IL MESSE DI MAGGIO CONSACRATO A MARIA SS. IMMACOLATA AD USO DEL POPOLO

 

PER CURA DEL SACERDOTE BOSCO GIOVANNI

 

 

TORINO

TIP. G. B. PARAVIA E COMPAGNIA

1858. {1 [295]} {2 [296]}

 

 

 

 

INDEX

Della divozione a Maria. 3

La Chiesa approva questa divozione e concede indulgenze a chi la pratica. 3

Istruzione intorno al modo di praticare il mese Mariano. 4

Ultimo giorno d'aprile. 6

Primo giorno di Maggio. Dio nostro Creatore. 8

Giorno secondo. L'anima. 9

Giorno terzo. La Redenzione. 11

Giorno quarto. La Chiesa di Gesu Cristo. 12

Giorno quinto. Il capo della Chiesa. 14

Giorno sesto. I Pastori della Chiesa. 16

Giorno settimo. Fede. 17

Giorno ottavo. I Santi Sacramenti. 20

Giorno nono. Dignità del Cristiano  21

Giorno decimo. Preziosità del tempo. 23

Giorno undecimo. Presenza di Dio. 25

Giorno duodecimo. Fine dell'uomo. 26

Giorno decimoterzo. La salvezza dell'anima. 28

Giorno decimoquarto. II peccato. 29

Giorno decimoquinto. La morte. 30

Giorno decimosesto. Giudizio particolare. 32

Giorno decimosettimo. Il giudizio universale. 34

Giorno decimoottavo. Le pene dell'inferno. 35

Giorno decimonono. Eternità delle pene dell'inferno. 37

Giorno ventesimo. La misericordia di Dio. 39

Giorno vigesimoprimo. La confessione. 41

Giorno vigesimosecondo. Il confessore. 42

Giorno vigesimoterzo. La Santa Messa. 44

Giorno vigesimoquarto. La Santa Comunione. 45

Giorno vigesimoquinto. Il peccato di disonestà. 47

Giorno vigesimosesto. La virtù della purità. 48

Giorno vigesimosettimo. Il rispetto umano. 50

Giorno vigesimottavo. Del Paradiso. 51

Giorno vigesimonono. Un mezzo per assicurarsi il Paradiso. 53

Giorno trigesimo. Maria nostra protettrice nella vita presente. 54

Giorno trigesimoprimo. Maria nostra protettrice in punto di morte. 56

Giorno primo di giugno Modo di assicurarsi la protezione di Maria. 58

Offerta del cuore a Maria  59

Lode a Maria. 61

Indice  63

 


Della divozione a Maria.

 

            Il mese di maggio che è il più delizioso dell'anno doveva con tutta ragionevolezza estere consacrato a Maria. In questo mese la natura copre di erbe i prati, di fiori le piante, di germogli le vigne. In esso l'uomo si dà con ispeciale ardore a coltivare la terra, che comincia a porgergli speranza di abbondante raccolto; ma che per lui è soggetto di prave timore pei pericoli a cui vanno esposti i frutti delle sue fatiche. Perciocchè una grandine, un turbine, un'invasione, una siccità od altro infortunio in un momento possono rovesciare tutte le sue speranze e cagionare la fame e la carestia ad un paese, ad una città e talvolta a tutto un regno. Perciò oltre i bisogni spirituali che ad ogni momento ci devono muovere a far ricorso a questa madre di misericordia avvi il motivo temporale, cioè che Ella benedica e protegga le nostre case, i nostri bestiami, i frutti delle campagne, e ci difenda dagli infortunii.

            È vero che la divozione verso di questa gran Regina del cielo fu in tutti i tempi il conforto del genere umano. Dal tempo degli Apostoli fino a noi non avvi secolo, non anno, non mese, non settimana, non giorno, non ora, e possiamo dire che non avvi momento il quale non sia marcato da qualche favore da questa {3 [297]} madre pietosa ottenuto a' suoi divoti. È vero eziandio che non avvi regno, non avvi città, non avvi paese o casa in cui, se non vi è un altare, vi sia almeno un'immagine o statua in onore di Maria in segno di grazie e favori ricevuti. Tuttavia il mese di maggio parve doversi in modo speciale consacrare a Maria.

            Fin dal 1700 in diversi paesi del Piemonte si facevano particolari esercizi di cristiana pietà in ciascun giorno di maggio in onore di Maria. Fu trovato che questa serie di suppliche quotidiane fatte a questa Madre di misericordia erano mezzo potentissimo per ottenere la protezione di Lei ne' varii nostri bisogni. Tale divozione si accrebbe ogni giorno più. Famiglie private, comunità religiose, paesi e città accolsero questa divozione come sorgente di grandi benedizioni. Parrochi e vescovi la promossero con zelo nelle rispettive Diocesi. E l'anno 1747 Monsignor Saporiti, arcivescovo di Genova, dava ordine che si stampasse un libro intitolato: Il mese di Maria, ossia il mese di maggio consacrato a Maria coll'esercizio di varii fiori di virtù da praticarsi nelle case delle famiglie cristiane.

 

 

La Chiesa approva questa divozione e concede indulgenze a chi la pratica.

 

            Sul principio di questo secolo facendosi vie più sentire i bisogni spirituali e temporali, fu eziandio maggiore la sollecitudine dei divoti di Maria per propagare la {4 [298]} divozione verso di Lei nel mese di maggio. I vescovi la approvarono, e si diedero sollecitudine di renderla stabile nelle loro Diocesi. Ma le pratiche di religione non appagano intieramente il cattolico, se non sono approvate dal Vicario di Gesù Cristo, Pastore Supremo da Dio stabilito a reggere e governare il gregge universale di tutta la cristianità. Ed ecco i medesimi Pontefici approvare, promuovere, arricchire de' celesti tesori le pratiche che in tal mese si fanno in onor di Maria. Sua Santità Pio VII, di santa memoria, con suo Decreto 21 marzo 1815 ha conceduto le seguenti indulgenze:

            1° 300 giorni d'indulgenza per ogni giorno a tutti quelli che fanno qualche, pratica di pietà nel mese di maggio in onore di Maria Santissima.

            2° Indulgenza plenaria nel giorno della chiusa o in qualsiasi giorno di tal mese in cui si faccia  la confessione e comunione.

            3° Il medesimo Sommo Pontefice con altro Decreto del 18 giugno 1822 confermò le indulgenze suddette rendendole applicabili alle anime del Purgatorio.

            Ecco, o cristiano lettore, un cenno sull'origine del mese mariano. Tale divozione {5 [299]} è appoggiata sulla grande venerazione che in ogni tempo i fedeli cristiani professarono verso la grande Regina del cielo; è appoggiata sui grandi bisogni spirituali e temporali da cui siamo circondati e da cui possiamo essere da Maria sollevati; è appoggiata sopra il consenso dei fedeli, sopra l'approvazione dei vescovi e del medesimo Vicario di Gesù Cristo.

            Animato adunque dallo spirito di un figlio che ricorre ad una tenera madre intraprendi a leggere e praticare quanto ivi fu esposto a comune vantaggio.

 

 

Istruzione intorno al modo di praticare il mese Mariano.

 

            Ogni cristiano è caldamente invitato ad intervenire alle sacre funzioni che si fanno nella parocchia o in altra pubblica chiesa. Quelli poi che non possono intervenire alla chiesa, oppure vogliono, oltre a quanto si fa in pubblico, aggiungere qualche cosa nella rispettiva famiglia, possono tenersi a quanto segue[1]: L'ultimo giorno di aprile nella propria casa e in quella stanza dove si suol radunare la famiglia a recitare le orazioni avanti all'immagine di Maria, si prepari un altarino, e si adorni tale immagine o statua nella migliore maniera che {6 [300]} si può; si mettano candelleri, tappeti, qualche vaso di fiori massime se sono freschi quali dà la stagione. Se si può, facciasi questo nella medesima stanza ove si lavora, si studia, si giuoca, si fa la ricreazione, per santificare cosi quel luogo, e regolare le nostre azioni, come fatte sotto gli occhi purissimi della Vergine Santissima.

            La sera innanzi al primo giorno di maggio, radunata la famiglia con altri fedeli avanti al suddetto altarino illuminato, si reciti la terza parte del Rosario, o almeno le Litanie della Beata Vergine. Terminate queste preghiere si legga la considerazione assegnata per ciascun giorno, coll'esempio annesso e colla giaculatoria. Di poi si cavi a sorte uno de fioretti spirituali che quivi appresso soggiungeremo. Siano essi copiati e piegati in forma di altrettanti polizzini cogli atti di virtù che devono essere l'esercizio quotidiano di ciascun giorno del mese.

            Per facilitare le pratiche di pietà di questo mese è bene di non accrescere troppo gli esercizi cristiani, perchè verrebbero a farsi troppo in fretta o di mala voglia, massime se vi sono fanciulli o persone molto occupate in affari temporali.

            Leggete con attenzione la considerazione assegnata per ciascun giorno, adempite puntualmente la pratica che sarà, indicata dal fioretto estratto. La sera poi prima di coricarvi farete bene di richiamare alla memoria la lettura della giornata.

            Nel decorso del mese accostatevi almeno due volta ai Santi Sacramenti della confessione e comunione. {7 [301]}

            Poichè le indulgenze che si possono lucrare in questo mese si possono applicare alle anime del Purgatorio, vi si raccomanda caldamente di applicarle, perchè, come insegna s. Agostino, mentre solleviamo le anime del Purgatorio procuriamo anche maggior bene a noi medesimi.

            È pur bene di avvisare che per le sante indulgenze non è necessario di usare questo ed altro libro, basta prendere parte alle funzioni di chiesa, oppure fare qualche esercizio di voto in famiglia. I Sommi Pontefici esigono soltanto che si faccia qualche pratica di pietà in onore di Maria, pregando per i presenti bisogni di Santa Chiesa.

            In fine del mese farete l'offerta del cuore a Maria siccome viene esposta in fine delle considerazioni quotidiane.

 

 

Tre cose da praticarsi in tutto il mese.

 

            1° Fare quanto possiamo per non commettere alcun peccato nel corso di questo mese: sia esso tutto consacrato a Maria.

            2° Darsi grande sollecitudine per l'adempimento de' doveri spirituali e temporali del nostro stato. Per esempio recitare con particolare divozione le orazioni del mattino e della sera; la preghiera col segno della Santa Croce che suole farsi prima e dopo il cibo. Intervenire con maggior esemplarità alle sacre funzioni di chiesa ne' giorni festivi.

            3° Invitare i nostri parenti, amici e tutti quelli che da noi dipendono a prendere parte alle pratiche di pietà che si fanno in onore di Maria nel corso del mese. {8 [302]}

 

 

Fioretti da cavarsi a sorte e da praticarsene uno in ciascun giorno del mese.

 

1. Giunta l'ora di levarsi, mi alzerò tosto del letto vestendomi colla massima modestia.

2. Ascolterò divotamente la santa messa in suffragio delle anime del Purgatorio e, se non posso, reciterò cinque Pater, Ave e Requiem.

3. Perdonerò di buon cuore tutti quelli che mi hanno offeso, e dirò: Signore, perdonate i miei peccati, siccome io perdono a quelli che mi hanno offeso.

4. Mortificherò la mia lingua col silenzio, occupandola a cantare qualche lode a Maria.

5. Mortificberò la bocca astenendomi da qualche porzione di cibo o di bevanda.

6. Mortificherò gli occhi tenendoli qualche istante fissi sopra un crocifisso o sopra una immagine di Maria.

7. Dirò con divozione speciale l'Angelus Domini mattino, sera e mezzogiorno, baciando la medaglia di Maria.

8. La sera prima di coricarmi reciterò una Salve a Maria per quelli che Dio chiamerà in questa notte all'eternità.

9. Mi fermerò alcuni istanti a pensare al frutto ricavato dalle confessioni passate, di poi farò un atto di contrizione.

10. Mi fermerò alcuni istanti a pensare alla passione di G. C., di poi dirò: Santa Madre, deh! voi fate che le piaghe del Signore, siano impresse nel mio cuore. Ogni volta {9 [303]} che si recita tale giaculatoria si guadagna l'indulgenza di trecento giorni.

11. Tutto quello che faro domani voglio farlo per quell'anima del Purgatorio, che in vita fu più divota di Maria.

12. Prima di mettermi a letto baciero il Crocifisso dicendo: Maria, se io muoio in questa notte, fate che muoia in grazia di Dio.

13. Mi preparerò a fare una confessione come fosse l'ultima di mia vita.

14. Farò la comunione in onore di Maria; e non potendo, reciterò gli atti di fede, di speranza e di carità.

15. Darò un buon consiglio a qualcheduno di mia conoscenza, per riparare lo scandalo dato coi discorsi della mia vita passata.

16. Farò una limosina secondo il mio stato; che se non posso farla, reciterò tre Salve a Maria per la conversione dei peccatori.

17. Bacierò tre volte la terra dicendo: io sono terra, e fra breve in terra ritornerò.

18. Mi fermerò alquanto a considerare le confessioni della vita passata, e se qualche cosa me le fa giudicar nulle o dubbie, mi preparerò a porvi rimedio al più presto possibile con una confessione generale.

19. Reciterò trentatrè Gloria Patri in onore dei trentatrè anni vivuti da Gesù con Maria sua madre.

20. Non mangerò, nè beverò lungo il giorno senza necessità.

21. Farò celebrare o almeno andrò ad udire una messa per le anime de' miei parenti defunti.

22. Passerò la giornata nella massima ritiratezza {10 [304]} in ossequio del tempo che Maria passò nel Tempio.

23. Farò un digiuno compatibile col mio stato in onore dei dolori sofferti da Maria nella passione di Gesù, suo figlio.

24. Farò una limosina in suffragio di quell'anima che da più lungo tempo pena nel Purgatorio.

25. Fuggirò la vanità nel vestirmi, nel parlare, e dirò tre Angele Dei per ottenere lo spirito di umiltà e di penitenza. Ogni volta si dice l'Angele Dei si guadagna l'indulgenza di 100 giorni.

26. Reciterò le litanie della Beata Versine perchè ottenga da Gesù che tutti quelli i quali morranno in questo mese, muoiano in grazia di Dio.

27. Mi preparerò per fare una confessione generale, o almeno ripassare le mie confessioni dall'ultima confessione generale, secondochè mi consiglierà il confessore.

28. Reciterò le sette allegrezze, e se non posso, dirò sette Ave, Maria, dicendo: Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia.

29. Ad onor di Maria voglio spropriarmi di qualche cosa a me cara, perchè non mi riesca tanto sensibile il dover abbandonare il mondo in punto di morte.

30. Penserò all'occasione che mi ha fatto ricadere nei peccati, e mi adoprerò per fuggirla in avvenire.

31. Fuggirò l'ozio e dimanderò a Maria perdono delle trascuranze commesse in questo mese, e colle braccia in croce dirò: Salve, Regina, etc. {11 [305]}

 

 

Ultimo giorno d'aprile.

 

            Prima di fare la lettura ogni giorno si dirà v Deus, in adjutorium meum intende. - n. Domine ad adjuvandum me festina. - Gloria Patri etc. - Gesù mio, misericordia[2].

 

 

Motivi di essere divoti di Maria.

 

            Vieni meco, o cristiano, e considera gli innumerevoli motivi che tutti abbiamo di essere divoti di Maria. Io comincierò per accennare i tre principali. e sono i seguenti: Maria è più santa di tutte le creature, Maria è madre di Dio, Maria è madre nostra.

            1° In tutto il Vecchio Testamento Maria è chiamata tutta bella e senza macchia: è paragonata al sole risplendente; alla luna che è nella pienezza di sua luce; alle stelle più luminose; ad un giardino pieno di fiori i più deliziosi; ad una fonte sigillata da cui scaturisce acqua la più limpida; ad {12 [306]} un'umile colomba; ad un giglio purissimo. Nel Vangelo poi viene dall'Angelo Gabriele chiamata piena di grazia, «Ave, gratia piena». Piena di grazia, ossia creata e formata nella grazia, il che vuol dire che Maria dal primo istante di sua esistenza fu senza macchia originale ed attuale, e senza macchia perseverò fino all' ultimo respiro di vita. Piena di grazia, e perciò non vi fu il minimo difetto che sia entrato nel cuore purissimo di Lei; neppure avvi alcuna virtù che in grado il più sublime non sia stata praticata da Maria. La Chiesa cattolica esprime questa santità di Maria col definire che ella fu sempre esente da ogni colpa, e ci invita ad invocarla colle seguenti preziose parole: Regina sine labe originali concepta, ora prò nobis. Regina concepita senza peccato originale, pregate per noi che ricorriamo a voi[3].

            2° L'essere Maria esente da ogni macchia di peccato originale ed attuale; essere adorna di tutte le virtù che noi possiamo immaginare; essere stata da Dio ricolma {13 [307]} di grazia più di ogni altra creatura, tutte queste prerogative la fecero trascegliere fra tutte le donne ad essere innalzata alla dignità di madre di Dio. Questo è l'annunzio che le fece l'Angelo: questo ripetè santa Elisabetta quando fu dalla Santa Vergine visitata: questo è il saluto che le fanno ogni giorno i fedeli cristiani dicendo: Santa Maria, Madre di Dio. pregate per noi. A! glorioso nome di Madre di Dio vien meno l'ingegno umano, perciò chinando la fronte in segno della più profonda venerazione, ci limitiamo a dire che niuna creatura può essere elevata a dignità più sublime, nessuna creatura può conseguire maggior grado di gloria; e per conseguenza nessuna creatura può essere più potente presso Dio quanto è Maria.

            3º Ma se il titolo di Madre di Dio è glorioso a Maria, è poi molto consolante ed utile per noi che siamo suoi figli. Perciocchè divenendo ella madre di Gesù vero Dio e vero uomo, divenne eziandio madre nostra. Gesù Cristo nella sua grande misericordia volle chiamarci suoi fratelli, e con tal nome ci costituisce tutti figliuoli adottivi di Maria. Il Vangelo conferma quanto qui diciamo. Il Divin Salvatore era in croce {14 [308]} e pativa i dolori della più penosa agonia. La Madre sua Santissima e l'Apostolo San Giovanni stavano ai suoi piedi immersi nel più profondo dolore; quando Gesù aprendo gli occhi, e forse fu l'ultima volta che li apri in sua vita mortale, vide il discepolo prediletto e la sua cara Madre. Scioglie allora le moribonde labbra, donna, disse a Maria, ecco in Giovanni il tuo figliuolo; dipoi disse a Giovanni: ecco in Maria la madre tua; mulier, ecce fiiius tuus; ecce mater tua. In questo fatto i santi Padri riconoscono unanimi la volontà del Divin Salvatore, il quale prima di lasciare il mondo voleva darci Maria per Madre nostra amorosa, e noi tutti costituiva suoi figli. Maria inoltre è nostra madre perchè ci rigenerò per mezzo di Gesù Cristo nella grazia. Perciocchè, siccome Eva è detta madre de' viventi, così Maria è madre di tutti i fedeli per grazia (Ricardo da s. Lorenzo). Al quale proposito s. Guglielmo Abate si esprime così: Maria è Madre del Capo, quindi è anche Madre delle membra, che siamo noi: Nos sumus membra Christi. Maria dando alla luce Gesù rigenerò anche noi spiritualmente. Perciò Maria con ragione è da tutti appellata Madre e come {15 [309]} tale merita di essere onorata. Gugl. Ab. cant. 4.

            Eccovi, o cristiani, la persona che io vengo a proporre alla vostra venerazione nel corso di questo mese. Ella è la più santa fra tutte le creature; la madre di Dio, la madre nostra, madre potente e pietosa che ardentemerte desidera di colmarci di celesti favori. Io, ella ci dice, io abito nel più alto de' cieli per colmare di grazie e di benedizioni i miei divoti: ut ditem diligentes me, etc. Thesauros eorum repleam.

            Coraggio adunque, o divoti di Maria; trattasi di fare una gran festa alla Madre nostra, alla Madre di Gesù. Allorchè viene il giorno della festa di nostra madre temporale noi godiamo di poter radunare i parenti e gli amici per metterci in loro compagnia ed offerire un mazzetto di fiori con alcune espressioni di affetto. Il mese di maggio è la festa della nostra vera Madre, della nostra celeste Protettrice. Facciamola adunque con gioia. Il più bel mazzetto che noi le possiamo offerire è quello che sarà composto delle virtù di cui Ella ci ha donati luminosi esempi.

            Risolviamo in questo giorno di voler indirizzare mattina e sera le preghiere e tutti {16 [310]} gli affetti del nostro cuore a Colei che noi godiamo poter chiamare nostra Madre. Preghiamo fin d'ora che ci voglia intercedere una grazia particolare presso suo figlio Gesù. Chiediamole quella grazia di cui noi sappiamo aver maggior bisogno.

 

 

Esempio.

 

            Per eccitarvi a solennizzare con fervore il mese di maggio in onore di Maria valga l'esempio dell'armata d'Oriente quando trovavasi a Costantinopoli. Lungi dalla patria, privi di chiese e quasi anche privi di sacri ministri, que' soldati cristiani portarono dalle loro case la divozione e la confidenza in Maria. Ecco la relazione che ne fa un periodico stampato il 7 giugno 1855: «Il mese di maggio fu celebrato in alcuni ospedali con una pia e regolare solennità, che altamente onora l'armata d'Oriente. Non avvi alcun dubbio che le benedizioni del cielo piovute sopra molte anime tocche dalla grazia si riverseranno sopra l'intiera armata e saranno coronate con un esito felice della guerra medesima.

            Prima che quelle sale fossero in nostro potere, erano moschee, cioè chiese consacrate a Maometto. In quest'anno cominciarono ivi a risuonare le lodi della Regina del cielo. Venne qui innalzato un altare a Maria, e fa adornato con un gusto che dimostra come ciascun reggimento abbia i suoi artisti. Colà si vedono colonne scolpite come per incanto. {17 [311]} Quivi marmi artefatti che presentano tutta la somiglianza con i marmi i piò fini. Colà apparatii n carta e in colore, che sono lavori di alcuni convalescenti che consacrano il loro tempo in cose che servano ad accrescere il decoro del culto verso la Santa Vergine. Ciascheduna casa ha organizzato il suo coro di cantici, Tutti i musici e tutti i più valenti della società armonica si danno premura di prendervi parte. Alcuni poi composero canzoncine spirituali, che con trasporlo di gioia tutti insieme vanno cantando in onor di Maria. Alla sera quando è terminato il canto delle lodi sacre e delle litanie della Santa Vergine il cappellano o altro invitato fa un'istruzione adattata a quel giorno, che è ascoltato con avidità dagli uditori in gran numero raccolti e divoti. Spesso la sala non può contenere la folla di uditori. I medesimi feriti si fanno ivi portare una mezz'ora prima, per essere assicurati di avervi posto. Questo è per loro il più bel momento della giornata.» Ecco, o cristiano, come possiamo anche noi celebrare questo mese e dare a Maria un segno di tenera divozione. Nelle città, nelle campagne, nelle case, nella solitudine, nei chiostri e nei reggimenti dei medesimi militari si possono offrire omaggi di divozione alla Regina di tutti i Santi.

 

Giaculatoria.

 

            Pietosa Vergine, ecco il mio cuore; Voi infiammatelo di santo amore. {18 [312]}

 

Preghiera.

 

            Ricordatevi o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo, che da Voi sia stato rigettato od abbandonato alcuno, il quale implori i vostri favori. Io animato da questa fiducia, mi presento a voi. Non vogliate o madre del Verbo Eterno disprezzare le preghiere di questo vostro umilissimo figlio, uditelo favorevolmente, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria[4].

 

 

Primo giorno di Maggio. Dio nostro Creatore.

 

            Deus in adiutorium etc.

 

            Gesù mio misericordia.

            1. In onore di Maria fermati alcuni istanti a considerare la maestà di Dio Creatore. Se noi, o cristiano, apriamo gli occhi, e diamo libero corso al nostro pensiero, non possiamo a meno che riconoscere l'esistenza, la potenza e la sapienza di Dio, da cui ogni {19 [313]} cosa fu creata, ogni cosa dipende e si conserva. Chi rimira una casa di eccellente costruzione non osa dire che sia il caso che abbia potuto costruirla e metterla in ordine. Chi dicesse che un orologio fu fatto da se medesimo, noi lo disprezzeremmo come pazzo. Così alla vista dell'ordine e della maravigliosa armonia che regna in tutto l'universo non si può esitare un istante sopra la credenza di un Dio, che ha creato, ha dato movimento a tutte le cose e le conserva. Egli è Dio che ha detto: si faccia la luce, e la luce fu fatta. Fu separata la luce dalle tenebre, in sull'istante si sparse nei vasti spazii del cielo e della terra. Alla parola di Dio onnipotente il mare fu rinchiuso in certi limiti, la terra si copri di erbe, di alberi e di piante fruttifere. Alla sua voce gli uccelli, i pesci e gli altri animali hanno popolato il cielo, la terra e le acque. Dicendo fiat, si faccia, egli illuminò il sole, la luna, le stelle. A tutto Egli ha donato l'esistenza colla sua onnipotenza, a tutto provvede colla sua bontà. Egli è che sostiene e fa muovere il peso formidabile dell'immensità. Egli è che dà moto e vita a tutti gli esseri viventi. Egli dà l'esistenza a tutto come creatore, provvede a tutto {20 [314]} come conservatore, e a Lui tutto si riferisce come ad ultimo fine. A tutte le cose egli dice: son io che ti ho fatto: ego sum. E in questa parola, che ogni uomo può e deve comprendere, si esprime la sua potenza e la sua divinità.

            2. Ma qui avvi una verità che accrescerà di certo la nostra maraviglia. Tutte le cose che miriamo nell' universo le ha create per noi. Il sole che risplende nel giorno, la luna che dirada le tenebre della notte, le stelle che abbelliscono il firmamento, l'aria che ci dà il respiro, l'acqua che serve agli usi dell'uomo, il fuoco che ci riscalda, la terra che ci dà i frutti, tutto fu fatto da Dio per noi. Omnia subiecisti sub pedibus eius. Che sentimenti di gratitudine, di rispetto, di amore non dobbiamo avere verso di un Dio così grande e nel tempo stesso così buono! Che cosa dovremo noi fare per corrispondere a questa grande bontà del nostro Dio? Adempire esattamente i precetti della sua santa legge. Vedi, o cristiano, se noi saremo ubbidienti ai comandi di questo nostro Dio, oltre quanto già fece per noi, aggiungerà favori a favori. Il nostro vivere sarà ricolmo di celesti benedizioni nella vita presente e nella {21 [315]} futura. Ma questo Dio essendo infinitamente giusto e misericordioso darà un'eterna ricompensa per quel servigio che gli presteremo. Ricompensa di gloria se lo serviremo con opere buone, ma un castigo terribile se saremo ribelli alla sua santa legge.

 

Esempio.

 

            Ogni oggetto che in questo mondo si presenti ai nostri sguardi è un fatto parlante della maestà, potenza e bontà di Dio creatore. Si potrebbero riferire molti esempi di coraggiosi croi della fede che fecero gravi sacrifizi per servire Iddio; ma noi facciamo valere per tutti l'offerta di Maria nel tempio. Giunta Maria all'età in cui le zitelle cominciano a correre pericolo nel secolo, fa da' suoi genitori, s. Gioachino e s Anna, condotta nel tempio. Certamente dovette fare un gran sacrifizio abbandonando i parenti, gli amici ed ogni comodità della casa paterna ad unico oggetto d'imparare il modo di servire a Dio. Ma tale sacrifizio fu fatto da Maria con gioia, perchè trattavasi di promuovere la gloria di Dio. Colà stette più anni facendo risplendere le più luminose virtù, imitando una schiera di altre vergini che nel luogo medesimo erano ammaestrate nella religione e intorno al modo di conservare l'innocenza dei costumi. La chiesa celebra questa offerta di Maria al tempio il 21 novembre. Egli è ad imitazione di Maria che molti abbandonarono le comodità della terra per andare a servire {22 [316]} Iddio ne' chiostri o ne' deserti, o facendo sacrifizio della medesima vita in mezzo ai piu atroci tormenti. Noi impieghiamo almeno pel Signore quel tempo di vita, che nella sua bontà gli piacerà volerci donare.

 

Giaculatoria

            Oh quante grazie

Render debb' io

Al grande Iddio

Che mi creò!

 

            Che nel battesimo

Mi fè' suo figlio,

Da eterno esiglio

Mi liberò!

 

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

Giorno secondo. L'anima.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Dio non solo è Creatore di tutte le cose che nel cielo e nella terra si contengono, ma è eziandio Creatore di noi medesimi. Egli creò il corpo con quelle belle qualità che noi in esso rimiriamo; a questo corpo ha unito un'anima che è di gran lunga più preziosa del corpo e di tutte le altre cose che noi vediamo nel mondo. Dio ci ha donato un'anima, cioè ci ha donato quell'essere invisibile che sentiamo in noi, e che tende continuamente ad elevarsi a Dio; quell'essere intelligente {23 [317]} che pensa e ragiona, e che non può trovare la sua felicità sopra la terra, e che perciò in mezzo alle stesse ricchezze e in mezzo a qualsiasi piacere della terra ella è sempre inquieta finchè non riposi in Dio, perciocchè Dio solo può renderla felice.

            2. Quest'anima è immortale. Dio è infinitamente giusto e infinitamente misericordioso; come giusto egli deve ricompensare la virtù soventi volte oppressa nella vita presente, e deve ugualmente punire il vizio spesso tra gli uomini portato in trionfo: la qual cosa non avendo luogo in questo mondo deve esserci un'altra vita, in cui la Divina giustizia doni ai buoni il premio meritato, e doni ai cattivi il debito castigo. Inoltre l'anima è fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Questa immagine e questa somiglianza sarebbe imperfetta se non avesse del Creatore la prerogativa principale, che è l'immortalità. Questo sentiamo in noi stessi in quella voce interna che a tutti parla nel cuore e dice: l'anima tua non potrà essere annichilita e vivrà in eterno. Quando Iddio creò l' anima, soffiò sopra dell'uomo e diedegli lo spirito della vita; questo soffio è semplice, è spirituale, fatto ad immagine e somiglianza di Dio. che è {24 [318]} eterno ed immortale; perciò deve essere immortale l'anima nostra. Per mezzo dell'anima noi abbiamo la facoltà di crearci delle idee, di combinarle, di produrre certi capilavori, che sollevano l'uomo sopra tutte le altre creature, e che provano, come è diffatti, che l'anima è il simbolo ovvero il contrassegno dell'intelligenza di Dio.

            3. Dio diede all'anima nostra la libertà, cioè la facoltà di scegliere il bene o il male, assicurandole un premio se fa bene, minacciando un castigo qualora scelga il male. La qual cosa, come si disse, non facendosi nella vita presente, Iddio riserbò l'eternità, ove quelli che operarono bene saranno ricompensati con un premio che non finirà mai più; e quelli che trasgredirono la Divina legge saranno puniti con un supplizio eterno. Questo appunto insegnò il nostro Divin Salvatore quando disse: gli empi andranno in un supplizio eterno preparato ai demonii e ai suoi seguaci; i buoni poi andranno al possesso di un regno di gloria ove godranno tutti i beni.

            O cristiano, che pure hai un'anima immortale, pensa che se la salvi, tutto è salvato, ma se la perdi, tutto è perduto. Hai un'anima sola, un solo peccato te la può {25 [319]} far perdere. Che sarebbe di noi e dell'anima nostra se in questo momento Iddio ci chiamasse al suo Divin tribunale? Tu che leggi pensa per l'anima tua, ed io che iscrivo penserò seriamente per la mia.

 

Esempio.

 

            Un fatto succeduto nella persona di un ministro del re di Francia Luigi XVI ci ammaestra intorno all'amabile cura che Maria si prende per la salute dell'anima nostra. Questo ministro ebbe la sventura di associarsi da giovane a cattive compagnie, che gli fecero perdere l'amore alla virtù, la religione e la fede Egli correva di sua età l'anno ottantesimo. Dall'età di 15 anni non aveva più praticato alcun atto di religione. Dopo essere stato filosofo, frammassone e materialista, divenne in fine ateo non credendo più nulla. Dio che avea creato quell'anima per sè, e l'andava aspettando; Maria era la Madre di misericordia che doveva condurla a Gesù suo figlio. Egli era divenuto cieco, infermo, e l'anima sua era sulle soglie dell'eternità. Il parroco, cui stava veramente a cuore la salvezza di quell'anima, non ommise sollecitudine per guadagnarla. Dieci volte erasi presentato alla porta di lui, e dieci volte gli era stato proibito l'ingresso dai domestici secondo gli ordini dati dal padrone. Quello zelante pastore profondamente afflitto per tema quell'anima redenta col sangue di Gesù Cristo andasse alla perdizione, non sapendo più che fare, ricorse {26 [320]} a Colei che è chiamata la salute del mondo o il rifugio dei peccatori. Ripone la sua confidenza in Maria, prega, e fa pregare perchè sia madre di misericordia anche per quell'anima, che pareva presto doversi presentare al tribunale di Dio. Si porta quindi alla porta di quel signore, i domestici cercano di rimandarlo come le altre volte. Egli insiste, e in fine viene iotrodotto. Dopo alcuni complimenti, l'infermo dice senza preamboli al parroco: Signor Curato, mi fareste grazia di darmi la vostra benedizione? Il parroco maravigliato di tali parole, di tutto cuore, rispose. Ricevuta che l'ebbe, soggiunse: o quanto mi consola la vostra visita! Io sono cieco e non posso vedervi, ma ben mi accorgo della vostra presenza. Dacchè mi state vicino gusto una pace nel mio cuore che non mi ricordo aver goduto in vita mia. Il parroco benedicendo in suo cuore la Madre di misericordia comincia a parlargli dei conforti che dà la cattolica religione in vita, e assai più in punto di morte. L'infermo accoglie con gioia le parole del Sacro Ministro, si dispone a fare la confessione, la incomincia, e la termina ne' giorni seguenti con grande sua soddisfazione. La vita di quel signore viene prolungata di sei mesi circa, ma sempre pieno di fede in Dio e di confidenza nella gran Vergine Maria. Diede non dubbi segni di pentimento de' suoi peccati, si adoperò per riparare lo scandalo dato; e munito de' Santi Sacramenti e degli altri conforti che somministra la cattolica religione al cristiano infermo, spirava l'anima nel Signore il 10 aprile 1837. (Dal Manuale dell' Arciconfraternita.) {27 [321]}

 

Giaculatoria.

Ricorro supplice

 

A Voi, Maria,

 

Voi additatemi

 

Del ciel la via.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno terzo. La Redenzione.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Un mistero incomprensibile alla mente umana, che dimostra la preziosità dell'anima nostra e la grande bontà di Dio verso di noi è la redenzione del genere umano. I nostri genitori Adamo ed Eva peccarono e col loro peccato chiusero il Paradiso a se stessi e a tutta la loro posterità. Iddio con un tratto d'infinita bontà promette di riparare l'eterna perdizione degli uomini per mezzo del Messia che avrebbe mandato nella pienezza dei tempi. Affinchè poi la fede nel Messia ovvero nel Salvatore si mantenesse viva fra gli uomini, Dio la fece in tutti i tempi annunziare dai santi Patriarchi e dai Profeti. Chiara rivelazione fu fatta ad Abramo a Giacobbe, a Mosè, a Davidde, e più tardi a molti altri profeti. Isaja disse: {28 [322]} un uomo di dolcezza ammirabile, santo per natura, concepito per opera dello Spirito Santo, nascerà da una Vergine. Da altri è chiamato Dio forte, autore della pace, predicendo che sarebbe nato in Betlemme.

            Il profeta Daniele cinque secoli prima della nascita del Salvatore fissa l'epoca con un computo di settanta settimane di anni, che corrispondono a quattrocento novanta anni. Sui finire di queste settimane Gesù nacque in Betlemme da Maria sempre Vergine, e sotto alle più umili sembianze Iddio Creatore del cielo e della terra si fa uomo: et Verbum caro factum est. Così Iddio con ripetute profezie avvisava gli uomini a tener viva la speranza nel Salvatore. Più si avvicinava il tèmpo della venuta, più si facevano chiare le divine promesse.

            2. Il Salvatore, poi per dimostrare la sua venuta e far conoscere a tutto il mondo che egli era il Messia promesso, dà principio alla predicazione con una dottrina santa e divina, confermata da una serie di strepitosi miracoli, che tutti tendono a dimostrare la sua bontà e la sua potenza divina. Alla sua parola i ciechi acquistano la vista, i sordi l'udito, i muti la loquela e i morti escono vivi fuori delle loro tombe. {29 [323]} Gesù predica; ma non predica soltanto ricompense temporali; egli insegna che bisogna adorare un solo Dio in ispirito e verità; amare e adorare Lui solo; insegna che bisogna estendere la nostra beneficenza sopra tutti gli uomini, anche sopra i nostri nemici, perchè lo scopo della sua religione e della sua venuta è la carità. Egli predica la pazienza, la sommissione e l'umilta fino a doversi rallegrare delle tribolazioni che ci manda. Egli annunzia una vita felice ed eterna, cioè il cielo; ma questa felicità vuole che sia da noi guadagnata coi nostri sforzi, colla pratica della virtù, colla fuga del vizio.

            3. Fermiamoci qui, o cristiano, e mentre pieni di gratitudine andiamo considerando l'immensa bontà di Dio, ti prego a trattenere l'animo tuo sopra due pensieri; cioè considerare il tesoro prezioso che porti teco, che è l'anima tua, per cui Dio si è fatto uomo, e considerare eziandio che gran male sia il peccato poichè por riparare le conseguenze di esso, il Figlio di Dio ha dovuto lasciare le delizie del cielo, assoggettarsi a tutte le miserie della nostra vita e finire colla morte in croce. Ma mentre ammiriamo la bontà del nostro Divin Salvatore {30 [324]} promettiamogli di evitare quanto può rinnovare i patimenti sofferti per l'anima nostra. Ammiriamo la sua grande umiltà e fuggiamo in ispecie la vanità e la superbia. È vero che questo corpo è un bel dono fattoci da Dio, datoci per coprire l'anima nostra; ma l'umiltà è il più bello ornamento dell anima, e la vanità e la superbia sono peccati che bisogna evitare in ogni tempo, e soprattutto durante questo mese dedicato alla più pura, alla più umile delle vergini, Maria Santissima.

 

Esempio.

 

            S. Francesco di Girolamo nutrì sempre in cuor suo, e procurò di accendere negli altri una tenera divozione verso la sacratissima umanità di Gesù Cristo e verso de' suoi misteri. Fu poi singolarmente divoto verso il mistero dell'incarnazione. Era solito a dire essere noi sommamente obbligati a santificare il mese di marzo, perchè in tal tempo il Divin Verbo con ineffabile degnazione erasi abbassato a vestirsi di umana carne per amor nostro nel seno purissimo di Maria. Quando poi considerava Gesù Bambino, discioglievasi in amarissime lacrime per compassione de' suoi patimenti.

            A questa divozione verso il mistero della redenzione univa una tenerezza filiale verso la Santissima di Lui Madre. Fin da giovanetto non sapeva parlarne se non con grandissima venerazione. {31 [325]} In ossequio di Lei digiunava in solo pane ed acqua tutti i sabati dell'anno e le vigilie delle feste di lei: vi aggiungeva pure una sanguinosa flagellazione del suo corpo. Non perdeva occasione alcuna o nelle prediche o nei discorsi di esaltarne i pregi, la grandezza, la bontà a nostro favore, presso il suo Divin Figliuolo. Quantunque occupato da mattina a sera non lasciò mai di recitare ogni giorno il suo Rosario: il qual costume osservò inviolabilmente negli stessi viaggi. Trovandosi per mare da Napoli a Massa invitò i barcaiuoli a recitare seco il Rosario; e per infiammarli di una sì lodevole divozione, si pose a spiegar loro i misteri che in quelli si rammentano.

            Per accrescerne il culto predicò ventidue anni ogni martedì esponendo ad un numeroso popolo le glorie e le grandezze di questa Regina, raccontando le grazie da lei compartite a' suoi divoti. Introdusse il pio costume di rinnovar ogni mese pubblicamente l'offerta di se stesso a Maria. Fece stampare in versi italiani la Salve, la faceva cantare per le strade, ne distribui molte migliaia di copie ai divoti fedeli, e con questo mezzo riuscì ad impedire il canto di molte canzoni profane ed anche scandalose. Procuriamo di imitare questo Santo in quello che possiamo.

 

Giaculatoria.

Il frutto amabile

 

Del vostro seno

 

Deh! voi mostrateci,

 

Gran Madre, almeno.

 

Preghiera. Ricordatevi, ecc. pag. 19. {32 [326]}

 

 

Giorno quarto. La Chiesa di Gesu Cristo.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Il nostro Divin Salvatore disceso dal cielo per salvarci volle stabilire un mezzo onde fosse assicurate il deposito della fede fondando un regno spirituale sopra la terra. Questo regno è la sua Chiesa ovverò la congregazione dei fedeli cristiani di tutto il mondo, che professano la dottrina di Gesù Cristo sotto la condotta de' legittimi pastori, e specialmente del Romano Pontefice che ne è il capo da Dio stabilito. Questa Chiesa qual madre amorosa doveva in ogni tempo e in ogni luogo ricevere tutti coloro che avessero voluto rifuggiarsi nel suo materno seno; ed essere perciò in ogni tempo visibile ed accessibile a tutti. Quindi nel Vangelo questa Chiesa è paragonata ad una colonna, contro cui nulla valgono gli assalti dei nemici delle anime. È paragonata ad una pietra, sopra cui poggia un grande edifizio che deve durare fino alla fine de' secoli. Tu sei Pietro, disse Gesù Cristo al Principe degli Apostoli nel costituirlo capo della {33 [327]} Chiesa, tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere.

            Gesù Cristo raccomandò ai suoi seguaci che nascendo questioni tra di loro, ne differissero la risoluzione alla Chiesa: dic ecclesiæ; che se taluno rifiutasse di ascoltare la Chiesa abbilo siccome gentile e pubblicano: quod si ecclesiam non audierit. sit tibi tamquam ethnicus et publicanus. Questa Chiesa è la colonna ed il fondamento di ogni verità, sicchè ogni dottrina che non poggia sopra il fondamento di questa Chiesa, poggia sopra l'errore: ecclesia est columna et fundamentum veritatis, dice s. Paolo.

            2. Questa Chiesa poi si dice cattolica, che vuol dire universale, perchè, come si disse, qual madre amorosa accoglie in tutti i tempi e in tutti i luoghi quelli che vogliono venire al materno suo seno. Universale perchè abbraccia tutta la dottrina insegnata da Gesù Cristo e predicata dagli Apostoli.

            Dicesi anche Santa, perchè il fondatore di Lei, che è Gesù Cristo, è il fonte di ogni santità; niuno può essere santo fuori di questa Chiesa, giacchè soltanto in essa s' insegna la vera dottrina di Gesù Cristo, in essa {34 [328]} soltanto si pratica la sua fede, la sua legge, e si amministrano i Sacramenti da Lui istituiti.

            Si suole eziandio appellare Apostolica perchè i suoi pastori sono successori degli Apostoli, ed insegnano la medesima dottrina predicata dagli Apostoli come l'hanno imparata da Gesù Cristo.

            Si aggiunge poi il titolo di Romana, perchè il suo capo, che è il Papa, è vescovo di Roma, e per questo motivo questa città, una volta capitale del Romano impero, ora è il centro della religione, la capitala del mondo cattolico.

            3. E poichè avvi un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, avvi anche una sola vera Chiesa, fuori di cui niuno può salvarsi.

            Considera, o cristiano, e trema riflettendo al gran numero di quelli che non sono in grembo della Chiesa cattolica e perciò tutti fuori della strada che conduce al cielo. Considera, e rallegrati in cuor tuo, perchè Dio ti ha creato in questa sua Chiesa, in cui sono tanti mezzi di salvezza. Sii a Dio riconoscente, e per ringraziarlo procura di osservare i precetti che la Chiesa a nome di Dio propone a' suoi figli. Sii {35 [329]} costante nell'ascoltare la Messa intiera tutte le Domeniche e le altre feste comandate, osserva i digiuni e le vigilie, e non mangiar carne in venerdì e sabato. Insomma procuriamo di essere cattolici non di nome, ma di fatti, osservando con esattezza quanto la Chiesa comanda, astenendoci da quanto proibisce.

            Che se accadesse di parlare o sentir altri a parlare della Chiesa, diportiamoci come rispettosi figli verso l'amorosa loro madre: non diciamo mai cosa alcuna contro a quanto la Chiesa comanda o proibisce; e per quanto sta in noi parliamone sempre bene ed opponiamoci coraggiosamente a chiunque cercasse di parlarne male.

 

Esempio.

 

            I fasti della Chiesa sono pieni di esempi che dimostrano come Maria fu in ogni tempo non solo il sostegno della Chiesa, ma una madre pietosa che con sollecitudine la più amorosa va in cerca de' suoi figli, operando talvolta luminosi portenti per accrescerne il numero. Noi scegliamo l'esempio di Alfonso Ratisbon, giovane ebreo delle più doviziose famiglie d'Allemagna. Affezionatissimo alla sua religione, era nemico implacabile dei cristiani, specialmente da che un suo fratello aveva abbracciata la fede. Per diporto egli venne a Roma l'anno 1842. {36 [330]} Quivi crebbe il suo odio contro alla religione cristiana e l'ardore per l'ebraismo. Era già sul ponto di partire da questa città, quando andò a prendere congedo dal Barone Bussiere, da protestante convertito al cattolicismo. Venne questo signore in discorso di religione con Alfonso, e trovatolo ostinatissimo nel giudaismo, lo pregò almeno per cortesia di lasciarsi mettere al collo la medaglia di Maria. Egli mattamente ridendo di tale divisamento acconsentì. Era il 20 gennaio 1842, allorchè Alfonso lasciato per breve tempo io una chiesa dove era entrato per curiosita, tutto ad un tratto gli scomparve dagli occhi l'edifìzio, ed una piena di luce si riversa sopra di lui e riempie il luogo ove si trova. Quivi di mezzo a que' radianti splendori vede ritta sull'altare, piena di maestà e di dolcezza, la Vergine Maria, come sta sulla medaglia miracolosa. Colla mano gli fa segno che s'inginocchi, e con una forza irresistibile viene tratto verso Maria. Egli è in questo fortunato momento che Alfonso apre gli occhi alla verità, e illuminato dalla fede, rompe in dirotto pianto. Il suo cuore non trovava più conforto che nello sfogarsi in caldi ringraziamenti, e dimandare colle più vive istanze il battesimo. Vi si apparecchiò undici giorni, e il 31 gennaio dell'anno medesimo egli era rigenerato a Cristo, e Maria aveva un figliuolo di più. Una conversione così strepitosa e subitanea venne dalla Santa Sede, dopo diligenti esami, dichiarata miracolosa. Ogni anno si fa una festa in Roma il 20 gennaio in memoria di tal prodigio nella chiesa di s. Andrea delle fratte, luogo ove fa operato il prodigio. {37 [331]}

 

Giaculatoria.

Fate che spiri,

 

Vergin Maria,

 

Da buon cattolico

 

L'anima mia.

 

Preghiera. Ricordatevi, ecc. pag. 19.

 

 

Giorno quinto. Il capo della Chiesa.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Gesù Cristo nel Vangelo paragonò la sua Chiesa ad un regno, ad un impero, ad una repubblica, ad una città, ad una fortezza, ad una famiglia. Tutte queste cose sono di loro natura visibili, e non possono sussistere senza che vi sia un capo che, comandi, e vi siano sudditi che obbediscano. Capo invisibile della Chiesa è Gesù Cristo che assiste i sacri pastori dal cielo fino alla fine del mondo: ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem sæculi. Il capo visibile fu s. Pietro e dopo di lui i Pontefici suoi successori.

            Il Divin Salvatore disse a s. Pietro: tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa, e le porte dell'inforno non mai la potranno vincere. Io darò a te le {38 [332]} chiavi del regno de' cieli, quello che scioglierai in terra sarà pure sciolto in cielo; ciò che legherai in terra sarà pure legato in cielo. Con queste parole il Salvatore costituisce s. Pietro capo della sua Chiesa e gli conferisce quella pienezza di potere, in forza di cui può stabilire tutto ciò che contribuisce al bene spirituale ed eterno.

            Dopo la risurrezione Gesù Cristo confermò quanto ivi è detto a s. Pietro. Essendo egli comparso a' suoi Apostoli sulle rive del mare di Tiberiade, disse a s. Pietro: pascola le mie pecore, pascola i miei agnelli; pasce oves meas, pasce agnos meos. Dalla Santa Scrittura chiaro apparisce che gli agnelli ivi indicano tutti i fedeli cristiani, e le pecore sono i sacri pastori, che devono dipendere dal Pastore Supremo che è Pietro, e dopo di lui i suoi successori.

            2. Affinchè poi fossimo assicurati che questo Supremo Pastore avrebbe sempre conservato il deposito della fede senza mai cadere in errore, Gesù Cristo disse a san Pietro: Io ho pregato per te, o Pietro, affinchè la tua fede non venga meno: rogavi prò te, Petre, ut non deficiat fides tua. et tu aliquando conversus confirma fratres tuos. Egli è questo il motivo per cui gli {39 [333]} altri Apostoli dopo l'ascensione del Salvatore considerarono s. Pietro come loro Capo. Appena il Salvatore salì al cielo, egli tosto intraprende il governo della Chiesa; propone la elezione di un Apostolo in luogo di Giuda traditore; egli il primo predica al popolo; primo fa miracoli andando al tempio; primo è instruito da Dio che non solo gli Ebrei, ma anche i Gentili sono chiamati alla fede. Insorgono difficoltà nella Chiesa? Si raduna un concilio nella città di Gerusalemme; Pietro propone la questione, la spiega, la definisce, e tutti ubbidiscono a Pietro come al medesimo Gesù Cristo. Cosi fecero i veri cattolici in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in ogni questione religiosa: si fece sempre ricorso al Sommo Pontefice, e tutti i cristiani si sottomisero a lui come a s. Pietro, come al medesimo Gesù Cristo.

            3. Eccoti, o cristiano, quanto propongo alla tua considerazione. Un Dio fatto uomo per salvarci; prima di partire dal mondo fonda una Chiesa, e deputa un Capo a fare le sue veci sopra la terra fino alla fine de' secoli: usque ad consummationem sæculi. Riconosciamo anche noi nel Romano Pontefice il Padre universale di tutti i cristiani, {40 [334]} il successore di s. Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, colui che fa le veci di Dio sopra la terra, colui, al quale disse Gesù Cristo: tutto ciò che legherai in terra, sarà legato in cielo; tutto ciò che scioglierai in terra, sarà anche sciolto in cielo. Ma ricordiamoci bene, che niuno può professare la religione di Gesù Cristo, se non è cattolico; niuno è cattolico, se non è unito al Papa.

 

Esempio.

 

            Gli eretici per allontanare i cattolici dalla Chiesa e dal Romano Pontefice hanno sempre cominciato a disprezzare la divozione della Beata Vergine; perchè Maria è madre di misericordia di tutti quelli che la invocano. Anzi abbiamo moltissimi eretici convertiti, che attribuiscono la loro conversione alla divozione a Maria. Valga per tutti l'esempio del protestante ed ora fervoroso cattolico Federico Hurter. Era questi presidente del Concistoro protestante a Sciaffusa nella Svizzera, e passava come uno de' migliori predicatori e professori del Calvinismo. Sebbene egli fosse molto affezionato agli errori di sua setta, gli rincresceva assai, come egli stesso confessa, che il protestantismo, a cui apparteneva, ricusasse ogni culto alla Santissima Vergine. Questo fu il granello di senapa che produsse l'albero della conversione di Hurter. Sino dagli anni suoi giovanili, senza alcuna particolare {41 [335]} cognizione della dottrina cattolica intorno alla Gran Madre di Dio, si sentiva penetrato da una venerazione inesprimibile verso di Lei. Trovava in essa l'avvocata de' cristiani. A Lei dal fondo del cuore si rivolgeva nella sua vita privata. Talora tentava dalla cattedra di eccitare ne' suoi alunni pensieri di venerazione verso la Santa Vergine, anzi studiavasi di far conoscere le grandezze di Colei, che è Madre di Dio.

            Di mano in mano che nel suo cuore cresceva l'affetto a Maria cominciò a entrare in Federico qualche dubbio sulla sua credenza. Il dubbio lo eccitò ad esaminar meglio la cattolica religione, la quale si mostrava ogni giorno al suo cuore vie più vera, divina, anzi la sola vera. Mosso unicamente dal desiderio di conoscere la verità, si dismise dalle funzioni di presidente del concistoro, e si applicò colla massima sollecitudine allo studio dei dogmi cattolici Egli impiegò quattro anni in tale studio, e in tutto questo tempo egli pregava con fervore la santa Vergine a fargli conoscere la verità, intimamente persuaso di essere fuori della verità finchè fesse vissuto nel protestantismo, il 29 di febbraio 1844; partì per Roma con fermo disegno di dichiararsi fedelissimo figlio, come egli si esprime, di quella tenera madre che è la Chiesa cattolica. Giunto nella città che è centro dell'unità, capitale del mondo cristiano, non volle più tardare l'esecuzione del suo grande atto. Rinunziò agli onori, alle cariche, agli stipendii che aveva tra i protestanti, mise in non cale le rimostranze dei parenti e degli amici, e superando ogni rispetto umano fece l'abiura dei suoi errori, ricevette la {42 [336]} santa comunione e la cresima nel mese di giugno di quell'anno 1844. Questo illustre letterato riconosce la grazia straordinaria della sua conversione dalla intercessione della Beatissima Vergine.

            Serva questo fatto di conforto ad ogni buon cattolico per tenersi strettamente unito ed ubbidiente al capo di nostra santa religione, che è in maniera così particolare protetta dalla gran Madre di Dio la Vergine santissima.

 

Giaculatoria

Non mai disgiungami

 

Per fatto tristo

 

Dal gran Vicario

 

Di Gesù Cristo.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno sesto. I Pastori della Chiesa.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. La Chiesa è una congregazione di fedeli cristiani sparsi per tutto il mondo, che a guisa di un numeroso gregge sono governati da un pastore supremo che è il Romano Pontefice. Ma se ciascun cristiano dovesse avere direttamente relazione col Vicario di Gesù Cristo, con difficoltà egli potrebbe far pervenire a lui le sue parole, e di rado comunicargli i suoi pensieri. Dio {43 [337]} però pensò e provvide a tutti i bisogni dell'anima nostra. Ascoltate, è questo uno dei più bei tratti del cattolicismo. Dio stabilì s. Pietro Capo della Chiesa, e morto lui, succedettero i Romani Pontefici nel governo della medesima, e si succedettero in modo, che dal regnante Pio IX ne abbiamo la serie non interrotta fino a s. Pietro, e da s. Pietro abbiamo la serie dei Pontefici uno successore dell'altro, che ci conservarono intatta la Santa Religione di Gesù Cristo fino a noi.

            Gli Apostoli poi esercitarono il loro Apostolato d'accordo e dipendenti da s. Pietro. Agli Apostoli succedettero altri vescovi, che sempre d'accordo e sempre dipendenti dal successore di s. Pietro governarono le varie Diocesi della cristianità. I vescovi accolgono le suppliche, sentono i bisogni de' popoli e li fanno pervenire fino alla persona del Supremo Gerarca della Chiesa. Il Papa poi, secondo il bisogno, comunica i suoi ordini ai vescovi di tutto il mondo, che poi li partecipano ai semplici fedeli cristiani.

            Oltre gli Apostoli, Gesù Cristo stabilì settantadue discepoli, che mandò in varii paesi a predicare il Vangelo. Gli Apostoli {44 [338]} pure ordinarono sette diaconi, ed altri ministri, che li aiutassero nella predicazione del Vangelo, e nell' amministrazione dei Sacramenti. Così tra noi, oltre il Papa ed i vescovi, ci sono altri sacri ministri specialmente i parroci, i quali strettamente uniti e d'accordo coi vescovi aiutano questi nella predicazione e nell' amministrazione dei Sacramenti, li aiutano a mantenere l'unità della fede e soprattutto a conservare stretta relazione col Capo della religione, la qual cosa è indispensabile per tenere ognor lontano l'errore dalle verità della fede.

            2. Onde noi possiamo dire che i nostri parroci ci uniscono coi Vescovi, i vescovi col Papa, il Papa ci unisce con Dio. Di più i sacri pastori che governano le chiese particolari essendosi regolarmente succeduti sempre dipendenti dal Papa, sempre insegnando la stessa dottrina, amministrando i medesimi Sacramenti, ne segue la certezza che i ministri della Chiesa cattolica in ogni tempo e in ogni luogo hanno sempre praticato la medesima fede, la medesima legge, i medesimi sacramenti, come furono predicati dagli Apostoli, e come furono istituiti dal nostro Signor Gesù Cristo. {45 [339]}

            3. Siamo adunque docili alle voci dei sacri ministri, come le pecore lo debbono essere alla voce del loro pastore. Dio ce li ha dati per nostri maestri nella scienza della religione; dunque andiamo da essi ad impararla e non dai maestri mondani. Dio ce li ha dati per guida nel cammino del cielo, dunque seguitiamoli ne' loro ammaestramenti. Dio disse a' suoi ministri: qui vos audit, me audit; chi ascolta voi, ascolta me: qui vos spernit, me spernit; chi disprezza voi, disprezza me. Pertanto andiamo volentieri ad ascoltarli nelle prediche, nelle istruzioni, nei catechismi, nelle spiegazioni dei Vangelo. Secondiamoli nei consigli che ci danno quando ci accostiamo ai Sacramenti, o quando ci istruiscono per riceverli degnamente; ascoltiamo le loro voci come se venissero da Gesù Cristo medesimo.

 

Esempio.

 

            Il fatto avvenuto a s. Romano quando era condotto ai martirio, può darci norma della risposta che possiamo dar noi quando siamo interrogati intorno ai motivi della nostra credenza. Questo santo crudelmente tormentato da un prefetto di nome Asclepiade, mirando la durezza del tiranno, volle provare di ammollirlo {46 [340]} con un miracolo. Voltosi a lui, Asclepiade, gli disse, se non credi a me, interroga quel bambino che tu vedi tra le braccia di sua madre, e dalla sua innocente bocca udrai confermato quanto io ti ho predicato e ti predico intorno alla mia religione. Il prefetto rimirò il bambino, e persuaso che per l'età sua fosse incapace di articolar parola, dissegli per ischerzo: sai tu dirmi chi sia il Cristo che i cristiani adorano? Allora il bambino alzò francamente la voce e forte gridò: Gesu Cristo adorato dai cristiani è il vero Dio. Chi ti disse questo? ripigliò Asclepiade. L'altro replicò: lo disse mia madre, cioè la Chiesa. E chi lo disse a tua madre, disse il prefetto maravigliato? A mia madre lo disse Iddio: mihi mater, matri Deus. Cosi dovrebbero rispondere i cristiani qualora fossero interrogati intorno alla verità della fede. Chi ha detto che Gesù Cristo è figliuolo di Dio, che' è morto per salvarci, che ci ha da giudicare tatti insieme alla fine del mondo? Chi l'ha detto? L'hanno detto i sacri ministri, che l'hanno imparato dalla nostra madre che è la Chiesa; la Chiesa lo imparò da Dio medesimo. Mihi mater matri Deus. (Boll. in s. Romano).

 

Giaculatoria.

 

            Fate che io ascolti,

O mio Signor,

Le voci provvide

Del mio pastor.

 

            Che l'alma mia

Tutta gli affidi,

Sicchè sicuro

Al ciel mi guidi.

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {47 [341]}

 

 

Giorno settimo. Fede.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. La nostra religione è soprannaturale e divina, perciò si trovano in essa certe verità così sublimi, che l'uomo nella vita presente dopo molte fatiche appena può giungere a comprenderle in piccolissima parte. Nè tal cosa ci deve recar maraviglia, perciocchè negli stessi oggetti temporali, che cadono sotto i nostri occhi, come le erbe, le piante, l'acqua, il fuoco, la struttura del corpo umano, scorgiamo molte cose di cui conosciamo l'esistenza, ma non ne comprendiamo le qualità se non imperfettissimamente. Onde se siamo costretti ad ammettere segreti nelle cose, temporali, con assai più di ragione dobbiamo ammetterli nelle cose spirituali. Tali verità in l'atto di religione si chiamano misteri. L'atto con cui noi pieghiamo la volontà a credere chiamasi fede. Senza la fede è impossibile di piacere a Dio, dice s. Paolo. La fede è la sostanza delle cose che dobbiamo sperare da Dio. La fede è la base e il fondamento {48 [342]} di ogni nostra giustificazione, dice la Chiesa a nome di Dio.

            2. Questa fede non è appoggiata sopra l'autorità degli uomini che possono cadere in errore, ma è tutta appoggiata sopra la parola di Dio. che è eterno, immutabile, e che non può mai variare in cosa alcuna. Pertanto colla fede crediamo che Iddio ha creato il cielo e la terra e tutte le cose che nel cielo e nella terra si contengono; crediamo che pel peccato originale tutto il genere umano si rese indegno del Paradiso e meritevole dell'inferno; che Dio promise un Salvatore, il quale è venuto, ed è Gesù Cristo vero Dio e vero uomo; che egli si è fatto uomo per salvare l'anima nostra, e che per noi morì in croce. È pure verità di fede che avvi un solo Dio in tre persone realmente distinte, che avvi un solo battesimo, una sola vera Chiesa, che è la cattolica; che niuno può salvarsi fuori di questa Chiesa; che il capo di questa chiesa è il Romano Pontefice, cui noi dobbiamo ubbidire come a Gesù Cristo, di cui egli fa le veci; che i Sacramenti istituiti da nostro Signor Gesù Cristo sono sette, nè più nè meno. È verità di fede che vi è Iddio il quale premia i buoni col Paradiso {49 [343]} e punisce i cattivi coll' inferno; che abbiamo un'anima semplice ed immortale; che un solo peccato mortale può farcela perdere per tutta l'eternità. Queste cose sono le principali verità che la nostra religione propone a credersi. Non diamoci però alcuna pena se non comprendiamo queste verità; anzi dobbiamo rallegrarci perchè è segno che Iddio ci riserbò cose grandi nell'altra vita; cose, che, come dice s. Paolo, l'orecchio non mai udì, l'occhio non vide mai, la lingua non può esprimere, nè il cuore dell' uomo può immaginare. Queste cose nella vita presente non comprendiamo. Ma Dio assicura che ci stanno preparate nell'altra vita. Perciò facciamoci coraggio, comprenderemo poi tutto nella beata eternità se per la misericordia di Dio saremo salvi. Allora comprenderemo quanto qui in terra ci pare mistero, allora vedremo Iddio come è in se stesso: tunc videbimus sicuti est, dice s. Paolo.

            3. Devo però avvertirti, o cristiano, che la nostra fede deve avere certe qualità, le quali mancando a nulla giova per salvarci. La nostra fede deve essere intera, cioè deve abbracciare tutti gli articoli di nostra religione. Tutte le verità della fede sono {50 [344]} da Dio rivelate; quindi, chi nega di credere un solo articolo di fede, nega di credere a Dio medesimo. Perciò colui che dice di amare il prossimo, e intanto nomina il nome di Dio in vano; colui che onora i genitori e intanto prende la roba altrui, o si dà in preda alla disonestà, al disprezzo dei Sacramenti, del Vicario di Gesù Cristo, costui, dico, trasgredisce un articolo di fede che lo fa colpevole di tutti gli altri. Gli articoli di fede sono tutti legati insieme e formano una catena che lega la ragione colla rivelazione, e si viene a costituire una scala per cui l'uomo monta fino a Dio. Ma rotto un anello della catena, o spezzato un gradino di quella mistica scala è rotta ogni nostra relazione con Dio. Che ti vale credere alla Chiesa, al Vicario di Gesù Cristo, se poi ne dispregi gl'insegnamenti? se parli male del Sommo Pontefice? Parliamo chiaro: o tutti gli articoli di nostra fede o nissuno; perchè il negarne un solo' è negarli tutti. Affinchè poi la fede sia veramente intiera deve essere operativa, cioè deve essere congiunta colle buone opere. Qui parla chiaro Gesù Cristo nel Vangelo: non tutti, egli dice, non tutti quelli che dicono, o Signore, o Signore, entreranno nel regno de' cieli, ma {51 [345]} tutti quelli che faranno la volontà del mio Celeste Padre. Matt. c. 7. A che gioverà, dice s. Giacomo, a che gioverà, fratelli miei, se taluno di voi dirà aver fede senza le opere? In quella guisa che un corpo senza anima è morto, così pure la fede senza le opere è una fede morta. O cristiano, vuoi sapere se la tua fede sia viva o morta? Leggi attento, e la conoscerai. Ha una fede morta chi crede che basti un solo peccato mortale per farci andare all'inferno, e intanto lo commette con indifferenza. Ha una fede morta chi crede che noi dobbiamo amare Iddio sopra ogni cosa, e intanto ama le creature, ama i piaceri del mondo; e tutto occupato nell'ingrandire, arricchire la famiglia; fides sine operibus mortua est. Ha una fede morta colui il quale sa che gli avari non possederanno il regno de' cieli; e intanto vede il povero divorato dalla fame, oppresso dal freddo e non si commuove nè gli porge soccorso alcuno; fides sine operibus mortua est.

            Preghiamo la Santa Vergine che ci conservi saldi nella fede e ci ottenga dal suo Divin Figlio grazia e fortezza di essere costanti nelle pratiche di nostra santa religione fino all'ultimo respiro della vita. {52 [346]}

 

Esempio.

 

            Non avvi fede più viva ed operosa che quella dei martiri. La storia ecclesiastica annovera oltre a sedici milioni di questi gloriosi eroi che ci possono servir di esempio. Noi scegliamo di preferenza un fatto recente, il martirio del missionario Marchand di Besanzone. Nel 1835 egli predicava il Vangelo nella China, paese da noi lontanissimo, quando per esser cristiano venne rinchiuso in una prigione. Dopo cinque anni di prigionia ne fu cavato fuori e messo in una gabbia di ferro. Portato dinanzi al re: sei la pure, gli dimandò, sei anche tu partigiano dei ribelli? No, egli rispose, io non o partecipato ad alcuna ribellione. Tuttavia il re stando alle accuse fatte dai mandarini lo sottomise alla dolorosa tortura delle tanaglie. Subito i carnefici fanno arroventare tanaglie di ferro, e con quelle a brani a brani gli strapparono la carne delle coscie. Il coraggioso missionario fa un'offerta del suo corpo a quel Dio che glie lo aveva donato, a lui raccomanda l'anima sua, e tenendo gli occni rivolti al cielo, sentesi innondare di gioia il cuore, perchè fatto degno di patire per Gesù Cristo. Il re sdegnato per l'eroica pazienza del Confessore della fede lo condanna a morte spietata. I mandarini ovvero i carnefici allontanano alquanto Marchand dal palazzo del re; dipoi traendolo fuori della gabbia lo spogliano quasi nudo e cominciano a tormentarlo. Con cinque tanaglie infuocate gli stringono ad un tratto la carne alle coscie e alle gambe. Si leva un fumo ed un fetore; {53 [347]} tremano gli astanti; e il santo martire fermo nella fede di Gesù Cristo alza gli occhi al cielo, e non altro dice: ah Padre mio, o mio Dio... Mentre si vanno rinnovando questi atroci tormenti, un mandarino gli fa la seguente dimanda: perchè nella religione cristiana si strappano gli occhi ai moribondi? Alludeva egli all'amministrazione dell'olio santo. Il missionario raccoglie le sue forze e risponde: ciò non e vero: niuna di queste cose so essersi fatta dai cristiani. Le parole sono interrotte da nuovi tormenti, quindi il mandarino lo interroga di nuovo così: perchè si presentano gli sposi innanzi al prete vicino all'altare? Gli sposi, rispose il missionario, vengono a far conoscere al prete la loro unione e ad impetrare le celesti benedizioni. Gli si rinnovano i tormenti delle tanaglie, quindi il mandarino ripiglia: qual pane incantatore si dà a chi è confessato, per cui diventa poi cosi affezionato alla religione? Rispose il semivivo missionario: non è pane quello che loro si dà; è il corpo di nostro Signor Gesù Cristo divenuto il cibo dell'anima. Allora quasi in pena delle parole proferte gli fu posto un freno nella bocca, e accompagnato da cento soldati e da immensa folla di gente fu condotto un miglio in distanza da quel luogo Quivi il missionario vien deposto ai piedi di un patibolo in forma di croce. In un subito i carnefici prendono il paziente, lo alzano in piedi e gli legano le braccia quasi in forma di croce. Due manigoldi gli stanno ai fianchi col coltello in mano. Si ode un funereo suono di tamburo, cessato il quale, afferrano le mammelle del condannato, le tagliano {54 [348]} di un colpo solo e gettano a terra quei brani Mentre si vanno rinnovando simili tormenti, la vittima rivolge al cielo per l' ultima volta i tuoi sguardi, indi mettendo l'anima sua nelle mani di Gesù Crocifisso, quasi fatto a brani abbassa il capo, manda l'ultimo respiro, e l'anima sen vola a Dio. Allora il suo corpo è fatto a pezzi.

            Va pure al cielo o fortunato ministro di Gesù Cristo, e mentre noi ammiriamo il tuo trionfo tu imploraci dal cielo grazia e forza di seguire il tuo esempio; e che, se non avremo la gloriosa sorta di dar la vita per la fede, almeno viviamo da fervorosi cristiani fino alla morte. (Annali della prop. n. 53).

 

Giaculatoria.

Iddio glorioso

 

Che tutto vede

 

Mi renda stabile

 

Nella mia fede.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno ottavo. I Santi Sacramenti.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Più consideriamo la nostra santa cattolica religione, più apprendiamo la sua bellezza, la sua grandezza, e più rendesi manifesta la bontà, la sapienza e la misericordia di Dio, che ne è il fondatore. {55 [349]} Ciò apparisce in maniera luminosa nei Santi Sacramenti. Egli è verità di fede che questi Sacramenti sono sette, nè più, nè meno; essi furono tutti istituiti da nostro Signor Gesù Cristo mentre era in questo mondo. Questi sacramenti sono: Battesimo, Cresima. Eucaristia, Penitenza, Estrema unzione, Ordine e Matrimonio. Questi sacramenti sono altrettanti segni sensibili stabiliti da Dio per dare alle anime nostre le grazie che sono necessarie per salvarci, che è quanto dire che i sette Sacramenti sono come sette canali con cui i celesti favori sono comunicati dalla divinità alla umanità.

            2. Per mezzo del Battesimo noi siamo accolti nel seno di Santa Madre Chiesa, cessiamo di essere schiavi del demonio, siamo fatti figliuoli di Dio, e perciò eredi del Paradiso.

            Nella Cresima ovvero confermazione noi riceviamo la pienezza dei doni dello Spirito Santo, e diventiamo perfetti cristiani.

            Nell'Eucaristia Gesù Cristo ci dà il suo corpo, il suo sangue, la sua anima e la sua divinità sotto le specie del pane e del vino consacrati.

            Questo è il più grande prodigio della {56 [350]} potenza Divina. Con un atto di amore immenso verso di noi, Iddio trovò modo di dare alle anime nostre un cibo proporzionato e spirituale, dandoci cioè la medesima sua Divinità.

            Nella Penitenza ci sono rimessi i peccati commessi dopo il Battesimo.

            Nell'Estrema unzione ovvero Olio Santo Dio viene in soccorso degli infermi, e per mezzo della sacra unzione ci comunica le grazie necessarie per cancellare dall'anima nostra i peccati colle loro reliquie, per darci forza a sopportare pazientemente il male, fare una buona morte qualora Iddio abbia decretato di chiamarci all' eternità, ed anche per dare la sanità corporale se è utile alla salute dell'anima.

            Nel sacramento dell'Ordine ovvero nella sacra ordinazione Dio comunica a' sacri ministri le grazie necessarie per acquistare quell'alto grado di santità che è loro necessario; ed anche per poter guidare ed instruire i fedeli cristiani nelle verità della fede, nella fuga del vizio, e nella pratica della virtù.

            Finalmente il Matrimonio è quel sacramento che dà la grazia ai coniugati di vivere tra loro in pace e carità ed allevare {57 [351]} cristianamente la propria figliolanza qualora Iddio nell'infinita sua sapienza giudichi di concederne.

            3. Ecco, o cristiano, brevemente esposti i grandi mezzi che Gesù Cristo ha instituiti per la nostra salute. Egli ci procurò grandi benefizi colla sua incarnazione, ma tutti questi benefìzi sono comunicati per mezzo de' suoi Santi Sacramenti. Se tu intanto non ti dai sollecitudine di approfittare di questi mezzi di salvezza secondo lo stato in cui ti trovi, tu non puoi partecipare al gran mistero della Redenzione, e perciò non potrai salvare l’ anima tua. Fermati alcuni istanti a considerare come hai corrisposto a questi grandi segni dell' amor Divino; chè se ti accorgi che la tua coscienza ti rimorde di qualche peccato procura di porvi rimedio al più presto possibile specialmente col prepararti a fare una buona confessione e una buona comunione.

 

Esempio.

 

            Nelle vite dei Santi Padri leggiamo un fatto che dimostra quanto giovi la pietà ai nostri, interessi spirituali e temporali. Vivevano nella città di Alessandria di Egitto due calzolai; uno aveva numerosa famiglia, ma mentre si occupava per mantenerla era assai sollecito delle {58 [352]} cose dell'anima seguendo il consiglio di Cristo che disse: cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e delle altre cose Iddio vi provvederà. Egli era molto frequente alla Chiesa, cioè interveniva volentieri ad ascoltare la parola di Dio, era frequente alla s. confessione e comunione e agli altri esercizii di cristiana pietà; pure pareva che Iddio moltiplicasse i suoi beni temporali. L'altro faceva il contrario, vale a dire era sollecito di guadagni temporali non curandosi di andare alla Chièsa e pensare all'anima. Onde anche i suoi affari andavano a rovescio, e sebbene fosse solo, senza famiglia, e lavorasse più del compagno, nulladimeno stentava a guadagnarsi da nutrir se medesimo. Vedendo egli il suo vicino che con meno fatica manteneva sè e la sua famiglia, incominciò a maravigliarsi e a portargli invidia. Un giorno non potè trattenersi dall' indirizzargli queste parole: come va questo affare! io mi affatico più di te nel lavoro, e non guadagno da potermi nutrire; e tu lavorando meno provvedi a te ed alla tua famiglia? Alla quale dimanda, volendo egli santamente ingannare il compagno e fargli frequentare la Chiesa, gli risposo cosi: sappi, fratello, che io vado in certo luogo in cui trovo moneta, per la quale io sono arricchito; se tu vuoi venire con me, ogni dì ti chiamerò, e ciò che troveremo sarà mezzo mio e mezzo tuo. Volentieri, rispose l'altro; e cominciò ad andargli insieme, ed ogni giorno lo menava seco nella Chiesa. Come piacque a Dio, in breve tempo diventò ricco ed agiato. Allora gli disse il compagno: or vedi, fratello mio, quanto ti è giovato frequentare la Chiesa! Sappi che qui {59 [353]} si trova la grazia di Dio, la quale è il miglior tesoro del mondo; e come tu stesso hai provato, a chi è sollecito di Dio, Iddio è sollecito di lui. Fa dunque come hai cominciato, frequenta la Chiesa, e Iddio non ti verrà meno.

            Cristiani, molti vogliono far fortuna col peccato, mentre vivono a Dio nemici, non frequentano Chiese, non pregano, non s'accostano ai sacramenti, non santificano le feste, e intanto vorrebbero che Iddio li prosperasse e li rendesse felici. Stolti! Non sanno che il peccato è quello che fa miseri ed infelici i popoli? Miseros facit populos peccatum (Prov. c. 14).

 

Giaculatoria.

 

            Gesù Signore,

Che ci hai redenti

Al ciel mi guidino

I sacramenti.

 

            E tu, gran Vergine,

Madre d'amore,

Nel cuore accendimi

Di fè l'ardore.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno nono. Dignità del Cristiano

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Per dignità del cristiano io non intendo i beni corporali, nemmeno le preziose qualità dell'anima creata ad immagine e somiglianza del medesimo Creatore; io {60 [354]} intendo solamente parlare della tua dignità, o uomo, in quanto che fosti fatto cristiano per mezzo del santo Battesimo e ricevuto in grembo alla Santa Madre Chiesa. Prima che tu fossi rigenerato nelle acque del Battesimo tu eri schiavo del demonio e nemico di Dio ed escluso per sempre dal Paradiso. Ma nell' atto stesso che questo augusto Sacramento ti apri la porta della vera chiesa, si ruppero le catene con cui ti teneva legato il nemico dell'anima tua; a te si chiuse l'inferno, e si apri il Paradiso. Nel tempo stesso sei diventato oggetto di parziale amore per parte di Dio; in te furono infuse le virtù della fede, della speranza e della carità. Fatto così cristiano, tu hai potuto alzare lo sguardo al cielo e dire: Dio creatore del cielo e della terra è anche il mio Dio. Egli è mio padre, mi ama, e mi comanda di chiamarlo con questo nome.

            Padre nostro, che sei ne' cieli; Gesù Salvatore mi chiama suo fratello, e come fratello io appartengo a Lui, a' suoi meriti, alla sua passione, alla sua morte, alla sua gloria, alla sua dignità.

            I Sacramenti da questo amoroso Salvatore istituiti, furono istituiti per me. Il {61 [355]} Paradiso che il mio Gesù aprì colla sua morte, lo aprì per me, e me lo tiene preparato. Affinchè poi avessi uno che pensasse per me, volle darmi Iddio per padre, la Chiesa per madre, la Divina parola per guida.

            Conosci or dunque, o cristiano, la tua grande dignità. Agnosce, christiane, dignitatem tuam. Mentre però t'invito a rallegrarti in cuor tuo del grande benefizio a te compartito col farti cristiano, ti prego di portar il pensiero sopra tanti uomini, che sono pure stati riscattati dal sangue prezioso di Gesù Cristo, che vivono immersi o nell'idolatria o nell'eresia, e perciò fuori della via della salvezza. Molti di essi benedirebbero ogni momento il Creatore se potessero avere le grazie, i favori, le benedizioni che tu hai. Ma alla grande bontà che Dio usò verso di te, dimmi, come hai tu corrisposto?

            2. O fratello mio, se diamo un'occhiata alla nostra vita trascorsa vediamo non solo di avere disonorata la dignità di cristiano, ma di esserci regolati con questo Padre Celeste con tale maniera di vivere che peggio non avrebbero fatto i medesimi infedeli. Tutte le volte che abbiamo trasgredito {62 [356]} qualche comandamento di Dio o della sua Chiesa, noi abbiamo disonorata la dignità di cristiano.

            Misero me! se io considero le trasgressioni fatte contro la santa legge di Dio, se io considero la facilità e i molti mezzi con cui lo poteva servire, debbo coprirmi la faccia di confusione e ripetere il rimprovero fatto da Dio per bocca di un suo profeta: l'uomo, egli dice, essendo stato elevato al più alto onore, non lo conobbe: e si degradò ad operare come giumento insensato e tenne una condotta simile a quella degli animali immondi: homo cum in honore esset, non intellexit: jumentis insipientibus comparatus est et similis factus illis. Vieni ora, o cristiano, e fermamente delibera di corrispondere meglio alla tua dignità per l'avvenire. Prostriamoci dinanzi a Dio e diciamo di cuore così: Mio Dio, Padre delle misericordie, io mi pento con tutto il cuore di avervi offeso, propongo di emendarmi per l'avvenire e fare quanto posso per corrispondere alla dignità di cristiano, a cui mi avete elevato.

            Ma poichè il più bello ornamento del cristianesimo è la Madre del Salvatore, Maria Santissima, cosi a voi mi rivolgo, {63 [357]} o clementissima Vergine Maria, io sono sicuro di acquistare la grazia di Dio, il diritto al Paradiso, di riacquistare insomma la perduta mia dignità, se Voi pregherete per me, Auxilium christianorum, ora pro nobis.

 

Esempio.

 

            Molti esempi dimostrano Maria Ss. essere sempre stata l'aiuto dei cristiani. I titoli gloriosi che ogni giorno a Lei sono indirizzati nelle Litanie dette di Maria Vergine ne sono una prova; diamone un cenno. La parola litanie vuol dire suppliche, perchè litanie altro non sono che una serie di supplicazioni colle quali preghiamo la ss. Trinità ad usarci misericordia e preghiamo la Vergine Beata ad intercedere per noi presso a Dio. Diconsi anche litanie Lauretane, perchè nella Chiesa di Loreto sono con maggiore solennità cantate. Queste litanie sono antichissime nella Chiesa. S. Sergio Papa per rendere grazie alla Vergine per un segnalato favore da Lei ricevuto decretò che si recitassero nelle feste principali della Madonna. Altri Pontefici le arricchirono di molte indulgenze. Pio VII estese tale indulgenza a 300 giorni ogni volta che si recitano applicabile alle anime dei Purgatorio. Nelle litanie leggiamo la parola: Maria aiuto dei cristiani; Auxilium christianorum. S. Pio V dopo una vittoria riportata dai cristiani contro ai Turchi per intercessione di Maria fu il primo {64 [358]} ad aggiungere tale invocazione nelle litanie l'anno 1771. Il glorioso Pio VII riconoscendo dalla protezione di Maria il suo ristabilimento nella Sede pontificia e la pace ridonata alla Chiesa dopo una serie di tristi avvenimenti, in segno di gratitudine verso la gran Regina del cielo, institui l'anno 18l5 in suo onore quella festa che si chiama Maria aiuto dei cristiani. Questa festa si celebra il 24 di maggio. Invochiamo l'aiuto di Maria specialmente colla frequente recita delle sue litanie.

 

Giaculatoria.

In mezzo ai perigli

 

Del mar della vita,

 

Maria, mi aita,

 

Tu guidami al ciel.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag 19

 

 

Giorno decimo. Preziosità del tempo.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. I beni concessi da Dio al Cristiano sono grandi; ma Iddio ha fissato un tempo all'uomo, onde potersene servire. Quel numero di anni, di mesi, di settimane, di giorni, di ore, di minuti, che passano dalla nascita alla morte, è il tempo che Iddio ha posto in nostro potere per servirci dei suoi benefizi e salvarci l'anima. {65 [359]}

            Questo tempo è un tesoro prezioso. Un filosofo gentile, di nome Seneca, soleva dire non esservi cosa più preziosa del tempo: nullum temporis pretium. Quel filosofo diceva questo, perchè l'uomo impiegando bene il tempo può acquistare scienza, onori, ricchezze. Ma noi cristiani stimiamo il tempo per motivi assai importanti. Noi diciamo che il tempo è prezioso, perchè in un momento di tempo ben impiegato, dice s. Bernardino da Siena, l'uomo può guadagnarsi l'eterna felicità. Perciò tanto vale un momento di tempo, quanto vale Iddio: tantum valet tempus, quantum Deus. Tempore enim bene consumpto comparatur Deus.

            Stiamo però bene attenti che solamente in questa vita possiamo approfittarci del tempo. Nell' inferno vi è la sola eternita. I dannati piangono amaramente il tempo passato dicendo: oh si daretur hora! o se ci fosse dato un sol momento per aggiustare le cose dell'anima; ma questo momento non l'avranno più. Nel cielo poi non si piange, ma se i beati potessero piangere, piangerebbero solamente il tempo perduto in questa vita, in cui potevano acquistarsi maggior merito pel Paradiso. I santi conobbero questa grande verità, e perciò, si {66 [360]} davano la massima sollecitudine per impiegarlo bene. S. Alfonso de' Liguori per essere in certa maniera costretto ad occupare santamente il tempo fece voto di non mai perdere un momento di vita, e adesso gode la ricompensa del tempo ben impiegato con un'eternità di gloria.

            2. Ma che? esclama s. Bernardo, non avvi cosa più preziosa del tempo, e non avvi cosa più disprezzata. Nihil pretiosius tempore, sed nihil vilius æstimatur. Vedrai quel giuocatore a perdere il tempo in giuochi e passarvi i giorni e le notti; se gli dimandi: che fai? risponde: passiamo il tempo. O pazzo che sei, e non vedi che perdendo il tempo ne' giuochi, il demonio giuoca la tua eterna salvezza? Vedrai quel1' altro vagando trattenersi ore intiere in mezzo ad una strada a guardare chi passa, a parlare di cose inutili e talvolta oscene; se gli dimandi: che fai? risponde: faccio passare il tempo. Poveri ciechi! perdono tanti giorni, e giorni che non tornano più. O tempo disprezzato, tu sarai la cosa più desiderata dai mondani al punto di morte. Desidereranno di aver tempo per aggiustare le cose dell'anima, ma Iddio risponderà: tempus non erit amplius. Pertanto ci esorta {67 [361]} Iddio a ricordarci di Lui e a procurarci la sua grazia prima che manchi la luce dei nostri giorni. Memento creatoris tui, antequam tenebrescat sol et lumen (Eccl. 12. 2). Che pena è pel pellegrino che si avvede di aver sbagliata la via quando è già fatta notte, e non v'è più tempo di rimediarvi! Questa sarà la pena di chi si trova in punto di morte, e non avrà speso il suo tempo a servire Iddio. O fratello, prendiamo il consiglio che ci dà il Salvatore, e cominciamo a camminare per la via del Cielo or che abbiamo la luce, perchè questa luce si perde in morte. Ambulate, dum lucem habetis.

            3. Se a taluno di noi fosse recata la nuova che in breve dovrà trattarsi la causa della sua vita e delle sue sostanze, certamente si affretterebbe per avere un buon avvocato, per infermare i giudici delle sue ragioni, adoperando ogni mezzo per procacciarsi una sentenza favorevole! E noi che facciamo? Sappiamo certo che tra breve, e può essere ad ogni momento, si ha da trattare il negozio della nostra eterna salute, e noi perdiamo il tempo. Dirà taluno: ma io son giovane, mi darò di poi a Dio. Sappi, rispondo io, che l'inferno è pieno {68 [362]} di quelli che desideravano di darsi poi al Signore. Gesù Cristo maledisse quel fico che trovò senza fruito, ancorchè non fosse tempo de' frutti. Non enim erat tempus ficorum (Marc. 11. 13). Con ciò volle Gesù Cristo significarci, che l'uomo in ogni tempo anche nella gioventù deve render frutto di opere buone, altrimenti sarà maledetto e non darà più frutti per l'avvenire. Iam non amplius in æternum ex te fructum quisquam manducet. Cosi disse il Redentore a quell'albero, e cosi maledice chi da Lui chiamato, non corrisponde.

            Dirà quell'altro: ma io che male faccio? Mio Dio! non è male perdere il tempo in giuochi, in conversazioni inutili che niente giovano all'anima? Forse Iddio ci dà questo tempo affinchè lo perdiamo in simil guisa? Che male facevano quegli operai che stavano sulla piazza oziosi perchè niuno dava loro lavoro? Pure furono rimproverati dal padrone della vigna con quelle parole: perchè state qui tutto il giorno in ozio? (Matt. c. 20). Forse non dice il Salvatore, che in fine della vita ci chiederà conto di ogni parola oziosa: de omni verbo otioso. Ci chiederà conto di ogni momento di nostra vita usque ad ultimum quadrantem? Ascolta {69 [363]} pertanto quello che ci dice Iddio: se per lo passato abbiamo occupato male il tempo: redimamus tempus et horas: studiamo di riparare al tempo ed alle ore perdute. E noi ripareremo al tempo ed alle ore perdute se faremo per l'avvenire quanto abbiamo trascurato nel passato: tempus redimes, dice s. Anselmo, si quæ facere neglexisti facis.

            Fate, o mio Dio, che io mi penta del tempo perduto, ed impieghi quel tempo, che mi darete di vita, in fare opere buone e piangere i miei peccati.

 

Esempi.

 

            I santi comprendevano la preziosità del tempo, e perciò lavoravano giorno e notte per occuparlo a maggior gloria di Dio. S. Bernardo diceva: tutto il tempo che tu passi non pensando al Signore, pensaci che l'hai perduto. S. Lorenzo Giustiniano diceva che un mondano darebbe in punto di morte ricchezze, onori e tutti i piaceri per un momento di vita. S. Francesco Borgia udendo altri a spendere il tempo parlando di cose del mondo, egli volgevasi a Dio con santi affetti. Ma richiesto poi del suo parere intorno a quanto erasi detto, più non sapeva che rispondere. Della qual cosa essendo stato corretto, rispose: amo meglio essere stimato rozzo d'ingegno, che perdere il tempo; malo rudis vocari, quam temporis facturam pati. {70 [364]} Una religiosa, defunta in concetto di santità, apparve ad una sua compagna, e le disse: io sarei contenta di soffrire la dolorosa infermità che pativa in morte sino al giorno del giudizio per acquistare la gloria che corrisponde al merito di una sola Ave Maria.

 

Giaculatoria.

 

            Maria datemi

Un'alma pura

Del ciel mostratemi

La via sicura.

 

            Fate che ogni opera

Della mia vita

Torni al mio Dio

Sempre gradita.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno undecimo. Presenza di Dio.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Dio è in cielo, in terra, in ogni luogo. Dio sa tutto, vede tutto, si trova presente a tutto. Alla tua destra sta Iddio, alla tua sinistra sta Iddio, sopra di te sta Iddio, dentro di te si trova Iddio. In Dio viviamo, dice l'Apostolo, in Dio ci moviamo, e in Dio abbiamo la nostra esistenza. Va dove vuoi, e sarai sempre alla presenza di Dio. Diceva il profeta David: se io ascendo in cielo, ivi siete voi, o mio Dio, se io discendo nell'inferno, colà io vi trovo; se io {71 [365]} mi mettessi le ali a guisa di uccello e volassi al di là dei mari più rimoti, anche colà la vostra mano mi sostiene e mi ferma. Dopo tali cose il profeta David, inspirato da Dio, parla così: forse le tenebre mi terranno nascosto dalla vostra faccia? Forse la oscurità della notte potrà nascondermi dal vostro cospetto, sicchè io possa darmi ai piaceri? Ma no: perciocchè le tenebre dinanzi a Voi non hanno oscurità, e la notte risplende come nel mezzogiorno. Tenebræ non obscurabuntur a te; et nox sicut dies illuminabitur.

            2. Iddio ci vede; vede tutte le nostre azioni passate, vede quanto facciamo di presente, vede quanto noi operiamo in fatti, in parole e in pensieri anche nei luoghi più oscuri e segreti. Nulla può essere nascosto a Lui. Humilia respicit in cælo et in terra. Facciamoci coraggio a operare il bene, perciocchè la più piccola azione di nostra vita è manifesta dinanzi agli occhi di Dio. Gli uomini spesso dimenticano quanto facciamo per loro; Dio non fa così. Egli vede un bicchier d'acqua fresca dato a suo onore e gloria, e ne prepara la mercede. Coraggio adunque che Iddio vede e prepara ricompensa a quanto facciamo per Lui. {72 [366]}

            3. Ma, se Iddio vigila sopra le nostre buone azioni per compensarle, vigila ugualmente sopra le nostre cattive opere per punirle. Perciò ogni qualvolta siamo lusingati da oggetti pericolosi a commettere azioni indegne, a dir parole cattive, a nutrire pensieri perversi diciamo subito col patriarca Giuseppe: come posso fare cotal male alla presenza del mio Dio? Guardati bene da coloro, che vanno dicendo: Dio non vede, Dio non sente, Dio non conosce quella tale azione. Non est Deus in conspectu eius (Salm. 9). Quelli che parlano così, t'ingannano. Dio vede tutto e prepara un premio ed un castigo alle nostre azioni; vede tutto, e ogni minuta azione di nostra vita sarà portata  al suo Divin tribunale. Fermati alquanto e considera...non puoi dire una parola, non puoi muovere un passo, non una mano, non un occhio senza che Iddio ti veda, e quello che è più, senzachè Iddio ti doni forza di operare. Vedi adunque, o cristiano, quello che fai quando pecchi! Tu offendi un Dio che ti vede, un Dio che ti conserva la vita, un Dio che può farli rimaner senza vita in sull'istante; un Dio che ti ha da giudicare, e che può farti cadere sull' istante anima {73 [367]} e corpo nell'inferno. O bontà grande del mio Dio! Voi mi state sempre accanto per favorirmi, ed io ingrato sono vissuto affatto dimentico di Voi. Fate che almeno per l'avvenire io ad altro non pensi che a Voi, a servir Voi, ad amar Voi, mio Sommo Bene, nella vita presente, per venire un giorno a godervi eternamente in Paradiso.

 

Esempio.

 

            Iddio quando chiamò il patriarca Abramo dal mezzo dell'idolatria e lo inviò verso la Cananea gli diede il solo ricordo della presenza di Dio; cammina alla mia presenza e sarai perfetto; ambula coram me, et esto perfectus; volendo significare che basta il pensiero della presenza di Dio per liberarci dal peccato in qualunque luogo ed in qualunque pericolo ci troviamo.

            Il gran Tobia fra gli insegnamenti che dava al suo figliuolo, uno era questo: figlio mio, in tutti i giorni di tua vita, abbi ognor presente il tuo Dio. Omnibus diebus vitae tuae in mente habeto Deum. Santa Taide camminava per la via dell'iniquità. Ella incontrò s Paffunfio che le disse: Dio ti vede, tu ardiresti peccare alla sua presenza? Questo pensiero bastò per arrestarla dal male, si diede a Dio, e sempre accompagnata dal pensiero della presenza di Dio, divenne una gran santa. S. Teresa diceva che tutto il danno ci viene dal non riflettere che Dio ci sta presente. {74 [368]}

 

Giaculatoria.

 

                        Al pensier di Dio presente

            Fa che il labbro, il cuor, la mente,

            Di virtù seguan la via,

            O gran Vergine Maria.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc.

 

 

Giorno duodecimo. Fine dell'uomo.

 

            Deus in adiutorium etc.

            1. Tutte le cose che esistono nel cielo e nella terra furono fatte per servire all'uomo. Omnia subiecisti sub pedibus eius. Ma tu. o uomo, per qual fine Iddio ti ha creato? Tu mi rispondi: sono stato creato da Dio, affinchè io lo conosca, lo ami, lo serva in questa vita, e con questo mezzo vada un giorno a goderlo in Paradiso. Bellissima risposta! Dunque tu sei nato per conoscere Iddio; perciò tu devi impiegare tutte le potenze dell' anima tua, tutte le sollecitudini del tuo corpo per conoscere questo benefico Creatore. Tutta la scienza degli uomini è un nulla se non c' è la scienza di Dio. Vani sunt omnes homines {75 [369]} quibus non subest scientia Dei. Se tu possiedi la scienza di tutti i filosofi antichi e moderni; se tu conosci tutti i segreti della natura; se tu avessi anche la scienza dei cherubini, de' serafini e di tutti gli angeli del cielo, ma con tutte queste cognizioni ti mancasse la scienza di Dio, niente ti varrebbe, dice s. Paolo: nihil prodest. Ma ohimè quanto tempo ho perduto nell'imparare cose inutili, nell'udire, leggere, studiare cose pericolose, talvolta peccaminose, contrarie alla legge del medesimo Iddio! Se per lo passato fosti trascurato nella scienza delle cose di Dio. se non vuoi tradire il tuo fine, fa di essere più diligente per l'avvenire, procura di far buone letture, di frequentare buone compagnie, di essere più assiduo alle prediche, alle spiegazioni del Vangelo, ai catechismi. Che se taluno ti invita a prendere parte a cose che siano inutili o dannose al bene dell'anima, tosto rispondi: Dio mi ha creato per conoscerlo, ed io debbo fare ogni sforzo per procacciarmi questa conoscenza di Lui. Ogni cosa è stoltezza nel mondo, senza la scienza delle cose di Dio: Sapientia huius mundi, stultitia est apud Deum.

            2. Tu sei creato per conoscere Iddio, {76 [370]} tu sei creato per amare Iddio. Ama pure qualunque oggetto della terra, ma troverai sempre un vuoto nel tuo cuore, se non ami Iddio. Egli solo ci può appagare nella vita presente e nella futura. Sebbene il precetto dell'amor di Dio sia naturale all'uomo, tuttavia Iddio ha voluto che fosse registrato nel Vangelo: amerai il Signore Iddio tuo diliges Dominum Deum tuum. Se tu avessi due cuori, oppure potessi dividere in due parti quello che hai: potresti impiegarne una parte ad amare Iddio, un'altra parte ad amare il mondo. Ma no, dice Iddio, amerai il tuo Signore Iddio con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua. Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo. ex tota anima tua, ex tota mente tua.

            Oh cristiano! che cosa hai tu amato pel passato? Non sarai tu costretto a dire col figliuol prodigo di aver scialaquato le lue sostanze spirituali e temporali luxuriose vivendo? Non hai forse impiegato il tuo cuore e l'anima tua nell'amore delle creature, delle ricchezze, degli onori e di certi piaceri illeciti? Se mai per nostra disgrazia fossimo stati di questi infelici, non siamolo più per 1' avvenire. Amiamo {77 [371]} questo Dio, amiamolo perchè Egli fu il primo ad amarci. Egli ci ha creati, ci ha conservati, ci ha fatti tanti benefizi, amiamolo perchè ci conserva là vita, e ci dà quanto abbiamo bisogno. Amiamolo pei grandi beni che colla sua passione e colla sua morte ci ha preparati nella vita presente e assai più nella futura. Amiamolo perchè Egli solo in cielo ed in terra è degno di essere amato sopra tutte le cose, e servito fedelmente.

            3. Dio ci ha creati per servirlo. Grande verità; amerai il tuo Dio, e servirai a lui solo: diliges Dominum Deum tuum, et illi soli servies. Questa parola servirlo vuol dire far quelle cose che gli piacciono, e fuggire tutte quelle che gli possono recar disgusto. Onde il servizio di Dio consiste nella esalta osservanza de' comandamenti di Dio e della Chiesa. Questo culto, questo servizio supremo e assoluto, Dio vuole che si renda a Lui solo: illi soli servies. Onde s'ingannano molti cristiani nell'applicare queste verità. Se loro dimandiamo: a quale fine sono dirette le vostre grandi sollecitudini? per lo più rispondono: io lavoro per avere un buon impiego. Altri dicono: cerchiamo di acquistare un campo, {78 [372]} una vigna, un prato, una cascina. Questi dicono: io studio per trar profitto da quel danaro, vincere quella lite, per fare un buon guadagno, per conseguire quell'onore, quei piaceri. Oh stolti che siete! voi v'ingannate. Se foste creati per queste cose, vorrei dirvi: amatele pure, procacciatele; fatele oggetto delle vostre sollecitudini. Ma noi, o cristiano, siamo creati per servire Iddio e non altri. Se noi abbiamo tenuto altra strada per lo passato, l'abbiamo sbagliata. Perciò apriamo gli occhi mentre siamo a tempo, dimandiamo al Signore che ci usi misericordia pel tristo servizio fattogli nella vita passata, e promettiamogli di servirlo meglio per l'avvenire. Facciamo come fa un viaggiatore, che accortosi di avere sbagliata la strada, ritorna indietro, e si mette sulla retta via che lo può sicuramente condurre al luogo, ove aveva divisato di andare. Ma ricordiamoci che il servire a Dio in questa vita è l'unico mezzo per andarlo a godere un giorno nella celeste patria. La Vergine Santa che impiegò ogni momento di sua vita nel servizio del Signore, ci ottenga di poter almeno consacrare a Dio quel tempo che nell'infinita sua bontà si degnerà di lasciarci in vita. {79 [373]} Ella ci ottenga da Gesù suo Divin Figliuolo la grazia di poter conoscere, amare, servire Iddio in questa vita e andarlo poi un giorno a godere eternamente in cielo.

 

Esempi.

 

            Un ministro di Francesco I re di Francia erasi occupato a servire fedelmente il suo re, per tutto il corso della vita. Ma, come fanno molti uomini del mondo, egli pensò poco alla cosa più importante, all'anima sua. Venuto al punto di morte, andava esprimendo i suoi rimorsi con queste parole: misero me! ho consumato tanta carta a scrivere lettere pel mio sovrano, e non ne ho speso un foglio a scrivere i miei peccati, e fare una buona confessione. Non attendiamo il punto di morte per aggiustare le cose di coscienza.

            S. Dositeo apparteneva ad una ricca e nobile famiglia; i suoi genitori si occuparono assai per dargli un'educazione mondana allevandolo nel lusso e nelle morbidezze; ma si curarono poco delle verità della cristiana religione. La divina provvidenza dispose che il nobile giovanetto per diporto andasse a fare un viaggio in Palestina; e fra gli altri luoghi andò a visitare l'orto di Getsemani dove il divin Salvatore aveva sudato sangue. Ivi egli vide un quadro rappresentante al vivo le pene dell'inferno. A tal vista Dositeo inorridì, e riflettendo che il modo di vivere fino allora tenuto l'avrebbe senza dubbio condotto alla eterna perdizione. risolvè di abbandonare parenti, {80 [374]} amici, ricchezze, onori e piaceri mondani per darsi tutto a Dio ed assicurarsi la salute dell'anima. A questo fine si recò presso di un monastero facendo vive istanze per essere ricevuto. Alla vista di un giovane delicato e nobilmente vestito, l'abate faceva difficoltà a riceverlo temendo che quello fosse un fervore passeggero. Egli fece molte difficoltà intorno alle austerità della vita che avrebbe dovuto tenere; ma il giovane che voleva a qualunque costo salvare l'anima sua, non altro rispondeva che: io voglio salvare l'anima mia. A questa franca e replicata risposta l'abate lo ricevette nel monastero. Ivi nell'oblio del mondo Dositeo passò la sua vita nella penitenza e nella virtù, e mori da santo.

 

Giaculatoria.

Per qual fine io sia creato

 

Fammi noto, mio Signor,

 

Fammi tu schivar la via

 

Che conduce a eterno orror.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno decimoterzo. La salvezza dell'anima.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Sospendi un momento, o cristiano, le tue occupazioni, e vieni meco a sentire quanto ci dice Gesù Cristo. Egli ci parla così: a che vi andate occupando in tante cose nel mondo? Una sola cosa è necessaria, {81 [375]} e questa è salvar l'anima. Unum est necessarium. Se voi salvate quest' anima, per voi tutto è salvo: ma se la perdete, tutto è perduto. Voi potete acquistarvi ricchezze, impieghi, onori, gloria; voi potete comparire gran sapiente in faccia al mondo; essere riputati i più valenti, i più dotti de' vostri vicini, del vostro paese, di tutto il mondo; ma la vostra anima è il tesoro più preziosa del mondo: anima humana est toto mundo pretiosior (s. Gio. Gris.). Nulla può paragonarsi al valore dell'anima. Che cosa potrai dare, dice Gesù Cristo, che possa compensare l'anima tua? Quam dabit homo commutationem pro anima sua? (Matt. c. 16). Che ti giova, o uomo, il guadagnare tutto il mondo, se questo guadagno reca danno all'anima tua? Quid prodest homini, si mundum universum lucretur, animæ vero suæ detrimentum patiatui?

            2. O cristiano! credi tu questa grande verità? Se ci credi, perchè non ci pensi? Se ci pensi, perchè non abbandoni il peccato? perchè non metti tosto l'anima tua in grazia di Dio con una buona confessione? Se noi avessimo due anime, taluno potrebbe dire: voglio godere i piaceri della terra, e cosi perderne una; e mi salverò poi quella {82 [376]} che mi rimane. Ma abbiamo un'anima sola. Perciò Gesù Cristo ci dice, che la salvezza dell'anima è la cosa più necessaria in questo mondo. Unum est necessarium. O Signore, diceva il profeta Davide, io vi dimando una cosa sola; di salvar l'anima mia: unam petui, hanc requiram, ut inhabitem in domo Domini (Ps. 22). Perciò l'apostolo s. Paolo avvisava i cristiani della città di Filippi, che con timore e tremore attendessero a salvare l'anima: cum metu et tremore salutem vestram operamini (Phil. c. 2). San Francesco Zaverio diceva che nel mondo avvi un solo bene ed un solo male: l'unico bene è salvarsi, l'unico male è dannarsi. S. Teresa andava spesso ripetendo alle sue compagne: sorelle, un'anima. un'eternità. Volendo dire: un'anima, perduta questa, tutto è perduto, e per un' eternita.

            3. La salute dell'anima è un affare importante, è unico; ma è irreparabile, cioè se si sbaglia una volta, è sbagliata per sempre. Se si perde una lite, si può fare appello ad un altro tribunale, oppure cercare di guadagnarne un'altra; se si perde la sanità, si spera di riacquistarla colle cure dei medici; se si fa male un contratto, si cerca di riuscire in un altro; se una {83 [377]} grandine ci toglie il raccolto di quest'anno, se ne spera un migliore l'anno venturo; che se per disgrazia si sbaglia la salvezza dell'anima, tutto è perduto per'sempre: periisse semel æternum est. Pensa, o cristiano, se la morte ti colpisse in questo momento che ne sarebbe dell'anima tua? Se hai la coscienza tranquilla, ringrazia Iddio e fa ogni sforzo per conservarti in tale stato. Ma se hai scandali da riparare, roba da restituire, abiti invecchiati da sradicare, confessioni dubbie, o sacrileghe, ah! per carità non differire! perchè se la morte ti coglie in tale stato, tu sbagli l'affare più importante, sbagli l' affare unico, sbagli l'affare irreparabile, perchè perduta l'anima una volta è perduta per sempre.

 

Esempi.

 

            S. Francesco Zaverio era in Parigi applicato a pensieri del mondo, quando udì S. Ignazio a dirgli: che giova all'uomo guadagnare tutto il mondo se perde l'anima? S. Francesco ascoltava con profondo silenzio, e s. Ignazio gli soggiunse: pensa o Francesco, che il mondo è un traditore. Egli promette e non attende. Ma ancorchè attendesse la promessa, egli non potrà mai contentare il tuo cuore. Ma sebbene lo contentasse, quanto durerà questa tua felicità? Può durare più che la tua vita? Ed in {84 [378]} fine che cosa porterai all'eternità? Vi è forse un ricco che abbia portato seco una moneta oppure un servo per suo comodo nell'altra vita? A queste parole s. Francesco lasciò il mondo, e profondamente penetrato del pensiero di salvar l'anima si diede a seguire Gesù Cristo, e divenne un gran santo.

            Benedetto XII fu richiesto da un principe di una grazia che non poteva concedergli senza peccato. Il Papa rispose all'ambasciatore: dite al vostro sovrano che se io avessi due anime potrei perderne una per lui e riserbare l'altra per me; ma siccome ne ho una sola, non posso nè voglio perderla. Se per l'avvenire saremo anche noi tentati a fare qualche peccato, rispondiamo a chi ci lusinga al male: se avessi due anime, vorrei perderne una e fare questo peccato; ma ho un'anima sola e la voglio salvare a qualunque costo.

 

Giaculatoria. Gesù, Giuseppe e Maria, a voi dono il mio cuore e l'anima mia. Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell'ultima agonia. Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l'anima mia[5].

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {85 [379]}

 

 

Giorno decimoquarto. II peccato.

 

            Deus, in adiutoriam etc.

            1. Prima di considerare che cosa sia il peccato, porta il tuo sguardo sopra un crocifisso, e poi ragiona cosi nel tuo cuore: il peccato è un fatto, un desiderio, una parola contro alla santa legge di Dio. Quando io commetto un peccato volto le spalle a Dio creatore, a quel Dio di bontà che mi ha colmato di tanti benefìzi, e io dispregio la sua grazia e la sua amicizia. Chi pecca dice col fatto al Signore: Andate, o Dio, lontano da me, io non vi voglio più ubbidire, non vi voglio più servire, non vi voglio più riconoscere per mio Dio, non serviam. Il Signore dice dalla croce: non far vendetta; e l'uomo risponde: ed io voglio vendicarmi. Dio dice: non prendere la roba d'altri; e l'uomo risponde: ed io me la voglio prendere. Dio dice: privati di quel gusto disonesto; l' uomo risponde: non me ne voglio privare. Dio dice: santifica i giorni festivi; l'uomo risponde: ed io li voglio profanare; e così dicendo abbandona Iddio, somma bontà, per darsi alle creature e soddisfare questo misero corpo. {86 [380]}

            2. Ma chi è Dio, contro di cui te la vuoi prendere? Egli è colui, che ti ha data la vita, te la conserva, e te la può togliere ad ogni momento. Dio è quel grande benefattore che ti ha dato quanto hai nella vita presente. Sanità, beni temporali, memoria, lingua, occhi, orecchi, piedi, mani, tutto fu dato da Lui, e di questi doni te ne servisti per offenderlo. Di più questo medesimo Iddio che tu disprezzi è il tuo Salvatore, che per salvare l'anima tua patì una morte la più dolorosa, e sparse in croce tutto il suo sangue, e dopo tutto questo ti ha preparata un' eterna felicità. E chi sei tu, o cristiano, che ti ribelli contro al tuo Creatore? Tu sei una miserabile creatura, che non può niente, un cieco che nulla vede, un povero che possiede niente. Miser et pauper et cæcus et nudus (Apoc. 3). E tu, miserabile creatura, hai ardimento di irritare questo tuo Dio, alla cui presenza trema il cielo, l'inferno e la terra? Vilis pulvisculus tam terribilem maiestatem audet irritare? (S. Bernardo).

            3. Mentre tu consideri la maestà del tuo Dio, che offendi, e la viltà di te medesimo, ti prego di fare meco un grave riflesso. Questo Dio essendo tuo padrone, ti può {87 [381]} in un momento privare di tutti i beni che ti ha dato, ti può privare della sanità, della vita, e farti precipitare nelle pene eterne dell' inferno. È vero che Dio è infinitamente buono, ma essendo giusto, non può a meno che essere molto sdegnato quando l'offendi. Perciò quando pecchi hai motivo a temere che i tuoi peccati giungano a tal numero da porre un termine al numero che Dio ha stabilito. In plenitudine peccatorum puniet. Non già che manchi la misericordia di Dio, ma che ti manchi il tempo a chiedere perdono, ti manchi la volontà, ti manchi quel tratto di grazia speciale che più non si merita colui che si abusa della Divina misericordia per offenderlo. Perciò tu devi temere giustamente che ad un altro peccato mortale l'ira divina ti colpisca e ti mandi eternamente dannato.

            Mio Dio, basta quanto vi offesi, la vita che mi rimane, la voglio spendere ad amarvi e a piangere i miei peccati. Me ne pento con tutto il cuore, Gesù mio; vi voglio amare, datemi forza. Santissima Vergine Maria, Madre di Dio, aiutatemi. Cosi sia.

 

Esempi.

 

            Se dopo il peccato Dio punisse subito chi lo commette, non sarebbe certamente cosi ingloriato {88 [382]} come pur troppo lo vediamo ogni dì. Ma sebbene differisca ad applicare la pienezza dei castighi; tuttavia ci ha lasciato terribili esempi per far conoscere come egli anche nella vita presente castiga coloro che oltraggiano la sua santa legge. Lucifero era il più bell'angelo del paradiso. Egli commette un peccato di superbia volendo essere simile a Dio; e per questo peccato egli è cacciato dal paradiso insieme con numerosa schiera de' suoi compagni, e sono condannati alle pene eterne nell'inferno.

            Adamo ed Eva commettono un peccato di disubbidienza nel paradiso terrestre, e sono tosto ambidue cacciati dà quel luogo di delizie, condannati colla loro posterità a quelle gravissime pene nell'anima e nel corpo, cui noi andiamo pur troppo ancora soggetti.

            Cresciuto il genere umano in gran numero si moltiplicano i vizi. Iddio manda un diluvio che copre tutta la faccia della terra, e fa perire tutti gli uomini e tutti gli animali, eccetto quelli che fece rinchiudere nell'arca.

            Gli abitanti di Sodoma, di Gomorra e di altre città vicine si danno al peccato della disonestà. Iddio manda una pioggia di fuoco, e incendia le case, incenerisce gli abitanti, e fa aprire le voragini della terra che tutto assorbisce, e vi comparisce un luogo che noi chiamiamo Asfaltide o mar morto.

            Peccano gli Ebrei, e in pena della loro iniquità più milioni periscono nel deserto. Ricadono nel peccato o tutta la nazione ebraica, ora è fatta schiava; ora oppressa da altri flagelli, e finisce coll'essere interamente dispersa da non {89 [383]} aver più nè re, nè principe, nè sacerdozio, nè città ove potersi radunare e formare un corpo di nazione.

            Giuda Iscariota tradisce il divin Maestro, e si va ad impiccare. Anania e Saffira dicono una menzogna a s. Pietro e cadono ambidue morti sull'istante. Che se Iddio tante volte, in tante maniere castigò i peccati nella vita presente, quanto mai sarà grande, spaventoso, terribile il supplizio riserbato nell'eternità!

 

Giaculatoria.

 

                        Dal peccato che l'uomo incatena

            Ai piaceri fallaci quaggiù

            L'alma sciogli o Maria,e serena

            Cerchi ognora tuo figlio Gesù.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno decimoquinto. La morte.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Prima di considerare che cosa sia la morte, vieni meco col pensiero intorno al letto di un moribondo, e in presenza di lui leggiamo il decreto che Dio fa sentire a tutti gli uomini per bocca dell'Apostolo s. Paolo: statutum est omnibus hominibus semel mori. E stabilito che tutti gli uomini devono una volta morire. Tutti quelli che vissero dal principio del mondo fino adesso, tutti dovettero sottoporsi a questo decreto. {90 [384]} Non vi è nè scienza, nè potenza, nè sanità, nè robustezza, che possa resistere alla morte Si resiste al ferro, al fuoco, all'acqua, ma chi può resistere alla morte? Resistitur ignibus, undis, ferro, regibus, morti autem quis resistit? Andiamo a cercare chi esista ancora, di tanti re, monarchi, imperatori, che vissero ne' tempi passati; tutti mutarono paese e se ne andarono all'eternità. Di loro più non rimane se non qualche iscrizione sopra la loro tomba, e se apriamo gli stessi loro sepolcri altro più non vediamo che un pugno di cenere, che in breve sarà dispersa coll'altra polvere della terra. Dic mihi, ubi sunt amatores mundi? dice s. Bernardo. Dimmi dove sono gli amatori del mondo? Il medesimo Santo risponde: nihil ex eis remansit, nisi cineres et vermes. Niente rimase di loro se non verrai e polvere. Almeno sapessimo il luogo e l'ora di nostra morte; ma no, dice il Salvatore, ella verrà quando meno ce lo pensiamo. Può essere che la morte mi sorprenda nel mio letto, sul lavoro, per istrada od altrove. Una malattia, una febbre, un accidente, qualche cosa che mi cada addosso, un colpo di un assassino, un fulmine, sono tutte cose che possono togliermi di vita. {91 [385]} Ciò può essere da qui ad un anno, da qui ad un mese, ad una settimana, ad un giorno, ad un'ora, e forse può essere appena finita la lettura della presente considerazione. Cristiano, se la morte ci colpisse in questo momento, che sarebbe dell'anima tua? che sarebbe dell'anima mia? Guai a noi, se non ci teniamo preparati; chi oggi non è preparato a morir bene, corre grave pericolo di morir male.

            2. Forse potremo lusingarci che la morte non venga per noi? Niuno fu mai cosi stolto da credersi esente dalla morte. Il decreto di morte è per tutti. L'ora della nostra morte verrà, essa è certa. Verrà quel giorno, quella sera in cui ci troveremo anche noi stesi in un letto. Se Dio ci concederà un tal favore, avremo un sacerdote, che terrà da una mano il Crocifìsso, dall'altra una candela accesa raccomandandoci l'anima al Signore. I parenti e gli amici più fedeli ci faranno corona piangendo. Oh se tu potessi presentemente riflettere sui pensieri che correranno alla tua mente in quell'ultimo istante di vita! Ora il demonio per indurti a peccare copre e scusa le colpe, ma in morte te ne scoprirà la gravezza, e te le metterà innanzi. {92 [386]} Ma che fare in quel terribile momento in cui devi incamminarti per la tua eternità?

            3. Terribile momento, da cui dipende la tua eterna salute o la tua eterna dannazione. Vicino a quell' ultimo chiudere di bocca ti sarà accesa una candela quasi per far lume all'anima tua ad intraprendere il cammino per l'eternità. Due volle ci si tiene accesa innanzi una candela; quando siamo battezzati e al punto di morte. La prima volta vediamo i precetti della legge di Dio; la seconda volta conosceremo se furono da noi osservati. Perciò, o cristiano, alla luce di questa candela vedrai, se hai amato il tuo Dio, oppure se l'hai disprezzato; se hai avuto in onore il suo santo nome, o lo hai bestemmiato; vedrai lo scandalo dato, la roba non restituita, l'onore del prossimo non riparato, vedrai le confessioni fatte senza dolore e senza proponimento...

Ma oh Dio! tutto vedrai in un momento, nel quale agli occhi tuoi aprirassi la via dell'eternita. Punto, o momento, da cui dipende un' eternità di gloria o di pena. Capisci, o cristiano, ciò che ti dico? Voglio dire, che da quel momento dipende l'andare per sempre in Paradiso, o per sempre all'inferno; o sempre contento, o sempre {93 [387]} afflitto; o sempre figliuolo di Dio, o sempre schiavo del demonio; o sempre godere cogli angioli e coi santi in cielo, o gemere ed ardere per sempre coi dannati all'inferno. O mio Dio, sin da questo momento io mi converto a voi; io vi amo, vi voglio amare e servire fino alla morte. Vergine Santissima, Madre mia pietosa, aiutatemi in quel punto. Gesù, Giuseppe e Maria spiri in pace con voi l'anima mia.

 

Esempi.

 

            Narra s. Bernardino da Siena di un principe che trovatosi al punto di morte tutto atterrito diceva: ecco io ho tante terre e tanti palazzi in questo mondo, ma se muoio in questa notte, non so quale stanza mi avrà da toccare nella eternità. S. Alfonso racconta, che un re di Francia giunto al fine della vita disse a' suoi amici: con tutta la mia potenza non posso ottenere che la morte ritardi un momento la sua venuta. Il fratello del gran servo di Dio Tommaso da Rempis aveva invitato un amico a visitare una casa che egli aveva fatto edificare con gran lusso. Ma l'amico gli disse che vi era un gran difetto. Quale? egli domandò. Il difetto rispose, è la porta che vi avete fatta fare. Come, ripigliò l'altro, e difetto la porla? Sì, conchiuse l'amico, perchè per questa porta dovrete uscirne un giorno morto, e cosi abbandonare la casa e tutte le vostro sostanze. {94 [388]} Alla morte si abbandona ogni cosa del mondo, le sole opere buone ci accompagneranno all'eternità.

 

Giaculatoria.

 

            O madre di Dio

O mistica rosa,

Soccorri pietosa

Lo spirito mio. 

 

            O santa Maria,

L'aiuto tuo forte

Dà in punto di morte

All'anima mia.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno decimosesto. Giudizio particolare.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Due volte dovremo presentarci al tribunale di Gesù Cristo: nel giudizio universale, che si farà alla fine del mondo, e nel giudizio particolare dopo morte. Tre cose devi considerare nel giudizio particolare, la comparsa, l'esame, la sentenza. I più gran santi tremavano tutti al pensiero di dover comparire dinanzi a Dio per essere giudicati. Appena mandato l'ultimo respiro, l'anima dovrà tosto comparire davanti al Divin giudice. La prima cosa che rende terribile questa comparsa si è di trovarsi sola dinanzi a Dio che sta per giudicarla, Quali cose potrà l'anima seco portarsi? Ce lo dice {95 [389]} l'Apostolo: porterà quel tanto di bene e di male che ha operato in vita sua. Referet unusquisque prout gessit sive bonum sive malum. Non si può trovare ne scusa, nè pretesto. Dice s. Agostino, che dissopra avremo un giudice sdegnato, da un canto i peccati che ci accusano, dall'altro i demonii pronti ad eseguire la condanna, dentro la coscienza che ci agita e ci tormenta, al di sotto un inferno che sta per ingoiarci. In quel momento l' anima vorrebbe fuggire, ma la forza potente di Dio la trattiene: manifestari oportet. Beati quei cristiani, che compariranno dinanzi a Dio con un corredo di opere buone!

            2. Prima di proferire la sentenza il Salvatore farà passare ad esame quanto abbiamo fatto in vita nostra. Egli aprirà i libri della nostra coscienza. Iudicium sedit, et libri aperti sunt. In quei libri, in quella coscienza quante cose si vedranno. Ahi! Chi sei tu? comincierà a dimandare, chi sei tu? Cristiano, risponderai. Se tu sei cristiano, vedrò se hai osservata la mia legge. Indi comincierà a rammentarti le promesse fatte nel Santo Battesimo, colle quali rinunziasti al demonio, al mondo, alla carne; ti rammenterà le grazie concesse, {96 [390]} i Sacramenti frequentati, le prediche, le istruzioni, le correzioni dei parenti; ogni cosa ti verrà schierata innanzi. Ma tu, dirà il giudice, a dispetto di tanti doni, di tante grazie, quanto male corrispondesti alla professione di cristiano. Appena hai cominciato a conoscermi, tosto hai cominciato ad offendermi. Crescendo poi in età aumentasti il disprezzo della mia legge. Messe perdute, profanazioni de' giorni festivi, bestemmie, confessioni malfatte, comunioni senza frutto e talvolta sacrileghe, ecco quanto facesti invece di servirmi. Si volterà poi il Divin Giudice tutto pieno di sdegno verso lo scandaloso dicendogli: vedi quell'anima che cammina per la strada del peccato? Sei tu che coi tuoi discorsi le insinuasti la malizia. Vedi quell'altro che è laggiù nell'inferno? Sei tu che co' tuoi perfidi consigli la togliesti a me, la consegnasti al demonio e fosti causa della sua perdizione. Ora vada l'anima tua per l'anima che facesti perdere: repetam animam tuam pro anima illius. Trema, o cristiano, a questo esame e comincia fin d'ora a calmare l'ira del Giudice Supremo con una pronta emendazione de' tuoi peccati.

            3. Al conto rigoroso, che il Divin Giudice {97 [391]} domanda al peccatore, forse esso cercherà qualche pretesto per iscusarsi, e dirà che con pensavasi di venire ad un esame tanto stretto. Ma subito gli sarà risposto: non udisti quella predica, non leggesti in quel libro che io ti avrei dimandato conto usque ad ictum oculi, fino ad uno sguardo, usque ad ultimum quadrantem, fino all'ultimo minuto di tua vita? L'anima si raccomanderà alla misericordia divina, e la misericordia non è più per lei, perchè colla morte finisce il tempo della misericordia. Si raccomanderà agli Angeli, ai Santi, a Maria Santissima; ed Ella a nome di tutti risponderà: chiedi ora il mio aiuto? non mi volesti madre in vita, neppure io ti voglio per figlio dopo morte, non ti conosco più. Nescio vos. Il peccatore non trovando scampo alcuno, spaventato dall'aspetto del Giudice minaccioso, dall'inferno che vede aperto sotto ai piedi, esclamerà pieno di terrore: horrendum est incidere in manus Dei viventis; è cosa orrenda il cadere nelle mani di un Dio giudicatore. In quel medesimo istante il Giudice proferirà la sentenza tremenda dicendo: dalla tua medesima bocca sei giudicato, o servo infedele, ex ore tuo te {98 [392]} iudico, serve nequam. Va lungi da me, il mio Padre Celeste ti ha maledetto, ed io ti maledico: va nel fuoco eterno. Proferita questa parola, l'anima viene abbandonata nelle mani de' demoni, i quali la trascinano seco loro a patire i tormenti dell'inferno. Terribile e spaventosa sentenza!

            Deh! per amor di Gesù e di Maria, preparati con opere buone a sentirti una sentenza favorevole. Coraggio, fa spavento la sentenza proferita contro il peccatore, ma consola immensamente l'invito che farà Gesù Cristo al cristiano fedele. Vieni, gli dirà, vieni al possesso della gloria che ti ho preparato. Tu mi hai servito, ora godrai in eterno: intra in gaudium Domini tui. Gesù mio, fatemi la grazia che con una santa vita io mi possa preparare per quel teribile momento, in cui dovrò presentarmi al vostro Divin tribunale. Vergine Santissima, aiutatemi voi, proteggetemi in vita ed in morte, e specialmente quando mi presenterò al Divin vostro Figlio per essere giudicato.

 

Esempi.

 

            Il venerabile Ancina Vescovo di Saluzzo, ogni volta che accadevagli di udir a parlare del giudizio di Dio era sorpreso dal più grave spavento. {99 [393]} Un giorno sentendo a cantare il dies trae rimase atterrito pensando al momento in cui l'anima sarebbesi presentata al tribunale di Dio. Onde risolse di abbandonare il mondo come fece di fatto; e tenne un tal genere di vita che mori in concetto di santità.

            Filippo I re di Spagna un giorno per rimproverare un domestico che avevagli detto una bugia, disse semplicemente, così m'inganni? Quel servo fu così sensibile a quel rimprovero che ritornato a casa, morì di dolore. Che cosa sarà mai il cristiano quando Gesù Cristo gli dirà: così oltraggiasti la mia legge?

 

Giaculatoria.

 

                        Fammi provar, gran Vergine,

            In vita scempio atroce,

            Le spine, il fiel, la croce,

            Tutto provar mi fa.

                        Ma nell'estremo giorno

            Quando Gesù sdegnato

            Verrà, deh! tu placato

            Rendilo per pietà.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno decimosettimo. Il giudizio universale.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Come un padre di famiglia in certe epoche dell'anno raduna i suoi figliuoli per vedere chi meriti premio o castigo, così {100 [394]} Iddio, Padre di tutto il genere umano, radunerà un giorno tutti gli uomini per dare pubblicamente una sentenza di gloria eterna ai giusti, e di supplicio eterno ai malvagi. Io radunerò, dice Iddio, tutte le nazioni nella valle di Giosafat. e verrò a far di loro pubblico giudizio. Congregabo omnes gentes in vallem Iosaphat et disceptabo cum eis. Prima di venire il Giudice, discenderà dal cielo un fuoco che brucierà la terra e tutte le cose che sono in essa. Terra et quæ in ipsa, sunt opera exurentur. (2. Petri c. 3). Sicchè palagi, chiese, ville, città, regni, tutto diventerà un mucchio di cenere. Quando saranno morti tutti gli uomini si udirà un suono di tromba, che rimbomberà in tutti gli angoli della terra, e tutti i cadaveri usciranno dalle loro tombe ripigliando la medesima forma che prima avevano. Canet enim tuba; et mortui resurgent. (1 Cor. c. 15). Al suono di quella tromba scenderanno le anime beate del cielo ad unirsi coi loro corpi, con cui hanno servito Iddio in questa vita; e le anime infelici dei dannati usciranno dall'inferno per unirsi a quei corpi, coi quali hanno offeso Iddio. Che grande consolazione sarà mai all'anima del giusto che si {101 [395]} unisce col corpo per andare seco lui a godere la gloria eterna del cielo. All'incontro quale pena proverà l' anima del dannato nel riunirsi al corpo col quale dovrà andare a patire per sempre le pene dell'inferno. Questo pensiero faceva tremare s. Girolamo. Ogni qual volta, egli dice, io considero il giorno del giudizio, io tremo in tutte le membra, e mi pare di udire sempre quella tromba che risuoni alle mie orecchie: surgite, mortui; venite ad iudicium.

            2. Dopochè tutti gli uomini saranno risorti e le anime unite al proprio corpo, gli angioli mandati da Dio andranno gridando da tutte le parti: popoli, popoli, ascoltate la voce di Dio, e radunatevi nella valle del giudizio, nella valle di Giosafat. Fattasi quella grande radunanza, gli angioli separeranno i reprobi dai giusti (Matt. 13). I giusti resteranno a destra e i dannati a sinistra. Immaginiamoci che terribile momento sarà mai pei reprobi il vedersi separati da tanti amici, da tanti parenti, i quali devono abbandonare, e non vedranno mai più. Quando poi è imminente la comparsa del Giudice, tutti gli eletti saranno elevati in aria e andranno incontro {102 [396]} al Signore (Thess. 1ª, 4). Intanto si aprono i cieli e vengono tutti gli angeli del cielo per assistere al giudicio portando avanti di loro i segni della passione (s. Tommaso, op. 2°). Comparirà la Croce, di poi gli Apostoli e tutti i Santi loro imitatori; verrà la Regina di tutti i Santi e degli Angioli, Maria Santissima; infine verrà l'Eterno Giudice seduto sopra le nuvole del cielo nel massimo splendore della sua maestà (Matt. c. 24). Che terrore sorprenderà i peccatori nel vedere, a comparire il Figliuol di Dio. che essi hanno cotanto oltraggiato, e. che dovrà essere il loro giudice!

            3. Ma intanto è comparso il Divin Giudice, e tutti quelli che vissero dal primo giorno del mondo fino a quell'ultimo giorno stanno aspettando la grande sentenza del Divin Giudice. Esso allora affinchè ognuno conosca pubblicamente il motivo di sua salvezza e di sua dannazione farà palesi a tutti gli uomini i peccati anche i più segreti e più vergognosi. Revelabo pudenda tua (Naum. c. 3). I più accreditati dei teologi dicono che i peccati degli eletti saranno bensì manifesti, ma a guisa di cicatrici gloriose riportate in guerra combattendo col nemico; secondo quelle parole del profeta {103 [397]} David, che disse: Beati quelli, cui sono state rimesse le iniquità, e i cui peccati sono coperti. Al contrario dice s. Basilio, che tutti i peccati dei reprobi si vedranno da tutti con una sola occhiata. Ma è un nulla il radunarsi nella valle di Giosafat, è un nulla la manifestazione dei peccati, è anche poco la comparsa del Giudice in confronto della terribile sentenza che Egli sarà per pronunziare. Si volterà da prima agli eletti e loro dirà quelle consolanti parole: venite, o benedetti dal Padre mio Celeste, venite, possedete il regno che fu a voi preparato fin dal principio del mondo. Benedirà anche Maria Santissima i suoi divoti e gl'inviterà a venir seco al cielo. Cosi cantando inni di gloria a Cristo Salvatore entreranno gli eletti in trionfo in Paradiso a possedere, amare e lodare Iddio in eterno. I dannati al vedersi soli, e che mai sarà di noi? andranno esclamando. E voi, dirà Gesù Cristo, partite da me, il mio Padre vi ha maledetti e io vi maledico, andate nel fuoco eterno. In ignem æternum. In quel momento si aprira la terra, e tutti quegl'infelici misti coi demonii cadranno giù negli abissi che non si dovranno aprire mai più. {104 [398]}

            Anima mia, deh! prega la Santissima Vergine che interceda per te presso l'Eterno Giudice e ti ottenga il perdono delle tue colpe prima di quel tremendo giorno. Ora Ella ti è madre, e difenderà la tua causa. O Maria, siate voi la mia liberatrice e al giorno del giudizio calmate lo sdegno del vostro Figlio, ottenetemi da Lui misericordia e perdono.

 

Esempio.

 

            Affinchè ognuno abbia una norma intorno alle cose che deve fare o evitare per avere una sentenza favorevole in quell'ultimo giorno del mondo è bene di riferire il fatto che leggiamo nel santo Vangelo, in cui è descritta la venuta del Salvatore nel giudicio finale. Dice il Vangelo: quando verrà il Salvatore nella sua maestà e con lui tutti gli angeli, allora siederà sopra il trono della sua maestà, si raduneranno dinanzi a lui tutte le nazioni della terra. Egli separerà le une dalle altre, come il pastore separa le pecore dai capretti; metterà le pecorelle alla sua destra, e i capretti cioè i reprobi alla sua sinistra. Allora il Re, cioè il Giudice Eterno dirà a quelli che sono alla destra: venite o Benedetti dal Padre mio, venite al possesso del regno preparato a voi fin dal principio del mondo; (leggi attento o cristiano) imperocchè io ebbi fame, e voi mi deste da mangiare, io ebbi sete e voi mi deste da bere, {105 [399]} fui pellegrino e mi accoglieste in casa vostra; io era ignudo, e mi avete rivestito; era ammalato e mi avete visitato; era in carcere, e siete venuti a vedermi. Allora gli risponderanno i giusti: Signore, quando mai vi abbiamo veduto affamato, e vi abbiamo dato da mangiare; assetato, e vi abbiamo dato da bere? Quando mai vi abbiam veduto pellegrino, e vi abbiamo accolto in casa nostra? Ignudo, e vi abbiamo rivestito? Ovvero quando vi abbiamo veduto ammalato e carcerato e siamo venuti a visitarvi? Il re risponderà e dirà loro: in verità vi dico ogni volta che avete fatto qualche cosa per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me.

            Quindi dirà anche a coloro che saranno alla sinistra; via da me o maledetti, andate al fuoco eterno che fu preparato pei demonii e pe' suoi seguaci. Imperocchè io aveva fame e non mi avete dato da mangiare, aveva sete e non mi avete dato da bere. Era pellegrino e non mi avete dato ricovero; era nudo o non mi avete rivestito; era ammalato e carcerato, e non mi avete visitato. Allora gli risponderanno anche questi: Signore, quando mai vi abbiamo veduto affamato, o sitibondo, o pellegrino, o ignudo, o ammalato, o carcerato, e non vi abbiamo assistito? Allora risponderà ad essi con dire; in verità vi dico: ogni volta che vi siete rifiutati di fare tali opere per uno di questi piccoli, l'avete rifiutato a me. E andranno questi all'eterno supplizio: i giusti poi all'eterna vita. {106 [400]}

 

Giaculatoria.

Nel giorno estremo,

 

Giorno di pianto,

 

Maria copritemi

 

Col vostro manto,

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno decimoottavo. Le pene dell'inferno.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. La misericordia di Dio e la sua giustizia sono i due attributi che maggiormente risplendono nella potenza Divina. Finchè l' uomo vive coll' anima unita al corpo è tempo di misericordia. Ma separata l'anima dal corpo, comincia per l'uomo il tempo di giustizia; e coloro che non vollero approfittare della misericordia Divina nella vita presente, dovranno patire i rigori della giustizia Divina nell' inferno. Per inferno s'intende un luogo destinato dalla giustizia Divina per punire con supplizio eterno quelli che muoiono in peccato mortale. È di fede che vi è questo luogo di supplizio eterno. Sia che noi lo chiamiamo inferno, abisso, voragine, carcere, luogo di tormenti, luogo di caligine, di oscurità, di disordine, {107 [401]} di stridor di denti, di rabbia, di vendetta, di tenebre, di fumo, di fuoco, o con qualsiasi altro nome si voglia chiamare secondo è rivelato nella Sacra Scrittura, si viene sempre a significare un luogo ove ciascuno è punito dei peccati commessi nella vita. Per quæ peccat quis, per hæc et torquetur (Sap. 11). Il santo profeta Davidde dice: che l'uomo è gettato giù nell'inferno, come un tronco di legno è precipitato entro una ardente fornace. In un momento quel tronco è tutto circondato dalle fiamme e diventa un carbone ardente. Pone eos ut clibanum ignis. E quanto più un senso del corpo ha peccato, tanto più sarà tormentato. Quantum in deliciis fuit, tantum date illi tormenti (Apoc. c. 18). Sarà tormentata la vista colle tenebre, l'odorato con odori i più ingrati, l'udito con urli continui e coi pianti dei dannati. La bocca soffrirà una fame da arrabbiato.

            2. Ma uno de' maggiori tormenti è la pena del fuoco. Secondo il Vangelo vi è un fuoco terribile che non si estingue nè giorno nè notte. Quel fuoco acceso dalla giustizia di Dio tormenta il dannato in ogni parte. Quegli infelici in simile guisa tormentati patiranno la sete, la fame e l'ardore {108 [402]} delle fiamme; piangono, urlano e si disperano. O inferno, o inferno, quanto sono infelici quelli che vi cadono! che dici, o cristiano? Se ora non puoi reggere un dito sopra il lume di una candela, non puoi soffrire una scintilla di fuoco sulla mano senza gridare, come potrai vivere tra quelle fiamme? Pensa che un solo peccato basta per mandarti all'inferno e farti patire quelle pene atroci per tutta 1' eternita.

            3. Crescono di gran lunga i tormenti dei dannati quando penseranno al motivo per cui si sono dannati. Eglino soffrono quei terribili tormenti pel piacere di un momento, per uno sfogo di passione, per una cosa da nulla. Propter pugillum hordei et fragmen panis. Penseranno al tempo che loro fu dato per rimediare alla loro eterna perdizione, penseranno ai buoni esempi dei compagni, agli avvisi dei confessori, ai propositi fatti in confessione e non eseguiti, e questo penseranno in tempo in cui non avvi più rimedio alla rovina. La volontà non avrà mai più niente di quello che vuole e al contrario patirà tutti i mali. L'intelletto conoscerà il gran bene che ha perduto, cioè il Paradiso. O inferno, {109 [403]} o inferno, che mali orribili prepari agli oltraggiatori della legge di Dio! Orsù, adunque, penitenza; non aspettare che non vi sia più tempo; chi sa che questa non sia l' ultima chiamata che Iddio ti fa, a cui se non corrispondi Egli lasci libero il corso alla sua giustizia e ti faccia piombare giù in quegli eterni supplizi? Cristiano, va, e scrivi da tutte le parti, che un solo peccato mortale può mandarti all'inferno, e perciò guardati dal commetterlo.

 

Esempio.

 

            Un esempio terribile abbiamo nel Vangelo intorno alle pene dell'inferno. Il divin Salvatore lo espone egli medesimo nel modo seguente (Luca 16). Era un uomo ricco (Epulone), il quale si vestiva di porpora e di altri abiti di gran lusso. Sua delizia grande era di preparare ogni giorno sontuosi pranzi per lui e pe' suoi amici. Eravi pure un certo mendico per nome Lazzaro, il quale, sebbene coperto di piaghe si strascinava all'uscio di quel ricco e stava là giacendo e aspettando limosina. Non potendo ottenere altro, dimandava che almeno gli fossero date le bricciole di pane che cadevano dalla mensa del ricco. Ma nè il ricco nè i suoi servi vollero dargli cosa alcuna. Solamente i cani andavano a leccargli le piaghe. Non passò molto tempo che il mendico morì forse per necessità e per fame. Ma oh beata {110 [404]} morte! Gli angeli portarono l'anima di lui nel seno di Abramo, ovvero nel limbo, che era il luogo ove riposavano le anime dei giusti morti prima della venuta del Salvatore. Poco dopo la morte di Lazzaro, morì anche il ricco, ma quanto mai fu trista la sorte che lo seguì. Morì il ricco, dice il Vangelo, e l'anima di lui fu sepolta nell'inferno. Dio permise che quel ricco potesse alzare gli occhi dal mezzo dei tormenti e vedesse di lontano Abramo e con esso il medesimo Lazzaro che era presso di lui glorioso. L' Epulone non ebbe ardire di raccomandarsi a Lazzaro, perchè l'aveva troppo disprezzato in vita; egli si rivolse ad Abramo ed esclamò così: o padre Abramo, abbi pietà di me. Che vuoi, rispose Abramo? Padre Abramo, continuò l'altro, io non ti domando di essere liberato da queste fiamme, neppure che mi sieno diminuite, non dimando di godere le delizie che ho godute in vita; un solo favore ti chiedo, e concedilo per pietà. Qual è questo favore? che tu mandi Lazzaro ad intingere la punta del suo dito nell' acqua, e venga qui a lasciarne cadere una goccia sopra la mia lingua per rinfrescarla; imperciocchè io sono orribilmente tormentato tra queste fiamme. Abramo gli rispose: figliuolo, ricordati che tu hai goduto i piaceri e le ricchezze in vita tua; Lazzaro al contrario non ebbe altro che patimenti. Non è dunque giusto che egli adesso sia consolato, e tu sii tormentato? Inoltre avvi un grande abisso, ovvero una grande divisione tra noi e voi, di modo che ninno di qui può andare fino a voi, nè alcuno da cotesto luogo può venire fin qua. L'Epulone vedendo {111 [405]} di non poter avere nessun conforto per lui, pensò di poter almeno far avvertire i suoi parenti affinchè facessero uso migliore delle ricchezze, e non andassero un giorno ad accrescergli i tormenti colla loro presenza nell'inferno. Disse egli dunque ad Abramo: Padre, giacchè non puoi favorir me, ti prego che tu mandi questo Lazzaro a casa di mio padre, imperocchè io ho cinque fratelli e desidero che li avverta delle sciagure che loro sovrastano, acciocchè non vengano anche essi in questo luogo. Nota bene, o cristiano, che coloro i quali non credono alla santa parola di Dio, nemmeno credono ai morti, qualora risuscitassero. Perciò Abramo rispose così: i tuoi fratelli e gli altri parenti hanno la legge di Mosè ed i profeti, li ascoltino. No, egli disse, no, Padre Abramo, ma se alcun morto andasse ad essi per partecipare l'orrore di queste pene, certamente farebbero penitenza. Abramo conchiuse: se non danno ascolto alla legge di Mosè e a quanto predicarono i profeti, nemmeno crederanno ad uno che risuscitasse da morte.

 

Giaculatoria.

Dai mali orribili

 

D'eterno esiglio,

 

Maria, salvatemi,

 

Son vostro figlio.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {112 [406]}

 

 

Giorno decimonono. Eternità delle pene dell'inferno.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Le pene dei dannati non cagionerebbero tanto terrore, se un giorno dovessero finire. Ma non è così. Levatevi quest' inganno, dice Iddio; i dannati nell' inferno saranno tormentati giorno e notte per tutti i secoli. Cruciabuntur die ac nocte in sæcula sæculorum (Apoc. c. 20). Questa è verità di fede, e Dio ha voluto che fosse ripetuta in molti luoghi della Sacra Scrittura: partite da me, dice il Salvatore ai reprobi, o maledetti, andate nel fuoco eterno (Matt. 25). Gli empii andranno in un supplizio eterno, e le pene dei dannati saranno a guisa di una morte che non uccide mai in eterno (2. Thess. 1). O cristiano, se per disavventura cadrai nell'inferno, non uscirai mai più, e patirai quei mali per tutta l'eternità. Chi non tremerà a questo pensiero?

            2. Il dannato nel mezzo delle fiamme è tormentato e nell' anima e nel corpo. Ma i rimorsi della coscienza sono il peggiore {113 [407]} di tutti i mali. Dice il Salvatore, che il fuoco dell'inferno va congiunto con rimorso che a guisa di verme roderà la coscienza de' reprobi in eterno: vermis eorum non moritur et ignis non extinguitur. Il primo rimorso sarà il pensare per quanto poco si è dannato. Che dolore al pensare che per una soddisfazione momentanea si è perduto un regno eterno di contenti! Gionata allorchè videsi condannato a morte da Saulle, suo padre, pensando che era condannato solo per aver gustato un po' di miele, andava esclamando: non mi rincresce il morire; ma ciò che mi addolora si è il morire solo per aver gustato un po' di miele. Paululum gustavi melis, et ecce morior. Oh Dio! e qual pena porterà al dannato il pensiero della causa di sua dannazione? Oh se noi potessimo interrogare i dannati, e dimandar loro: che vi rimane ancora, o infelici, di quei gusti, di quelle soddisfazioni, di quei piaceri goduti in vita? Che vi rimane ancora di quell'ultimo peccato per cui vi siete dannati? Ah noi infelici! risponderanno, per un gusto brutale, che scomparve come vento, noi avremo da ardere in questo fuoco, disperati e cruciati per tutta l'eternità! {114 [408]} Penseranno eziandio i dannati alla facilità con cui avrebbero potuto salvarsi. Comparve un dannato a sant' Umberto, e disse, che la maggior afflizione che pativa nell' inferno era il pensiero del poco per cui si era dannato e del poco che avrebbe dovuto fare per salvarsi.

            3. Almeno il dannato potesse ingannare se stesso, e dire: questi tormenti un giorno finiranno; ma no. Passeranno venti anni dacchè tu sarai all'inferno, ne passeranno mille e l' inferno allora incomincia; ne passeranno cento mila, cento milioni, mille milioni di anni e di secoli, e l'inferno sarà da capo. Se un Angelo portasse la nuova ad un dannato che Iddio lo vuole liberare dall' inferno quando saranno passati tanti milioni di secoli, quante sono le gocce di acqua, le foglie degli alberi, i granelli di sabbia del mare e della terra, questa nuova porterebbe la più grande consolazione ad un dannato. Esso direbbe: è vero che hanno da passare tanti secoli, avranno però da finire un giorno. Ma passeranno tutti questi secoli e tutti i tempi immaginabili e l'inferno sarà sempre da principio. Ogni dannato farebbe questo pattò con Dio: Signore, accrescete quanto vi piace queste mie pene, {115 [409]} fatemi stare in questi tormenti quanto tempo vorrete, basta che mi diate la speranza che siano una volta per finire. Ma no, questo termine non verrà mai, e Iddio farà sempre rispondere: in inferno nulla est redemptio. Tutto ciò che vede, ciò che sente, ciò che gusta, ciò che patisce, tutto gli ricorda l'eternità. Sempre, non mai, eternità vedrà scritto su quelle fiamme che lo cruciano; sempre, non mai, eternità sulla punta delle spade che lo trafiggono; sempre, non mai, eternità su quei demonii che giorno e notte lo tormentano; sempre, non mai, eternità su quelle porte che non si apriranno mai più. Quanti al pensiero dell' eternità abbandonarono il mondo, la patria, i parenti per andarsi a confinare nelle grotte, nei deserti, vivere soltanto a pane ed acqua e talvolta a sole radici di erba, e tutto questo per evitare le pene eterne dell'inferno! E tu, cristiano, che fai? dopo esserti tante volte meritato quelle pene col peccato, che fai? Prostriamoci ai piedi del nostro Dio, e pentiti dei peccati commessi, diciamogli così: Signore, vi prometto di non mai più peccare per l'avvenire, datemi ogni male nella vita presente, purchè non mi mandiate all'inferno. Cara {116 [410]} Madre Vergine Maria, liberate dall'inferno l'anima mia.

 

Esempi.

 

            S. Policarpo Vescovo di Smirne quando era condotto al martirio, disse al proconsole che facesse pur venire contro di lui le fiere. Il proconsole rispose: dacchè le fiere non ti spaventano, temerai certamente il fuoco, nel quale ti farò bruciare vivo, se non rinunzi alla tua religione. A cui s. Policarpo: veramente mi fai una minaccia terribile; pensi tu che debba temersi un fuoco che dopo un'ora o poco più si spegne? Ti dirò qual fuoco si debba temere e che tu non sai. Avvi un fuoco di pene atrocissime che è riserbato nell' altra vita agli empii; questo è il fuoco che temo io. (Dal Cesari).

            Eravi un signore nel regno di Francia, il quale aveva passato la sua vita nei passatempi e nelle delizie del mondo. Egli però era molto dotto, ed un giorno cominciò a pensare se i dannati nell'inferno dovessero dopo mille anni essere liberati; e rispose a questo suo pensiero di no. Appresso diceva fra sè: forse saranno liberati dopo cento mila anni? E tosto il pensier suo rispondeva egualmente no. Poi andava dicendo tra sè: forse dopo mille milioni d'anni saranno liberati? No diceva. O almeno i dannati usciranno dall'inferno quando siano trascorsi tanti migliaia d'anni quante sono le gocciole d'acqua nel mare? E rispose a se medesimo che mai no. Commosso da tal pensiero {117 [411]} sentissi un gran dolore de' suoi peccati e si pose a piangere la vita sregolata che aveva tenuto fino allora; di poi abbandonò il peccato, il mondo e le sue vanità. Come cominciò a gustare la dolcezza del servizio di Dio andava dicendo; oh come sono stolti e miseri gli uomini del mondo, i quali pel piacere di un momento vanno alle pene eterne che non avranno mai più fine. (Dal Passavanti).

 

Giaculatoria.

Sentomi in fondo al cuore

 

Voce, che ognor mi dice:

 

O buona, od infelice,

 

Avrai l'eternità.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno ventesimo. La misericordia di Dio.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. La giustizia, con cui Dio punisce il peccato nell'altra vita, reca spavento ai cuori più ostinati nella colpa. Infelici quelli, che già si trovano in quei luoghi di eterni supplizi. Beati noi, che possiamo ancora servirci della misericordia di Dio. Rallegrati, o cristiano, ed apri il cuore a grandi speranze. Finchè l'anima è unita al corpo è tempo di misericordia e di perdono. Iddio che prova gran disgusto per le nostre offese {118 [412]} ci soffre con bontà infinita, dissimulando i nostri peccati, aspettandoci a penitenza. Dissimulans peccata hominum propter pænitentiam (Sap. XI). No, dice altrove Iddio, non voglio la morte del peccatore, ma voglio che si converta e viva. Lasci il peccatore la via dell'iniquità, e si converta al suo Signore e avrò di lui compassione. Di più, dice Iddio, se l'anima tua fosse tutta imbrattata di peccati, ritorna a me, e te la restituirò bianca come la neve. Dealbabuntur ut nix. Coraggio adunque, o peccatore. Dio ti poteva far morire appena commesso il primo peccato. Ma Egli ti ha conservato in vita per usarti la sua misericordia, ed ora ti offre la sua grazia.

            2. Il tempo però in cui Dio usa la sua misericordia è la vita presente. Egli ha voluto farci conoscere questa importantissima verità con una lunga serie di fatti registrati nella Bibbia. Adamo disubbidisce a Dio, e con tale disubbidienza condanna se stesso e tutta la sua discendenza alla morte eterna; ma Iddio viene tosto in soccorso colla sua misericordia, e cangiando la morte eterna dell'anima colla morte temporale del corpo, somministra un mezzo di salute colla promessa del Salvatore. {119 [413]}

            Moltiplicandosi gli uomini, riempiono la terra d'iniquità a segno, che Dio determina di mandare un diluvio universale. Ma prima di effettuare tale castigo manda Noè a predicare imminente il divino flagello per lo spazio di cento vent'anni. Egli castigò più volte il popolo Ebreo, ma appena egli dava segno di ravvedimento, Dio lo prendeva tosto sotto la sua protezione, e lo liberava dall'oppressione de' suoi nemici. La popolatissima città di Ninive si dà in preda ai più grandi disordini, e Dio delibera di punirla colla totale distruzione della città e dei cittadini. Ma Dio vuole ancora fare uno sforzo mandando il profeta Giona a predicare la penitenza. Ninive ascolta la voce del ministro di Dio, abbandona il peccato, si placa l'ira divina, cui sottentra la misericordia infinita, Ninive è salva.

            Che diremo poi dei segni di misericordia datici dal nostro Divin Salvatore? Quanti miracoli, quante parabole, quanti fatti, quante espressioni dimostrano nel Vangelo questa verità. Basta il dire che, siccome ci assicura il Salvatore, si fa maggior festa in cielo sopra un peccatore che si converta, che non si fu per novantanove giusti, {120 [414]} che camminino per la via della salute. Che più? Il Salvatore giunse a dire che egli non era venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori: non veni vocare iustos, sed peccatores. Se poi desideri un fatto che dimostri sino a qual punto sia giunta la misericordia di Dio, alza lo sguardo sopra un crocifisso; e vedrai il Figliuolo di Dio morto per noi, cioè per salvare le anime nostre condannate all' inferno pel peccato.

            Questa misericordia è grande, e Dio ce la vuole usare nella vita presente; ma guai a chi ne abusa. Perciò, dice s. Agostino, se ora tu per disavventura sei in peccato, spera nella misericordia, ma se tu sei in grazia, temi la sua giustizia. Post peccatum spera misericordiam, ante peccatum pertimesce iustitiam. Ricordiamoci che Dio è misericordioso e giusto. E misericordioso con chi vuole approfittare della sua misericordia, ma usa poi il rigore della sua giustizia verso chi non vuole approfittare della sua misericordia.

            Coraggio, o cristiano, Dio ci chiama, ci offre un generoso perdono de' peccati, ci vuol chiudere l'inferno, ci vuole aprire il Paradiso. Gesù ci chiama dalla croce, Maria e tutti i Santi ci invitano dal cielo. Facciamo {121 [415]} fare una gran festa in Paradiso con un pronto ritorno al Signore.

 

Esempio.

 

            Un giovine modenese di onorata famiglia, dopo aver compiuto il corso de' suoi studi si lasciò sedurre da alcuni cattivi compagni. Un abisso conduce ad un altro abisso, sicchè dandosi egli in braccio ai giuochi, alle crapule, ai piaceri, giunse perfino a farsi capo di altri suoi compagni per trarli seco lui nella via del peccato. Tutta la città di Modena parlava della vita scandalosa di quel giovane, quando la mano di Dio lo colpì di grave malattia. Crescendo il male, il medico diè per disperata la salute, e raccomandò che al più presto lo infermo fosse munito dei Ss Sacramenti. Invitato dalla genitrice a confessarsi, il misero figlio la allontanava da sè con parole di disprezzo e d'insulto. Di lì a poco fa nuove prove, e gli espone i motivi più eccitanti della religione: il figlio prorompe in bestemmie. La buona madre profondamente afflitta non sa più a che partito appigliarsi. Una sua vicina accorsa, avvisata del tristo caso, chiama in disparte la madre, e le suggerisce di mettere la medaglia dell'immacolata Concezione sotto al guanciale del figlio all'insaputa di lui medesimo. Ciò fatto, si mettono ambedue insieme a recitare le litanie della Beata Vergine. O quanto siete mai pietosa o Maria! Le litanie non erano ancora terminate, che l'infermo chiama ad alta voce: madre, madre. Ella corre {122 [416]} tutta ansante, e il figlio tosto le dice: presto, presto, andate a chiamare l'arciprete che mi venga a confessare. Col cuore pieno di allegrezza, la genitrice corre dal confessore, e questi giubilante si reca tosto dall'infermo. Ascolta la confessione, di poi gli porta il Ss. Viatico con accompagnamento di molte persone. Entrato Gesù nella camera dell' infermo, il giovane pieno di compunzione de' suoi peccati fra le lagrime ed i sospiri domanda perdono degli scandali dati, promettendo di ripararli se Dio nella sua misericordia lo avesse ancora conservato in vita. Contro ogni aspettazione in breve l'infermo guarisce dalla sua mortale infermità, e mantenendo la promessa con tutto impegno, procura presentemente con una condotta edificante di riparare i gravissimi danni cagionati a' suoì compagni colla sua vita scandalosa. Affinchè poi si rendesse pubblica la grazia e la sua conversione, che egli riconosce dalla Madre di misericordia, fece scrivere tutto il fatto per mano di pubblico notaio, e come narrazione autentica venne pubblicata in molti giornali, e fra gli altri nell'Amico della gioventù.

 

 

Giaculatoria.

O Madre d'amore,

 

Tu impetra al mio cuore

 

Che ingrato peccò.

 

Amore al mio Dio,

 

Che tanto m'amò.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {123 [417]}

 

 

Giorno vigesimoprimo. La confessione.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Un tratto grande della misericordia di Dio verso i peccatori abbiamo nel Sacramento della Confessione. Se Dio avesse detto di perdonarci i nostri peccati solamente col Battesimo, e non più quelli che per disgrazia si sarebbero commessi dopo aver ricevuto questo Sacramento, oh quanti cristiani certo se ne andrebbero alla perdizione! ma Iddio conoscendo la nostra grande miseria stabilì un altro Sacramento, con cui ci sono rimessi i peccati commessi dopo il Battesimo. È questo il Sacramento della Confessione. Ecco come parla il Vangelo: otto giorni dopo la sua risurrezione Gesù apparve a' suoi discepoli e loro disse: la pace sia con voi. Come il Padre Celeste mandò me, così io mando voi, cioè la facoltà datami dal Padre Celeste di fare quanto si giudica bene per la salvezza delle anime, la medesima io do a voi. Di poi il Salvatore soffiando sopra di loro disse: ricevete lo Spirito Santo, quelli a cui rimetterete {124 [418]} i peccati, sono rimessi; quelli a cui li riterrete, saranno ritenuti. Ognuno comprende che le parole ritenere o non ritenere vogliono dire, dare o non dare l'assoluzione. Questa è la grande facoltà data da Dio a' suoi Apostoli e a' loro successori nell'amministrazione de' Santi Sacramenti. Da queste parole del Salvatore nasce una obbligazione ai sacri ministri di ascoltare le confessioni, e nasce egualmente l'obbligazione pel cristiano di confessare le sue colpe, affinchè si conosca quando si deve dare o non dare l'assoluzione, quali consigli suggerire per riparare il male fatto, dare insomma tutti quei paterni avvisi che giudica necessarii per riparare ai mali della vita passata e non commetterli più per l'avvenire.

            2. Nè la confessione fu cosa praticata solamente in qualche tempo e in qualche luogo. Appena gli Apostoli cominciarono a predicare il Vangelo, tosto cominciò a praticarsi il sacramento della Penitenza. Leggiamo che quando s. Paolo predicava in Efeso, molti fedeli che già avevano abbracciata la fede venivano ai piedi degli Apostoli e confessavano i loro peccati. Confitentes et annunciantes actus suos. Dal {125 [419]} tempo degli Apostoli fino a noi fa sempre osservata la pratica di questo grande Sacramento. La Chiesa cattolica condannò in ogni tempo come eretici quelli che ebbero l'ardimento di negare questa verità. Neppure avvi alcuno il quale se ne sia potuto dispensare. Ricchi e poveri, servi e padroni, re, monarchi, imperatori, sacerdoti, vescovi, i medesimi Sommi Pontefici, tutti devono piegare le ginocchia ai pie' d'un sacro ministro per ottenere il perdono di quelle colpe, che per avventura avessero commesse dopo il Battesimo. Ma ohimè! quanti cristiani approfittano di rado, o approfittano male di questo Sacramento! Chi si accosta senza fare esame, altri si confessano con indifferenza, senza dolore o senza proponimento, altri poi tacciono cose importanti in confessione, o non adempiono le obbligazioni imposte dal confessore. Costoro prendono la cosa più santa e più utile per servirsene a rovina di loro medesimi. S. Teresa ebbe a questo proposito una tremenda visione. Ella vide che le anime cadevano giù all'inferno come cade la neve d'inverno sul dorso delle montagne. Spaventata di tale rivelazione, dimandò a Gesù Cristo la spiegazione, e n'ebbe in {126 [420]} risposta, che coloro andavano alla perdizione per le confessioni mal fatte in vita loro.

            3. Coraggio, o cristiani, approfittiamo di questo Sacramento di misericordia, ma approfittiamone colle dovute disposizioni. Preceda un diligente esame delle nostre colpe, confessiamole tutte certe come certe, dubbie come dubbie in quel modo che le conosciamo, ma con un gran dolore di averle commesse; promettiamo di non più commetterle in avvenire. Ma soprattutto facciamo vedere il frutto delle nostre confessioni con un miglioramento nella nostra vita. Dio dice nel Vangelo, che dal frutto si conosce la bontà dell'albero, così dal miglioramento della nostra vita apparirà la bontà o la nullità delle nostre confessioni: ex fructibus eorum cognoscetis eos.

 

Esempio.

 

            Un giovanetto della città di Montmirail nella Francia era vissuto cristianamente fino all'età di quindici anni, quando ebbe la sventura di frequentare cattivi compagni. I cattivi discorsi, la lettura di libri pessimi lo gettarono nell'abisso dell'incredulità e del libertinaggio. I suoi genitori si adoperarono per condurlo a buoni sentimenti, ma non polendo riuscire andarono in Chiesa nella sera dell'immacolata Concezione {127 [421]} (8 dicembre 1839), e lo raccomandarono alle preghiere degli aggregati al sacro Cuore di Maria. La sera stessa in cui era stato raccomandato, viene il giovine a casa, e senza dire nulla, contro il suo solito, se ne va a riposo. Egli non pensava a Maria, ma Ella pensava a lui. Il 10 dicembre quasi fuori di se chiama suo padre e gli dice: padre mio, io sono infelice, e soffro assai, sono trentasei ore dacchè non mi è più dato nè di mangiare, nè di dormire. Io sono un leone arrabbiato, e non so più nè che dire, nè che fare; forza è che io vada dal curato. Se ne parte, va dal curato, e tutto agitato dai rimorsi della coscienza lo supplica di confessarlo. Vi prego, disse al curato, di confessarmi subito. Non posso più vivere in questo stato. Il parroco lo animò, lo confortò, e di lì a poco ascoltò la sua dolorosa confessione. Ricevuta l'assoluzione, sentì tosto innondarsi il cuore di tale consolazione, che non la poteva in sè contenere. Giunto a casa manifesta al padre la grazia ricevuta e la tranquillità di paradiso che gustava. Ciò che ancora gli stava a cuore, era il ravvedimento di coloro che aveva co' suoi scandali trascinati al male. Pieno di cristiano coraggio, nulla curandosi di quello che avrebbono detto i suoi antichi compagni, manifestò loro l'accadutogli, le consolazioni che provava dopo la confessione, e li esortò quanto seppe, a fare anch'essi la prova. Insomma questa novella preda della misericordia di Maria fece come il penitente Davidde quando per riparare lo scandalo dato procurava di guadagnare anime a Dio. Docebo iniguos vias tuas. {128 [422]}

 

Giaculatoria.

Da Dio impetrami

 

Madre d'amore,

 

Delle mie colpe

 

Vivo dolore.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno vigesimosecondo. Il confessore.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Quando tu, o cristiano, vai in chiesa, e vedi un sacerdote nel tribunale di penitenza, ricordati che quello è ministro di Gesù Cristo, il quale a nome di Dio perdona i peccati degli uomini. Se vi fosse un reo condannato a morte per grave delitto, e nell'atto di essere condotto al patibolo si presentasse a lui un ministro del re dicendo: la tua colpa è perdonata; il re ti fa la grazia della morte, e ti accoglie fra i suoi amici; e perchè non dubiti di quanto dico, ecco il decreto che mi autorizza a rivocarti la sentenza di morte; quali sentimenti di gratitudine e di amore non esprimerebbe questo colpevole verso il re e verso il suo ministro! Ciò avviene appunto di noi. Noi siamo veri colpevoli {129 [423]} che peccando abbiamo meritata la pena eterna dell'inferno. Il ministro del Re dei re a nome di Dio nel tribunale di penitenza ci dice: Iddio mi manda a voi per assolvervi dalle vostre colpe, per chiudervi l'inferno, aprirvi il Paradiso, per restituirvi in amicizia con Dio. Affinchè poi non dubitiate della facoltà a me data, ecco un decreto segnato dal medesimo Gesù Cristo, che mi autorizza a richiamare da voi la sentenza di morte. Il decreto viene espresso cosi: quelli a cui rimetterete i peccati, sono rimessi; quelli a cui li riterrete, sono ritenuti. Quorum remiseritis peccata, remittuntur eis; quorum retinueritis, retenta sunt. Con quale stima e venerazione dobbiamo accostarci verso di un ministro, che a nome di Dio può farci tanto bene ed impedirci tanto male!

            2. Ogni volta pertanto che ti accosterai a questo augusto Sacramento, immaginati di accostarti al medesimo Gesù Cristo. Egli medesimo dice: chi ascolta voi, cioè i suoi ministri, ascolta me; chi disprezza voi. disprezza me. Qui vos audit, me audit; qui vos spernit, me spernit. Siamo persuasi che quando andiamo a confessarci, noi ascoltiamo la voce di Dio, che proferisce la sentenza {130 [424]} di assoluzione o di condanna. Ma siccome quanto fa e dice il confessore, lo fa con autorità Divina e come padre, cosi in quel tribunale di penitenza egli è un amico, che niente altro desidera che il bene dell'anima nostra, è un medico capace di guarirci tutte le piaghe dell'anima; è un giudice, ma non per condannarci, ma per assolverci e liberarci dalla morte eterna; è un ministro di Dio che col sangue di Gesù Cristo lava le macchie dell'anima. Con quale confidenza non dovremmo noi parlare con lui, e aprirgli sinceramente ogni segreto della nostra coscienza!

            3. Nè ci deve cagionare ostacolo il timore che egli sia per rivelare ad altri le cose udite in confessione. No, questo non fu mai per lo passato, nè mai sarà per l'avvenire. Un buon padre tiene senza dubbio' sotto segreto le confidenze de' suoi figli. Il confessore è un vero padre spirituale; perciò anche umanamente parlando egli tiene sotto rigoroso segreto quanto gli palesiamo. Ma avvi di più: un precetto assoluto, naturale, ecclesiastico e divino stringe il confessore a tacere qualsiasi cosa udita in confessione. Si trattasse anche di impedire un grave male, di liberare se stesso {131 [425]} e tutto il mondo dalla morte, egli non può servirsi di una notizia avuta in confessione, a meno che il penitente gli doni espressa facoltà di parlarne. Va dunque, o cristiano, va spesso da questo amico, più sovente andrai a lui, più ti assicurerai di camminare per la via del cielo; più sovente andrai a lui, ti verrà ognor più confermato il perdono de' tuoi peccati, e ti verrà assicurata quella eterna felicità promessa da quel medesimo Gesù Cristo, che diede un sì grande potere ai suoi ministri. Non ti ritenga la moltitudine, nè la gravezza delle colpe. Il sacerdote è ministro della misericordia di Dio, che è infinita. Epperciò egli può assolvere qualsiasi numero di peccati, comunque siano gravi. Portiamo soltanto il cuore umiliato e contrito, e poi ci sarà certo il perdono. Cor contritum et humiliatum. Deus, non despicies.

 

Esempio.

 

            Fra i molti esempi che si possono addurre di fermezza nel conservare il sigillo della confessione è celebre quello di s. Gioanni Nepomuceno canonico della Boemia. Questo santo sacerdote erasi tutto consacrato ad ascoltare le confessioni dei fedeli. Da tutte parli si correva {132 [426]} a lui; la medesima regina lo scelse per suo confessore. Ora avvenne che il re, che si chiamava Venceslao, per alcuni suoi capricci volle saper le cose dette dalla regina in confessione: Sollecitò più volte s. Giovanni a volerglielo dire; ma egli sempre rispose che quanto aveva udito lo sapeva soltanto come Dio, che un gran segreto lo stringeva, e che per niun motivo del mondo avrebbe detto anche la minima cosa adita in confessione. Se tu, disse il re, non mi dici quanto ti chiedo, ti punirò severamente; ti farò mettere in prigione a pane ed acqua, ti farò battere colle verghe, e chi sa ... che la testa non paghi il fio della tua ostinazione. Principe, rispose il santo confessore, vi dico nuovamente che un gran dovere mi stringe dinanzi a Dio, a cui io debbo rigorosamente ubbidire. Voi potete disporre a vostro talento della mia vita, e condannarmi a qualsiasi pena, sia anche la morte, ma io non potrò mai e poi mai svelare cosa alcuna udita in confessione. Dio solo può penetrare questo segreto. Il re montato in furore condannò il santo ad atroci tormenti e ad una morte spietata. Il prode confessore fermo nel suo dovere, sopportò ogni patimento con eroismo cristiano, e col proprio sangue confermò quel dogma tanto glorioso al cristianesimo che dice: il segreto della confessione è inviolabile; solo Iddio lo può penetrare.

 

Giaculatoria.

Maria scioglietemi

 

Da lacci rei,

 

E luce fatevi

 

Degli occhi miei.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {133 [427]}

 

 

Giorno vigesimoterzo. La Santa Messa.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Se vuoi, o cristiano, avere una giusta idea della Santa Messa, portati col pensiero nel cenacolo, quando il Salvatore la celebrava la prima volta co' suoi Apostoli. La vigilia di sua passione il Salvatore radunò i suoi discepoli per celebrare seco loro l'ultima Pasqua. Sul finire della cena Egli si levò dalla mensa, prese del pane, lo benedisse, di poi lo diede ai suoi discepoli dicendo: prendete, mangiate, questo è il mio corpo, quel corpo che sarà sacrificato per la vostra salute. Prese quindi un calice, ed entro versò del vino, ed alzando gli occhi al cielo, lo benedisse, quindi lo diede ai suoi Apostoli dicendo: prendete, e bevete tutti: questo è il mio sangue, che sarà sparso per la remissione dei peccati del mondo. Tutte le volte che voi farete questo, fatelo in memoria di me.

            Con queste parole Gesù Cristo istituì il Sacramento dell'Eucaristia, e quindi istituì la Santa Messa, senza cui non si compie {134 [428]} questo Sacramento. Inoltre ordinò di fare quanto aveva fatto egli medesimo. Ecco la ragione per cui la Santa Messa è detta il Sacramento ed il Sacrificio del corpo e del sangue di Nostro Signor Gesù Cristo, che viene offerto e distribuito sotto le specie del pane e del vino. Questo sacrifizio fu fatto da Gesù Cristo sul monte Calvario, e si dice cruento, cioè collo spargimento di tutto il suo sangue. Quello che si fa nella Santa Messa è il medesimo colla sola diversità che questo è incruento, cioè senza spargimento di sangue. Perciò quando noi vediamo il Sacerdote uscire dalla sacristia e recarsi all'altare per celebrare la Santa Messa, è lo stesso che veder Gesù Cristo uscire dalla città di Gerusalemme e portare la croce sul monte Calvario per essere ivi crocifisso e spargere fino all'ultima goccia il suo prezioso sangue. Siccome non può immaginarsi cosa più preziosa, più santa, più grande del corpo e del sangue di Gesù Cristo, così noi quando andiamo ad ascoltare la Santa Messa, non possiamo fare cosa che possa tornare di maggior gloria di Dio e di maggiore utilità per le anime nostre.

            2. Voglio però che ritenga a mente, o {135 [429]} cristiano, che il sangue di Gesù Cristo fu sparso in croce anche per le anime del Purgatorio. Perciò la Santa Messa è il mezzo più efficace per sollevare le anime dei fedeli defunti, se per avventura si trovassero in quelle pene. Procura adunque di far celebrare qualche Messa, e non potendo, procura almeno di ascoltarla in suffragio de' tuoi parenti o di qualche tuo amico defunto. Ascolta quello che dicono i Santi Padri a questo riguardo. S. Gregorio Magno dice: la pena dei vivi e dei morti sarà mitigata a quelli per cui si celebra la Santa Messa: tale pena sarà in modo speciale mitigata a quelli per cui si prega di proposito nella Santa Messa. Il medesimo Santo dice altrove: ascoltare divotamente una messa è sollevare le anime dei fedeli defunti, ottenendo la remissione dei loro peccati. S. Girolamo, gran Dottore di Santa Chiesa, si esprime così: Per qualunque messa, divolamente celebrata molte anime escono dal Purgatorio. Altrove soggiunge: Le anime che sono tormentate nel Purgatorio non soffrono alcun tormento mentre si celebra la Santa Messa, se il sacerdote prega per loro nell'offerire questo sacrifizio. Perciò io ti raccomando quanto so {136 [430]} e posso di non mai dimenticare i tuoi parenti ed amici defunti tutte le volte che farai celebrare o andrai ad ascoltare la Santa Messa.

            3. Debbo però raccomandarti, o lettore, che non avvenga di te quanto pur troppo avviene a molti cristiani, quando vanno ad ascoltare la Santa messa. Oh quanto rattrista il vedere tanti cristiani a fare poco o nessun conto di questo augusto sacrifizio dell'altare! Alcuni la vanno ad ascoltare di rado, o vi stanno di mala voglia; altri l'ascoltano distratti, senza modestia, senza venerazione, senza rispetto, rimanendo seduti o in piedi, talvolta ridendo, talvolta parlando o guardando qua e là. Quando andremo ad ascoltare la Santa Messa, procuriamo di assistervi col massimo raccoglimento. Il nostro spirito, il cuore, i sentimenti nostri non siano ad altro intenti che ad onorare Iddio. Oh! una Messa ben ascoltata quali grazie e benedizioni non ci può apportare? Ascoltiamo quello che ci dice il Beato Leonardo: «Io credo, egli dice, che se non fosse la Messa, il mondo a quest'ora sarebbe già sprofondato, per non poter più reggere al peso di tante iniquità. La Messa è quel potente appoggio {137 [431]} che lo sostiene in piedi.» Per animare poi tutti i cristiani ad essere solleciti nell'ascoltare la Santa Messa, il medesimo Santo soleva predicare così: lasciate che io salga sulle cime de' più alti monti, e quivi a gran voce esclami: popoli ingannati, popoli ingannati: che fate voi? perchè non correte alla chiesa ad ascoltare santamente quante messe potete?

 

Esempio.

 

Andiamo con sollecitudine ad ascoltare la santa Messa. Se ci toccherà di patire qualche incomodo o perdere qualche tratto di tempo, non inquietiamoci; Dio saprà tutto ricompensare. S. Isidoro era un povero contadino. In ogni giorno dell'anno egli si levava di buon mattino, andava ad ascoltare la santa Messa, dipoi si recava a fare quelle cose, che dal suo padrone gli venivano comandate. Con questo mezzo tirò le benedizioni del Signore sopra i suoi lavori e sopra le campagne de' suoi padroni, sicchè ogni cosa gli riusciva bene. Che se la Messa è sorgente di benedizioni nelle cose temporali, quali grazie non sarà per procacciarci dal Signore per l'anima nostra e nella vita presente e nella futura?

 

Giaculatoria.

Salve, Santissimo

 

Corpo divino,

 

Di pura Vergine

 

Nato bambino.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {138 [432]}

 

 

Giorno vigesimoquarto. La Santa Comunione.

 

            Deus, in adiutorium, etc.

            1. Comprendi, o cristiano, che cosa vuol dire fare la santa Comunione? Vuol dire accostarsi alla mensa degli angioli per ricevere il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di Nostro Signor Gesù Cristo. che viene dato in cibo all'anima nostra sotto alle specie del pane e del vino consacrato. Alla Messa, al momento che il sacerdote proferisce sul pane e sul vino le parole della consacrazione, il pane ed il vino diventano corpo e sangue di Gesù Cristo. Le parole usate dal nostro divin Salvatore nell'instituire questo sacramento sono: questo è il mio corpo, questo è il mio sangue: hoc est corpus meum, hic est calix sanguinis mei. Queste medesime parole usano i sacerdoti a nome di Gesù Cristo nel sacrificio della santa Messa. Pertanto quando noi andiamo a fare la comunione riceviamo il medesimo Gesù Cristo in corpo, sangue, anima e divinità, cioè vero Dìo e vero uomo vivo come è in cielo. Non è la sua {139 [433]} immagine, nemmeno la sua figura, come è una statua, un crocifìsso, ma è Gesù Cristo medesimo siccome è nato dall'Immacolata Vergine Maria e per noi mori sulla croce. Gesù Cristo medesimo ci assicurò di questa sua real presenza nella santa Eucaristia quando disse: questo è il mio corpo che sarà dato per la salvezza degli uomini: corpus, quod prò vobis tradetur. Questo è quel pane vivo, che discese dal Cielo: hic est panis vivus, qui de caelo descendit. Il pane che io darò è la mia carne. La bevanda che io dò è il mio vero sangue. Chi non mangia di questo corpo e non beve di questo sangue, non ha con sè la vita.

            2. Gesù avendo istituito questo sacramento pel bene delle anime nostre desidera che noi vi ci accostiamo sovente. Ecco le parole con cui egli ci invita: venite a me tutti, o voi, che siete stanchi ed oppressi ed io vi solleverò: venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos. Altrove diceva agli Ebrei: «i vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono; ma colui che mangia il cibo figurato nella manna, quel cibo che io dò, quel cibo che è il mio corpo e il mio sangue, egli più non morrà in eterno. {140 [434]} Colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue egli abita in me ed io in lui; imperocchè la mia carne è un vero cibo, e il mio sangue una vera bevanda.» Chi mai potrebbe resistere a questi amorevoli inviti del divin Salvatore? Per corrispondere a questi inviti i cristiani dei primi tempi andavano ogni giorno ad ascoltare la parola di Dio ed ogni giorno si accostavano alla santa Comunione. Egli è in questo sacramento che i martiri trovavano la loro fortezza, le vergini il loro fervore, i santi il loro coraggio.

            E noi con quale frequenza ci accostiamo a questo cibo celeste? Se esaminiamo i desiderii di Gesù Cristo e il nostro bisogno dobbiamo comunicarci assai sovente. Siccome la manna ogni giorno servi di cibo corporale agli Ebrei in tutto il tempo che vissero nel deserto, finchè furono condotti nella terra promessa, così la s. Comunione dovrebbe essere il nostro conforto, il cibo quotidiano nei pericoli di questo mondo per guidarci alla vera terra promessa del paradiso. S. Agostino dice così: Se ogni giorno dimandiamo a Dio il pane corporale, perchè non procureremo, anche di cibarci ogni giorno del pane spirituale colla {141 [435]} santa Comunione? S. Filippo Neri incoraggiava i cristiani a confessarsi ogni otto giorni e comunicarsi anche più spesso secondo l'avviso del confessore. Finalmente, la santa Chiesa manifesta il suo vivo desiderio della frequente Comunione nel Concilio Tridentino, ove dice: «sarebbe cosa sommamente desiderevole che ogni fedel cristiano si mantenesse in tale stato di coscienza da poter fare la santa Comunione ogni volta che interviene alla santa Messa.» Il Pontefice Clemente XIII per incoraggire i cristiani ad accostarsi con gran frequenza alla santa confessione e Comunione concedette il seguente favore: quei fedeli cristiani che hanno la lodevole consuetudine di confessarsi ogni settimana possono acquistare indulgenza plenaria ogni qualvolta fanno la santa Comunione.

            3. Taluno dirà; io sono troppo peccatore. Se tu sei peccatore procura di metterti in grazia col sacramento della confessione, e poi accostati alla santa Comunione, e ne avrai grande aiuto. Un altro dirà: mi comunico di rado per avere maggior fervore. È questo un inganno. Le cose che si fanno di rado per lo più si fanno male. Altronde essendo frequenti i tuoi bisogni, {142 [436]} frequente deve essere il soccorso per l'anima tua. Alcuni soggiungono: io sono pieno d'infermità spirituali, e non oso comunicarmi soventi. Risponde Gesù Cristo: quelli che stanno bene non hanno bisogno del medico: perciò quelli che sono maggiormente soggetti ad incomodi loro è mestieri essere sovente visitati dal medico. Coraggio adunque, o cristiano, se tu vuoi fare un' azione la più gloriosa a Dio, la più gradevole a tutti i santi del cielo, la più efficace per vincere le tentazioni, la più sicura a farti perseverare nel bene, ella è certamente la santa Comunione.

 

Esempio.

 

            Un giovanetto di nome Savio Domenico pel vivo desiderio di piacere a Maria le offeriva ogni giorno qualche preghiera, ma ogni sabbato faceva la santa comunione in onore di Colei, che egli soleva chiamare Madre carissima. L'anno 1856 fece il mese di Maria con tale fervore che i suoi compagni ne erano tutti edificati. Ogni giorno dimandava a Maria che lo togliesse dal mondo piuttosto che avesse da perdere la virtù della purità. Nel giorno poi della chiusa dimandò una sola grazia; di poter fare una buona comunione prima di morire. La santa Vergine lo esaudì. Nove mesi dopo (9 marzo 1857) egli moriva in età di anni quindici dopo {143 [437]} di aver ricevuto il Santissimo Viatico coi più grandi trasporti di tenerezza e di divozione. Negli istanti che passavano tra il ricevimento del Viatico fino alla sua morte, egli andava sempre dicendo: o Maria, voi mi avete esaudito, io sono ricco abbastanza. Altro da voi non dimando se non che mi assistiate in questi ultimi momenti di vita, e mi accompagniate da questa vita all' eternità. Quasi nel momento stesso ch' egli cessava di proferire queste parole, l'anima sua volava al cielo certamente, accompagnata da Maria di cui in vita era stato fervoroso divoto.

 

Giaculatoria.

Vi adoro ogni momento

 

O vivo pan del ciel,

 

Gran Sacramento[6].

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno vigesimoquinto. Il peccato di disonestà.

 

            Deus, in adiutorium, etc.

            1. S. Paolo comanda che questo peccato sia neppure nominato tra i cristiani: impudicitia nequidem nominetur in vobis. Io ommetterei di parlarne, o grande Apostolo di Gesù Cristo, se questo peccato non {144 [438]} fosse quel gran maestro che manda tante anime all' eterna perdizione. Possiamo veramente dire che questo peccato fece aprire, l'inferno, e molti vi si precipitano infelicemente. Affine di averne un giusto orrore vediamo come Iddio detesti questo vizio abbominevole. Chi si dà a questo peccato è paragonato agli, animali immondi. L'uomo, che fu elevato alla più grande dignità ha perduto l'intelletto, ed è divenuto simile agli animali immondi che si trascinano nel fango. Jumentis insipientibus comparatus est, et similis factus est illis. O cristiano, conosci la tua dignità, e nel medesimo tempo comprendi il gran male che fai quando ti abbandoni a parole, a pensieri, ad opere impure. Inoltre perchè Iddio mandò un diluvio sopra tutta la terra? Perchè il genere umano erasi abbandonato alla disonestà. Omnis caro corruperat viam suam. Perchè mandò un incendio sopra Sodoma, Gomorra e sopra le città vicine? Perchè quegli abitanti eransi abbandonati a questo vizio. Perchè Onam fu colpito da morte repentina dopo un solo peccato? perchè quello era un peccato di disonestà. Quale precetto speciale Dio pubblicò dal monte Sinai fra tuoni e fulmini? {145 [439]} È quello che dice: non fornicare, cioè non far cose disoneste. Qual è il male che il divin Salvatore proibì di fissare collo sguardo o trattenervi sopra il pensiero? È la disonestà. Qual è quel gran male che S. Paolo reputa così grande da non nominarsi fra i Cristiani? È l'impudicizia. Impudicitia nequidem nominetur in vobis.

            2. Da questa dottrina rivelata da Dio tu conoscerai il gran male che è la disonestà: ma lo conoscerai molto più se ne consideri le funeste conseguenze. Se tu entrerai nelle famiglie e dimanderai la cagione di tante discordie, dì tante miserie, di tanti patrimoni mandati a fondo, molti sono costretti a rispondere che l'abbominevole vizio della disonestà ne fu la cagione. Dimandiamo ai medici che frequentano le case dei privati ed i pubblici ospedali, e ci sapranno dire quanti siano mandati alla tomba sul fiore de' loro giorni. Oh! se le ceneri di costoro potessero parlare dalle tombe potrebbero darci utilissimi avvisi. Gli uni direbbero che la disonestà fu cagione di risse, di giuochi, ubbriachezze, di morte. Altri che tal vizio loro indebolì la salute, e li condusse anzi tempo alla tomba, avverandosi {146 [440]} in essi che i peccati abbreviano la vita: dies impiorum bremabuntur.

            3. Ma tiriamo un velo sopra queste sciagure che cadono sopra il corpo, accenniamo alcuni dei mali che produce nello spirito. Dice Iddio, che il darsi alla disonestà è lo stesso come perdere la fede: luxuriari idem est ac apostatare a Deo. Di fatti noi vediamo i cristiani allegri, pieni di fervore nelle pratiche religiose, assidui ai Sacramenti: ma appena la disonestà si fa strada nel loro cuore, cominciano a divenir tiepidi, diminuiscono la frequenza de' sacramenti, si annoiano della parola di Dio, cominciano a dubitare delle verità della fede, e cadendo di abisso in abisso finiscono col divenire increduli e talora veri apostati. Luxuriari idem est ac apostatare a Deo. Che cosa poi diremo de' supplizi eterni riserbati nell'altra vita agli impudici? Io non voglio più continuare in questa orrenda considerazione; piuttosto suggerisco alcuni mezzi per tener lontano da questo vizio coloro che sono innocenti, e preservare coloro che ebbero la disgrazia di esserne infetti. La frequente confessione e la frequente comunione sono i due rimedii più efficaci. Fuga dei discorsi osceni, {147 [441]} delle letture cattive, delle persone abbandonate al giuoco, all'ubbriachezza e a simili disordini. Frequenza della parola di Dio e lettura di buoni libri, dire mattina e sera tre Ave a Maria Immacolata e baciare la medaglia di Lei. Se tu, o cristiano, praticherai questi mezzi, ti conserverai senza dubbio lontano da questo vizio tremendo che mandò già tante anime all'inferno.

 

Esempio.

 

            Una giovane della città di Torino ebbe la disgrazia di abbandonarsi al vizio di cui parliamo. E come accade a molti altri infelici, ella pure perdette la divozione, abbandonò la casa paterna per condurre vita dissoluta. Rovinata così nelle cose dell' anima, lo fu ben presto nelle cose del corpo; e caduta in grave malattia era quasi in punto di morte. Niuno osava parlarle di religione. Chi aveva osato dirle qualche parola fu mandato via con esecrazione. Un pio sacerdote informato del tristo caso, fu abbastanza coraggioso di fare anche egli una prova. Si presentò all'ammalata, ma essa come furia d'inferno disse mille maledizioni, e voleva costringerlo a fuggire. Soffrì tutto il fedele ministro di Dio, e dopo molti incidenti riuscì a farle accettare una medaglia dell'immacolata Concezione. Pieno di speranza di guadagnare una figlia a Maria, il sacerdote {148 [442]} parte e va ad unirsi ad altri divoti che si radunano in Chiesa ad invocare la protezione di Colei che è rifugio dei peccatori. Sul declinare del medesimo giorno ritorna dall'inferma, da cui ebbe migliori accoglienze. Egli ottenne di farle dire tre Ave Maria. Dopo partì. Non era ancora giunto a casa, quando una persona di servizio lo chiama con gran premura che ritorni dall'inferma che voleva confessarsi. Andò egli prontamente, e la trovò che piangeva di dolore de' suoi peccati, desiderando di confessarsi prima di morire. Fece la sua confessione, diede segno del più sensibile pentimento. Chiese ella stessa di poter ricevere il Ss. Viatico, la estrema unzione e la benedizione papale, che le furono prontamente amministrati. Pareva che ella fosse per tramandare l'ultimo respiro quando raccogliendo tutte le sue forze, indirizzò queste ultime parole alle persone che in buon numero stavano dolenti intorno al letto: rallegratevi tutti in cuor vostro; io sono stata infelice, il mondo mi ha ingannata. Io ho abbandonato Iddio e la sua madre SS; ma essa non abbandonò me. Essa mi ottenne di non morire di mala morte, mi ottenne da suo Figlio la grazia di potermi confessare, e così chiudere l'inferno, ed aprirmi il paradiso. Dopo la mia morte raccontate a tutti il gran favore che Maria mi ha ottenuto. Io muoio, e morendo spero di andarla a ritrovare in cielo. Ciò detto, lasciò cadere il capo sul letto, e dopo alcuni istanti spirò. {149 [443]}

 

Giaculatoria.

 

                        Maria, sei madre tenterà

            Per gl'innocenti, e insieme

            Pel peccator che geme,

            Che spera in tua pietà.

                        Prendi il mio cuore, o Vergine,

            Tu trasformar lo puoi;

            Dagli gli affetti tuoi

            Dagli il tuo amor divin.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno vigesimosesto. La virtù della purità.

 

            Deus, in adiutorium, etc.

            1. Quanto fa orrore il parlare del peccato della disonestà, altrettanto consola il parlare della virtù della purità. Questa sola virtù basta per far santo chi la possiede. Gli amatori di essa nel Vangelo sono da Gesù paragonati agli angeli: erunt sicut angeli Dei in caelo. (Matt. 22.) Oh quanto sei degna della stima degli uomini, o santa virtù della purità! Tu fai dell'uomo polvere e cenere uno spirito celeste, un angelo. Anzi superiore agli angeli stessi, perchè gli angeli sono puri spiriti, e noi per conservarla dobbiamo domare le inclinazioni del {150 [444]} corpo. Questa virtù è così pregevole agli occhi di Dio, che lo Spirito Santo stesso ci assicura, non esservi al mondo cosa di maggior pregio: non est ponderatio digna continentis animae. (Eccl. 26). S. Giovanni Evangelista fu il discepolo diletto di Gesù Cristo perchè in grado sublime aveva conservato questa virtù. E Iddio volle dargliene una ricompensa anche nella vita presente col fargli conoscere il gran premio che è riserbato ai casti ed ai vergini in cielo. Mentre egli era in esilio nell' isola di Patmos, Dio gli rivelò molti misteri sollevandolo a contemplare le bellezze del Paradiso. Fra le altre cose egli vide una moltitudine di beati vestiti di una candida veste con in mano una palma; e cantando un inno, che niun altro poteva cantare, circondavano costantemente la persona del Salvatore ovunque egli andava. Maravigliato il santo Apostolo, disse all'angelo che lo accompagnava pel paradiso: Costoro che godono tanta gloria chi sono mai? L'Angelo rispose: costoro sono i vergini, coloro che non macchiarono la stola dell'innocenza, e perciò seguono il divino Agnello ovunque Egli vada. Virgines enim sunt, hi sequuntur agnum quocumque ierit. {151 [445]}

            2. Questa virtù è pregevole non solamente agli occhi di Dio, ma è sorgente di benedizione anche nella vita presente. Iddio dimostrò la grande stima che ne ha con molti fatti. Volle avere s. Giuseppe per padre putativo, che era vergine; volle nascere da una madre vergine; e quel che è più che fosse vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Lo Spirito Santo ci dice: che colla virtù della purità ci vengono tutti i beni: venerunt omnia bona pariter cum illa. Difatti quelli che hanno la bella sorte di poter parlare con quelle anime che conservano questo prezioso tesoro discoprono una tranquillità, una pace di cuore, una contentezza tale, che superano ogni bene della terra. Tu li vedi pazienti nella miseria, caritatevoli col prossimo, pacifici alle ingiurie, rassegnati nelle malattie, attenti ai loro doveri, fervorosi nelle preghiere, ansiosi della parola di Dio. Tu scorgi nel loro cuore una fede viva, una ferma speranza ed una infiammata carità.

            3. Coraggio adunque, o cristiano, fa ogni sforzo per conservare l'inestimabile tesoro di questa virtù. Se ciò farai, tu innalzerai te stesso ai di sopra di tutti gli uomini e sarai fatto uguale agli angeli del paradiso {152 [446]} anche nella vita presente. Ma se vuoi consumare questa virtù bisogna che tu imiti la Regina de' Vergini. La imiti nella diligenza alle pratiche religiose e nell'esercizio dell'umiltà, perchè solamente gli umili sono da Dio fatti forti a combattere le tentazioni del senso. La imiti nella ritiratezza di maniera che i tuoi colloquii non siano con altre persone se non che cogli angeli, cioè con persone che parlano delle cose del Signore, e non delle cose disordinate del mondo. La imiti trattando con persone che siano amanti di questa virtù, e specialmente col fuggire persone di diverso sesso. La imiti nella modestia degli occhi, nella sobrietà del mangiare e del bere, nella fuga de' teatri, dei balli e di altri pericolosi spettacoli. Se tu imiterai cosi la santa Vergine sarai sicuro di conservare intemerata la virtù della purità quivi in terra, per averne poi gloriosa ricompensa in cielo.

 

Esempio.

 

            S. Luigi Gonzaga può servire di modello a tutti quelli che desiderano di conservare la virtù di cui parliamo. Egli fin da giovanetto era così riserbato, che quando le persone di {153 [447]} servizio andavano per aiutarlo a vestirsi, non osava neppure lasciarsi vedere i piedi nudi; era così modesto negli occhi che non mai aveva fissato in faccia la propria genitrice. Un giorno trovavasi in una compagnia, quando una persona già alquanto attempata mise fuori discorsi indecenti. Olà disse Luigi, questo modo di discorrere non conviene a questi bianchi capelli, e tanto più disdice in presenza di questi giovani cristiani che vi ascoltano. Il vecchio arrossì e si tacque. S. Luigi però per assicurarsi di conservare questa virtù cominciò dai più teneri anni a praticare una filiale devozione a Colei che è chiamata Mater purissima e protettrice potente di chi vuole offrire a Dio il cuore. All' età di soli dieci anni egli fece voto di perpetua castità mettendosi tutto sotto alla potente protezione di Maria, pregandola di aiutarlo a conservare tale virtù fino alla morte. La santa Vergine lo esaudi, e Luigi è nel novero di quelle anime privilegiate che portarono all'altra vita la stola dell'innocenza battesimale, che certamente gli forma ora in cielo una speciale corona di eterna gloria.

 

Giaculatoria. Maria concepita senza peccato originale, pregate per noi, che ricorriamo a voi[7].

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {154 [448]}

 

 

Giorno vigesimosettimo. Il rispetto umano.

 

            Deus, in adiutorium, etc.

            1. Se taluno ti domandasse, o cristiano, che cosa sia il rispetto umano, forse gli risponderai di neppure saperlo. Ed io ti dico quasi lo stesso. Pure per una cosa che nemmen sappiamo che cosa sia tanti se ne vanno all'eterna perdizione. Per dare una qualche definizione a questo nemico delle anime, parmi che si possa dire: un vano timore che ci impedisce di fare il bene o che ci spinge a fare il male per non dispiacere agli uomini. Credimi, o cristiano, molti camminerebbero per la via della virtù, se questo vano timore non ti ingannasse e ti facesse abbandonare il bene che devono fare, facendoli operare quel male che in cuor loro vorrebbero evitare. Quel giovane vuol darsi a Dio, santificare le feste, andare ad ascoltare la parola di Dio. Ma egli teme i suoi compagni, che lo burlino. Quel padre di famiglia vorrebbe star lontano da quel giuoco, da quell'osteria, non più fermarsi sulla piazza nel tempo {155 [449]} delle sacre funzioni, vorrebbe accudir meglio la sua famiglia, ma teme di essere deriso da alcuni compagni di partita, perciò continua nel male. Altri poi dicono: se non vado più in quella casa, diranno che il confessore, me l'ha proibito. Se abbandono que' compagni si dirà che voglio andare in un deserto. Se non tengo mano a que' discorsi osceni, diranno che non ho spirito. Se mi accosto ai sacramenti con maggior frequenza diranno che mi voglio far frate. E per questi vani timori si continua nel male, si ommettono le pratiche più importanti per l'anima. O infelici costoro! E non sapete che la sapienza del mondo è stoltezza presso Dio? Sapientia huius mundi stultitia est apud Deum?

            2. Sii però persuaso che per lo più non si dicono tali cose, è un timore vano che te le fa pensare. Credimi, se ti vedranno costante nell’ adempimento de' tuoi doveri, avranno verso di te grande venerazione. E poi quando anche si dicessero tali cose ne avverrebbe forse qualche danno alla tua roba, alla tua riputazione? E quando anche ti avvenisse qualche danno, dovresti per questo fare quanto dice il mondo, e non quanto dice Iddio. Parla il mondo, {156 [450]} parla Gesù Cristo; chi è più degno di essere ascoltato? È meglio ascoltare Gesù Cristo, e andare alla vita eterna; oppure ascoltare il mondo e andare all'inferno? Oh pazzi! diceva un buon cristiano a taluni, che volevano lusingarlo al male, pazzi che siete; se per ascoltar voi io vado all'inferno, verrete voi forse a cavarmi fuori?

            3. Che se quanto abbiamo detto in generale non basta a farci disprezzare il rispetto umano, almeno ci risolva quanto dice Gesù Cristo nel santo Vangelo. Ascoltiamo le sue parole: chi confesserà me, io confesserò lui dinanzi al mio padre celeste: chi poi si vergognerà di confessar me avanti agli uomini, io pure avrò vergogna di confessar lui in presenza del mio celeste padre. Coraggio, o cristiano; e non sia mai che le ciancie del mondo ti facciano ommettere qualche bene e ti inducano a fare qualche male.

 

Esempio.

 

Un soldato per nome Belsoggiorno recitava ogni dì sette Pater e sette Ave in memoria delle sette allegrezze e dei sette dolori della santa Vergine. Se lungo il giorno gli mancava il tempo, lo faceva la sera prima di coricarsi. Anzi, accadendo di risovvenirsi che non aveva {157 [451]} adempito questo dovere, quando era già a letto, tosto si alzava e recitava in ginocchio tale preghiera. Immaginatevi quante risa e quanti segni di disprezzo gli avran fatto i compagni! Egli a nulla badò e fu perseverante nella sua orazione. Un giorno di battaglia Belsoggiorno si trovò nella prima fila in presenza del nemico aspettando il segno dell'attacco. Gli venne allora in mente che non aveva detto la solita preghiera, e facendosi tosto il segno della santa Croce si mise a recitarla. Appena se ne accorsero i compagni presero a motteggiarlo, e i motteggi passando di bocca in bocca, era quasi da tutti posto in derisione. Belsoggiorno aveva imparato a vincere il rispetto umano, e vedendo che le parole dei compagni non gli facevano alcun male, proseguì la sua orazione. Intanto si diè la battaglia che fu sanguinosa da ambe le parti. Ma quale fu la maraviglia di Belsoggiorno quando vide stesi a terra intorno a lui tutti coloro che un momento prima lo burlavano, senza che egli avesse riportato alcuna ferita. Non potè a meno di essere compreso di timore e di gratitudine verso la potente protettrice Maria che lo aveva salvato. Nel resto di quella guerra che fu lunga assai non riportò mai alcuna ferita. O divoto di Maria, non ti vergognare mai di salutare questa Madre pietosa ogniqualvolta passi avanti a qualche sua Chiesa, statua od immagine. Quando poi per la strada udirai il segno dell'Ave Maria, scopriti il capo senza rispetto umano, e recitala divotamente, poichè Maria ci saprà dare gran ricompensa di questo ossequio (Da molti autori). {158 [452]}

 

Giaculatoria.

 

                        O dolce Madre e tenera,

            Fonte di santo amore,

            Parte del tuo fervore

            Fa che mi scenda in cor.

                        Fa che il pensier profano

            Sdegnosamente io sprezzi,

            Che a ricercar mi avvezzi

            La gloria del Signor.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno vigesimottavo. Del Paradiso.

 

            Deus in adiutorium, etc.

            1. Consolante argomento, o cristiano, io propongo quest'oggi alla tua considerazione. Egli è il paradiso. Per fartene un'idea consideriamo le cose visibili della terra, e poi le confronteremo con quelle del cielo. Immaginati una notte serena: quanto mai è bello a vedersi il firmamento celeste con quella moltitudine e varietà di stelle! Supponi anche un bel giorno in cui la chiarezza del sole non impedisca la vista delle stelle e della luna. Metti poi insieme quanto si può trovare di grande, di prezioso, di saporito, di squisito al gusto nel mare, {159 [453]} ne' paesi, nelle città e nelle corti de' re e de' monarchi di tutto il mondo tutto questo insieme è un nulla se viene paragonato alla gloria del paradiso, perchè questa è un' idea dei beni della terra; ma che sarà mai quando saremo da Dio ammessi a contemplare, e godere gl' immensi beni che vi sono nel regno di quella gloria? Ci piace la libertà? Or bene in paradiso potremo a nostro talento passeggiare in tutti i luoghi per l'aria, per la luna, per le stelle, pel sole. Potremo in un momento portarci dal cielo alla terra, e dalla terra al cielo, potremo penetrare nei luoghi più chiusi, negli angoli più secreti senza ostacolo e senza timore. Ci piace la musica? Ma che dolce musica sarà mai quella degli angioli e dei santi in paradiso! Un solo istrumento celeste toccato per pochi istanti da un serafino rapì fuori dei sensi estatico s. Francesco d'Assisi. Ci piace di essere letterati? Andiamo in paradiso, e in un momento diventeremo più dotti di Salomone, più illuminati di tutti i filosofi; là in un istante senza noia e senza fatica apprenderemo le scienze più sublimi. Ci piace di vagheggiare le bellezze delle creature? ma quanto più bello deve essere il Creatore? {160 [454]}

            2. Considera poi la gioia che proverà l'anima nell'incontrare i parenti e gli amici, nel rimirare la nobiltà, la bellezza, la moltitudine de' cherubini, de' serafini e di tutti gli angeli, di tutti i santi, che a milioni a milioni lodano e benedicono il creatore. Là vedremo Adamo, Abramo, i patriarchi, i profeti, il coro degli Apostoli, l'immenso numero dei martiri, dei confessori, delle vergini. O quanto godono in quel fortunato regno! Sono sempre lieti, senza infermità, senza dispiaceri, senza affanni, che turbino la loro allegrezza, il loro contento: neque luctus, neque clamor erit ultra.

            3. Osserva però, o cristiano, che quanto abbiamo finora considerato, è assai poco in confronto della grande consolazione, che si prova nella vista d'Iddio. Egli consola i beati col suo amorevole sguardo, e sparge nel loro cuore un mare di delizie. Noi lo vedremo non più cogli occhi della fede, ma lo vedremo a faccia a faccia, contempleremo da vicino il suo volto, la sua divina maestà. Videbimus eum sicuti est. Il beato resterà talmente immerso nelle delizie che andrà esclamando; sono sazio, o Signore, della vostra gloria. Satiabor cum apparuerit gloria tua. Siccome il sole illumina ed {161 [455]} abbellisce tutto il mondo, così Iddio colla sua presenza illumina tutto il paradiso, e riempie que' fortunati abitatori di letizia incomprensibile. Perciò tutte le schiere degli angeli, de' santi e de' beati nel colmo del loro gaudio in segno di gratitudine verso Dio canteranno: Santo, santo, santo è il Dio degli eserciti, a cui sia onore e gloria per tutti secoli. Coraggio adunque, o cristiano, ti toccherà di patire qualche cosa in questo mondo, ma il premio, che avrai in cielo, compensa infinitamente tutto quello, che patirai sopra la terra. Che grande consolazione sarà la tua quando ti troverai in Cielo al possesso della beata eternità, in compagnia de' parenti, degli amici, de' santi, de' beati, e dirai: io sarò sempre col Signore, questa mia felicità non mancherà mai più: semper cum domino erimus. Allora sì che benedirai quel momento in cui ti sei dato al Signore, benedirai il momento in cui facesti quella buona confessione, e cominciasti ad accostarti con frequenza ai santi Sacramenti; benedirai quel giorno in cui lasciando le cattive compagnie ti desti alla virtù: e tutto pieno di gratitudine ti volgerai al tuo Dio, cantandogli lode e gloria per tutti i secoli de' secoli. Così sia. {162 [456]}

 

Esempio.

 

            Alcune apparizioni di Maria nella vita presente bastarono a riempire di gaudio straordinario i suoi divoti. Onde che sarà mai il godere per sempre la compagnia di Lei in cielo? Racconta s. Gregorio Magno che una fanciulla di nome Musa era molto divota di Maria: aveva però il difetto di trattenersi volentieri colte sue compagne in leggerezze. Affinchè col crescere degli anni ella non perdesse la divozione e l'innocenza. Maria volle seco pigliarla. Ma prima qual tenera madre, l'andò pian piano disponendo. Una notte le comparve questa signora insieme con molte verginelle che sembravano della medesima età, e le disse: vuoi tu accompagnarti con queste zitelle ed essere mia serva? O Dio il volesse, risposo Musa, che volentieri sarei loro compagna. Orsù, disse la Vergine, se vuoi conseguire tal favore hai da mutar costumi senza far più tante burle e leggerezze. Se così farai, tornerò con loro di qui a un mese, e diverrai ancora tu come una di queste bellissime donzelle. A tal vista Musa restò attonita, e si mise in tanta serietà che pareva divenuta di età matura; stava ritirata, parlava poco, di rado rideva, non faceva più azione alcuna da fanciulla. I suoi genitori vedendo tale mutazione, dimandarono che avesse; ed ella raccontò loro quanto aveva veduto. Lo stimarono essi un sogno, ma perchè il termine prefisso era breve, stavano attendendo l'esito. Si approssimava il trigesimo giorno, e la fanciulla s'infermò di maniera {163 [457]} che in un subito si ridusse a morte. Stando adunque ella cogli occhi chiusi, li aperse in un tratto, e vide la Beatissima Vergine colla stessa compagnia di prima che la chiamava. Rispose allora Musa: ecco, Signora, vi seguo; ecco, Signora, vengo; e cosi dicendo morì per accompagnarsi col coro delle sante Vergini in cielo a cantar per sempre le lodi di Gesù e della Ss. sua Madre.

 

Giaculatoria.

 

                        Oh che premio e che corona

            Alla nostra fedeltà

            Il Signor promette e dona

            Nell'immensa eternità.

                        Caro Dio, bontà infinita

            Esser voglio a voi fedel;

            V'offro il cuor, v'offro mia vita.

            Sol mi diate un giorno il ciel.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc., pag. 19.

 

 

Giorno vigesimonono. Un mezzo per assicurarsi il Paradiso.

 

            Deus, in adiutorium, etc.

            1. Un mezzo molto efficace, ma assai trascurato dagli uomini per guadagnarsi il paradiso è la limosina. Per limosina io intendo qualunque opera di misericordia esercitata verso il prossimo per amor di {164 [458]} Dio. Iddio dice nella santa scrittura, che la limosina ottiene il perdono dei peccati, quand' anche fossero in grande moltitudine. Eleemosyna operit multitudinem peccatorum. Il divin Salvatore dice nel Vangelo così: ciò che sopravanza ai vostri bisogni datelo ai poveri. Chi ha due vesti ne dia una al bisognoso e chi ha già oltre il necessario, ne faccia parte a chi ha fame (Luca 3.). Dio ci assicura che quanto facciamo pei poveri, egli lo considera come fatto a se medesimo: tutto quello, dice G. C., che farete ad uno de' miei fratelli più infelici, lo avete fatto a me (Matt. 25.). Desiderate poi che Dio vi perdoni i peccati, e vi liberi dalla morte eterna? Fate limosina. Eleemosyna ab omni peccato et a morte liberat. Volete impedire che la vostra anima vada alle tenebre dell' inferno? Fate limosina. Eleemosyna non patietur animam ire ad tenebras. (Tob. A.) Insomma ci assicura Iddio che la limosina è un mezzo efficacissimo per ottenere il perdono dei nostri peccati, farci trovare misericordia agli occhi di Dio e condurci alla vita eterna. Eleemosyna est quae purgat a peccato, facit invenire misericordiam et vitam aeternam.

            2. Se adunque desideri che Iddio usi {165 [459]} misericordia a te, comincia tu ad usarla verso i poveri. Tu dirai: io fo quel che posso. Se fai quel che puoi, sta pure tranquillo. Ma bada bene che il Signore ti dice di dare ai poveri tutto il superfluo: quod superesti, date pauperibus. Perciò io ti dico che sono superflui quegli acquisti e quegli aumenti di ricchezze, che tu hai di anno in anno. Superflua quella squisitezza che tu hai negli oggetti di tavola, dei pranzi, dei tappeti, degli abiti, che potrebbero servire per chi ha fame, per chi ha sete, e a coprire i nudi. Superfluo quel lusso nei viaggi, nei teatri, nei balli ed altri divertimenti, dove si può dire che va a terminare il patrimonio dei poveri.

            Tu dirai: io non ho ricchezze: se non hai ricchezze, dà quello che puoi. Però non ti mancano mezzi e modi per far limosina. Non vi sono infermi da visitare, da assistere, da vegliare? non vi sono giovani abbandonati da accogliere, istruire, albergare in tua casa, se puoi, o almeno condurli, dove possano imparare la scienza della salute? Non vi sono peccatori da ammonire, dubbiosi da consigliare, afflitti da consolare, risse da calmare, ingiurie da perdonare? Vedi con quanti mezzi tu puoi {166 [460]} fare limosina e meritarti la vita eterna! Di più non puoi tu fare qualche preghiera, qualche confessione, comunione, recitare un rosario, ascoltare una messa in suffragio delle anime del purgatorio, per la conversione dei peccatori, o perchè siano illuminati gl'infedeli e vengano alla fede? Non è egli pure una grande limosina mandare alle fiamme libri perversi, diffondere libri buoni e parlare quanto puoi in onore della nostra santa Cattolica Religione.

            3. Altro motivo ancora deve eccitarci a fare limosina ed è quello, che accenna il Salvatore nel santo Vangelo. Egli dice così: voi non darete ai poveri un bicchiere di acqua fresca, senza che il padre celeste ve ne dia la mercede. Di tutto quello, che darete ai poveri, ne avrete il centuplo nella vita presente ed una ricompensa nella vita eterna. Di modo che il dare qualche cosa ai poveri nella vita presente è un moltiplicare, ovvero è un dare a mutuo del cento per uno anche nella vita presente, riserbandoci poi Iddio la piena ricompensa nell'altra vita.

            Ecco la ragione per cui si vedono tante famiglie dare copiose limosine in tutte parti, e crescere sempre di ricchezze in ricchezze e {167 [461]} di prosperità in prosperità. La ragione la dice Iddio: date ai poveri, e ne sarà dato a voi: date, et dabitur vobis. Vi sarà dato il centuplo nella vita presente, e la vita eterna nell'altra: centuplum accipiet in hac vita et vitam aeternam possidebit.

 

Esempio.

 

            La storia di Tobia è un modello del modo con cui si deve fare limosina. Egli diceva a suo figlio queste memorabili parole; fa limosina secondo la tua sostanza, e non mai rivoltare la faccia da alcun povero; perchè così avverrà, che neppure la faccia del Signore sia rivoltata da te. Sii misericordioso nel modo che potrai. Se hai molto, dà in abbondanza, se hai poco, dà quel poco che potrai, ma volentieri, imperciocchè la limosina ti sarà un premio, che ti guadagnerai ora, e ti sarà poi un tesoro dinanzi a Dio nel giorno della necessità. Ricordati, o figlio, che Iddio ama colui che dà volentieri (Tob. 4).

            Imitiamo anche Maria nel fare limosina. Ella guidata da vero spirito di carita andò a visitare santa Elisabetta, e stette in casa sua tre mesi servendola come umile ancella. Ella fu invitata a nozze nella città di Cana nella Galilea. Alla metà del pranzo mancò il vino. Non potendolo ella stessa provvedere invitò suo figlio Gesù che a richiesta di lei cangiò l'acqua invino. Immaginiamoci quante grazie e quante benedizioni Maria non otterrà nel cielo dal {168 [462]} suo amato Gesù a favore di quelli, che coi loro consigli, colle loro opere, preghiere, limosine o in qualche altra maniera esercitano atti di misericordia verso il prossimo?

 

Giaculatoria.

Fortunato chi nel mondo

 

Saprà far con sue ricchezze

 

Sempiterne contentezze

 

Nella gloria del Signor.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno trigesimo. Maria nostra protettrice nella vita presente.

 

            Deus, in adiutorium, etc.

            1. Noi siamo in questo mondo come in un mar burrascoso, come in un esilio, in una valle di lagrime. Maria è la stella del mare, il conforto nel nostro esilio, la luce che ci addita la via del cielo asciugandoci le lagrime. E ciò fa questa tenera madre coll'ottenerci continui aiuti spirituali e temporali. Noi non possiamo entrare in alcune città, in. alcun paese, ove non vi sia qualche monumento delle grazie ottenute da Maria a' suoi divoti. Lasciando a parte moltissimi celebri santuarii della cristianità, ove a migliaia pendono dalle mura le testimonianze di grazie ricevute, io accenno solamente {169 [463]} quello della Consolata, che fortunatamente abbiamo noi in Torino. Va, o lettore, e con fede di buon cristiano entra in quelle sacre mura, e rimira i segni di gratitudine verso Maria pei benefizi ricevuti. Qui tu vedi un infermo spedito dai medici, che riacquista la sanità. Là grazia ricevuta, ed è uno che è stato liberato dalle febbri; colà un altro risanato dalla cancrena. Qua grazia ricevuta, ed è uno che è stato liberato per intercession di Maria dalle mani degli assassini; colà un altro che non fu schiacciato sotto un enorme macigno cadente; là per la pioggia o serenità ottenuta. Se poi dai uno sguardo sulla piazzetta del santuario, vedrai un monumento che la città di Torino innalzava a Maria l'anno 1835, quando era liberata da micidiale cholera-morbus, che orribilmente infestava le vicine contrade.

            2. I favori accennati riguardano solamente ai bisogni temporali, che cosa diremo delle grazie spirituali, che Maria ha ottenuto e ottiene a' suoi divoti? Bisognerebbe scrivere grossi volumi per enumerare le grazie spirituali, che i suoi divoti hanno ricevute e ricevono tutti i giorni per mano di questa grande benefattrice del genere umano. {170 [464]} Quante vergini devono la preservazione di tale stato alla protezione di Lei! quanti conforti agli afflitti! quante passioni combattute! quanti martiri fortificati! quante insidie del demonio superate! S. Bernardo dopo avere enumerato una lunga serie di favori che Maria tuttodì ottiene a' suoi divoti, finisce con dire che tutto il bene che ci viene da Dio, ci viene col mezzo di Maria: Totum nos Deus habere voluit per Mariam.

            3. Nè solamente è l'aiuto de' cristiani, ma eziandio il sostegno della chiesa universale. Tutti i titoli che noi diamo a Lei ricordano un favore; tutte le solennità, che si celebrano nella chiesa ebbero origine da qualche grande miracolo, da qualche grazia straordinaria che Maria ottenne a favore della chiesa.

            Quanti eretici confusi, quante eresie estirpate, a segno che la chiesa esprime la sua gratitudine dicendo a Maria: Tu sola, o gran Vergine, fosti colei, che sradicastì tutte le eresie: cunctas haereses sola interemisti in universo mundo. {171 [465]}

 

Esempi.

 

            Riferiremo alcuni esempi, che confermano i grandi favori che Maria ottenne a' suoi divoti. Cominciamo dall'Ave Maria. La salutazione angelica, ossia Ave Maria è composta dalle parole dette dall'angelo alla santa Vergine, e di quelle che aggiunse santa Elisabetta allorchè l'andò a visitare. La santa Maria fu aggiunta dalla Chiesa nel secolo V. In questo secolo viveva a Costantinopoli un eretico di nome Nestorio, uomo pieno di superbia. Egli giunse all'empietà di negare pubblicamente l'augusto nome di Madre di Dio alla Ss. Vergine. Era questa un'eresia che mirava ad abbattere tutti i principii di nostra santa religione. Il popolo di Costantinopoli fremeva di sdegno a tale bestemmia; e per rischiarire la verità furono mandate suppliche al sommo pontefice che allora si chiamava Celestino, chiedendo istantemente una riparazione allo scandalo. Il pontefice nell'anno 431 fece radunare un concilio generale in Efeso, città dell'Asia minore sulle rive dell'Arcipelago. A questo concilio intervennero i Vescovi da tutte le parti del mondo cattolico. S Cirillo patriarca di Alessandria vi presiedeva a nome del Papa. Tutto il popolo dalla mattina alla sera stette alle porte della Chiesa ove erano radunatii vescovi; allorchè vide aprirsi la porta, e comparire s. Cirillo alla testa di 200 e più vescovi, ed udi pronunziare la condanna dell'empio Nestorio, le parole di giubilo risuonarono in ogni angolo della città. {172 [466]} Nella bocca di tutti erano ripetute le seguenti parole: il nemico di Maria è vinto! Viva Maria! Viva la grande, la eccelsa, la gloriosa madre di Dio. Fu in questa occasione che la Chiesa aggiunse all'Ave Maria quelle altre parole: Santa Maria madre di Dio prega per noi peccatori. Così sia. Le altre parole adesso e nell’ ora della morte nostra, furono introdotte dalla Chiesa nei tempi posteriori. La solenne dichiarazione del Concilio Efesino, l' augusto titolo di madre di Dio dato a Maria fu eziandio confermato in altri concilii, finchè la Chiesa institui la festa della Maternità della Beata Vergine, che si celebra ogni anno la seconda domenica di ottobre. Nestorio che osò ribellarsi alla Chiesa, e bestemmiare contro alla Gran Madre di Dio, fu severamente punito anche nella vita presente.

            Altro esempio. Al tempo di s. Gregorio Magno infieriva in molte parti d'Europa e specialmente in Roma una grande pestilenza. S. Gregorio per far cessare questo flagello invocò la protezione della gran madre di Dio. Tra le opere pubbliche di penitenza ordinò una solenne processione all'immagine miracolosa di Maria che si venerava nella Basilica di Liberio, oggi S. Maria maggiore. A mano a mano che la processione si avanzava il morbo contagioso si allontanava da quelle contrade, finchè giunta al luogo ove era il monumento dell'imperatore Adriano (che per questo fu chiamato Castel Sant'Angelo), comparve sopra di esso un angelo in forma umana. Egli riponeva nel fodero la spada insanguinata in segno che l'ira divina era placata, e che per {173 [467]} l'intercessione di Maria era per cessare il terribile flagello. Nel medesimo tempo si udì un coro di angeli a cantare l'inno: Regina coeli laetare alleluia. Il s. pontefice aggiunse a quest'inno altri due versetti coll'orazione, e da quel tempo si cominciò ad usare dai fedeli per onorare la Vergine nel tempo Pasquale, tempo di tutta allegrezza per la risurrezione del Salvatore. Benedetto XIV concedette le medesime indulgenze dell'Angelus Domini ai fedeli che lo recitano in tempo Pasquale.

            L'uso di recitare l'Angelus è antichissimo nella Chiesa. Non sapendosi l'ora precisa nella quale la Vergine fu annunziata, se di mattina o verso sera, i primitivi fedeli la salutavano in questi due tempi coll'Ave Maria. Da ciò venne più tardi l'uso di suonare alla mattina e alla sera le campane, per ricordare ai cristiani questa pia consuetudine. Si crede che questa sia stata introdotta dal pontefice Urbano II l'anno 1088. Egli aveva talcosa ordinata per eccitare i cristiani a ricorrere a Maria per implorare la mattina la protezione di Lei nella guerra, che allora ardeva fra i cristiani ed i Turchi, la sera per implorare la felicità e la concordia fra i principi cristiani. Gregorio IX nel 1221 vi aggiunse anche il suono delle campane al mezzogiorno. I pontefici arricchirono questo esercizio di divozione di molte indulgenze. Benedetto XIII nel 1724 concedette la indulgenza di 100 giorni per ogni volta che si recita, e a chi l'avesse recitata per un mese intiero indulgenza plenaria, purchè in un giorno del mese avesse fatta la sacramentale confessione e comunione. {174 [468]}

 

Giaculatoria.

 

                        O Maria, nostra avvocata,

            D'ogni grazia dispensiera,

            Di salute messaggiera

            All'uom giusto e al peccator.

                        Deh! dal ciel, Madre pietosa

            Volgi un guardo a' tuoi divoti,

            Esaudisci i nostri voti,

            O gran Madre del Signor.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag 19.

 

 

Giorno trigesimoprimo. Maria nostra protettrice in punto di morte.

 

            Deus, in adiutorium etc.

            1. Maria protegge i suoi divoti in tutti i bisogni della vita, ma li protegge assai più in punto di morte. Come un capitano corre a difendere la fortezza quando è in pericolo, cosi Maria viene a combattere i nemici dell'anima nostra che faranno tutti i loro sforzi per guadagnarsi l'anima nostra in quegli estremi della vita. Maria sarà un capitano terribile, che a guisa di un ordinato esercito reprimerà gli assalti del nemico infernale; terribilis ut castrorum acies ordinata. {175 [469]}

            S. Luigi Gonzaga negli ultimi momenti di sua vita, confortato da Maria, non solo non temeva la morte, ma era pieno di contentezza di mano in mano che si faceva più vicina l'ultima ora di vita. Notiamo che Maria è cotanto terribile agli spiriti maligni, che, come dice s. Bonaventura, allo invocare il suo nome tutto trema l'inferno: ab invocatione nominis tui trepidai spiritus malignus. Onde l'infermo, libero dalle tentazioni, si dispone a morir santamente. Così il figlio di s. Brigida, di nome Carlo, fu liberato dalle insidie del demonio, nè la Madre della misericordia permise, che i nemici dell'anima entrassero nella camera dell'infermo. Cosi Iddio rivelò alla medesima s. Brigida.

            2. Di fatti consideriamo Maria come nostra madre, e poi abbiamo una qualche idea delle grazie che ella sarà per ottenerci in punto di morte. Le madri terrene non abbandonano mai i loro figliuoli. Quanto più crescono le loro miserie e i loro mali, tanto più si adoperano con materna sollecitudine per sollevarli in mezzo a qualsiasi pericolo. Cosi Maria che tanto ama i suoi figli in vita, con quale tenerezza, con quale bontà non correrà a proteggerli negli ultimi istanti, {176 [470]} quando maggiore ne è il bisogno? Ella stessa rivelò a s. Brigida queste precise parole: Io qual madre fedele, voglio essere presente alla morte di tutti quelli che mi hanno servita, voglio trovarmi presente, voglio proteggerli, voglio consolarli.

            3. Maria aiuta tutti i suoi divoti in punto di morte col darsi talvolta visibilmente a vedere. Tale è il sentimento di s. Bonaventura, di s. Carlo Borromeo, di s. Filippo Neri, di s. Alfonso e di altri molti. Tale pure è il pensiero della Chiesa, che chiama Maria auxilium christianorum; aiuto dei cristiani. Quest'aiuto deve essere certamente più grande, quando maggiori sono i pericoli, come in punto di morte. Ciò appunto dimandiamo ogni giorno quando diciamo: Santa Maria pregate per noi nell'ora della nostra morte. Ma più d'ogni altra sono tenere e consolanti le parole che dicono i sacri ministri e gli altri che recitano l'ufficio della Beata Vergine, quando chiamano: Maria, madre della grazia e della clemenza, tu difendici dalle insidie del nemico infernale, e nell'ora di morte accogli l'anima nostra. Tu nos ab hoste protege, et mortis hora suscipe. {177 [471]}

 

Esempio.

 

            Io potrei addurre qui moltissimi esempi in cui Maria diedesi visibilmente a favorire i suoi divoti in punto di morte. Io nè trascelgo un solo, rimettendo il lettore specialmente all'opera insigne del Pallavicino che nè riferisce cento tutti segnalati e narrati con quella critica riserbatezza, che è dote principale di quell’ illustre scritture. Il dottore della Chiesa Vincenzo Belloacese espone quanto segue. Un sacerdote fu invitato a prestare gli ultimi conforti della religione ad una moribonda. Andato egli in Chiesa, e preso seco il ss. Viatico, s'incammino verso al luogo ove era l'iuferma. Entrato in un'abbietta cameruccia, priva di ogni comodita, vide la meschina agonizzante che giaceva sopra un po' di paglia immersa nelle più gravi miserie; onde sentì nell'animo un dolore di vera compassione; ma cangiò il dolore in sorpresa, quando vide un coro di vergini venire dal cielo a bella posta per prestare alla povera moribonda aiuto e conforto. E quel che è più la stessa Madre di Dio colla sua santa mano serviva alla sua divota. A tanto spettacolo il sacerdote non osava inoltrarsi, quando la gloriosa Vergine gli volse uno sguardo benigno, s'inginocchiò chinando la fronte fino a terra per adorare il suo Figlio sacramentato. Ciò fatto Ella e le altre Vergini altresì profondamente, inchinate, si rizzarono e si ritirarono a parte per lasciar libero il passo al Vice Curato. Di più chiedendo la vedova di confessarsi prima di ricevere l'Ostia santa, immantinente {178 [472]} la santa Vergine si levò da terra, e cercando, non trovando altro, prese un rustico sedile, e di propria mano lo porto in quel luogo ove meglio il Confessore poteva udire la sacramentai Confessione. Non ardiva di sedere l'umile prete alla presenza di Gesù e di Maria; con tutto ciò fu costretto di sedersi per ubbidire ai cenni di Maria. Udita la Confessione amministrò il Viatico a quell'anima felicissima, la quale trasportata dall'amor di Dio, dalla compagnia di Maria e delle altre Vergini gloriose, si separò dal corpo per volare al cielo a ringraziare per tutti i secoli la sua grande benefattrice.

 

Giaculatoria.

 

                        Deh! Madre incomparabile

            Che in vita e all'ore estreme

            Sei nostra vera speme,

            Conforta il nostro cor.

                        Fa che agli estremi aneliti,

            Di morte al tetro orrore,

            Pronunzi l'alma e il core:

            Maria speranza, amor.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19.

 

 

Giorno primo di giugno Modo di assicurarsi la protezione di Maria.

 

            Deus, in adiutorium ecc.

            1. Ora che abbiamo terminato il mese di Maria, giudico bene per conclusione del medesimo darvi alcuni ricordi utili ad assicurarsi {179 [473]} la protezione di questa nostra gran Madre in vita ed in morte. Maria, essendo nostra madre, deve certamente abborrire gli oltraggi che si fanno a Gesù suo figlio. Perciò chi desidera di godere il patrocinio di lei in vita ed in morte, deve astenersi dal peccato. Sarebbe vana la nostra speranza se credessimo di godere della protezione di Maria, offendendo il suo figliuolo Gesù da Lei amato sopra ogni cosa. Ma noi dobbiamo non solo guardarci dall'offendere Gesù, ma ancora con tutte le forze del nostro cuore meditare i divini misteri della sua passione, seguirlo nella penitenza. Maria medesima disse un giorno a s. Brigida: figliuola, se vuoi farmi cosa grata, ama di cuore il mio figliuolo Gesù.

            Maria è rifugio dei peccatori, perciò dobbiamo anche noi adoperarci con santi consigli, con sollecitudini, preghiere, con buoni libri e in altre maniere di condurre anime a Gesù, ed accrescere i figli di Maria. Nulla sta più a cuore a Gesù che la salute delle anime; perciò Maria, che teneramente ama suo Figlio, non può ricevere ossequio più gradito di quello che si fa guadagnandole qualche anima.

            Dobbiamo inoltre procurare di offerire a {180 [474]} lei in ossequio la vittoria di qualche passione. Così se taluno di natura collerico, prorompe spesso in atti d'impazienza, in imprecazioni ed in bestemmie, oppure ha contratto abitudine di parlare sconcio, e con poco rispetto delle cose di religione, conviene che raffreni la sua lingua per fare un ossequio gradito alla Vergine. Insomma bisogna che ciascuno si studii di fuggire quello che è male, e fare quello che è bene per amor di Maria.

            2. Tra i molti ossequii poi che possiamo fare a Maria sono il prepararci a celebrare divotamente le sue solennità con tridui, novene, ottavarii, secondochè soglionsi fare o nelle pubbliche chiese, od anche nelle case private. S. Elisabetta regina di Portogallo in tutti i sabbati e in tutte le vigilie precedenti alle solennità della Vergine digiunava con pane ed acqua. Alcuni altri sogliono confessarsi e comunicarsi in tutti i giorni festivi, come faceva s. Luigi Gonzaga, s. Stanislao Kostka ed altri. Altri danno limosina ai poverelli, e la danno in suffragio di quelle anime che furono più divote di Maria in vita. Vi sono anche alcuni divoti di Maria, che in onore di Lei assistono spesso alla santa Messa con intenzione di {181 [475]} ringraziare la SS. Trinità che innalzò Maria sul più bel trono in ciclo. Riveriscono altri con culto speciale i santi a Lei più stretti in parentela, come s. Giuseppe suo santissimo sposo, s. Gioachino e s. Anna suoi felicissimi genitori.

            3. Vi sono poi speciali pratiche di divozione, che sono come fiamme di fuoco che fanno ardere questa pietosa Madre di amore per noi. Per esempio l'Angelus al mattino, a mezzogiorno, alla sera; il Rosario ogni giorno o almeno in ciascun giorno festivo; assistere ai vespri, l'intervenire agli esercizi di pietà, che si fanno al sabbato in onore del suo cuore immacolato. Ma vi raccomando di dire ogni sera prima di coricarvi tre volte la seguente giaculatoria: Cara Madre Vergine Maria, fate che io salvi l'anima mia. Ricordiamoci poi sempre che l'essere divoti di Maria è un mezzo dei più sicuri per conseguire la vita eterna. Ella medesima ce ne assicura dicendo: quelli, che sono miei divoti, avranno la vita eterna: qui elucidant me, vitam aeternam habebunt.

 

Esempio.

 

            Io vi raccomando di non mai lasciar passare alcun sabbato senza fare qualche cosa in onore di Maria. Fin dai primi tempi della Chiesa {182 [476]} i cristiani solevano praticare qualche divozione alla santa Vergine in giorno di sabato. Il giorno di sabato significa riposo, e si vuole scelto per alludere al riposo, ovvero dimora che il Verbo Divino si degnò di fare nel seno purissimo di Maria. Uno dei piò caldi propagatori del culto di Maria nel giorno di sabato fu s. Ildefonso Arcivescovo di Toledo. Aveva egli composto alcuni cantici in lode di questa madre di misericordia, e nel sabato seguente udì gli angioli, che li cantavano nella Chiesa, in mezzo ai quali stava la Vergine medesima. Dopo questo fatto il culto del sabato si propagò rapidamente per tutta l'Europa. Fin dal secolo X era in uso l'astinenza dalle carni in tal giorno in onore di Maria. Poco appresso fu composta la Messa e l'ufficio proprio da recitarsi in tal giorno. Tanto la Messa quanto l'uffizio furono approvate dal pontefice Urbano II nel concilio di Chiaramonti l'anno 1095. Non lasciamo passare mai alcun sabato senza praticare qualche atto di virtù in onore di Maria, e se possiamo, facciamo la santa Comunione, o almeno andiamo ad ascoltare una Messa in suffragio delle anime del purgatorio.

 

Giaculatoria.

 

                        Oh se un giorno veder io potessi

            Tutti i cuori d'amore languire

            Per sì bella regina e sentire

            Il suo nome per tutto lodar;

                        Sicchè in terra per ogni confine

            Risuonasse con dolce armonia,

            Viva, viva per sempre Maria,

            Viva Dio che tanto l'amò.

 

Preghiera. Ricordatevi ecc. pag. 19. {183 [477]}

 

 

Offerta del cuore a Maria

 

            Per offerire il cuore a Maria si sceglie il primo di giugno consacrato al suo sacro cuore, oppure anche un altro giorno prima o dopo, specialmente se occorre festa solenne, come della Pentecoste, o Corpus Domini o simili. Per offerire voi e tutto il mese, da voi impiegato in onore di Maria, premessa il giorno antecedente la santa Confessione, vi disporrete a ricevere la santissima Comunione con singolar fervore ed apparecchio di pii pensieri ed affetti divoti, dopo la quale, fatto quel ringraziamento, che siete solito, dovete con fervore:

            1. Offerire a Maria tutte le divozioni da voi praticate in tutto il mese, e presentargliele in ossequio del suo adorabilissimo cuore.

            2. Adorare adesso e nel decorso del giorno il cuore di Maria, che, come rivelò il Signore, è lo scopo del suo e dell' amore di tulli i cuori dopo quello di Gesù, è pienissimo di ogni grazia, è quel cuore da cui e per cui ogni grazia a noi discende.

            3. Unire il vostro cuore al cuore dei santi tutti, massime di quelli che in questa vita {184 [478]} furono più amanti di Maria, per supplire così all'imperfezione del vostro amore.

            4. Pregare la Vergine ad accettare per sempre l'offerta, che noi facciamo del nostro cuore coll'oltenerci di poter un giorno venire a tributarle i nostri ossequii perfettamente in cielo, come ora glieli doniamo debolmente in terra.

            5. In questo giorno poi recitare le vostre orazioni con più fervore e divozione, visitare qualche chiesa o immagine di Maria, fare qualche limosina, insomma impiegarlo più santamente che potete.

Gesù e Maria vivano sempre nel vostro cuore.

 

 

FORMOLA DELL'OFFERTA DEL CUORE A MARIA

 

            Santissima Vergine, Madre di Dio Maria, io N. N., quantunque peccatore indegnissimo, prostrato ai vostri piedi, alla presenza dell'onnipotente Iddio e di tutta la Corte celeste, vi presento e vi offro questo mio cuore con tutti gli affetti suoi: a voi lo consacro, e voglio che sia sempre vostro e del vostro caro Gesù. Accettate, o benignissima Madre, da questo vostro povero servo la divota offerta unita al cuore di tutti i santi, e fate che da questo punto io {185 [479]} incominci, e segua a vivere in avvenire unicamente a Voi, al vostro santissimo Figliuolo e mio Dio. Col suo divino aiuto e colla vostra amorosa assistenza spero di farlo, e dal canto mio lo prometto. Fra i vostri due cuori Gesù e Maria, mettete il mio povero cuore, perchè s'infiammi tutto del vostro amore purissimo, onde vivendo del vostro bel fuoco in terra, arda poi di eterno amore per Voi lassù nel cielo, in compagnia degli angeli e dei santi.

 

 

ORAZIONE DI S. BERNARDO

 

            Ricordatevi, o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo che da voi sia stato rigettato od abbandonato alcuno, il quale implori i vostri favori. Io animato da questa fiducia, mi presento a voi. Non vogliate, o Madre del Verbo eterno, disprezzare le preghiere di questo vostro umilisssimo figlio, uditele favorevolmente, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

 

Così sia. {186 [480]}

 

            Con grande consolazione annunciamo ai nostri lettori come il Santo Padre, il regnante Pio IX, si degnò di compartire l'apostolica benedizione a tutti quelli che in qualche maniera si adoprano per la diffusione delle Letture Cattoliche.

 

            Il sacerdote Giovanni Bosco nel vivo desiderio di promovere le lodi e i cantici spirituali in onore di Dio, della B. Vergine Maria e dei santi ha supplicato il regnante Sommo Pontefice a voler concedere le seguenti Indulgenze cui il Santo Padre benignamente annui firmando il venerato rescritto di proprio pugno.

 

            1. Indulgenza di un anno a chi gratuitamente insegnerà il canto delle laudi sacre, praticandone o in pubblico, o in privato almen qualche volta l'esercizio; altra di cento giorni a chi ne praticherà l'esercizio in oratorio pubblico o privato ogni qual volta esso avrà luogo. {187 [481]}

            2. Indulgenza Plenaria da lucrarsi alla chiusura del mese Mariano da coloro che nel decorso di esso sonosi in modo particolare occupati a cantare laudi sacre in Chiesa e intervenuti alla divozione del mese Mariano.

            3. Indulgenza Plenaria una volta al mese per quelli che in quattro giorni festivi almeno od anche feriali prenderanno parte a cantare od insegnare laudi sacre; e quest' Indulgenza si lucrerà in quel giorno in cui si premetterà la Confessione e la Comunione. Affinchè si possano lucrare le mentovate Indulgenze si richiede che le laudi abbiano l'approvazione dall'autorità ecclesiastica.

            4. Tali Indulgenze si possono applicare alle anime dei fedeli defunti.

 

            «Romae apud S. Petrum, die 7 aprilis 1858.»

 

Benigne annuimus juxta petita

PIUS P. P. IX. {188 [482]}

 

 

Lode a Maria.

 

Lodate Maria,

            O lingue fedeli.

            Risuoni ne' cieli

                        La vostra armonia.Lodate, lodate, lodate Maria.

 

Maria sei giglio

            Di puri candori

            Che il cuor innamori

            Del Verbo tuo Figlio.

                        Lodate, ecc.

 

Di luce divina

            Sei nobil aurora,

            Il sole t'adora.

            La luna s'inchina.

                        Lodate, ecc.

 

Con piede potente

            Il capo nemico

            Tu premi all' antico

            Maligno serpente.

                        Lodate, ecc.

 

Il puro tuo seno

            Diè cibo e ricetto

            Al gran pargoletto

            Gesù Nazareno.

                        Lodate, ecc. {189 [483]}

 

Già regni beata

            Fra angelici cori,

            Con canti sonori

            Da tutti esaltata.

                        Lodate, ecc.

 

Il cielo ti dona

            Le grazie piò belle,

            E un giro di stelle

            Ti forma corona.

                        Lodate, ecc.

 

O Madre di Dio,

            E mistica rosa

            Soccorri pietosa

            Lo spirito mio.

                        Lodate, lodate, lodate Maria.

 

Con approvazione della Revisione Ecclesiastica. {190 [484]}


Indice

Della divozione di Maria

Pag. 3

La Chiesa approva questa divozione e concede indulgenze a chi la pratica

 4

Istruzione intorno al modo di praticare il mese Mariano

 6

Tre cose da praticarsi in tutto il mese

 8

Fioretti da cavarsi a sorte e da praticarsene uno in ciascun giorno del mese

 9

Ultimo giorno d'aprile

 12

Motivi di essere divoti di Maria

 ivi

Primo giorno di Maggio. Dio nostro Creatore

 19

Giorno II. - L'Anima

 23

Giorno III. - La Redenzione

 28

Giorno IV. - La Chiesa di Gesù Cristo

 33

Giorno V. - Il Capo della Chiesa

 38

Giorno VI. - I Pastori della Chiesa

 43

Giorno VII. - Fede

 48

Giorno VIII. - I santi Sacramenti

 55

Giorno IX. - Dignità del Cristiano

 60

Giorno X. - Preziosità del tempo

 65

Giorno XI. - Presenza di Dio

 71

Giorno XII. - Fine dell'uomo

 75

Giorno XIII. - La salvezza dell'anima

 81

Giorno XIV. - Il peccato

 86

Giorno XV. - La morte

 90

Giorno XVI. - Giudizio particolare

 95

Giorno XVII. - Il giudizio universale

 100 {191 [485]}

Giorno XVIII. giorno Le pene dell'inferno

 107

Giorno XIX. - Eternità delle pene dell'inferno

 113

Giorno XX. - La misericordia di Dio

 118

Giorno XXI. - La confessione

 124

Giorno XXII. - Il confessore

 129

Giorno XXIII. - La santa Messa

 134

Giorno XXIV. - La santa Comunione

 139

Giorno XXV. - Il peccato di disonestà

 144

Giorno XXVI. - La virtù della purità

 150

Giorno XXVII. - Il rispetto umano

 155

Giorno XXVIII. - Del Parodiso

 159

Giorno XXIX. - Un mezzo per assicurarsi il Paradiso

 164

Giorno XXX. - Maria nostra protettrice nella vita presente

 169

Giorno XXXI. - Maria nostra protettrice in punto di morte

 175

Primo giorno di giugno.Modo di assicurarsi la protezione di Maria

 179

Offerta del cuore a Maria

 184

Formola dell'offerta del cuore a Maria

 185

Orazione di s. Bernardo

 186

Indulgenze concesse da Pio IX

 187

Lodi a Maria

 189 {192 [486]}

 



[1] V. Il mese di maggio; Genova 1747.

[2] Il regnante Pio IX concede l'indulgenza di cento giorni ogni volta che si dice questa giaculatoria.

[3] Il regnante Pio IX concede l'indulgenza di cento giorni ogni volta che si recita la suddetta giaculatoria.

[4] Il regnante Pio IX accordò l'indulgenza di trecento giorni ogni volta che si recita questa orazione di s. Bernardo con cuore contrito, e l'indulgenza plenaria a chi la recita per un mese intero da lucrarsi in un giorno del detto mese scelto ad arbitrio.

[5] Il regnante Pio IX concede 300 giorni d'indulgenza ogni volta che si recita, questa giaculatoria; e chi la recita ogni giorno per un mese guadagnerà indulgenza plenaria in quel giorno che farà la sua confessione e la sua comunione.

[6] Ogni volta che si dice questa giaculatoria si guadagna l'indulgenza di 300 giorni.

[7] Il regnante Pio IX concede l'indulgenza di 100 giorni ogni volta si recita tale giaculatoria, e l'indulgenza plenaria a chi la dice per un mese, nel giorno che farà la confessione e comunione.




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