diversi argomenti religiosi. In generale le loro discussioni consistevano nel gridar forte è saltar di questione in questione senza mai venire a termine di alcuna. Qualora poi fossero ridotti a qualche punto conclusivo, da cui non potessero allontanarsi, per lo più solevano dire: Noi non sappiamo rispondere a queste difficoltà, perchè non abbiamo studiato abbastanza; ma se ci fosse mai il nostro {7 [43]} Ministro! Egli è un' arca di scienza; egli con due parole fa tacere tutti i preti. Ditegli che venga egli stesso, loro si replicava, venga, e se saprà confutare le ragioni che dimostrano la verità della religione cattolica, e sostenere con sode ragioni gli errori dei riformatori, merita la gloria di essere chiamato uomo dotto. Ma io temo che egli non sia per venire.
- Noi temiamo ch'egli sia per ricevere qualche sgarbatezza, altrimenti siamo sicuri che verrebbe …
- No, miei cari, ditegli che venga con tutta tranquillità; egli mi farà un vero piacere; assicuratelo che sarà trattato da amico. Se non potranno essere accolte le sue ragioni, si serberà ciò non ostante tutto il rispetto per la sua persona. Il Ministro dal suo canto aveva più volte fatto intendere che sarebbe venuto, ed aveva stabilito il giorno e l'ora; ma la sua comparsa non aveva ancora avuto luogo. Finalmente un giorno viene con due suoi amici: si fa annunziare, entra nella camera del prete e in modo gentile e cortese comincia a parlar così: salute, signor Teologo, tollerate con pazienza questa visita, siamo venuti per disturbarvi. {8 [44]}
Prete. Benvenuti, Signori, venite pure avanti: mettetevi a sedere. In quale cosa potrei rendervi servigio?
Ministro. Siamo venuti qua per chiacchierare un poco. Vennero più volte da voi alcuni nostri allievi i quali s'inoltrarono in certe questioni cui a dir vero non erano in grado di sostenere. Mi hanno detto che voi avreste desiderato di fare le medesime difficoltà al loro Ministro: ora egli è venuto, ed è quel medesimo che parla. È mia precisa intenzione che voi facciate quelle gravi osservazioni, cui niuno, come mi riferirono, può dare la debita risposta.
P. Io non desiderava già di fare difficoltà, ma di scioglierle a chi ne faceva, e scioglierle a chi fosse in grado di capirle. Perciò desiderava proprio di trattare con persona capace di tener discorso intorno ad alcuni punti di fede per vedere quali ragioni possano addurre i protestanti per non ammettere certe verità che a noi cattolici paiono appoggiate sopra la medesima evidenza.-
M. Godo molto di quanto mi dite; il desiderio di parlare e di ragionare è reciproco. E vi posso assicurare che da {9 [45]} lungo tempo desidero di sapere da' cattolici di buona fede come essi non si diano premura di rifiutare certi punti di dottrina che a noi sembrano manifestamente fondati sopra l'errore e sopra la superstizione. -
P. Posto il reciproco desiderio di una discussione, resta ancora a stabilirsi la materia intorno alla quale intendiamo ragionare. -
M. Parleremo di tutto un poco, se vi piace.
P. Accetto il tema di discorrere di tutto un poco, con preghiera di voler gradire che io premetta alcune condizioni, le quali, credo, che voi pure troverete ragionevoli. Queste sarebbero: 1° Che voi ed i vostri due amici vi persuadiate di trattar con un leale amico, che in quanto sarà per dire non altro ha di mira se non il bene eterno; 2° Se venisse fatta difficoltà, cui non sapessi rispondere, ciò si attribuisca a mia ignoranza, non a mancanza di ragioni; 3° Lascio a voi piena libertà di scegliere quell' argomento che più vi aggrada a sola condizione che non passiate da una discussione ad un'altra, finchè non abbiate più cosa alcuna {10 [46]} da osservare sopra la materia di cui si ragiona; 4° Nel discorrere si procuri di evitare ogni parola, ogni modo di esprimersi che possa eccitare il disprezzo sopra le cose sacre.
M. Condizioni ragionevolissime che noi accettiamo senza eccezione; e vi assicuro che da parte nostra studieremo di usare il debito rispetto fino in quelle cose che ci sembrassero da disapprovasi perchè contrarie alla nostra credenza. Una cosa vorrei ancora dimandarvi dal canto mio: che non sia pubblicato il nostro nome nè in libri nè in giornali, qualunque sia per essere l' esito del nostro trattenimento.
P. Dal canto mio non ho difficoltà che sia pubblicato e il mio nome, e la materia trattata. Vi assicuro però che io non darò pubblicità a cosa alcuna che possa far conoscere le vostre persone.
M. Ciò posto proporrei il Purgatorio per materia di questa nostra discussione. Posso assicurarvi che sebbene io sia pienamente d' accordo cogli altri Ministri riformati, che non esista alcun Purgatorio, tuttavia questo è il dogma cattolico che io ho sempre rispettato, e del quale, se non è vero, sembrando almeno alquanto {11 [47]} ragionevole, mi sento una certa tendenza a discorrere.
P. Di buon grado accetto di ragionare intorno al Purgatorio, però affinchè sia ben chiaro l'argomento di cui intendiamo di parlare, stimo bene di esporvi la dottrina della Chiesa Cattolica intorno a questo dogma, perchè io sono persuaso che la giusta idea su tal materia contribuirà a dileguare molte prevenzioni dei protestanti a tal proposito.
P. Ecco la comune definizione che dai teologi cattolici si suol dare al Purgatorio. - Il Purgatorio è un luogo ossia uno stato in cui le anime dei giusti, uscite da questo mondo senza aver sufficientemente soddisfatto alla giustizia divina pei loro peccati, sono costrette ad espiarli prima di essere ammesse a godere la felicità eterna. - (V. Bergier. art. Purgat.)
M. Scusate un momento. Questa definizione è alquanto diversa da quella che {12 [48]} ho letto in libri cattolici e non cattolici. Là per purgatorio s'intende un luogo, una carcere, una fornace in cui sono trattenute le anime dei giusti prima di andare in cielo. Così pure ho sentito io stesso a predicare. Perchè voi non chiamate questo luogo carcere e fornace e simili?
P. Poco per volta, signor Ministro, e sarete soddisfatto di tutto; scioglierò ad una ad una le vostre difficoltà. Permettetemi che cominci a farvi conoscere che la mentovata definizione contiene la dottrina cattolica, siccome viene espressa nel Concilio generale di Firenze: «Le anime dopo morte (così quel concilio) sono purgate con pene purgatorie e a sollevarle da tali pene giovano i suffragi; cioè le messe, le orazioni, le elemosine e gli altri esercizi di pietà soliti a farsi nella Chiesa da' fedeli a favore degli altri fedeli». Conc. Flor. Sess. 25.
Così quel concilio esprime la dottrina della chiesa antica sopra il Purgatorio, che va pienamente d'accordo con quanto fu definito nel Sacro Concilio di Trento. Ecco le parole del testo: «Se qualcheduno dice che, per la grazia giustificante, la colpa {13 [49]} e la pena eterna sono talmente rimesse al penitente che non gli resti più alcuna pena temporale a soffrire in questo mondo o nel Purgatorio prima di entrar nel regno dei Cieli sia anatema (sia scomunicato). Se taluno dice, che il sagrificio della santa Messa non è propiziatorio e che non deve essere offerto pei vivi, pei morti, pei peccati, per le pene, per le soddisfazioni e per altri bisogni, sia scomunicato.» Sess.25.
«La Chiesa Cattolica ammaestrata dallo Spirito Santo ed appoggiata sopra i libri del vecchio e del nuovo testamento, sopra l' antica tradizione dei padri e dei concilii; e finalmente ivi in Concilio generale radunata insegna e definisce, esistervi il Purgatorio, e le anime ivi trattenute dai suffragi dei vivi e specialmente col sagrificio della Santa Messa potersi sollevare.» Sess. 25.
Dopo di ciò il Concilio Tridentino ordina e raccomanda a' dottori e predicatori di non insegnare sopra questo punto, se non la dottrina dei padri e dei Concilii, di evitare tutte le quistioni di pura curiosità, e di ommettere tutto ciò che può sembrare incerto, o favoloso, o capace di {14 [50]} nutrire la superstizione, o favorire un sordido interesse. - Luogo citato.
Come ben vedete, signor Ministro, colle parole del Concilio Tridentino comincio a rispondere a quanto dicevate sui vari nomi che soglionsi dare al Purgatorio.il Concilio con quei decreti non decide se il Purgatorio sia un luogo particolare in cui le anime siano chiuse; in quale maniera sieno purificate, vale a dire, se ciò si faccia per mezzo del fuoco od altrimenti; quale sia il rigore e la durata di quelle pene, fino a qual punto possano essere sollevate dalle preghiere, dalle buone opere dei vivi, o dal santo sacrifizio della Messa; se questo sacrificio rechi conforto a tutte quelle anime in generale, o in particolare a quelle per cui si offre nominatamente il sagrifizio. -
I teologi cattolici possono liberamente disputare su tali questioni, che non sono ancora state definite dalla Chiesa come dogmi di fede, da non poter più muovervi sopra discussione.
M. Propriamente la dottrina, che mi esponete, è alquanto diversa da quanto viene intesa tra di noi e mi lascia campo a farvi molte dimande; primieramente è....{15 [51]}
P. Abbiate ancor pazienza per un momento, signor Ministro; lasciatemi venir ad una conclusione di quanto vi ho esposto, e poi di buon grado ascolterò le vostre osservazioni.
La definizione del Concilio di Firenze, e quella del Concilio Tridentino propone e racchiude quattro verità che non bisogna confondere. La prima che dopo la remissione della colpa e della pena eterna ottenuta da Dio nel Sacramento della Penitenza, rimane ancora al peccatore una pena temporale a scontare. In secondo luogo, che quando non si è soddisfatto a questa pena nella vita presente si può e si deve subire subito dopo morte. In terzo luogo che le preghiere e le buone opere dei viventi possono essere utili ai defunti. Finalmente che il sagrificio della messa è propiziatorio e per conseguenza ha virtù di scancellare i peccati e soddisfare alla giustizia divina pei vivi e pei defunti. Intesa così la dottrina della chiesa cattolica fo a voi, signor Ministro, ampia facoltà di fare quelle osservazioni che nella vostra saviezza stimerete a proposito, pregandovi nuovamente di non mai passare a novelle difficoltà, finche {16 [52]} le antecedenti non vi siano interamente spianate.
M. La prima difficoltà che voleva, e che ora intendo di farvi è che nella Bibbia non avvi quanto nei mentovati Concilii si definisce; per es., si dice, che la dottrina del Purgatorio è appoggiata sulla Bibbia, è secondo la Bibbia; e nella Bibbia non trovo traccia di Purgatorio.
P. Prima di provarvi che la dottrina del purgatorio è contenuta nella Bibbia debbo farvi osservare che la Chiesa Cattolica dando alla tradizione la medesima autorità che dà alla parola di Dio scritta, ne deriva per legittima conseguenza, che per noi è ugualmente certa una verità proposta dalla Chiesa e contenuta nella Bibbia, che una verità riconosciuta e proposta dalla Chiesa per Tradizione. Tuttavia nella presente questione mi servo solamente della Bibbia.
Se dovessi ragionare con un cattolico {17 [53]} vorrei addurre molti testi del vecchio testamento come sono quello di Davidde il quale quando ne' salmi fa parlare quei che sono nell'altra vita dice cosi: Siamo passati pel fuoco e per l'acqua, e voi, o signore, ci avete condotti in luogo di refrigerio! (Sal. 65). Metti il tuo pane e versa il tuo vino sulla tomba del giusto, vale a dire: convita sulla tomba del giusto i poveri; acciocchè questi preghino per lui; cosi Tobia in punto di morte, diceva a suo figlio (Tobia, cap. 4). Queste parole dimostrano come gli antichi fossero fermamente persuasi di un luogo ove le anime dovessero purificarsi prima di essere condotte alla gloria, e dove potessero in qualche maniera suffragarsi colle limosine che per loro fanno i viventi.
Similmente nel libro dell'Ecclesiastico si dice: Fate che la memoria del giusto sia in riposo, e consolatelo quando l'anima sua uscirà dal corpo. Eccl. 38.
Come mai potrebbe l'anima essere da altri collocata in riposo ed essere consolata se non per mezzo dei suffragi che può ricevere da' vivi dopo morte?
Questi e molti altri testi del vecchio {18 [54]} testamento potrei addurvi; ma poichè tali autorità sono molto contrastate dai protestanti, io le lascio a parte e passo al vangelo per vedere quanto il Salvatore ha chiaramente insegnato intorno a questa verità.
Apriamo il vangelo di s. Matteo: al Capo 4 leggiamo che Gesù Cristo in forma di parabola dice: Accordati col tuo avversario mentre sei ancora per istrada con lui; affinchè il tuo avversario non ti consegni al giudice, e il giudice non ti consegni al Ministro da cui sii gittato in prigione. In verità io ti dico che non uscirai di colà finche non abbi pagato fin l'ultimo quattrino. Questo passo del vangelo in ogni tempo e dallo stesso Martini, che mi dite essere ammesso da' protestanti, fu sempre inteso cosi: L'avversario è Dio, con cui noi dobbiamo adoperarci per andar d'accordo con buone opere e con atti di pentimento per le offese fatte a lui che è sempre avverso a' nostri peccati. La strada figura la presente vita; il giudice è Cristo, il ministro ossia torturatore è il demonio; il carcere è il Purgatorio; l'ultimo quattrino sono i peccati veniali che si scontano nel Purgatorio. -
Se poi voltiamo alcune pagine dello stesso {19 [55]} Vangelo al Capo 12 troviamo che Gesù C. non più in forma di parabola ma con dottrina definitiva dice: se taluno bestemmia contro al Figliuol dell'uomo egli potrà ottenere il perdono di tal peccato; ma se bestemmia contro allo Spirito S., egli commette un peccato che non gli sarà più rimesso nè nel secolo presente nè nel futuro.
Da questa dottrina del Salvatore apparisce chiaramente esservi peccati che si perdonano nel secolo futuro altrimenti le sue parole significherebbero niente. Ma siccome il peccato mortale non può più essere perdonato nell'altra vita, nè quanto alla colpa, nè quanto alla pena eterna, dunque può solo essere rimesso quanto alla pena temporale, non nell'inferno, ove non c'è alcuna redenzione, bensì nel Purgatorio.
M. Ho ascoltato attentamente tutte queste autorità della Bibbia e trovo che hanno il loro peso. Ho però qualche osservazione a fare. Parlo solo del passo di S. Matteo Capo 12, come quello che a voi pare più concludente. Questo stesso è spiegato da noi in questa maniera. Il secolo presente è il tempo trascorso fino {20 [56]} alla venuta del Messia; il seeolo futuro era il tempo del Messia, in cui gli uomini avrebbero potuto più facilmente ottenere il perdono dei loro peccati.
P. Questa è la strana interpretazione che il vostro ministro Baillé dà alle citate parole del Vangelo.
In tutti i luoghi della Bibbia ove sono le parole secolo presente, se non vogliamo fare violenza al senso letterale, dobbiamo intendere la presente vita, e per secolo futuro la vita che succede dopo la morte; perchè dunque dare un senso affatto nuovo, anzi contrario alla spiegazione data in ogni tempo a queste parole del Vangelo? Perchè allontanarci dal senso letterale quando non è contrario, anzi è consentaneo e spiegato da altri testi della Bibbia?
Non sarebbe poi affatto ridicolo che il Salvatore chiamasse secolo futuro il tempo che in parte era già trascorso, e che tuttora trascorreva sotto gli occhi suoi?
M. Per secolo presente non potrebbe intendersi il tempo che scorre fino alla fine del mondo, e per secolo futuro quello che seguirà?
P. Qualora vi piacesse di seguire tale {21 [57]} interpretazione voi dovreste ammettere che presentemente non esiste ancora il Purgatorio, ma esso comincierà ad esistere dopo l'ultimo giorno del mondo.
Vi torna forse gradita tale interpretazione?
M. No, perchè questa sarebbe troppo ridicola; perciocchè se dalla Bibbia si prova che vi è il Purgatorio, perchè attendere alla fine del mondo per ammetterne l'esistenza?
P. Dunque ammettiamo il senso più ovvio e letterale, e per secolo presente intendiamo la presente vita; per secolo futuro la vita che segue dopo la morte, in cui si può ottenere il perdono di certi peccati.
Quanto noi leggiamo nel Vangelo sul Purgatorio è con egual chiarezza insegnato da S. Paolo. Nella lettera che questo apostolo scrive ai Cristiani di Corinto, fra le altre cose dice: le opere di ciascuno saranno provate; ciascuno poi sarà salvo, ma purificato come se passasse in mezzo al fuoco.
Finquì i due compagni del ministro si tacquero; ma all'udire queste due ultime parole, un di loro si levò in piedi, e intuono {22 [58]} minaccioso: è inutile il ragionare, prese a dire, queste sono spiegazioni arbitrarie che danno i preti cattolici al Vangelo: dobbiamo seguire il nostro sistema, e non ammettere altra spiegazione, se non quella che a ciascuno pare venire dallo Spirito Santo; ed a me pare, anzi sono certo che non c'è Purgatorio.
M. No, mio caro, non parlare così. Noi siamo venuti qui per ragionare e non per altercare. Le interpretazioni addotte dal signor Teologo sono appoggiate sulla Bibbia e meritano di essere attentamente pesate. Se voi avete qualche cosa ad opporre, ditela, siete in perfetta libertà di parlare: ma con calma e con tranquillità.
Il compagno del Ministro: Io dico che non credo nulla al Purgatorio, perchè è una favola inventata dai preti.
M. Calmatevi, e persuadetevi che il negare senza provare vale niente.
Comp. Io non ho studiato da poter rispondere, ma so quel che mi dico. Ed io temo che voi, signor Ministro, continuando in questo ragionamento finiate per concedere che c'è il Purgatorio. Questa sarebbe cosa veramente ridicola. Basta, {23 [59]} io non voglio più star qui, me ne vado. Buon giorno.
M. Lasciamolo andare. Vedete, signor Teologo, costui era cattolico: adesso si è fatto Riformato. Ora il sentirsi a provare una verità a cui egli ha rinunziato, è una spina pungente al suo cuore. Ciò avviene in generale di quasi tutti i cattolici che passano alla Riforma.
P. Compiango altamente la posizione di costui che chiude gli occhi alla verità che vuol di nuovo risplendere nel suo intelletto. Lasciamo adunque che egli se ne vada. Dio l'accompagni e lo illumini. Ma a voi, signor Ministro, pare che quanto ho addotto basti a persuadervi dell'esistenza del Purgatorio?
M. Veramente se vogliamo seguire il senso naturale di quanto abbiamo esposto finora, dobbiamo conchiudere esservi un luogo di mezzo tra il Paradiso e l'Inferno, dove le anime possono essere qualche tempo trattenute. Avvi però una cosa che mi cagiona molta maraviglia, ed è la seguente. In tutti i discorsi e in tutti i libri cattolici ove si parla del Purgatorio, si mette sempre in scena il fatto di Giuda Maccabeo, e con esso intendono {24 [60]} di portare compiuta vittoria; perchè voi non ne avete fatto cenno?
P. Ho differito finora di toccare il fatto di Giuda Maccabeo per servirmi di sole autorità ricavate da quelle parti della Bibbia che sono egualmente ammesse dai Cattolici e dai Protestanti. Poichè ora mi invitate a ragionarvi sopra, io mi offro di esporvelo; ascoltatelo; e dopo farete le vostre difficoltà.
A' tempi che Giuda Maccabeo alla testa di un esercito di prodi andava scacciando dalla Giudea i nemici della patria e della religione, parecchi soldati, contro gli ordini di Dio e del medesimo Giuda, avevano rubato nella città di Jamnia alcuni oggetti consacrati agli idoli. Dopo quel fatto, venuti alle mani coi nemici, la pugna loro riuscì funesta; perdettero quasi tutti la vita. Nell'atto che si dava sepoltura a quei cadaveri fu scoperto il delitto; il perchè la loro morte venne risguardata qual giusto castigo del cielo. {25 [61]}
Giuda Maccabeo pensando che coloro non avessero conosciuta la gravezza di quella proibizione, o che ne avessero domandato a Dio perdono prima di morire, ordinò di fare una colletta, la quale montò ad oltre venti mila franchi, da mandare in Gerusalemme affinchè fossero offerti sacrifizi pei loro peccati. Considerando, dice la Bibbia, che è riservata una grande misericordia a quelli che muoiono nella pietà, ed è quindi cosa santa e salutevole il pensiero di pregare pei morti affinchè siano sciolti dai loro peccati.
M. Questo passo scioglierebbe ogni questione: ma questo libro non può considerarsi fra i libri divini perchè non fu mai collocato nel canone degli Ebrei.
P. Per quindici secoli e più il libro de' Maccabei, che contiene questo fatto, fu tenuto per divino dalla Chiesa universale, dai santi Padri e dai Concilii. Soltanto i Riformatori del secolo decimo sesto a fine di poter liberamente negare l'esistenza del Purgatorio sono stati abbastanza arditi di negarne la canonicità e l'autorità.
M. La qual cosa parmi essere stata fatta ben con ragione, perciocchè noi {26 [62]} dobbiamo riconoscere per canonici quei libri del vecchio Testamento, che furono inseriti nel canone degli Ebrei, ma il libro de' Maccabei non è annoverato in questo canone, dunque devesi rifiutare.
P. Quanto mi dite potrebbe aver luogo pei libri che sono stati scritti prima del canone di Esdra, ma non per quelli che furono scritti nei tempi posteriori. Certamente il libro de' Maccabei non poteva essere annoverato nel canone degli Ebrei, perchè quel canone fu fatto da Esdra, molti secoli prima che esistesse Giuda Maccabeo e che fosse scritto il libro che contiene le sue azioni; è lo stesso come se io dicessi, che voi presentemente non potete esser ministro, perchè prima che esisteste non eravate ancora riconosciuto per tale.
M. Voi mi fate ridere, signor Teologo: veramente io non pesava bene queste ragioni. Perciocchè se il libro de' Maccabei è stato scritto dopo che fu fatto il canone d'Esdra, non poteva essere ivi notato. Tuttavia io trovo che non solo gli Ebrei non riconobbero per divino questo libro; ma neppur i padri antichi.
P. Prima di passare al dubbio di alcuni {27 [63]} santi Padri, voglio ancor farvi notare che gli Ebrei ebbero in grande venerazione il libro di coi trattiamo. Gli scrittori del Talmud si servono di questo libro; Giuseppe Flavio, dotto scrittore degli Ebrei, non lo revoca in dubbio. Il medesimo Salvatore dà grande autorità a questo libro, mentre celebrò egli stesso la festa dei lumi, istituita da Giuda Maccabeo, e riferita in quel libro.
M. Ma almeno è fuor di questione, che i padri non hanno ammesso questo libro.
P. Comincio ad osservare, che quando noi adduciamo il consenso dei santi padri non lo raccogliamo da alcuni separatamente; nè da quelli che vissero in tempo delle persecuzioni, in tempo che, non essendo ancora insorte questioni su tali dogmi, la Chiesa non aveva ancora parlato. Quando noi adduciamo il consenso dei padri, intendiamo il consenso dei Santi più celebri e precisamente di quelli che, cessato il terrore delle persecuzioni, poterono liberamente parlare e conoscere pienamente le decisioni della Chiesa. Il consenso dei Padri così inteso non lascia alcun dubbio intorno alla canonicità del libro de' Maccabei. {28 [64]}
Fin dai primi tempi della Chiesa questo libro leggevasi cogli altri libri della Bibbia nelle radunanze dei Cristiani. Il concilio terzo Cartaginese confermando quanto era prima stabilito intorno alla Bibbia, tra i libri canonici annovera anche questo de' Maccabei: questi sono i libri, dicono gli atti di quel Concilio, che i nostri padri ci hanno insegnato a leggere nella Chiesa sotto il titolo di Scritture divine e canoniche.
S. Agostino mette questo libro fra il canone delle scritture sante; di cui ci dà l'enumerazione e se ne serve per confutare gli eretici.
Papa S. Innocenzo I in risposta di una lettera di S. Esuperio vescovo di Tolosa l'anno 405 colloca parimente il libro dei Maccabei fra le Scritture sacre.
S. Gelasio papa nel 494 nel concilio romano composto di settanta vescovi, decretò quali fossero i libri da tenersi per canonici, e tra questi vi è il libro de' Maccabei.
In una parola, appena la Chiesa proferì il suo giudizio intorno al numero dei libri canonici, non vi fu più alcun santo padre che abbia mosso il minimo dubbio {29 [65]} intorno alla canonicità del libro de' Maccabei. Ma per togliere fin l'ombra di opposizione, voglio lasciare un momento a parte la canonicità di questo libro; e dico ai protestanti: voi, o Protestanti, ammettete i libri de' Maccabei come storia veridica. Dunque è un fatto storico che al tempo de' Maccabei gli Ebrei, i sacrificatori e tutta la Sinagoga pensavano essere cosa pia l'offerir sacrifici pei defunti affinchè fossero sciolti dalle loro colpe. Il citato Giuseppe ebreo conferma quanto diciamo, allorchè asserisce che i Giudei non pregavano per coloro che si fossero data volontariamente la morte; dunque pregavano per gli altri. Ora per certo non pregavano per coloro che erano nel seno di Abramo ove nulla più era bisogno; neppure pregavano per quelli che erano all' inferno, dove sono inutili le preghiere. Di più le loro preghiere erano dirette ad ottenere il perdono dei peccati pei defunti, i quali perciò non erano creduti trovarsi nel seno di Abramo ove niente d'impuro era ammesso; tanto meno all' inferno, dove non c'è più nè speranza nè perdono. Andavano adunque ad uno stato intermedio tra l'uno e l'altro, {30 [66]} e questo stato di mezzo, voi, signor Ministro, chiamatelo come volete, noi lo chiamiamo purgatorio.
M. Bene, benissimo. Questo è veramente ragionare con ordine. Io non era molto avverso al purgatorio anche prima di questo trattenimento; perchè dopo aver letto attentamente la spiegazione che si suol dare tra di noi a parecchi testi della Bibbia, io era poco soddisfatto. Ora non avrei alcuna difficoltà di ammettere coi Cattolici l'esistenza del Purgatorio.
Non posso però dissimularvi che mi fa grande specie il non essersi mai parlato di purgatorio nei primi tempi della Chiesa; perciocchè trattandosi di un dogma di tale importanza quale si è l'esistenza del Purgatorio, mi pare che se ne sarebbe dovuto parlare.
P. Prima di passare a ragionare della dottrina professata nei primi tempi della Chiesa sul Purgatorio, debbo premettere alcune osservazioni. In primo luogo nel riferire la dottrina cattolica contenuta nella Bibbia, vi ho solamente citati alcuni testi in quella contenuti; ce ne sarebbero ancor molti altri nell'antico e nel nuovo Testamento. S. Paolo talvolta impiega intiere {31 [67]} pagine delle sue lettere per ravvivare la credenza di uno stato intermedio nell'altra vita. È bene eziandio ch'io vi osservi, che quando un dogma è contenuto nei libri santi, quando anche più nulla ne fosse stato scritto nei tempi posteriori, ciò non importa, dovendo bastare che esso sia chiaramente rivelato nella Bibbia. Ciò posto, eccomi ad appagare il vostro desiderio. Voi diceste…
M. Ho detto che non ho alcuna difficoltà di riconoscere coi cattolici uno stato intermedio; ma che mi fa grave specie non essersi di ciò parlato nei primi tempi della Chiesa.
P. È questa una delle solite gherminelle. Caro sig. Ministro, se dai protestanti si leggesse un po' più la storia ecclesiastica, quante cose sarebbero meglio conosciute e forse anche credute dai protestanti, i quali formerebbero perciò miglior giudizio della Religione cattolica. Ora ascoltate come i santi Padri dei primi secoli parlarono del Purgatorio e dei suffragi pei defunti.
S. Cipriano vescovo di Cartagine, martirizzato nel terzo secolo, parla così: alla Chiesa si fa commemorazione di {32 [68]} tutti i morti che chiusero i loro occhi nella comunione del corpo e del sangue del Signore: vale a dire di tutti quelli che avendo ricevuti i santi Sacramenti prima di morire, facevano sperare di essere morti in grazia di Dio.
S. Ambrogio vescovo di Milano nel quarto secolo, nell'occasione ch'era morto suo. fratello Satiro, erasi dato la massima sollecitudine di pregare ed offerire il santo sacrificio della Messa per suffragare l'anima di lui.
Che cosa egli non fece quando morì l'imperatore Teodosio? Celebrando le esequie di quel monarca: mio Dio, andava esclamando, io vi scongiuro di concedere la tranquillità ed il riposo eterno al vostro servo Teodosio. Io l'ho amato in vita; ed ora non l'abbandonerò, finchè voi, mio Dio, non l'abbiate accolto nei celesti vostri tabernacoli. Orat. fun. Theod.
S. Agostino vescovo d'Ippona scrive di sua madre, che mentre dall'Italia recavasi in Africa, giunta al porto di Ostia, non molto distante da Roma, cadde gravemente ammalata. Quella donna cristiana, scorgendosi vicina a morte chiamò a sè s. Agostino suo figlio con Naviglio di lui {33 [69]} fratello, e loro parlò così: Sotterrate pure questo corpo ovunque si può, nè datevi di esso alcun pensiero; unicamente vi prego di non dimenticarvi di me, ovunque sarete, dinanzi all' altare del Signore. Confess. lib. 9.
Il medesimo s. Agostino scrisse altrove: dicano ciò, che vogliono gli Eretici: ma bisogna dire, che è pratica antichissima della Chiesa di pregare ed offrire sacrifizi pei morti. Lib. de hæres. 53.
Questo santo Padre tenne vari discorsi in cui raccomandava preghiere, sacrifizi ed altre opere di pietà da farsi in suffragio delle anime dei defunti. Di più compose un libro intitolato: Della cura che si deve avere dei defunti. In questo libro al Capo primo sta scritto così: «Leggesi nei libri de' Maccabei essersi offerto sacrificio pei morii; ma sebbene ciò non fosse attestato nelle antiche scritture, per noi è di gran peso l'autorità della Chiesa universale, la quale in questa consuetudine risplende quando nelle preghiere che il sacerdote dall'altare offre al Signor Iddio, tien luogo eziandio la commemorazione pei morti»
S. Giovanni Grisostomo vescovo di {34 [70]} Costantinopoli, nel predicare al suo popolo, fra le altre cose diceva: non indarno gli Apostoli stabilirono che, quando si celebrano i tremendi misteri si faccia commemorazione di coloro che erano già passati all' altra vita; perciocchè essi sapevano che tal cosa tornava a quelli di grande vantaggio e sollievo. Quando tutto il popolo e tutto il clero alza le mani, e dinanzi a loro vien collocata l'ostia tremenda, forse in tal maniera non placheremo l'ira divina? Hom. in ep. ad Philipp.
M. Che profluvio di testi o d'autorità. Io riposo tranquillo sulla vostra onestà, senza darmi briga di verificare le vostre asserzioni; sono persuaso che non vorrete vendermi lucciole per lanterne. Però tra di noi si fa una difficoltà cui non so come i cattolici possano rispondere.
P. Ditemi qual sia questa difficoltà e credo che anche questa sarà facilmente spianata. -
M. Ecco la mia difficoltà. Noi riformati concediamo che è molto antica la credenza del Purgatorio; e si dice comunemente che cominciò a propagarsi dugento anni dopo l'era volgare: prima non si è mai parlato di ciò. Mentre voi esponevate {35 [71]} la testimonianza di vari padri, stava ben attento per osservare se facevate menzione di qualcuno che fosse vissuto nei primi secoli della Chiesa; ma voi avete sempre parlato dei padri vissuti nel terzo, nel quarto secolo, senza citarne neppure uno anteriore a quel tempo.
P. A bella posta ho voluto tacere delle testimonianze dei due primi secoli per lasciarvi motivo di fare questa difficoltà. Prima di rispondere stimo bene di rinnovare qui l'osservazione già fatta altrove, cioè, che dato anche il silenzio di due secoli intorno al Purgatorio forse che la lunga serie di testi della Bibbia, dei concilii e dei padri che vissero nei secoli immediatamente posteriori e che unanimi trovano tale dottrina fondata sulla Bibbia, praticata e predicata dagli Apostoli, questi padri, dico, non possono renderci abbastanza certi che la dottrina del Purgatorio fu conosciuta nei primi tempi della chiesa? Tuttavia per compiacervi ridurrò la questione sotto al suo vero aspetto, affine di rispondervi direttamente. Voi, signor Ministro, mi concederete che nel primo secolo della Chiesa era conosciuta la dottrina del purgatorio: perchè abbiamo veduto essere ciò chiaro {36 [72]} nel vangelo, proposto dagli Apostoli e chiaramente predicato da s. Paolo.
M. Non vedo difficoltà a concedervi che la dottrina del purgatorio sia stata conosciuta ai tempi apostolici, epperciò nel primo secolo della Chiesa.
P. Voi concederete eziandio che tutti i riformati vanno d'accordo che dall' anno 200 all' insù fu sempre più manifestato, creduto e predicato il dogma del Purgatorio.
M. Ciò è posto fuor di questione anche tra i riformati.
P. Tutta la difficoltà adunque si riduce al secondo secolo.
M. Appunto.
P. La vostra difficoltà è sciolta con tutta facilità. E voi vedrete quanto poco conoscano la Storia Ecclesiastica coloro che dicono nel secondo secolo non farsi parola nè di purgatorio nè di preghiere pei defunti.
Se l'autorità di s. Dionigi areopagita fosse ammessa dai protestanti, la cosa sarebbe tosto sciolta, giacchè egli visse sul finir del primo e sul principio del secondo secolo. Egli trattò cogli Apostoli e scrisse un' opera intitolata della gerarchia {37 [73]} Ecclesiastica dove riferendo le cose del suo tempo dice: Nelle funzioni funerarie avvicinandosi il venerando vescovo, fa una sacra preghiera sopra il morto; e con quella preghiera invoca la divina misericordia affinchè al defunto siano perdonale tutte la colpe commesse per umana fragilità e così venga collocato nello splendore e nell'abitazione dei viventi. De Hierarchia Eccl. parte 3, Capo 7°.
Non è forse questa dottrina perfettamente d'accordo con quella che professa oggidì la Chiesa cattolica intorno al purgatorio?
Ma poichè da parecchi eruditi si vuole che il libro della gerarchia sia di altro autore e scritto sol principio del terzo secolo: così io cerco altri padri la cui autorità e posta fuori di ogni dubbio.
Clemente Alessandrino, che visse pure nel secolo secondo, dice che il cristiano il quale muore dopo di aver abbandonati i suoi vizi, deve ancor cancellare per mezzo d' un supplizio i peccati commessi dopo il battesimo; e poco dopo soggiunge: Il cristiano si deve muovere a pietà dello stato di quelli che puniti dopo la morte, loro malgrado confessano le proprie colpe {38 [74]} con un supplizio che devono patire. Strom. lib. 6 e 7.
S. Giustino martire, nel suo dialogo con Trifone ed Origene hanno quasi le medesime espressioni. Origene in ispecie in dodici luoghi delle sue opere insegna la medesima dottrina. Ma io non voglio citarvi questo dotto scrittore, perchè l'autorità di esso è sospetta ai protestanti pel motivo che pare aver creduto che i medesimi dannati possano essere suffragati da' vivi. -
Vi parlo piuttosto di Tertulliano celebre scrittore di Africa e contemporaneo d'Origene. E poichè abbiamo qui le sue opere possiamo leggere insieme quanto riguarda al purgatorio. Vedete qui nel libro De anima, vedete come espone le parole del Capo quinto di s. Matteo che noi abbiamo riferite; egli le applica al purgatorio e conchiude con dire: nell'altra vita vi è una prigione donde 1' uomo non esce se non quando ha pagato l'ultimo quattrino.
Leggete qui un po' più avanti, in questo medesimo volume, avvi un altro libro intitolato: delle corona del soldato. Quivi comincia a dire che ci sono molte cose praticate nella Chiesa che si debbono {39 [75]} ammettere, quantunque non registrate nella scrittura. Noi rigetteremmo, egli dice, ciò, che non trovasi nei sacri libri se non avessimo l'esempio di molte cose, le quali noi pratichiamo senz' alcun testimonio della scrittura, e che sosteniamo pel solo titolo della tradizione.
Tra queste cose si annoverano le oblazioni che noi facciamo per i morti. Che se voi cercate l'istituzione di queste cose e di altre simili non le troverete nella scrittura, ma le troverete nella tradizione che le autorizza, nella consuetudine che le conferma, nella fede che le osserva.
Dopo di aver in tal guisa spiegato il suo sentimento intorno alla tradizione, continua così: Secondo la tradizione ricevuta da' nostri maggiori, ogni anno ad un giorno stabilito noi facciamo sacrifizi pei defunti. Ex maiorum traditione prò defunctis annua die facimus. Queste cose Tertulliano scriveva circa cento anni dopo la morte del Salvatore, quando vivevano ancora parecchi discepoli degli Apostoli; perciò per tradizione dei maggiori, ivi non altro s'intende che la tradizione apostolica.- Tert. de corona mil. cap. 3 e 4. Vedete, signor Ministro, se nel secondo secolo della {40 [76]} Chiesa non parlasi del purgatorio e dei suffragi pei defunti.
M. Queste cose io le trovo chiare e ben a proposito, nè saprei dirvi sopra quali cose i nostri appoggiano le loro asserzioni. Forse vorranno dire che siasi soltanto parlato di ciò ne' libri, ma che non ci sieno fatti; vale a dire, che sia stato un uso antico tramandato dall'uno all' altro per iscritto, senza che siasi mai praticato.
P. Se scrivevano e davano norme di tali pratiche, è segno che avevano luogo tra' fedeli, altrimenti gli scrittori avrebbero parlato di cose inutili e non esistenti. Credo però che voi, signor Ministro, andiate facendo le osservazioni, cui vi risponde questo medesimo libro di Tertulliano.
Voltiamo alcune pagine e troviamo come il medesimo autore dopo di aver raccomandalo ad una certa vedova di pregare per l` anima di suo marito, facendo fare ogni anno particolari sacrifizi nel giorno anniversario di sua morte, continua cosi: Che se voi, o donna, ciò non farete, per quanto sta in voi, rinnegate vostro marito. Lib de Monogamia {41 [77]}
P. Che se voi, signor ministro, dalla pratica, e dalla credenza del purgatorio dei tempi primitivi della Chiesa, se da quanto dissero i padri, passate alla pratica in ogni tempo seguita dalla Chiesa cattolica, vedrete che fin dai primi tempi si praticavano riti, cerimonie, si celebravano messe, si facevano digiuni, limosine ed altre pie opere in suffragio delle anime dei morti. Basta leggere le liturgie antiche, cioè quei libri che contengono le norme con cui erano regolati i santi misteri.
M. Sicuramente le liturgie sono di gran peso per provare una qualche verità; ma queste appartenendo alla chiesa Romana non avvi maraviglia che esse contengano molte cose favorevoli ai suffragi dei defunti. Vorrei che mi parlaste delle liturgie delle altre società cristiane che si sono separate dalla chiesa Romana, imperciocchè se esse nella loro prima separazione {42 [78]} conservarono l'uso di far preghiere e sacrifizi pei defunti, è segno manifesto che tale pratica era riconosciuta d'instituzione divina.
P. Se così vi aggrada lascerò a parte la liturgia della chiesa Romana, come quella che fuor d'ogni dubbio chiaramente propone il Dogma del purgatorio, e raccomanda i suffragi dei defunti. Mi limiterò a parlarvi delle liturgie eterodosse, cioè delle liturgie usate dalle società che un tempo si separarono dalla Chiesa cattolica. Cominciamo dalla liturgia del Malabar, che è quella seguita dai nestoriani separatisi dalla Chiesa nel secolo V. Ecco come quella liturgia si esprime ove parla de' suffragi pei defunti: «Ricordiamoci dei nostri padri, dei nostri fratelli, dei fedeli che sono usciti da questo mondo nella fede ortodossa; preghiamo il Signore che li assolva, e loro rimetta i peccati, le prevaricazioni, e li renda degni di partecipare della felicità eterna coi giusti che hanno fatto la volontà di Dio sopra la terra.»
Un' altra liturgia che conservasi pure presso ai Nestoriani del Malabar contiene le seguenti parole: «Signor Iddio degli {43 [79]} eserciti, ricevete anche questa oblazione per la Chiesa Cattolica, pei preti, pei principi cattolici, per coloro che gemono nella povertà, nell'oppressione, nella miseria, nelle lagrime e pei fedeli defunti.» Ed altrove nella medesima Liturgia: «Date, o mio Dio, la pace e il riposo dalle quattro parti del mondo; distruggete la guerra, confinate le battaglie al di là della estremità della terra; confondete le nazioni che vogliono la guerra, sciogliete le catene, i peccati e tutti i debiti di quelli che sono morti: noi ve ne supplichiamo per la vostra misericordia e bontà infinita.»
La Liturgia Caldea, che è seguita da alcuni seguaci di Nestorio che si stabilirono nel paese ove erano gli antichi caldei, ha quanto segue pel suffragio dei defunti: «Ricevete questa oblazione, o mio Dio, per tutti quelli che piangono, che sono ammalati, che soffrono nell'oppressione, nelle infermità, nelle calamità e per tutti i trapassati che la morte ha separati da noi.»
Nei belli ed affettuosi ringraziamenti che i Nestoriani fanno dopo la celebrazione dei santi misteri, i morti non sono {44 [80]} mai dimenticati: «Benedite, o Signore, tutti i defunti, perdonate i loro peccati.»
I Nestoriani a differenza di tutti gli altri Orientali hanno una messa particolare pei defunti. Le preghiere, i segni, le cerimonie, le benedizioni, tutto è diretto a loro suffragio.
La liturgia armena, che è seguita dagli Eutichiani dell'Armenia, i quali si separarono dalla Chiesa nel secolo quarto, quella liturgia ha una messa apposta pei defunti ove fra le altre cose si dice: «Ricordatevi, o Signore, e siate misericordioso verso le anime dei defunti, e siate in maniera particolare propizio a quelle, per cui vi offriamo questo santo sacrifizio.»
Questa medesima liturgia somministra bellissime preghiere pei vivi e pei morti. Ad un certo punto delle sagre funzioni, il diacono si volge al popolo e dice ad alta voce: noi dimandiamo che in questo sacrificio sia fatta menzione di tutti i fedeli in generale, uomini e donne, i quali sono morti nella fede di Gesù Cristo.
Dal coro si risponde: o Signore, ricordatevi di loro ed abbiate pietà.
Il sacerdote solo continua così:Date loro {45 [81]} il riposo eterno, la luce e un posto fra i vostri santi nel celeste regno, e fate che siano degni della vostra misericordia. Ricordatevi, o Signore, ed abbiate pietà dell'anima del vostro servo N. secondo la vostra misericordia. Ricordatevi, o Signore, anche di quelli che sono raccomandati alle nostre preghiere vivi e defunti. Concedete loro i veri beni che non finiranno più.
I Greci del patriarcato di Costantinopoli da circa dodici secoli si servono di due liturgie conosciute sotto il nome di S. Basilio e di S. Giovanni Grisostomo. In esse leggesi questa raccomandazione pei morti: Noi vi offriamo questo sacrificio anche pel riposo e per la liberazione dell'anima del vostro servo, affinchè ella sia accolta nel luogo di luce eterna ove non v'è più nè dolore nè gemito. Voi, o Signor mio Dio, fatela riposare in quel luogo dove brilla in eterno lo splendore della vostra faccia.
Qui è bene di osservare che questa liturgia è seguita non solo dalle chiese greche dell'Impero Ottomano che dipendono dal patriarcato di Costantinopoli; ma è parimenti seguita da tutte le chiese {46 [82]} greche che sono in Occidente, a Roma, nella Georgia, nella Mingrelia, nella Bulgaria e in tutta la Russia.
Sulla credenza e sulla pratica dei Russi e di tutti i Greci in generale, noi abbiamo una testimonianza chiarissima nel loro grande catechismo detto anche la confessione dei Russi, ed a cui i patriarchi di rito greco hanno di poi dato il titolo di Confessione ortodossa della Chiesa orientale. Ora in quella liturgia, sul settimo articolo del Simbolo, si legge: dopo morte le anime non possono più ottenere salute o remissione dei loro peccati col loro pentimento o in altre maniere; ma hanno bisogno delle opere buone e delle preghiere dei fedeli e soprattutto del santo sacrifizio immacolato, che la Chiesa offre tutti i giorni per i vivi e per i morti.
La liturgia cofta, detta comunemente di S. Marco e seguita dai cristiani che abitano l'Egitto e che rimonta ai primi tempi della Chiesa, fa commemorazione dei morti come segue: Ricordatevi, o Signore, di tutti quelli che riposano ed hanno finito i loro giorni nel sacerdozio, come pur di tutto l'ordine dei laici. Degnatevi, {47 [83]} o Signore, di accordare il riposo alle loro anime nel seno di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Accoglietele nel paradiso di delizie, nel soggiorno dove non v'è più nè dolore, nè tristezza, nè sospiro di cuore, e dove risplende eternamente la luce dei vostri santi.
A questo punto i diaconi recitano i nomi dei defunti, poscia il sacerdote continua cosi: comandate, o Signore, che le anime da voi chiamate vadano ad abitare nel luogo di eterna felicità. Dopo alcune cerimonie il sacerdote ritorna a pregare e dice: per mezzo dell'angelo della luce, o Signore, conservate quelli che sono vivi, e date la felicità del paradiso alle anime dei defunti, che si trovano nel seno di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.
La liturgia degli Abissini o degli Etiopi contiene quanto segue: o mio Dio, abbiate pietà delle anime dei vostri servi e delle vostre serve che si nutrirono del vostro corpo e del vostro sangue, e alla loro morte riposarono nella vostra fede. Dopo la consacrazione il prete fa un'affettuosa preghiera che finisce così: salvate eternamente quelli che fanno la vostra volontà, consolate le vedove, sollevate {48 [84]} gli orfani e quelli che si addormentarono e sono morti nella fede: degnatevi, o Signore, di riceverli.
Nella liturgia Siriaca, seguita dagli Eutichiani, ed anche dai Cattolici abitanti della Siria, avvi quanto segue: noi facciamo espressamente commemorazione di tutti i trapassati che sono morti nella vera ede, sia che abbiano appartenuto a questa chiesa ed a questo paese od a qualunque altra regione appartengano, purchè siano giunti a voi, o mio Dio, che siete il padrone di tutti gli spiriti e di tutta la carne. Noi preghiamo, imploriamo e supplichiamo Cristo nostro Iddio che ha ricevuto queste anime, di usar loro misericordia e renderle degne del perdono dei loro peccati, e di farci pervenire con loro nel regno celeste. Perciò noi diciamo tre volte: kyrie, eleison, o Signore, abbiate misericordia.
Dopo di che il prete profondamente inclinato prega pei morti, quindi ad alta voce continua così: oh mio Dio, Signore di tutti gli spiriti e di tutta la carne, ricordatevi di quelli che sono usciti da questo mondo nella vera fede. Date riposo alle loro anime, rendendole degne della {49 [85]} felicità che si gode nel seno di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, dove eternamente risplende la luce della vostra faccia, e donde sono banditi i crucci, i dolori ed i sospiri. Non entrate in giudizio coi vostri servi; perchè niuno degli uomini è giustificato davanti a voi; come pure lo è nessuno di quelli che vivono sopra la terra. Chi mai fu sempre esente dal peccato è da ogni sorta di macchia ad eccezione di vostro figlio unico e nostro Salvatore G. C. nei cui meriti speriamo per noi e per quelli misericordia e remissione dei peccati?
L'antica liturgia conosciuta sotto il nome di S. Giacomo, citata da alcuni concilii della Chiesa, e spiegata da S. Cirillo nel quarto secolo, mette nella bocca del sacerdote la preghiera seguente: Signore nostro Iddio, ricordatevi di tutte le anime di cui noi abbiamo fatto memoria, di tutti quelli che sono morti nella vera fede, da Abele giusto fino ai nostri giorni. Fategli riposare nel paese dei viventi nel vostro regno, nelle delizie del paradiso, nel seno di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nostri santi Padri, ove non ci sono più nè dolori, nè pianti, {50 [86]} nè sospiri, nè tristezza, dove lo splendore del vostro aspetto, che vede tutto, risplende in tutta la sua maestà per tutti i secoli.
S. Cirillo la spiegava cosi ai Neofiti, cioè a quelli che da poco tempo erano venuti alla fede: celebrando il santo sacrifizio noi preghiamo in ultimo luogo per quelli che sono morti tra noi, giudicando che le loro anime ricevano molto soccorso dal tremendo sacrifizio dei nostri altari. Se i parenti di qualche povero esiliato presentassero al principe una corona d' oro per calmare il suo sdegno, ciò sarebbe senza dubbio un buon mezzo per ingaggiarlo ad abbreviare il tempo dell'esilio, e raddolcirne le pene. Così noi pregando pei morti durante il sacrificio, noi offriamo a Dio non una corona d'oro, ma G. C. suo figlio, morto pei nostri peccati, affine di rendere propizio a quelli ed a noi colui che di sua natura è portato alla clemenza.
La liturgia mozzaraba o spagnuola, fra le altre cose ha quanto segue riguardo ai suffragi dei defunti: noi vi offriamo, o Padre sovrano, quest'ostia immacolata per la vostra santa Chiesa, per la santificazione {51 [87]} del secolo prevaricatore, per la purificazione delle nostre anime, per la sanità dei nostri infermi, pel riposo e per l'indulgenza dei fedeli defunti, affinchè, cangiando soggiorno da quella trista dimora, vadano a godere la compagnia dei beati in cielo.
Le costituzioni apostoliche, che sono una specie di liturgia antichissima, e da molti attribuita ai medesimi apostoli, leggiamo: o fratelli, radunatevi nei cimiteri, e fate ivi la lettura dei libri sacri, cantate ivi dei salmi pei martiri, per tutti i santi, per tutti i vostri fratelli, che sono morti nella pace del Signore.
Si potrebbe a proposito delle cose apostoliche aggiugnere guest' altro passo assai più concludente. Nel lib. 8 cap. 41, dove si tratta dei funerali pei morti, il diacono volto al popolo lo esorta in questi termini: «Preghiamo pei fratelli, che riposarono in Cristo, affinchè il Dio amante degli uomini, il quale riceve l'anima di questo defunto, gli rimetta ogni peccato volontario e non volontario, e fatto a lui propizio e. clemente lo collochi nella regione dei santi che riposano nel seno di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, {52 [88]} donde è sempre sbandito il dolore, la tristezza e il gemito.» Quindi il vescovo fa una preghiera nel senso di questo invilo.
Io potrei addurvi ancora quanto dicono molte altre liturgie a questo proposito, ma parmi che quanto vi ho detto debba abbondantemente farvi conoscere che tutte le società ovvero le sette che un tempo si separarono dalla Chiesa, conservarono il dogma del Purgatorio e la pratica di pregare in suffragio dei defunti.
Che dite, signor Ministro, di questo consenso universale di tutte le liturgie?
M, Non dico altro se non che avete parlato benissimo; fortuna, che tali cose non sono conosciute tra di noi, altrimenti non sarebbero più ascoltati quelli che scrivono o predicano contro al Purgatorio.
Per me vi assicuro che non ho alcuna difficoltà di ammettere coi cattolici il purgatorio e il suffragio pei defunti.
Una cosa però vorrei osservare. Questo consenso delle liturgie prova che i cristiani generalmente hanno sempre creduto al Purgatorio; piacerebbemi però di sapere se quelli che vissero o vivono {53 [89]} fuori del cristianesimo ne abbiano avuto qualche cognizione. A me pare che se il Purgatorio è una cosa così ragionevole, come pretendono i cattolici; quei popoli non lo avrebber potuto ignorare. Non mi ricordo mai di aver letto che i Gentili o Pagani od altri popoli non cristiani abbiano avuto tale credenza.
P. Il Purgatorio è una verità sommamente conforme ai principii della giustizia. epperò eminentemente conforme alla ragione: ma siccome è un dogma rivelato dalla fede, quand'anche tutti i popoli privi del lume della rivelazione l'avessero pienamente ignorato, non si potrebbe conchiudere da ciò ch'esso non fosse una verità. Un articolo di fede può essere cosi superiore alla ragione che questa di per sè non possa arrivare a scoprirlo in nessun modo: e tuttavia quando il lume della rivelazione glielo faccia conoscere, essa può vedere in quell’ articolo. una grande convenienza colle sue regole. Ma nel caso nostro, signor Ministro, noi abbiamo i popoli che rendono una non dubbia testimonianza al dogma del Purgatorio. {54 [90]}
M. Non voglio contrastare che presso agli Ebrei, e presso alle varie società cristiane siasi conservata la credenza del Purgatorio. Perciocchè costoro attinsero tutti alla medesima fonte o della Bibbia o della Chiesa, e di ciò ne abbiamo già parlato abbastanza, nè avrei alcuna cosa da opporre.
La mia sorpresa sta nello scorgere un profondo silenzio presso a tutti i popoli pagani; la qual cosa fa credere essere stato giuoco d'industria presso a' cristiani l'idea del Purgatorio.
P. Stupisco veramente che voi, signor Ministro, non abbiate letto come tutti i popoli pagani abbiano generalmente e si può dire in ogni tempo mostrato di credere al Purgatorio. Credo piuttosto che abbiate ciò dimenticato, o non ci abbiate fatto sopra alcuna riflessione. Io non saprei ben dirvi se questo dogma sia naturale all'uomo, e perciò conosciuto col solo lume della ragione, oppure sia un {55 [91]} avanzo di rivelazione primitiva dai nostri primi padri trasmessa ai vari popoli della terra. Certo è, che i popoli pagani ci hanno conservato l'idea del Purgatorio. Passiamo ai fatti.
E un fatto che gli antichi riconoscevano tre differenti stati dell'anima dopo morte. Il primo era lo stato di vera felicità che le anime sante godevano eternamente in cielo. Il secondo era di quelli che vissero assolutamente trascurati (come dice Plutarco) e che pei loro misfatti soffrono supplizi eterni, in un luogo di tormenti che solevano eziandio chiamare inferno. Il terzo stato, intermedio tra il cielo e l'inferno, era quello delle anime che senza aver meritato i castighi eterni erano ancor debitrici alla giustizia divina. - V. Morino: uso della preghiera pei morti.
Gli Spartani fra le leggi ricevute da Licurgo ebbero anche questa, di non piantare vicino alle tombe altri alberi se non olivi in segno della misericordia e della carità che si deve avere per i morti. Plutarco, vita di Licurgo.
Gli Etiopi erano soliti di innalzare statue, entro le quali chiudevano le ceneri dei morti, ed i parenti più prossimi offerivano {56 [92]} ogni anno le primizie delle biade, e vi facevano sacrifizi di altro genere. V. Diodoro Sicolo.
Aristotile ne' suoi problemi lasciò anche questo: è cosa più pia prestare soccorso ai defunti che ai viventi.
Platone padre dei filosofi greci stabilisce anch' egli tre stati nell' altra vita. Quello dei giusti che godono una felicità eterna in Cielo; dei malvagi che sono puniti con supplizi eterni nel tartaro; gli sfortunati le cui colpe sono guaribili, e sono soltanto puniti perchè, diventino migliori. Dopo di aver stabiliti questi tre stati, continua così: Coloro che sono vissuti nè affatto colpevoli, nè affatto innocenti, sono rinchiusi in un luogo dove soffrono pene proporzionate alle proprie colpe finchè siano purgati dai loro peccati, quindi messi in libertà vadano a ricevere la ricompensa delle opere buone che hanno fatto. Platone in Phaed.
La medesima credenza troviamo presso agli antichi Italiani.
Gli Albani erano soliti a portare le cose più preziose sopra i sepolcri dei loro parenti od amici defunti. La qual cosa deve cerlamente recare confusione ai Cristiani, {57 [93]} i quali, per un vile risparmio mandano talvolta alla sepoltura i loro più stretti congiunti con pompa da far arrossire i pagani medesimi.
Celebri poi sono le parole con cui il filosofo Seneca confortava Marzia, matrona romana, nella morte di suo figlio. Non occorre, le diceva, che li affanni per andare al sepolcro di tuo figlio? tra di noi avvi solamente il suo corpo; l'anima sua andò a dimorare alquanto in luogo sopra di noi per purgare alcuni vizi contratti in vita sua. Ora fu portato in luoghi eccelsi: volò fra le anime beate, i santi lo accolsero. Seneca de consol. ad Mart.
Noi troviamo la medesima dottrina nell' Eneide di Virgilio, celebre poeta latino. Chiusa l' anima, egli dice, come dentro ad un' oscura prigione, non porta più gli sguardi verso la sua origine celeste. In quell' ultimo momento che abbandona una vita caduca, ella non può intieramente svincolarsi dai vizi e dalle lordure frequenti che ha necessariamente contratto per la infelice unione col corpo. Colà le anime tra le pene e tra i supplizi espiano le colpe passate. Le une sospese in aria sono esposte alla gagliardia {58 [94]} dei venti. Altre sono attuffate nel fondò di un vasto stagno dove lavano le macchie delle loro colpe; altre sono purificate col fuoco. Noi passiamo tutti per qualche prova, dopo cui siamo accolti nelle vaste pianure dei Campi Elisi, e là ci staremo, ma in piccol numero, in quel beato soggiorno, in eterno; ma non andremo colà finchè il tempo non abbia perfettamente cancellato le nostre sozzure, e che le nostre anime sciolte da ogni sorta di laccio abbiano ricuperata la purezza della loro celeste origine e la semplicità della loro essenza. Æneidos l. VI, v. 733 etc.
Se noi avessimo poi tempo a percorrere gli usi antichi dei pagani, troveremmo che tutti i popoli facevano sacrifizii pei morti. Platone parla di questi sacrifizi dicendo che «non solamente i privati sono obbligati, ma le città stesse devono guardarsi dal trascurare queste sante pratiche che sono di una grande efficacia per liberare i morti dai tormenti che soffrono.» De Rep. lib. 2.
Quindi l'uso sì frequente presso gli antichi di placar gli Dei Mani; di unirsi insieme a far solennità, sacrifizi, alfine di rendere le loro divinità più propizie verso i defunti. {59 [95]}
Ciò che noi leggiamo dei Greci e. dei Romani, è praticato eziandio presso agli Indiani, ai Chinesi, agli Americani. Onde se vogliamo con pazienza consultare le liturgie e le vane religioni di tutti i popoli dei tempi andati, noi troveremo che la credenza del Purgatorio è universale e ammessa da tutti.
Dal fin qui detto noi possiamo dedurre la conseguenza che tutti i popoli della terra, Ebrei, Cristiani, Gentili, Pagani, sebbene le loro credenze sieno le une diverse e spesso contrarie a quelle, degli altri, sono tuttavia d'accordo nell'ammettere il Purgatorio ed il suffragio pei defunti; quindi uno stato di mezzo ove sono trattenute le anime nell'altra vita prima di essere ricevute a partecipare della suprema beatitudine.
M. Anche in ciò io sono pienamente d'accordo con voi.
M. Tuttavia io trovo un gran vacuo in questo consenso universale. I Riformati {60 [96]} formano una parte considerevole dell'umana società. Ora costoro sono tutti d'accordo nel rifiutare il dogma del Purgatorio come invenzione della Chiesa cattolica. Quest' unanime consenso dei Riformati parmi che abbia gran peso nei motivi di credibilità.
P. Voi, signor Ministro, avete già potuto essere pienamente convinto che non la Chiesa cattolica, ma la divina rivelazione, ma una tradizione universale, un consenso di tutti i popoli, sono i fonti su cui si appoggia la credenza del Purgatorio.
Laonde quando anche i Riformati fossero uniti a non ammettere il Purgatorio, questo loro accordo tenderebbe a negare una verità rivelata nei libri santi, riconosciuta dagli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi e di tutte le religioni.
Ciò non ostante posso dirvi, che questo unanime consenso dei Riformati non esiste. Voi, signor Ministro, e credo sincera la vostra asserzione, mi avete già più volte detto che non avete alcuna difficoltà di ammettere coi Cattolici il dogma del Purgatorio. Dunque in ciò voi non siete d'accordo coi Riformati. {61 [97]}
M. Sarò quasi solo tra i riformati che presti qualche credenza al Purgatorio, cosa che io debbo tenermi in cuore, perchè se la manifestassi sarei qualificato apostata
P. Cioè sareste considerato come un uomo che si avvicina alla verità. Consolatevi, però, che non siete solo, perciocchè i più dotti tra i protestanti convengono coi Cattolici, intorno alla credenza del Purgatorio.
M. Voi, signor Teologo, mi avete già appagato in più cose, desidererei di esserlo ancora in questa, cioè che vi sia il consenso dei protestanti intorno al Purgatorio.
P. Se così vi aggrada, colla storia alla mano, vi farò chiaramente vedere come in generale i protestanti più celebri nello studio e nella scienza, abbiano convenuto coi cattolici intorno a questa verità.
Lutero, patriarca e fondatore della riforma, quando si separò dalla Chiesa cattolica, conservò la credenza del purgatorio, nè ebbe difficoltà di predicare queste parole: «Io so che esiste il Purgatorio epperciò sono facile a persuadermi che la santa Scrittura ne faccia menzione. Tuttociò che {62 [98]} io so intorno al Purgatorio si è che le anime vi soffrono e che possono essere sollevate dalle nostre preghiere e dalle nostre opere.» Lutero ciò diceva appoggiato, come noi cattolici, sopra il Capo decimo secondo di s. Matteo dove si parla dei peccati che Dio talvolta perdona nel secolo futuro. Disp. de Leips.
Calvino collaboratore di Lutero nella Riforma, dapprima negò sfacciatamente il dogma del Purgatorio; ma veduto il consenso universale della Chiesa cattolica fu costretto a dire che il costume di pregare pei morti è antichissimo nella Chiesa e che i più antichi padri avevano creduto al Purgatorio e alle preghiere pei defunti. Calv. Istit., libro, 3.
Essendo poi stata dimandata a Calvino la spiegazione di alcuni testi della Bibbia che provano il dogma del Purgatorio, egli non sapendo come sbrigarsi rispondeva con dire che non bisognava scrutare con troppa ansietà lo stato delle anime dopo morte, perciocchè Iddio non ce lo ha voluto rivelare. Che perciò bisognava contentarci di sapere che le anime dei fedeli sono in uno stato di riposo dove attendono con gioia la gloria promessa, e che {63 [99]} tutto è sospeso cosi fino all'arrivo di Gesù Cristo in qualità di Redentore, Ist. lib. 3, c. 25.
Ecco uno stato di mezzo tra il Paradiso e l'Inferno che ha molta analogia col Purgatorio. Cosi quel Capo Riformatore, mentre negava una verità, era dall' evidenza costretto a professarla. Tale si è la credenza comune dei calvinisti sul Purgatorio.
Gli anglicani avevano da principio conservato le preghiere pei morti; ma più tardi essendo nati gravi dissidii sopra di ciò; per mantenere la pace si lasciò che ciascuno pensasse sopra tal materia secondo il privato suo giudizio; onde non è raro il caso d'incontrare colà varii protestanti i quali, alla morte de' loro congiunti od amici, come per naturale movimento del loro cuore, pregano per essi.
Altrove poi si dice: Noi sappiamo che gli antichi hanno parlato della preghiera pei morti, e noi non lo vogliamo proibire. Apol. de la confer. d'Ausbourg.
Leibnizio, che passa tra' più eruditi protestanti, parlando del Purgatorio si esprime così: II sentimento più antico della Chiesa si è che bisogna pregare pei morti, i {64 [100]} quali ricevono suffragio dalle nostre preghiere, e che quelli che sono usciti da questa vita sebbene siano divenuti eredi del cielo, per la remissione della pena eterna, e pel loro ritorno in grazia con Dio, ciò non ostante hanno ancora da subire un castigo paterno pei loro peccati, ed essere purificati, soprattutto se non hanno abbastanza cancellate queste macchie durante la loro vita sopra la terra. Leibnits, sur la religion.
Beausobre, altro dotto ministro protestante, dice esplicitamente. La preghiera pei morti non fa disonore alla ragione; ciò è conforme alla scrittura.
Altro protestante, Pietro Marlin, professava pure che: È costume di tutti i tempi il pregare pei defunti.
Io potrei addurvi altre autorità di ministri e dottori protestanti antichi e moderni che vanno pienamente d' accordo intorno all'esistenza del Purgatorio e intorno alla preghiera pei defunti.
M. Tra noi si risponde facilmente a quanto voi dite: molti protestanti ammettono il Purgatorio, molti non lo ammettono donde ne nasce il dubbio; perciò è libero a ciascuno di credere come vuole. {65 [101]}
P. È questo un errore funestissimo. Quando il dubbio è fondato solamente sulla naturale ragione si potrebbe talvolta concedere questa libertà di pensare e di agire. Ma questo dubbio è chiaramente condannato dalla Bibbia, dalla pratica dei tempi primitivi della Chiesa, dal consenso dei padri, dei concilii e dalla tradizione dei popoli di tutti i tempi e da' medesimi protestanti. Che se avvi qualche protestante di contrario parere, dovrebbe essere da se medesimo convinto di errore e dire: se io nego il dogma del Purgatorio, mi oppongo ad una credenza poggiata sulla Bibbia, professata dagli uomini dotti di tutti i tempi, ammesso dai più dotti tra i medesimi riformatori.
Inoltre questo protestante dubbioso dovrebbe leggere le medesime liturgie dei riformatori, in cui sono registrale le preghiere colle quali si devono accompagnare i morti alla sepoltura, e dovrebbe conchiudere così: tutti convengono intorno all'esistenza del Purgatorio, la stessa nostra liturgia stabilisce preghiere per i morti. Pei morti si fanno orazioni funebri sulle tombe dei trapassati; nei medesimi nostri cimiteri ci sono iscrizioni, in cui {66 [102]} si prega riposo eterno per le anime degli amici; cose che ognuno può vedere nel Cenotafio dei riformati presso al Campo Santo di Torino; dunque questo riformato deve conchiudere colle parole di un ministro protestante: io vorrei che la mia religione richiamasse in vigore le preghiere pei morti, giacchè quando sento a suonare il passaggio fùnebre di qualche mio amico, io non posso astenermi dal pregare pel riposo dell'anima di lui. V. Tommaso Broun, Religion d'un médecin.
Nè vorrei, o signor Ministro, che vi pensaste tale dottrina dei riformati essere variata a' nostri tempi. Nelle liturgie della chiesa anglicana, dove si conservano e si praticano in gran parte le liturgie dei primi tempi della riforma, vi si vede ancor praticata oggidì la preghiera pei defunti.
L'arcivescovo di Cantorbery in una lettera pastorale in rendimento di grazie per una vittoria riportata, raccomanda a Dio le anime di quelli che erano morti in battaglia dicendo: «Ricevete, o Signore, noi ve ne supplichiamo, ricevete le anime loro nella vostra misericordia». De Tévern. disc. amicables.
Non è gran tempo che un pastore d'Allemagna, {67 [103]} il signor Rebe, invitava i suoi compatriotti a pregar per coloro che erano morti in guerra per liberare la patria: sovvenitevi, loro diceva, sovvenitevi nelle vostre preghiere di coloro cbe non ebbero tempo di prepararsi per la partenza da questo mondo.
Altro moderno dottore protestante va ancora più avanti e vuole che in fine di ciascun anno si facciano delle preghiere nelle quali i fedeli raccomandino a Dio le anime dei loro parenti, e dei loro amici defunti. Tehisner, de sacris ecclesiae nostrae etc.
Finalmente valga per tutti quanto dice la duchessa di Jork nella relazione che fa di una conferenza tenuta con alcuni celebri dottori protestanti: Io ho voluto, ella dice, conferire di queste materie coi due più dotti vescovi che noi abbiamo in Inghilterra e mi hanno ingenuamente confessato, che ci sono molte cose nella chiesa Romana, le quali avrebbero dovuto essere conservate nella chiesa anglicana, come sarebbe la confessione dei peccati che non si sa come provare che non sia stata comandata da Dio medesimo; tale pure è la preghiera pei morti, che è una delle più antiche e delle {68 [104]} più autentiche pratiche della religione, cristiana. Charvas, guide des Catéchumènes Vaudois, du Purgatoire
Da quanto ho esposto fin qui mi pare, signor ministro, che non si possa trovare dogma nel cristianesimo che sia stato più universalmente creduto e praticato in tutti i tempi e in tutti i luoghi, presso a tutte le nazioni quanto la credenza del purgatorio e le preghiere pei defunti.
Che se alcuni protestanti d'oggidì cercano di allontanarsi da questo consenso universale, noi diciamo che essi con tale dottrina si oppongono alla Bibbia, a tutta l'antichità, a' medesimi fondatori della riforma, alle stesse liturgie che essi usano o dovrebbero usare nella celebrazione dei sacri misteri.-
Il compagno che era tuttora rimasto a fianco del ministro non aveva mai parlato; fu qualche momento che pareva voler chiedere la parola, ma non venne mai all'atto. Qui domandò cortesemente di poter far egli pure alcune osservazioni.
P. Di buon grado si concede a voi di parlare. Dite pure tutto quello che vi parrà a proposito purchè sia analogo al nostro argomento. {69 [105]}
C. Vedete, signor Teologo, io non sono ancora ministro, ma studio solamente per divenirlo, se la provvidenza mi vuole a questa dignità. Le mie osservazioni sono analoghe alla presente questione. Ma poichè il trattenimento è già alquanto prolungato, se così vi piace, ritorneremo un altro giorno e così con minor disturbo degli uni e degli altri potremo esporre e dilucidare ogni difficoltà.
P. Sia fatto come più vi aggrada. Vi attendo per quel tempo e per quell' ora che tornerà di maggior comodità, dandovi piena facoltà di menare con voi quegli amici che giudicherete.
L'ora di fatti era assai avanzata. Il ragionamento aveva cominciato alle undici dal mattino e finiva alle sei di sera; sicchè avevamo tutti bisogno di riposo e di ristoro. {70 [106]}
Io era ansioso che i miei oppositori ritornassero, per sentire le difficoltà che sarebbonsi ancora potute fare da' più dotti protestanti contro al dogma del purgatorio. D'altra parte temeva assai che non ritornassero più, perchè mi sembrava che la causa fosse finita, e poco o niente avessero potuto avere da apporre. Mi era già altra volta accaduto simile giuoco, cioè di cominciar discussioni di tal genere, e troncarle per metà sotto allo specioso pretesto di ripigliarle altra volta, senzachè niuno si lasciasse vedere: temeva lo stesso nel caso presente.
Diffatti erano già trascorsi due mesi {71 [107]} dalla prima conferenza e non aveva ancora veduto alcuno.
Allorchè un giorno, alle due ore dopo mezzodì, giungono tutti e tre i miei conferendisti. Scambiate alcune parole di convenienza, il compagno del ministro, quello stesso che aveva chiesto di poter proporre alcune difficoltà, posso, egli comincia a dire, posso entrare nell' argomento interrotto l'altra volta quando siamo qua venuti?
P. Lo potete liberamente.
C. Parlavamo del Purgatorio e voi ci avete addotto molte ragioni e molte autorità ricavate dalla Bibbia, dai padri, e dalle liturgie, sopra cui io avrei molte cose da osservare: comincio dalla Bibbia.
P. Dite pure, noi ascolteremo le vostre osservazioni.
C. Ho fatto seria attenzione a quanto fu dello sopra il Purgatorio, ma quegli argomenti mi parvero fuori di questione. Si trattava di provare l'esistenza del Purgatorio dalla Bibbia. Furono addotti molti testi che non danno minimo cenno del Purgatorio.
P. Non posso ben comprendere la vostra difficoltà. Volete forse dire che la {72[108} parola Purgatorio non è contenuta nella Bibbia?
C. Appunto così Se non si contiene la parola, tanto meno si contiene il senso che la parola esprime.
P. La vostra difficoltà è tutta apparente. Qui non si parla del nome ma si parla di una verità. Per esprimere questa verità servitevi pure di qualsiasi parola, poco importa, purchè tale verità sia ammessa. Vi dissi fin da principio che la Chiesa cattolica crede come verità di fede uno stato in cui sono trattenute le anime che muoiono in grazia di Dio e che hanno qualche cosa a scontare colla divina giustizia. Questo stato voi chiamatelo luogo di purgazione, luogo intermedio, purgatorio o con qualsiasi altra espressione, se ammettete la verità, cessano le questioni sopra il nome.
C. È vero che posto il fatto non si dovrebbe più badare alle parole, ma è sempre vero che i cattolici credono una cosa non contenuta nella Bibbia, o almeno pretendono di credere una verità che si esprime con parole non contenute nella Bibbia.
P. I cattolici credono ad uno stato di purgazione nell' altra vita. Che se per {73 [109]} esprimere questo stato si servono di parole non contenute nella Bibbia, nulladimeno queste parole esprimono una verità ivi contenuta. Volete voi forse dire che tutte le verità contenute nella Bibbia devono essere espresse con parole letteralmente contenute nella Bibbia?
C. Dovrebbe essere certamente cosi. Altrimenti quello che si dice non è più fondato sopra la parola di Dio ma sulla parola degli uomini.
P. Voi mi dite una cosa che non mi potete sostenere. Rispondetemi adunque: Credete voi che il Battesimo sia un sacramento?
C. Lo credo senza difficoltà.
P. Nella Bibbia ci sono le parole che il battesimo sia un sacramento?
C. Non ci sono le precise parole: Il Battesimo è un sacramento, ma ci sono espressioni abbastanza chiare che vengono a significare il Battesimo essere un sacramento.
P. Dunque voi ammettete parole non contenute nella Bibbia, ma che servono ad esprimere una verità in essa contenuta. Ditemi: credete voi al mistero della Santissima Trinità? {74 [110]}
C. Non ci ho dubbio, ma queste cose....
P. Abbiate pazienza, farete di poi le vostre osservazioni. Rispondetemi a quest'altra dimanda: Credete voi al simbolo degli Apostoli? credete voi che la Domenica sia un giorno da consacrarsi al Signore?
C. Queste cose le credo: Specialmente la Domenica che è giorno del Signore e che è si male santificata.
P. Compiango con voi la profanazione dei giorni festivi; ma per quello che è al nostro proposito ditemi: il simbolo degli Apostoli, l'osservanza della Domenica sono nella Bibbia comandate?
C. Non sono cose contenute letteralmente, ma in quanto al senso, perchè, come dice l'Apostolo, se stiamo al senso letterale della Bibbia si ha la morte, il senso spirituale dà la vita.
P. Dunque voi ammettete che il Battesimo è un sacramento, ammettete la Trinità delle Persone, il simbolo degli Apostoli, la santificazione della Domenica, parole non contenute nella Bibbia.
C. Non contenute nella Bibbia, ma che servono a spiegare le verità in essa contenute. {75 [111]}
P. Ora se voi ammettete le parole che servono ad esprimere una verità contenuta nella Bibbia, perche non volete parimenti ammettere la parola Purgatorio che serve ad esprimere una verità che, siccome voi convenite, è chiaramente nella Bibbia contenuta?
C. Avete ragione, sì avete ragione. Nè mi fermerei a farvi alcuna osservazione, se non ci fosse diversità nella materia che si vuole significare colle parole mentovate.
P. Siate compiacente di spiegarvi più chiaramente.
C. Le parole Battesimo, Simbolo, Trinità, Domenica, sono usate a spiegare cose certe, chiare, consentanee alla ragione; al contrario nella parola Purgatorio io ci trovo molte cose contrarie al buon senno ed alla stessa ragione naturale.
P. Quali sarebbero le cose che a voi sembrano contrarie al buon senno ed alla sana ragione?
C. Mi pare che sia contro alla sana ragione che un peccato sia perdonato solo per metà, come sarebbe in questo caso. Perciocchè se l'uomo ottiene da Dio il {76 [112]} perdono de' suoi peccati, deve entrare in grazia: le opere di Dio non devono essere imperfette. Inoltre voi, cattolici, nella confessione dite che si ottiene il perdono dei peccati; ma questo perdono tornerebbe di poca utilità, se il Sacerdote rimettesse soltanto in parte la colpa. Dimodochè e secondo la dottrina dei riformati, e secondo la dottrina dei cattolici la credenza del purgatorio sembra essere contraria alla sana ragione.
P. Avete fatto bene a spiegarvi così: perciocchè mi mettete in grado di spianarvi ogni difficoltà e di rispondervi parola per parola. Debbo solamente premettere, che qualora una verità è contenuta nella Bibbia, quando anche non potesse essere dalla ragione umana compresa, ed anche sembrasse alla ragione contraria, tuttavia si deve credere; e in questo caso la debolezza dell'uomo deve cedere alla divina autorità, non è vero?
C. Fin qui andiamo d'accordo.
P. Ma voi avete detto che il Purgatorio, ovvero uno stato intermedio tra il Paradiso e l'Inferno è una verità appoggiata sulla Bibbia: Dunque?
C. Qui sta la mia difficoltà, mi pare {77 [113]} che la verità si contenga nella Bibbia, ma non posso risolvermi ad ammetterla, perchè la trovo contraria alla ragione.
P. Posta la certezza della rivelazione dovrebbe cessare l'umana ragione; tuttavia voi vedrete che il Purgatorio non è contrario alla ragione. Mi farò strada a spiegarmi con un esempio: vi sono due cristiani, uno dopo aver menato una vita virtuosa, un giorno per fragilità proferisce una bugia che non fa danno ad alcuno; l'altro per odio e vendetta uccide sua padre. Immediatamente dopo il fatto l'uno cade infermo e muore; l'altro vien colto dalla giustizia e condotto al patibolo; ma prima della morte si pentono ambidue e ne ottengono da Dio il perdono. Quale direte voi che possa essere il loro stato nell'altra vita?
C. Certamente stato di salute.
P. Ambidue cogli angeli in Cielo?
C. Uno sì: ma quel birbante che supponiamo aver ucciso suo padre, non se lo merita.
P. Dovremo mandarlo all'inferno?
C. No, perchè supponiamo che siasi pentito
P. Dove adunque volete metterlo? Mandarlo {78 [114]} al Paradiso, non se lo merita, all'inferno non vogliamo mandarlo, perchè si è pentito del suo fallo, che farne adunque?
C. A dirvela schietta, io non saprei che rispondere.
P. Vi pare cosa irragionevole, se Dio facesse fare un po' di penitenza a quel parricida, e poi lo ammettesse alla gloria del Paradiso?
C. In questo caso mi pare cosa ragionevole.
P. Andiamo d' accordo. Quella penitenza che farebbe quel parricida suppone uno spazio di tempo, suppone un luogo di dimora ed ecco lo stato intermedio, ecco il Purgatorio, dove, secondo il Vangelo, nel futuro secolo, cioè nell' altra vita, si scontano i debiti verso la divina giustizia, fino al fallo più leggero, fosse anche un solo sguardo, usque ad ultimum quadrantem, usque ad ictum oculi.
Ammirate quanto sia ragionevole la dottrina della Chiesa cattolica. Questa maestra di verità appoggiata alla parola di Dio, chiama beati quei che muoiono nel Signore, cioè chiama salvi quelli che muoiono dopo aver ottenuto da Dio il {79 [115]} perdono. Di poi considerando che in Cielo nihil coinquinatum ingreditur, non ci entra cosa che abbia neo di macchia, propone come verità di fede esservi un luogo di purgazione, dove coloro i quali muoiono con qualche debito verso la sua divina giustizia, possono soddisfarlo o coi patimenti che soffrono o coi suffragi dei vivi.
Questa dottrina della Chiesa cattolica è riconosciuta dagli stessi ministri protestanti di maggior considerazione.
Voi avrete letto gli scritti del signor Vix, specialmente l'opera intitolata: Considerazioni sulla necessità di tenere un concilio tra la chiesa romana e la chiesa anglicana. Egli fra le altre cose viene a dire quanto segue: L'uso di pregare pei defunti rimonta fino ai tempi apostolici, e si è conservato nella Chiesa fino al secolo decimo sesto; questo costume a noi pare conformissimo ai fini che la religione si propone. Questa pratica conserva nel cuore la convinzione e il sentimento dell'immortalita dell'anima; toglie il velo che si stende sopra la tomba e stabilisce delle relazioni fra questo mondo e l'altro.
Il sig. Muller, altro dotto ministro e {80 [116]} scrittore calvinista, conferma ampiamente le stesse cose. Qual cosa, egli dice, qual cosa avvi di più commovente che la festa della Commemorazione dei defunti nei paesi cattolici? Si vede veramente la natura e il sentimento della carita cristiana che si accordano per riconoscerne la santità. I teologi protestanti che fanno guerra a questa dottrina hanno un bel fare e un bel dire, ed anche togliere dai loro catechismi la Commemorazione dei defunti, essi non giungeranno mai a cancellare dal cuor dell'uomo un sentimento che la natura vi ha impresso da tutti i tempi e in tutti i luoghi. I protestanti saranno eglino stessi sempre cattolici sulla tomba dei loro parenti e dei loro amici. Tale proibizione di suffragare i fedeli defunti è cagione ai popoli cattolici di allontanarsi dal nostro culto. Ciascun giorno i predicatori protestanti, che non ammettono questa relazione tra quelli che ci hanno preceduto nella tomba, e quelli che sono ancora sopra la terra, lasciano sfuggire quasi a loro insaputa nei punti più patetici dei loro discorsi, dei sentimenti che suppongono tale relazione, perchè l'istinto della coscienza è più forte delle {81 [117]} sottigliezze di un'arida teologia. Muller, des beaux arts. Paris 1841.
C. Dietro alle vostre osservazioni abbandono l'idea che il Purgatorio sia contrario alla retta ragione; tuttavia ho ancora alcune cose da osservare, che mi paiono indebolire assai tale credenza. Dov'è questo Purgatorio? Che cosa ivi si soffre? Domando queste due cose, perchè ho letto su tale materia molte stravaganze in libri cattolici.
P. Queste vostre dimande non inchiudono alcuna difficoltà. La Chiesa cattolica non è mai entrata a definire dove sia il Purgatorio, neppure qual genere di pena ivi si soffra. La Chiesa si limitò sempre al dogma fondamentale dicendo: Vi è un luogo ovvero uno stato in cui sono trattenute le anime di coloro che sono morti con qualche debito da soddisfare alla divina giustizia. {82 [118]}
C. Ma credere un luogo che non si sa dove sia…
P. Purchè si abbia la certezza di questo luogo. Per es. io non sono mai andato a Roma, e da me solo non ci saprei andare. Dovrei perciò negare l'esistenza di Roma? Mai no, direte voi, sarebbe opporsi al sentimento universale di tutti i libri che ne parlano, di tanti viaggiatori che vi sono andati. Dite lo stesso del Purgatorio. Inoltre credete voi all'Inferno ed al Paradiso?
C. Chi mai oserebbe negare tali verità?
P. Sapreste voi dirmi il luogo dell'uno e dell'altro?
C. Eh no, caro mio, perchè chi ci va, ci sta per sempre.
P. Se crediamo al Paradiso ed all'Inferno, solo perchè Dio ce li ha rivelati, senza sapere ove si trovino; perchè faremo difficoltà di ammettere anche la credenza del Purgatorio? Questa è cosa propria delle verità soprannaturali: crederle perchè Dio le ha rivelate e, attendere dopo la presente vita per conoscerne il luogo e il modo con cui esistono.
C. Ma perchè dunque dai Cattolici si predica che il Purgatorio è una fornace, {83 [119]} una caverna, un pozzo, una voragine ove si soffre fuoco, mal di denti e simili?...
P. Ripeto qui di passaggio che la Chiesa cattolica non ha mai definito alcuna cosa su tal proposito; anzi proibisce costantemente che si predichi qualche cosa la quale abbia apparenza di falso. I predicatori poi si servono delle similitudini della fornace, del pozzo, della voragine ove si soffre fuoco, malattie e simili; per esprimere i tormenti che soffrono quelle anime. Così hanno fatto i santi padri e così fanno tuttora i predicatori cattolici, appoggiati sopra testi della Bibbia che si possono applicare al Purgatorio.
C. Come! non è di fede presso ai Cattolici che le anime del Purgatorio soffrono la pena del fuoco, mentre l' ho io stesso tante volte udito a predicare?
P. Io credo che soffrano la pena del fuoco, perchè tale sembrami il sentimento di S. Paolo (1. Cor. cap. 3) ove dice, che ogni nostra opera dovrà essere provata col fuoco: tal è pure in generale il sentimento dei santi Padri e dei teologi cattolici; ma non è definita dalla Chiesa come verità di fede. {84 [120}
Diffatti il catechismo di nostra Diocesi, con cui vanno d'accordo tutti gli altri catechismi alla dimanda: Che cosa patiscono le anime nel Purgatorio?
Risponde: Le anime del purgatorio patiscono la dilazione della vista di Dio e quelle pene che Dio fa loro soffrire, fintantochè o coi patimenti che soffrono o coi suffragi dei vivi abbiano interamente pagati i debiti contratti colla Divina Giustizia.
C. Trovo ragionevole quanto mi dite. Ma se non è verità di fede, che il Purgatorio sia una fornace di fuoco, un abisso oscuro e simili, perchè la liturgia cattolica lo chiama tartaro, luogo oscuro, bocca del leone, morte eterna; che cosa vogliono significare queste parole?
P. Le parole tartaro, inferno, bocca del leone, luogo oscuro significano un luogo inferiore dove sono trattenuti tanto i reprobi, quanto le anime dei giusti che scontano le loro colpe. Se voi consultate i santi padri, i buoni dizionarii, gli scrittori sacri e profani, le parole suddette vengono a significare luogo sotterraneo, luogo oscuro, luogo di tormenti e di privazione. In ciò i protestanti vanno d'accordo {85 [121]} coi cattolici recitando il simbolo degli Apostoli che Gesù discese all'inferno, descendit ad inferos, per significare il limbo ovvero un luogo sotterraneo.
Quando poi la Chiesa cattolica invoca Iddio a favore di quelle anime, ne cadant in obscurum, ne absorbeat eas tartarus et liberentur de ore leonis, intende di supplicare la divina misericordia che si degni di liberarle dal carcere tenebroso del purgatorio e riceverle fra gli splendori immortali della gloria celeste.
C. Quanto mi dite può andar bene fino ad un certo punto; ma quel dire: liberate, o Signore, quelle anime dalla morte eterna. Mi pare che i cattolici pretendano cavar le anime fuori dall' Inferno, cose che niuno certamente vorrebbe ammettere, e che perciò dimostrano quanto mai sia assurda la liturgia cattolica nelle preghiere pei defunti.
P. Questa difficoltà, che a voi pare cotanto grave, scomparisce affatto se noi ricorriamo alla storia. Osservo, che non vi è alcuna parte dell'uffiziatura pei morti, dove si dice: «Liberate, o Signore quelle anime dalla morte eterna». Nelle esequie che si fanno pei morti si suole cantare il {86 [122]} seguente responsorio dell'ufficio: «Libera me, Domine, de morte aeterna, ecc., liberatemi, o Signore, dalla morte eterna in quel giorno terribile del vostro giudizio». Ma con questa preghiera non si prega pei morti; ma sono bensì i vivi, che in considerazione della morte, e del giudizio che tutti li aspetta, pregano per se stessi.
Osservo inoltre che anticamente tali offertori od antifone proferivansi durante l'agonia dell' infermo quando egli era ormai per rendere l' ultimo respiro. In quel momento estremo si raccoglievano i fedeli ed invocavano la misericordia divina sopra l'agonizzante affinchè fosse liberato dalla morte eterna dell'Inferno.
Essendo poi variato il costume di celebrar messe nell'atto dell'agonia, si conservarono ancora le medesime parole della messa. Epperciò quando si dice: Fate, o Signore, che quelle anime passino dalla morte alla vita eterna: fac eas transire de morte ad vitam, e quelle altre: O Signore, liberate quelle anime dalla morte eterna, si devono considerare come preghiere fatte a Dio in quell'estremo di vita, {87 [123]} e che si ripetono nelle messe pei defunti: come appunto sono le parole osate dalla Chiesa nell'Avvento quando si canta: veni. Domine, ad redimendum nos, o Signore, veniteci a salvare. La Chiesà-pregando così invita i fedeli a portarsi collo spirito al tempo in cui il profeta proferiva tali parole. Quegli invocava la misericordia di Dio che abbreviasse il tempo che doveva venire il divin Salvatore; noi lo invochiamo affinchè si degni di applicare alle anime nostre il merito della Redenzione.
C. Intese le cose in questo senso svaniscono le mie difficoltà. Imperciocchè posto che le parole tartaro, ecc., vogliano significare anche Purgatorio; e che queste preghiere si debbano considerare come proferite nell'atto dell'agonia, il senso ne resta chiarito.
Quivi il compagno del ministro fece una lunga serie di difficoltà riguardanti piuttosto all'autorità delle liturgie, che al Purgatorio od al suffragio dei defunti. {88 [124]}
Della quale discussione si darà un sunto in fine di questo fascicolo in forma di appendice. Quando poi si vide appianate le difficoltà fatte intorno alle liturgie prese a parlare così:
C. Vi confesso, signor Teologo, che questo discorso sulle liturgie sarà utile a me ed ai miei compagni. Sono contento: mi avete fatto toccare con mano molte verità che in parte io ignorava, in parte mi erano state confusamente spiegate. Ora mi rimane ancora la grande difficoltà da cui non so come voi ve la potrete sbrigare. La Bibbia, i santi padri, i concilii, le liturgie, secondo voi, proclamano l' esistenza del Purgatorio e le preghiere pei defunti, e intanto la stessa Chiesa cattolica passò dieci secoli senza parlare di Purgatorio, senza parlare di suffragi pei defunti. Perciocchè prima di s. Odilone non si parlò mai di suffragi pei defunti; mai di solennità o di commemorazione o di uffizi dei morti. Parmi che questo fatto provi chiaramente l'idea del purgatorio essere stata sino a quei tempi ignorata. Notate bene che qui non intendo di entrare nel merito di quanto si dice di s. Odilone; che ci sarebbe molto a dire; {89 [125]} io intendo solo di toccare la difficoltà in tanti luoghi e in tanti libri ripetuta, che l'invenzione del Purgatorio si debba ripetere da s. Odilone.
P. Difficoltà tutta apparente che si risolve colla medesima storia. Parlando di uffizio, solennità, commemorazione dei defunti, voglionsi distinguere due cose. Le preghiere, gli uffizi, le pratiche di pietà fatte in suffragio dei defunti, e le solennità stabilite nella Chiesa per invitare tutti i fedeli cristiani, ad unirsi insieme in tempi determinati per porgere a Dio preghiere a favore delle anime purganti.
Perciò se noi parliamo di messe, uffizi, preghiere, anniversarii, queste rimontano fino ai primi tempi della Chiesa. Oltre a quanto abbiamo già detto altrove riportiamo ancora l'autorità di Tertulliano, il quale nel. libro de monogamia conferma quello che aveva ordinato S. Clemente Papa I. Dipoi dice così: facciansi sacrifizi nel giorno che avvenne la morte di colui, per cui s'intende pregare. Lo stesso dice s. Cirillo Alessandrino, s. Cipriano ed altri. S. Giovanni Grisostomo predicava così al popolo di Antiochia: Non invano gli Apostoli stabilirono che {90 [126]} quando celebransi i tremendi misteri, si facesse commemorazione di coloro che sono già passati all'altra vita. Perciocchè sapevano essi, gli Apostoli, che ciò tornava a grande vantaggio e sollievo pei defunti. Hom. in Ep. ad Philip.
S. Agostino nel libro intitolato della sollecitudine che si deve avere pei morti (cap. 1) fra le altre cose dice: Nel libro de' Maccabei si dice essere stato offerto sacrifìcio pei morti; ma sebbene ciò non fosse registrato nelle antiche scritture, per noi basterebbe l' autorità della Chiesa universale che ce ne assicura quando il Sacerdote trovasi all'aliare ed offre il sacrifizio a Dio e fa la commemorazione pei morti. Se desiderate alcuni fatti, andiamo soltanto a leggere quanto il medesimo s. Agostino scrive in occasione della morte di sua madre S. Monica. Conf. lib. 9, cap. 12. Sua madre era moria in Ostia, ed egli dopo aver innalzato a Dio molte preghiere e versato intorno al letto di lei molte lagrime, così continua: Trattenuto il pianto prese Evodio il salterio e intonò il salmo 100 che comincia con queste parole: Signore e Dio mio,col canto io ringrazierò la vostra misericordia. {91 [127]} Noi rispondevamo dall'altra parte. Al suono delle nostre voci concorsero molti altri pii fedeli, uomini e donne, che si unirono con noi a pregare. Quindi alla presenza del suo corpo vicino al sepolcro fu celebrato il sacrifizio di nostra Redenzione (la santa Messa) prima che fosse deposto nella tomba.
C. Ma il giorno dei morti che si fa al due di novembre?
P. Voleva ancora addurvi molte altre autorità in confermazione dell' uso antichissimo di fare preghiere e sacrifizi in pubblico ed in privato pei fedeli defunti. Supponendo che vi basti quanto ho detto, passo ad appagare la vostra dimanda, ove non trattasi più de' suffragi pei defunti, che furono fatti in ogni tempo nella Chiesa, ma trattasi della solennità stabilita dalla chiesa, per eccitar tutti i fedeli cristiani a ricordarsi di tutti quelli che ci precedettero nella tomba. Ritenete adunque queste due cose: 1° Che dai tempi degli Apostoli fino al secolo decimo fu in tutti i tempi ed in tutti i luoghi costantemente professata la credenza del Purgatorio, e dei suffragi pei defunti: 2° Si cantavano salmi ed inni, si facevano {92 [128]} anniversari con uffizi, messe, preghiere proprie, anzi in più luoghi celebravansi ben anche solennità in suffragio dei morti.
C. Che cosa adunque fece quel santo Odilone?
P. Adesso vi dirò quello che fece sant' Odilone. Era esso abate di Clugny città della Francia, e superiore di molti monasteri. Dio fece conoscere a quel suo servo le gravi pene che soffrono le anime del Purgatorio, epperciò egli desideroso, quanto era in lui, di portar soccorso a quelle anime, nell'anno 998 ordinò a tutti i suoi monaci di consacrare ogni anno il secondo giorno di novembre a sollievo delle anime purganti, e si adoperò in ogni maniera possibile per sollevarle.Ecco quello che a tal proposito scrive s. Pier Damiano.
Il venerabile Padre Odilone fece un decreto generale da diramarsi in tutti i suoi conventi, col quale ordinava che siccome nel primo giorno di novembre per costume della Chiesa universale si celebra la solennità di tutti i Santi, così nel giorno seguente (2 novembre) con inni, salmi, limosine e specialmente con celebrazione di messe {93 [129]} si celebrasse la memoria di tutti quelli che sono morti nella grazia di N. Signor Gesù Cristo. Nel fatto di s. Odilone parve manifestarsi la volontà del Signore, e molti vescovi adottarono nelle loro diocesi il pio costume della commemorazione dei fedeli defunti, finchè i sommi pontefici la estesero a tutta la cristianità sotto al nome di giorno dei morti, ovvero commemorazione di tutti i fedeli defunti.
Come voi ben vedete, s. Odilone non è altro che uno dei primi che cominciarono a solennizzare il giorno dei morti. Ma prima di lui in tutti i tempi della Chiesa vi erano messe, uffizi, si recitavano salmi, si facevano digiuni e molte altre opere di carità in suffragio dei fedeli defunti.
C. Bene benone, io non ho' più nulla a ripetere nè sull’ esistenza del Purgatorio, nè sopra i suffragi dei defunti, e vi assicuro, signor Teologo, che su questo punto non ho alcuna difficoltà di credere quanto credono i cattolici intorno al Purgatorio. {94 [130]}
La credenza universale intorno all' esistenza del Purgatorio, la sollecitudine che gli stessi Gentili e Pagani ebbero di suffragare i trapassati, la certezza di questi suffragi devono animar ogni fedel cristiano di adoperarsi a sollevare quelle anime secondo le forze del proprio stato.
Iddio nella Sacra Scrittura ci avvisa essere cosa santa e salutevole il pregare pei fedeli defunti a fine di suffragarli e che così sciolti dalle pene che patiscono pei loro peccati possano giungere a quella eterna felicità che loro sta preparata. Iddio riguarda le anime purganti come sue amiche e sue spose destinate a goderlo e lodarlo in cielo, e come tali le ama con amore infinito. Ma poichè in quel regno di beatitudine non vi può entrare alcuno che abbia in sè la più piccola macchia; egli è perciò che quelle anime si rivolgono a noi con gemiti e sospiri, affinchè con preghiere, limosine, digiuni ed altre opere di carita, ci affrettiamo di portar {95 [131]} loro soccorso. Il suffragare i defunti non è solo il far del bene a quelle anime, anticipando loro il Paradiso, ma è eziandio fare un bene a noi medesimi, poichè colla carità che loro usiamo nel suffragarle acquistiamo merito presso Dio e ci rendiamo benevole quelle anime le quali giunte in cielo certamente porgeranno a Dio calde preghiere per noi e ci assisteranno colla loro valida protezione in tutti i nostri bisogni spirituali e temporali.
Se i gravi tormenti che quelle anime soffrono in purgatorio ci devono muovere a recar loro soccorso, dobbiamo tanto più esserne solleciti, perchè molte di esse sono a noi congiunte per amicizia o parentela, come sono i genitori, fratelli, sorelle ed altri: verso ad altri siamo obbligati pei benefizi da loro ricevuti, e forse alcuni si trovano a patire quelle pene per averci troppo amati, o per essersi data troppa sollecitudine a procurarci quelle medesime sostanze, che noi ora godiamo. Quelle anime, a cui per tanti titoli siamo obbligati, sono quelle stesse che dal mezzo dei tormenti alzano la voce, e colle parole del santo Giobbe c'invitano a suffragarle gridando: miseremini {96 [132]} mei, saltem vos amici mei; quia manus Domini tetigit me. Oh almeno voi che mi siete obbligati o per amicizia o per parentela, movetevi a pietà di me e soccorretemi; perchè là potente e giusta mano del Signore mi percuote.
Intanto, o cristiano lettore, mentre siamo invitati a soccorrere, per quanto sta in noi, quelle anime penanti, studiamoci di ravvivare la fede sopra lo stato in cui ci troveremo noi medesimi. Io che scrivo, tu che leggi, meditiamo queste grandi verità:
1° Il peccato deve pur essere un male assai più grave di quello che la maggior parte degli uomini si figura, giacchè una colpa anche leggiera, di cui sia reo un giusto allorchè muore, merita una punizione sì terribile dopo morte.
2° Che deve essere incomprensibile la santità e la purità di Dio, giacchè è impossibile di potersi avvicinare a lui col minimo neo di macchia;
3° Essendoci dato il tempo della vita presente per purificarci e renderci degni di possedere Iddio, importa grandemente di tener conto di tutti i momenti, per timore che ci venga a mancare in avvenire {97 [133]} se trascuriamo ora di farne buon uso;
4° Non sapendo quanto tempo piacerà a Dio di concederci per attendere a questo importantissimo affare della eterna salute, dobbiamo occuparcene seriamente subito e senza dilazione di sorta.
5° L'ultimo momento di nostra vita, che non sappiamo quando sarà, deciderà della nostra sorte per tutta l'eternità, e ognuno di noi sarà allora giudicato secondo le sue azioni, e sullo stato di sua coscienza. Non dimentichiamo mai il terribile pensiero, che l' eternita beata sarà una grande ricompensa di coloro che si mantennero fedeli a Dio fino alla morte; e la eternita infelice sarà la punizione di quelli sgraziati che la morte ha colpito in peccato mortale, e perciò in disgrazia di Dio;
6° Ricordiamoci che si renderà conto a Dio di ogni minimo attacco alle creature ed a noi medesimi; ogni parola oziosa, ogni pensiero, ogni sguardo inutile, ogni azione viziosa, tutto quello che non sarà puro passerà pel fuoco, e non ne uscirà, come dice il Vangelo, fintantochè non sia perfettamente purgato. Perciò è miglior partito {98 [134]} per noi di soddisfare a Dio in questa vita pei peccati commessi. Quivi le pene sono di gran lunga più leggere di quelle gravissime del Purgatorio, ed inoltre sono più meritorie presso a Dio perchè volontarie.
7° Per legittima conclusione dobbiamo guardarci da ogni peccato benchè leggero e veniale, ed impiegare la nostra vita in opere di penitenza per le colpe commesse per evitare le pene del Purgatorio; e fra le altre cose soffrire con pazienza le avversita della vita, malattie, dispiaceri, vicende delle stagioni, e qualsiasi altra miseria umana, tutto soffrire come mezzo efficace per iscontare in questo mondo i debiti che abbiamo colla divina giustizia sia per le colpe veniali, sia pei peccati mortali, dei quali, benchè ci siamo pentiti e già confessati, forse non ne abbiamo ancor falla conveniente penitenza. Se noi, o cristiano, faremo attento riflesso sopra questi ricordi, e faremo quanto in essi è consigliato, noi possiamo fin d'ora avere fondata speranza di evitare le pene eterne dell' inferno, evitare forse anche quelle del Purgatorio, e sul termine della presente vita volare a godere {99 [135]} la gloria del cielo in eterno. Cosi sia.
Il compagno del ministro nel discorrere delle liturgie, della col autorità ci eravamo serviti per dimostrare la credenza universale del Purgatorio, disse più cose riguardanti all' autorità delle medesime che sembrano alquanto estranee al nostro argomento; perciò si pongono qui in forma di appendice affinchè il lettore cattolico possa essere informato di quanto i protestanti meglio apparecchiati possano opporre contro alle liturgie, in quanto che sono argomento dell'esistenza del Purgatorio. Egli adunque prese a parlare così:
C. Che cosa sono queste liturgie che, voi, signor Teologo, andate tanto decantando? Forse G. C. ha parlato di liturgie? Forse in tutta la Bibbia avvi traccia di ciò? Queste sono novità intollerabili, ed introdotte nel caltolicismo, che {100 [136]} noi, grazie a Dio, non abbiamo voluto approvare.
P. Voi, amico, mi fate una difficoltà che mi chiama a ripigliare la cosa un poco più indietro. Voi mi dimandate che cosa sono le liturgie? ed io vi rispondo che le liturgie sono libri che contengono riti, cerimonie, il modo di prestare il culto a Dio dovuto. Nè ciò vi deve fare maraviglia perciocchè...
C. La maraviglia non istà nel sapere che cosa sono le liturgie, ma nel sapere che i cattolici usano liturgie di cui nulla si dice nella Bibbia.
P. Ascoltate con pazienza, e vedrete. La prima lezione che Dio diede all'uomo nella storia medesima della creazione fu una liturgia: egli benedisse il settimo giorno, e lo santificò. Egli pertanto destinando questo giorno al suo culto non volle lasciar ignorare ai nostri primi parenti il modo di onorarlo. Questi riti, queste cerimonie, con cui si deve prestare culto a Dio furono usati da Caino e da Abele allorchè gli fecero sacrifizio; furono usati da Noè, che appena uscito dall'arca innalzò un altare, e fece a Dio un sacrifizio per ringraziarlo dei favori ricevuti. {101 [137]}
D'altronde leggete il libro del Levitico, del Deuteronomio, e voi vedrete, che essi sono ripieni di leggi cerimoniali; che formano veramente la liturgia degli Ebrei.
C. Queste cose le so, ma tutte le cerimonie della legge antica furono abolite; perciò non devono più servire di modello alle liturgie cristiane.
P. Si può dire che tutte le cerimonie della legge antica furono abolite. Ma Gesù Cristo ne istituì delle altre in quelle figurate, come sono i sacramenti, e diede alla sua Chiesa ampia facoltà e stretto ordine di instituire tutti que' riti e quelle preghiere, che essa secondo le circostanze dei tempi, de' luoghi, delle persone fosse per credere necessarie od utili sia per amministrare degnamente i santi sacramenti, sia per ravvivare la fede ed accrescere la pietà. E siccome la fede che la Chiesa professa nella sostanza è la stessa che era professata nell'antico testamento; così non è da stupire se tra le varie costumanze religiose che la Chiesa ha istituito, ne stabilì alcune conformi a quelle che erano state prescritte da Mosè; come sono gli altari, i candelabri, i turiboli, le vesti sacerdotali e simili. {102 [138]}
Così s. Paolo dopo di aver assicurato i fedeli di Corinto, che quanto aveva loro scritto intorno all'Eucaristia lo aveva ricevuto dal Signore, soggiunge, che quanto alle varie cose da osservarsi nella consacrazione e amministrazione di un sacramento sì grande, egli stesso in persona avrebbe loro dato le norme a seguirsi quando sarebbe venuto. «Caetera autem cum venero disponam.»
Questa consacrazione e quest'amministrazione dell'Eucaristia è quello che propriamente si chiama liturgia. Che se desideriamo una liturgia pomposa, una solennità magnifica l'abbiamo descritta nell'Apocalissi di s. Giovanni.
Riferisce egli adunque una visione, avuta in giorno di Domenica, giorno in cui i fedeli si radunavano per celebrare i Santi Misteri. L' Apostolo descrive una radunanza, cui presiede il Venerabile Pontefice. assiso sopra di un trono, e circondato da ventiquattro seniori ovvero sacerdoti. Quivi vediamo degli abiti sacerdotali, dei pannolini, dei cingoli, delle corone, vari strumenti destinati al culto divino, un altare, candelieri, turiboli, un libro e simili, Apoc. c. 1, 4, 5. {103 [139]}
Poco dopo ci parla di cantici, di inni, di una sorgente d'acqua che dà la vita. Davanti al trono, e nel mezzo de' sacerdoti, avvi un agnello preparato pel sacrifizio, a cui si rendono gli onori divini. Egli è questo un sacrifizio a cui è presente Gesù Cristo; al quale egli prende parte e come vittima divina e come Pontefice eterno. Sotto all' altare vi sono i martiri, che chiamano vendetta contro a quelli che sparsero il loro sangue. Cap. 5 e 6. Si sa che l'uso della Chiesa primitiva era di offerire i Santi Misteri sopra la tomba e sopra le reliquie dei martiri.
C. Cose tutte belle e buone, ma che non fanno al nostro proposito. Tutto ciò che voi mi riferite dell' Apocalissi vuole essere inteso in senso allegorico e non letterale. Perciocchè l'Apocalissi è una visione, non narrazione storica.
P. L'Apocalissi è una visione, ma è una visione che contiene fatti parte già avverati, e parte ancora da avverarsi. Ma la descrizione di quella celeste funzione si può dire narrazione storica di quanto la Chiesa di Gesù Cristo doveva fare nei tempi avvenire. Comunque sia, io vi faccio questa semplice dimanda: o che san {104 [140]} Giovanni ha rappresentato la gloria del cielo sotto all'immagine della liturgia cristiana, o che con quella pomposa solennità Dio voleva dare una norma di ciò che era da farsi nella Chiesa.
Nel primo caso diremo forse che sia male che si faccia dalla chiesa militante ciò che con tanta solennità si fa dalla chiesa trionfante in Cielo? Se poi voi ammettete il secondo caso, dobbiamo dire che i cattolici hanno una liturgia modellata sopra quella che Gesù Cristo si è degnato di rivelare all'apostolo s. Giovanni nell' Apocalissi. Dalle quali cose parmi che si possa conchiudere che la liturgia cattolica rimonta ai tempi apostolici, siccome leggiamo ne' medesimi libri sacri, e come eziandio riferiscono s. Ireneo (contro le eresie lib. 4°). S. Ignazio nelle sue lettere, s. Policarpo ed altri.
C. Ciò che si riferisce di s. Ignazio di s. Giustino, e di altri che parlarono delle liturgie va soggetto a molte osservazioni. Primieramente vi dico che ne' tre primi secoli non vi erano liturgie, e che quelle che si riferiscono a tale epoca, sono riconosciute tutte apocrife, e perciò da rifiutarsi. {105 [141]}
P. Voi, o amico, passate ad un' altra questione; e ciò mi fa credere che voi ammettiate quanto abbiamo discusso; cioè che la liturgia cristiana è consentanea alla Bibbia ed è modellata su quanto Iddio ha rivelato. Ora voi fate passaggio ad un'altra difficoltà intorno alle liturgie antiche. E qui vorrei che voi faceste meco una distinzione, cioè distingueste il tempo in cui le liturgie cominciarono a mettersi in iscritto, dal tempo che erano verbalmente insegnate e tramandate di pastore in pastore, di chiesa in chiesa.
Generalmente si va d'accordo che prima del quinto secolo non fu messa in iscritto alcuna liturgia, ad eccezione di quella che trovasi nelle costituzioni apostoliche, la quale fu scritta prima dell'anno 390. Tuttavia non si deve conchiudere che le liturgie, che portano i nomi di s. Pietro, s. Giacomo, s. Marco, siano scritti apocrifi e senza autorità. Le medesime ragioni che provano, che la liturgia non era stata prima posta in iscritto, provano eziandio che ella fu diligentemente conservata per tradizione in ciascuna chiesa, e fedelmente trasmessa dai vescovi a quelli che essi innalzavano al {106 [142]} sacerdozio. Era questo un segreto che si voleva celare ai pagani che cercavano d'informarsi de' riti cristiani unicamente per metterli in ridicolo. Perciò i Sacri Pastori se lo confidavano a vicenda, imparando a memoria le preghiere, e le cerimonie di cui dovevano servirsi. Ciò era molto facile stantechè dovevano usarle tutti i giorni, ma erano persuasi che nulla in quelle potevasi cangiare.
I protestanti hanno malamente ragionato allorchè dissero che le liturgie, conosciute sotto ai nomi di s. Marco e di s. Giacomo, o di altro apostolo, sono altrettanti brani supposti e scritti molti secoli dopo la morte di coloro di cui esse portano il nome. Che importa la data del tempo, in cui furono ridotte in iscritto, se dopo gli apostoli furono giornalmente in uso presso alle varie chiese?
C. Comprendo quanto mi dite, ma le cose sono assai diverse. Perciocchè ne' primi tempi, ed anche nei tempi posteriori furono cangiate, aggiunte, tolte varie cose, onde si può dire che si ha quasi nemmen più traccia di quelle liturgie di cui parlate.
P. Anche questo è esagerato. Le variazioni {107 [143]} e le aggiunte delle liturgie si riducono a pochissime espressioni, che non intaccano il senso, anzi servono per lo più a meglio spiegare le verità dalla Chiesa definite e contrastate dagli eretici. Per esempio fu aggiunta la parola consustanziale, con cui era condannata l'eresia degli Ariani, e veniva con maggior chiarezza ad esprimersi la vera fede, e ciò fu dopo il Concilio Niceno. Fu dato il titolo di Madre di Dio alla Santa Vergine dopo il Concilio di Efeso in cui fu condannato Nestorio. Parimenti in questi ultimi tempi fu inserita la parola. Immacolata Concezione perchè tale privilegio è stato definito come verità di fede. Ma tutte queste cose si trovano ugualmente usale in tutte le liturgie dei cattolici.
Del resto tutte le liturgie vanno d'accordo nel professar i dogmi che abbiamo noi sia riguardo alla Santa Messa, comunione de' fedeli, al viatico pegli infermi, sia riguardo alle preghiere pei vivi e pei morti e cose simili.
C. Comprendo la ragionevolezza di quanto mi dite, ma al vedere tante liturgie pubblicate tanti anni dopo la morte dei loro autori, e di più contenenti cose {108 [144]} spesso diverse e talvolta contrarie, ciò mi fa fortemente dubitare dell'autorità e della verità delle cose che contengono.
P. La vostra dimanda non si presenta sotto ad un aspetto molto chiaro. Credo che voi vogliate dire, che la moltiplicità delle liturgie dei varii paesi sia un ostacolo alla verità. Ciò sarebbe da ammettersi qualora, siccome dite voi, queste liturgie contenessero cose diverse oppure contrarie, ma io ci vedo tutta l'uniformità; cosicchè si possono bensì dire molte in numero, ma una sola in dottrina. Siccome però io vi vedo tanto insistere sopra le liturgie, vi prego di permettermi che ne dia cenno delle principali. Di poi farete quella conclusione che sembrerà più ragionevole.
Comincerò adunque dalla liturgia Cofta, o egiziana che è quella usata dai cristiani d'Egitto, a cui si deve unire la liturgia degli Abissini ovvero cristiani dell'Etiopia. La storia Ecclesiastica ci accerta che la chiesa di Alessandria, capitale {109 [145]} dell'Egitto, fa fondata da s. Marco; e non avvi alcun dubbio che questo santo Evangelista non abbia stabilito una forma di liturgia. Nei primi secoli si consegnò oralmente da un vescovo all'altro, da un sacerdote all'altro. S. Cirillo di Alessandria nel secolo V. mise in iscritto la liturgia della sua chiesa. Egli scrisse in greco, che allora era parlato in Egitto; di là derivò che tale liturgia fu indifferentemente chiamata, ora di s. Marco, ora di s. Cirillo. E poichè in quei tempi erano già in uso due lingue, una Greca l'altra Egiziaca, perciò quella di s. Cirillo fu eziandio tradotta in lingua Cofta ad uso di quelli che facevano il loro sacrificio in tale lingua. Dioscoro poi successore di s. Cirillo e partigiano di Eutiche, quando fu condannato dal Concilio di Calcedonia nel 451 si separò dalla Chiesa Cattolica trascinando nello scisma gran parte di Egiziani. Questi scismatici continuarono a celebrare in lingua Cofta e in lingua Greca fino all'anno 660, quando i Maomettani introducendo colla spada la legge dell' Alcorano, lasciarono libero l'esercizio della liturgia Cofta a' soli scismatici.
È vero che colà vi sono tre liturgie, {110 [146]} una detta di S. Cirillo, la seconda di S. Basilio, la terza di S. Gregorio di Nazianzo, soprannominato il teologo; ma gli eruditi che le hanno confrontate insieme trovarono in esse un perfetto accordo colla credenza cattolica ad eccezione di alcune professioni di fede aggiunte dagli Eretici. V. Lebrun, tom. 3.
Gli Abissini ovvero i cristiani d'Etiopia, sono stati convertiti alla fede dai patriarchi di Alessandria, e siccome si mantennero sotto alla loro giurisdizione, così aderirono anche al loro scisma che professano ancora oggidì.
Le liturgie Siriache sono appoggiate, sopra quella di S. Giacomo vescovo di Gerusalemme, e sono seguite dai cattolici detti Maroniti, e dagli Eutichiani detti Giacobiti.
Dacchè Eutiche fu condannato nel concilio di Calcedonia, si vide nella Siria quasi la stessa cosa veduta in Egitto. Questo eretico trovò in quelle parti un gran numero di partigiani. Alcuni erano {111 [147]} nominati Melchiti, ossia realisti, perchè seguitavano la credenza dell'imperatore; altri Eutichiani perchè seguivano Eutiche. Ma e gli uni e gli altri conservarono la medesima liturgia, comunemente della liturgia di S. Giacomo, perchè era specialmente seguita in Gerusalemme e nelle chiese che dipendevano da quel patriarcato e da quello di Antiochia. S. Cirillo vescovo di Gerusalemme negl' anni 347, 348 la spiegava ai catecumeni; e si crede che sia stata posta in iscritto nel secolo V. L'anno 692 i padri del concilio Trullano la citarono sotto il nome di Liturgia di S. Giacomo per confutare l' errore degli Armeni, i quali non mettevano acqua nel calice. Nel secolo nono l'imperatore Carlo il Calvo, volle vedere a celebrare la S. Messa secondo la liturgia di S. Giacomo usata a Gerusalemme. In tutta l'antichità niuno degli Orientali mise in dubbio che quella liturgia non fosse di S. Giacomo.
Quando Nestorio fu condannato dal concilio di Efeso l'anno 431, i suoi partigiani {112 [148]} si sparsero nella Mesopotamia e nella Persia, e vi fondarono un gran numero di chiese, le quali sono comunemente nominate chiese caldee. Eglino continuarono a servirsi della liturgia Siriaca, che portarono in tutti i paesi ove si sono stabiliti, fin nelle Indie, alle coste del Malabar, ove sussistono ancora ai nostri dì sotto al nome di cristiani di S. Tommaso. Il loro messale contiene tre liturgie: la prima intitolata degli Apostoli, la seconda di Teodoro l'interprete, la terza di Nestorio. Il padre Lebrun le ha confrontate tutte tre, e le trova pienamente d'accordo, ad eccezione di quella di Nestorio, a cui si fecero alcune aggiunte arbitrarie, per esprimere l'errore che quell'eresiarca professava.
C. Io non ho potuto leggere queste liturgie, ma ho letto quanto dice uno dei nostri, Lacroze, nella sua Storia del cristianesimo nelle Indie. Egli dice che in tali liturgie non si parla nè di Purgatorio, nè di transustanziazione, nè di presenza reale.
P. Il sig. Lacroze dice quel che gli pare, ma egli non le ha lette, e seguita la relazione di altri, i quali credo le abbiano {113 [149]} lette al par di lui. Il P. Lebrun assicura che non solamente dalle liturgie, ma eziandio da altri monumenti di loro credenza prova che quelle liturgie sono d'accordo con quanto insegna la Chiesa cattolica intorno alla preghiera pei defunti, all'esistenza del Purgatorio ed altri articoli che si vorrebbero porre in dubbio. V. tom. 3, pag. 417 e seg.
Gli Armeni poi nel quarto secolo furono strascinati negli errori di Eutiche da certo Giacomo Baradeo, d'onde è venuto il nome di Giacobiti. Molti di loro si riunirono in varii tempi alla Chiesa cattolica; ma il loro scisma non è ancora interamente estinto. Anche in questa liturgia si parla chiaramente della presenza reale, dell'elevazione e adorazione dell'ostia, dell' invocazione dei santi e della preghiera pei fedeli defunti.
Passiamo ora alle liturgie Greche. Due sono le liturgie di cui si servono i Greci dipendenti dal patriarcato di Costantinopoli, dette una di S. Basilio, l'altra di S. {114 [150]} Giovanni Grisostomo. È fuori di dubbio che S. Basilio non ne è l'autore, ma solamente il redattore, cioè il primo a metterla in iscritto. La seconda si attribuisce a San Giovanni Grisostomo, ma è quella stessa che era in uso nella chiesa di Costantinopoli, conosciuta sotto il nome di liturgia degli Apostoli.
La liturgia di S. Giovanni Grisostomo è seguita in tutte le chiese Greche dell' impero Ottomano, che dipendono dal patriarcato di Costantinopoli, e in tutte le chiese della Polonia e della Russia.
C. Pure il nostro ministro Claudio, universalmente ammirato per dottrina e probità, dice che queste due liturgie vanno d'accordo con quelle dei Riformati e assicura che esse sono una condanna del cattolicismo.
P. Il ministro Claudio e tutti quelli che ne seguitano i sentimenti sono in grave errore. Se mai voi aveste tempo a leggere queste liturgie Cofte, Etiopi, Siriache, Greche, o almeno voleste leggere quelli che le hanno pubblicate, confrontate, esaminate e spiegate, certamente direste che il ministro Claudio la sbaglia in queste come in molte altre cose; e vedreste che {115 [151]} la liturgia dei Greci è una condanna della dottrina protestante, e per l'opposto è una conferma di quanto professa la Chiesa romana intorno alla credenza del Purgatorio e alle preghiere pei fedeli defunti.
La chiesa latina conosce solamente quattro liturgie antiche; quella della Chiesa romana detta anche di S. Pietro, quella di Milano o di S. Ambrogio, la liturgia Gallicana, Spagnuola o Mozarabica. La storia ci assicura che quella di Roma viene da S. Pietro. Così assicura Innocenzo I papa nel IV secolo, (ep. ad decent.) e papa Vigilio nel VI secolo (ep. ad profut.). Questa liturgia fu scritta prima del Sacramentario di papa Gelasio verso il 496. S. Gregorio il grande vi fece qualche piccola aggiunta ed alcune variazioni per uniformarla ai riti della Chiesa. Onde questa liturgia fu anche detta Gregoriana. Ma in fondo è quella medesima praticata in Roma nei quattro primi secoli della Chiesa. V. Thommasi, liber Sacramentariorum, pag. 196. Se vogliamo una {116 [152]} prova palpabile del grande attaccamento delle chiese alle loro liturgie, l'abbiamo nella fermezza con cui i Milanesi conservarono la loro, malgrado le sollecitudini dei papi per unirli a quella di Roma. I Milanesi l'attribuiscono a S. Ambrogio, che difatti compose molti inni e preghiere pei divini uffizi: però se noi confrontiamo la liturgia di Milano con quella di Roma troviamo soltanto qualche diversità nell'ordine delle cose; ma la dottrina è perfettamente la medesima. V. Lebrun tom. 3, pag. 208.
La liturgia Gallicana che è in uso nelle chiese di Francia fin dal 758, ha molta somiglianza colle liturgie orientali. Si crede comunemente che S. Fotino di Lione, S. Trofimo di Arles, e S. Saturnino di Tolosa, che erano Orientali, abbiano ivi stabilita una liturgia tale quale praticavasi nei loro paesi. V. Lebrun t. 3, pag. 241.
La liturgia spagnuola è quella che fu in uso nella Spagna fin dal secolo quinto e ne' seguenti. Essa ha molta analogia colla gallicana Questa liturgia si dice anche Mozarabica dai Mori-Arabi che vennero a stabilirsi nella Spagna e professarono {117 [153]} il cristianismo colla liturgia che prima praticavasi in quel regno.
Da questo rapido cenno sopra le liturgie noi vediamo, miei riveriti amici, una maravigliosa uniformità di riti, di cerimonie, di dottrina. La quale uniformità acquista gran peso per la diversità delle lingue, dello stile, per la distanza dei luoghi e pel corso di più secoli. Nell'Egitto, nella Siria, nella Persia, nella Grecia, nell'Italia, nella Gallia, nella Spagna noi vediamo chiese, altari, incensorii, sacrifizi, preghiere in suffragio dei fedeli defunti.
Questo fatto avrebbe egli potuto accadere, se, quando si cominciarono a scrivere liturgie nel quinto secolo, non si avesse avuto un modello antico e rispettabile a cui tutte le altre si fossero giudicate in obbligo di attenersi? Sarebbe egli mai stato possibile che tutti coloro i quali misero in iscritto le liturgie dimorando in paesi così diversi, e l'un dall'altro distanti, abbiano tra di loro convenuto di scriverle tutte con un linguaggio equivoco ed abusivo, e prendere le voci, suffragio, preghiere pei defunti in un senso improprio e seduttore? O che bisogna supporre che in nessun luogo del mondo {118 [154]} siasi compreso bene il senso della lingua la più ordinaria, o dire che tutti gli scrittori, senza essersi accordati, abbiano concepito un progetto uniforme di cangiare la dottrina degli Apostoli e di ingannare tutto il mondo. Voi direte certamente che queste cose sono ambedue impossibili. Dunque bisogna conchiudere che queste liturgie provengano tutte da un principio solo, uniforme, certo; quale si è l'autorità degli Apostoli, i quali di comune consentimento secondo gli ordini ricevuti dal loro divin Maestro stabilirono modo, riti e cerimonie con cui dovessero celebrarsi i sacri misteri.
E poichè abbiamo toccato questo punto delle liturgie, vorrei domandarvi se i protestanti sono in grado di mostrarci UNA SOLA liturgia usata dai cattolici o dagli eretici antichi, la quale non contenga la dottrina delle antiche liturgie. Al contrario noi sappiamo che Lutero cominciò egli a cangiare in gran parte la liturgia che allora praticavasi nella cristianità. Dapprima lasciava ancora il canone della Messa, dipoi trovò meglio di sopprimerlo affatto. Zvinglio, che negava la presenza reale, abolì quanto {119 [155]} Lutero aveva lasciato nella Messa e ritenne soltanto l'orazione domenicale.
Nell'Inghilterra da Enrico ottavo ai nostri giorni i cangiamenti di liturgia si possono dire innumerabili. Insomma se leggiamo le moderne liturgie dei protestanti noi troviamo che esse non hanno la dottrina delle liturgie antiche, e neppure quella dei loro riformatori; e quello che muove a pietà si è che fra tante liturgie, che ne' tempi trascorsi si stamparono, e si stampano oggidì, non se ne possono trovar due d'accordo nello spirito e nella dottrina; anzi spesso una è contraria a quanto è insegnato dall'altra. Nella confusione di queste liturgie dei riformati in quale mai si può trovare la verità?
È adunque cosa ragionevolissima l'asserire che le liturgie dei protestanti, essendo recenti e contrarie alle liturgie antiche, si devono rigettare. Al contrario, le liturgie cattoliche essendo antiche, uniformi, non mai variate, si devono seguire come quelle che ci hanno trasmesso la vera dottrina degli Apostoli e perciò quella di G. Cristo.
Come voi ben vedete, o miei buoni amici, {120 [156]} io vi ho solamente accennato alcune cose risguardanti al vasto tema delle liturgie; se mai il tempo vi permettesse e vi tornasse a grado di leggere diffusamente trattato quanto riguarda a tale materia; potreste leggere quanto scrissero gli autori dell'opera intitolata La perpetuità della fede; soprattutto nel quarto e quinto volume. Anche l' abate Renaudot ha pubblicato una copiosa raccolta di liturgie Orientali in due volumi con note spiegative. L'anno 1640 il padre Menardi pubblicò il sacramentario di s. Gregorio con molte utili annotazioni. L' anno 1680 il cardinale Tommasi diede alla luce l'insigne opera Gli Antichi Sacramentari della Chiesa Romana. Ma più di tutti si rese benemerito di questi studi il celebre PIETRO LEBRUN prete dell'Oratorio nell'opera intitolata: Spiegazione letterale, storica e dogmatica delle preghiere e cerimonie della s. Messa, volumi 4.
Tutti questi autori ci portano i documenti originali che vi ho numerato intorno alle liturgie. Ma notate bene che nel riferire, tradurre, paragonare le varie liturgie non ve n' è neppur uno il quale non asserisca esplicitamente che in tutte {121 [157]} si parla di riti, preghiere e sacrifizi fatti per suffragare le anime dei cristiani defunti.
Dal che si vede il consentimento universale dei popoli cristiani di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Ciò posto, avreste ancora qualche cosa da osservare intorno alla credenza del Purgatorio ed ai suffragi dei defunti?
C. Non avrei più alcuna cosa da osservare; io non era molto alieno dal credervi prima; ma in seguito a quanto mi avete detto, io non trovo alcuna difficoltà di credere coi cattolici all'esistenza del Purgatorio. - Credo che i miei compagni diranno lo stesso.
Il ministro in questa seconda conferenza non aveva mai parlalo; solamente di quando in quando dava segno di approvazione o disapprovazione.
Ministro. Neppur io, prese egli a dire, ho difficoltà alcuna di credere coi cattolici all'esistenza del Purgatorio; e non esito a dire che se tutti gli articoli della Chiesa romana fossero così sodamente fondati, mi dichiarerei cattolico fin da questo momento.
Prete. Posso assicurarvi, amici, che in {122 [158]} tutto quello che professa la Chiesa cattolica, non havvi un solo articolo di fede che abbia minori prove di questo. Anzi, sarei per dirvi che fra tutti i dogmi di nostra religione, il Purgatorio è forse quello che è inferiore agli altri nel numero e nella chiarezza delle prove. Noi dobbiamo però altamente lamentare che da molti si gridi contro alle verità cattoliche solo per aver udito altri a fare altrettanto senza averle mai studiate.
Pertanto io consiglio i Protestanti a darsi davvero allo studio della dottrina cattolica e specialmente delle liturgie antiche.
Da tale studio comprenderanno che le loro liturgie sono nuove e non hanno più alcuna somiglianza colle antiche, che perciò l'antica dottrina non è più fra di loro.
Egual consiglio do ai Cattolici. Persuadiamoci che non havvi studio più utile di quello delle liturgie. Esse racchiudono le verità della fede, espongono il modo, l'ordire con cui tali verità furono in ogni tempo praticate; quindi formano una prova irrefragabile dell'antichità, della perpetuità, dell' immutabilità della fede {123 [159]} cattolica, non solo in ciò che riguarda i dogmi contrastati dai protestanti, ma eziandio in quanto riguarda gli altri articoli di nostra santa religione.
Con approvazione della revisione Ecclesiastica {124 [160]}
La Direzione ai benemeriti Corrispondenti ed ai signori Associati . |
Pag.1 |
Elenco dei signori Corrispondenti . |
8 |
Elenco delle operette pubblicate . |
13 |
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Due conferenze tra due ministri protestanti ed un prete cattolico. |
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Al Lettore cattolico |
3 |
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Conferenza prima - sol purgatorio e sul modo di suffragare i defunti. |
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Capo I Occasione di questa conferenza . |
7 |
Capo II Dottrina della Chiesa Cattolica sul Purgatorio . |
12 |
Capo III La dottrina del Purgatorio contenuta nella Bibbia |
17 |
Capo IV Il fatto di Giuda Maccabeo . |
25 |
Capo V Le sette separate dalla Chiesa cattolica fanno suffragi pei defunt i |
42 {125 [161]} |
Capo VI Consenso universale pei suffragi de' defunti |
Pag. 55 |
Capo VII I Protestanti ammettono il Purgatorio |
60 |
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Conferenza seconda - difficoltà contro al purgatorio. |
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Capo I Nella Bibbia esiste la parola Purgatorio La credenza di questo dogma non è contraria alla sana ragione |
71 |
Capo II Dove sia il Purgatorio - Che cosa ivi si soffra - La liturgia cattolica |
82 |
Capo III La solennità pei fedeli defunti . |
88 |
Capo IV Invito a suffragare i defunti . |
95 |
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Appendice sulle liturgie. |
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Autorità ed antichità delle liturgie |
100 |
Liturgia cofta . |
109 |
Liturgie siriache |
111 |
Della Liturgia dei Nestoriani e di quella degli Armeni . |
112 |
Liturgie greche |
114 |
Delle liturgie latine |
116 {126 [162]} |
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delle dispense pubblicate nel corso dell'anno IV dal 1° del mese di marzo 1856 al 28 febbraio 1857. |
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La Domenica al Popolo - Fasc. 1. |
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La Bestemmia, avvertenza al Popolo - Fasc. 2. |
|
Vita di S. Pancrazio Martire, con appendice sul Santuario a lui dedicato vicino a Pianezza - Fasc. 3. |
|
Brevi considerazioni sulla conformità con la santa volontà di Dio - Fasc. 4 e 5. |
|
Conversione di Ermanno Cohen Israelita ora Padre Agostino del Ss. Sacramento, Carmelitano scalzo - Fasc. 6. |
|
Andrea, ovvero la felicità nella pietà - Fasc. 7. |
|
Trattenimenti morali intorno ai riti ed alle cerimonie della Santa Messa coll'aggiunta{127 [163]} di un Metodo per udirla con frutto - Fasc. 8 e 9. |
|
L'Angelo Custode dell' infanzia, Pensieri tratti dal libro di Claudio Arvisenet, |
|
Canonico e Vicario generale di Troyes - Fasc. 10. |
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Vita di S. Pietro Principe degli Apostoli, Primo Papa dopo Gesù Cristo - .Fasc. 11. |
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Due Conferenze tra due Ministri protestanti ed un Prete cattolico intorno al Purgatorio |
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e intorno ai suffragi dei defunti con appendice sulle Liturgie - Fasc. 12. {128 [164]} {129 [165]} {130 [166]} |
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