CENNI STORICI INTORNO ALLA VITA DELLA B. CATERINA DE-MATTEI DA RACCONIGI DELL'ORD. DELLE PEN. DI S. DOM.

PER CURA DEL SACERDOTE BOSCO GIOVANNI

 

TORINO

TIP. DELL'ORAT. DI S. FRANC. DI SALES

1862. {1 [1]} {2 [2]}

 

 

 

 

INDEX

Avvertenza  3

Capo I. Patria. - Educazione e primi atti di virtù di Caterina. 3

Capo II. Riceve da Gesù la croce. - Suo modo di pregare e di combattere le tentazioni. - Sua unione col Signore. 5

Capo III. Sue limosine. - Si palesa ognor più la sua santità. - Supera altre gravi tentazioni. 7

Capo IV. Del suo voto di verginità. - Con quali mezzi lo abbia custodito. 8

Capo V. Riceve le stimmate ed altri segni della passione di Gesù Cristo. 11

Capo VI. Alcune sue profezie. - Altri doni dal suo divino Sposo. 12

Capo VII. Gesù le cangia il cuore. - Altre maraviglie di Dio. - Sente lo stato di aridità. 12

Capo VIII. Va soggetta a gravi tentazioni da cui riesce vittoriosa. - Riceve il cingolo della castità. 13

Capo IX. Suoi figliuoli spirituali. - Conduce sulla buona strada varii peccatori. - Diverse visioni. 16

Capo X. Fondazione del convento di s. Domenico in Racconigi. - Contrarietà insorte e già prevedute da Caterina. 17

Capo XI. È accusata d'eresia e di magia. - Va a Torino a purgarsi di quest'accusa. - Sua conoscenza coi grandi del mondo. - Veste l'abito della penitenza. - Sua carità verso il prossimo. 18

Capo XII. È visitata dal conte Pico della Mirandola. 19

Capo XIII. Visione di una fonte misteriosa. - Vede le pene del purgatorio. - Suffraga molte anime. 20

Capo XIV. Contempla l'Ascensione di Gesù al cielo. - Si carica le pene del prossimo. - Opera varii miracoli. 21

Capo XV. Delle sue molte preghiere ed afflizioni pel bene della chiesa e per la salute delle anime. 22

Capo XVI. Seguita delle afflizioni patite e delle offerte fatte pel bene delle anime. 23

Capo XVII. Sua grande saviezza nel dar consigli. 24

Capo XVIII. Sua andata a Saluzzo, e quello che vi fece. - Sue cognizioni sopranaturali. 24

Capo XIX. Alcuni suoi patimenti. - Vari soccorsi dati. - Diversi miracoli da lei operati. 26

Capo XX. Suo potere sulla natura. - Prega per li suoi nemici. 27

Capo XXI. Suo privato tenor di vita. - Come si diportasse in occasione di una feroce pestilenza. - Sua umiltà. 28

Capo XXII. Come fosse a molti conosciuta la sua santità. - A pro di chi se ne serviva. - Varie tentazioni. - Alcune profezie. 29

Capo XXIII. Sostiene varie persecuzioni. - E bandita da Racconigi. - Viene ad abitare in Caramagna. 31

Capo XXIV. Va a Rodi. - Quello che ivi le occorse. - Alcune sue limosine. 32

Capo XXV. Miracoli da Caterina operati. - Maravigliose sue trasportazioni in vari luoghi. - Predizioni. 33

Capo XXVI. Sua andata alla Mirandola. - Quel che ivi le accadde. - Morte del conte Pico. - Preghiere ed apparizioni. 35

Capo XXVII. Come conosceva i segreti del cuore altrui. - Ammonizioni fatte ai peccatori. 36

Capo XXVIII. Alcune sue visioni e profezie. 37

Capo XXIX. Porge aiuto ad alcune persone. - Altre sue visioni. 38

Capo XXX. Guarigioni ottenute per sua intercessione. - Soccorsi portati ai suoi divoti. - Visioni. 38

Capo XXXI. Sue ultime azioni. Stia preziosa morte. 40

Capo XXXII. Sua sepoltura. - Sua traslazione a Garessio. - Miracoli operati dopo la sua morte per sua intercessione. 41

Capo XXXIII. Sua venerazione presso i popoli. - Sua beatificazione. - Monumenti eretti in suo onore. 42

Capo XXXIV. Suo culto in Caramagna. 42

Conclusione  44

Indice  44

 


Avvertenza

 

            Chi legge questi cenni storici intorno alle azioni della beata Caterina da Racconigi troverà certamente cose non comuni nelle vite dei santi. Al maravigliato lettore noi rispondiamo soltanto colle parole della santa scrittura: Mibilis Deus in sanctis suis, et sanctus in omnibus operibus suis. Dio è maraviglioso ne' suoi santi, e nelle sue più strepitose opere che egli compie nei suoi servi manifesta in tutte la sua infinita santità (sal. LVII, 36, CXLIV, 13). {3 [3]}

            Siccome scriviamo cose avvenute circa quattro secoli prima di noi, così noi ci siamo tenuti agli autori contemporanei, facendo eziandio conto delle osservazioni e delle memorie raccolte dagli scrittori moderni.

            Primo scrittore della vita di questa serva di Dio fu il conte Pico della Mirandola che ebbe lunghe relazioni con Caterina, ed essa passò qualche tempo in sua casa siccome a suo luogo vedremo.

            Il conte Pico essendo morto alcuni anni prima di Caterina compieva l'opera interrotta il P. Morelli domenicano, che fu poi confessore della santa. Dopo di essi scrissero intorno alla B. Caterina i padri Gabriele da Savigliano, Domenico da Bra, Razzi, Malvenda, Pio, Marchese, il canonico Giacinto Gallizia e finalmente il sacerdote A. M. Balladore paroco di Beinasco. {4 [4]} L'opera di quest'ultimo vide la luce in Savigliano nel 1847.

            Da questi celebri autori noi abbiamo ricavato quanto qui pubblichiamo; laonde chi desidera un compendio delle azioni della B. Caterina qui lo troverà colla scelta delle materie e colla mole compatibile colle nostre Letture Cattoliche.

            Coloro poi che desiderassero più copiosa esposizione dei fatti oppure scientifiche osservazioni sopra le cose che si andranno esponendo, noi li rimandiamo a consultare i sopra mentovali accreditati autori, da cui possono essere abbondantemente soddisfatti.

            Faccia Iddio che i celesti favori che da circa quattrocento anni per opera ed intercessione di questa fedele serva di Dio si ottennero a benefizio della misera umanità, non diminuiscano, ma crescano ogni giorno più come ardentemente {5 [5]} desideriamo che cresca il culto di Lei a maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime.

            Faccia Iddio che questi favori siano moltiplicati specialmente in questi tempi, affinchè possano aver pace tra loro i principi cristiani, sia estirpata l'eresia, trionfi la santa cattolica Chiesa di Gesù Cristo. Così gli uomini di tutto il mondo si radunino rispettosi intorno al Vicario di Gesù Cristo per fare di tutti un solo ovile ed un solo pastore sopra la terra per andare un giorno a godere la stessa gloria nella patria de' Beati. Così sia. {6 [6]}

 

 

Capo I. Patria. - Educazione e primi atti di virtù di Caterina.

 

            Caterina De-Mattei nacque in Racconigi l'anno di nostra salute 1486, mentre governava la santa Chiesa papa Innocenzo VIII. Suo padre era un semplice fabbro, di nome Giorgio, sua madre si chiamava Bilia. Essi ebbero dal cielo questa benedetta figliuola nel mese di giugno, e la battezzarono nell'antica chiesa parochiale di s. Giovanni, nella quale rimane ancora oggidì il medesimo fonte battesimale.

            A cagione di un disastro di guerra avvenuto in Racconigi i suoi genitori furono ridotti ad una grande miseria. {7 [7]}

            La madre non avendo latte a sufficienza, nè potendo pagare una nutrice, era costretta a mettere la povera bambina in collo ad un fratello, affinchè la portasse in cerca di latte presso alle donne che fossero in grado di poterne somministrare.

            All'età di soli cinque anni la sua divozione era già ammirabile. Provava il più grande piacere nel trattenersi a pregare avanti ad una piccola immagine di Maria SS., che aveva in sua casa.

            Cresceva Caterina con queste belle disposizioni ed era la consolazione dei suoi genitori. Ella dilettavasi di vivere ritirata in casa per poter sollevare più facilmente il suo cuore a Dio. Quando dalla finestra o dall'uscio rimirava il ciel sereno e coperto di stelle, o la terra adorna di fiori, gli alberi carichi di frutta, tosto coll'anima s'innalzava a Dio e diceva: Quanto è mai buono il Signore! Avendomi creata a sua immagine e somiglianza, è segno che egli pensa anche a me.

            Sua madre donna pia e virtuosa non {8 [8]} mancava di coltivare queste belle virtù nascenti. Fatta grandicella fu posta a tessere nastri. Questa professione piacque molto a Caterina, perchè lasciando libera la sua mente poteva pensare sovente a Dio, e spesso lodarlo.

            Iddio che si fa vedere maraviglioso ne' suoi santi incominciò di buonissima ora a mostrarsi tale in Caterina. All'età di circa cinque anni, una mattina dopo di aver udita la s. Messa, stando nella sua cameretta a pregare, vi entrò una bianchissima colomba, la quale si posò sulla sua diritta spalla. Caterina, come se già fosse maestra di spirito, dubitando che il demonio la volesse in quel modo ingannare, tosto si fece il segno della santa croce, e disse: Jesu, o Gesù. In questo istante vide uscire di becco alla colomba un luminoso raggio di luce, il quale andava terminare nella sua bocca, ed insieme udì queste parole: «Piglia, figliuola mia, e bevi questo vino. In virtù di questo liquore tu non avrai più fame nè sete delle cose del mondo; ma crescerà in te la fame {9 [9]} e la sete dell'onor di Dio, e della salute delle anime.

            Mentre gustava la dolcezza di questo liquore celeste le apparve una donna vestita di tunica bianca, con un manto nero. «Il nome di Gesù, le disse, sia sempre nel tuo cuore, o figlia mia.»

            Caterina le dimandò: «Chi siete voi, e come avete fatto ad entrare qua dentro, essendo la camera chiusa?»

            Rispose la Signora: Io sono la madre di Gesù tuo Redentore e perciò non aver paura. Io voglio che doni tutta te stessa ed ogni cosa tua al mio figliuolo.

            Caterina dimandò: Dov'è vostro figliuolo?

            Rispose Maria: Egli presto verrà, ma sappi, figlia mia, che siccome il gran freddo fa perdere la bellezza alle piante, fa perire i fiori e le frutta, così accadrebbe di te, qualora ti mancasse la grazia di mio figlio. Per questo voglio che tu gli sii unita per amore, voglio che gli doni tutta te stessa e quanto hai di più caro.

            Disse la fanciulla: Poverella come sono che mai gli posso dare? {10 [10]}

Ripigliò la Signora: Egli altro non vuole che il tuo cuore.

            Con tutta semplicità domandò Caterina: Dov'è il mio cuore? Se voi lo trovate io volentieri glielo darò.

            Maria quasi sorridendo, e mettendole la mano sul petto le disse: Qui è il tuo cuore, che darai a mio figliuolo, ogni volta che volentieri obbedirai a' suoi comandamenti, e soffrirai per amor suo ogni pena.

            In questo istante apparve Gesù Cristo in forma di fanciullo di quella età medesima in cui ella si trovava. Egli era di amabilissimo aspetto, vestito di una veste candidissima. Con lui erano pure molti angeli e santi. Fra questi eravi un Serafino con sei ali, eravi s. Gerolamo, s. Pietro e s. Caterina da Siena. Allora Maria Vergine presentò suo figliuolo a Caterina dicendole: «Questo è mio figlio Gesù, tuo Signore e Redentore. Voglio che tu lo prenda per tuo sposo.

            La fanciulla paurosamente rispose: Non mai avrò ardire di fare sì gran cosa. {11 [11]}

Disse la Regina: Non dubitare, così voglio che sia, imperocchè egli sarà il conservatore della tua verginità.

            Acconsentì allora la fanciulla dicendo: Io sono pronta a fare ogni vostro piacere.

            Rivoltasi al figliuolo la divina Madre gli disse: Io desidererei che tu prendessi Caterina per tua sposa.

            Gesù rispose: Io sono contento di sposarla, perchè essa è una perla preziosa che ho redento col mio sangue. Allora Maria si trasse dal dito minore della mano sinistra un anello d'oro, adorno di una bellissima perla. Prese quindi la mano di Gesù, e quella di Caterina e disse: Caterina, io ti sposo ora al mio figliuolo Gesù in fede, speranza e carità, e dicendo queste parole le pose l'anello nel dito. Poscia Gesù, sposo delle anime buone, esortò la sua sposa che si studiasse di piacergli sopra ogni cosa, principalmente coll'essere mansueta ed umile di cuore. Si volse quindi alla Madre e le disse che era suo volere che prendesse Caterina per sua figliuola, e ne avesse {12 [12]} cura speciale. Raccomandò al Serafino che non l'abbandonasse, anzi la custodisse diligentemente insieme coll'angelo suo custode. Le diede ancora per maestri s. Girolamo, s. Pietro e s. Caterina da Siena, i quali due ultimi Santi volle che d'allora in poi dopo Maria le facessero da padre e madre.

            Dopo questo Maria Vergine le insegnò ancora come si dovesse regolare col suo sposo; l'assicurò che simili grazie erano fatte a pochi in quella età; e perciò la esortò a non dimostrarsi ingrata di un sì gran dono, ma si studiasse di amare con tutto il suo cuore Gesù suo dolce sposo. Caterina ringraziò quanto potè Gesù e Maria, e conoscendo che da se sola non avrebbe potuto piacere al suo divino sposo, pregò la Beata Vergine dicendo: Giacchè per grazia e carità vostra vi siete degnata di ottenermi un si grande favore; io con tutta fiducia vi cerco una grazia ancora, ed è che io possa sempre dar lode al vostro figliuolo, amarlo e servirlo con tutte le mie forze. Io so che potrei per mia colpa cader dalla {13 [13]} vostra grazia, e perciò vi prego di tutto cuore, che questo giammai non mi accada. Vi supplico che vi degniate di ottenermi da vostro figlio fede, speranza, carità, timor santo ed umiltà profonda. Maria tosto le rispose: Sta di buon animo, figlia mia, imperocchè quello che tu mi domandi ti sarà per sempre concesso.

            Anche li due angeli, che le erano stati assegnati da Gesù, le dissero parole dolcissime, e fin da questo tempo cominciarono esserle assai famigliari. Quasi sempre Caterina se li sentiva presenti, e vedeva il Serafino vestito di rosso, l'angelo custode vestito di bianco. Soventi volte da essi intendeva quelle cose che doveva fare o tralasciare. Una volta un sacerdote la interrogò in qual modo e da chi avesse saputo una cosa che ella doveva fare; Caterina rispose: «Dal mio angelo vestito di bianco.» {14 [14]}

 

 

Capo II. Riceve da Gesù la croce. - Suo modo di pregare e di combattere le tentazioni. - Sua unione col Signore.

 

            La visione che Caterina ebbe circa ai sette anni fu indizio di future tribolazioni. Andando per sua divozione al convento de' frati serviti vide dipinto sul muro s. Pietro martire. Rimirando la palma gloriosa del suo martirio e le sue ferite sentivasi nascere nel cuore un vivo desiderio di morire per la fede. Si mise perciò a pregare il santo martire che l'ammaestrasse e la fortificasse nella fede; lo supplicava che le ottenesse una carità ardente a fine di poter ognora più essere cara al suo celeste sposo, ed imitarlo nelle sue afflizioni e nei suoi tormenti. Compiuta l'orazione le apparve il santo martire circondato di splendida luce, e tenendo in mano un calice pieno di sangue le disse: Prendi, mia figlia, questo calice e gusta il preziosissimo sangue di Gesù {15 [15]} Cristo; imperocchè un giorno beverai al calice della sua amara passione.» Come l'ebbe gustato venne quasi ebria per la soavità e dolcezza, e temendo di cadere si accostò al muro del convento, e disse: «Che cosa è questo, o Gesù mio? Aiutatemi affinchè io non sia ingannata dal demonio.» Ed ecco che le apparve Gesù in forma di un fanciullo di circa anni dieci, e mostrando di portare una croce in ispalla, le disse: «Non dubitare, sposa mia, che non è il demonio quello che hai veduto, ma è Pietro mio servo fedele, quel medesimo che io già ti diedi per maestro. Egli ha già bevuto il calice della mia passione sostenendo il martirio per amor mio; ed acciocchè tu pure possa rassomigliare a me ed a lui, come hai domandato, porterai questa croce per mio amore. Intanto le pose quella croce sulla spalla sinistra, e per farle coraggio soggiunse: «Da principio ti sembrerà dura e pesante, ma crescendo in te il mio amore, alla fine ti parrà soave e leggiera.» Le mostrò eziandio una corona {16 [16]} di bellissime rose e disse: «Queste afflizioni ti sembreranno rose, se le sopporterai di buona voglia.» Da questo tempo Caterina cominciò ad avere un maraviglioso ardore di patire per amor di Gesù Cristo, il quale ardore crebbe a tal punto, che ella sebbene ancor fanciulla desiderava di andare tra gli infedeli a predicare la religione di Gesù Cristo, e quivi morir martire.

            In quel tempo il demonio cominciò eziandio a tentarla fortemente, facendole accanita guerra. Ma i santi e lo stesso Gesù non mancavano di venirla a consolare, e a renderla ognor più forte. Una volta Gesù le disse: «Grandi molestie soffrirai dai demoni, ma non dubitare che resterai sempre vittoriosa.» Ella rispose: Gesù speranza mia, non ista in me il poter resistere e vincere, ma dipende dalla vostra grazia. Tanto io varrò contro al demonio, quanto vorrete che io valga.»

            Gesù Cristo si era fatto con lei molto famigliare. Sovente le appariva per darle utili ammaestramenti. Una volta le insegnò a distinguere gli spiriti buoni {17 [17]} dai cattivi quando le venissero innanzi. Le diceva adunque che i demoni alcune volte si presentano come angeli di luce per seminare il falso sotto il colore della verità, ed il vizio sotto sembianza della virtù; che da principio erano soliti mettere nell'animo di colui che volevano ingannare sensi d'allegrezza, alla quale seguitava tosto tristezza ed affanno; che al contrario gli spiriti buoni dopo un santo timore portavano allegrezza e serenità. Che inoltre osservasse bene che quantunque belli e vaghi appariscano talvolta gli spiriti cattivi, tuttavia conservano sempre un piglio fiero e superbo; che all'opposto gli spiriti buoni si mostravano sempre modesti e mansueti.

            In que' medesimi suoi teneri anni la sua mente già cominciava a conversare ne' cieli. Sullo stesso lavoro ella sollevava da questa terra i suoi pensieri, e da ogni cosa prendeva occasione di meditare. Quando montava i gradini della scala, nel più basso ella meditava la viltà e bassezza del peccato, e di mano in mano che saliva {18 [18]} più in alto, considerava gli ordini delle virtù, fino a tanto che giunta in camera si metteva a meditare la bellezza e la dignità dell'anima quando possiede la grazia di Dio, ed il posto sublime che il Signore le tiene preparato in Cielo.

            Vedendo le immagini dei santi ella tosto si poneva a meditare le loro virtù, e s'infiammava di desiderio d'imitarli. Una volta s'imbattè in una immagine di s. Caterina da Siena, e vedendo come questa santa tenesse il crocifisso ed un bianco giglio nella mano destra, e nella sinistra il cuore elevato, andava meditando, e tra se stessa diceva: «Pel giglio si deve intendere la purità, pel crocifisso la continua memoria della passione di Gesù, e pel cuore elevato si deve intendere il vero distaccamento dalle cose di questa terra.» Intanto pregava la santa che le ottenesse la grazia d'imitarla.

            L'anno seguente, (1495) attendendo ella a lavorare nella sua arte, pensava alla grande povertà in cui si trovava sua madre, e quanto patisse per questa cagione. {19 [19]} Commossa da questo pensiero si mise a piangere, e rivolta all'amato suo sposo Gesù, gli raccomandò la propria casa con tanto affetto che ottenne abbondante soccorso in modo affatto prodigioso.

            Intorno al medesimo tempo accadde, che avendo ella rotto un piatto fu dalla madre sgridata, ed anche minacciata di castigo se mai per l'avvenire le fosse accaduto un altro caso simile. Ma apparecchiando un giorno la tavola lasciò cadere un vaso di vetro, che andò in minimi pezzi. Caterina ricordandosi delle minacce della madre si mise a piangere, e a pregare Gesù e la Madre celeste, che l'aiutassero, e ne fu esaudita. Imperciocchè in modo eziandio prodigioso potè riparare al guasto avvenuto senza che la madre se ne accorgesse.

            Una volta Giorgio suo padre aveva minacciata ed anche battuta la moglie, perchè non aveva troppo bene apparecchiata la cena l’ultimo giorno di carnovale. Caterina fu grandemente addolorata, e pianse quasi fino al mattino, {20 [20]} che era il primo giorno di quaresima. Essendo poi essa sola in casa, perchè la madre si era ritirata presso di un suo fratello, giunta l'ora del pranzo voleva mettersi a mangiare, ma le grosse lagrime, che le cadevano dagli occhi, la impedivano. Intanto rivolgeva affettuosi sospiri a Gesù, sperando di essere da lui aiutata e consolata. In questo tempo vide entrare e venire da lei un giovinetto di circa quattordici anni, il quale dopo averla salutata, le dimandò perchè tanto piangesse. Caterina gli narrò quanto era avvenuto in sua casa. Allora egli la consolò con queste parole: «Sta di buon animo, perchè tu sarai liberata da tutti i pericoli, ed io non ti mancherò nelle tue necessità. E sebbene tua madre, per amore della quale ora tu t'affliggi, sia tribolata, tuttavia fra breve sarà soccorsa.»

            Il giovanetto ossia Gesù che in quella forma le era apparso per confortarla vie maggiormente, fattosi vicino alla mensa, la benedisse; quindi prese colle sante sue mani un pane, lo ruppe e con volto sereno ed allegro invitò Caterina {21 [21]} a mangiare. D'allora in poi in memoria di questo fatto, ella per quanto le era possibile, non mai tagliava il pane, ma sempre lo rompeva colle mani.

 

 

Capo III. Sue limosine. - Si palesa ognor più la sua santità. - Supera altre gravi tentazioni.

 

            Di nove anni le accadde di fare limosina, senza conoscerla, a s. Caterina da Siena, la quale a lei si era presentata sotto sembianza di una giovine mendicante. Ecco il fatto. Era un giorno di sabato, e Caterina secondo il suo solito aveva digiunato in onore di Maria Santissima. Essendo poi giunta l'ora del pranzo, e sentendosi bisogno di ristorarsi, Caterina andò al forno dove sua madre in quel giorno si trovava a cuocere pane, e le dimandò un pane. Ricevutolo, mentre ritornava a casa s'incontrò in una povera giovinetta di dieci o dodici anni, mal vestita, che dimandò la carità. Caterina temendo {22 [22]} forse di sua madre le disse che avesse pazienza di aspettare fin tanto che il pane fosse cotto, che sua madre gliene avrebbe poi dato, ed intanto prosegui il suo cammino. Ma tosto la prese un grande rimorso, e diceva a se stessa; «Ohimè: che carità è questa mia? Che compassione ho io dei poveri ? Se mi trovassi io in quello stato, avrei piacere che mi fosse così risposto? Óra io sto per mangiare questo pane, e intanto quella povera fanciulla soffre di fame.» Con questi pensieri subito ritornò indietro pregando Iddio che le facesse ritrovare quella povera fanciulla. Ritrovata che l'ebbe le disse: «Sorella mia, perdonatemi; io sono stata molto crudele con voi: ecco ora il pane che mi avete domandato per amore di Dio; volentieri io ve lo do per amor suo.» Allora quella fanciulla ne ruppe un tozzo, e le restituì il rimanente dicendo: «Io ricevo questo poco per amor di Dio, e cotesto ti restituisco per lo stesso amore.» In quel punto Caterina provò una dolcezza celeste mangiando quel pane; e seppe {23 [23]} poi essere santa Caterina da Siena, che le era apparsa in quella forma. Non è maraviglia che il demonio invidioso di tanti doni, che ella riceveva dal Signore, cercasse ogni modo per farla traviare dal diritto cammino della virtù con fiere tentazioni. Stando ella un giorno di domenica nella chiesa dei frati serviti ad ascoltare la s. Messa, nell'istante della consacrazione le si presentò un demonio in figura d'uomo, dicendo: «Perchè vuoi tu fare riverenza ad un poco di farina bagnata con acqua? Se tu stimi che ivi sia Gesù t'inganni grandemente, e sei ben goffa se credi tal cosa.» Il che udito la buona fanciulla, tutta paurosa si volse al suo Gesù, e gli disse: «Che cosa è mai questa tentazione, o mio buon Signore? Io vi prego che vi degniate di aiutarmi, affinchè non cada dalla vera fede. Voi siete somma luce, voi verità eterna, nella quale non vi può essere errore di alcuna sorta. Di questo ed ogni altro articolo di fede io credo fermamente tutto quello che voi e la vostra s. Chiesa mi avete insegnato, e non crederò giammai {24 [24]} le sciocchezze di questo tentatore.» Alzati quindi gli occhi vide sopra dell'altare Gesù in forma di fanciullo di circa tre anni, e dalle sue cinque piaghe gocciolare il sangue nel calice.

            Si finse un'altra volta il demonio di essere un angelo mandato da Dio, e presentatosi a Caterina le disse che lo adorasse. Ma essa, conosciuto l'ingannatore, gli rispose: se tu fossi veramente quello che dici non cercheresti da me tale onore, anzi vorresti che solamente Iddio fosse adorato. Non fingere adunque; veggo bene che tu sei uno caduto dal cielo; se tu sei ostinato nell'antica tua superbia, va al luogo dove quella è condannata.»

            Vennero altra volta due altri di questi spiriti malvagi dicendo che essi erano martiri; mostravano il posto delle loro ferite, e volevano essere venerati. Ma li conobbe la verginella, e tosto li cacciò direndo: «Voi siete martiri non già della fede, ma dell'inferno, e ben potete gloriarvi delle vostre pene, perchè tutte le merita la {25 [25]} vostra superbia.» Per questa risposta anch'essi la lasciarono in pace.

            Intanto fin da questi suoi primi anni cominciò ad essere conosciuta la sua santità anche miracolosamente. Un mattino di buonissima ora un santo sacerdote stava a pregare. Mentre trovavasi assorto in Dio, e ne contemplava la bellezza, il suo angelo custode gli disse che discendesse da quel grado di contemplazione, ed avrebbe veduto una mirabile creatura.

            Il sacerdote rispose: «Mi rincresce dover lasciare Dio per vedere una creatura; tuttavia se tale è la volontà del Signore, così voglio fare.» E ritornato ai sensi vide una fanciulla di dieci anni, vestita di una veste tutta risplendente. Il buon servo di Dio tosto le dimandò chi ella fosse. Essa rispose: «Io sono Caterina da Racconigi, povera di beni temporali, ma dall'Onnipotente Iddio arricchita di beni spirituali. Vi prego intanto che vi ricordiate di me nelle vostre preghiere, affinchè io abbia dal cielo quegli aiuti che mi sono necessari. È per questo motivo {26 [26]} che io sono stata qui condotta.» Ciò detto sparve. Quel medesimo sacerdote raccontò questo fatto ad un suo amico, il quale venuto da Caterina la pregò che gli dicesse il modo con cui si era introdotta in quel luogo. Dopo molte istanze Caterina rispose: «Non so altro se non che un angelo mi ha in quel luogo condotta.»

            Una creatura sì cara a Dio non ci maraviglia che molto potesse fare colle sue preghiere. Una volta in questi anni stessi sentì per voce soprannaturale, che sarebbe caduta la grandine, ed avrebbe rovinale le campagne, se ella colle sue preghiere non avesse posto impedimento, e non avesse costretto il Signore a risparmiare quel suo castigo allora necessario. Tanto possono le preghiere di un'anima santa!

            Era sui tredici anni allorachè trovandosi sola in casa vide stare all'uscio un bellissimo giovane. Faceva grande freddo, ed egli era scalzo, e adosso non aveva che una misera veste senza maniche. Le disse il giovanetto; {27 [27]} «Datemi qualche cosa per amor di Dio.»

            Rispose Caterina: Come voi potete vedere, noi siamo male agiati delle cose del mondo; tuttavia quello che abbiamo tutto è di Dio, e perciò anche di questo poco dobbiamo far parte a' suoi poveri» e soggiunse: aspettate un momento. Entrata in camera si pose a cercare e trovò una camicia di suo fratello, che forse aveva fatta ella stessa, e tosto la portò a quel mendico, il quale ricevutala disse: «Per questa ti sarà data una veste tale, che non mai ti verrà meno.»

            Domandò Caterina: che cosa volesse dire, una veste tale che non mai le sarebbe venuta meno?

            Ed egli rispose: «Ti sarà data una libera carità.»

            Ma, ripigliò Caterina, che vuol dire libera carità?

            Ed egli: «Vuol dire che tu servirai a Dio non per un timore servile, ma per solo amore, avrai maggior rispetto a Dio che alle creature.» Ciò detto sparì. {28 [28]}

 

 

Capo IV. Del suo voto di verginità. - Con quali mezzi lo abbia custodito.

 

            Circa quel tempo essendo andata in chiesa udì un predicatore, che faceva il panegirico di s. Caterina da Siena, di cui in quel giorno occorreva la festa. Giunta poi a casa, entrò in sua camera e si mise a pregare con grande fervore, e versando copiose lagrime accusava la sua negligenza usata sino allora nel servizio di Dio. Sentendosi stimolata da un grande amor di Dio, chiamò in suo aiuto Gesù Cristo, la vergine Maria, e s. Caterina, pregandoli di tutto cuore che l'assistessero nell'offerta, che desiderava di fare, e disse: Ecco che io mi offro tutta al Padre celeste, a Gesù suo unigenito figlio, e sposo diletto dell'anima mia, allo Spirito Santo ed a Maria regina delle Vergini. Sì a Voi io fo voto stabile e fermo di conservare la mia verginità per sempre. Rivoltasi poscia in ispecial modo alla beata Vergine, {29 [29]} disse: Siccome, Maria, carissima mia madre: io sono una creatura debole, ed incapace da me sola a conservare un sì grande tesoro, così io mi abbandono tutta nelle vostre mani, e vi prego con tutta l'anima mia che mi aiutiate a conservarmi sempre pura da ogni macchia. Di questo voto che io fo voglio ancora che siano testimoni tutti gli angeli e santi del cielo, e specialmente s. Pietro, s. Girolamo e s. Caterina da Siena. Dopo questo voto ella rimase piena di contentezza.

            La notte appresso le apparve s. Caterina da Siena circondata di viva luce, tenendo in mano due bellissime rose, una bianca e l'altra ressa, e l'assicurò che il suo voto molto era piaciuto a Gesù ed a Maria, i quali l'avrebbero sempre aiutata a conservare il suo cuore casto e vergine. Le disse come il suo sposo le mandava quelle due rose, la rossa le avrebbe ricordato la carità ardentissima che Gesù aveva fatto vedere non solamente a Lei, ma a tutto il genere umano, quando sparse il sangue per la salute di tutti. La rosa {30 [30]} bianca poi le avrebbe richiamato alla mente la purità ed innocenza in cui doveva conservare il suo cuore, perchè fosse degno di Gesù. Datale quindi la santa benedizione sparve lasciando nella sua camera un odore di Paradiso. La notte seguente le apparve ancora s. Pietro; lodò parimenti il voto che aveva fatto; e le predisse molte tentazioni che avrebbe dovuto sostenere. Ma in fine la consolò assicurandola che sarebbe stata assistita e protetta dagli angeli e dai santi del cielo.

            D'allora in poi sia per attendere più comodamente alla preghiera, sia per custodire sempre meglio la purezza del suo cuore, cominciò a desiderare più vivamente la ritiratezza e la solitudine. Il conversare colla gente le era venuto in tanto fastidio, che ella lo fuggiva con ogni suo potere, eccetto che l'onore di Dio ed il bene del prossimo l'avessero costretta a fare altrimenti.

            Quello che le aveva predetto s. Pietro non mancò di avverarsi; imperocchè {31 [31]} essendo ella nei quattordici anni, un giorno mentre pregava le apparvero due spiriti maligni in forma umana. Caterina rimase piena di paura, e tosto si raccomandò a Gesù sua speranza. Uno di quei maligni prese a dirle: «È meglio che ti dia al buon tempo, e lasci andare il folle proposito della verginità; poichè tu sei già nostra.» Ed ella rispose: «Lo so che io non sono degna della mia salute; ma siccome non sento in me alcun rimorso di peccato mortale, così non debbo abbandonarmi alla disperazione, come tu mi dici, anzi debbo tutta riporre la mia speranza nell'infinita misericordia di Dio, della quale tu per la tua superbia ed ostinazione ti sei reso indegno per sempre. In quanto poi alla verginità io la voglio conservare colla maggior vigilanza che mi sia possibile, e ciò spero di fare coll'aiuto di colui che mi conforta.» Ma quei sozzi non soddisfatti di queste parole cominciarono a dire e fare alla sua presenza cose immodeste. Allora Caterina presa da grande orrore disse: «In nome {32 [32]} della mia speranza Gesù Cristo, e della gloriosa Vergine Maria, vi comando di allontanarvi da questo luogo subitamente.» E così dicendo fece segno di percuoterli, ed essi confusi subito scomparvero.

            Ma non solamente dai demoni, ma ancora dagli uomini sostenne diverse battaglie, le quali durarono molti anni: Da tutti questi combattimenti desiderando ella di uscir vincitrice, un giorno in chiesa pregava con grande fervore san Girolamo che l'aiutasse. Questi tosto le apparve, a nome della SS. Trinità le diede la santa benedizione, e l'assicurò che avrebbe ricevuto lo Spirito Santo. Uscita poscia dalla chiesa s'incontrò in visione con Gesù Cristo, il quale aveva per comitiva ventiquattro fra angeli, apostoli e martiri. Appena l'ebbe veduto, Caterina si prostrò a terra, ed incrocicchiate le braccia esclamò: «O bone Jesu, o sposo mio dolce, o salute dell'anima mia!» Allora il benigno Signore pigliandola per la mano l'alzò da terra dicendole: «Che vuoi tu da me, sposa mia? Caterina: {33 [33]} «Fatemi la grazia che io ad onore e gloria vostra possa superare tutti gli assalti de' miei nemici.» Gesù soggiunse: «Tutto supererai colla virtù della pazienza.» E così dicendo le presentò una grossa croce. Ella disse: «Signor mio, speranza mia, delizia del mio cuore, io volentieri porto la croce per vostro amore, e sono sicura che voi non mi abbandonerete, poichè in voi ho collocata ogni mia speranza.» Accorgendosi che ogni dì più accrescevano le insidie e le tentazioni contro alla sua purità, invocava molti e diversi santi sopratutto nelle loro feste e di tutto cuore li pregava che intercedessero per lei.

            Occorrendo la festa di santo Stefano protomartire, Caterina si levò innanzi giorno e andò a pregare il santo che si degnasse di conservare la sua purità in quel modo che egli aveva conservata la propria quando dagli Apostoli fu eletto al ministero del diaconato. Ella gli esponeva come fosse ancora giovanetta, debole ed agitata da varie tribolazioni; che molti uomini {34 [34]} disonesti le tendevano grandi insidie, le facevano cattivi discorsi e le davano forti assalti. In fine gli diceva che era molto tormentata dai demonj; che avrebbe piuttosto desiderato di morire che di avere ancora a vivere in mezzo a tanti pericoli e di anima e di corpo. Dicendo queste e più altre parole piangeva dirottamente.

            Santo Stefano circondato da splendore celeste le apparve e la confortò dicendole: «O sorella, non piangere, ma consolati, perchè Iddio ha esaudito le tue preghiere. Tu per grazia di Dio sarai liberata dalle tentazioni contro alla virtù della modestia. Ora apparecchiati a ricevere lo Spirito Santo.»

            Quando ebbe intese queste parole Caterina si prostrò a terra ginocchioni piangendo più di prima e disse al santo: «Ma perchè mi chiamate sorella, mentre che io sono una miserabile creatura piena di peccati? Perchè mi dite che io mi prepari a ricevere lo Spirito Santo? Deh! chi sono io nella quale possa abitare un ospite si grande? In che modo mi potrò io apparecchiare, {35 [35]} priva come sono d'ogni virtù? Da Dio dipende ogni mio apparecchio; senza del suo aiuto non potrò prepararmi degnamente.» In quel momento sopravvenne il Serafino datole fin dalla sua puerizia per custode, e con queste parole la confortò: «La conservazione della tua verginità, che con tante lagrime hai domandato al Signore, l'hai ottenuta. Ora apparecchiati a ricevere lo Spirito Santo.» Terminate queste parole, ecco venire dal cielo un maraviglioso splendore con tre raggi, il quale si pose sul capo di Caterina, e le infuse nel cuore una dolcezza inesprimibile, ed un ardore si grande che le pareva di bruciare. In quell'istante udi pure queste parole: «Io sono venuto ad abitare in te a fine di purgare, illuminare, accendere il tuo cuore e dargli vita.»

            Dopo questo maraviglioso fatto, le rimase nel volto un misto di bianco e di rosso, e da esso traspariva una specie di splendore. Le sue vicine grandemente maravigliate e pensando che ella usasse qualche industria le domandavano {36 [36]} che cosa adoperasse per divenire così risplendente. Ella sorridendo rispondeva, che non usava altro che un poco di pane, accennando al SS. Sacramento dell'Eucaristia, che le colorava l'anima di bianco e di rosso. Ma assai maggiori erano le meraviglie che ne facevano quei della famiglia, i quali sapevano che ella non adoperava alcun mezzo, anzi digiunava frequentemente a pane ed acqua, e sovente prolungava il pranzo sino alla sera. Per molti anni ella digiunò a pane ed acqua tutto il tempo dell'avvento, fuori della domenica. Lo stesso faceva nella quaresima, e non di rado stava anche un giorno intiero senza nè mangiare, nè bere. Questo suo digiuno giunse poi a tale rigore da prendere cibo solamente tre volte alla settimana. Tutte queste austerità erano da lei usate col fine di perdere la sua naturale bellezza, forte temendo di essere per qualcuno occasione di peccato. È quasi che questa rigidezza non fosse ancora bastante si cingeva ai fianchi una dura corda, che dopo qualche tempo cangiò in cingolo {37 [37]} di ferro, e sì stretto lo teneva che le si addentrò nella carne. Portava ancora un aspro e forte cilicio, che mai non depose fuorchè negli ultimi anni di sua vita, quando per la sua vecchiezza le cominciavano venir meno le forze.

            Il suo esercizio di preghiera e di meditazione le giovò molto a conservarsi pura da ogni macchia, così che il suo padre spirituale potè poi attestare che ella non aveva mai commessa colpa grave in tutta la sua vita. L'anno quindicesimo di sua età trovandosi inferma andava considerando i molti e gravi pericoli, e paragonava se stessa ad un'erba verde e fiorita, la quale tostochè è toccata dalla falce, o dai troppo cocenti raggi del sole, ingiallisce e muore; e intanto andava fra se stessa dicendo: «Io, giovane florida come sono e di vivo colore, quando venisse la morte, diverrei putrida e fetente; e peggio poi mi accadrebbe qualora pel peccato mortale fossi da Dio divisa ed allontanata. Ahi! meschina me! come diventerei deforme e puzzolente alla presenza di Dio e dei santi!» {38 [38]} Piena di fede e di santo timore aggiungeva: «O Dio mio, o Speranza mia, o Madre della misericordia, o santi miei angeli custodi, datemi aiuto. Vengami ogni male, ed anche la morte, ma non mi accada mai la disgrazia di fare un peccato mortale.»

            Per meglio custodire la bella virtù della purità desiderava di vestire presto l'abito di religiosa, come le era stato predetto da Maria Santissima nei suoi primi anni. Ed appunto in questo tempo ella previde per quale via sarebbe riuscita a vestire quest'abito cotanto desiderato, e predisse la fondazione di un convento dei padri domenicani, sebbene in allora non vi fosse alcun indizio di tale fondazione. Ella si confessava dal P. Alessandro dei servi di Maria. Questi un giorno udito che desiderava di prendere l'abito di religione stando tuttavia in sua casa, le offerse l'abito delle sorelle del suo ordine. Ed ella rispose: «Io voglio vestire l'abito dell'ordine di s. Domenico.»

            Riprese il padre: «Voi ben sapete {39 [39]} che qui non esiste alcun convento di quest'ordine.

            Soggiunse Caterina: «Iddio farà bene che vi sia.» Ed ecco il modo in cui ella venne a ciò sapere. Fu condotta in ispirito al luogo in cui fu poi fabbricato il convento. Quivi ella vide Gesù Cristo, che le disse, quello essere il luogo destinato per la fondazione del convento. Caterina piena di maraviglia gli domandò: «O Speranza mia, come può essere questo, essendo Racconigi in tanta povertà, ed essendovi già molte altre case religiose?»

            Rispose Gesù: «Claudio signore di questa terra gli darà principio col mio aiuto e favore.» Il P. Alessandro quando vide che questa profezia cominciava ad avverarsi raccontò poi ogni cosa al signor Claudio, il quale cominciò a prendere grande stima della santità di Caterina. {40 [40]}

 

 

Capo V. Riceve le stimmate ed altri segni della passione di Gesù Cristo.

 

            Un giorno di Pentecoste ella stava considerando come l'anima che serva a Dio con purità sincera sia fatta degna di ricevere i doni dello Spirito Sauto siccome gli apostoli. Essi essendo dapprima sì vili, e senza onori, furono tuttavia per quel dono levati a tanta altezza, che la Chiesa non dubita di chiamarli principi del mondo.

            Ella ricevette più volte in modo sensibile i doni dello Spirito Santo, e fra gli altri in modo speciale quello della scienza che la rese capace di rispondere alle più elevate questioni di religione.

            Intanto il suo vivo desiderio di patire per amore di Gesù Cristo cresceva ogni dì più. Nell'anno ventesimo quarto della sua età, il terzo giorno dopo pasqua, circa l'aurora, meditava il mistero della lunga orazione e del sudor di sangue di Gesù Cristo nell'orto, e intanto pregava caldamente il suo sposo {41 [41]} Gesù che le facesse la grazia di potere a lui rassomigliare ne' suoi patimenti. Ed ecco che Gesù le apparve vestito di una veste di rosso acceso, e tutto risplendente di maravigliosi raggi di luce, che uscivano specialmente dalle sacrosante sue piaghe. Così le prese a parlare Gesù: «Sposa mia, grande è il tuo desiderio di patire; ma tu non conosci bene le deboli tue forze.» Rispose Caterina: «O Speranza mia, le forze mie sono poggio che nulla, nè da me potrei cosa alcuna senza l'onnipotente vostro aiuto.» Per questa sua grande carità ed umiltà meritò di sentirsi da Gesù Cristo queste parole: «La tua fede grande merita di essere esaltata; e perciò io sono contento di darti quei dolori che io ho patito nelle mani e ne' piedi.» Stese quindi le sue sante mani verso quelle di Caterina, uscì dalle sue sagrosante piaghe come una spina di sangue, che trapassò le mani della sua sposa diletta. Il simile fu fatto ai piedi con tale patimento, che ella sì sentiva mancare le forze per la violenza del dolore. Le rimasero allora {42 [42]} nelle mani e nei piedi i segni delle piaghe. Questi segni della passione di Gesù Cristo furono per qualche tempo visibili, e molte persone dopo la morte di Caterina deposero sotto giuramento che avevano veduto queste stimmate nel suo corpo.

            La sua umiltà la costrinse a chiedere a Dio la grazia che questi segni fossero occulti, il che ottenne, ma tuttavia le mani le restarono così addolorate e deboli che ella a grande stento poteva attendere all'arte del tessere, e ad altri servizi domestici. Soffriva nel suo corpo tutti i tormenti del Redentore; imperciocchè oltre alle stimmate nelle mani e nei piedi aveva ancora quella del costato, e la corona di spine, la quale le cagionava dolore sì grande, che non poteva fare che gli astanti non si accorgessero del suo male. Alcune volte poi era sì copioso il sangue che le usciva, che ne rimaneva bagnata non solamente la sottana, ma anche la tonaca bianca. Una volta aveva dato questa veste a' suoi di famiglia affinchè la lavassero. Essi che già conoscevano {43 [43]} la santità di Caterina pensavano di ritenersi quella sua veste per divozione, e cambiarla con un'altra somigliante. Caterina accortasi del loro pio inganno non volle ciò permettere ma tanto fece e tanto disse che queglino furono costretti a renderla.

 

 

Capo VI. Alcune sue profezie. - Altri doni dal suo divino Sposo.

 

            Non deve far maraviglia che un'anima, colla quale Iddio usava tale famigliarità, avesse il dono di profezia. Ella predisse le guerre del Piemonte le quali dovevano succedere venticinque anni dopo. Ella diceva che la cagione di queste guerre erano i peccati dei Piemontesi, e specialmente l'ignoranza nelle cose di religione, e la loro poca fede.

            Altri doni le fece ancora il Signore. Essendo inferma nel giorno dell'esaltazione di Santa Croce le apparve Gesù con due angeli, i quali gli andavano {44 [44]} innanzi portando una grande croce. Gesù prese questa croce la pose sulla sinistra spalla di Caterina con queste parole: «Questa è la croce, o sposa mia, che non ti mancherà più per tutto il tempo della vita. Essa ti parrà pesante, ma ti sarà tanto più gloriosa.» Caterina d'allora in poi sentiva sempre il peso di questa croce, che le dava grave dolore, e le sue compagne attestano d'aver sovente veduto il segno di tale gravezza.

            In un'altra visione vide il Salvatore in atto di salire al Calvario, e lo vedeva a venir meno e stramazzare per terra sotto la pesante croce. Caterina corse verso di lui per compassione desiderando di aiutarlo, e gli disse: «O Signor mio Gesù, io sono quella che per i miei peccati devo portare la croce e non voi che siete agnello immacolato.» A lei rivoltosi Gesù con volto amorevole rispose: «O figliuola mia, la croce non ti mancherà sino alla morte; non ti mancheranno pene, affanni e malattie, le quali ti faranno molto patire; ma col mio aiuto riuscirai {45 [45]} vittoriosa; porta adunque di buon animo questa croce per amor mio.» Così dicendo le pose la croce sulle spalle. Dissegli Caterina: «Signor mio, mi sono già offerta a voi ed ora di nuovo a voi mi offro, voglio far sempre la vostra santa volontà; ma senza del vostro possente aiuto non è possibile, o speranza mia, che io sopporti con pazienza pene così gravi; e perciò, Gesù mio, io vi prego che siate il mio direttore e maestro in ogni giorno della mia vita.» Dal giorno in cui Caterina ricevette questa croce non fu mai più senza dolori e pene. Le si rinnovò pure il desiderio di andare tra gli infedeli a propagare la fede, nel qual proposito duro molti mesi, finchè non trovando modo di effettuarlo depose non senza grave rincrescimento quel suo pensiero.

            Una volta avendo passato il giorno di San Michele oppressa dai dolori, e la notte seguente stando a meditare la passione di Gesù Cristo, se le presentarono due angeli risplendenti, i quali portavano in mano una stola {46 [46]} bianca, la quale era per ogni parte coperta di croci. Dissero a Caterina: «Da parte di Dio ti portiamo questa stola. Tu sarai sempre in grande amarezza fino alla morte, e di ogni cosa ti contristerai.» Come l'ebbe ricevuta rispose umilmente: «Sia fatta la volontà di Dio.»

 

 

Capo VII. Gesù le cangia il cuore. - Altre maraviglie di Dio. - Sente lo stato di aridità.

 

            Caterina non aveva più oggimai alcun altro pensiero, se non quello di amare Iddio ed il suo prossimo; e ardeva di desiderio d'aver un cuor puro e santo per tutto offrirlo al suo caro Gesù. Tanta era la sua sollecitudine di questa mondezza di cuore, che si poteva vedere anche nella cura e diligenza, che ella usava nel tenere ogni cosa pulita così negli abiti, come nella casa. Lo Spirito Santo dice che la pulitezza esteriore dimostra quale sia la purezza dell'anima. {47 [47]}

            Una volta adunque di buonissima ora stando ella in orazione le apparve Gesù con molti santi tra i quali s. Domenico, s. Caterina da Siena, e s. Pietro martire. Quest'ultimo apertole il lato sinistro tra una costa e l'altra le trasse fuori il cuore con dolore sì grande, che Caterina ne fu quasi per morire. Essendosi poscia rinvenuta vide che il santo martire tenendo in mano il suo cuore mostrava come fosse tutto livido e terreno, salvo quella parte dove erano con caratteri d'argento scritte queste parole: Iesus Spes mea. Veduto il suo cuore in quello stato Caterina restò piena di timore, e tosto domandò al santo se in due altre volte, in cui ella per ministero degli angeli aveva veduto il suo cuore chiaro e puro, non vi fosse stato alcun inganno diabolico. A cui s. Pietro rispose: «Non dubitare, perchè quelle furono vere visioni; ma allora il cuore ti pareva chiaro e puro per difetto di lume soprannaturale, che ancora non avevi. Nello stesso modo pare netta una casa dov'è poco lume; ma fa che {48 [48]} vi entri per la finestra uno spiraglio di sole, e vedrai tanta polvere che prima non si vedeva. Considera adunque come tu abbisogni di purità per rassomigliarti al tuo sposo celeste, che è luce, splendore del mondo e specchio senza macchia.» Quindi cogli altri santi rivoltosi al Salvatore lo pregò di voler rendere quel cuore mondo da ogni macchia. Gesù con volto benigno vi acconsentì. Caterina allora si fece tutta lieta, ed essa pure osò pregarlo con molte lagrime, che puro le rendesse il cuore. Gesù esaudì la sua diletta e datale la santa benedizione se ne partì. Allora Caterina fu presa da sì grande dolore, che pareva vicina a morire. Accorsero tosto quei di famiglia, e dubitando che ella non fosse più per riaversi mandarono pel sacerdote, che subito venisse ad ascoltare la sua confessione e raccomandarle l'anima come si usa. coi moribondi. Venne il sacerdote; ma vedendo che Caterina per niun modo cangiava colore nel volto, anzi era così vivace, come se avesse nessun male, fu pieno {49 [49]} di maraviglia, e sospettò che l'infermità procedesse da ben altra cagione. Pertanto le comandò che gli manifestasse il tutto. Caterina costretta dall'ubbidienza con grande suo rossore gli narrò il segreto maraviglioso. Questo avvenne nell'anno ventesimo sesto dell'età sua ai 3 d'agosto nel 1512.

            Il Signore volle pure che ella provasse lo stato di aridità spirituale, per cui l'anima si trova in tale oscurità e malinconia, che le pare d'essere in disgrazia di Dio. Questa è una prova dolorosa che usa Iddio verso le anime anche buone per renderle sempre più belle e perfette. Essendo ella adunque in questo stato, temendo d'aver perduta la grazia del suo Gesù, se ne stava in grande afflizione. Ma ecco che le apparve Gesù Cristo, il quale le disse: «Che cosa vai cercando, sposa mia? Rispose Caterina: «O mia Speranza, ben conoscete il mio cuore, che non cerca altro che voi. Io non bramo che la vostra grazia, senza la quale l'anima mia non può essere contenta. E perchè. Signore, vi siete per sì lungo {50 [50]} tempo da me allontanato? Se voi avete ciò fatto per qualche offesa da me ricevuta, vi prego di manifestarmela, perchè io sono pronta a farne la penitenza, e soffrire tutto quello che potranno le mie forze.» Soggiunse Gesù: «Io l'ho fatto per vedere con che diligenza e con che dolore mi avresti cercato.» Riprese Caterina: «O Signore, e non conoscevate già ogni cosa? che bisogno avevate di fare tale sperimento? Non vi è noto il mio cuore, non sapete che nel vostro aiuto io ho collocato ogni mia speranza, e vi tengo per mio rifugio, per mio conforto?» Ripigliò Gesù: «Io già ben conosceva ogni cosa, ma ho voluto che tu pure conoscessi te stessa, conoscessi la preziosità della mia grazia, e così ti studiassi di conservarla con maggiore dir ligenza.» Ciò detto, sparve, lasciando Caterina piena di contentezza celeste. {51 [51]}

 

 

Capo VIII. Va soggetta a gravi tentazioni da cui riesce vittoriosa. - Riceve il cingolo della castità.

 

            Con grandi mortificazioni e penitenze cercava Caterina di perdere quella bellezza, che aveva ricevuto dalla natura, ma nulla valeva; tanta era la bellezza dell'anima sua che sul volto ancora le traspariva. Molti perciò tendevano insidie alla sua onestà, le facevano ricche promesse, sperando di smuoverla dal suo proposito; ma ella con savie risposte tosto toglieva loro ogni speranza. Solamente un cotale avendo fatto proponimento di vincere la costanza di Caterina per ben sei anni le diede continue molestie, ora egli stesso, ora per mezzo di altri. Una volta essendo ella uscita per attingere acqua ad un pozzo assai vicino, costui le andava attorno facendole cattivi discorsi. Sdegnata allora Caterina, alzò gli occhi al cielo pregando Iddio che le togliesse d'attorno quella noia. Rivolta quindi {52 [52]} a quell’uomo infame così gli parlò: «Io mi maraviglio del fatto vostro, voi vi riputate uomo d'onore, ma parmi che siate peggiore di un demonio, imperciocchè sono sei anni che non mi lasciate in pace, anzi cresce ogni dì più la vostra frenesia. Pensate voi forse che io sia così priva di buon senno da porre una miserabile creatura, quale voi siete, innanzi al mia Creatore? Eleggerei essere priva di qualunque cosa, e che il mio cibo fossero erbe crude, piuttostochè offendere il mio Signore. Io lo prego ora che mi faccia morire innanzi che io l'offenda. Levatevi di qui, e non abbiate mai più l'ardire di parlarmi in questo modo.»

            Quegli si partì di fatto, nè mai più osò molestarla; anzi d'allora in poi l'ebbe in grande stima lodando con tutti la sua fermezza veramente cristiana.

            Ma con grande suo rincrescimento vedendo Caterina che la sua bellezza era altrui occasione di peccato pregò di cuore il Signore che gliela volesse far perdere. Fu esaudita; il suo volto {53 [53]} soffrì in breve tempo tale cangiamento, che molti de' suoi famigliari ne rimasero sommamente maravigliati.

            Non solamente gli uomini, ma i demonj ancora facevano ogni sforzo per farle perdere la virtù della purità. Disonesti pensieri, impure fantasie, immondi sogni erano le loro armi. Ma Caterina da tutte si difendeva coll'orazione e colla mortificazione. Meditava l'incarnazione e la passione del Figliuol di Dio, e la bellezza dell'anima quando è adorna della virtù della modestia; pensava alla bassezza a cui si abbandona colui che si dà a tali vizi, e gli eterni tormenti dell'inferno che lo aspettano nell'altra vita. Si macerava colle penitenze; fuggiva a tutta possa l'ozio, che è padre di tutti i vizi, procurava di trovarsi sempre occupata, e se non avesse avuto che fare si metteva a cavare ad una ad una le camicie e gli altri panni dal cofano, e poi di nuovo ordinava ogni cosa a suo posto. Vedendo i demonj che non potevano riuscire nel loro intento cominciarono a venirle innanzi con parole {54 [54]} ed atti sconci. Allora ella sollevava la sua mente ed il suo cuore a Dio con frequenti e calde giaculatorie, ripetendo specialmente quelle sacrosante parole: Et verbum caro factum est. In tal modo costretti si partivano quegli spiriti maligni e la lasciavano in pace.

            Interrogata una volta che cosa facesse durante quelle tentazioni, essa rispose che pensava alla passione di Gesù Cristo, e che questo molto le serviva a scacciar via ogni cattivo pensiero. Talvolta riprendeva quei tristi spiriti loro dicendo: «E non vi vergognate di fare atti tanto bestiali, essendo voi di così nobile natura? Ben si vede che il peccato vi ha fatto divenire peggiori delle stesse bestie.» Gesù vedendo la fedeltà della sua sposa di quando in quando la consolava, apparendole con grande splendore, cacciando via dalla sua camera quella caterva d'immondi spiriti.

            Ma la maggior prova cui venne esposta la santa fu nel 1512. Era il dì 11 aprile, allorquando Caterina cominciò {55 [55]} provare insolite tentazioni per sette giorni continui contro la virtù della modestia. Provava nessun sollievo fuorchè nella preghiera, non poteva prendere nè sonno, nè altro riposo. Non le giovava nè cibo, nè bevanda, che anzi tutto rigettava, piangeva tutto il giorno, ma senza rimedio. Implorava l'aiuto di Gesù e di Maria; ma non sentiva alcun giovamento. Chiamava a nome i santi a lei assegnati per custodi, e più che ogni altro s. Pietro e s. Caterina da Siena. Ricordava loro le promesse che le avevano fatto, e con dirotte lagrime con essi si lamentava. Rivolgendosi a Gesù, «O speranza mia, gli diceva, e non vedete che io sono in pericolo di cadere da un momento all'altro nel peccato? Ricordatevi, pietoso Signore, dell'immensa carità, che vi fece prendere umana carne per salvarci; ricordatevi del prezioso sangue, che per me versaste sulla croce.»

            Ma nessun aiuto provando e niun sollievo sentendo neppure dal duro digiuno, col quale si affliggeva, divisò {56 [56]} un altro mezzo per soffocare quella tentazione. Piena di angustie si portò dal suo confessore, e gli narrò ogni cosa. Il confessore la consigliò che si gettasse in atto supplichevole dinanzi a Dio, e da lui aspettasse il necessario soccorso. Così fece Caterina, e messasi in ginocchioni nella sua camera si offri di nuovo alla divina Maestà, con lagrime e sospiri detestando tutti gli errori della sua vita passata, accusando la propria negligenza nel divino servizio, e la grande sconoscenza di tanti favori da Dio ricevuti. Lo pregava in fine che ponesse mente una volta non già a quanto ella meritava; ma solamente alla sua grande misericordia e copiosa redenzione.

            In questi sospiri e preghiere trattenendosi le apparve Gesù con volto benigno, e le disse: «Non temere perchè io son teco.» A quelle parole si riebbe Caterina, e piena di santa allegrezza si gettò a' suoi piedi dicendo: «O mia Speranza, o sommo refrigerio dell'anima mia, perchè mai mi lasciaste sì lungo tempo in tanti pericoli, ed in si {57 [57]} fatte angustie e tormenti? Io mi trovava poc'anzi in un mar tempestoso senza vele e senza remi. Ohimè! che dubito di essere caduta in qualche peccato.» A cui rispose il benignissimo Salvatore: «Sta di buon animo, perchè non sei caduta dalla mia grazia. Io che mi fo chiamare la tua speranza non ti ho mai abbandonata, ma abitava nel fondo del tuo cuore, confermando la tua volontà nel santo proposito di essere sempre vergine.» Allora Caterina piangendo di contentezza disse: «O mia Speranza, che io non sia caduta vi ringrazio, perchè questo non fu per mia virtù, ma per vostro dono. Vi prego adunque che per lo innanzi mi mandiate la morte, o qualunque altra afflizione che più vi piaccia piuttosto che lasciarmi cadere in consentimento di peccato mortale. Inoltre, mio Signore, vi prego che mi liberiate da questa brutta tentazione.» Gesù le rispose: «Colloca in me ogni tua speranza, ed io ti libererò da ogni pericolo dell'anima e del corpo.» Mentre Gesù così parlava ecco comparire {58 [58]} due angeli, i quali con un cingolo di bianchezza celeste cinsero i fianchi di Caterina dicendole: «Da parte di Dio ti circondiamo col cingolo della castità, che non si scioglierà giammai.» D'allora in poi non fu mai più molestata da stimolo di carne, o da turbazione di mente per questa cagione, anzi pareva che diffondesse il dono della castità a tutti quelli che avevano la fortuna di parlare con lei. Sentendosi così fuori da ogni pericolo di cadere ella più volentieri si tratteneva con quelli che avevano bisogno del suo aiuto.

            Cominciando a spargersi la voce della sua santità, molte divote persone venivano a visitarla, la qual cosa le dava grande rincrescimento. La sua umiltà le faceva desiderare di fuggire il mondo, affinchè nessuno sapesse e parlasse di lei. Le venne pertanto il pensiero di fuggirsene, e passate le Alpi andarsi a cercare qualche luogo selvatico per far vita romitica, o almeno entrare in qualche monastero. Era adunque il mese di novembre, la {59 [59]} campagna era coperta di brina, e Caterina non ancora ben risanata da una lunga malattia si alzò alle quattro del mattino all'insaputa di sua madre per mandare ad effetto il suo disegno. Prima però si pose in ginocchio ed invocò lo Spirito Santo che le fosse di guardia da ogni pericolo e dirigesse il suo cammino, pensando di andar prima ad un vicino monastero di donne, e quindi passare le Alpi. Ma stando per uscir di casa sente una voce che le dice: «Fermati, dove vuoi tu andare?» Si guardò attorno Caterina e niuno vedendo da cui potesse venire quella voce, tenne per fermo che fosse un comando di Dio, affinchè non si partisse; e si fermò. Alcuni giorni dopo Gesù Cristo l'assicurò per mezzo di santa Margherita vergine e martire essere volontà di Dio che ella di là non si partisse: le fece sapere che egli non le aveva fatti tanti doni perchè si chiudesse in un monastero; ma bensì perchè con santi discorsi, cogli esempi della sua vita procurasse l'onor di Dio, e la salute di molte anime. Non molto dopo le apparve Gesù {60 [60]} stesso, e le diede uno stendardo bianco e rosso, l'asta del quale terminava in una croce, e così le disse: «Prendi, o figlia mia, questo stendardo, sotto del quale chi si troverà sarà salvo: egli sarà di gran bene alla mia Chiesa.» Caterina avendo narrato questa visione al confessore, egli dubitava che Caterina si lasciasse dal demonio in tal modo deridere. Per la qual cosa una notte dopo il mattutino pregò caldamente Dio che lo illuminasse in quel caso. Fatto giorno, venne a trovare Caterina. Essa prese a dirgli umilmente: «Conosco, o padre, il vostro dolore, e so quale orazione avete fatto questa notte dopo il mattutino» e cominciò a narrargli filo per filo tutto quello, che egli aveva pensato e domandato in quell'orazione. Del che stupefatto il sacerdote credette vero quello che Caterina diceva dello stendardo, e fu molto consolato di avere fra i suoi penitenti un'anima così favorita da Dio. Non molto dopo pregando Caterina il Signore che non la lasciasse ingannare dal demonio, e chiedendo anche {61 [61]} più chiara significazione di quella visione dello stendardo ebbe in risposta che quello stendardo indicava la fede alla quale molti per suo mezzo si sarebbero ridotti e convertiti. Nel giorno di s. Girolamo coll'anima sua innocente trapassando le celesti sfere contemplò la gloria dei beati, e sentì soavissime melodie, e vide cose, la cui bellezza non si può narrare. Le furono allora mostrati quelli che dovevano per suo mezzo salvarsi. Essa li vide tutti distintamente e chiaramente sotto al suo stendardo. Dissele pertanto Gesù: «Vedi quanti peccatori e quante peccatrici per tuo mezzo avranno a salvarsi? Tanti si sarebbero perduti se io ti avessi lasciata entrare in monastero.» Questo la riempì di dolce consolazione.

 

 

Capo IX. Suoi figliuoli spirituali. - Conduce sulla buona strada varii peccatori. - Diverse visioni.

 

            Caterina vide una volta Gesù Cristo, Maria SS. con molti altri santi, i quali {62 [62]} parevano vestiti a duolo, e più di tutti mostravasi addolorato il suo sposo Gesù. Tosto Caterina gli dimandò la cagione di sì grande tristezza. Gesù le rispose: «E come non vuoi che io mi mostri così afflitto al vedere che tante anime vanno alla perdizione? E non vedi quanto sia grande l'ingratitudine del mio popolo, che io ho redento col mio sangue? Sono io pure un prezioso tesoro, il sommo ed eterno bene, e tuttavia la maggior parte degli uomini fanno più conto dei beni miserabili di questa terra. Per questo motivo, se presto non si convertiranno, cadranno nell'eterna dannazione. Una gran parte con cattivi esempi, con una vita infame allontanano molte anime dal mio servizio. Odiano la virtù, amano il vizio: disprezzano i miei ministri, spogliano le mie chiese, ed intanto abbelliscono i loro palazzi ed i loro castelli. Rubano alle chiese le rendite pie per distribuirle non ai poveri, od ai ministri della chiesa, ma per goderle essi medesimi, e darle ai scellerati. Stimano più il loro onore, la loro casa, e gli stessi loro cani, {63 [63]} che la mia gloria, la mia Chiesa, i miei servi fedeli.» Questi e simili lamenti egli faceva con Caterina, soggiungendo essere questa la cagione della sua tristezza. In fine esorlò Caterina, che offrisse preghiere pel bene della Chiesa, e che ad esempio suo offrisse i suoi patimenti all'Eterno Padre per la salute di tante anime, assicurandola che sarebbe stata esaudita. Dopo tali parole datale la sua santa benedizione, disparve.

            In quel tempo l'Italia era agitata da guerre spaventose, le quali mandavano molte anime alla perdizione. Per la qual cosa Caterina non era quasi mai allegra, che anzi molte volle si vedeva piangere di dolore.

            Queste afflizioni però le erano spesso alleggerite dalla conversione di alcune anime che ella guadagnava a Dio.

            Tutti quelli che avevano la sorte di trattare con lei sentivansi animati alla pratica del bene. Andò una volta un gentiluomo a visitarla con animo malvagio e fraudolento. Ella lo ricevette con grande benignità, e lo invitò a {64 [64]} sedersi. Allora quegli cominciò a dirle che era venuto a lei mosso dalla fama delle sue virtù, e quindi passò a fare il dottore e maestro di spirito, parlando a lungo degli inganni del demonio, e come molti per non essersi guardati fossero già caduti nelle sue reti. In questo tenore tirava innanzi volgendo tutto in propria lode per farsi vedere uomo dabbene. Caterina lo lasciò dire finchè gli piacque, quindi lo ringraziò de' suoi avvisi contro gli inganni del demonio, dai quali sperava che Dio l'avrebbe guardata. Dopo soggiunse: «Di una cosa intanto io vi prego, ed è che liberiate voi stesso dalle reti del demonio, perchè sono già quindici anni che non vi siete più confessato.» Il che udito quel gentiluomo grandemente maravigliato ed insieme commosso cominciò a piangere le sue colpe, che erano pur troppo molte e gravi. Caterina lo consolò per quanto potè, e gli diede salutari avvisi per la sua conversione. In questo modo quegli che era venuto a Caterina qual lupo malvagio, se ne partì qual mansueto agnello. {65 [65]} Egli visse poi ancora molti anni da buon cristiano, e fu uno dei più ossequiosi verso Caterina.

            Un altro della città di Savigliano aveva veduto in sogno che Caterina l'aveva tratto fuori da un pozzo profondo, e che poscia l'aveva nettato dal fango. Prese pertanto la determinazione di venirle a parlare. Presentatosi a lei, e scambiatesi alcune parole di cortesia, Caterina si mise a scoprirgli tutta la sua vita passata, tutti i più segreti peccati, che egli solo sapeva. Rimase quegli sbalordito ed insieme profondamente commosso. Le promise tosto di cangiar vita, come fece veramente, vivendo ancora molti anni da buon cristiano. Caterina, affinchè egli stesse sempre preparato alla morte, prima che partisse da lei gli predisse che sarebbe stato avvelenato, come di fatto seguì.

            Molti sono i fatti simili a questi, e andremmo troppo in lungo se volessimo raccontarli tutti. Tale sarebbe quello di una persona, la quale essendosi raccomandata a Caterina per un piacere, {66 [66]} ella richiamandole alla memoria certe sue mancanze, certe sue promesse la ridusse a buoni sentimenti; di un altro, al quale narrò tutti i peccati occulti, e confortatolo a porre la sua confidenza in Dio, lo rimise sul sentiero del paradiso; di una donna che mai aveva veduta, alla quale avendo manifestate le colpe, la fece arrossire, e la convertì al Signore, e di altri senza numero.

            Essendo il giorno d'Ognissanti fu sollevata per visione di mente ad ammirare la gloria dei beati. Pregata dai suoi famigliari che loro raccontasse quello che aveva veduto, s'ingegnava di farlo con varie similitudini; ma in fine confessava non essere possibile che di quella beatitudine riferisse pure una minima parte. In queste occasioni ella esprimeva il suo dolore di non essere rimasta in cielo, ma essere stata costretta ad entrare nel corpo, e diceva che le sembrava di discendere in una stalla d'animali immondi tutte le volte che da quelle celesti visioni ritornava ai sensi ed alla terra.

            Da queste e da molte altre visioni {67 [67]} avendo conosciuto che doveva per necessità vivere tra gli uomini abbandonati ai vizi, e che perciò non poteva allontanarsi dal rumore del mondo, pregò il Signore che le insegnasse il modo di innalzare l'edifizio della sua santità. Il Signore la esaudì mandandole questa visione.

            Le pareva di vedere che si dovesse fabbricare un gran tempio, e le fu detto che ne scavasse ella le fondamenta. Così fece. Terminata che fu la fossa all'altezza di un uomo per mettervi il fondamento, intese da Gesù Cristo che pel fondamento si doveva intendere l'umiltà. Per mezzo dell'umiltà, le diceva, l'uomo si stima vile al cospetto di Dio e tanto si alza più in alto, quanto si mette più a basso, siccome fu della mia Madre Santissima, la quale per essere stata la più umile fu da Dio innalzata sopre tutte le creature. Le disse quindi che si doveva alzare il muro adoperando il piombino, pel quale venivano significate le tribolazioni, la gravezza delle quali faceva camminar sulla retta via quelli che da {68 [68]} Dio erano amati. Alzato che fu il muro le comandò che facesse una finestra quadra con una croce in mezzo, e per quella sporgendo il capo mirasse fuori. Domandò Caterina che cosa volesse significare quella finestra, ed intese che la finestra colla croce significava la memoria della sua passione e della sua morte. E conchiuse dicendo che nello stesso modo che sono illuminati quelli che si mettono alle finestre delle loro case; così ella sarebbe stata illuminata per la via della santità considerando e meditando la passione e la morte da lui sofferta.

 

 

Capo X. Fondazione del convento di s. Domenico in Racconigi. - Contrarietà insorte e già prevedute da Caterina.

 

            Abbiamo già narrato come la beata Vergine aveva promesso a s. Caterina come essa avrebbe vestito l'abito di san Domenico di lì a 25 anni. Ora essendo già passati anni 23 dopo tale {69 [69]} promessa, e non vedendo alcun indizio che la profezia fosse per avverarsi ella cominciò a dubitare e temere di essere stata ingannata dal demonio. Ma fu con novella rivelazione assicurata che quella promessa veniva da Dio e che ogni cosa sarebbe avvenuta siccome a lei era stata annunziata e che presto sarebbesi fondato in Racconigi un convento dei frati di s. Domenico.

            Grandi furono le contrarietà che si dovettero superare per dar principio a questo convento. Dapprima Claudio di Savoia signore di Racconigi voleva chiamarvi i frati di s. Francesco. Avendo inteso che allora tenevano a Torino il loro capitolo, montato a cavallo venne in questa città ed esternò ai superiori di quell'ordine il suo desiderio; ma nulla potè da loro ottenere. Fece la stessa proposta ai frati Agostiniani, i quali parimente non l'accettarono. Allora Claudio, sebbene temesse di aver la stessa ripulsa, fece sua proposta ai frati di s. Domenico. Questi quantunque avessero già accettato un altro convento a Saluzzo tuttavia {70 [70]} andarono con lui d'accordo, e fu conchiuso che sarebbero venuti.

            In breve tempo fu designato il luogo, e piantata la croce del convento. Ma a Caterina non piacevano questi principe perchè non era quello il sito, che le era stato mostrato da Gesù Cristo. Si suggerì pertanto al fondatore quell'altro luogo. Essendogli maggiormente piaciuto lo comperò, e messevi le fondamenta fabbricò il convento dove si trova ancora presentemente.

            Ma tosto che si cominciò lavorare attorno a questo convento, il popolo di Racconigi prese a contrastare col suo signore, perchè non solamente non avesse chiesto il loro consenso, ma contro la stessa loro volontà avesse chiamati quei frati. Molte calunnie furono perciò inventate e scagliate contro questi religiosi, il che tutto era già stato preveduto da Caterina. Ma fu superato ogni ostacolo, e molti di quelli stessi che si mostravano i più accaniti poco dopo conobbero il loro torto e furono poi dei più favorevoli al convento dei detti padri. {71 [71]}

Il demonio con molte arti cercava di dissuaderla dal vestir l'abito di s.Domenico, e continuò così per molto tempo.

            Ma una consolante visione valse a confortarla contro tutte queste tentazioni e nulla potè distoglierla dal suo buon proposito.

 

 

Capo XI. È accusata d'eresia e di magia. - Va a Torino a purgarsi di quest'accusa. - Sua conoscenza coi grandi del mondo. - Veste l'abito della penitenza. - Sua carità verso il prossimo.

 

            Qualche tempo prima che ella vestisse l'abito della penitenza, alcuni maligni vedendo di malincuore farsi da lei cose maravigliose, fecero richiamo al tribunale dell'inquisizione, accusandola d'eresia e di magia. Si pensavano di farle perdere in tal modo quella grande riputazione, che già godeva {72 [72]} presso molti, e che si andava ognora acquistando collo splendore delle più belle virtù. Caterina, che nient'altro bramava che di essere figlia di quella Chiesa, che fu stabilita da Gesù risto depositaria e maestra della vera fede, e fuori della quale non si può aver salute, sentendosi accusata d'eresia e di magia, fu estremamente addolorata. Si recò pertanto a Torino a purgarsi di questa taccia. Iddio che protegge i suoi servi fedeli dispose che non solamente fosse conosciuta l'innocenza di Caterina, ma che ella crescesse in onore e riputazione presso gente di alto affare, e restasse così scoperta e svergognata la malignità de' suoi accusatori.

            La fama della sua santità cominciò allora a giungere perfino alle orecchie del Duca di Savoia, e dell'Arcivescovo di Torino, i quali altamente l'onorarono. Ella fu quindi chiamata e ricevuta con grandi onori non solamente dalla sorella del Duca di Savoia, e dalle altre signore di quella illustre casa, ma fu altresì chiamata da lontani paesi, {73 [73]} e dovette andare parecchie volte a Casale per le istanze che le faceva Anna marchesa del Monferrato, parente del re di Francia. Questa pia donna pregò pure Caterina di voler fermare per sempre la sua dimora in Casale, ma Caterina non mai vi acconsentì. Assicurò più volte questa signora che nelle sue afflizioni non provava conforto maggiore che nel conversare con Caterina ed aggiungeva, che a solo guardarla si sentiva tutta ricreare.

            Essendo giunta all'anno ventesimo ottavo dell'età sua vestì finalmente l'abito tanto desiderato di s. Domenico. In quel tempo quest'abito si portava dalle terziarie non solamente in casa, ma dovunque, ciò che più non si fa presentemente. Niente potè smuovere Caterina dal suo proposito, non le calunnie scagliate contro di lei e dei frati, non le contraddizioni del mondo che fece il possibile a fine d'impedirla.

            Avuto adunque non senza qualche difficoltà il consenso dei parenti, si fissò il giorno per la vestizione. All'ora {74 [74]} determinata convenne alla funzione Claudio di Savoia coi più ragguardevoli del paese, ed alcuni cavalieri di fuori, con gran numero di ecclesiastici.

            Ma più grandi furono gli onori spirituali che ricevette dal Cielo. Ritornata a casa le parve d'essere divenuta altra persona che non era prima; ed in quel nuovo abito postasi innanzi a Dio, gli rese infinite grazie di questo insigne favore, e di nuovo gli fece di se stessa mille offerte. Pensando poi al suo nulla andava dicendo: «O mia Speranza, qual cosa fu mai in me, che mi rendesse degna di tanti favori? Che sono io mai dinanzi a voi, fuorchè cenere, polvere ed immondezza? E pure tanti benefizi mi avete fatti, e specialmente quest'ultimo, i quali non mi lasciano più dubitare del vostro immenso amore. In qual modo potrò io adunque ringraziarvi di tanta bontà? Deh! accettate i vostri stessi meriti in ringraziamento di queste grazie sì grandi.»

            Insieme con Caterina aveva pure vestito l'abito della penitenza un'altra {75 [75]} giovine. Costei per essere povera non aveva danari per procurarsi il necessario per tale vestizione. Avendo ciò saputo Caterina, tanto disse e tanto fece presso sua madre, che ottenne il permesso.di dare a quella sua compagna il danaro che occorreva. Questo bell'atto le ottenne dal Signore un grande aumento di carità.

            D'allora in poi ella cercava ogni modo per fare opere caritatevoli. Non lasciava mai partire dalla sua casa alcun povero senza dargli qualche soccorso. Più lungamente e con maggiore studio lavorava nella sua arte a fine di poter adunare qualche soldo di più, e così soccorrere in maggior numero i bisognosi. Talvolta dopo aver passata grande parte della notte in preghiera si poneva innanzi giorno al lavoro, tutto per soddisfare l'ardente sua carità verso del prossimo. Ne' suoi pasti si privava non di rado di una parte del suo cibo per portarlo a quegli infermi, che si trovavano in bisogno. Quanto caso facesse di queste virtù si può ancora scorgere dalla risposta {76 [76]} che diede una volta ad alcuni suoi famigliari, i quali volevano persuaderla che lasciasse alla sua madre il pensiero delle faccende di casa, pel motivo che ella non misurando le proprie forze, per amor di Dio dava ai poveri più di quello che poteva, «Non lo farò, disse loro, non lo farò, perchè mi priverei dell'occasione di far limosina ai poveri, ai quali quando non avessi altro che dare, darei la mia propria veste.»

 

 

Capo XII. È visitata dal conte Pico della Mirandola.

 

            Intorno a questo tempo Caterina fece pure conoscenza col conte Pico della Mirandola, nipote di quel Pico cotanto celebre nella storia per la sua memoria straordinaria. Ecco in che modo. Un padre domenicano, chiamato Girolamo Pietrasanta, essendo stato una volta mandato a predicare alla Mirandola, città del ducato di Modena, contratta amicizia con questo signore, gli {77 [77]} raccontò parecchie maraviglie di Caterina. Il conte da principio poca fede prestava a queste cose, e poco conto faceva della sua santità. Tuttavia gli nacque desiderio di andarla a visitare e trattenersi secolei per vedere se trovasse motivo di credere a tante maraviglie. Venuto alla sua casa già eranvi altri che con lei parlavano. Dovette perciò fermarsi nella camera vicina aspettando che venisse il suo torno. Si pose pertanto a pregare dinnanzi ad un'immagine, che colà si trovava. Durante la sua preghiera egli rivolgeva nella sua mente quello che aveva sentito di Caterina, e diceva tra se stesso, che non c'era poi tanto fondamento di credere a tutte quelle cose, che bisognava andare a rilento in siffatte credenze, ed altre cose simili in disfavore di Caterina. Mentre la sua mente era da que' pensieri occupata sente un battere della mano contro al muro, che separava lui da Caterina, e dirsi: «Ora non è tempo di pensare a queste cose.» Rimase allora pieno di stupore che il suo pensiero fosse stato da Caterina {78 [78]} scoperto, e ardeva di desiderio di presto poterle parlare. Entrato nella sua camera e pregato che sedesse, intese da lei cose tali, che non si sarebbe giammai potuto immaginare. Prima che egli partisse, Caterina inginocchiataglisi dinnanzi gli disse: «Ora vi prego di perdonarmi se io vi diedi occasione d'aver non retta opinione sul fatto mio.» Per tutte queste cose pieno di grande maraviglia il conte cangiò affatto sentimento, e volse ogni pensiero d'indi innanzi ad onorarla; e talmente godeva della sua compagnia e conversazione, che reputava a vera fortuna ogni qual volta avesse potuto favellare con lei. Egli fu il primo scrittore della sua vita, sebbene non la potesse terminare, essendo stato rapito ai vivi da morte immatura.

            Quantunque Caterina ricevesse tanti favori dal cielo, e molti onori dagli uomini, tuttavia non si levò mai in superbia.

            Anzi tutte le volte che si sentiva lodare rimaneva confusa e si affliggeva. E se qualche volta per diverse ragioni {79 [79]} narrava a' suoi famigliari qualche dono soprannaturale, non mancava di pregarli che non lo dicessero ad alcuno; che altrimenti non avrebbero mai più sentito da lei tali racconti.

 

 

Capo XIII. Visione di una fonte misteriosa. - Vede le pene del purgatorio. - Suffraga molte anime.

 

            Il demonio non avendola potuto distornare dal suo proposito di vestire l'abito religioso si dava perciò molta briga di turbarle l'animo con molte sue ragioni. Fra le altre adduceva che sarebbe stato meglio per lei essersi maritata e servire Iddio standosi in libertà, o almeno pigliando l'abito di qualche altra religione che fosse più ben vista nella sua patria, e mille altre cose di questo genere le metteva pel capo. Infastidita Caterina pregò di essere liberata da questa noia. Rapita in ispirito, le parve di vedere una fonte chiarissima fatta a guisa di pozzo, alla bocca {80 [80]} della quale stava un bel marmo accerchiato da fiori odorosissimi. Vedeva l'acqua profonda cotanto limpida, che non v'era si piccola cosa che non si potesse facilmente vedere, e sebbene nuotassero a galla alcune foglie e pagliuzze, tuttavia nel fondo vedeva molte e varie pietre preziose di colore e qualità diverse. Avevano la custodia del fonte tre bellissimi giovanetti di tutto punto armati, con una crocetta d'oro sulla fronte. Con esso loro trovavansi pure due ricche signore, una delle quali teneva in mano uno stendardo. «Or alza gli occhi al cielo,» sentì dirsi da s. Pietro. Allora aprendosi il cielo, vide per un lume sovrano il mistero della SS. Trinità, ed altre cose cotanto sublimi, che ad esprimerle mancavano le parole. Le pareva di vedere tre faccie in una a guisa di tre soli in un sole, dai quali discendeva nel fonte un così maraviglioso splendore, che mai non vide cosa più bella. Se non che vennero tosto parecchi tristi a cercare d'intorbidare l'acqua di quel fonte. Questi avevano chi la forma di {81 [81]} leone, chi di cinghiale con ispaventose zampe, chi di lupo ed altri animalacci, ed alcuni avevano la figura d'uomini colle mani unghiute e rapaci. Vedeva poi altri ancora i quali cercavano da certi canali e buchi nascosti di dissecare il fonte, o almeno turbarne la chiarezza, le quali cose davano a Caterina grande rincrescimento. Ma ecco che i tre armati e le due donne si mossero, e scoperta la loro arte maliziosa li cacciarono lungi da quel luogo, ed in ogni modo proteggevano quel misterioso fonte.

            Allora s. Pietro le dichiarò il senso di questa visione, e le disse: «Sappi, o Figliuola mia, che questa fonte significa la religione dei frati predicatori, alla quale tu appartieni. Siccome dal fonte rampollano senza interruzione limpidissime acque, così da questa religione scaturiscono vere e sane dottrine, dalle quali i popoli possono conoscere ciò che è utile alle anime loro. Le foglie e le pagliuzze leggiere che nuotano di sopra significano i comuni difetti, i quali non sono di tal qualità {82 [82]} che in tutto oscurino la chiarezza del fonte, mercè la vigilanza de' superiori, che con ogni diligenza e studio s'ingegnano di tosto mandar via le immondezze che dentro si trovassero. Le pietre preziose poi che stanno in fondo sono i buoni e virtuosi soggetti, che per umiltà stanno nel luogo più basso e sono di varii colori e grandezze per significare le loro diverse virtù e doni celesti, ed i varii gradi di carità e di gloria che hanno. Quindi non ti deve fare maraviglia, che per le sue buone doti sia odiata da tali, che sono superbi e brutali come leoni, iracondi come orsi, invidiosi come cani, rapaci ed avari come lupi, ed altri finalmente ipocriti che sono i peggiori. Tuttavia non aver paura, figlia mia, imperciocchè la fede e la luce superna la preserveranno che non venga confusa, ed ancora la difenderanno in ispecial modo gli angeli e la Beata Vergine, e quella sant'Orsola che porta il vessillo della fede.» Sparita la visione Caterina si trovò piena di celeste consolazione. Era di quando in quando rapita in {83 [83]} estasi a vedere le pene del purgatorio, e per questa vista si confortava a patire dolori per amor di Dio, ed era provocata a soccorrere con orazioni le anime che in quel luogo si purificano. Un giorno che era travagliata da una gran febbre, contemplando le pene del purgatorio diceva a se medesima: «Ora che sarebbe di me, se fossi là dentro a soffrire tante pene? altro che una piccola febbre!» Intanto sente una voce che le dice: «Ben fai a pensare a quelle pene; tuttavia perchè meglio tu le conosca assaggia un poco di quel fuoco.» Subito sentesi colpita da una scintilla di fuoco nella guancia sinistra. Questa viva scintilla fu visibile alle compagne, che stavano intorno al suo letto, e tanto dolore le arrecò, che non mai ricordavasi di altro dolore così violento. Questo dolore le durò molti giorni, enfiando la mascella da quella parte. Questa prova le accrebbe la diligenza di pregare per le anime, che si trovano in quel luogo, e le faceva parer leggieri tutti gli altri patimenti. Sarebbe troppo lungo il dire tutti i {84 [84]} beni che ella procurò alle anime purganti per dare fine ai loro tormenti. A tempo debito ne andremo accennando alcuno.

            Intorno a questo tempo un sacerdote disse a Caterina che dubitava della eterna salute di un suo fratello, il quale era stato abbruciato nella propria casa. Ora facendo Caterina orazione intese che quell'anima si trovava nel fuoco del purgatorio, e descrisse al fratello la statura del corpo, la qualità dei capelli, il volto così precisamente, come se per lo innanzi l'avesse conosciuto e molto praticato. Fu pregata dal fratello che lo volesse suffragare. Così fece Caterina offrendo a Dio le sue preghiere e le sue pene, e dopo otto giorni lo vide libero e salvo.

            Toccava Caterina i trent'anni dell'età sua quando era imminente una terribile guerra. Grandemente addolorata per timore che in essa venisse offeso l'onor di Dio, e tante anime andassero in rovina, Caterina pregava incessantemente che la vendetta di Dio cadesse sopra del suo corpo, ma non potè ottenere {85 [85]} che si risparmiasse tanto sangue, sì grande era l'ostinazione di colui, che era cagione di quella guerra. Ella fu condotta in ispirito al luogo della battaglia, alla quale molti eransi apparecchiati coll'aggiustare le cose della propria coscienza.

            Per la qual cosa sebbene cadessero in campo più migliaia di persone, tuttavia assai pochi ne vide cadere nell'inferno; tre anime salirono immantinente al Cielo, e gran parte andò al purgatorio. Caterina, che bramava la salute di tutti, aveva domandato ed ottenne dal giorno innanzi della battaglia per tutto il rimanente della sua vita di patire la febbre, per la loro salvezza. Quindi avvenne che da questo tempo in poi non passò mai giorno intero senza che ella fosse travagliata dalla febbre o gagliarda o leggiera. Le astinenze che faceva per suffragare le anime del purgatorio furono tante e di tal sorta, che riempiva ciascuno di maraviglia, che essa potesse ancora vivere. Ecco quali maraviglie può operare la vera carità cristiana! {86 [86]}

 

 

Capo XIV. Contempla l'Ascensione di Gesù al cielo. - Si carica le pene del prossimo. - Opera varii miracoli.

 

            Nel giorno dell'Ascensione, che in quell'anno cadde nei primi giorni di maggio, contemplando questo mistero, Ella fu rapita in estasi e vide Gesù Cristo a passare le celesti sfere in mezzo ad una innumerevole moltitudine d'angeli e di santi, con un trionfo non mai veduto, ed una gloria infinita. Questo spettacolo le avrebbe dato grande allegrezza per la gloria dello sposo, se non le avesse altresì cagionato grande mestizia e rammarico per non potere andare con lui, e colà fare sua dimora per sempre. Avendo dunque inteso non essere ancora venuto il tempo di andare in cielo, dov'era il suo divino Sposo, lo pregava che volesse almeno portare con lui il suo cuore. «O mio Gesù, diceva, o mia inestimabile speranza, perchè tanto accendete il mio cuore, che la vostra allontanata mi {87 [87]} pare un supplizio? Niente mi può recar piacere, anzi ogni altra cosa che non sia voi mi dà noia e fastidio. Deh! levate da me tanto lume, spegnete tale incendio d'amore, affinchè non mi sia così grave e molesto questo mio esilio; oppure se vi piace che duri in me cotesto lume e tal fiamma d'amore, durino pure, anzi crescano anche maggiormente, che io sono ben contenta; ma almeno saziate il mio cuore: a chi deste la sete, date eziandio da bere, altrimenti io non posso sopportare questo dolore.»

            Gesù la esaudì infiammandole il cuore di un amore ardentissimo. Di questo fuoco di carità, onde il Signore le aveva acceso il cuore, sentì buon effetto il padre Agostino da Reggio, che fu poi il suo confessore. Imperocchè giacendo egli nel letto gravemente ammalato di terzana doppia, e con un grande dolore alla gola, ne fu liberato pei meriti di Caterina, che si offerse di patire per lui.

            In altro tempo infermatosi il suo confessore P. Domenico per dolore di {88 [88]} costa, Caterina pregò Dio, che trasportasse in lei quel dolore, e liberasse l'infermo; e fu esaudita. Per la qual cosa dovette farsi trar sangue con grandissima sua consolazione vedendo di poter versare quel sangue per la salute del suo prossimo. Attestarono gli astanti che fu tanta la gioia che provava, che la sua faccia sembrava raggiante.

            Stando una volta a ragionare con una signora per nome Donnetta, la quale era venuta a Racconigi per visitarla, accadde che un gran fuoco si appiccò ad una vicina casa. Sentendo adunque i rintocchi della campana sali in un luogo donde potesse vedere le fiamme, e s'accorse essersi dato il fuoco alla casa di un certo Giovanni Volpiano. Caterina fece tosto il segno della santa croce nell'aria, e pregò il Signore che si degnasse di spegnere quelle fiamme in quel modo che aveva estinto in lei l'ardore della concupiscenza: ed ecco le fiamme cessare sull'istante, con grande maraviglia di tutti. Non sapendo che dirsi gli astanti di quell'improvviso cangiamento, e sospettando {89 [89]} che fosse intravvenuta una potenza superiore, intesero da quella signora tutto il fatto di Caterina.

            Nel primo giorno d'agosto s'appiccò il fuoco in una parte di Racconigi. Temendo Caterina che le fiamme si dilatassero per tutto il paese a cagione del gagliardo vento che traeva pregò il Signore che le spegnesse. In quel punto sentì una voce che disse: «La tua domanda è ascoltata» e tosto il fuoco fu spento. Quanto sono potenti le preghiere dei giusti!

 

 

Capo XV. Delle sue molte preghiere ed afflizioni pel bene della chiesa e per la salute delle anime.

 

            Quel desiderio che Caterina ebbe fin da' suoi teneri anni di dar la vita per amor di Dio fu soddisfatto in parte soffrendo grandi e continue tribolazioni per la salute de' peccatori, di modo che la sua vita può dirsi un continuo e lungo martirio. Tanto era {90 [90]} l'amore che portava a Dio ed al prossimo, che niun'altra cosa più l'affliggeva, che il pensare all'offesa di Dio, ed alla rovina delle anime. Tante volte al sapere che qualcuno era caduto in grave peccato si metteva a piangere di dolore, e spesso di pura afflizione si ammalava e doveva rimanere a letto. Quindi nacque in lei quella brama di sopportare le pene dovute a tutti i peccatori, purchè fosse chiusa la bocca dell'inferno, e niuno vi avesse ad entrare per l’avvenire.

            Avendo un giorno domandato al Signore, che appagasse questo suo grande desiderio, le fu risposto, cha tal cosa non poteva esserle concessa, perchè doveva esercitarsi la giustizia di Dio contro l'ostinazione degli uomini.

            Fra le altre moltissime una volta, conoscendo soprastar l'ira di Dio sopra i peccatori, pregava con grande affetto per allontanare quel castigo. Ed ecco che le apparve Gesù Cristo, tenendo in mano una spada tutta insanguinata, in atto di chi vuol fare qualche vendetta. Ciò veduto Caterina moltiplicava {91 [91]} le sue preghiere; ma Cristo le disse, che la gravezza ed il numero dei peccati facevano impedimento alle sue preghiere. Allora Caterina vedendo tanto sdegno nel Signore, e quel suo terribile aspetto che mai per lo addietro aveva veduto, si gettò a suoi piedi dicendo: «O Speranza mia, le mie lagrime non saranno vane, perciocchè la vostra bontà non permetterà che io mi affatichi invano a pregarvi.» Allora Gesù le disse: «Mi sono grate le tue lagrime, ma come vuoi che io dilunghi la mia vendetta? Mira le scelleratezze e le villanie che mi fanno gli uomini!» Intanto le fece vedere maravigliosamente i peccati d'ogni persona cominciando dagli adulti fino ai fanciulli. A questa vista Caterina rimase come morta e poichè riebbe alquanto di respiro ripigliò: «O Signore, sono pur grandi le iniquità del mondo, ma non è maggiore la vostra misericordia?

            Crescendo in lei ogni dì più la brama di patire pe' suoi fratelli traviati, di nuovo le si presentò Gesù Cristo nell'orazione. Pareva che egli {92 [92]} tenesse in mano un pugnale sanguinolento, dimostrando di essere grandemente adirato contro dei peccatori. Conosciuto adunque Caterina che qualche grande rovina soprastava ai peccatori, gettossi ai piedi di Gesù chiedendo per loro misericordia. Ma egli si mostrava inesorabile per animarla a pregare vie maggiormente. Diceva Caterina: «Confesso, Speranza mia, che io a cagione de' miei peccati sono indegna d'essere da voi esaudita, ma tuttavia ogni cosa spero dalla vostra grande clemenza.» Queste e più altre cose dicendo con ferma fiducia si alzò, ed accostatasi arditamente a Gesù, gli disse: «È cosa ben conveniente che la sposa tolga l'arma di mano allo sposo. Io voglio per me questo pugnale.» Così dicendo stese la mano e glielo tolse. Scomparso Gesù Caterina rimase oppressa da dolori tali che esprimere non si possono. Ella con piacere tutti li sopportava, contenta di placare in quel modo lo sdegno di Dio. {93 [93]}

 

 

Capo XVI. Seguita delle afflizioni patite e delle offerte fatte pel bene delle anime.

 

            Non più la finiremmo, se volessimo raccontare le preghiere fatte e le afflizioni patite da Caterina a fine di placare l'ira di Dio, ed invocare la sua divina misericordia sopra dei peccatori. Ci limiteremo a narrare quanto ella facesse pel bene di un collegio, i membri del quale erano intieramente guasti e corrotti. Era il 21 marzo quand'ella, conosciuto il danno che soprastava a questo collegio, si mise a pregare Gesù e Maria SS. che lo soccorressero.

            Trovandosi piena di afflizioni Iddio le fece vedere il motivo per cui era sdegnato coi giovani di quel collegio. Le parve di vedere un branco di demoni sotto l'aspetto di diversi animali. Alcuni parevano maiali, altri leoni fierissimi, taluni avevano la figura di lupi, molti mostravano becchi grifagni, sicchè Caterina conobbe quali sorte di vizi regnassero in quella casa. {94 [94]}

            Ma tutti questi maligni spiriti le diedero assai molestia, e fino le compagne sentirono varie grida, ed urli e schiamazzi.

            Dopo alcuni giorni fu travagliata da siffatti dolori, che pareva volesse morire, e sembrava che gli spiriti maligni volessero toglierle la vita se non cessava di pregare per quel collegio, e per la santa Chiesa. Ma non poterono smoverla dal suo proposito, che anzi ella sprezzando le loro minacce disse, che avrebbe aumentate ogni dì più le sue preghiere pel bene delle anime e della santa Chiesa. Da voi nulla temo, diceva, perchè so che non potete fare se non quello che vi sarà conceduto dal mio sposo Gesù, secondo il volere del quale io sono pronta a vivere e a morire.

            In questo tempo i costumi erano veramente guasti e corrotti; e perciò Caterina non cessava di profetizzare flagelli e guai per tutti i cristiani. Predisse che sarebbero i Turchi venuti in Italia mettendo a soqquadro ogni cosa e versando molto sangue; ma che in fine {95 [95]} la Chiesa avrebbe goduto tranquillità e pace.

            Vide una volta il Signore Gesù come crocifisso in modo, che aveva un braccio più lungo dell'altro. Tosto Caterina gli dimandò che volesse ciò significare. Le rispose, che il braccio più corto significava la sua giustizia, ed il più lungo la sua misericordia, e sebbene per se fossero uguali, tuttavia in quel secolo corrotto più la misericordia esercitava che la giustizia. Allora Caterina lo pregò che stendesse il braccio della sua misericordia sopra di tutti. Gesù le rispose che molti non volevano accettarla. Soggiunse Caterina che facesse in modo che essi volessero. Allora Gesù: «Non già, disse, imperciocchè se io facessi cotal violenza toglierei loro la libertà.»

            Intanto fin da quel tempo, (anno 1517) ella già sapeva quando sarebbe stata l'ora della sua morte.

            Quanto le restasse ancor di vita, lo scoperse in quei, giorni medesimi al suo confessore dicendogli: «Padre, io ho ancora a vivere più di trent'anni.» {96 [96]} E veramente ella visse poi ancora trentun anno.

 

 

Capo XVII. Sua grande saviezza nel dar consigli.

 

            Circa l'anno 1517 venendo da Roma passò per Racconigi Claudio di Seyssel, uomo di grande scienza e pietà, il quale fu vescovo di Marsiglia, e quindi arcivescovo di Torino. Sentendo le molte cose strepitose di Caterina e le luminose virtù che l'adornavano, insieme col signore di Racconigi volle visitarla in casa sua, e vi stettero a ragionare con lei circa due' ore. Domandato poi l'arcivescovo che giudizio facesse di lei, rispose a molti che gli stavano attorno, non aver mai parlato con alcuna persona di sì gran lume intellettuale. Ed in vero la sua saviezza era maravigliosa. Molti erano che le domandavano consiglio in cose dubbie e difficilissime, e tutti ne traevano tali risposte da rimanerne stupefatti. Non si trovò mai alcuno che dicesse {97 [97]} aver trovati vani ed inutili i suoi consigli, anzi parecchi affermavano per li consigli di Caterina essere stati salvati. Anche in questioni teologiche ella era consultata e a tutti rispondeva nel modo che agli uditori si conveniva, sciogliendo i loro dubbi e licenziandoli soddisfatti.

            Un dottore in legge non isdegnò di venirla egli pure a consultare per qualche suo bisogno. Ritornato che fu ai compagni, questi lo burlavano, che avesse consultato una donnicciola invece di andare da qualche grande scienziato. Allora egli rispose loro francamente, che fra gli uomini non aveva trovato chi avesse saputo dargli miglior consiglio di lei.

            Molti signori per questa sua sapienza la ricercavano e l'avevano in grande venerazione. Essi le facevano continue istanze affinchè andasse da loro, al che di rado ella accondiscendeva, e negò una volta di andare da un duca italiano scusandosi in ogni modo. Quando questi ragionavano con lei, non l'avrebbero mai licenziata, tanto {98 [98]} era il piacere che ne sentivano. Ed in ciò si avverava quello che Gesù Cristo le aveva promesso, cioè che egli non mai le sarebbe venuto meno della sua divina sapienza nel conversare colla gente. In questo modo ella si faceva tutta a tutti, accomodandosi alle condizioni delle persone per tutti guadagnare a Gesù. Coi grandi ella parlava nobilmente, coi semplici semplicemente, co' mezzani secondo quello che loro si conveniva, or coll'ammonirli apertamente, ora coll'aggiungere certi cenni al suo parlare, ora col solo faceziare, per modo che ciascuno tosto la intendeva. Insomma ora colle dolci parole, ora colle aspre tutti ritraeva dall'amor del mondo, e li volgeva all'amore di Gesù Cristo.

            Grande zelo aveva contro i vizi, specialmente ad imitazione del Salvatore contro l'ipocrisia e la doppiezza, e talvolta tanto si rinfocava, che mettendo un piglio terribile impauriva non che il peccatore, ma fino i circostanti. La qual cosa però non faceva senza grande necessità. {99 [99]}

 

 

Capo XVIII. Sua andata a Saluzzo, e quello che vi fece. - Sue cognizioni sopranaturali.

 

            Per le preghiere di alcuni suoi figli spirituali andando per qualche tempo a Saluzzo in compagnia di un sacerdote suo famigliare, fu talmente impacciata da una pioggia fastidiosa, e dalla cattiva strada, che il giorno stava per chiudersi prima che potesse entrare in questa città. Essendo dunque già tramontato il sole, suonata l'Ave Maria ed ella trovandosi ancora circa tre miglia lontana dalla città, pregò Iddio a far sì, che ella vi potesse entrare di giorno. Ed ecco subito apparire un chiarore insolito, che riempi ciascuno di grande maraviglia. Fuvvi taluno, che avendo già chiuse le botteghe di bel nuovo le aperse. Di due ore in circa si prolungarono quivi i crepuscoli di quel giorno, secondo quello che attestarono molte persone degne di fede ai primi scrittori di questa vita. {100 [100]}

            In quella città fu visitata da una donna mossa dalla fama delle sue grandi virtù, pregandola di accettare certe monete d'argento, che le offeriva. Ma Caterina sapendo in ispirito che queste monete gliele aveva date in custodia il marito, che era assai stizzoso, e perciò temendo che ne dovesse poi derivare discordia per sua cagione, ricusava di accettarle. Tuttavia facendole grandi istanze quella buona donna, e non terminando di pregarla Caterina credette bene di accettarle con intenzione di restituirle per altra via. Ritornato a casa il marito dopo qualche tempo le domandò ragione delle monete date in custodia. Non sapendo che farsi la moglie, che conosceva quanto egli fosse bizzarro, andò al cofanetto dove teneva riposte le rimanenti monete, pensando intanto che cosa dovesse dirgli per iscusa. Lo aperse e cercando le poche monete restate, trovò insieme anche quelle donate a Caterina. A quella vista rimase la pia donna non so se più contenta che maravigliata. Datele al marito, corse tosto {101 [101]} al convento dei padri Domenicani narrando al priore ciò che le era accaduto. Questi, maturando tra se e se la novità della cosa, disse: «Donna, voi non le avete ben numerate. - Padre, rispose essa, io le ho numerate molto bene. - Or che può essere questo? riprese il priore. - Io so dirvi, soggiunse la donna, che ho sempre avuta con me la chiave del cofanetto, e sapeva a puntino quante monete avessi tolte.» Dietro a queste ed altre assicurazioni si dovette ascrivere questo fatto a cagione soprannaturale. Di lì a qualche tempo essendo il priore andato a Racconigi, visitò Caterina, la quale sorridendo gli domandò che cosa ne fosse stato della donna delle monete. Continuando poscia il discorso gli narrò la verità di quel che era accaduto, cioè che per ministero del suo angelo le monete erano state rimesse al loro posto.

            Mentre stava nella suddetta città di Saluzzo pregando in una chiesa le passò davanti una donna di vita scandalosa. Le diede Caterina un sì commovente {102 [102]} sguardo, che quella meschina rientrò in se stessa e da quel punto risolse di tener dietro a Caterina sino a Racconigi, per poterle più comodamente parlare. Giunta alla sua presenza le si gettò ai piedi e fra le lagrime ed i sospiri le narrò tutta la sua vita passata. Dopo essere stata benignamente ascoltata, e con dolci parole ammonita ed ammaestrata intorno al modo, in cui si doveva regolare per l'avvenire, andò a confessarsi e ritornata a casa, diede tanto migliore esempio, quanto era stato peggiore lo scandalo del tempo passato.

            Dissi poc'anzi della limosina fattale da quella pia donna. Or è da sapere che se non fossero state le limosine delle persone caritatevoli, e di una speciale provvidenza di Dio, che alcune volte le somministrava miracolosamente il necessario per la vita, il lavoro delle sue mani in nessun modo le sarebbe bastato, sia per le frequenti sue infermità, sia perchè dopo aver ricevute le stimmate poco poteva valersi delle proprie mani, e sia ancora perchè la sua grande carità verso i poveri le faceva dar via {103 [103]} quanto aveva. Stando adunque Caterina in questo stato di povertà per viepiù rassomigliarsi al suo sposo, ed occorrendole una volta di essere in più stretta necessità, un religioso le recava di lontano certa limosina datagli per essa. Arrivato questi al paese di Caterina, e ritrovatala colla madre per una contrada, si mette la mano in saccoccia per togliere e consegnarle i denari; ma più non li trova. Pieno di dolore il buon religioso si scusava con lei d'averli perduti per la strada; ma ella rispose: «Padre, non vi pigliate pensiero dei denari; perchè io li ho già ricevuti.» E immantinente gli disse con precisione il numero e la qualità delle monete, sicchè il religioso rimase fuori di se per lo stupore. La cosa fu, che; tardando a venire il soccorso, fu miracolosamente portato a Caterina prima che giungesse quel religioso. Tanto è vero che Dio non viene meno nelle cose, del corpo a quelli, che pensano alle cose dell'anima. {104 [104]}

 

 

Capo XIX. Alcuni suoi patimenti. - Vari soccorsi dati. - Diversi miracoli da lei operati.

 

            Erano già passati tre anni dall'ultima riformazione del suo cuore, quando nell'anno 1519 una sera del mese di marzo fu presa da acutissimi dolori di corpo e di mente. Ciò era sempre per la sua grande volontà di patire ogni tormento pei peccatori, contro ai quali vedeva sdegnatissimo il Signore. La condizione stessa del tempo le dava occasione di vie più desiderare di patire, perchè essendo il mese di marzo in cui accadeva il carnevale, gli uomini si davano ad ogni sorta di vizi. Per la qual cosa pensando ella alla cecità degli uomini ed ai casi miserabili della vita umana per cui tanti precipitavano nell'inferno, si andava affliggendo ed offrendosi di soffrire per loro notte e giorno invocando la divina misericordia.

            Perseverando ella adunque nelle sue orazioni pel bene della Chiesa, e per {105 [105]} la salute delle anime, ebbe da Gesù Cristo questa risposta: «Io accetto la tua offerta, ma tu sarai tanto aspramente travagliata, che appena scamperai dalla morte.» E poco stette ad essere sorpresa da tali malori che dovette stare a letto undici settimane. In quello spazio di tempo durò talvolta cinque giorni senza più nulla gustare, e se per le preghiere de' suoi famigliari s'induceva a prendere qualche cosa, poco dopo la rigettava. I medici stessi sia perchè non riteneva più alcun cibo, sia perchè ad un male se ne aggiungeva sempre un altro, la diedero per ispedita e per ire volte si maravigliarono di trovarla ancora in vita.

            Non solo per gli uomini in generale ma per qualunque sapesse aver bisogno d'aiuto, ella pregava e per lui si offeriva al Signore. Avendo perciò conosciuto per ispirito stando ad ascoltare la s. Messa, che in capo a tre giorni si dovevano impiccare tre malfattori, l'uno in Carmagnola, l'altro a Montalto e il terzo in Alba, si mise tosto a pregare {106 [106]} per la loro spirituale salute con tutto l'ardore possibile.

            Era in quel tempo stato imprigionato un giovane, che si prendeva poco pensiero dell'anima sua. Essendo poi stato condannato a morte, e venendo raccomandato a Caterina, ella non mancò per lo spazio di un mese continuo di pregare per lui, finchè giunse il dì stabilito pel suplizio. Allora udì una voce dal Cielo, che le disse: «Ti fo dono di quest'anima secondo la tua domanda.» Seppe di poi Caterina che quel paziente fu molto rassegnato a quella dolorosa pena, assoggettandovisi di buon grado in penitenza de' suoi peccati.

            Molto le dolse il caso di un Astigiano il quale sebbene oppresso da grandissima infermità, non solamente non si pentiva de' suoi grandi peccati, ma anzi cadde in totale disperazione, a segno che non più Iddio, ma i diavoli chiamava in suo aiuto, ed affermava essere già dannato all'inferno. Fu raccomandato per lettera quest'infelice a Caterina; imperciocchè del confessarsi e del pensare all'anima non voleva saperne. {107 [107]} Questa notizia le agghiacciò il cuore, ma pure disse che sperava in Gesù Cristo sua speranza, che non le avrebbe negata quell'anima, e subito si mise a pregare. Tanto fervide furono le sue preghiere che poco dopo l'infermo cessò dalla disperazione, aggiustò le cose della sua coscienza, ricevette con buone disposizioni la santa comunione, e dopo alcuni giorni ricuperò eziandio la salute del corpo.

            Si può dire che non mai avveniva che alcuno fosso raccomandato alle sue preghiere, senza che ella non lo soccorresse. E non solo pei bisogni spirituali, ma ancora per li corporali. Antonio Cisone di Racconigi era venuto al caso di morte, e perciò sua madre andò da Caterina perchè pregasse per lui. Ella senza mettere tempo in mezzo si portò al letto dell'infermo, che non era molto lontano dalla sua casa, e trovò che il sacerdote gli raccomandava l'anima. Come vide la faccia del moribondo fece breve orazione, poscia fattasi più da vicino, gli fece sopra del petto, ove aveva il male, il segno della {108 [108]} s. croce, ed in breve gli restituì la salute.

            Altra straordinaria guarigione fu pure quella del signore di Racconigi. Un sacerdote che era stato a parte del fatto così lasciò scritto: «Avendo io visitato Claudio signore di Racconigi il quale aveva io inteso in quei giorni aver molto male ad un occhio per cui era obbligato a tenersi in letto, fui sorpreso di trovarlo in piedi appoggiato al davanzale della finestra. Lo interrogai come potesse stare all'aria, e tollerare quella viva luce. - Mi rispose: Per dono di Dio. E soggiunse: La notte scorsa vidi s. Tommaso d'Aquino e mia figliuola Caterina (così soleva chiamarla). S. Tommaso mi diede la benedizione, e Caterina mi disse che questo ed altri beni conseguirei per li meriti di s. Tommaso. Dopo le quali parole io restai sano, e sparve la visione. Il chirurgo si è maravigliato come sia possibile che l'occhio mio sia chiaro; ma io non sento nè molestia della piaga, nè dell'aria che vi entra. {109 [109]} Cadde dalla cima di un edifizio un certo Bartolomeo, amico della nostra santa. Tosto che ella seppe quella disgrazia, mossa a compassione, pregò Dio che si degnasse concedergli la vita, e la sanità dell’amico. In breve fu risanato il predetto Bartolomeo, e venne a ringraziare con lagrime Caterina, sua benefattrice.

            Era venuta a Racconigi una gentildonna da Moncalieri per far visita al signore del paese col quale era molto famigliare. Quivi dimorando infermossi gravemente di mal di costa, e la malattia tanto crebbe che si perdette la speranza della sua vita. Già quasi al tutto era perduto il polso, e solamente nel petto era rimasta una lenta palpitazione. Essendo il signor Claudio molto affannato per si doloroso accidente se ne andò da Caterina pregandola che facesse orazione per l'inferma alla quale insieme co' suoi maggiori egli aveva grande obbligazione. Ella gli promise di fare quanto poteva secondo le sue forze. Partito che fu quel signore, Caterina si volse alle sue compagne e {110 [110]} disse: «Voi sapete di quanto andiamo debitrici a questo signore per li suoi grandi benefizi verso di noi, e perciò preghiamo Iddio che appaghi il suo desiderio.» Mirabil cosa! La signora che stava per mandare l'ultimo respiro cominciò a star meglio, ed in poco tempo ricuperò la sanità. Fin qui il suddetto sacerdote.

 

 

Capo XX. Suo potere sulla natura. - Prega per li suoi nemici.

 

            La grande unione, che ella aveva con Dio, le faceva soggette per fino le forze della natura. Si parti ella una volta dalla chiesa per gran febbre e dolori che l'avevano presa. Strada facendo fu raggiunta da un sacerdote forestiero, che le aveva tenuto dietro a fine di abboccarsi con lei e conferir seco d'alcune cose spirituali. Rincrescendo a Caterina di rimandarlo ad un'altra volta, e per altro canto essendo cosa insopportabile con febbre e dolori di tal {111 [111]} sorta dimorare sotto la sferza di quel sole, poichè era il mese di giugno, piena di fiducia in Dio alzò gli occhi al cielo ed impetrò che una piccola nuvoletta si venisse a porre dinanzi agli ardori del sole coprendo lei, il sacerdote ed eziandio le compagne da lei un poco distanti. Durò quella nuvoletta finchè fu terminato il discorso, quindi sparve. Se ne accorse allora quel sacerdote, e a forza di preghiere si fece raccontare da lei il vero della cosa.

            Si era un giorno levato in un tratto un ferribile rumoreggiar di tuoni e soffiar di venti, per cui molti paventavano grandine alle biade ed immenso danno alla campagna. Annunziato questo pericolo a Caterina, che era inferma, tosto si alzò e fattasi alla finestra fece contro alle nubi un segno di croce. Si spartirono in un istante le nuvole, come attesta un cotale che fu spettatore del fatto, e Racconigi fu preservato dalla grandine, sebbene i paesi vicini ne fossero flagellati.

            Simil modo adoperava col fuoco. Una volta che giaceva inferma di gran {112 [112]} febbre e dolori udì che si era appiccato fuoco alle case vicine. Levatasi dal letto come se non avesse male alcuno, e incamminatasi al luogo diceva: «Spero che il Signore ci aiuterà.» Arrivata al luogo dell'incendio, ed ardendo già il solaio fece il segnò della santa croce, e subito fu spento il fuoco.

            Altra volta accadde che venendo ella da Casalmonferrato in nave pel Po, ed essendo la nave già presso a Crescentino sull'imbrunire, parte per la grande sabbia, parte per l'imperizia dei barcaiuoli, si arenò per guisa che nè avanti, nè indietro muovere si poteva. Intanto per l'ognor cresente turbazione si spense il lume ed il fuoco, sicchè non si trovava più nel focolare neppure una scintilla. Allora Caterina si volse al Signore pregandolo che gli piacesse provvederli di lume e di fuoco. Dopo l'orazione, pieno il cuore di speranza, fece il segno di croce sopra un tizzone fin dal giorno innanzi affatto spento. Sull'istante cadde dal cielo un globo di fucco su quel tizzone e lo accese. Questo fatto fu raccontato da {113 [113]} uno di quelli che ebbero parte in quella turbazione, e videro il miracolo.

            Ella dimostrava un amore straordinario per li suoi nemici. Di giorno e di notte pregava per loro, affinchè Dio li illuminasse colla sua divina grazia e non andassero dannati.

            Avendo una donna scagliato mille ingiurie contro di Caterina, ella non solamente non fu inasprita, ma fece ogni opera per rappacificarla a fine di stornare dal suo capo la vendetta da Dio minacciata contro i mormoratori. Vinta la nemica dalle sue dolci parole si pentì e le domandò perdono. Caterina non solo la perdonò, ma le fece subito un benefiziò. Avendo quella donna comperato del frumento, e non trovando modo di pagarlo, Caterina si portò dal suo creditore e gli sborsò la somma dovuta. {114 [114]}

 

 

Capo XXI. Suo privato tenor di vita. - Come si diportasse in occasione di una feroce pestilenza. - Sua umiltà.

 

            Il privato tenore di vita di Caterina era questo. Levandosi al mattino deliberava di consumar quel giorno operando ogni cosa in modo, che tutto ridondasse a maggior gloria di Dio. Lungo il giorno poi sollevava frequentemente la sua mente ed il suo cuore a Dio con fervorose giaculatorie. La sera prima di andare a letto si richiamava alla mente in qual modo avesse impiegato quella giornata. Trovando di aver fatto qualche cosa di bene ringraziava il Signore, se poi si accorgeva di aver commesso qualche cosa degna di riprensione ne dimandava perdono a Dio, detestando di tutto cuore ogni mancamento. Con maggior diligenza ancora, quando andava alla chiesa per confessarsi, ella esaminava la sua coscienza di quello che le paresse peccato; e dopo la confessione pregava Dio che le concedesse {115 [115]} la grazia di emendare i suoi costami, e di far tutto a suo onore e gloria. In questo modo ella giunse a quel grado di perfezione e di santità, in cui noi la vediamo.

            Molti disturbi però le dava lo spirito maligno per impedire il gran bene che ella faceva pregando. In quel tempo in Torino ed in altri luoghi vicini spargendosi il rumore di una mortifera pestilenza, Caterina pregava senza interruzione a benefizio di quei popoli colpiti da quel castigo. La pestilenza si dilatò di fatto per ogni castello e per ogni villa vicina, mietendo tante vite da vuotare i paesi e le case. Solamente Racconigi rimase illesa da tale morbo.

            Imperversando da per tutto la mortalità in modo spaventevole si sparse similmente in Corniliano terra vicina ad Alba. Quivi si appiccò alla fantesca di un certo Guglielmo, molto famigliare di Caterina. Temendo egli per se e per la sua famiglia fece tosto noto a Caterina il pericolo. Ricevuta tale notizia, ella sei giorni stette per lui {116 [116]} in orazione, compiuti i quali essendo discesa una volta dalla sua camera si senti nel cuore un gran giubilo, ed insieme un maggior stimolo a pregare. Per questo salita nella sua cameretta con più lagrime che avesse mai fatto racomandava a Dio il suo amico dicendo: «Voi me lo avete dato, perchè non me lo conservate? Già maggiori cose mi avete concedute, e non diffido che mi con ediate ancora questa, poichè mi parrebbe troppo duro a soffrire se mi negaste questa grazia, che vi chieggo per vostro amore.»

            Dio esaudì le preghiere della sua serva fedele e niuno di quella famiglia perì di quel morbo. Una figlia già infetta, per le preghiere di Caterina risanò; due servitori lasciati alla guardia delle cose domestiche, sebbene sovente avessero a conversare cogli appestati, furono salvi. Guglielmo riconoscente di sì segnalato favore innalzò un sacro edifizio, che servisse di pubblica testimonianza.

            Intanto Caterina vedendo che quei di Racconigi invece di mostrarsi riconoscenti {117 [117]} a Dio continuavano nei loro peccati, moltiplicava le sue preghiere per essi, grandemente temendo che la collera di Dio si versasse finalmente anche sulla sua patria. Poco dopo anche Racconigi fu colpita da quel terribile flagello.

            Quel medesimo anno ella disse ad un sacerdote suo lamigliare, che era volontà di Dio, che le grazie a lei concesse fossero manifestate nella sua Chiesa, e che sarebbero ordinate e scritte da due persone, delle quali allora una sola ne conosceva. È questi era il conte Pico della Mirandola; l'altro fu poi il suo confessore p. Morelli, il quale prese l'abito di s. Domenico l'anno dopo, alle memorie dei quali trasse poi ogni altro biografo di Caterina. Tuttavia di tutte quelle grazie non si potè tener conto, perchè ella a cagion d'umiltà aveva bruciate parecchie memorie da lei scritte di grazie ricevute, a ciò spinta dall'aver inteso, che un frate ne aveva palesate alcune. Da quel tempo in poi ella fu sempre {118 [118]} più ritenuta a palesare simili segreti a' suoi famigliari.

            Molte di queste grazie non si seppero che a caso, o per forza di preghiere; ma aveva tali segreti, che non volle mai palesare ad alcuno per quanto le fosse famigliare. Questo procedeva da umiltà, la quale era in lei sì grande, che quando andava all'orazione soleva dire: «O santi, nascondetevi dalla puzza di chi viene per andare dal suo padre celeste.» E chiamava se stessa verme peloso, e spiegando poi queste parole diceva a chi la interrogava: «Siccome un verme peloso strascinandosi porta seco ogni immondezza che è per terra, a quel modo fo io pure, che coll'affetto mi attacco facilmente ad ogni cosa, ed aggiungo imperfezioni ad imperfezioni.

            Narra il conte Pico, che una volta venendo a ragionare dei doni di Dio e della gratitudine, ella cominciò a piangere, dicendo che ogni altro sarebbe stato più riconoscente di lei, se avesse ricevuto altrettanto da Dio. Sentendo un'altra volta a lodare una giovine {119 [119]} vedova per la sua grande innocenza e modestia, Caterina non potè tenersi dalle lagrime, paragonando se stessa a quella donna, la quale con minori aiuti era così perfetta.

            Dicendo un giorno al padre Morelli, che ella si teneva per la più grande peccatrice che fosse al mondo, egli le disse: «Ma come può essere questo, mentre si sa, che la terra è piena così d'uomini come di donne di scellerata vita, e voi, per grazia di Dio, non bestemmiate, non rubate, non uccidete, nè fate alcuno de' mali ch'essi fanno?» Ed ella rispose: «Ohimè! se costoro avessero ricevute quelle grazie, che Iddio si compiacque di concedere a me, io son certa che essi non solamente non sarebbero caduti in tanti peccati, ma anzi sarebbero a Dio molto più grati di me, e meglio le avrebbero adoperate a salute.»

            Essendo già circa otto anni che non riteneva più cibo di sorta, eccetto nel giorno della santa comunione, due dei suoi famigliari le dissero, essere meglio che non pigliasse più cibo alcuno, {120 [120]} atteso la subita restituzione non senza sua pena, e atteso ancora che questo cibo era sprecato, ed ella avrebbe dovuto astenersene per amor dei poveri. Ella saggiamente loro rispose: «Quand'io facessi come voi dite, il fatto mio sarebbe troppo scoperto perciocchè del vomito io mi posso celare, non così dell'intiera astinenza da ogni cibo, e più mi rincrescerebbe che altri dicesse: ella vive senza cibo che se si dica: ella tosto presolo il rigetta. E aggiungeva ancora un altro motivo, cioè di tenersi guardata dagli inganni del demonio, e perciò diceva: «Il Signore Iddio concede alle volte una grazia e poi la ritoglie a suo talento, ed io persuadendomi che Dio mi dovesse sempre conservare senza cibo corporale, potrei cadere in qualche presunzione. Per non essere adunque ingannata, nè tentare Iddio non voglio lasciare di prendere il cibo come ho fatto finora. Tuttavia pregava Iddio che le cangiasse questa penitenza in un'altra meno apparente. Ella insomma era così umile, che {121 [121]} non solo le altre virtù, ma eziandio la stessa umiltà cercava di nascondere. Per provare la sua umiltà, e vedere se la sua santità fosse ben fondata venne una volta da lei un venerabile sacerdote. Incominciando egli a parlare di cose spirituali proprie e convenevoli al suo disegno, Caterina, contro il suo costume, di quando in quando lo interrompeva con altri discorsi alieni e stravaganti. Il che ella faceva affinchè quel padre andasse via da lei con poca buona opinione del fatto suo.

 

 

Capo XXII. Come fosse a molti conosciuta la sua santità. - A pro di chi se ne serviva. - Varie tentazioni. - Alcune profezie.

 

            A molti fu manifesta la santità di Caterina ora per inspirazioni, ora per visioni e segni esteriori. Viveva in Savigliana un'altra Caterina del medesimo abito, celebre per divine illustrazioni. Costei tutte le volte che veniva {122 [122]} interrogata sul conto della nostra Caterina sempre la ricolmava di lodi, chiamandola gran santa. Un'altra verginella che conosceva solo per fama Caterina, la vide in Cielo collocata si alto, che a fatica collo sguardo la poteva arrivare. Una vedova sua compagna le vide un giorno sul capo uno splendore a guisa di stella, ed i suoi famigliari a questi splendori, ed al candore repentino del suo volto s'accorgevano della presenza di qualche spirito celeste. Un sacerdote disse che, entrato nella camera, dov'ella giaceva inferma, la vide sospesa in aria sopra del letto, e che la senti a parlare in eccesso di mente.

            Questa santità non era utile a lei sola, ma molti furono per lei ridotti a penitenza come già si vide, e si vedrà ancora per lo innanzi.

            Intorno al tempo di cui parliamo era un giovane nella città di Saluzzo condannato alla morte. Approsimandosi il giorno del supplizio fu chiamato un padre di s. Domenico a confortarlo e prepararlo alla morte. Per quante {123 [123]} esortazioni gli fossero fatte, non voleva arrendersi, nè a confessarsi, nè a pensare all'anima. Afflitto di questo caso il buon padre, essendo famigliare con Caterina, si mise a pregare Iddio che toccasse il cuore a quel disgraziato, raccomandandolo pure alle preghiere di questa gran serva di Dio. Caterina, come se gli fosse stata vicino, sentì la voce del frate e gettatasi innanzi a Dio con ogni umiltà e con lagrime pregava dicendo: «O Signore Iddio, o ferma mia Speranza, o Sposo dell'anima mia, io vi prego che siccome mi avete fatto udir cotesta vece lontana, e conoscere il pericolo di questo peccatore, così mi vogliate far dono di quest'anima, affinchè io la possa poi presentare alla vostra destra nel giorno del tremendo giudizio.» Dal canto suo perseverando il buon religioso a esortare il suo prigioniero che volesse aggiustare i suoi conti con Dio, ecco che lo vide a commoversi, a versar lagrime, domandando di confessarsi. Fece una commovente confessione, mostrando grande pentimento dei suoi {124 [124]} peccati. Giunse intanto l'ora fatale, ed egli rassegnato ricevette la morte in penitenza delle sue colpe, e l'anima sua se ne volò al cielo.

            Un gentiluomo amico e benefattore di Caterina si trovava in gravissima infermità. Ella aveva già preveduto che questa malattia sarebbe stata lunga, e che contro al pensiero di tutti avrebbe finito colla morte. Lo presagì difatto al medico Tommaso Isnardo, assicurandolo che contro la sua speranza sarebbe stata lunga la malattia, e che fuori di un miracolo l'infermo non sarebbe più guarito in alcun modo. Conosciuto adunque Caterina che pel suo benefattore non v'era più speranza di guarigione, pregò il Signore che almeno si salvasse l'anima sua.

            Stando adunque l'infermo in estremo ella si portò al suo castello, che non era molto lontano, e quivi tanto pregò per lui che meritò dal Signore questa risposta: «Cara figliuola, io ti concedo quest'anima.»

            Ritornando ora a visioni e rivelazioni, nell'anno 1523 nel mese di febbraio, {125 [125]} venne il demonio per indurla alla disperazione e le diceva: «O Caterina, mi rincresce molto che tu cotanto ti vada affaticando per un niente! faresti assai meglio, se attendessi a te stessa ed alla tua pace, imperocchè dopo la morte non potrai più avere alcun bene, sapendo noi di certo, che insieme col corpo muore anche l'anima. E questa verità è manifesta, poichè di tante migliaia d'uomini, eziandio di quelli che hanno vissuto santamente, niuno è ritornato mai a portare nuove dall'altro mondo, ed a consolare gli amici, la qual cosa non avrebbero mancato di fare, se le anime fossero veramente immortali.» A queste solenni e diaboliche menzogne Caterina spinta da santo sdegno rispose «O brutta bestia, come osi fare così l'impostore con me? con me che so per isperienza che le anime sono immortali? Non hai tu ancora imparato a tua confusione, che le anime beate di molti che furono in corpo mortale sono venute a darmi aiuto quando io era da te oltraggiata? Siccome tu pure {126 [126]} sei immortale, così immortale è ciascun anima degli uomini, creata a somiglianza di Dio. Ma tu sei esule e scacciato per sempre da quella pace, che godono le anime sante, e tanta è l'invidia che ti rode, che fai tutto quello che sai per privare le anime di quella celeste gloria. In quanto poi al ritorno delle anime in questo mondo la cosa non è come tu dici; perocchè esse qualche volta, piacendo fa Dio, vengono a fortificare la nostra fede, e consolarci. Non occorre adunque che tu mi venga sofisticando, poichè ho veduto io co' miei occhi stessi i corpi da loro assunti per essere da me vedute.» Il che udito, quel maligno, confuso se ne parti.

            Alcuni anni prima essendo un giorno rapita in ispirito, sentendo un gran fremito, e scalpitar di cavalli, predisse il ritorno dei Francesi in Italia. Vedendoli poi a passare pel Piemonte e nella sua patria pianse dicendo, contro l'aspettazione di tutti, che quelle genti così bene ordinate andavano verso la morte. Molti si facevano beffe della sua {127 [127]} predizione, ma ella vie più affermava che così sarebbe stato; e fu poi da tutti creduta quando si vide la sconfitta che toccarono i Francesi sotto la città di Pavia.

 

 

Capo XXIII. Sostiene varie persecuzioni. - E bandita da Racconigi. - Viene ad abitare in Caramagna.

 

            Il nostro divin Salvatore, quantunque cercasse di fare a tutti del bene, tuttavia anche egli ebbe i suoi nemici, i quali tanto lo perseguitarono, che in fine lo fecero condannare alla morte di croce. Così i suoi seguaci se vogliono giungere con lui alla gloria del cielo devono passare per la stessa via, per la via delle persecuzioni.

            Sebbene Caterina fosse dal popolo amata e tenuta in venerazione, nulladimeno non mancarono alcuni, i quali svergognati della santa vita che ella menava, cercarono ogni modo di farle perdere quella riputazione che {128 [128]} godeva. Alcuni perciò recatisi dal superiore dell'ordine suo tante calunnie inventarono contro di lei, che egli loro credendo, risolse di secondare la loro malignità.

            Caterina avendo ciò saputo, temendo che egli così facendo offendesse il Signore, ed inoltre parendole cosa troppo dura essere perseguitata da quei del suo ordine, pregava che questa tribolazione le fosse cangiata in qualsivoglia altra.

            La prima domenica dell'avvento essendo molto inferma da non potersi recare alla chiesa, le apparve s. Michele, il quale la consolò con dolci parole. Le disse che non si rattristasse per quello che il suo superiore male informato faceva contro di lei, assicurandola che quella persecuzione era a guisa d'un martello, che percuotendo una massa d'argento, quanto più la batte altrettanto la fa dilatare e risplendere.

            Essendo dunque male disposto verso di lei il superiore, Caterina gli chiese che gli fosse lasciato il suo consueto {129 [129]} confessore, a fine di avere una persona fidata per rispondere a lettere di principi e grandi maestri; ma egli sebben fosse pregato per via di lettere dalla duchessa di Savoia, dalla marchesa di Monferrato e da altre grandi persone, non mai la volle esaudire. Ma Iddio voleva porre un termine a questa malintesa persecuzione. Un dì la santa si portò da lui chiedendogli forse questo medesimo favore. Appena egli la vide, con volto severo ed aspra voce le disse: «Sei tu Caterina? Sono quella vostra misera ed inutile serva e figliuola Caterina. - Perchè non osservi tu quel che comanda la Religione, e non fai a modo nostro? - Padre, io dimando solo quello che è utile all'anima mia, e che non sia contrario agli obblighi della mia religione.» Egli però non badando a quello che ella diceva continuava a rimproverarla dicendole che non così dovevasi regolare, e portandole per esempio un'altra vergine, che faceva tutto a modo suo. Sommessamente gli soggiunse Caterina: «Io facilmente mi persuado che questa {130 [130]} mia sorella sia migliore di me: tuttavia ella ha i suoi bisogni ed io ho i miei, e parmi di fare molto, osservando quello, a cui mi sono obbligata. Quello poi che io cerco non solamente non è contrario allo stato della mia religione, anzi è volontà di Dio che si faccia così. - Or che segno mi dai tu, che io possa conoscere essere in ciò la volontà di Dio? - Vi do questo segno, che voi cangierete deliberazione, e per dire il vero, già comincia ad intenerirsi il vostro cuore.» Rimase egli allora pieno di maraviglia vedendosi palesare il suo segreto, e sentendo predire che doveva pur essere ciò, che in quel punto non voleva ancor che fosse, e ben poteva fare che non fosse. Dandosi per vinto finì di consolarla, dicendo che si rallegrasse, poichè esaudirebbe la sua dimanda, non per le preghiere fategli da chicchessia, ma solo pel suo rispetto; e le concedette quello che aveva già negato a tanti grandi del mondo.

            Acquietato il superiore, e conosciuta la sua innocenza vieppiù s'inasprirono i suoi nemici, i quali cercarono di toglierla {131 [131]} dal mondo col farle bere il veleno. Ma Iddio che protegge i servi suoi fece si che ella nessun male ne sentisse. Allora vedendo essi che a nulla erano riusciti i loro sforzi, tanto fecero e tanto dissero e presso gli uni e presso gli altri i che la fecero bandire da Racconigi. Già molti anni prima che ella vestisse l'abito di s. Domenico le era stato dimostrato che nell'avvenire doveva abitare in Caramagna, terra discosta circa due miglia da Racconigi, la casa dove avrebbe dimorato, e il bando che le sarebbe dato dalla sua patria. Poco dopo essere stata vestita dell'abito seppe che per opera de' suoi avversari essa sarebbe perqualche tempo abbandonata dai frati del suo ordine, è che padre Agostino di Reggio, il quale era stato a lei dato per confessore, sarebbe stato tolto da quest'uffizio, come si avverò puntualmente.

            Giunse intanto il giorno del suo esigilo stabilito dalla malignità del mondo; ed ella fra le beffe e gli schiamazzi di alcuni scostumati dovette abbandonare {132 [132]} la casa paterna per condursi tra gente straniera.

            Si mise adunque alla volta di Caramagna, paese fortunato, poichè eletto dal Signore a ricevere e possedere una sì gran santa. I suoi nemici vedendo che col farle dare il bando non avevano potuto riuscire nel loro intento, a fine di effettuare un peggiore loro disegno si adoperarono con un suo superiore per farla ritornare in Racconigi. Avendo saputo Caterina come quel superiore trovavasi in Racconigi, e sapendo che non le era proibito di venire di quando in quando alla sua patria, ma solamente di fermarsi per lungo tempo, si portò da lui per ossequiarlo. Allora questi le manifestò il suo volere, che ritornasse in patria. Ma Caterina gli rispose: «Padre, io sono figliuola dell'ubbidienza, e sono pronta ad ubbidire sino alla morte in ogni cosa che sia secondo la regola a cui mi sono obbligata: ma alle altre cose per ora non intendo d'obbligarmi. Pertanto a ciò, che dite, non obbligandomi la regola, e tanto più essendo contraria la {133 [133]} volontà di Dio, abbiatemi per iscusata, se non vi obbedisco.» Il superiore por tale risposta essendosi risentito, male informato dell'integrità della vita di Caterina, proibì ai conventi vicini di mischiarsi della sua spirituale direzione: e questo durò circa due anni, finchè quegli continuò nel suo uffizio.

            In questo intervallo, che era abbandonata dai frati del suo ondine, le venne una forte tentazione che la esortava a porre fine alla sua vita, giacchè Gesù Cristo ed i suoi padri l'avevano abbandonata. «Tu sei un bugiardo, rispondeva Caterina allo spirito maligno, perchè Dio non abbandona mai ohi in lui confida. Io sono redenta dal suo prezioso sangue, ed egli di me si prenderà cura. Riguardo poi ai padri del mio ordine poco m'importa del loro aiuto, perchè solo per amor di Dio ho vestito quest'abito, e non per loro; il mio sposo Gesù mi provvederà in altro modo.»

            In mezzo a tante persecuzioni ella non cessava di pregare per li suoi nemici. Dio in fine la volle consolare facendo {134 [134]} sì che molti de' suoi avversari si pentissero del mal fatto. Tra gli altri hi colui che l'aveva bandita, il quale sebben fosse uomo d'alto affare, nondimeno le chiese perdono delle varie calunnie ed offese, che le aveva fatte. Di ciò non ancor pago mandò uno dei suoi più famigliari, il Morelli, a pregarla che volesse ritornare in patria, dove dalle persone timorate di Dio ella fu sempre venerata. A tante e sì calde preghiere Caterina avrebbe accondisceso, se non avesse saputo essere volontà di Dio che ella se ne rimanesse in Caramagna.

 

 

Capo XXIV. Va a Rodi. - Quello che ivi le occorse. - Alcune sue limosine.

 

            In quel tempo (anno 1525) Caterina per accondiscendere alle preghiere del conte Pico andò al castello di Rodi, non molto lontano dalla città d'Alba stato comprato poc'anzi dalla contessa sua moglie. Ivi parlando di varie cose, {135 [135]} desiderava il conte soprattutto d'intendere, qual segno, qual lume ella avesse per conoscere i segreti del cuore, e le cose avvenire, siccome ella faceva. Perciò interrogatala di che qualità fesse questo lume per cui poteva discernere il vere dal falso, e se non le fosse mai accaduto di sbagliare, rispose che non si era mai ingannata quando aveva cotal lume, e quindi per via di somiglianza disse varii modi di questa luce divina, che in certe occasioni le irradiava la mente. Disse che in prima le appariva innanzi agli occhi uno splendore di viva fiamma, quindi si sentiva sollevare coll'anima in modo, che le pareva non avesse più il corpo, ed allora di tal luce restava illuminata per modo la sua mente, che le era impossibile di prendere sbaglio. Disse un'altra volta che quando Iddio le concedeva questo lume ella vedeva colla mente le cose occulte, come un uomo vede in un muro bianco diverse linee di colori, che siano slate sopra tracciate. Stando adunque a parlare di queste cose spirituali con grande gusto del conte, s'accorse questi che a {136 [136]} Caterina di tratto in tratto si turbavano gli occhi, e talvolta si oscuravano quasi coprendosi d'una nuvola sanguigna. Egli fortemente si maravigliava; tuttavia per allora non osò interrogarla della cagione di questo fatto. Ma in progresso di tempo crescendo la sua famigliarità con lei, una volta che vide di bel nuovo quella contrazione della fronte e quel sanguigno negli occhi, le dimandò che cosa ciò fosse, ed ella rispose che le doleva il capo. Di ciò non contento il conte le chiese se il male fosse naturale, o sopranaturale; ella rispose in modo, che parte sembrasse rispondere a quel che egli intendeva, parte dir altre cose. Non fu ancor soddisfatto, e pregatala che le volesse dire la vera cagione, seppe che era la corona di spine che invisibilmente portava in capo, la quale le cagionava alle volte acutissimi dolori. Mentre si trovava in quel castello, una notte le venne innanzi un demonio di terribile aspetto dandole vari assalti; ma ella ricorse al suo Gesù e lo cacciò via. Il conte, che giaceva da un'altra {137 [137]} parte del castello assai lontana, sentì una vociaccia strana che non gli pareva nè d'uomo, nè di bestia alcuna conosciuta. Come fu fatto giorno, domandò a Caterina se la notte passata niente le fosse avvenuto. Ella tacque sulle prime, poscia sorridendo manifestò il tutto. Il conte investigando l'ora trovò esser quella appunto, in cui egli aveva udito quello spaventoso grido. Simile strepito udì altra volta, e disse che fu spaventato, e che tutto tremava. -

            Intorno a questo tempo, facendo molto freddo, vide Caterina una povera donna tutta intirizzita. Mossa a compassione prese una veste a lei molto necessaria e la donò alla poveretta per amor di Dio dicendo: «O Signor mio, povera son nata, e povera voglio vivere e morire, e piuttosto voglio mancare di beni temporali, che di carità.» In premio di si bell'atto le apparve Gesù e le disse: «O sposa mia, mi piace quel che hai fatto per mio amore verso quella donna, privandoti eziandio del necessario.» Ed ella: «Tutto quanto io posseggo è {138 [138]} vostro, e Voi me ne potete privare, come mi meriterei per li miei peccati, e per la mia ingratitudine.» Ripigliò il Signore: «Non ti toglierò giammai i doni che ti ho fatto, anzi te li conserverò aumentandoli e moltiplicandoli ancora.»

            Un' altra volta avendo trovato per istrada un fanciullo tutto tremante pel soverchio freddo lo condusse a casa, e dopo di averlo scaldato lo coperse con certi panni che ella aveva, quindi tutto allegro lo mandò per le sue commissioni. Gesù di nuovo le apparve, lodò quest'atto di carità usata a quel povero fanciullo, e l'assicurò che ne avrebbe ricevuta una grande mercede.

 

 

Capo XXV. Miracoli da Caterina operati. - Maravigliose sue trasportazioni in vari luoghi. - Predizioni.

 

            Sarei quasi senza limite se volessi raccontare tutti i miracoli da Caterina operati. Ne dirò soltanto qualcuno. {139 [139]} Da Vigevano, conoscendola per fama, la invocò una sorella del medesimo ordine a benefizio di una certa Veronica moglie di Bernardo Buccello. Ella da dieci anni pativa flusso di sangue, ed era già stata spedita dai medici. O siano gli angeli che portassero a Caterina queste preghiere, o sia Dio che a lei le manifestasse senza alcun altro mezzo, il fatto si è che colei, che si credeva incurabile, fra cinque giorni si trovò guarita perfettamente.

            Doveva un fanciullo sostenere un taglio dal chirurgo. Caterina fattogli il segno della santa croce assicurò ai parenti che non faceva bisogno di quel taglio. Di lì a non molto egli guari compiutamente.

            Un frate era stato preso da una gran febbre. Sebbene oppresso dal male, si sforzò di mettersi ginocchione, e pregò Iddio che pei meriti di Caterina lo liberasse da quel malanno. In brevissimo tempo egli guarì e venne a ringraziar Caterina.

            Un figliuolo di Signorino Gambolaro passò due anni in grande infermità, {140 [140]} sicchè non v'era più speranza di guarigione, anzi suo padre lo teneva già come morto. Tuttavia la madre non perdendosi di speranza, supplicò Iddio che per li meriti di Caterina volesse ridonare la salute al suo figlio. Ella fu esaudita, poichè il figliuolo in breve tempo guari perfettamente.

            Una donzella di Carignano fu da lei guarita dal mal caduco col solo segno della santa croce.

            Molti ella aiutò, trasportata per modo sopranaturale dov'essi si trovavano. Questo dono di essere trasportata in modo straordinario era per lei così frequente, che ella da' suoi paesani era chiamata la masca di Dio, vale a dire strega, imperocchè mosche sono dette in Piemonte le streghe. Un certo Gioanni Antonio da Monteaperti stando in mare sopra del porto di Pisa correva rischio della vita. In quel frangente, ricordandosi di Caterina, la fama della cui santità era giunta fino a lui, con grande confidenza cominciò a pregarla che lo aiutasse. Non aveva ancora finita la sua preghiera che Caterina gli {141 [141]} apparve e lo salvò da ogni pericolo. Questo pronto soccorso gli accrebbe la confidenza verso di Caterina, sicchè sempre la invocava ne' suoi pericoli. Nell' anno 1527 trovandosi egli sulle navi dei Genovesi, si suscitò una fiera burrasca e le onde alzandosi altissime pareano volessero ad ogni istante mandare a fondo ogni cosa. Già ognuno si credeva perduto, quando Antonio persuase il capitano che volesse raccomandarsi a Caterina. Non appena l'ebbe invocata, eccola apparire in aria sulla nave del capitano, ed insieme cessare la furia del vento, e a poco a poco il cielo ritornar sereno e tranquillo. Due mesi dipoi venne il medesimo Antonio a ringraziar Caterina che mai, se non in aria, aveva veduta.

            Viveva in Alba un cotale che si era posto in cuore di fare una cosa giudicata dal suo confessore colpa mortale, ma che egli non poteva risolversi a credere tale. Un giorno si senti di subito prendere strettamente la mano destra e dirsi all'orecchio: «O poveretto, {142 [142]} tu sei in peccato mortale, e se morrai con questo cattivo proposito, andrai dannato per sempre.» Sbalordito per questa strana ammonizione andò dal suo confessore, gli raccontò il fatto e cangiò pensiero. Questo confessore seppe poi che era stata Caterina la sua consigliera, alla quale egli qualche tempo prima aveva raccomandato un suo penitente.

            Nel tempo in cui nell'Italia ardevano tante guerre tra italiani, francesi, spagnuoli e tedeschi, Caterina pregava ardentemente per la pace. Stando una volta in fervorosa orazione per ottenere da Dio un tanto bene, le apparve Gesù Cristo, e le disse: «Io sono pur disceso dal cielo in terra per seminare la pace, e son pronto a dar pace e misericordia; ma gli uomini non la vogliono. Chiudono il loro cuore alle mie grazie, resistono alle buone inspirazioni, provocano i miei castighi colla loro mala vita, superbia ed ostinazione.» Disse Caterina: «O Speranza mia, io so che siccome è infinita la vostra misericordia, cosi è infinita {143 [143]} la vostra potenza, e perciò potete convertirli tutti a Voi.» Ed egli: «È vero quel che tu dici, ma non conviene alla mia giustizia. Resistendo essi come fanno a tanti miei favori si rendono indegni di ricevere ancora la mia divina bontà, e copiosa misericordia. E perchè tu stessa conosca la verità di quanto ti dico, voglio che tu riprenda quel cotal principe da parte mia, e gli annunzi essere egli vicino alla morte così del corpo come dell'anima se tosto non cangerà vita.» Ciò detto ella fu portata in corpo per ministero degli angeli per io spazio di cento sessanta miglia. Caterina ritrovò quel principe che passeggiava tutto solo in una sala, forse pensando alle sue ribalderie. In nome adunque di Gesù Cristo gli comandò, che pensasse una volta di lasciare i suoi vizi, e specialmente cessasse di nutrire discordie, e fomentare gli incendi della guerra nella cristianità, e deponesse l'ingorda sete delle cose fugaci di questo mondo. Si turbò il principe vedendo una donna entrar sola nella sala in cui egli passeggiava, {144 [144]} e dubitando che fosse qualche spirito le disse: «Saresti tu forse il diavolo, che fossi venuto a tentarmi?» Rispose Caterina: «Non sono il diavolo, nè alcun altro spirito, ma sono una creatura mortale mandata dal Signore ad avvisarti che presto morrai, e qualora non ti arresti da quel che incominciasti, e non lasci la tua superbia e durezza di cuore n'andrai agli eterni supplizi.» Ciò detto gli sparve dagli occhi. Per quell’istante rimase il principe pieno di spavento, ma non mutò pensiero.

            Poco tempo dopo egli moriva ostinato e l'anima sua fu sepolta nell'inferno. Il che, accaduto, Caterina fu portata a quella stanza infernale, affinchè vedesse la giustizia di Dio. Quivi le fu conceduto di parlare a quel misero principe e gli disse: - Mi conosci tu?

            Rispose egli: - Ti conosco.

            - Chi sono io adunque?

            - Tu sei Caterina da Racconigi, la quale mi predicesti la morte vicina e questa dannazione, se io non deponeva {145 [145]} la mia superbia ed ostinazione.

            - Se avessi fatto le cose che ti dissi da parte di Gesù Cristo ora tu saresti nel regno dei beati.

            - Io veggo bene la mia cecità, ed ora Iddio ti ha mandata a riprendermi in questo luogo di pianto per mia maggior confusione e per mio maggior tormento.

            Circa questo tempo le apparve Bilia sua madre, che era già morta e le disse: «Sta in orazione, o figliuola mia, imperciocchè sono vicine grandi tribolazioni di guerre orribili, di fame e di pestilenze. Tu pure avrai molto a patire, ma tutto vincerai per dono e grazia di Dio.»

 

 

Capo XXVI. Sua andata alla Mirandola. - Quel che ivi le accadde. - Morte del conte Pico. - Preghiere ed apparizioni.

 

            Il conte Pico provando grandissimo piacere della compagnia e conversazione di Caterina, tanto fece e disse {146 [146]} che la indusse a recarsi alla Mirandola. Parlando del modo di fare quel lungo viaggio, e dimandando se fosse meglio di condurla in vettura per via di terra, o in barca sul Po, il conte ricordandosi de' suoi viaggi invisibili sorridendo le disse: «Or bene venite senza vettura e senza nave.» Ed ella: ben ci verrò, rispose, se piacerà a' miei condottieri.» Mandò poi un messo a condurla pel Po fino alle rive di Mantova, d'onde condotta al castello vi dimorò per alcuni giorni. Prima però di mettere piede su quella terra, non essendo molto lungi dal castello, incominciò a piangere assai forte. Interrogata dalla sua compagna della cagione di quel pianto rispose: «Piango la rovina che ha da sopravvenire a questo paese.» Il che si vide avverato alcuni anni dopo.

            La stessa sera che arrivò ragionando con lei il conte e la contessa vennero a parlare di una vedova che faceva astinenze più del convenevole; sicchè dubitavano che non vi fosse qualche inganno del demonio. Allora Caterina con grande sapienza cominciò a parlare {147 [147]} del pericolo che corrono quelli, che di soverchio si affliggono in penitenze, e lasciano la briglia della ragione all'impeto del fervore. Diceva che il demonio in questo modo tira nella sua rete quelli che non può avere in altri modi, pigliandoli sotto la specie del bene, non potendoli sotto all'apparenza del male. Altre cose disse così dilettevoli, che coloro che l'ascoltavano non si sarebbero mai da lei partiti.

            Intanto la contessa cadde ammalata. Al mattino tostochè lo seppe Caterina, si turbò d'animo e d'aspetto, e fra breve s'infermò ella medesima, restando libera la contessa e del tutto sana. Il conte maravigliato di questo fatto, ricordandosi del costume di Caterina, cioè che per carità s'addossava le altrui malattie, dopo qualche tempo la interrogò se voleva dirgli la verità di una cosa, di cui egli ancor dubitava, e della quale essa era certa. Caterina rispose di si, e ripigliando il conte se lo farebbe senza niuna eccezione, e promise di soddisfarlo. Allora il conte le disse:» Avete voi tolta sopra di voi la febbre che {148 [148]} aveva la contessa mia moglie?» Caterina presa così alle strette confessò apertamente che cosi stava la cosa. -

            Una volta essendo pregata molto caldamente dal conte e dalla contessa che lasciasse loro vedere la corona di spine, che per sommo privilegio di Gesù portava in capo, Caterina sebbene con grande ripugnanza appagò la loro santa curiosità. Laonde afferma il conte che si vedeva sul capo della santa un cerchio incavato nell'osso in modo, che vi si sarebbe potuto metter dentro il dito mignolo di un bambino. La stessa cosa disse pure d'aver veduto più volte la sua ultima compagna suor Osanna allora quando le acconciava i capelli.

            A grandi passi il conte Pico si avvicinava alla morte, e poco tempo gli rimaneva di vita. Difatto egli fu ucciso col proprio figlio Alberto nell'anno 1533, secondo la predizione che gli aveva fatto Caterina molti anni prima. Egli stava quotidianamente preparato a questa grande chiamata all'eternità. Durante la sua vita mortale egli aveva pregato con molte istanze Caterina che {149 [149]} prima della morte gli ottenesse da Dio tre cose. La prima che fosse breve la pena della morte; la seconda di poter fare penitenza nella vita; la terza che volesse essere contento che facesse ella pure una parte della penitenza che gli toccherebbe nel purgatorio. Il che tutto gli ottenne. Quando egli mori Caterina dopo essersi afflitta grandemente, ed aver sofferto un dolore crudelissimo di cuore, ebbe ancor un'infermità di varie specie di febbre lunga e dolorosa, ed altri incomodi che molto la facevano soffrire. Circa quattro mesi stette il conte nel purgatorio, nel quale spazio parecchie volle le apparve insieme col figliuolo, più cose dicendole. Finalmente le apparvero ambidue, il padre coronato di due corone, di una sola il figliuolo Alberto, rendendole infinite grazie per li suoi suffragi. {150 [150]}

 

 

Capo XXVII. Come conosceva i segreti del cuore altrui. - Ammonizioni fatte ai peccatori.

 

            Erano pochi quelli che venissero a lei senza che si sentissero a raccontare da Caterina ora tutta, ora parte della loro vita, or la cagione della loro venuta, o simili segretezze, che nessuno poteva sapere. Fin da lontano ella conosceva quel che facevano i suoi famigliari. Narra il padre Morelli, il quale fu poi suo confessore, che ella sapeva quand'egli dovesse venire da lei, se fosse già in viaggio e simili, senza che egli od alcun altro gliene avesse fatto parola. Ella annunziava il suo arrivo a quelli che con lei si trovavano, e tosto essi lo vedevano a giungere con grande loro ammirazione. Conosceva le più intime condizioni dei frati di Garessio, e senza averlo mai veduto descriveva così bene la situazione del convento che il padre Morelli ed altri, che già vi erano stati, ne stupivano {151 [151]} grandemente. Circa l'anno 1534 venne il suddetto padre assegnato al convento di Racconigi. Desiderando egli vivamente di parlare con Caterina, la fama della cui santità già correva da tutte parti, determinò di venirla a visitare. Giunto che fu a Caramagna, ov'ella si trovava, udì da Caterina queste parole: Padre, voi avevate due desiderii; uno adesso è compiuto, l'altro non mancherà di esserlo. Il secondo desiderio di quel pio religioso era di conoscere famigliarmente i doni sopranaturali di Caterina, non già per curiosità, ma per sua edificazione, e per aver sempre maggior motivo di glorificare Iddio, mirabile nei suoi santi. Questo desiderio non potè esser da lei conosciuto, se non per divina rivelazione, della qual cosa sempre si maravigliava quel buon religioso. Ella ebbe poi ancora cognizione di alcune sue imperfezioni ignote ad ogni mortai creatura, e de' suoi sforzi a resistervi; e gli svelò parimente certi suoi affanni, e certe segretissime azioni. Per dire il tutto in breve, ella conosceva {152 [152]} talora le più occulte condizioni delle persone, e de' collegi massimamente dell'ordine suo, e le buone o cattive qualità dei capi di nazioni, e governatori della società. Di tale cognizione ella si serviva per dare loro avvisi ed aiuto, ora in persona, ora per mezzo di lettere.

            Due compagne di Sanfrè odiavano grandemente i loro mariti, dai quali erano vicendevolmente odiate. Il marito dell'una era barbiere ed aveva un'infermità incurabile. Un giorno trovandosi insieme le due donne deliberarono di venire a Caterina e dimandarle consiglio sopra questo lor fatto. Si mossero adunque, vennero da Caterina e le raccontarono il loro caso. La santa quando ebbe udito ogni cosa le consolò piacevolmente, e loro disse, che facessero una confessione generale al loro curato. Contente le due donne si partirono e fecero quanto loro aveva detto la santa. Cosa maravigliosa! Subito si cangiò il loro odio in tanto amore, e la pace sottentrò nel cuore de' loro mariti. Ciò non bastò, perche {153 [153]} quello dei due mariti ch'era infermo fuor d'ogni speranza guarì, e l'altro ebbe dal cielo molti benefizi.

            Nel 1536 essendo caduta in una grave malattia la madre del padre Morelli, suo confessore, Caterina una notte le apparve, e le disse che si apparecchiasse perchè dopo a due giorni sarrebbe chiamata all'eternità. La malata riferi tosto l'apparizione alle persone che le stavano attorno, e con grande fervore si apparecchiava a quel gran passo. Tutti intanto stavano ad aspettare che si avverasse la predizione; ed ecco che l'inferma al mattino del terzo giorno passò di questa vita all'eternità.

            Un parente di questo stesso Morelli era venuto da Garessio a visitare Caterina in Caramagna, e con lei parlare delle cose dell'anima. Uscendo poi egli dal colloquio colla santa, il Morelli lo vide che tutto sudava, e sebben pregato, per nissun conto volle fermarsi; ma subito prese il cammino per Garessio. Passò qualche tempo, e venendo a Garessio il padre Morelli, {154 [154]} appena ivi arrivato fu pregato da quel suo parente che volesse ascoltare la sua confessione, e gliene disse il motivo: «Quando fui a visitare suor Caterina in Caramagna, mi scoperse un peccato già commesso molti anni prima, e che io per vergogna non ho mai confessato intieramente ai miei confessori. Ella mi esortò a confessarmene. Io desidero ora di confessarlo da voi.»

            Da tutti questi fatti ed altri molti che si potrebbero raccontare apparisce chiaramente che Caterina aveva dal Signore il dono di conoscere gl'interni segreti dei cuori. Del qual dono ella sempre si serviva pel bene delle anime e per la maggior gloria del suo Dio.

 

 

Capo XXVIII. Alcune sue visioni e profezie.

 

            Dopo la morte del marito la contessa Giovanna della Mirandola dimorava nel castello di Rodi vicino ad Alba, il quale le apparteneva. Temendo Caterina {155 [155]} che quella terra venisse offesa dai soldati sparsi per colà, pregava senza riposo acciocchè ne fosse preservata. Stando un giorno la contessa appoggiata ad una finestra con una fante videro Caterina in poca lontananza, che benediceva alla terra di Rodi. Subito la contessa mandò la compagna a pregarla che non mancasse di passare al castello. Ma giunta sul luogo guarda da una parte e dall'altra, cerca per molto tempo, e più non la vede. Si persuasero allora le due pie donne che ella era sparita. Ma la benedizione di Caterina non fu senza effetto; e finchè visse la contessa, il castello, malgrado il frequente passar di soldati, fu sempre preservato da ogni danno.

            Intorno a quel tempo rapita in estasi vide Gesù Cristo in mezzo ad una vasta pianura legato ad una colonna, e intorno una moltitudine smisurata di persone d'ogni condizione, che lo dispregiavano e lo percuotevano. Infine vide tutta quella, moltitudine flagellata dal Salvatore, e conobbe la gravezza {156 [156]} dei flagelli che dovevano piombare sopra gli uomini, e specialmente nel Piemonte. Conobbe parimenti per nome molte persone, che furono poi da lei avvisate o fatte avvisare.

            Nell'anno 1540 ogni volta che andava a messa vedeva metà l'ostia di color nero, e seppe che questo signicava le eresie che tribolavano la Chiesa di Gesù Cristo.

            Antivide e predisse le tribolazioni, che a Caramagna sarebbero per succedere, e molte preghiere innalzava al Signore, che volesse risparmiare i suoi castighi a questo paese, che con tanta carità l'aveva accolta. Avendole il Morelli raccomandato Garessio, sua patria, Caterina gli disse, che non avrebbe sofferto il saccheggio, ma che non sarebbe scampato da qualche danno. Non più la finirei se volessi scrivere tutte le predizioni che ella fece, e che tutte si avverarono. Laonde possiamo dire che in lei si adempì perfettamente quello che Dio aveva già promesso per bocca del profeta Gioiele: «Io spanderò il mio spirito sopra {157 [157]} le vostre figliuole, ed esse profetizzeranno.

 

 

Capo XXIX. Porge aiuto ad alcune persone. - Altre sue visioni.

 

            Nel 1544 seguì la battaglia di Cerasole, nella quale restarono sul campo circa dieci mila persone fra l'una e l'altra parte. Caterina vide gli uccisi dell'una parte andar quasi tutti all'inferno, ed invece salvarsi quei dell'altra. Si esaminò il fatto e si venne a sapere che i primi erano quasi tutti infetti della eresia di Lutero; i secondi all'opposto essendo cattolici, e trovandosi allora nel tempo pasquale, avevano già fatto la loro Pasqua, ed aggiustate le cose di loro coscienza.

            Durando queste sanguinose guerre, in cui tante anime andavano alla perdizione, Caterina pregava, digiunava a fine d'indurre il Signore a por termine a tanti mali. Mosso Iddio dalle suppliche della sua serva fedele, infine le diede questa risposta: «Io soddisfarò {158 [158]} alla tua domanda; ma sappi che ti costerà assai caro.» Il che non voleva già dire che si facesse la pace, ma solamente la tregua, che durò fino all'anno 1551. Questa tregua fu un gran bene per questi nostri paesi tanto travagliati dalle guerre.

            Per tanto in quegli anni calamitosi non potendo i suoi divoti farle arrivare le consuete limosime per impedimento dei soldati sparsi da tutte parti, ella si trovava alcune volte in gravi bisogni. Allora ella ricorreva all’orazione, ed il Signore veniva spesso in suo soccorso coll'operar prodigi. Non di rado venendo alla sua cassetta, che già da lungo tempo era vuota, Caterina vi trovava quanto le faceva bisogno. Gesù Cristo dice nel suo Vangelo che Iddio non manca di provvedere a colui, che cerca prima la gloria del Signore e la salute dell'anima propria. E Caterina fra migliaia d'altre sante persone provò quanto Iddio sia fedele in questa sua promessa.

            Nell'anno 1545 rapita in estasi vide una schiera di gente camminare a {159 [159]} due a due nell'acqua torbida sulla riva del mare. Più innanzi poi in alto mare vedeva una bellissima nave tutta risplendente e di dentro e di fuori, e carica oltremodo di gente. Nei primi raffigurò i seguaci di Lutero, che in quei giorni faceva grande guasto alla Chiesa, e milioni d'anime strascinava nell'errore; nella nave raffigurò la Chiesa cattolica, la quale ad onta dei suoi nemici, galleggia sempre vittoriosa nel mare di questo mondo, ed i suoi figli couduce sani e salvi al porto del Paradiso. Felici noi che ci troviamo su questa nave. Essa sola può condurci al cielo. Questa mistica nave della Chiesa fu già raffigurata dall'arca di Noè. Siccome al tempo del diluvio tutti quelli che non si trovarono con Noè nell'arca perirono nelle acque, così tutti quelli che non sono nella Chiesa che ha per capo visibile il Papa e per capo invisibile Gesù Cristo, andranno eternamente perduti. Siamo adunque gelosi di conservare il nostro posto in questa nave benedetta, che dal tempo degli Apostoli {160 [160]} sino ai giorni nostri sempre ha vinto, e non fu mai vinta, che sempre ha superato e trionfato delle tempeste, che contro le hanno suscitato i suoi nemici nel corso di oltre a diciotto secoli. Ed in questi giorni deplorabili, in cui noi la vediamo assalita da tutte parti, ravviviamo la nostra fede, e stiamo sicuri che ella non soccomberà. Non solamente le forze del mondo, ma nè anco quelle dell'inferno tutto potranno contro di Lei prevalere. Ce lo assicurò il nostro divin Salvatore con queste consolanti parole: et portae inferi non proevalebunt adversus eam.

 

 

Capo XXX. Guarigioni ottenute per sua intercessione. - Soccorsi portati ai suoi divoti. - Visioni.

 

            In quel tempo il padre Morelli aveva un nipote di tre anni, il quale era così malconcio nelle gambe, che in niun modo poteva reggersi in piedi, ed inoltre andava sempre di giorno {161 [161]} in giorno perdendo la parola. I medici più non sapevano che fare; quanto più adoperavano rimedii per guarirlo, altrettanto si aumentava il suo male. Vedendo che a nulla valeva l'arte umana il padre Morelli persuase il genitore del Fanciullo di palesare a Caterina questo loro affanno, e pregarla che volesse raccomandare il loro figlio al Signore. Le scrissero adunque una commovente lettera significandole la loro disgrazia. Ricevuta che ebbe Caterina questa notizia si pose ginocchioni, e pregò caldamente l'amato suo sposo Gesù a voler consolare questi afflitti genitori. Ed ecco che il giorno dopo veggono il fanciullo correre comodamente, e a saltare tre o quattro gradini di una scala con agevolezza ammirabile. Non si può spiegare la consolazione di cui fu ripieno il cuore di quei genitori alla vista di così segnalato favore. Ma ciò non ancor bastò; il fanciullo ricuperò perfettamente la loquela, e da lui sparì ogni altro malore. –

            Una donna attempata, di nome Camilla Cavaletta, era andata una volta {162 [162]} ad una cappella di campagna. Giunti ad un punto della strada doveva passare un fosso pieno d'acqua fangosa. Il ponticello, essendo stretto e sdrucciolo per la pioggia testè caduta, la povera donna cadde giù nel fondo, donde non era più possibile uscire da se stessa, sia per la profondità del fosso, sia per l'avanzata sua età, e nessun soccorso poteva sperare essendo lontana dalle abitazioni. In sì gran pericolo alzò gli occhi al Cielo e disse: «O santo Serafino, custode della mia cara madre suor Caterina da Racconigi, se sono vere le grazie e i doni celesti che voi fate ad essa, e le si belle cose che si dicono della sua santità, porgetemi ajuto in questo miserabile caso.» Detto fatto. Sull'istante si trovò fuori dall'alto e fangoso fosso senza sapere in che modo ciò fosse avvenuto.

            Nell'anno 1546 morì il suo confessore padre Agostino, e in tale uffizio a lui succedette, come già si è detto, il padre Morelli, sebbene fosse assegnato al convento di Garessio sua patria. {163 [163]} Egli più non dimorava in Caramagna come il padre Agostino, ma da Garessio veniva di quando in quando a confessarla, tollerando con somma rassegnazione i disagi di quel frequente viaggio.

            Una volta le parve in visione che questi fosse tutto sott'acqua. La qual cosa per opera del demanio, che già lo aveva minacciato, si verificò appieno due giorni dopo. Imperciocchè egli cadde nel Tanaro, le cui acque sono rapidissime. Sebbene le molte pioggie avessero ingrossato quel fiume e perciò grande fosse il pericolo di restarvi annegato, tuttavia si potè salvare, mercè le preghiere che Caterina già aveva fatte per la sua salvezza. -

            Molte preghiere e penitenze ella faceva specialmente pei suoi amici e figliuoli spirituali, che il Signore le aveva in special modo affidato. Di questi suoi divoti molte cose, il Signore le rivelava, non solo di quelli che ancora erano in vita, ma eziandio di quelli che erano già trapassati. Disse una volta aver avuto cognizione {164 [164]} che essi tutti erano in luogo di salute e ne diceva i nomi, e sapeva inoltre quali di essi erano già in paradiso, e quali solamente in purgatorio. Un giovedì santo venne rapita in ispirito a contemplare la gloria di Dio. Ivi sopra di un gran trono vide il Salvatore, che aveva a' suoi piedi un gran votame chiuso da sette sigilli. Fu aperto il libro e le fu concesso di vedere in quello scritto il suo nome e quello de' suoi spirituali figliuoli. Queste celesti visioni le avvenivano specialmente nel tempo della sua orazione, la quale era tanto frequente, che ordinariamente non istava che una mezz'ora o al più un'ora, che non si mettesse a pregare, e nell'età più verde e più gagliarda occupava nella preghiera anche una gran parte della notte.

            Intanto si avvicinava l'ora di sua morte. Il padre Morelli avendo inteso che ella sapeva quando questa sarebbe venuta le domandò se quello (1546) fosse l'ultimo anno di sua vita. Caterina rispose, che l'ultimo non era ancora {165 [165]} giunto, ma era per altro ben vicino.

            Nell'anno 1547 che fu l'ultimo, di sua vita mortale, Iddio operò grandi miracoli in favore di chi lo invocava per li meriti di lei. - La contessa Francesca di Cocconato era tormentata da gravissimi dolori di fianco. Dopo quattro mesi di diligente cura invece di calmare incrudelivano viemaggiormente. Vedendo che nulla valevano i rimedii umani, ricordatasi di Caterina, pregò Iddio dicendo: «Se sono vere le grazie che di suor Caterina si raccontano, vi prego, o mio Dio, che mi liberiate pei meriti suoi.» Sull'istante si sentì libera da ogni male.

            Un uomo era già da parecchi anni travagliato da mal caduco. Niun pro gli facevano i rimedii, che con ogni diligenza aveva usati. Andato da Caterina con grande fiducia la pregò che gli volesse ottenere da Dio la sanità. Glielo promise la santa, ed egli non fu mai; più tocco da quel malore.

            Ma in questi ultimi tempi le sue afflizioni, che prima erano principalmente {166 [166]} nel corpo, erano piuttosto nella mente e nel cuore, sicchè diceva essere assai più tollerabili i flagelli avuti nell'età giovanile, che le angustie spirituali della sua vecchiezza. Laonde attesta il padre Morelli che egli la vedeva non di rado così afflitta; che faceva compassione.

 

 

Capo XXXI. Sue ultime azioni. Stia preziosa morte.

 

            Ma era ormai tempo, che Iddio la togliesse a tanti patimenti, o la chiamasse al godimento dell'eterna sua gloria. Cadde pertanto in una lunga e grave malattia, che per lei fu l'ultima. Parlando un giorno col medico dei rimedii che doveva prendere à fine di guarire disse: «sarà inutile, ogni rimedio perchè io non ho più da vivere che quattro mesi.» Correvano allora i primi giorni di maggio.

            Spiegare non si può la pazienza e la rassegnazione, colla quale ella patì {167 [167]} i dolori di questa malattia, ed i suoi frequenti atti d'amor di Dio. Ella non pareva più una creatura di questo mondo, ma un Angelo. A tutti quelli che al suo letto si avvicinavano lasciava celesti ricordi, e li innamorava del paradiso. -

            La sua malattia intanto si faceva ognora più grave, e a grandi passi avvicinavasi quel giorno, che doveva por fine al suo esiglio. Se le amministrarono i conforti di nostra santa cattolica religione. Oh qual dolcezza ella provò mai nel ricevere per l'ultima volta quell'amabile Gesù, quel Gesù, che in tutto il tempo di sua vita era stato il suo sposo, la sua dolce speranza. Il suo cuore fu ripieno di tanto amore, che fu costretta ad esclamare: «Il cuor mi bolle in maniera, che mi pare aver dentro di me una fornace ardente. E perchè tarda cotanto il momento in cui volerò nelle bracia del mio celeste sposo?» Sebbene ardesse del desiderio di presto partire da questo mondo, nondimeno pensando ai pericoli in {168 [168]} cui lasciava i suoi figliuoli spirituali pregava il Signore colla preghiera di san Martino dicendo: «Signore, se il mio stare in questo mondo fosse di utilità alle anime, sia pur fatto il vostro volere.» Ma no, o anima grande, è volontà di Dio, che tu vada a ricevere il premio delle tue fatiche.

            Sparsa la notizia della vicina sua morte si adunarono intorno al suo letto molte sue figliuole spirituali. Caterina diede loro un materno sguardo, e quindi raccolto quanto aveva ancor di forze fece loro una si commovente esortazione, che tutte diedero in dirotto pianto. Le esortò all'addio del mondo, le confortò ad amar Dio con tutto il cuore, a mettere in Gesù e in Maria ogni loro speranza. In fine le assicurò che ella le avrebbe protette dal cielo, e continuato ad amarle qual tenera madre.

            Ma è suonata l'ora della sua morte. Già il Cielo si prepara ad aprire le sue porte a quest'anima benedetta, e piange la terra nel vedersi rapire un sì prezioso tesoro. È spuntata l'aurora {169 [169]} del 4 settembre 1547, e Caterina è in punto di morte. Colle lagrime agli occhi l'assistono alcuni suoi famigliari; le raccomanda l'anima un monaco di s. Benedetto della vicina abazia. Anche in questi ultimi momenti Iddio la volle privare d'ogni umana consolazione, disponendo che non potesse avere accanto ai suo letto il suo ordinario confessore, il padre Morelli. Ma non mancarono gli angeli di venirla a consolare; non mancarono quelle tante anime, che ella colle sue preghiere e colle sue penitenze aveva avviate al Cielo; non mancarono i santi, che con tanta fiducia ella aveva sempre invocato durante la sua vita; non mancò Maria SS. che ella aveva sempre amato qual tenera madre; non mancò infine di venirla a consolare quel medesimo Gesù, che dai primi suoi anni sino a quegli ultimi momenti aveva sempre amato con tutto il suo cuore. Oh! che dolce morire in si bella compagnia! Mentre gli astanti piangenti la stavano osservando, Caterina levati gli occhi al cielo, e {170 [170]} dando un dolce sorriso spirò l'anima sua nelle braccia del suo Dio. Va pure, o anima fortunata, al possesso della gloria. Sono finite per te le miserie, le tribolazioni di questo mondo; un gaudio eterno ti aspetta. Intra in gaudium Domini tui.

 

 

Capo XXXII. Sua sepoltura. - Sua traslazione a Garessio. - Miracoli operati dopo la sua morte per sua intercessione.

 

            Dopo la morte il suo corpo rendeva soavi odori. Il popolo di Caramagna a gara andava a visitare quel corpo benedetto, e tutti piangevano sulla grave perdita che avevano fatto. Fu intanto ordinata la sepoltura alla quale concorse gran popolo. Il suo corpo fu seppellito nel cimitero di questo comune, dove stette finchè i suoi famigliari vollero che fosse trasferito a Garessio nella chiesa dei Domenicani, secondo che Caterina aveva disposto nel suo testamento. {171 [171]}

Compiuto il quinto mese dalla sua benedetta morte, non rendendo il corpo alcun cattivo odore, anzi essendo tuttavia fresco ed intiero, come se placidamente dormisse, si ordinò la translazione. Grande fu il numero della gente che vi concorse, sia da Caramagna, sia ancora dai luoghi vicini. Appena si aprì il deposito, cominciò a spirare una così maravigliosa fragranza, che il fratello di una compagna di Caterina non poteva persuadersi che non si fossero già prima intromesse delle rose odorifere. Ma udito e veduto che nulla v'era stato posto, egli e tutti furono convinti che una tale fragranza non poteva provenire che da quel santo corpo, e che quello era odore di paradiso. Questo santo olezzo si sentì ancora in Caramagna per buona pezza dopo che fu portato via il prezioso cadavere. Arrivata a Garessio quella sacra reliquia, sentissi nuovamente questa celeste fragranza, che tutti riempiva di maraviglia. Spiegare non si potrebbero le feste che fece quel popolo, e la {172 [172]} contentezza che ognuno provava al pensiero di aver fatto acquisto di un sì prezioso tesoro.

            Qualche tempo dopo la sua morte fu da un angelo rivelato ad un santo uomo di una città di Lombardia l'alto grado di gloria che godeva Caterina in Cielo principalmente per tre virtù, che furono in lei maravigliose, cioè per la sua profonda umiltà, per la grande pazienza nelle avversità, e in fine per l'ardente sua carità verso il prossimo. A molte altre persone di santa vita fu da Dio manifestata la gloria di Caterina, e molti miracoli ancora volle egli che si operassero in testimonianza della santità di questa sua serva fedele.

            Tre mesi dopo la morte di Caterina una donna di nome Dalmatina, infermatasi per continua febbre, era al punto, che non pigliando più alcun cibo, ed avendo già perduto l'uso dei sensi, era tenuta come morta. Sommamente desolata una sua parente la raccomandò per voto a Caterina. Ciò fatto l'inferma ricuperò {173 [173]} sensi e favella, ed in poco tempo guari perfettamente.

            Due anni dopo la morte della Beata; soffrendo grandissima febbre Clemente marito della Dalmatina suddetta e stando, gravemente male, chiamò in aiuto Caterina. Sull'istante egli si addormentò. Dopo breve tempo essendosi svegliato si trovò del tutto libero.

            Nel 1549 ad un certo Lorenzo Morelli venne una malattia per tutta la persona, e singolarmente nelle mani, detta volgarmente fuoco salvatico, la quale, oltre l'aspro dolore che gli cagionava, non gli permetteva di adoperare le mani in nessun modo. Ciò vedendo egli pieno di confidenza ricorse a Caterina, è subito sparì ogni dolore.

            Un mercante di Garessio aveva già da molti anni un'infermità in una gamba. Quanto più egli si curava, altrettanto il male incrudeliva. Allora la moglie si portò al sepolcro di Caterina, e quivi inginocchiata la pregò di cuore che volesse usare pietà al {174 [174]} suo marito, e gli ottenesse da Dio la guarigione. Fatta questa preghiera si alzò piena di speranza d'essere esaudita. Giunta a casa trovò il marito sano, che le disse: «O moglie mia, io sono guarito, e non sento più ombra di dolore. -

            Maria moglie di Giovanni Cavallo di Saluzzo avendo già da gran tempo un braccio paralitico, ed avendo già perduta la speranza di essere guarita dai medici, dimandò a Caterina che la facesse guarire tanto che bastasse per fere le faccende di casa, e subito fu esaudita secondo il suo desiderio.

            Centinaia d'altri simili miracoli furono operati per l'intercessione di Caterina, li quali tutti io tralascio per non essere troppo lungo. Bastino i sovraccennati a far conoscere come Iddio abbia fatto palese al mondo la santità della sua serva anche dopo morte e che mentre le anime dei giusti godono la gloria dei beati in cielo Dio li glorifica eziandio in questo mondo a maggior sua gloria è a bene del prossimo. {175 [175]}

 

 

Capo XXXIII. Sua venerazione presso i popoli. - Sua beatificazione. - Monumenti eretti in suo onore.

 

            Subito dopo la sua morte i figliuoli spirituali di Caterina, e quanti avevano in vita conosciuto la sua santità cominciarono a tenere in grande venerazione le sue reliquie, e tutte quelle cose che avevano ad essa appartenuto. Di queste facevano uso non solo contro i mali del corpo, ma ancora contro i nemici dell'anima, contro gli spiriti maligni, dai quali erano grandemente temute ed abborrite. -

            Per queste ed altre simili prove, pei molti miracoli che abbiamo di sopra accennati, i popoli cominciarono a mettere in Caterina una grande fiducia. La invocavano nei loro bisogni, la veneravano, chiamandola già fin d'allora col nome di Beata. In molte provincie non solo del Piemonte, ma dei regni di Napoli e della {176 [176]} Spagna si veneravano sugli altari le sue reliquie, e si esponevano al culto pubblico le sue immagini. In Torino ed in Ciamberi s'implorava con pubbliche preghiere.

            Le camere da lei abitate in Racconigi ed in Caramagna furono tosto cangiate in devoti oratorii. Nel borgo di santa Vittoria presso ad Alba venne eretta una cappella in suo onore, nella quale ogni anno ai 4 di settembre si celebrava festa solenne con grande concorso di gente.

            In vista di questa pubblica venerazione che a lei si prestava da tanti popoli, il generale dell'ordine dei Domenicani, fra Pio Giuseppe Gaddi, domandò ed ottenne da Pio VII di santa memoria ai 9 d'aprile 1808 l'approvazione di questo culto pubblico, e che inoltre fosse chiamata col nome di Beata, e si potesse dire in suo onore mossa ed uffizio proprio. Come fu giunto dalla santa Sede questo decreto d'approvazione andarono a gara a dimostrare la somma loro allegrezza Torino, Chieri, Racconigi, Caramagna {177 [177]} e Garessio. Le musiche più scelte, i più ricchi apparati, le illuminazioni più splendide, ogni sorta di festa insomma misero in opera per onorare degnamente colei, dalla quale in tante guise erano stati beneficati. Il cav. Rossillon in nome dell'Imperatore Napoleone regalò alla chiesa di san Domenico in Torino un altare di marmo. Per tre giorni continuarono le pubbliche dimostrazioni di letizia e di divozione.

            Coll'andar del tempo non si scemò, anzi venne sempre crescendo la divozione verso la nostra Beata. Circa l'anno 1834 rincrescendo a quei di Racconigi che nel luogo, in cui ella era nata, e molto tempo vissuta, non si avesse alcuna chiesa edificata in suo onore, eccetto quella stretta camera, che era stata da lei abitata, il sacerdote D. Piasco Domenico, priore della parochia di s. Giovanni Battista, risolse di por mano alla costruzione di una chiesa. Mediante il buon volere dei cittadini, e la loro alacrità in breve l'edifizio fu condotto a termine. {178 [178]} La benedizione solenne della novella chiesa fu fatta dal medesimo arcivescovo con grande concorso dei fedeli.

            La famiglia reale venne pure parecchie volte a visitarla, ed ascoltarvi la santa messa. Molte altre prove di venerazione diedero quei di Racconigi alla Beata Caterina De-Mattei, che noi tralasciamo per motivo di brevità.

            Ma non possiamo passare sotto silenzio quello, che in questi ultimi tempi fecero gli abitanti di Caramagna in onore di questa santa loro concittadina.

 

 

Capo XXXIV. Suo culto in Caramagna.

 

            Il culto e la divozione dei Caramagnesi professata alla Beata Caterina rimonta fino al tempo in cui avvenne la preziosa sua morte. Nè avvi in ciò maraviglia; poichè sappiamo che mentre ancor viveva già la chiamavano col nome di santa. Si grande era la vancrazione in cui la {179 [179]} tenevano, che dopo la sua morte subito convertirono la sua cameretta in divoto oratorio, dove cominciò a celebrarsi il sacrifizio della santa messa. Celebravano inoltre le sue feste, veneravano le sue imagini, ricorrevano con fiducia alla sua protezione, e dimostravano il più vivo desiderio che il suo culto venisse presto dalla Chiesa riconosciuto. Questa divozione e questo culto venne sempre crescendo col passare degli anni, e si trasmise dai padri ai figli, i quali la ricevettero e tuttora la ricevono quale preziosa eredità. I genitori sempre andarono con premura raccontando ai loro figliuoli le maraviglie di questa gran santa per instillare nei teneri loro cuori la divozione e l'amore verso di lei.

            Dopo molti sospiri e molte preghiere giunse finalmente quel giorno dai divoti Caramagnesi e da tutti i buoni cotanto desiderato. Caterina è dalla santa Chiesa innalzata al pubblico onore degli altari. Questo di memorabile fu da essi celebrato colla maggior pompa possibile. {180 [180]} Esprimere non si potrebbe l'allegrezza e là gioia da cui era inondato il loro cuore. In quest'occasione fecero vedere come fosse sincera quella divozione, che nel corso di tanti anni avevano nutrito verso di Lei. -

            L'anno 1847 ricorreva il terzo centenario della sua morte. Grande fu l'apparecchio dei Caramagnesi per celebrarlo solennemente. Le feste durarono tre giorni. La solennità fu resa bella oltre ogni credere per l'intervento alla medesima di Monsignor Vescovo d'Ivrea D. Luigi Moreno. Egli pontificò alla messa ed ai vespri, fece la processione, diede la Benedizione col Venerabile. Quella festa attirò dai vicini paesi tal numero di gente, che quei di Caramagna più non si conoscevano. -

            Una cosa rimaneva ancora a farsi dai Caramagnesi in onore di questa loro benemerita concittadina, ed anche questa volta non venne meno la loro pietà e divozione verso di Lei. La casa e la stanza, dove visse e morì la gloriosa Beata, fu per molto {181 [181]} tempo posseduta dalla famiglia Capellis. In questi ultimi tempi trovandosi essa in angustie l'aveva data in affitto ad un oste. Per questo rincrescevole contratto questa veneranda casa servì ad uso di osteria per sei lunghi anni fino al 1854. Sebbene l'oste non ponesse mai piede nella santa cameretta, tuttavia era comune e grande il dispiacere nel veder soggetto a quella profanazione il rimanente della casa. Quando Iddio che è il padrone dei cuori inspirò allo zelante Canonico Gallo, arcidiacono nella Cattedrale d'Ivrea, ed alla pia sua sorella Maddalena, ambidue divotissimi della Beata Caterina, a togliere da tali padroni questa santa casa e farla loro propria.

            Tostochè il suddetto signor canonico ebbe in sua proprietà quella benedetta camera, santificata dalla presenza di tanti celesti spiriti, dalla comparsa della Beata Vergine e dello stesso Divin Salvatore, subito pose mano a ristorarla, e anche ad ingrandirla con un avancorpo costrutto {182 [182]} nella sala che le stava innanzi. Destinò parimenti altre camere attigue ad uso di sagrestia, che fornì di tutti i sacri arredi. Per le sculture e pitture che vi si vedono ella è presentamente un prezioso ornamento pel paese di Caramagna. Il resto della casa venne poi destinato ad abitazione delle monache Domenicane Consorelle della Beata, e maestre dell'Asilo infantile ivi pure stabilito.

            Grande è il concorso della gente, la quale per divozione verso la Beata viene a visitare questa ben adorna cappella, e non solo nel giorno della sua festa, ma ogni domenica e festa dell'anno molti illustri personaggi vengono da lontani paesi ad ossequiare la beata Caterina, e a lasciare a' suoi piedi le prove della tenera loro divozione. Monsignor vescovo di Mondovì molto divoto di questa santa vergine del suo ordine si compiacque di visitare già parecchie volte questa chiesa, celebrandovi la santa messa e predicandovi con grande affetto. -

            Quello poi che arrecò gran lustro {183 [183]} alla casa e cappella suddetta, e che nello stesso tempo fece vedere come la divozione verso di questa serva di Dio sia radicata nel cuore anche delle più grandi persone, fu la visita solenne, che le venne fatta dalle loro Altezze Reali i principi e principesse, figli del Re Vittorio Emanuele II. La sera del 1° ottobre 1858 partiti con solenne treno dal castello di Racconigi giunsero a Caramagna, che li ricevette con grande giubilo, e fra il suono delle campane a festa. Discesi alla casa della Beata salirono alla Cappella, dove fecero divota preghiera a Colei, che in ogni tempo era stata oggetto d'affettuosa venerazione dei loro maggiori. Dopo visitarono gli oggetti che già appartennero alla Beata, e che si conservano come preziose reliquie, e partirono lasciando fra i Caramagnesi luminoso esempio di pietà. Ma la reliquia più insigne che possiede Caramagna della Beata Caterina è un braccio, riconosciuto ed autenticato il 5 agosto 1811 dal Reverendissimo Arcivescovo di Torino Giacinto {184 [184]} Della Torre. Questa sacra reliquia viene esposta alla pubblica venerazione del popolo nel corso della novena e nel giorno della festa della Beata, che nella chiesa parochiale con pompa solenne e divota processione si celebra ogni anno nella quarta domenica di settembre. -

            Nel giorno quarto di settembre, in cui avvenne la sua preziosa morte, si può acquistare indulgenza plenaria da tutti quelli, che confessati e comunicati visitano la Cappella della Beata, dove in tal giorno se ne celebra eziandio la festa con varie messe e colla precedente solenne novena a cui accorrono i suoi divoti. La stessa indulgenza possono lucrare coloro che visiteranno la chiesa parochiale nella quarta domenica dello stesso mese.

            Intanto la Beata Caterina in premio del culto che le rendono, e della divozione, che le portano i devoti abitanti di Caramagna, stenda dal cielo il suo manto sopra di essi, e unitamente a Maria Santissima li difenda da ogni disgrazia e spirituale {185 [185]} e temporale, li protegga come suoi cari figli.

 

 

Conclusione

 

            Ora che abbiamo percorso brevemente le gloriose azioni della Beata Caterina, vorrei, caro lettore, che facessimo insieme qualche considerazione a comune vantaggio dell'anima nostra. -

            La vita dell'uomo è breve; i nostri giorni passano come un'ombra, come un'onda, come un lampo, cose tutte che più non ritornano. Deh! non perdiamo inutilmente quei giorni che Dio ci dà per guadagnami i beni eterni. Imitiamo la Beata Caterina; facciamo del bene mentre siamo in tempo. Distacchiamo il nostro cuore dai piaceri di questa terra; innalziamo la mente a quella patria celeste, dove godremo i veri beni. Molti nemici ci tendono insidie, e cercano di condurci alla rovina. Noi dobbiamo coraggiosamente combatterli, ma il nostro scudo sia, come dice S. Paolo, una {186 [186]} fede viva, una fede operosa che ci faccia abbandonare il male ed amare la virtù. Le nostre armi siano la fervorosa preghiera, le buone opere, la frequenza della santa Comunione ed una tenera divozione a Maria santissima. Ah! sì, se noi useremo queste armi, e ci conserveremo veri figli di Maria, viviamo sicuri, che riporteremo compiuta vittoria contro ai nemici dell'anima nostra. Ma non ritardiamo a metterci sul cammino della virtù. Fin da questo momento diamoci di cuore e diamoci interamente a Dio come fece la Beata Caterina. Così facendo potremo sperare anche noi la grazia del Signore e la pace del cuore nella mortale nostra vita e nel punto di morte. Quella grazia e quella pace che può soltanto aspettarsi chi visse nel bene operare. Quel bene operare che ci merita i favori del cielo nel corso della vita; ci consola in morte, e ci porge non dubbia caparra di una beata eternità.

 

            Con approvaz. della Revisione Ecclesiastica. {187 [187]}

 

 

Indice

 

Avvertenza

Pag 3

 

 

Capo I Patria - Educazione e primi alti di virtù di Caterina

 7

Capo II Riceve da Gesù la croce – Suo modo di pregare e di combattere le tentazioni - Sua unione col Signore

 15

Capo III Sue limosine - Si palesa ognor più la sua santità - Supera altre gravi tentazioni

 22

Capo IV Del suo voto di verginità - Con quali mezzi lo abbia custodito

 29

Capo V Riceve le stimmate ed altri segni della passione di Gesù Cristo

 41 {188 [188]}

Capo VI Alcune sue profezie - Altri doni del suo divino Sposo

Pag 44

Capo VII Gesù le cangia il cuore - Altre maraviglie di Dio - Sente lo stato di aridità

 47

Capo VIII Va soggetta a gravi tentazioni da cui riesce vittoriosa - Riceve il cingolo della castità

 52

Capo IX Suoi figliuoli spirituali - Conduce sulla buona strada varii peccatori - Diverse visioni

 62

Capo X Fondazione del convento di s Domenico in Racconigi - Contrarietà insorte e già prevedute da Caterina

 69

Capo XI È accusata d'eresia e di magia - Va a Torino a purgarsi di quest'accusa - Sua conoscenza coi grandi del mondo - Veste l'abito della penitenza - Sua carità verso il prossimo

 72

Capo XII È visitata dal conte Pico della Mirandola

 77

Capo XIII Visione di una fonte misteriosa - Vede le pene del purgatorio - Suffraga molte anime

Pag 80 {189 [189]}

Capo XIV Contempla l'Ascensione di Gesù al cielo - Si carica le pene del prossimo – Opera vari miracoli

 87

Capo XV Delle sue molte preghiere ed afflizioni pel bene della Chiesa e per la salute delle anime

 90

Capo XVI Seguita delle afflizioni patite e delle offerte fatte pel bene delle anime

 94

Capo XVII Sua grande saviezza nel dar consigli

 97

Capo XVIII Sua andata a Saluzzo, e quello che vi fece - Sue cognizioni sopranaturali

 100

Capo XIX Alcuni suoi patimenti - Varii soccorsi dati - Diversi miracoli da lei operati

 105

Capo XX Suo potere sulla natura - Prega per li suoi nemici

 111

Capo XXI Suo privato tenor di vita - Come si diportasse in occasione di una feroce pestilenza - Sua umiltà

 115

Capo XXII Come fosse a molti conosciuta la sua santità - A pro di chi se ne serviva - Varie tentazioni - Alcune profezie

 122 {190 [190]}

Capo XXIII Sostiene varie persecuzioni - È bandita da Racconigi Viene ad abitare in Caramagna

 128

Capo XXIV Va a Rodi – Quello che ivi le occorse - Alcune sue limosine

 135

Capo XXV Miracoli da Caterina operati - Maravigliose sue trasportazioni in varii luoghi – Predizioni

 139

Capo XXVI Sua andata alla Mirandola - Quel che ivi le accadde - Morte del conte Pico - Preghiere ed apparizioni

 146

Capo XXVII Come conosceva i segreti del cuore altrui - Ammonizioni fatte ai peccatori

 151

Capo XXVIII Alcune sue visioni e profezie

 155

Capo XXIX Porge aiuto ad alcune persone - Altre sue visioni

 158

Capo XXX Guarigioni ottenute per sua intercessione - Soccorsi portati ai suoi divoti - Visioni

159 {191 [191]}

Capo XXXI Sue ultime azioni - Sua preziosa morte

 161

Capo XXXII Sua sepoltura - Sua traslazione a Garessio - Miracoli operati dopo la sua morte per sua intercessione

 167

Capo XXXIII Sua venerazione presso i popoli - Sua beatificazione - Monumento in suo onore

 176

Capo XXXIV Suo culto in Caramagna

 179

Conclusione

 186 {192 [192]}

{193 [193]}

{194 [194]}

 




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